ORDINANZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

27 aprile 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 53 e 99 del regolamento di procedura della Corte – Articolo 267 TFUE – Portata dell’obbligo di rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza – Eccezioni a tale obbligo – Criteri – Situazioni in cui la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio – Condizione, applicabile al giudice nazionale di ultima istanza, di essere convinto che la medesima evidenza si imponga anche agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte»

Nella causa C‑495/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con sentenza del 21 luglio 2022, pervenuta in cancelleria il 22 luglio 2022, nel procedimento

Ministero della Giustizia

contro

SP,

nei confronti di:

XY,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da P.G. Xuereb, presidente di sezione, A. Arabadjiev (relatore), presidente della Prima Sezione, e A. Kumin, giudice,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 53, paragrafo 2, e all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE, delle norme dell’Unione relative alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione di servizi, alla concorrenza, dei principi di proporzionalità, legittimo affidamento, non discriminazione, «libertà professionale», «libertà di accesso alle professioni» e «abolizione delle barriere all’accesso delle professioni», «diritto di lavorare», uguaglianza davanti alla legge nonché «motivazione degli atti nazionali».

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra SP e il Ministero della Giustizia (Italia), in merito al decreto di quest’ultimo che dispone l’esclusione di SP da un concorso per posti notarili.

 Contesto normativo

3        L’articolo 1 della legge del 6 agosto 1926, n. 1365 – Norme per il conferimento dei posti notarili (GU n. 192, del 19 agosto 1926), come modificato dall’articolo 66 della legge del 18 giugno 2009, n. 69 – Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile (supplemento ordinario alla GURI n. 140, del 19 giugno 2009), così dispone:

«I notai sono nominati con decreto Reale in seguito a concorso per esame, che sarà tenuto in Roma almeno una volta all’anno, per quel numero di posti che sarà determinato dal Ministro per la giustizia.

L’esame avrà carattere teorico pratico e le modalità relative saranno stabilite con decreto del Ministro stesso.

Per l’ammissione al concorso gli aspiranti devono:

(...)

b-bis)      non essere stati dichiarati non idonei in tre precedenti concorsi; l’espulsione del candidato dopo la dettatura dei temi equivale a dichiarazione di inidoneità».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

4        Con decreto del 30 gennaio 2019 il Ministero della Giustizia ha disposto l’esclusione di SP, ricorrente nel procedimento principale, dal concorso per posti notarili indetto con decreto del direttore generale della giustizia civile del 21 aprile 2016 (GURI n. 33, del 26 aprile 2016), con la motivazione che il bando di concorso non consentiva la partecipazione a coloro che fossero stati dichiarati non idonei in tre precedenti concorsi analoghi, indetti successivamente all’entrata in vigore della legge n. 69/2009.

5        Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto un ricorso diretto all’annullamento di tale decreto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia). Con sentenza dell’8 gennaio 2020 tale organo giurisdizionale ha annullato detto decreto.

6        Il Ministero della Giustizia ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio.

7        Il 7 febbraio 2020 il ricorrente nel procedimento principale si è costituito nel procedimento dinanzi a tale giudice chiedendo, in via principale, il rigetto dell’appello. In subordine, egli ha proposto appello incidentale.

8        Con sentenza non definitiva del 19 aprile 2021 il Consiglio di Stato ha accolto l’appello del Ministero della Giustizia. Quanto all’appello incidentale, tale giudice ha ritenuto di non poter disapplicare la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, la quale preclude la partecipazione al concorso notarile di candidati che abbiano conseguito tre inidoneità in occasione dei concorsi precedentemente organizzati, dal momento che, in conformità all’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), la stessa non si applica alla professione di notaio.

9        Con memoria del 14 febbraio 2022 il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto al giudice del rinvio, in particolare, di disapplicare tale normativa nazionale, sulla base del rilievo che, alla luce della sentenza del 3 giugno 2021, Ministero della Giustizia (Notai) (C‑914/19, EU:C:2021:430), risulterebbe che essa lede in modo eccessivo gli interessi legittimi degli aspiranti alla professione di notaio e che non è motivata da giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, oppure di interpretare detta normativa conformemente ai principi del diritto dell’Unione espressi in tale sentenza. In subordine, il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto a tale giudice, in sostanza, di sottoporre alla Corte, in via pregiudiziale, la questione della compatibilità di questa stessa normativa con il diritto dell’Unione.

10      Il giudice del rinvio ritiene che la sentenza del 3 giugno 2021, Ministero della Giustizia (Notai) (C‑914/19, EU:C:2021:430), non enunci principi o norme applicabili alla controversia di cui è investito, dal momento che nessuno dei motivi di discriminazione presi in considerazione in tale sentenza sarebbe rilevante nella controversia in parola, la quale verterebbe sulla legittimità della scelta del legislatore italiano di stabilire un numero massimo di volte in cui un candidato possa partecipare al concorso di notaio. Tale giudice considera, di conseguenza, che la domanda del ricorrente nel procedimento principale di disapplicare la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale debba essere respinta.

11      Per quanto riguarda la domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio osserva che il ricorrente nel procedimento principale, nei suoi scritti difensivi, sostiene che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale lederebbe la libertà di stabilimento, la libera prestazione di servizi, le norme in materia di concorrenza e il principio di legittimo affidamento, non sarebbe rispettosa del principio di proporzionalità, violerebbe gli articoli 1, 15 e 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e non terrebbe conto del principio di motivazione, sancito dall’articolo 296, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 41 della Carta.

12      Sebbene si sia già espresso sulla compatibilità della normativa nazionale oggetto del procedimento principale con il diritto dell’Unione e abbia respinto, nella sua sentenza non definitiva del 19 aprile 2021, l’istanza del ricorrente nel procedimento principale di disapplicare tale normativa, il giudice del rinvio ritiene, per i motivi già esposti nelle domande di pronuncia pregiudiziale formulate nelle cause C‑597/21, Centro Petroli Roma, C‑144/22, Società Eredi Raimondo Bufarini e C‑482/22, Associazione Raggio Verde, di dover sottoporre alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, alcune questioni pregiudiziali «di metodo», relative al rapporto tra, da un lato, l’obbligo di rinvio pregiudiziale previsto in tale disposizione e, dall’altro, i principi di indipendenza del giudice e di ragionevole durata del processo.

13      In tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la corretta interpretazione dell’articolo 267 TFUE imponga al giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto [dell’Unione] rilevante nell’ambito della controversia principale, anche qualora possa escludersi un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione europea – tenuto conto della terminologia e del significato propri del diritto [dell’Unione] attribuibili alle parole componenti la relativa disposizione, del contesto normativo europeo in cui la stessa è inserita e degli obiettivi di tutela sottesi alla sua previsione, considerando lo stadio di evoluzione del diritto europeo al momento in cui va data applicazione alla disposizione rilevante nell’ambito del giudizio nazionale – ma non sia possibile provare in maniera circostanziata, sotto un profilo soggettivo, avuto riguardo alla condotta di altri organi giurisdizionali, che l’interpretazione fornita dal giudice procedente sia la stessa di quella suscettibile di essere data dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di giustizia ove investiti di identica questione;

2)      se – per salvaguardare i valori costituzionali ed europei della indipendenza del giudice e della ragionevole durata dei processi – sia possibile interpretare l’articolo 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l’azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

3)      Per l’ipotesi in cui [la] Corte di giustizia dovesse risolvere negativamente [le prime due questioni]:

se i principi [di diritto dell’Unione] – di libertà di stabilimento, di libera prestazione di servizi, di concorrenza, di proporzionalità, di legittimo affidamento, di non discriminazione, di libertà professionale, di libertà di accesso alle professioni e di abolizione delle “barriere all’accesso” delle professioni, di “diritto di lavorare”, di uguaglianza davanti alla legge, di motivazione degli atti nazionali – come enucleati [dal ricorrente nel procedimento principale], ostano ad una disciplina qual è quella dell’articolo 1, comma 3, lettera b)-bis, legge 6 agosto 1926 n. 1365, che prevedeva quale requisito di ammissione degli aspiranti partecipanti al concorso notarile il “non essere stati dichiarati non idonei in tre precedenti concorsi”».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

14      Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

15      Occorre applicare tale disposizione alla presente causa, per quanto riguarda la risposta alla prima questione.

16      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, il quale, tenendo conto del fatto che il diritto dell’Unione utilizza una terminologia a esso propria, nonché della necessità di collocare ogni disposizione di tale diritto nel suo contesto e di interpretarla alla luce dell’insieme delle disposizioni di detto diritto, delle finalità dello stesso e del suo stadio di evoluzione nel momento in cui dev’essere applicato, ritenga che la corretta interpretazione della disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui è investito si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio deve, per potersi astenere dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione della disposizione in parola, dimostrare in maniera circostanziata che, dal punto di vista soggettivo, gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione di detta disposizione.

17      A tal riguardo occorre rammentare che, qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

18      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora l’interpretazione corretta del diritto dell’Unione si imponga con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

19      Prima di concludere nel senso dell’esistenza di una situazione di tal genere, il giudice nazionale di ultima istanza deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe altresì agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

20      Inoltre, l’esistenza dell’eventualità di cui al punto 18 della presente ordinanza dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari che la sua interpretazione presenta e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

21      Si deve innanzitutto tener conto del fatto che le disposizioni del diritto dell’Unione sono redatte in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

22      Infatti, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione della disposizione medesima, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche, dal momento che le norme di diritto dell’Unione devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

23      Se è vero che un giudice nazionale di ultima istanza non può certamente essere tenuto a effettuare, a tal riguardo, un esame di ciascuna delle versioni linguistiche della disposizione dell’Unione di cui trattasi, ciò non toglie che esso deve tener conto delle divergenze tra le versioni linguistiche di tale disposizione di cui è a conoscenza, segnatamente quando tali divergenze sono esposte dalle parti e sono comprovate (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 44).

24      Va poi rilevato che il diritto dell’Unione impiega una terminologia che gli è propria e nozioni autonome che non presentano necessariamente lo stesso contenuto delle nozioni equivalenti che possono esistere nei diritti nazionali (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

25      Infine, ciascuna disposizione del diritto dell’Unione dev’essere collocata nel suo contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione al momento in cui le va data applicazione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

26      Pertanto, solo nel caso in cui un giudice nazionale di ultima istanza, con l’ausilio dei criteri interpretativi menzionati ai punti da 19 a 25 della presente ordinanza, concluda per l’assenza di elementi atti a far sorgere un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta del diritto dell’Unione, esso potrà astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 47).

27      Ciò posto, la mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una disposizione del diritto dell’Unione, nei limiti in cui nessuna di queste altre letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato, segnatamente alla luce del contesto e della finalità di detta disposizione, nonché del sistema normativo in cui essa si inserisce, non può essere sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta di tale disposizione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 48).

28      Tuttavia, quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 49).

29      Contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice del rinvio, dalle considerazioni che precedono non risulta che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, per poter considerare che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio e astenersi, per tale motivo, dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione di detto diritto, debba «dimostrare in maniera circostanziata» che la medesima evidenza si impone anche ai giudici degli altri Stati membri e alla Corte (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 46).

30      Infatti, da tali considerazioni risulta che i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno devono valutare, sotto la propria responsabilità, in maniera indipendente e con tutta la dovuta attenzione, se si trovino nell’ipotesi menzionata al punto 18 della presente ordinanza (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 50).

31      A tal riguardo, qualora un giudice nazionale di ultima istanza ritenga di trovarsi in detta ipotesi, la motivazione della sua decisione deve far emergere che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è imposta al giudice in parola con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 51).

32      Laddove un giudice nazionale di ultima istanza, il quale ritenga di trovarsi in detta situazione, abbia maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei criteri interpretativi menzionati ai punti da 20 a 25 della presente ordinanza e delle considerazioni esposte ai punti da 26 a 28 della stessa, che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte condividerebbero la sua analisi, tale giudice nazionale può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 49).

33      Peraltro, sebbene la Corte abbia affermato, al punto 51 della sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603), che il giudice nazionale le cui decisioni non siano soggette a ricorso giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale in presenza del benché minimo dubbio riguardo all’interpretazione o alla corretta applicazione del diritto dell’Unione, da detto punto 51 emerge che tale obbligo si impone solo qualora venga previsto, nell’ambito del procedimento principale, di avvalersi della facoltà eccezionale, in capo ai giudici nazionali, di decidere di mantenere, alle condizioni enunciate nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), taluni effetti di un atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 50).

34      Parimenti, è solo rispetto a tale facoltà eccezionale che la Corte ha dichiarato, al punto 52 della sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603), che l’assenza di ragionevoli dubbi relativamente all’esercizio della stessa necessita di una prova circostanziata (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 51).

35      Orbene, dagli elementi presentati alla Corte non risulta che l’esercizio di detta facoltà eccezionale sia in discussione nel procedimento principale.

36      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 267 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

 Sulla seconda questione

37      Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando la Corte è manifestamente incompetente a conoscere di una causa o quando una domanda o un atto introduttivo è manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento.

38      Occorre applicare detta disposizione alla presente causa, per quanto riguarda la seconda questione.

39      Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di impegnare la responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, laddove tale giudice abbia preso in esame e respinto la domanda, presentata da una della parti della controversia pendente dinanzi a esso, diretta a che detto giudice sottoponga alla Corte, in via pregiudiziale, una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione.

40      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a statuire, salvo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia ipotetico, o qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tale questione (sentenza del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

41      Nel caso di specie, dalla sentenza di rinvio emerge che il procedimento principale riguarda l’annullamento di un decreto ministeriale che dispone l’esclusione di un candidato da un concorso per posti notarili, e non già il sorgere della responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno.

42      Pertanto, appare in modo manifesto che la seconda questione non ha alcun legame con l’oggetto del procedimento principale.

43      Ne consegue che la seconda questione è manifestamente irricevibile.

 Sulla terza questione

44      Dalla decisione di rinvio emerge che la terza questione viene sollevata solo in caso di risposta in senso affermativo alla prima, come riformulata al punto 16 della presente ordinanza. In considerazione della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla terza questione.

 Sulle spese

45      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) così provvede:

L’articolo 267 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea.

Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.