Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

6 febbraio 2025 (*)

« Rinvio pregiudiziale – Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali – Direttiva 2011/7/UE – Transazioni commerciali fra imprese – Articolo 3, paragrafo 5 – Obbligo degli Stati membri di assicurare che il periodo di pagamento stabilito in un contratto tra imprese non superi i 60 giorni di calendario – Possibilità per le parti contraenti di fissare periodi di pagamento più lunghi – Condizione che un siffatto periodo sia espressamente pattuito nel contratto – Condizione dell’assenza di grave iniquità per il creditore – Condizioni cumulative – Contratti le cui clausole sono definite esclusivamente da una delle parti – Clausola contrattuale con la quale il debitore fissa unilateralmente un periodo di pagamento di 120 giorni – Illegalità »

Nella causa C‑677/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Rejonowy Katowice – Wschód w Katowicach (Tribunale circondariale di Katowice-Est in Katowice, Polonia), con decisione del 26 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 2 novembre 2022, nel procedimento

Przedsiębiorstwo Produkcyjno – Handlowo – Usługowe A.

contro

P.S.A.,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Jääskinen, M. Gavalec e N. Piçarra (relatore), giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la P.S.A., da J. Janczewski e A. Paniczek;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo tedesco, da J. Möller, J. Heitz e M. Hellmann, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da G. Gattinara e M. Owsiany-Hornung, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 maggio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU 2011, L 48, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Przedsiębiorstwo Produkcyjno – Handlowo – Usługowe A. (in prosieguo: la «A.») e la P.S.A. in merito alla legalità di una clausola contrattuale con la quale quest’ultima ha fissato unilateralmente un periodo di pagamento di 120 giorni di calendario applicabile alle fatture relative ai contratti conclusi con la A.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2011/7

3        I considerando 12, 13 e 28 della direttiva 2011/7 enunciano quanto segue:

«12      I ritardi di pagamento costituiscono una violazione contrattuale resa finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli Stati membri dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati o dalla loro assenza e/o dalla lentezza delle procedure di recupero. È necessario un passaggio deciso verso una cultura dei pagamenti rapidi, in cui, tra l’altro, l’esclusione del diritto di applicare interessi di mora sia sempre considerata una clausola o prassi contrattuale gravemente iniqua, per invertire tale tendenza e per disincentivare i ritardi di pagamento. Tale passaggio dovrebbe inoltre includere l’introduzione di disposizioni specifiche sui periodi di pagamento. (...)

13      Di conseguenza, si dovrebbe provvedere a limitare, di regola, i termini di pagamento previsti dai contratti tra imprese a un massimo di sessanta giorni di calendario. Tuttavia, ci possono essere circostanze in cui le imprese richiedono periodi di pagamento più lunghi, ad esempio quando le imprese intendono concedere credito commerciale ai propri clienti. Si dovrebbe quindi mantenere la possibilità per le parti di concordare espressamente periodi di pagamento superiori a sessanta giorni di calendario, a condizione, tuttavia, che tale proroga non sia gravemente iniqua per il creditore.

(...)

28      La presente direttiva dovrebbe proibire l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore. Di conseguenza, quando una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, (...) non sia giustificata sulla base delle condizioni concesse al debitore, o abbia principalmente l’obiettivo di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore, si può ritenere che si configuri un siffatto abuso. (...) La presente direttiva non dovrebbe incidere sulle disposizioni nazionali relative alle modalità di conclusione dei contratti (...)».

4        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», al paragrafo 1 dispone che:

«Lo scopo della presente direttiva è di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle [piccole e medie imprese]».

5        Ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva, rubricato «Definizioni»:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

1)      “transazioni commerciali”: transazioni tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo;

2)      “pubblica amministrazione”: qualsiasi amministrazione aggiudicatrice quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/17/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1),] e all’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114)], indipendentemente dall’oggetto o dal valore dell’appalto;

3)      “impresa”: ogni soggetto organizzato, diverso dalle pubbliche amministrazioni, che agisce nell’ambito di un’attività economica o professionale indipendente, anche quando tale attività è svolta da una sola persona;

4)      “ritardo di pagamento”: pagamento non effettuato durante il periodo di pagamento contrattuale o legale e in relazione al quale le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, (...) sono soddisfatte;

5)      “interessi di mora”: interessi legali di mora o interessi ad un tasso concordato tra imprese, soggetti all’articolo 7;

6)      “interessi legali di mora”: interessi semplici di mora ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti percentuali;

(...)».

6        L’articolo 3 della direttiva 2011/7, intitolato «Transazioni fra imprese», ai paragrafi 1, 3 e 5, prevede quanto segue:

«1      Gli Stati membri assicurano che nelle transazioni commerciali tra imprese il creditore abbia diritto agli interessi di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge; e

b)      il creditore non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore.

(...)

3.      Qualora siano soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 1, gli Stati membri assicurano che:

a)      il creditore abbia diritto agli interessi di mora a decorrere dal giorno successivo alla data di scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabiliti nel contratto;

(...)

5.      Gli Stati membri assicurano che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi sessanta giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7».

7        L’articolo 7 della direttiva 2011/7, intitolato «Clausole contrattuali e prassi inique», al paragrafo 1, è così formulato:

«Gli Stati membri dispongono che una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento (...) non possa essere fatta valere oppure dia diritto a un risarcimento del danno qualora risulti gravemente iniqua per il creditore.

Per determinare se una clausola contrattuale o una prassi sia gravemente iniqua per il creditore, ai sensi del primo comma, si tiene conto di tutte le circostanze del caso, tra cui:

(...)

c)      se il debitore abbia qualche motivo oggettivo per derogare (...) al periodo di pagamento di cui all’articolo 3, paragrafo 5 (...)

(...)».

 Direttiva 2014/25/UE

8        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU 2014, L 94, pag. 243):

«1      Ai fini della presente direttiva, per “amministrazioni aggiudicatrici” si intendono lo Stato, le autorità regionali o locali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali autorità o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico.

(...)

4.      Per “organismi di diritto pubblico” si intendono gli organismi che hanno tutte le seguenti caratteristiche:

a)      sono istituiti per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

b)      sono dotati di personalità giuridica; e

c)      sono finanziati per la maggior parte dallo Stato, dalle autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico; o la loro gestione è posta sotto la vigilanza di tali autorità o organismi; o il loro organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, da autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico».

 Diritto polacco

9        Ai sensi dell’articolo 7 dell’ustawa o przeciwdziałaniu nadmiernym opóźnieniom w transakcjach handlowych (legge sulla lotta contro i ritardi eccessivi nelle transazioni commerciali), dell’8 marzo 2013 (Dz. U. del 2023, posizione 403), nella versione in vigore prima del 1º gennaio 2020 (in prosieguo: la «legge dell’8 marzo 2013»):

«1      Nelle transazioni commerciali, fatta eccezione per le transazioni nell’ambito delle quali il debitore è un ente pubblico, il creditore ha diritto di ottenere, senza previa messa in mora, gli interessi legali relativi ai ritardi nelle transazioni commerciali, a meno che le parti non abbiano convenuto interessi più elevati, per il periodo compreso tra la data di esigibilità della prestazione pecuniaria e la data del pagamento, qualora siano cumulativamente soddisfatte le seguenti condizioni:

1)      il creditore ha eseguito la sua prestazione;

2)      il creditore non ha ricevuto il pagamento nel termine previsto nel contratto.

2.      Il termine di pagamento stabilito nel contratto non può superare 60 giorni dalla data di presentazione al debitore della fattura o della nota che conferma la consegna del bene o la prestazione del servizio, a meno che le parti abbiano espressamente concordato diversamente nel contratto e purché tale determinazione non sia gravemente iniqua per il creditore.

3.      Se il termine di pagamento stabilito nel contratto è superiore a 60 giorni dalla data di presentazione al debitore della fattura o della nota che conferma la consegna del bene o la prestazione del servizio e non ricorre la condizione di cui al paragrafo 2, il creditore che ha eseguito la sua prestazione ha diritto, alla scadenza del termine di 60 giorni, agli interessi di cui al paragrafo 1».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

10      La P., una società di diritto polacco attiva nel settore dell’estrazione e della vendita di carbone, ha concluso con la A., una società di diritto polacco operante nel settore della produzione di apparecchiature minerarie, diversi contratti di fornitura di pezzi di macchinari destinati all’estrazione mineraria (in prosieguo: i «contratti di cui trattasi»).

11      Alcuni di tali contratti sono stati conclusi a seguito di una vendita all’asta organizzata su un sito Internet gestito dalla P., sul quale erano pubblicate le condizioni di mercato. Altri contratti sono stati conclusi a seguito di una gara d’appalto (pubblica o meno). In entrambi i casi, i termini del contratto tra le parti, compreso il periodo di pagamento di 120 giorni, che inizia a decorrere dalla data di emissione della fattura alla P., sono stati determinati unilateralmente da quest’ultima.

12      In esecuzione dei contratti di cui trattasi, la P. ha pagato 354 fatture, entro un termine da 120 a 122 giorni a decorrere dalla data del loro ricevimento. Successivamente, la A. le ha inviato una nota contabile riassuntiva relativa agli importi che riteneva dovuti a titolo di interessi di mora e di risarcimento forfettario per le spese di recupero.

13      Il 31 dicembre 2021 la A. ha adito il Sąd Rejonowy Katowice – Wschód w Katowicach (Tribunale circondariale di Katowice-Est in Katowice, Polonia), giudice del rinvio, chiedendo che la P. venisse condannata al pagamento di un importo di 13 702,99 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 3 100), oltre agli interessi legali di mora dal deposito della domanda alla data di pagamento, nonché di un importo forfettario di PLN 4 473,04 (circa EUR 975), a titolo di risarcimento delle spese di recupero dei crediti. Per il periodo compreso tra il 61º giorno a decorrere dalla data di consegna delle fatture di cui trattasi sino alla data di pagamento effettivo delle medesime la A. ha calcolato gli interessi di mora conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della legge dell’8 marzo 2013, che recepisce l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7 nell’ordinamento giuridico polacco.

14      La A. fa valere, a sostegno della sua domanda di interessi fondata su tale articolo 7, che il periodo di pagamento di 120 giorni è stato fissato unilateralmente dalla P. nel modello di contratto allegato al capitolato d’oneri pubblicato sul suo sito Internet. Tale periodo non sarebbe mai stato negoziato tra le parti, ma risulterebbe dalla posizione dominante della P. nel rapporto contrattuale. Parimenti, la partecipazione ad una gara d’appalto sarebbe stata subordinata alle condizioni fissate unilateralmente dalla P., ivi compresa quella relativa al periodo di pagamento di 120 giorni. La A., a causa della sua situazione economica, sarebbe stata costretta a concludere i contratti di cui trattasi, senza mai riuscire a trovare un accordo con la P. in modo da ridurre tale periodo a 60 giorni di calendario. In tali circostanze, non si potrebbe ritenere che una siffatta clausola contrattuale sia stata espressamente concordata dalle parti del contratto, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7.

15      Il 26 gennaio 2022 il cancelliere del Sąd Rejonowy Katowice Wschód w Katowicach (Tribunale circondariale di Katowice-Est in Katowice) ha emesso un’ingiunzione di pagamento nei confronti della P. accogliendo integralmente la domanda di A.

16      La P. ha proposto opposizione avverso tale ingiunzione, contestando la parte degli interessi calcolata conformemente all’articolo 7 della legge dell’8 marzo 2013, in quanto le fatture erano state pagate entro il periodo di pagamento di 120 giorni a decorrere dalla data della loro consegna, come risulta dai contratti di cui trattasi. Secondo la P., tale periodo è stato accettato dalla A., la quale, dopo essere venuta a conoscenza del capitolato d’oneri ed essere stata selezionata, avrebbe concluso diversi contratti nei quali avrebbe confermato tale periodo. Detto periodo non può essere pregiudizievole per il creditore, poiché questi sarebbe certo di vendere i suoi servizi, di percepire redditi e di conservare liquidità.

17      Al fine di pronunciarsi sul procedimento principale, il giudice del rinvio ritiene necessario determinare se il periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario a decorrere dalla data di consegna della fattura al debitore, previsto nei contratti di cui trattasi, sia stato fissato nel rispetto della prima condizione enunciata all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, secondo la quale qualsiasi periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario deve essere «concordato espressamente nel contratto».

18      Tale giudice rileva, da un lato, che le clausole contrattuali di cui trattasi, compresa quella relativa al periodo di pagamento di 120 giorni, sono state determinate unilateralmente dalla P. Dall’altro, esso osserva che l’unico mezzo per contestare tali clausole, limitato ai contratti di cui trattasi che sono stati conclusi a seguito di una gara pubblica, sarebbe un ricorso dinanzi al presidente della Krajowa Izba Odwolawcza (commissione nazionale di ricorso, Polonia), ricorso che la A. non ha proposto.

19      Detto giudice tende a ritenere che la prima condizione prevista all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7 non sia soddisfatta quando una clausola che fissa un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario figura in un contratto le cui clausole sono determinate esclusivamente da una delle parti contraenti. Secondo lo stesso giudice, sebbene le clausole di un contratto possano, di norma, essere determinate da una delle parti, che le redige in anticipo o ricorre a un modello contrattuale, mentre l’altra parte si limita ad accettarle, al pari di un contratto per adesione, tale articolo 3, paragrafo 5, esclude tuttavia che un periodo di pagamento di 120 giorni possa essere fissato in tal modo. Poiché tale termine ha carattere eccezionale, il creditore dovrebbe quanto meno conoscere le ragioni per le quali il debitore desidera fissarlo e avere la possibilità di far valere i propri argomenti diretti a che tale termine non superi i 60 giorni di calendario.

20      Il giudice del rinvio ritiene, peraltro, che la circostanza che sia possibile contestare, dinanzi ad un’autorità nazionale, una clausola che fissa un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario in un contratto concluso a seguito di una gara d’appalto pubblica non sia sufficiente per considerare soddisfatta la prima condizione prevista all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, in quanto una siffatta contestazione sfocerebbe in una «una decisione autoritativa di un soggetto estraneo al contratto stesso», relativa al periodo di pagamento applicabile.

21      Infine, tale giudice ritiene che una siffatta interpretazione di detta prima condizione sia suffragata dalla seconda condizione prevista da tale articolo 3, paragrafo 5, in forza della quale la pattuizione contrattuale espressa di un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario, in deroga alla regola generale secondo cui il periodo massimo di pagamento è di 60 giorni di calendario, non deve essere «gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7[di tale direttiva]». Secondo detto giudice, per poter procedere a una siffatta valutazione in relazione ai contratti di cui trattasi, la situazione economica che deve essere presa in considerazione è quella del creditore al momento della loro conclusione.

22      In tali circostanze, il Sąd Rejonowy Katowice – Wschód w Katowicach (Tribunale circondariale di Katowice-Est in Katowice, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva [2011/7] debba essere interpretato nel senso che la determinazione espressa da parte delle imprese di un termine di pagamento superiore a 60 giorni [di calendario] può riferirsi solo ai contratti le cui clausole non siano state predisposte unilateralmente da una delle parti».

 Procedimento dinanzi alla Corte

23      Alla luce delle osservazioni scritte depositate dalle parti e dagli interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea per quanto riguarda in particolare la possibile qualificazione della P. come «pubblica amministrazione», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/7, la Corte ha inviato una richiesta di informazioni al giudice del rinvio, invitandolo a confermare che tale società costituisce un’«impresa», ai sensi dell’articolo 2, punto 3, di tale direttiva, e a precisare i criteri che l’hanno condotta a tale qualificazione, al fine di determinare se il procedimento principale rientri effettivamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 5, di detta direttiva, che riguarda le transazioni tra imprese, e non in quello dell’articolo 4, paragrafo 4, della medesima direttiva, che riguarda le transazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni.

24      Nella sua risposta, pervenuta alla Corte il 4 ottobre 2023, il giudice del rinvio ha confermato che la P. costituisce un’«impresa», ai sensi di tale articolo 2, punto 3.

 Sulla questione pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

25      Il governo tedesco sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile, in quanto il giudice del rinvio non ha sufficientemente dimostrato che la decisione che esso deve emettere nel procedimento principale dipende dalla risposta alla questione pregiudiziale. Secondo tale governo, il giudice del rinvio fa dipendere la sua decisione non solo dalla questione se il periodo di pagamento di 120 giorni fissato nei contratti di cui trattasi sia stato espressamente concordato, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, ma anche dalla questione se un siffatto termine sia gravemente iniquo per il creditore, ai sensi di tale disposizione, senza tuttavia pronunciarsi in proposito e senza prendere in considerazione tale punto di diritto nella sua questione.

26      Nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia principale e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa che gli è sottoposta, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza, quanto la rilevanza della questione che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se la questione sollevata verte sull’interpretazione o sulla validità di una norma di diritto dell’Unione, essa gode di una presunzione di rilevanza e la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire. Pertanto, il diniego della Corte di statuire su una simile questione è possibile solo qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione, o valutazione della validità, norma di diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, o qualora il problema sia di natura ipotetica, o ancora qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alla questione che le viene sottoposta [v., in tal senso, sentenze del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 41, nonché dell’11 gennaio 2024, Inditex, C‑361/22, EU:C:2024:17, punti 28 e 29].

27      Nel caso di specie, il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, al fine di stabilire se una clausola contenuta in contratti che esso qualifica come assimilabili a contratti per adesione, con la quale il debitore ha fissato unilateralmente in 120 giorni il periodo di pagamento delle fatture dovute in base a tali contratti, invece dei 60 giorni previsti da tale disposizione, possa essere qualificata come «diversamente concordat[a] espressamente nel contratto», ai sensi di detta disposizione, e di statuire sulla domanda della A. diretta al detto pagamento di interessi di mora per gli importi dovuti in forza di detti contratti.

28      Di conseguenza, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Nel merito

29      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7 debba essere interpretato nel senso che l’espressione «diversamente concordato espressamente nel contratto», contenuta in tale disposizione, osti a una clausola contrattuale che fissa un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario determinato unilateralmente dal debitore.

30      Ai termini dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, gli Stati membri assicurano che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi 60 giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7 di tale direttiva.

31      Tale articolo 3, paragrafo 5, consente quindi di derogare al periodo massimo di pagamento di 60 giorni di calendario da essa previsto, subordinatamente a due condizioni cumulative. Tale termine deve, da un lato, essere «concordato espressamente nel contratto». Dall’altro lato, il termine così concordato non può essere «gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7» di tale direttiva.

32      Nei limiti in cui tale articolo 3, paragrafo 5, consente di derogare al periodo massimo di pagamento di 60 giorni di calendario fissato nel contratto, esso deve essere interpretato restrittivamente [v., per analogia, sentenza del 13 giugno 2024, D. (Vizio di progettazione del motore), C‑411/23, EU:C:2024:498, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].

33      Per quanto riguarda la prima condizione cumulativa, oggetto della questione sollevata, dal momento che l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7 non contiene alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per determinare il significato e la portata dell’espressione «diversamente concordato espressamente nel contratto», dalle esigenze tanto dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto del principio di uguaglianza discende che tale significato e tale portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto non solo dei termini di tale espressione, ma anche del contesto della disposizione in cui detta espressione figura, nonché delle finalità di tale disposizione e dell’atto del diritto dell’Unione di cui essa fa parte [v., in tal senso, sentenze del 9 luglio 2020, RL (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C‑199/19, EU:C:2020:548, punto 27, e del 1º dicembre 2022, X (Forniture di prodotti medici), C‑419/21, EU:C:2022:948, punto 21].

34      Sebbene il tenore letterale dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7 non consenta, di per sé, di stabilire se una clausola che fissa un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario che figura in un contratto il cui contenuto è stato unilateralmente e integralmente determinato dal debitore possa essere qualificata come «diversamente concordat[a] espressamente nel contratto», ai sensi di tale disposizione, il requisito di una pattuizione espressa implica tuttavia che, tenuto conto di tutti i documenti contrattuali e delle clausole contenute in tale contratto, possa essere dimostrato che le parti del contratto hanno espresso la loro volontà concordante di essere vincolate proprio dalla clausola che fissa un periodo massimo di pagamento che deroga a quello dei 60 giorni di calendario previsto da detta disposizione.

35      L’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7 richiede quindi l’espressione di una volontà concordante di tali parti al momento della conclusione del contratto che vada oltre la mera menzione espressa di un siffatto termine in una clausola contrattuale, indipendentemente dalla questione se il contratto nel quale figura tale clausola costituisca, in tutto o in parte, un contratto per adesione o di natura analoga.

36      Un siffatto requisito può essere soddisfatto non solo qualora una tale clausola sia stata negoziata individualmente dalle parti, ma anche, in particolare nell’ambito di un contratto per adesione, qualora la clausola di cui trattasi sia stata messa in evidenza da una di tali parti nei documenti contrattuali in modo da distinguerla chiaramente dalle altre clausole del contratto facendo così emergere il suo carattere derogatorio e da consentire così all’altra parte di aderirvi con piena cognizione di causa.

37      Tale interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7 è conforme sia agli obiettivi generali di tale direttiva sia a quello sotteso, in particolare, a tale disposizione.

38      Come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva, letto alla luce del suo considerando 12, quest’ultima ha lo scopo di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e di instaurare una cultura dei pagamenti rapidi, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, migliorando in tal modo la competitività, in particolare, delle piccole e medie imprese [v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, RL (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C‑199/19, EU:C:2020:548, punto 35].

39      Inoltre, dal considerando 13 della medesima direttiva risulta che l’articolo 3, paragrafo 5, di quest’ultima costituisce un’espressione di tali obiettivi in quanto tale disposizione mira a tutelare efficacemente il creditore contro i ritardi di pagamento del debitore fissando un periodo di pagamento non superiore a 60 giorni di calendario, al quale si può derogare solo alle due condizioni cumulative ivi enunciate, ricordate al punto 31 della presente sentenza.

40      Infine, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, la fissazione di un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario risultante da una pattuizione espressa tra il creditore e il debitore deve parimenti rispettare la seconda condizione prevista da tale disposizione. Pertanto, tale pattuizione non deve essere «gravemente iniqu[a] per il creditore ai sensi dell’articolo 7» di tale direttiva. Infatti, dal considerando 28 di detta direttiva risulta che essa proibisce l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore. Pertanto, gli Stati membri sono tenuti, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva, a prevedere che una clausola manifestamente abusiva non possa essere fatta valere oppure dia diritto a un risarcimento del danno subito dal creditore in ragione della sua applicazione.

41      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, lettere da a) a c), della direttiva 2011/7, per determinare se una clausola contrattuale sia gravemente iniqua per il creditore si tiene conto di tutte le circostanze del caso, tra cui qualsiasi grave scostamento dalla corretta prassi commerciale, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, la natura del prodotto o del servizio nonché, in particolare, la circostanza se il debitore abbia qualche motivo oggettivo per derogare al periodo di pagamento di cui all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7.

42      Da quest’ultimo requisito discende in particolare che, indipendentemente da un’eventuale posizione economica dominante del debitore nei suoi rapporti con il creditore, la tutela effettiva di quest’ultimo contro l’utilizzo ingiustificato, da parte del debitore, di una clausola contrattuale che prevede un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario resta pienamente garantita, anche se tale clausola risulta da una pattuizione espressa che soddisfa le condizioni di cui ai punti 34 e 35 della presente sentenza.

43      Nel caso di specie, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, A. fa valere, da un lato, di non essere mai stata in grado di negoziare la clausola relativa ai periodi di pagamento di 120 giorni che figurava nel modello di contratto allegato al capitolato d’oneri redatto dalla P. e, dall’altro, che i contratti di cui trattasi hanno potuto essere conclusi solo dopo l’accettazione da parte della A. delle condizioni fissate unilateralmente dalla P.

44      Spetta al giudice del rinvio, da un lato, verificare se, tenuto conto di tutti i documenti contrattuali e delle clausole contenute in tale contratto, possa essere dimostrato che la A. e la P. hanno espresso la loro volontà concordante di essere vincolate proprio dalle clausole contrattuali che prevedono un periodo derogatorio al periodo di pagamento di 60 giorni di calendario, previsto dall’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7. Dall’altro lato, spetta a tale giudice verificare se, tenuto conto degli elementi di cui all’articolo 7 di tale direttiva, il ricorso a queste ultime clausole possa essere gravemente iniquo per la A. e, se del caso, trarne le conseguenze previste a tal fine dal diritto nazionale.

45      Alla luce di tutti i motivi che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, deve essere interpretato nel senso che l’espressione «diversamente concordato espressamente nel contratto» osta a che una clausola contrattuale che fissa un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario sia determinata unilateralmente dal debitore, a meno che non si possa dimostrare, tenuto conto di tutti i documenti contrattuali e delle clausole contenute in tale contratto, che le parti di detto contratto hanno espresso la loro volontà concordante di essere vincolate proprio dalla clausola di cui trattasi.

 Sulle spese

46      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali,

deve essere interpretato nel senso che:

l’espressione «diversamente concordato espressamente nel contratto» osta a che una clausola contrattuale che fissa un periodo di pagamento superiore a 60 giorni di calendario sia determinata unilateralmente dal debitore, a meno che non si possa dimostrare, tenuto conto di tutti i documenti contrattuali e delle clausole contenute in tale contratto, che le parti di detto contratto hanno espresso la loro volontà concordante di essere vincolate proprio dalla clausola di cui trattasi.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.