SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

11 gennaio 2024 ( *1 )

«Impugnazione – Articolo 340, secondo comma, TFUE – Responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 1073/1999 – Indagini effettuate dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Indagine esterna dell’OLAF – Causa “Eurostat” – Trasmissione da parte dell’OLAF alle autorità giudiziarie nazionali di informazioni relative a fatti penalmente perseguibili prima del termine dell’indagine – Deposito di una denuncia da parte della Commissione europea prima del termine dell’indagine dell’OLAF – Procedimento penale nazionale – Non luogo definitivo – Nozione di “violazione sufficientemente qualificata” di una norma giuridica dell’Unione preordinata a conferire diritti ai singoli – Danni materiali e morali asseritamente subiti dai ricorrenti – Ricorso per risarcimento danni»

Nella causa C‑363/22 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 6 giugno 2022,

Planistat Europe SARL, con sede in Parigi (Francia),

Hervé-Patrick Charlot, residente in Parigi (Francia),

rappresentati da F. Martin Laprade, avocat,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da J. Baquero Cruz e F. Blanc, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, Z. Csehi, M. Ilešič (relatore), I. Jarukaitis e D. Gratsias, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, pronunciate all’udienza del 13 luglio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la presente impugnazione, la società Planistat Europe SARL e il sig. Hervé-Patrick Charlot chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 6 aprile 2022, Planistat Europe e Charlot/Commissione (T‑735/20, in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2022:220), con la quale quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto al risarcimento, da una parte, del danno morale che il sig. Charlot avrebbe subito a causa della trasmissione alle autorità nazionali, da parte dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), di informazioni relative a fatti penalmente rilevanti nonché della denuncia presentata dalla Commissione europea dinanzi a dette autorità e, dall’altra parte, del danno materiale che i medesimi avrebbero subito a causa della risoluzione dei contratti conclusi tra la Planistat Europe e la Commissione.

I. Contesto normativo

2

I considerando 1, 5, 10 e 13 del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (GU 1999, L 136, pag. 1), applicabile ratione temporis alla presente controversia, enunciavano quanto segue:

«(1)

considerando che le istituzioni e gli Stati membri attribuiscono grande importanza alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità [europea] ed alla lotta contro la frode e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari comunitari; (…)

(...)

(5)

considerando che la responsabilità dell’[OLAF], quale istituito dalla Commissione, riguarda, oltre alla tutela degli interessi finanziari, tutte le attività connesse alla tutela di interessi comunitari contro comportamenti irregolari perseguibili in sede amministrativa o penale;

(...)

(10)

considerando che tali indagini devono essere condotte in base al trattato, e in particolare al protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità, nel rispetto dello statuto dei funzionari delle Comunità europee e del regime applicabile agli altri agenti (...) nonché nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in particolare del principio dell’equità, del diritto della persona coinvolta a esprimersi sui fatti che la riguardano e del diritto a che la conclusione dell’indagine si fondi unicamente su elementi aventi valore probatorio; che a tal fine le istituzioni, organi e organismi dovranno determinare le condizioni e le modalità secondo le quali devono svolgersi le indagini interne; che di conseguenza occorrerà modificare lo statuto al fine di definire i diritti e gli obblighi dei funzionari e degli altri agenti nell’ambito delle indagini interne.

(...)

(13)

considerando che spetta alle autorità competenti nazionali, o eventualmente alle istituzioni, organi o organismi decidere, in base alla relazione redatta dall’[OLAF], sui provvedimenti da prendere a seguito delle indagini; che occorre tuttavia prevedere l’obbligo per il direttore dell’[OLAF] di trasmettere direttamente alle autorità giudiziarie dello Stato membro interessato le informazioni raccolte dall’[OLAF] in occasione delle indagini interne su fatti penalmente perseguibili».

3

Ai sensi dell’articolo 2 di tale regolamento, intitolato «Indagini amministrative»:

«Ai sensi del presente regolamento si intende per “indagine amministrativa” (…) l’insieme dei controlli, delle verifiche e delle operazioni che gli agenti dell’[OLAF] svolgono nell’esercizio delle loro funzioni, a norma degli articoli 3 e 4, al fine di conseguire gli obiettivi definiti all’articolo 1 e di accertare, ove opportuno, l’irregolarità delle attività controllate. Queste indagini non incidono sulla competenza degli Stati membri in materia di azione penale».

4

L’articolo 8 di detto regolamento, intitolato «Riservatezza e tutela dei dati», prevedeva quanto segue:

«1.   Le informazioni ottenute in qualsiasi forma nell’ambito di indagini esterne sono protette dalle disposizioni relative a tali inchieste.

2.   Le informazioni comunicate o ottenute in qualsiasi forma nell’ambito di indagini interne sono coperte dal segreto d’ufficio e godono della tutela concessa dalla normativa vigente per le istituzioni delle Comunità europee.

In particolare, tali informazioni possono essere comunicate solo a coloro che, nelle istituzioni delle Comunità europee, ovvero degli Stati membri, sono tenuti a conoscerle in virtù delle loro funzioni, e non possono essere utilizzate per fini diversi dalla lotta contro le frodi, contro la corruzione e contro ogni altra attività illecita.

3.   Il direttore provvede affinché gli agenti dell’[OLAF] e tutti coloro che agiscono sotto la sua autorità rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali sulla tutela dei dati personali, in particolare quelle di cui alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati [(GU 1995, L281, pag. 31)].

4.   Il direttore dell’[OLAF] e i membri del comitato di vigilanza di cui all’articolo 11 vegliano sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo nonché degli articoli 286 e 287 del trattato CE».

5

L’articolo 9 di detto regolamento, intitolato «Relazione sulle indagini e provvedimenti conseguenti alle indagini», disponeva quanto segue:

«1.   Al termine di un’indagine, l’[OLAF] redige sotto l’autorità del direttore una relazione che contiene in particolare i fatti accertati, l’eventuale indicazione del danno finanziario e le conclusioni dell’indagine, incluse le raccomandazioni del direttore dell’[OLAF] sui provvedimenti da prendere.

2.   Queste relazioni sono redatte tenendo conto delle prescrizioni di procedura previste nella legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Le relazioni così elaborate costituiscono elementi di prova nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro nel quale risulti necessario avvalersene al medesimo titolo e alle medesime condizioni delle relazioni amministrative redatte dagli ispettori amministrativi nazionali. Le relazioni sono soggette alle medesime regole di valutazione riguardanti le relazioni amministrative nazionali e hanno valore identico ad esse.

3.   La relazione redatta in seguito a un’indagine esterna ed ogni documento utile ad essa pertinente sono trasmessi alle autorità competenti degli Stati membri interessati in base alla regolamentazione relativa alle indagini esterne.

4.   La relazione redatta in seguito a un’indagine interna ed ogni documento utile ad essa pertinente sono trasmessi all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato. Le istituzioni, gli organi e gli organismi danno alle indagini interne il seguito richiesto dalle risultanze ottenute, in particolare sul piano disciplinare e giudiziario, e ne informano il direttore dell’[OLAF] entro la scadenza fissata da quest’ultimo nelle conclusioni della sua relazione».

6

L’articolo 10 del regolamento n. 1073/1999, intitolato «Trasmissione di informazioni da parte dell’[OLAF]», così disponeva:

«1.   Fatti salvi gli articoli 8, 9 e 11 del presente regolamento e le disposizioni del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 [del Consiglio, dell’11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU 1996, L 292, pag. 2)], l’[OLAF] può trasmettere in qualsiasi momento alle autorità competenti degli Stati membri interessati le informazioni ottenute nel corso delle indagini esterne.

2.   Fatti salvi gli articoli 8, 9 e 11 del presente regolamento, il direttore dell’[OLAF] trasmette alle autorità giudiziarie dello Stato membro interessato le informazioni raccolte dall’[OLAF] in occasione di indagini interne su fatti penalmente perseguibili. Fatte salve le esigenze di indagine, ne informa simultaneamente lo Stato membro interessato.

3.   Fatti salvi gli articoli 8 e 9 del presente regolamento, l’[OLAF] può trasmettere in qualsiasi momento all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato le informazioni ottenute nel corso delle indagini interne».

II. Fatti

7

I fatti all’origine della controversia sono stati illustrati dal Tribunale ai punti da 2 a 18 della sentenza impugnata e, ai fini del presente procedimento, possono essere sintetizzati come segue.

8

Nel 1996, l’Ufficio Statistico delle Comunità europee (Eurostat) ha creato una rete di punti vendita di informazioni statistiche (datashop). Negli Stati membri, tali datashop, privi di personalità giuridica, erano in linea di principio integrati negli istituti nazionali di statistica, ad eccezione del Belgio, della Spagna e del Lussemburgo dove erano gestiti da società commerciali. A tal fine, sono stati conclusi accordi tripartiti tra Eurostat, l’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (OPOCE) e l’organismo ospitante il datashop.

9

Dal 1996 al 1999, la Planistat Europe, gestita dal sig. Charlot, ha beneficiato di contratti quadro firmati con Eurostat per svariati servizi, che includevano, in particolare, la messa a disposizione di personale nell’ambito dei datashop.

10

Dal 1o gennaio 2000, la Planistat Europe è stata incaricata della gestione dei datashop di Bruxelles (Belgio), Madrid (Spagna) e Lussemburgo (Lussemburgo). L’impresa era tenuta a versare alla Commissione l’intero importo del fatturato generato da questi tre datashop.

11

Nel settembre 1999 il servizio di audit interno di Eurostat ha elaborato una relazione in cui si segnalavano irregolarità nella gestione dei datashop da parte della Planistat Europe.

12

Il 17 marzo 2000 la direzione generale del Controllo finanziario della Commissione ha trasmesso detta relazione all’OLAF.

13

Il 18 marzo 2003, a seguito di un’indagine interna (IO/2000/4097) volta a esaminare le modalità di attuazione della rete di datashop, i canali di fatturazione, l’uso della dotazione finanziaria e l’eventuale coinvolgimento di funzionari dell’Unione europea, l’OLAF ha deciso di avviare l’indagine esterna OF/2002/0510 riguardante la Planistat Europe.

14

Il 19 marzo 2003 l’OLAF ha trasmesso alle autorità giudiziarie francesi informazioni relative a fatti, a suo avviso, penalmente rilevanti nell’ambito dell’indagine in corso (in prosieguo: la «nota del 19 marzo 2003»). Su tale base, il 4 aprile 2003 il procureur de la République de Paris (procuratore della Repubblica di Parigi, Francia) ha avviato un’indagine giudiziaria dinanzi al juge d’instruction du tribunal de grande instance de Paris (giudice istruttore del Tribunale di primo grado di Parigi, Francia) per ricettazione e concorso in appropriazione indebita.

15

Il 16 maggio 2003 tale trasmissione è stata menzionata dalla stampa ed è stata oggetto di interrogazioni scritte alla Commissione da parte di deputati europei

16

La Commissione e l’OLAF hanno pubblicato diversi comunicati stampa, solo due dei quali menzionavano la Planistat Europe. Così, il comunicato stampa della Commissione del 9 luglio 2003 faceva riferimento per la prima volta alla Planistat Europe, mentre nel comunicato del 23 luglio 2003 la Commissione confermava la sua decisione di risolvere i contratti conclusi con la Planistat Europe.

17

Il 10 luglio 2003 la Commissione ha depositato una denuncia contro X con costituzione di parte civile presso il procureur de la République de Paris (procuratore della Repubblica di Parigi) per il reato di appropriazione indebita e qualsiasi altro reato deducibile dai fatti esposti nella denuncia.

18

Il 10 settembre 2003 è stata formulata l’imputazione per appropriazione indebita e ricettazione connessa ad appropriazione indebita a carico del sig. Charlot.

19

Il 23 luglio 2003 la Commissione ha risolto i contratti in questione conclusi con la Planistat Europe.

20

Il 25 settembre 2003 l’OLAF ha chiuso sia l’indagine interna IO/2000/4097 sia l’indagine esterna OF/2002/0510.

21

Il 9 settembre 2013 il juge d’instruction du tribunal de grande instance de Paris (giudice istruttore del Tribunale di primo grado di Parigi) ha emesso un’ordinanza di non luogo a procedere nei confronti di tutte le persone accusate nel procedimento penale, ordinanza contro la quale la Commissione ha interposto appello.

22

Con sentenza del 23 giugno 2014, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) ha respinto il ricorso della Commissione, confermando l’ordinanza di non luogo a procedere.

23

Con sentenza del 15 giugno 2016, la Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) ha respinto il ricorso proposto dalla Commissione, ponendo così fine al procedimento giurisdizionale.

24

Il 10 settembre 2020 i ricorrenti hanno inviato alla Commissione una lettera di messa in mora con la quale le intimavano di versare loro l’importo di 11,6 milioni di EUR a titolo di risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa, in particolare, della denuncia presentata e dei comunicati stampa pubblicati al riguardo.

25

Il 15 ottobre 2020 la Commissione, ritenendo che non ricorressero le condizioni per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ha respinto la domanda dei ricorrenti.

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

26

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 dicembre 2020, la Planistat Europe e il sig. Charlot hanno proposto un ricorso fondato sull’articolo 268 TFUE diretto ad ottenere il risarcimento, da un lato, del danno morale che il sig. Charlot avrebbe subito a causa della trasmissione da parte dell’OLAF alle autorità nazionali di informazioni relative a fatti qualificabili come penali nonché della denuncia depositata dalla Commissione dinanzi a tali autorità prima della conclusione dell’indagine dell’OLAF e, dall’altro, del danno materiale che essi avrebbero subito a causa della risoluzione dei contratti conclusi tra la Planistat Europe e la Commissione.

27

A sostegno di tale ricorso, i ricorrenti hanno sostenuto che l’OLAF e la Commissione hanno violato il dovere di sollecitudine, i principi di buona amministrazione e di presunzione di innocenza nonché i diritti della difesa sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Essi invocavano, in sostanza, l’esistenza di illeciti commessi dall’OLAF e dalla Commissione che si sostanziano, da un lato, nella trasmissione alle autorità giudiziarie francesi di informazioni relative a fatti qualificabili come penali e, dall’altro, nell’aver presentato una denuncia contro X che aveva condotto all’avvio di un procedimento penale a carico dei ricorrenti e nell’aver proseguito tale procedimento in modo ingiustificato. Secondo i ricorrenti, tali illeciti commessi dall’OLAF e dalla Commissione presentavano un nesso di causalità diretto con i danni morali e materiali di cui chiedono il risarcimento.

28

Il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto, in parte, irricevibile, a causa della prescrizione di cinque anni prevista all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, e, in parte, infondato.

IV. Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

29

Con la loro impugnazione, i ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata nella parte in cui, da un lato, ha dichiarato prescritta una parte dell’azione dei ricorrenti e, dall’altro, ha respinto l’azione di responsabilità extracontrattuale della Commissione;

accogliere le conclusioni formulate in primo grado;

condannare la Commissione a riconoscere pubblicamente di aver commesso un errore di valutazione nei loro confronti, e

condannare la Commissione alle spese.

30

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione e

condannare le ricorrenti alle spese.

V. Sull’impugnazione

31

In limine occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 169, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte «[l]e conclusioni dell’impugnazione tendono all’annullamento, totale o parziale, della decisione del Tribunale quale contenuta nel dispositivo della decisione stessa». Inoltre, conformemente all’articolo 170, paragrafo 1, di tale regolamento, le conclusioni dell’impugnazione devono tendere, qualora quest’ultima sia dichiarata fondata, all’accoglimento, totale o parziale, delle conclusioni presentate in primo grado, esclusa ogni nuova conclusione.

32

Orbene, la terza parte delle conclusioni dei ricorrenti, diretta alla condanna della Commissione a riconoscere pubblicamente di aver commesso un errore di valutazione nei loro confronti, non è diretta né all’annullamento della decisione del Tribunale né all’accoglimento delle conclusioni presentate in primo grado, in quanto, come risulta dalla sentenza impugnata ed è confermato dalla lettura del ricorso in primo grado, contenuto nel fascicolo di primo grado trasmesso alla Corte conformemente all’articolo 167, paragrafo 2, del regolamento di procedura, i ricorrenti non avevano presentato un siffatto capo di conclusioni in primo grado. Ne consegue che la terza parte delle conclusioni dei ricorrenti costituisce una domanda nuova e deve essere respinta in quanto irricevibile.

33

Per il resto, a sostegno della loro impugnazione, i ricorrenti deducono tre motivi. Con il loro primo motivo, dedotto in via principale, essi contestano al Tribunale di aver commesso un errore interpretando erroneamente il fatto generatore dei danni lamentati. Con il loro secondo motivo, dedotto in subordine, essi fanno valere che il Tribunale ha commesso errori relativi al sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Con il loro terzo motivo, essi addebitano al Tribunale di aver commesso un errore ritenendo che non fosse necessario esaminare l’effettività dei danni lamentati e l’esistenza di un nesso di causalità.

A. Sul primo motivo

34

Con il suo primo motivo, suddiviso in due parti, che riguardano, rispettivamente, il danno morale e il danno materiale, i ricorrenti sostengono che il Tribunale, affermando, al punto 36 della sentenza impugnata, che essi contestassero alla Commissione di aver causato un danno morale al sig. Charlot a causa della sua chiamata in causa nel procedimento penale dinanzi alle autorità di contrasto francesi nonché un danno materiale derivante dalla risoluzione di tutti i contratti conclusi con la Planistat Europe, ha snaturato la loro argomentazione. Tale snaturamento avrebbe indotto il Tribunale a commettere un errore nella definizione degli illeciti costituenti il fatto generatore dei danni di cui essi chiedono il risarcimento, il che vizierebbe integralmente la sua analisi, in particolare il punto 116 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha respinto il loro ricorso in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

1.   Sulla prima parte del primo motivo

a)   Argomenti delle parti

35

Con la prima parte del loro primo motivo, i ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore definendo erroneamente il fatto generatore del danno morale lamentato.

36

A tal riguardo, essi fanno valere che il Tribunale ha snaturato la loro argomentazione quando ha ritenuto che il loro ricorso riguardasse unicamente il danno morale asseritamente subito a causa della trasmissione della nota del 19 marzo 2003 da parte dell’OLAF e non quello risultante dalla «ampia copertura mediatica» di tale trasmissione. Essi sostengono che il Tribunale ha errato nella definizione degli illeciti che costituiscono il fatto generatore dei danni di cui chiedono il risarcimento.

37

A tal riguardo, dal ricorso in primo grado risulterebbe che, secondo i ricorrenti, l’OLAF e la Commissione hanno commesso vari illeciti consistenti, da un lato, nell’aver proceduto ad una «calunnia», con la nota del 19 marzo 2003, da essi inviata alle autorità giudiziarie francesi, e, dall’altro, nell’aver presentato la denuncia con costituzione di parte civile di cui al punto 17 della presente sentenza, accompagnata da un’ampia trasmissione mediatica e da un comunicato stampa nel quale essi avrebbero deliberatamente lasciato «sfuggire» informazioni relative a tale nota e proferito affermazioni «diffamatorie». Sarebbe la combinazione di tali illeciti ad aver leso l’onore e la reputazione del sig. Charlot, dirigente della Planistat Europe.

38

La Commissione ritiene che l’argomento dei ricorrenti derivi da una lettura erronea della sentenza impugnata.

b)   Giudizio della Corte

39

Occorre anzitutto constatare che, contrariamente a quanto affermano, in sostanza, i ricorrenti, il Tribunale non ha ignorato il fatto che essi avevano invocato un danno morale derivante dalla trasmissione mediatica della nota del 19 marzo 2003 da parte dell’OLAF. Dal punto 47 della sentenza impugnata risulta, infatti, che il Tribunale ha preso in considerazione tale asserito danno morale, pur ritenendo che esso avesse carattere istantaneo e, pertanto, fosse prescritto, in applicazione dell’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dei principi giurisprudenziali enunciati ai punti 34 e 35 di tale sentenza. Ne consegue che, nei limiti in cui, con la prima parte del primo motivo, i ricorrenti contestano al Tribunale uno snaturamento del loro ricorso in primo grado, avendo ignorato il danno morale lamentato derivante dalla trasmissione mediatica di detta nota, tale prima parte si basa su una lettura erronea della sentenza impugnata e, pertanto, deve essere respinta in quanto infondata.

40

Nei limiti in cui tale prima parte deve essere intesa come relativa a uno snaturamento degli argomenti dei ricorrenti in quanto il Tribunale non sarebbe stato a conoscenza del fatto che il danno asserito derivava dalla combinazione della trasmissione di tale nota e della copertura mediatica della stessa, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura, risulta che l’impugnazione deve indicare con precisione i punti criticati nella sentenza di cui si chiede l’annullamento e gli argomenti giuridici che sostengono specificamente tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (sentenza del 21 settembre 2023, China Chamber of Commerce for Import and Export of Machinery and Electronic Products e a./Commissione, C‑478/21 P, EU:C:2023:685, punto 162 e giurisprudenza ivi citata).

41

Non risponde a quest’obbligo di motivazione risultante da tali disposizioni il ricorso d’impugnazione che, senza neppure contenere un argomento specificamente inteso ad individuare l’errore di diritto che vizierebbe la sentenza o l’ordinanza impugnata, si limiti a riprodurre testualmente i motivi e gli argomenti già dedotti dinanzi al Tribunale, ivi compresi quelli basati su fatti da questo espressamente disattesi. Una siffatta impugnazione costituisce infatti una domanda intesa a ottenere un mero riesame dell’atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, che esula dalla competenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2023, PL/Commissione,C‑537/21 P, EU:C:2023:363, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).

42

A tal riguardo, occorre rilevare che, se è pur vero che i ricorrenti fanno valere che la loro argomentazione, svolta dinanzi al Tribunale, è stata erroneamente presentata da quest’ultimo nella sentenza impugnata, tuttavia i ricorrenti medesimi non identificano alcun errore di diritto che deriverebbe da tale presentazione asseritamente erronea che vizierebbe la sentenza (v., per analogia, sentenza del 4 giugno 2015, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione,C‑682/13 P, EU:C:2015:356, punto 59).

43

In particolare, come correttamente osservato dalla Commissione, i ricorrenti non deducono alcun argomento al fine di rimettere in discussione la considerazione del Tribunale, contenuta al punto 47 della sentenza impugnata e ricordata al punto 39 della presente sentenza, né i principi giurisprudenziali enunciati ai punti 34 e 35 della sentenza impugnata.

44

Di conseguenza, occorre respingere la prima parte del primo motivo in quanto in parte irricevibile e in parte infondata.

2.   Sulla seconda parte del primo motivo

a)   Argomenti delle parti

45

Con la seconda parte del loro primo motivo, i ricorrenti addebitano al Tribunale di aver commesso un errore nel concludere che il fatto generatore del danno materiale lamentato derivava dalla risoluzione dei contratti conclusi tra la Planistat Europe e la Commissione nel corso del 2003, mentre dal ricorso in primo grado risultava chiaramente che tale danno consisteva in una perdita di valore delle quote di tale società nonché in una «asfissia» e in una «quasi scomparsa di un’impresa florida» risultante dal comportamento diffamatorio dell’OLAF e della Commissione. Detto danno sarebbe continuato, contrariamente al danno istantaneo che sarebbe derivato dalla risoluzione dei contratti. La conferma da parte della Cour de cassation, il 15 giugno 2016, dell’ordinanza di non luogo a procedere del juge d’instruction du tribunal de grande instance de Paris (giudice istruttore del Tribunale di primo grado di Parigi), con la quale è stata confermata l’innocenza del sig. Charlot, consentirebbe, a posteriori, di qualificare come «illecito» tale comportamento diffamatorio. Pertanto, i ricorrenti sostengono che il Tribunale avrebbe dovuto analizzare in modo totalmente diverso la loro domanda di risarcimento, di cui al punto 24 della presente sentenza, in particolare per quanto riguarda la prescrizione della loro azione contro l’Unione in materia di responsabilità extracontrattuale.

46

La Commissione contesta tale argomento.

b)   Giudizio della Corte

47

Se è vero che, nel loro ricorso in primo grado, i ricorrenti hanno fatto valere che il danno materiale che essi affermano di aver subito consisteva in una perdita di valore delle quote della Planistat Europe nonché in una «asfissia» e in una «quasi scomparsa di un’impresa florida» risultante dal comportamento diffamatorio dell’OLAF e della Commissione, ciò non toglie che, secondo i termini stessi di tale ricorso, tale perdita di valore sarebbe derivata, da un lato, dalla sospensione, poi dalla risoluzione dei contratti conclusi da detta società con la Commissione nonché, dall’altro, dalla risoluzione dei contratti conclusi con altri clienti. Non si può quindi ritenere che il Tribunale abbia snaturato la loro argomentazione su tale punto, cosicché, nei limiti in cui essa verte su un asserito snaturamento dell’argomentazione dei ricorrenti, la seconda parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

48

Inoltre, occorre rilevare che, per quanto riguarda la risoluzione dei contratti conclusi tra detta società e la Commissione, dal momento che i ricorrenti si limitano a criticare il Tribunale per aver ritenuto, ai punti da 58 a 61 della sentenza impugnata, che tale danno materiale avesse carattere immediato, cosicché la domanda di risarcimento di tale danno era prescritta, senza tuttavia indicare, alla luce della giurisprudenza citata ai punti 40 e 41 della presente sentenza, in che modo tale ragionamento fosse viziato da un errore di diritto, tale parte dell’impugnazione mira quindi, riproponendo gli argomenti dedotti in primo grado, ad ottenere un riesame della loro domanda dinanzi al Tribunale e deve essere pertanto respinta in quanto irricevibile.

49

Quanto al danno materiale derivante dalla risoluzione dei contratti conclusi con gli altri clienti, occorre ricordare che, al punto 62 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento di prova che consentisse di dimostrare, in particolare, il momento preciso in cui un tale danno si sarebbe concretizzato.

50

Orbene, risulta da costante giurisprudenza che, qualora il Tribunale abbia constatato o valutato i fatti, la Corte è competente soltanto, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, a effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica degli stessi e sulle conseguenze di diritto che ne sono state tratte. (sentenza del 14 ottobre 2021, NRW.Bank/CRU,C‑662/19 P, EU:C:2021:846, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). La valutazione dei fatti, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce dunque una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (sentenza del 25 marzo 2021, Deutsche Telekom//Commissione, C‑152/19 P, EU:C:2021:238, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

51

Poiché i ricorrenti non deducono alcuno snaturamento dei fatti o degli elementi di prova, la loro argomentazione deve essere parimenti respinta in quanto irricevibile su tale punto.

52

Occorre, pertanto, respingere la seconda parte del primo motivo in quanto in parte infondata e in parte irricevibile.

53

Di conseguenza, il primo motivo dev’essere integralmente respinto.

B. Sul secondo motivo

54

Il secondo motivo, con il quale i ricorrenti fanno valere un errore di diritto relativo al sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, è suddiviso in tre parti, vertenti, in sostanza, la prima, su un errore che il Tribunale avrebbe commesso in merito all’illegittimità del comportamento diffamatorio dell’OLAF e della Commissione nei confronti dei ricorrenti, la seconda, su un errore relativo all’illiceità del comportamento dell’OLAF, in quanto quest’ultimo, in mancanza di indizi sufficienti, ha trasmesso alle autorità francesi informazioni relative a fatti qualificabili come penali e, la terza, su un errore relativo all’illegittimità del comportamento della Commissione.

1.   Sulla prima censura della seconda parte del secondo motivo

a)   Argomenti delle parti

55

Con la prima censura della seconda parte del loro secondo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando che l’OLAF non aveva commesso un illecito trasmettendo alle autorità giudiziarie francesi informazioni relative a fatti qualificabili come penali.

56

Inoltre, i ricorrenti sostengono, in sostanza, che l’illegittimità in questione era la conseguenza di una violazione, da parte dell’OLAF, del suo obbligo di diligenza e che esso era tenuto a verificare le informazioni che trasmetteva alle autorità nazionali.

57

I ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore, nei punti da 82 a 92 della sentenza impugnata, ritenendo che dall’articolo 10 e dal considerando 13 del regolamento n. 1073/1999 derivasse che l’OLAF ha il diritto di adire l’autorità giudiziaria, anche prima della conclusione dell’indagine esterna, qualora ritenga di disporre di informazioni o materiali che possano giustificare l’apertura di un’indagine giudiziaria o costituire elementi di prova utili per tale indagine. A tal riguardo, il Tribunale ha rilevato, al punto 88 di tale sentenza, che l’OLAF disponeva già, il 19 marzo 2003, delle informazioni o degli elementi che consentivano di ritenere che i fatti di cui trattasi potessero ricevere una qualificazione penale. Il Tribunale avrebbe erroneamente concluso, ai punti 90 e 91 di detta sentenza, che l’OLAF non aveva commesso alcun illecito e, in particolare, che esso non aveva violato né il principio di buona amministrazione né quello del rispetto di un termine ragionevole.

58

Secondo i ricorrenti, trasmettendo false informazioni alle autorità francesi, l’OLAF non avrebbe adottato sufficienti precauzioni, il che costituirebbe una violazione del suo dovere di verifica dei dati e, pertanto, del principio di buona amministrazione.

59

La Commissione fa valere che occorre respingere la prima censura della seconda parte del secondo motivo in quanto, in parte, manifestamente irricevibile e, in parte, infondata.

60

Secondo la Commissione, i ricorrenti cercano di ottenere un riesame dei fatti, senza tuttavia allegarne uno snaturamento né individuare l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale.

61

Quanto al merito, la Commissione sostiene che gli argomenti dedotti dai ricorrenti sono infondati. Per quanto riguarda la valutazione del Tribunale secondo cui, alla data di trasmissione della nota del 19 marzo 2003, l’OLAF disponeva di informazioni sufficienti per procedere a tale trasmissione, il Tribunale, ai punti 87 e 89 della sentenza impugnata, avrebbe correttamente tenuto conto, da un lato, del fatto che le informazioni contenute in tale nota erano il risultato di un’indagine iniziata nel corso del 1999 sulla base di una relazione di revisione contabile redatta da Eurostat e, dall’altro, del fatto che l’indagine OF/2002/0510 costituiva l’aspetto esterno dell’indagine interna IO/2000/4097.

62

Inoltre, secondo la Commissione, il fatto che i giudici francesi siano giunti ad una conclusione diversa dall’OLAF non può rimettere in discussione l’indagine dell’OLAF e non consente, di per sé, di dimostrare che l’OLAF abbia commesso un illecito costituente una violazione del principio di buona amministrazione nei confronti dei ricorrenti.

b)   Giudizio della Corte

1) Sulla ricevibilità

63

Occorre constatare che, sebbene la presentazione di alcuni degli argomenti dedotti a sostegno della prima censura della seconda parte del secondo motivo avrebbe potuto essere più chiara, ciò non toglie che essi mirano, in sostanza, a rimettere in discussione non la valutazione, in quanto tale, dei fatti da parte del Tribunale, bensì la conclusione di tale giudice, secondo la quale i fatti accertati non consentivano di ritenere che l’OLAF avesse commesso un illecito trasmettendo alle autorità giudiziarie francesi informazioni, in altri termini la qualificazione giuridica, da parte del Tribunale, di tali fatti. Orbene, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 50 della presente sentenza, la qualificazione giuridica dei fatti è una questione di diritto che può essere sollevata nell’ambito di un’impugnazione e il cui controllo rientra nella competenza di controllo della Corte.

64

Pertanto, si deve ritenere che la prima censura della seconda parte del secondo motivo sia ricevibile.

2) Nel merito

65

Con la prima censura della seconda parte del secondo motivo, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, in quanto ha considerato che l’OLAF non aveva violato il principio di buona amministrazione nell’informare le autorità giudiziarie francesi prima di aver ultimato la relazione redatta in esito all’indagine esterna.

66

A tal riguardo, occorre ricordare che tra i presupposti richiesti per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, a norma dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, figura il requisito dell’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio,C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 29).

67

Una siffatta violazione sussiste quando implica una violazione grave e manifesta, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Gli elementi da prendere in considerazione al riguardo sono il grado di chiarezza e di precisione della norma violata e l’ampiezza del margine di discrezionalità che la norma violata lascia all’autorità dell’Unione (sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio,C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

68

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 42 delle sue conclusioni, il diritto a una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta, comporta un obbligo di diligenza da parte dell’amministrazione dell’Unione, che deve agire con cura e prudenza, in quanto l’inosservanza di tale obbligo costituisce una violazione di una norma di legge il cui scopo è quello di conferire diritti ai singoli [v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione,C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punti da 91 a 93].

69

Per quanto riguarda, più in particolare, le implicazioni del principio di buona amministrazione e del dovere di diligenza ad esso inerente, in merito alla possibilità per l’OLAF di trasmettere informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, risulta dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999 che «l’[OLAF] può trasmettere in qualsiasi momento alle autorità competenti degli Stati membri interessati le informazioni ottenute nel corso delle indagini esterne».

70

Dal considerando 1 di tale regolamento risulta parimenti che tale facoltà deve essere esercitata alla luce degli obiettivi di tutela degli interessi finanziari dell’Unione e di lotta contro la frode e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione.

71

Inoltre, ai sensi del considerando 5 di tale regolamento, la responsabilità dell’OLAF riguarda, oltre alla tutela degli interessi finanziari, tutte le attività connesse alla salvaguardia degli interessi dell’Unione contro comportamenti irregolari perseguibili in sede amministrativa o penale. È quindi per raggiungere tali obiettivi che l’OLAF effettua indagini interne ed esterne, i cui risultati sono, ai sensi dell’articolo 9 del medesimo regolamento, presentati in una relazione d’indagine trasmessa alle autorità competenti degli Stati membri, nel caso di un’indagine esterna, o all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato, nel caso di un’indagine interna, conformemente, rispettivamente, ai paragrafi 3 e 4 di tale articolo.

72

A tal riguardo, dal paragrafo 2 di detto articolo risulta che le relazioni redatte dall’OLAF «costituiscono elementi di prova nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro nel quale risulti necessario avvalersene al medesimo titolo e alle medesime condizioni delle relazioni amministrative redatte dagli ispettori amministrativi nazionali».

73

Ne consegue che, come confermato dal considerando 13 del regolamento n. 1073/1999, le conclusioni dell’OLAF contenute in una relazione finale non possono comportare l’avvio automatico di procedimenti giudiziari, dal momento che le autorità competenti sono libere di decidere i provvedimenti da adottare in base alla relazione finale e sono quindi le sole autorità a poter adottare decisioni eventualmente idonee a incidere sulla situazione giuridica dei soggetti nei confronti dei quali detta relazione abbia raccomandato l’avvio di siffatti procedimenti.

74

Infatti, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, le informazioni fornite dall’OLAF possono essere integrate e verificate dalle autorità nazionali, che dispongono di una gamma più ampia di poteri investigativi rispetto a detto ufficio.

75

Dalle considerazioni che precedono risulta che, se l’OLAF ha non solo il diritto, ma anche l’obbligo di trasmettere alle autorità nazionali competenti, comprese le autorità giudiziarie, anche prima della chiusura della sua indagine e della redazione della relazione finale, qualsiasi informazione pertinente che possa giustificare l’adozione di misure da parte di tali autorità, compreso l’avvio di un’indagine penale, resta il fatto, come ha sostanzialmente sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, che l’OLAF deve tenere conto del suo dovere di diligenza, di cui al punto 68 della presente sentenza, e dar prova di una certa cautela, in quanto tale ufficio non agisce come «un informatore qualsiasi», ma come ufficio dotato di poteri di indagine, e tale trasmissione di informazioni avviene tra due autorità dotate di tali poteri. Ciò vale a maggior ragione in quanto il fatto di adire le autorità nazionali può servire da base per l’avvio di procedimenti giudiziari, civili e penali.

76

Ne consegue che, al fine di rispettare il suo obbligo di diligenza, l’OLAF, prima della trasmissione, ai sensi del regolamento n. 1073/1999, di informazioni alle autorità nazionali, deve assicurarsi, conformemente al considerando 10 di tale regolamento, che tali informazioni presentino un grado di plausibilità e di verosimiglianza sufficiente a giustificare l’adozione, da parte di tali autorità, di misure di loro competenza, compreso l’avvio, se del caso, di un’indagine giudiziaria.

77

Ne consegue, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, che quando, come nel caso di specie, il Tribunale è chiamato a stabilire se l’OLAF abbia rispettato il suo dovere di diligenza in relazione alla trasmissione di informazioni alle autorità nazionali, deve verificare se, al momento di tale trasmissione, l’OLAF avesse più di un semplice dubbio, senza tuttavia esigere una prova evidente che non richiede ulteriori atti di indagine.

78

Pertanto, nel caso di specie, spettava al Tribunale, da un lato, verificare la credibilità e il contenuto delle informazioni o degli elementi contenuti nella nota del 19 marzo 2003 nonché l’intenzione con cui tali informazioni o elementi erano stati trasmessi alle autorità giudiziarie francesi e, dall’altro, stabilire se dette informazioni o elementi potessero giustificare l’avvio di un’indagine giudiziaria o costituire elementi di prova utili a tale indagine. A tal fine, era compito del Tribunale accertare se l’OLAF disponesse di indizi sostanziali sufficientemente precisi che dimostrassero l’esistenza di motivi plausibili per ritenere che le informazioni trasmesse contenessero fatti tali da essere qualificati come penalmente rilevanti.

79

Orbene, il Tribunale ha dichiarato, al punto 87 della sentenza impugnata, da una parte, che dalla nota del 19 marzo 2003 risultava che le informazioni ivi contenute erano il risultato di un’indagine avviata sulla base di una relazione di audit interno di Eurostat datata settembre 1999, ossia quasi tre anni e mezzo prima, e, dall’altra, che detta nota illustrava il quadro istituzionale in cui s’inseriva, presentava la cronologia dei fatti oggetto dell’indagine a partire dalla creazione della rete di datashops negli anni 1995 e 1996, chiariva i rapporti finanziari all’interno di tale rete e precisava le constatazioni effettuate nel corso dell’indagine. Al punto 88 di detta sentenza, il Tribunale ha concluso che l’OLAF disponeva già, il 19 marzo 2003, di informazioni o di elementi che consentivano di ritenere che i fatti di cui trattasi potessero essere qualificati come penalmente rilevanti.

80

Così facendo, il Tribunale non ha verificato né la credibilità e il contenuto delle informazioni o degli elementi contenuti nella nota del 19 marzo 2003, né l’intenzione con cui tali informazioni o elementi sono stati trasmessi alle autorità giudiziarie francesi, né se dette informazioni o elementi potessero giustificare l’avvio di un’indagine giudiziaria o costituire elementi di prova utili a tale indagine. Pertanto, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

81

Di conseguenza, occorre accogliere la prima censura della seconda parte del secondo motivo.

2.   Sulla prima parte del secondo motivo

a)   Argomenti delle parti

82

Con la prima parte del loro secondo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere l’esistenza della calunnia commessa dall’OLAF e dalla Commissione, che rientra nella nozione di diffamazione e costituisce al contempo un reato e un illecito civile in 25 dei 27 paesi dell’Unione. Il Tribunale avrebbe commesso un errore nel ritenere, ai punti 74 e 76 della sentenza impugnata, che i ricorrenti si siano fondati, al fine di invocare l’esistenza di una calunnia, su disposizioni di diritto penale francese, sulla giurisprudenza dei giudici francesi nonché sulla dottrina francese. Il Tribunale avrebbe dovuto esaminare gli argomenti dei ricorrenti alla luce del diritto alla vita privata e del diritto a una buona amministrazione sanciti, rispettivamente, all’articolo 7 e all’articolo 41 della Carta. A tal riguardo, la giurisprudenza francese relativa alla calunnia sarebbe stata invocata solo a titolo esemplificativo, al fine di dimostrare che tale illecito viola i principi generali comuni ai diritti degli Stati membri.

83

La Commissione ritiene che tali argomenti, non essendo stati dedotti in primo grado, siano irricevibili. Infatti, nel contesto del loro atto introduttivo del ricorso dinanzi al Tribunale, i ricorrenti avrebbero fatto valere l’esistenza di una calunnia facendo esplicito riferimento al codice penale francese e alla relativa giurisprudenza nazionale. Nel loro ricorso non figurerebbe alcun argomento relativo all’esistenza di una diffamazione che abbia violato un principio generale del diritto dell’Unione. Inoltre, il loro ricorso non consentirebbe di individuare alcun argomento relativo all’esistenza di una diffamazione in violazione di una disposizione o di un principio generale del diritto dell’Unione. In ogni caso, detti argomenti sarebbero infondati, in quanto la calunnia presuppone che fatti di cui l’autore conosce la falsità siano rivelati con l’intento di nuocere, ciò che i ricorrenti non avrebbero dimostrato nel caso di specie.

b)   Giudizio della Corte

84

Per quanto riguarda la ricevibilità della prima parte del secondo motivo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte – la cui competenza in sede di impugnazione è limitata – una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è infatti limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al Tribunale (sentenza del 27 aprile 2023, Casa Regina Apostolorum della Pia Società delle Figlie di San Paolo/Commissione,C‑492/21 P, EU:C:2023:354, punto 100 e giurisprudenza ivi citata).

85

Tuttavia, nel caso di specie, si deve constatare che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, i ricorrenti hanno fatto valere, nel loro ricorso in primo grado, che la calunnia risultante dalla trasmissione delle informazioni in questione alle autorità giudiziarie francesi era accompagnata da una comunicazione diffamatoria a causa delle fughe di notizie nella stampa relative a tale trasmissione e che essi hanno esplicitamente invocato al riguardo una violazione, in particolare, del diritto a una buona amministrazione, quale sancito all’articolo 41 della Carta, nonché dei diritti della difesa, del diritto alla presunzione di innocenza e dell’obbligo di riservatezza, i quali sono parimenti sanciti da quest’ultima.

86

Pertanto, occorre respingere le affermazioni della Commissione relative alla ricevibilità della prima parte del secondo motivo.

87

Per quanto riguarda la sua fondatezza, occorre rilevare che, al punto 74 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che i ricorrenti si sono basati su disposizioni di diritto penale francese, sulla giurisprudenza dei giudici francesi nonché sulla dottrina francese in materia. Esso ha tuttavia rilevato, al punto 75 di tale sentenza, che, se è vero che i giudici dell’Unione sono competenti in via esclusiva a statuire sulle azioni di risarcimento del danno imputabili alle istituzioni dell’Unione, ciononostante l’interpretazione e l’inquadramento giuridico nell’ambito del diritto penale francese dei fatti dedotti dai ricorrenti non rientrano nella competenza dei giudici dell’Unione. In tale contesto, il Tribunale, al punto 76 di detta sentenza, ha respinto in quanto inconferenti gli argomenti dei ricorrenti vertenti sull’esistenza di una calunnia.

88

Come rilevato dall’avvocato generale, in sostanza, al paragrafo 83 delle sue conclusioni, tale ragionamento del Tribunale si basa su una lettura manifestamente errata del ricorso di primo grado. Infatti, da quest’ultimo risulta, come già indicato al punto 85 della presente sentenza, che i ricorrenti hanno invocato, a sostegno del loro argomento vertente sull’illegittimità del comportamento dell’OLAF e della Commissione a causa di una calunnia, i principi generali del diritto dell’Unione, in particolare il diritto a una buona amministrazione sancito all’articolo 41 della Carta. Se i ricorrenti hanno invocato il diritto francese a sostegno di tale argomento, ciò era chiaramente solo a titolo esemplificativo.

89

Ne consegue che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel respingere in quanto inconferente detto argomento.

90

Pertanto, occorre accogliere la prima parte del secondo motivo.

91

Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare la seconda censura della seconda parte di tale motivo, la terza parte di detto motivo né il terzo motivo, occorre annullare la sentenza impugnata nei limiti in cui, con tale sentenza, il Tribunale ha respinto il ricorso, in quanto inteso al risarcimento del danno morale asseritamente subito dal sig. Charlot a causa del procedimento penale avviato nei suoi confronti dinanzi alle autorità giudiziarie francesi. Per il resto, l’impugnazione dev’essere respinta.

VI. Sul rinvio della causa dinanzi al Tribunale

92

Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

93

Nel caso di specie, come è stato rilevato nell’ambito dell’esame del primo motivo di censura della seconda parte del secondo motivo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto, ai punti da 82 a 92 e 104 della sentenza impugnata, non avendo esaminato né la credibilità e il contenuto delle informazioni e degli elementi contenuti nella nota del 19 marzo 2003, né l’intento con cui tali informazioni o elementi sono stati trasmessi alle autorità giudiziarie francesi, né se tali informazioni o elementi potessero giustificare l’avvio di un’indagine giudiziaria o costituire elementi di prova utili a tale indagine. Inoltre, dall’esame della prima parte del secondo motivo risulta che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, ai punti da 74 a 76 della sentenza impugnata, nel respingere come inoperante l’argomento dei ricorrenti secondo cui l’OLAF e la Commissione avrebbero effettuato una calunnia.

94

Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che non vi era stata violazione sufficientemente qualificata di una norma del diritto dell’Unione, senza aver esaminato le altre condizioni che sono cumulativamente necessarie per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione [v., in tal senso, sentenze del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione,C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 57, e del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio,C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 108].

95

In tali circostanze, la Corte ritiene che la presente controversia riguardante la domanda di risarcimento del danno morale asseritamente subito dal sig. Charlot a causa del procedimento penale avviato nei suoi confronti dinanzi alle autorità giudiziarie francesi non sia matura per la decisione e che occorra rinviare la causa dinanzi al Tribunale, affinché esso possa procedere ad un nuovo esame dell’eventuale esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma di diritto dell’Unione per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Qualora tale esame riveli l’esistenza di una siffatta violazione, spetterà al Tribunale procedere all’esame delle altre condizioni necessarie per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

VII. Sulle spese

96

Poiché la causa è stata rinviata dinanzi al Tribunale, occorre riservare le spese inerenti al presente procedimento d’impugnazione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 6 aprile 2022, Planistat Europe e Charlot/Commissione (T‑735/20, EU:T:2022:220), è annullata nei limiti in cui, con tale sentenza, il Tribunale ha respinto il ricorso, in quanto inteso al risarcimento del danno morale asseritamente subito dal sig. Hervé-Patrick Charlot in ragione del procedimento penale avviato nei suoi confronti dinanzi alle autorità giudiziarie francesi.

 

2)

L’impugnazione è respinta quanto al resto.

 

3)

La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

 

4)

Le spese sono riservate.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.