SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

29 luglio 2024 (*)

« Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Articolo 157 TFUE – Parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego – Direttiva 2006/54/CE – Articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e articolo 4, primo comma – Divieto di discriminazione indiretta fondata sul sesso – Lavoro a tempo parziale – Direttiva 97/81/CE – Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale – Clausola 4 – Divieto di trattare i lavoratori a tempo parziale in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili – Pagamento di una maggiorazione della retribuzione per le sole ore di lavoro straordinario effettuate dai lavoratori a tempo parziale oltre l’orario di lavoro normale fissato per i lavoratori a tempo pieno».

Nelle cause riunite C‑184/22 e C‑185/22,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania), con decisioni del 28 ottobre 2021, pervenute in cancelleria il 10 marzo 2022, nei procedimenti

IK (C‑184/22),

CM (C‑185/22)

contro

KfH Kuratorium für Dialyse und Nierentransplantation eV,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin (relatore) e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per IK, da J. Windhorst, Rechtsanwältin,

–        per la KfH Kuratorium für Dialyse und Nierentransplantation eV, da K.M. Weber, Rechtsanwalt,

–        per il governo danese, da J.F. Kronborg, C. Maertens e V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agenti,

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente,

–        per il governo norvegese, da T. Hostvedt Aarthun e I. Thue, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, da D. Recchia, E. Schmidt e A. Szmytkowska, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 novembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 157 TFUE, dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 4, primo comma, della direttiva n. 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23), nonché della clausola 4, punti 1 e 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura nell’allegato alla direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra, da un lato, IK (C‑184/22) e CM (C‑185/22) e, dall’altro, il loro datore di lavoro, la KfH Kuratorium für Dialyse und Nierentransplantation eV, in merito al pagamento di una maggiorazione di retribuzione per le ore straordinarie effettuate oltre l’orario normale di lavoro concordato nei loro contratti di lavoro.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2006/54

3        Il considerando 30 della direttiva 2006/54 così recita:

«(...) Occorre (...) chiarire che la valutazione dei fatti in base ai quali si può presumere che ci sia stata discriminazione diretta o indiretta rimane di competenza dell’organo nazionale competente, secondo il diritto e/o la prassi nazionali. (...)».

4        L’articolo 2, paragrafo 1, lettere b) ed e), della direttiva 2006/54 così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

b)      discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(...)

e)      retribuzione: salario o stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore a motivo dell’impiego di quest’ultimo».

5        L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Divieto di discriminazione», al primo comma prevede quanto segue:

«Per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni».

 Accordo quadro

6        Ai sensi della clausola 1, lettera a), dell’accordo quadro, quest’ultimo ha per oggetto «di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale».

7        La clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro prevede quanto segue:

«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge, contratto collettivo o in base alle prassi in vigore in ogni Stato membro».

8        Ai sensi della clausola 3 dell’accordo quadro:

«Ai fini del presente accordo si intende per:

1)      “lavoro a tempo parziale”: il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile;

2)      “lavoratore a tempo pieno comparabile”: il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l’anzianità e le qualifiche/competenze.

(...)».

9        La clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», ai punti 1 e 2 enuncia quanto segue:

«1.      Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.

2.      Dove opportuno, si applica il principio “pro rata temporis”».

 Diritto tedesco

10      Ai sensi dell’articolo 1 dell’Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz (legge generale sulla parità di trattamento), del 14 agosto 2006 (BGBl. 2006 I, pag. 1897), nella versione applicabile alle controversie nei procedimenti principali (in prosieguo: l’«AGG»), intitolato «Obiettivo della legge»:

«L’obiettivo della presente legge è la prevenzione o l’eliminazione di qualsiasi discriminazione fondata sulla razza o l’origine etnica, il sesso, la religione o le convinzioni personali, una disabilità, l’età o l’identità sessuale».

11      L’articolo 7 dell’AGG stabilisce che i lavoratori non possano essere discriminati per nessuno dei motivi enunciati all’articolo 1 di tale legge, tra cui il sesso.

12      L’articolo 15 di detta legge, intitolato «Indennità e risarcimento del danno», è così formulato:

«(1)      In caso di violazione del divieto di discriminazione, il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno che ne deriva. (...)

(2)      Per quanto riguarda il danno non patrimoniale, il lavoratore ha diritto a un adeguato risarcimento pecuniario. (...)».

13      L’articolo 3 del Gesetz zur Förderung der Entgelttransparenz zwischen Frauen und Männern (Entgelttransparenzgesetz) (legge sulla promozione della trasparenza salariale tra donne e uomini), del 30 giugno 2017 (BGBl. 2017 I, pag. 2152), nella versione applicabile alle controversie nei procedimenti principali, intitolato «Divieto di discriminazione retributiva diretta e indiretta fondata sul sesso», così stabilisce al paragrafo 1:

«Nel caso di uno stesso lavoro o di un lavoro di pari valore è vietata ogni discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso con riguardo a tutti gli elementi e le condizioni della retribuzione».

14      L’articolo 7 di tale legge, intitolato «Obbligo di parità retributiva», così prevede:

«Nei rapporti di lavoro non può essere concordata o pagata per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, in ragione del sesso del lavoratore, una retribuzione inferiore a quella di un lavoratore dell’altro sesso».

15      L’articolo 4 del Gesetz über Teilzeitarbeit und befristete Arbeitsverträge (legge sul lavoro a tempo parziale e sul lavoro a tempo determinato), del 21 dicembre 2000 (BGBl. 2000 I, pag. 1966), nella versione applicabile alle controversie nei procedimenti principali, intitolato «Divieto di discriminazione», dispone quanto segue, al paragrafo 1:

«Un lavoratore a tempo parziale non deve essere trattato in modo meno favorevole, rispetto a un lavoratore a tempo pieno comparabile, per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che esistano ragioni obiettive atte a giustificare un trattamento differente. Il lavoratore a tempo parziale deve percepire una retribuzione o un’altra prestazione a titolo oneroso divisibile, la cui entità deve corrispondere almeno alla quota parte della sua durata del lavoro rispetto a quella di un lavoratore a tempo pieno comparabile».

16      L’articolo 10 del Manteltarifvertrag (contratto collettivo generale) (in prosieguo: l’«MTV»), concluso tra il Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft eV (ver.di), sindacato unitario del settore dei servizi, e la parte resistente nel procedimento principale, intitolato «Orario di lavoro», prevede quanto segue:

«1.      L’orario normale settimanale di lavoro di un lavoratore a tempo pieno è mediamente di 38 ore e mezza, escluse le pause.

(...)

L’orario normale giornaliero di lavoro di un lavoratore a tempo pieno è di 7 ore e 42 minuti.

(...)

6.      Qualora il carico di lavoro richieda il lavoro straordinario, quest’ultimo può essere disposto, in linea di principio. (...) Il lavoro straordinario deve essere limitato a casi urgenti e deve essere distribuito il più uniformemente possibile tra tutti i lavoratori.

7.      Il lavoro straordinario consiste in ore di lavoro prestate a seguito di apposita disposizione oltre l’orario normale di lavoro (...), conformemente ai turni di servizio e alla prassi aziendale. Il lavoro straordinario che eccede l’orario mensile di un lavoratore a tempo pieno e che non può essere compensato dalla concessione di tempo libero nel rispettivo mese di calendario in cui viene effettuata la prestazione lavorativa è soggetto a una maggiorazione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1.

(...)».

17      L’articolo 13 dell’MTV, intitolato «Retribuzione del lavoro straordinario, maggiorazioni e indennità per servizi in orari disagiati», così recita:

«1.      La compensazione per il lavoro straordinario di cui all’articolo 10, paragrafo 7, dell’MTV è pari a 1/167º dello stipendio mensile stabilito dalla contrattazione collettiva per ciascuna ora di straordinario. Le maggiorazioni per il lavoro straordinario di cui all’articolo 10, paragrafo 7, seconda frase, ammontano al 30%.

(...)».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

18      La parte resistente nel procedimento principale fornisce servizi di dialisi ambulatoriale che opera in tutto il territorio della Repubblica federale di Germania.

19      IK e CM, che sono assunte dalla KfH Kuratorium für Dialyse und Nierentransplantation eV come assistenti infermiere a tempo parziale, sono tenute in base ai loro contratti di lavoro, a lavorare rispettivamente il 40% e l’80% del normale orario di lavoro settimanale di un dipendente a tempo pieno, che è fissato a 38,5 ore dall’articolo 10 dell’MTV.

20      Ritenendo che il resistente nel procedimento principale fosse tenuto a versare loro un supplemento di retribuzione per le ore straordinarie effettuate, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 7, dell’MTV, o a registrare, nelle loro banche del tempo, un credito di tempo corrispondente alla maggiorazione di retribuzione dovuta, le ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto ricorso dinanzi all’Arbeitsgericht (Tribunale del lavoro, Germania), per ottenere un credito di tempo corrispondente alla maggiorazione di retribuzione dovuta nonché un risarcimento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG.

21      A sostegno del ricorso, le ricorrenti nel procedimento principale hanno affermato che, non versando loro alcuna maggiorazione di retribuzione per le ore straordinarie effettuate oltre l’orario di lavoro concordato nel loro contratto di lavoro e non registrando, nelle loro banche del tempo, crediti di tempo corrispondenti alla maggiorazione di retribuzione loro dovuta, il resistente nel procedimento principale le ha trattate in modo meno favorevole rispetto alle dipendenti a tempo pieno perché lavorano a tempo parziale. Inoltre, avrebbero subito una discriminazione indiretta fondata sul loro sesso in quanto il resistente nel procedimento principale impiega prevalentemente donne a tempo parziale.

22      Poiché l’Arbeitsgericht (Tribunale del lavoro) ha respinto tali ricorsi, le ricorrenti nel procedimento principale hanno interposto appello avverso le sentenze di tale tribunale dinanzi al Landesarbeitsgericht Hessen (Tribunale superiore del lavoro del Land Assia, Germania), che ha condannato il resistente nel procedimento principale ad accreditare nelle loro banche del tempo i crediti corrispondenti alla maggiorazione di retribuzione dovuta per le ore straordinarie da esse effettuate, ma ha respinto la domanda delle ricorrenti nel procedimento principale diretta al pagamento di un risarcimento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, dell’AGG.

23      Le ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania), giudice del rinvio, al fine di ottenere il pagamento di detto risarcimento. Il resistente nel procedimento principale, dal canto suo, ha proposto dinanzi a tale giudice un’impugnazione incidentale contro la sua condanna ad accreditare i crediti di tempo nelle loro banche del tempo.

24      Il giudice del rinvio ritiene che, al fine di statuire sul diritto delle ricorrenti nel procedimento principale al risarcimento, ai sensi dell’articolo 15 dell’AGG, sia necessario sapere se esse siano state oggetto di una discriminazione fondata sul sesso, in violazione dell’articolo 7 dell’AGG.

25      Esso ritiene parimenti che, al fine di statuire sull’impugnazione incidentale proposta dal resistente nel procedimento principale contro la sua condanna ad accreditare crediti di tempo nelle banche del tempo delle ricorrenti nel procedimento principale, sia determinante sapere se esse siano state oggetto di una discriminazione per il fatto di essere occupate a tempo parziale.

26      Date tali circostanze, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in modo identico nelle cause riunite C‑184/22 e C‑185/22:

«1)      Se l’articolo 157 TFUE nonché l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 4, primo comma, della [direttiva 2006/54] debbano essere interpretati nel senso che una normativa nazionale di un contratto collettivo la quale prevede la corresponsione di maggiorazioni per il lavoro straordinario per le sole ore di lavoro eccedenti l’orario normale di un lavoratore a tempo pieno implica una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale.

2)      Qualora la Corte fornisca una risposta affermativa alla prima questione:

a)      Se l’articolo 157 TFUE, nonché gli articoli 2, paragrafo 1, lettera b), e 4, [primo comma], della [direttiva 2006/54] debbano essere interpretati nel senso che, in un caso del genere, per stabilire se la disparità di trattamento danneggi un numero notevolmente più elevato di donne che di uomini, non è sufficiente accertare una significativa prevalenza, tra i lavoratori a tempo parziale, di donne rispetto agli uomini, ma deve altresì risultare che tra i lavoratori a tempo pieno siano presenti molti più uomini o che la percentuale di uomini sia notevolmente più elevata.

b)      Oppure, se possa trarsi una diversa conclusione, anche con riguardo all’articolo 157 TFUE e alla [direttiva 2006/54] dalle osservazioni della Corte nella sentenza del 26 gennaio 2021, Szpital Kliniczny im. dra J. Babińskiego Samodzielny Publiczny Zaktad Opieki Zdrowotnej w Krakowie [(C‑16/19, EU:C:2021:64)], punti da 25 a 36, secondo cui anche una differenza di trattamento che si verifica all’interno di un gruppo di persone disabili può rientrare nella “nozione di discriminazione” di cui all’articolo 2 della [direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16)].

3)      Qualora la Corte fornisca una risposta alla prima questione in senso affermativo e alla seconda questione sub a) e b) nel senso che, in un caso come quello di cui al procedimento principale, potrebbe affermarsi che la disparità di trattamento nella retribuzione danneggi un numero notevolmente più elevato di donne che di uomini, se l’articolo 157 TFUE, nonché gli articoli 2, paragrafo 1, lettera b), e 4, [primo comma] della [direttiva 2006/54] debbano essere interpretati nel senso che può costituire una finalità legittima il fatto che le parti di un contratto collettivo, pur perseguendo, da un lato, mediante una normativa, quale quella di cui alla prima questione, lo scopo di dissuadere il datore di lavoro dal disporre il lavoro straordinario e di ricompensare con una corrispondente maggiorazione il ricorso ai lavoratori oltre la misura concordata, abbiano però altresì l’obiettivo di evitare un trattamento meno favorevole dei lavoratori a tempo pieno rispetto a quelli a tempo parziale, prevedano pertanto che le maggiorazioni siano dovute solo per il lavoro straordinario prestato in eccesso rispetto all’orario mensile di un lavoratore a tempo pieno.

4)      Se la clausola 4, punto 1, dell’[accordo quadro], allegato alla [direttiva 97/81], debba essere interpretata nel senso che una normativa nazionale del contratto collettivo, la quale prevede la corresponsione di maggiorazioni per il lavoro straordinario per le sole ore di lavoro eccedenti l’orario normale di un lavoratore a tempo pieno, implica una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale.

5)      Qualora la Corte fornisca una risposta affermativa alla quarta questione: se la clausola 4, punto 1, dell’[accordo quadro] allegato alla [direttiva 97/81], debba essere interpretata nel senso che può costituire una ragione obiettiva il fatto che le parti di un contratto collettivo, pur perseguendo, da un lato, mediante una normativa, quale quella di cui alla quarta questione, lo scopo di dissuadere il datore di lavoro dal disporre il lavoro straordinario e di ricompensare con una corrispondente maggiorazione il ricorso ai lavoratori oltre la misura concordata, abbiano però altresì l’obiettivo di evitare un trattamento meno favorevole dei lavoratori a tempo pieno rispetto a quelli a tempo parziale, prevedano pertanto che le maggiorazioni siano dovute solo per il lavoro straordinario prestato in eccesso rispetto all’orario mensile di un lavoratore a tempo pieno».

27      Con decisione del presidente della Corte del 19 aprile 2022 le cause C‑184/22 e C‑185/22 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla quarta e sulla quinta questione

28      Con la quarta e la quinta questione, che occorre esaminare congiuntamente e in primo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4, punti 1 e 2, dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che una normativa nazionale in forza della quale il pagamento di una maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie è previsto, per i lavoratori a tempo parziale, solo per le ore lavorate oltre l’orario normale di lavoro previsto per i lavoratori a tempo pieno che si trovano in una situazione comparabile, costituisce un trattamento «meno favorevole» per i lavoratori a tempo parziale, ai sensi di tale clausola 4, punto 1, e se un tale trattamento possa essere giustificato dal perseguimento, da un lato, dell’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di lavoro straordinario oltre l’orario di lavoro individualmente concordato nei loro contratti di lavoro e, dall’altro, dell’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale.

29      In via preliminare, va rilevato che è pacifico, nel caso di specie, che le ricorrenti nel procedimento principale sono lavoratori a tempo parziale, ai sensi della clausola 3 dell’accordo quadro. È altresì pacifico che l’MTV si applica ai loro contratti di lavoro.

30      Per quanto riguarda l’interpretazione della clausola 4 dell’accordo quadro, occorre ricordare, anzitutto, che quest’ultimo mira, da un lato, a promuovere il lavoro a tempo parziale e, dall’altro, ad eliminare le discriminazioni tra i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori a tempo pieno, come risulta espressamente dalla clausola 1, lettera a), dell’accordo quadro (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 36 e giurisprudenza citata).

31      Alla luce di tali obiettivi, la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere intesa come l’espressione di un principio di diritto sociale dell’Unione che non può essere interpretato in modo restrittivo (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 38 e giurisprudenza citata).

32      Poi, conformemente all’obiettivo di sopprimere le discriminazioni tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno, enunciato alla clausola 1, lettera a), dell’accordo quadro, la clausola 4 di tale accordo quadro osta, per quanto riguarda le condizioni di impiego, a che i lavoratori a tempo parziale, per il solo motivo che lavorano a tempo parziale, siano trattati in modo «meno favorevole» rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 39 e giurisprudenza citata).

33      Inoltre, la Corte ha dichiarato che tale clausola mira a dare applicazione al principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, al fine di impedire che un rapporto di lavoro di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti che sono riconosciuti ai lavoratori a tempo pieno (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 40 e giurisprudenza citata).

34      Pertanto, in primo luogo, per quanto riguarda, nel caso di specie, la questione se la maggiorazione di retribuzione rientri nella nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, occorre rilevare che la Corte ha già dichiarato che tale nozione include le condizioni relative alle retribuzioni (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 41 e giurisprudenza citata).

35      In secondo luogo, per quanto riguarda la comparabilità delle situazioni delle persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo pieno e delle persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo parziale, come le ricorrenti nel procedimento principale, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, per valutare se taluni lavoratori svolgano un lavoro identico o simile, ai sensi della clausola 3, punto 2, dell’accordo quadro, occorre verificare se, tenuto conto di un insieme di fattori, quali la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di lavoro, si possa ritenere che tali lavoratori si trovino in una situazione comparabile (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 44 e giurisprudenza citata).

36      Se è dimostrato che, nell’ambito del loro impiego, i lavoratori a tempo parziale esercitano le medesime mansioni dei lavoratori impiegati dallo stesso datore di lavoro a tempo pieno oppure occupano il loro stesso posto, occorre, in linea di principio, considerare le situazioni di queste due categorie di lavoratori comparabili (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 45 e giurisprudenza citata).

37      A tal riguardo, occorre tuttavia ricordare che spetta al giudice nazionale, il solo competente a valutare i fatti, accertare se, tenuto della natura concreta delle attività svolte dai lavoratori interessati, si possa attribuire un valore uguale a queste ultime (sentenza del 3 giugno 2021, Tesco Stores, C‑624/19, EU:C:2021:429, punto 30 e giurisprudenza citata).

38      Nel caso di specie, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, sembra che il resistente nel procedimento principale non contesti che le prestazioni fornite dalle ricorrenti nel procedimento principale sono comparabili a quelle fornite dai lavoratori che essa impiega a tempo pieno.

39      In terzo luogo, per quanto riguarda la questione se esista disparità di trattamento tra le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo parziale, quali le ricorrenti nel procedimento principale, e le persone che lavorano in qualità di assistenti infermieristici a tempo pieno, dalle decisioni di rinvio si evince che un assistente infermieristico a tempo parziale percepisce una maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie solo per le ore di lavoro effettuate oltre l’orario settimanale normale di lavoro di una persona che lavora come assistente infermieristico a tempo pieno, che ammonta, nel caso di specie, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, dell’MTV, a 38,5 ore.

40      Pertanto, una persona che lavora come assistente infermieristico a tempo parziale deve svolgere lo stesso numero di ore di lavoro di una persona che lavora come assistente infermieristico a tempo pieno per beneficiare della maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie, a prescindere dall’orario di lavoro normale concordato individualmente nel contratto di lavoro di tale persona che lavora come assistente infermieristico a tempo parziale, cosicché essa non può raggiungere, o con una probabilità nettamente più bassa di una persona che lavora come assistente infermieristico a tempo pieno, il numero di ore di lavoro richiesto per beneficiare di detta maggiorazione di retribuzione.

41      Se, come esposto dal giudice del rinvio, la retribuzione per le ore di straordinario sembra uguale per le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo parziale e per le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo pieno, in quanto il diritto a una tale maggiorazione sorge solo oltre la soglia di 38,5 ore settimanali di lavoro per tutte tali persone, occorre tuttavia rilevare che la fissazione di tale soglia uniforme sia per le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo pieno sia per le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo parziale, rappresenta, per queste ultime, tenuto conto dell’orario di lavoro normale concordato nei loro contratti, un carico maggiore, in quanto almeno una parte delle ore lavorate oltre tale orario di lavoro normale, benché retribuita, non dà diritto a una maggiorazione. Infatti, le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo pieno percepiscono una maggiorazione per ore di lavoro straordinario a partire dalla prima ora di lavoro svolta oltre l’orario di lavoro normale che li riguarda, vale a dire 38,5 ore di lavoro settimanali, mentre le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo parziale non percepiscono alcuna maggiorazione per le ore di lavoro che si collocano al di là dell’orario normale di lavoro concordato nei loro contratti di lavoro, ma al di sotto dell’orario di lavoro normale fissato per le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo pieno.

42      Pertanto, le persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo parziale, che lavorano per un numero di ore superiore al normale orario di lavoro concordato nei loro contratti di lavoro senza ricevere una maggiorazione di retribuzione, sono trattate in modo diseguale rispetto alle persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo pieno le cui ore lavorate oltre le 38,5 ore settimanali sono maggiorate (v., in tal senso, sentenza del 27 maggio 2004, Elsner-Lakeberg, C‑285/02, EU:C:2004:320, punto 17).

43      Ebbene, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la retribuzione dei lavoratori a tempo parziale deve essere equivalente a quella dei lavoratori a tempo pieno, fatta salva l’applicazione del principio del pro rata temporis enunciato alla clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 53 e giurisprudenza citata).

44      Di conseguenza, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, poiché, per persone che lavorano come assistenti infermieri a tempo parziale, come le ricorrenti di cui al procedimento principale, il numero di ore di lavoro oltre il quale esse ricevono la maggiorazione di retribuzione non è ridotto pro rata temporis in funzione dell’orario di lavoro individualmente concordato nei loro contratti di lavoro, risulta che esse sono oggetto di un trattamento «meno favorevole» rispetto alle persone che lavorano come assistenti infermieristici a tempo pieno, vietato dalla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, a meno che tale disparità di trattamento non sia giustificata da una «ragione obiettiva», ai sensi di tale clausola (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 49 e giurisprudenza citata).

45      A tal riguardo, spetterà al giudice del rinvio stabilire, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti, se si possa ritenere che la differenza di trattamento di cui trattasi nel procedimento principale che esso avrà accertato sia giustificata da una «ragione obiettiva».

46      In quest’ottica, occorre ricordare che, sebbene, nell’ambito dell’articolo 267 TFUE, la Corte non sia competente a pronunciarsi sui fatti e ad applicare le norme del diritto dell’Unione a una fattispecie determinata, essa è tenuta a fornire al giudice del rinvio tutte le indicazioni necessarie al fine di guidarlo in tale valutazione (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 55 e giurisprudenza citata).

47      Al riguardo, va rilevato che la nozione di «ragioni obiettive» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, richiede che la differenza di trattamento accertata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi nel particolare contesto in cui quest’ultima si inserisce e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di potersi assicurare che tale differenza risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo parziale e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 58 e giurisprudenza citata).

48      Nel caso di specie, il giudice del rinvio si chiede se, da un lato, l’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori di effettuare ore di lavoro straordinario in eccesso rispetto all’orario di lavoro concordato individualmente per tali lavoratori e, dall’altro, l’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale possano costituire «ragioni obiettive», ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro.

49      Per quanto riguarda il primo di tali obiettivi, occorre rilevare che l’applicazione della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale ha come conseguenza che le ore lavorate dai lavoratori a tempo parziale in eccesso rispetto all’orario di lavoro normale concordato nei loro contratti di lavoro senza superare l’orario di lavoro normale fissato per un lavoratore a tempo pieno, ossia 38,5 ore settimanali, costituiscono un onere finanziario meno pesante per il datore di lavoro rispetto allo stesso numero di ore di lavoro straordinario lavorate da un lavoratore a tempo pieno, dato che tali ore non danno luogo ad una maggiorazione. Per i lavoratori a tempo parziale, tale normativa produce quindi l’effetto opposto a quello desiderato, poiché, come rilevato dal giudice del rinvio, in realtà incoraggia il datore di lavoro ad imporre ore di lavoro straordinario ai lavoratori a tempo parziale piuttosto che ai lavoratori a tempo pieno.

50      Ne consegue che la fissazione di una soglia uniforme per i lavoratori a tempo parziale e per i lavoratori a tempo pieno, per quanto riguarda l’attribuzione di una maggiorazione di retribuzione per le ore di lavoro straordinario non è idonea, nel caso dei lavoratori a tempo parziale, a conseguire l’obiettivo di dissuadere i datori di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di lavoro straordinario.

51      Per quanto riguarda il secondo degli obiettivi di cui al punto 48 della presente sentenza, occorre rilevare che tale obiettivo mira ad evitare un presunto trattamento sfavorevole dei lavoratori a tempo pieno rispetto ai lavoratori a tempo parziale. Il ragionamento sotteso a tale obiettivo è fondato sulla premessa che obbligare un datore di lavoro che chieda a un lavoratore a tempo parziale di lavorare in straordinario a corrispondere a tale lavoratore una maggiorazione di retribuzione per il lavoro straordinario a partire dalla prima ora lavorata da detto lavoratore in eccesso rispetto all’orario di lavoro individualmente concordato nel suo contratto di lavoro, come fa per i lavoratori a tempo pieno, darebbe luogo un trattamento meno favorevole per questi ultimi. Ebbene, tale premessa è erronea, dato che, in tal caso, i lavoratori a tempo pieno, per quanto riguarda le ore di lavoro straordinario, sarebbero trattati alla stessa stregua dei lavoratori a tempo parziale, fatta salva l’applicazione del principio pro rata temporis.

52      Ne consegue che nemmeno questo secondo obiettivo è idoneo a giustificare la disparità di trattamento di cui trattasi nei procedimenti principali.

53      Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alla quarta e alla quinta questione dichiarando che la clausola 4, punti 1 e 2, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che una normativa nazionale in forza della quale il pagamento di una maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie è previsto, per i lavoratori a tempo parziale, solo per le ore di lavoro effettuate oltre l’orario normale di lavoro previsto per i lavoratori a tempo pieno che si trovano in una situazione comparabile, costituisce un trattamento «meno favorevole» dei lavoratori a tempo parziale, ai sensi di tale clausola 4, punto 1, che non può essere giustificato dal perseguimento, da un lato, dell’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di lavoro straordinario oltre l’orario di lavoro individualmente concordato nel loro contratto di lavoro e, dall’altro, dell’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale.

 Sulle questioni dalla prima alla terza

54      Con le questioni dalla prima alla terza, che occorre esaminare congiuntamente e in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 157 TFUE nonché l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 4, primo comma, della direttiva 2006/54 debbano essere interpretati nel senso, da un lato, che una normativa nazionale in forza della quale il pagamento di una maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie è previsto, per i lavoratori a tempo parziale, solo per le ore lavorate oltre l’orario normale di lavoro fissato per i lavoratori a tempo pieno che si trovano in una situazione comparabile costituisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso, e ciò anche se vi è una percentuale significativamente più alta di donne rispetto agli uomini tra i lavoratori a tempo pieno e, dall’altro, che una siffatta discriminazione può essere giustificata dal perseguimento dell’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di straordinario oltre l’orario di lavoro individualmente concordato nei loro contratti di lavoro, nonché dell’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale.

55      Ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 1, TFUE, «[c]iascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore». Inoltre, l’articolo 4, primo comma, della direttiva 2006/54 stabilisce che, «[p]er quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni». L’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, dal canto suo, definisce la nozione di «discriminazione indiretta» come la «situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari».

56      A tal riguardo, occorre rilevare, innanzitutto, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 33 delle sue conclusioni, che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non comporta una discriminazione diretta, in quanto si applica indistintamente ai lavoratori di sesso maschile e ai lavoratori di sesso femminile.

57      Per quanto riguarda, poi, la questione se tale normativa introduca una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 157 TFUE e della direttiva 2006/54, occorre ricordare, in primo luogo, che una normativa come la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale svantaggia, come rilevato al punto 44 della presente sentenza, i lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno in quanto, per le ore lavorate in eccesso rispetto all’orario di lavoro concordato nei loro contratti di lavoro senza superare il normale orario di lavoro fissato per i lavoratori a tempo pieno, vale a dire 38,5 ore settimanali, essi non beneficiano di una maggiorazione di retribuzione, mentre questi ultimi lavoratori percepiscono una maggiorazione di retribuzione a partire dalla prima ora lavorata oltre tali 38,5 ore di lavoro settimanale.

58      In secondo luogo, affinché un provvedimento apparentemente neutro costituisca una discriminazione indiretta, ai sensi di tali disposizioni, esso deve avere il risultato, in pratica, di svantaggiare in modo particolare le persone di un sesso rispetto a persone dell’altro sesso. A tal riguardo, dal considerando 30 della direttiva 2006/54 e dalla giurisprudenza della Corte si evince che la valutazione dei fatti che consentono di presumere l’esistenza di una discriminazione indiretta è una questione di competenza dell’organo giurisdizionale nazionale, secondo il diritto o la prassi nazionale, che possono prevedere, in particolare, che la discriminazione indiretta sia accertata con qualsiasi mezzo, compresa l’evidenza statistica (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 46 e giurisprudenza citata).

59      Per quanto riguarda i dati statistici, occorre ricordare, anzitutto, che spetta al giudice nazionale valutare in quale misura tali dati prodotti dinanzi ad esso, che caratterizzano la situazione della mano d’opera, siano validi e se possano essere presi in considerazione, vale a dire se, in particolare, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se, in generale, appaiano significativi (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 48 e giurisprudenza citata).

60      Poi, qualora il giudice nazionale disponga di tali dati, secondo costante giurisprudenza, da un lato, esso è tenuto a prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento e, dall’altro, il miglior metodo di comparazione consiste nel comparare le proporzioni rispettive dei lavoratori che sono e che non sono colpiti dalla norma in questione nell’ambito della mano d’opera maschile e le medesime proporzioni nell’ambito della mano d’opera femminile (sentenze del 6 dicembre 2007, Voß, C‑300/06, EU:C:2007:757, punto 41 e giurisprudenza citata, nonché del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 47 e giurisprudenza citata).

61      Nel caso di specie, dalle decisioni di rinvio, che si riferiscono ai dati statistici forniti dal resistente nel procedimento principale, si evince che quest’ultimo impiega più di 5 000 persone in tutti i suoi siti, di cui il 76,96% è costituito da donne. Su tutti questi lavoratori, il 52,78% lavora a tempo parziale. Tra i lavoratori a tempo parziale, l’84,74% è costituito da donne e il 15,26% da uomini, mentre tra i lavoratori a tempo pieno il 68,20% è costituito da donne e il 31,80% da uomini. Pertanto, le lavoratrici sono in maggioranza tanto nel gruppo che sarebbe «avvantaggiato» quanto in quello che sarebbe «svantaggiato» dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale.

62      In una situazione del genere, il giudice del rinvio chiede se si possa riscontrare una discriminazione indiretta anche se il gruppo dei lavoratori a tempo pieno, che non subisce tale svantaggio, non è costituito da un numero significativamente maggiore di uomini rispetto alle donne.

63      A tal riguardo, occorre ricordare che, come precisato dall’avvocato generale ai paragrafi da 36 a 40 delle sue conclusioni, la definizione della nozione di «discriminazione indiretta», di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, formulata peraltro negli stessi termini di quella contenuta all’articolo 1, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva n. 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU 2002, L 269, pag. 15), come neanche le altre disposizioni della direttiva 2006/54 fanno riferimento a elementi quantitativi nell’esaminare la discriminazione indiretta. Infatti, detta definizione prende in considerazione un approccio qualitativo secondo il quale occorre verificare se la misura nazionale di cui trattasi sia atta, per sua stessa natura, a «mettere in una posizione di particolare svantaggio» le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro sesso. Ne consegue che il giudice nazionale deve esaminare tutti i fattori pertinenti di natura qualitativa per determinare se un siffatto svantaggio esista prendendo in considerazione tutti i lavoratori soggetti alla normativa nazionale sulla quale si basa la differenza di trattamento di cui trattasi.

64      In tale contesto, i dati statistici costituiscono solo un elemento tra gli altri al quale tale giudice può ricorrere e al quale la Corte fa riferimento, quando esistono, al fine di accertare l’esistenza di una discriminazione indiretta nell’ambito dell’attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne. Pertanto, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un siffatto particolare svantaggio può essere dimostrata, in particolare, se fosse provato che una normativa nazionale colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso (sentenza del 5 maggio 2022, BVAEB, C‑405/20, EU:C:2022:347, punto 49 e giurisprudenza citata).

65      A questo proposito, va notato, da un lato, che, secondo la formulazione stessa dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, la discriminazione indiretta fa esclusivamente riferimento a una disposizione, un criterio o una prassi che «possono mettere in una situazione di svantaggio» le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso. Di conseguenza, dai termini di tale disposizione deriva che una discriminazione indiretta può essere caratterizzata dal solo fatto che persone di un sesso sono messe in una posizione di particolare svantaggio rispetto a persone dell’altro sesso.

66      Dall’altro lato, come rilevato dalla Commissione europea, dai dati statistici contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta emergere che solo il 35% dei lavoratori di sesso maschile impiegati dal resistente nel procedimento principale, soggetti alla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, lavora a tempo parziale ed è negativamente colpito da tale normativa, mentre la percentuale di lavoratrici da esso impiegati che lavorano a tempo parziale ed è negativamente colpita da detta normativa risulta significativamente più elevata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

67      Ne consegue che, affinché si possa riscontrare una discriminazione indiretta fondata sul sesso in circostanze come quelle di cui alle cause nei procedimenti principali, non è necessario che vi siano, tra gli impiegati a tempo pieno, notevolmente più uomini che donne, supponendo che siano soddisfatte le condizioni derivanti dalla giurisprudenza citata ai punti 60 e 64 della presente sentenza.

68      Il giudice del rinvio chiede, in tale contesto, se sia rilevante nel caso di specie la sentenza del 26 gennaio 2021, Szpital Kliniczny im. dra J. Babińskiego Samodzielny Publiczny Zakład Opieki Zdrowotnej w Krakowie (C‑16/19, EU:C:2021:64, punti da 25 a 36), da cui si evince che il principio della parità di trattamento, sancito dalla direttiva 2000/78, è inteso a tutelare un lavoratore con disabilità, ai sensi di tale direttiva, contro qualsiasi discriminazione fondata su quest’ultima non solo rispetto ai lavoratori non disabili, ma anche rispetto agli altri lavoratori disabili.

69      A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, nella causa che ha dato origine alla sentenza citata al punto precedente, la differenza di trattamento riguardava solo i membri di uno stesso gruppo protetto ai sensi della direttiva 2000/78, ossia i lavoratori disabili, mentre, nei procedimenti principali, tale differenza riguarderebbe le lavoratrici rispetto ai lavoratori maschi. Detta sentenza è quindi irrilevante per la risposta da dare alle questioni dalla prima alla terza.

70      Siffatta interpretazione è corroborata dalla giurisprudenza della Corte riguardante la direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24). Infatti, la Corte ha ritenuto che la nozione di «discriminazione fondata sul sesso», di cui all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, poteva riguardare unicamente i casi di discriminazione tra lavoratori di sesso maschile, da un lato, e lavoratori di sesso femminile, dall’altro, e che tale disposizione non poteva essere intesa come una disposizione del diritto dell’Unione che garantisce la parità di trattamento in senso lato, vale a dire anche tra persone appartenenti allo stesso sesso [sentenza del 12 maggio 2021, INSS (Integrazione della pensione per le madri – II), C‑130/20, EU:C:2021:381, punti 21 e 22].

71      In terzo luogo, nel caso in cui il giudice del rinvio, sulla base dei dati statistici prodotti dal resistente nel procedimento principale e, se del caso, di altri elementi di fatto pertinenti, giungesse alla conclusione che la normativa nazionale di cui al procedimento principale mette in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, una siffatta normativa sarebbe contraria all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, a meno che non sia obiettivamente giustificata da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 49).

72      A tal riguardo, occorre ricordare che dai punti da 44 a 52 della presente sentenza si evince che un trattamento «meno favorevole» dei lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno derivante da una normativa come quella nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non può essere giustificato dal perseguimento, da un lato, dell’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di straordinario oltre l’orario di lavoro individualmente concordato nei loro contratti di lavoro e, dall’altro, dell’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale. Ebbene, tale interpretazione vale, mutatis mutandis, per quanto riguarda la giustificazione di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 4, primo comma, della direttiva 2006/54, che deriverebbe da detta normativa.

73      Da quanto precede si evince che occorre rispondere alle questioni dalla prima alla terza dichiarando che l’articolo 157 TFUE nonché l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 4, primo comma, della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che, da un lato, una normativa nazionale in forza della quale il pagamento di una maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie è previsto, per i lavoratori a tempo parziale, solo per le ore lavorate oltre l’orario normale di lavoro fissato per i lavoratori a tempo pieno che si trovano in una situazione comparabile costituisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso, se è dimostrato che tale normativa svantaggia in proporzione significativamente maggiore le persone di sesso femminile rispetto a persone di sesso maschile, senza che sia altresì necessario che il gruppo di lavoratori che non è svantaggiato da detta normativa, vale a dire i lavoratori a tempo pieno, sia costituito da un numero significativamente maggiore di uomini che di donne, e, dall’altro, siffatta discriminazione non può essere giustificata dal perseguimento dell’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di straordinario oltre l’orario di lavoro individualmente concordato nei loro contratti di lavoro, o dell’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale.

 Sulle spese

74      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      La clausola 4, punti 1 e 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997, che figura in allegato alla direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES,

deve essere interpretata nel senso che:

una normativa nazionale in forza della quale il pagamento di una maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie è previsto, per i lavoratori a tempo parziale, solo per le ore di lavoro effettuate oltre l’orario normale di lavoro previsto per i lavoratori a tempo pieno che si trovano in una situazione comparabile, costituisce un trattamento «meno favorevole» dei lavoratori a tempo parziale, ai sensi di tale clausola 4, punto 1, che non può essere giustificato dal perseguimento, da un lato, dell’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di lavoro straordinario oltre l’orario di lavoro individualmente concordato nel loro contratto di lavoro e, dall’altro, dell’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale.

2)      L’articolo 157 TFUE nonché l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 4, primo comma, della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego,

devono essere interpretati nel senso che:

da un lato, una normativa nazionale in forza della quale il pagamento di una maggiorazione di retribuzione per ore straordinarie è previsto, per i lavoratori a tempo parziale, solo per le ore lavorate oltre l’orario normale di lavoro fissato per i lavoratori a tempo pieno che si trovano in una situazione comparabile costituisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso, se è dimostrato che tale normativa svantaggia in proporzione significativamente maggiore le persone di sesso femminile rispetto a persone di sesso maschile, senza che sia altresì necessario che il gruppo di lavoratori che non è svantaggiato da detta normativa, vale a dire i lavoratori a tempo pieno, sia costituito da un numero significativamente maggiore di uomini che di donne, e, dall’altro, siffatta discriminazione non può essere giustificata dal perseguimento dell’obiettivo di dissuadere il datore di lavoro dall’imporre ai lavoratori ore di straordinario oltre l’orario di lavoro individualmente concordato nei loro contratti di lavoro, o dell’obiettivo di evitare che i lavoratori a tempo pieno siano oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo parziale.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.