SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

6 luglio 2023 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche – Articolo 12 – Regime di rigorosa tutela di talune specie animali – Articolo 16 – Deroga – Modalità di concessione di una simile deroga – Diritto di partecipazione del pubblico»

Nella causa C‑166/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Alta Corte, Irlanda), con decisione del 14 gennaio 2022, pervenuta in cancelleria il 25 febbraio 2022, nel procedimento

Hellfire Massy Residents Association

contro

An Bord Pleanála,

Minister for Housing, Local Government and Heritage,

Irlanda,

Attorney General,

con l’intervento di:

South Dublin County Council,

An Taisce – The National Trust for Ireland,

Save Our Bride Otters,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da M.L. Arastey Sahún, presidente di sezione, F. Biltgen e J. Passer (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Hellfire Massy Residents Association, da B. Harrington, solicitor, J. Devlin, SC, e J. Kenny, BL;

per l’An Bord Pleanála, da R. Minch, SC, L. Mullet, solicitor, B. Foley, SC, e S. Hughes, BL;

per il Minister for Housing, Local Government and Heritage, l’Irlanda, e l’Attorney General, da M. Browne, J. Brennan e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da E. Barrington e T. Flynn, SC;

per la Save Our Bride Otters e l’An Taisce – The National Trust for Ireland, da F. Logue, solicitor;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da G. Gattinara e C. Hermes, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 12 e 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), e dell’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, nonché dell’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Hellfire Massy Residents Association e, dall’altro, l’An Bord Pleanála (agenzia per la pianificazione territoriale, Irlanda; in prosieguo: l’«agenzia»), nonché il Minister for Housing, Local Government and Heritage (ministro per gli alloggi, gli enti locali e il patrimonio, Irlanda), l’Irlanda e l’Attorney General (procuratore generale, Irlanda) (in prosieguo, congiuntamente: le «autorità irlandesi»), in merito alla validità, da un lato, di una licenza edilizia rilasciata dall’agenzia e, dall’altro, delle disposizioni dirette a trasporre gli articoli 12 e 16 della direttiva 92/43 nel diritto irlandese.

Contesto normativo

Diritto internazionale

3

L’articolo 6, paragrafo 1, della convenzione di Aarhus dispone quanto segue:

«Ciascuna Parte:

a)

applica le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative all’autorizzazione delle attività elencate nell’allegato I;

b)

in conformità del proprio diritto nazionale, applica inoltre le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative ad attività non elencate nell’allegato I che possano avere effetti significativi sull’ambiente. A tal fine le Parti stabiliscono se l’attività proposta è soggetta a tali disposizioni; e

c)

può decidere caso per caso, ove previsto dal diritto nazionale, di non applicare le disposizioni del presente articolo ad attività proposte per scopi di difesa nazionale, qualora ritenga che la loro applicazione possa pregiudicare il conseguimento di tali scopi».

4

I paragrafi da 2 a 9 di tale articolo 6 prevedono modalità di partecipazione del pubblico a un processo decisionale.

5

L’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus così dispone:

«Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

a)

che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,

b)

che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).

Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale».

Diritto dell’Unione

Direttiva 92/43

6

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43:

«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

7

L’articolo 12 di tale direttiva dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:

a)

qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale;

b)

perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;

c)

distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale;

d)

deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.

2.   Per dette specie gli Stati membri vietano il possesso, il trasporto, la commercializzazione ovvero lo scambio e l’offerta a scopi commerciali o di scambio di esemplari presi dall’ambiente naturale, salvo quelli legalmente raccolti prima della messa in applicazione della presente direttiva.

3.   I divieti di cui al paragrafo 1, lettere a) e b) e al paragrafo 2 sono validi per tutte le fasi della vita degli animali ai quali si applica il presente articolo.

4.   Gli Stati membri instaurano un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell’allegato IV, lettera a). In base alle informazioni raccolte, gli Stati membri intraprendono le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione».

8

L’articolo 16 di detta direttiva prevede quanto segue:

«1.   A condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b):

a)

per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;

b)

per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà;

c)

nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente;

d)

per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante;

e)

per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti.

2.   Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni due anni una relazione, conforme al modello elaborato dal comitato [stabilito in forza dell’articolo 20], sulle deroghe concesse a titolo del paragrafo 1. La Commissione comunica il suo parere su tali deroghe entro il termine massimo di dodici mesi dopo aver ricevuto la relazione e ne informa il comitato.

3.   Le informazioni dovranno indicare:

a)

le specie alle quali si applicano le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio, con l’indicazione eventuale delle soluzioni alternative non accolte e dei dati scientifici utilizzati;

b)

i mezzi, sistemi o metodi di cattura o di uccisione di specie animali autorizzati e i motivi della loro utilizzazione;

c)

le circostanze di tempo e di luogo in cui tali deroghe sono concesse;

d)

l’autorità abilitata a dichiarare e a controllare che le condizioni richieste sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, strutture o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali servizi e quali sono gli addetti all’esecuzione;

e)

le misure di controllo attuate ed i risultati ottenuti».

Direttiva 2011/92/UE

9

Il considerando 2 della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 2011/92»), così recita:

«A norma dell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea la politica dell’Unione nel settore dell’ambiente è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni recati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”. In tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si dovrebbe tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull’ambiente».

10

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2011/92:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“progetto”:

la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

(...)

c)

“autorizzazione”: decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso;

(...)».

11

L’articolo 2, paragrafi da 1 a 3, di tale direttiva prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto sull’ambiente. Detti progetti sono definiti dall’articolo 4.

2.   La valutazione dell’impatto ambientale può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per rispettare gli obiettivi della presente direttiva.

3.   Nel caso dei progetti per i quali l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e dalla direttiva [92/43] e/o dalla direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7)], gli Stati membri provvedono ove opportuno, affinché siano previste procedure coordinate e/o comuni che soddisfano le prescrizioni di tale normativa dell’Unione.

Nel caso dei progetti per i quali l’obbligo di effettuare una valutazione degli effetti sull’impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da atti normativi dell’Unione diversi dalle direttive di cui al primo comma, gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate e/o comuni.

(...)».

12

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2011/92 dispone quanto segue:

«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare, gli effetti significativi, diretti e indiretti, di un progetto sui seguenti fattori:

a)

popolazione e salute umana;

b)

biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva [92/43] e della direttiva [2009/147];

c)

territorio, suolo, acqua, aria e clima;

d)

beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;

e)

interazione tra i fattori di cui alle lettere da a) a d)».

13

L’articolo 8 bis della direttiva 2011/92 così recita:

«1.   La decisione di concedere l’autorizzazione comprende almeno le seguenti informazioni:

a)

la conclusione motivata di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera g), punto iv);

b)

le eventuali condizioni ambientali di cui è corredata la decisione, una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se possibile compensare gli effetti negativi significativi sull’ambiente, nonché, ove opportuno, una descrizione delle misure di monitoraggio.

(...)

4.   Conformemente al disposto del paragrafo 1, lettera b, gli Stati membri provvedono a che il committente si attenga alle caratteristiche del progetto e/o alle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se possibile compensare gli effetti negativi significativi del progetto e stabiliscono le procedure relative al monitoraggio degli effetti negativi significativi sull’ambiente.

Il tipo di parametri da monitorare e la durata del monitoraggio sono proporzionati a natura, ubicazione e dimensioni del progetto e alla significatività dei suoi effetti sull’ambiente.

Al fine di evitare una duplicazione del monitoraggio, è possibile ricorrere, se del caso, a meccanismi di controllo esistenti derivanti da normative dell’Unione diverse dalla presente direttiva e da normative nazionali.

(...)».

Diritto irlandese

14

L’articolo 51 dell’European Communities (Birds and Natural Habitats) Regulations 2011 [regolamento del 2011 adottato nell’ambito delle Comunità europee (uccelli e habitat naturali) (in prosieguo: il «regolamento del 2011»)] prevede quanto segue:

«(1)   Il Ministro [delle arti, del patrimonio e degli affari gaelici] adotta le misure necessarie per istituire un sistema di rigorosa tutela della fauna composta dalle specie di cui alla prima parte del primo allegato.

(2)   Nonostante ogni autorizzazione, legale o di altra natura, concessa a una persona da un’autorità pubblica o detenuta da una persona, salvo in virtù di una deroga concessa dal ministro ai sensi dell’articolo 54, una persona che, per quanto riguarda le specie di cui alla prima parte del primo allegato

(a)

catturi o uccida intenzionalmente qualsiasi esemplare di tali specie nell’ambiente naturale,

(b)

perturbi deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione,

(c)

raccolga o distrugga intenzionalmente uova di tali specie nell’ambiente naturale,

(d)

danneggi o distrugga un sito di riproduzione o un’area di riposo di tali animali, o

(e)

detenga, trasporti, venda, scambi, offra in vendita o in scambio qualsiasi esemplare di tali specie prelevato dall’ambiente naturale, diverso da quelli prelevati legalmente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva [92/43],

è colpevole di un reato.

(3)   I divieti di cui al paragrafo 2 si applicano a tutte le fasi del ciclo biologico della fauna cui si applica il presente regolamento.

(4)   Il ministro istituisce un sistema di controllo delle catture e dell’uccisione accidentale della fauna composta dalle specie animali elencate nella prima parte del primo allegato e, sulla base delle informazioni raccolte, effettua ulteriori ricerche o adotta le misure di conservazione necessarie per far sì che le catture e le uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione».

15

L’articolo 54 del regolamento del 2011 così dispone:

«(1)   Chiunque può chiedere al ministro, o al ministro o a ministri del governo responsabili delle specie ittiche di cui alla seconda parte del primo allegato, una deroga al rispetto dei requisiti di cui agli articoli 51, 52 e 53.

(2)   Qualora non esista un’altra soluzione soddisfacente e la deroga non pregiudichi il mantenimento delle popolazioni delle specie di cui alla direttiva [92/43] in uno stato di conservazione soddisfacente nella loro area di ripartizione naturale, il ministro, o il ministro o i ministri del governo responsabili delle specie ittiche di cui al quarto allegato, possono concedere una simile deroga a una o più persone, qualora essa sia

(a)

nell’interesse della tutela della fauna e della flora selvatiche e della conservazione degli habitat naturali,

(b)

per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, alle foreste, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà,

(c)

nell’interesse della sanità e della sicurezza pubbliche o per altri motivi imperativi di interesse pubblico prevalente, inclusi motivi di natura sociale o economica e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente,

(d)

per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la propagazione artificiale delle piante,

(e)

per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva e in misura limitata, la cattura o la detenzione di taluni esemplari delle specie di cui al primo allegato, nei limiti specificati dalla deroga.

(3)   Una deroga concessa ai sensi del paragrafo 2 è soggetta alle condizioni, restrizioni, limitazioni o requisiti che il ministro ritiene appropriati.

(4)   Le condizioni, le restrizioni, le limitazioni o i requisiti cui è soggetta una deroga concessa a norma del paragrafo 2 devono essere specificati nella stessa.

(5)   Fatte salve le condizioni, le restrizioni, le limitazioni o i requisiti ivi specificati, una deroga concessa ai sensi di tale articolo è soggetta alle disposizioni dei paragrafi da 2 a 5 dell’articolo 14 del Protection of Animals (Amendment) Act 1965 [legge del 1965 sulla protezione degli animali (modificata)].

(6)   Il ministro trasmette ogni due anni alla Commissione europea una relazione conforme al modello stabilito da quest’ultima sulle deroghe di cui al paragrafo 2.

(7)   La relazione di cui al paragrafo 6 deve menzionare

(a)

le specie alle quali si applicano le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio, con l’indicazione eventuale delle soluzioni alternative non accolte e dei dati scientifici utilizzati,

(b)

i mezzi, gli strumenti o i metodi di cattura o di uccisione di specie animali autorizzati e i motivi del loro utilizzo,

(c)

le circostanze di tempo e di luogo in cui tali deroghe sono concesse,

(d)

l’autorità abilitata a dichiarare e a controllare che le condizioni richieste sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, strumenti o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali servizi e quali sono gli addetti all’esecuzione, e

(e)

le misure di controllo attuate e i risultati ottenuti».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16

Con decisione del 25 giugno 2020 l’agenzia ha concesso al South Dublin County Council (Consiglio della contea di Dublino Sud, Irlanda) un’autorizzazione per un progetto composto da due edifici comprendenti un centro di accoglienza dei visitatori a Montpelier Hill, nella contea di Dublino, da una passeggiata attraverso una canopia/passerella per pedoni al di sopra di una strada regionale, dalla conversione di una foresta di conifere in una regione boschiva di alberi caducifogli, nonché da lavori di conservazione di strutture esistenti.

17

Tale decisione indica che l’agenzia aveva effettuato un adeguato esercizio di valutazione, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, e aveva concluso per l’assenza di effetti negativi su siti europei.

18

Secondo detta decisione, l’agenzia aveva altresì realizzato una valutazione dell’impatto ambientale, ai sensi della direttiva 2011/92, e aveva concluso che, fatto salvo il rispetto delle condizioni enunciate nella medesima decisione, l’impatto ambientale dell’assetto proposto sarebbe stato accettabile.

19

Con sentenza del 2 luglio 2021 il giudice del rinvio ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente nel procedimento principale avverso la decisione del 25 giugno 2020, ad eccezione del motivo diretto a contestare, per quanto riguarda la situazione successiva all’adozione di tale decisione, la validità degli articoli 51 e 54 del regolamento del 2011.

20

Con tale motivo, la ricorrente nel procedimento principale sostiene essenzialmente che il sistema di rigorosa tutela previsto all’articolo 12 della direttiva 92/43, quale attuato nel diritto irlandese, è invalido in quanto, da un lato, non integra il meccanismo di deroga previsto all’articolo 16 di tale direttiva nella procedura di autorizzazione di progetti e, dall’altro, non prevede un’adeguata partecipazione del pubblico e viola così la convenzione di Aarhus.

21

L’agenzia e le autorità irlandesi contestano la fondatezza di tale motivo. Inoltre, esse si oppongono a che la ricorrente nel procedimento principale possa, da un lato, avvalersi della convenzione di Aarhus per non aver espressamente considerato tale convenzione nei suoi atti procedurali e, dall’altro, invocare un danno futuro eventuale a specie rigorosamente protette.

22

In tali circostanze, la High Court (Alta Corte, Irlanda) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se i principi generali del diritto dell’Unione derivanti dal primato dell’ordinamento giuridico dell’Unione comportino che una norma di procedura nazionale, in base alla quale un ricorrente in un procedimento di controllo giurisdizionale deve espressamente invocare le disposizioni giuridiche pertinenti, non può impedire a un ricorrente che contesti la compatibilità del diritto nazionale con [disposizioni del] diritto dell’Unione individuato di proporre un’impugnazione basata su dottrine o strumenti giuridici da considerare come intrinsecamente pertinenti all’interpretazione di tale diritto dell’Unione, come il principio secondo cui il diritto ambientale dell’Unione dovrebbe essere interpretato in combinato disposto con la [convenzione di Aarhus] in quanto parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

2)

Se gli articoli 12 e/o 16 della direttiva [92/43] e/o le suddette disposizioni in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, della [convenzione di Aarhus] e/o in combinato disposto con il principio secondo cui gli Stati membri devono adottare tutte le misure specifiche necessarie per l’effettiva attuazione della direttiva, comportino che una norma procedurale nazionale, in base alla quale un ricorrente non deve sollevare una “questione ipotetica” e “deve essere realmente interessato” per poter eccepire l’incompatibilità del diritto nazionale con una disposizione del diritto dell’Unione, non può essere invocata per escludere l’impugnazione di un ricorrente che abbia fatto valere i diritti di partecipazione del pubblico in relazione a una decisione amministrativa e che desideri poi contestare la validità di una disposizione di diritto nazionale con riferimento al diritto dell’Unione, in previsione di futuri danni all’ambiente derivanti da una presunta lacuna del diritto nazionale, ove esista una ragionevole possibilità di siffatti danni futuri, in particolare perché il progetto è stato autorizzato in una zona che costituisce un habitat di specie soggette a rigorosa tutela e/o perché, applicando il principio di precauzione, è possibile che le indagini effettuate successivamente all’autorizzazione rendano necessario chiedere una deroga ai sensi dell’articolo 16 [di tale] direttiva.

3)

Se gli articoli 12 e/o 16 della direttiva [92/43] e/o queste stesse disposizioni in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, e/o l’articolo 9, paragrafo 2, della [convenzione di Aarhus] e/o con il principio secondo cui gli Stati membri devono adottare tutte le misure specifiche necessarie per l’effettiva attuazione [di tale] direttiva comportino che un sistema di licenze in deroga previsto dal diritto nazionale per dare attuazione all’articolo 16 [di detta] direttiva non dovrebbe essere parallelo e indipendente rispetto al sistema di autorizzazione del progetto, bensì dovrebbe far parte di un procedimento di approvazione integrato che comprenda una decisione da parte di un’autorità competente (invece di un giudizio ad hoc formulato dal promotore stesso del progetto sulla base di una disposizione generale di diritto penale) in merito all’opportunità di richiedere una licenza in deroga per questioni individuate in seguito al rilascio dell’autorizzazione e/o che comporti una decisione da parte di un’autorità competente in merito al tipo di indagini necessarie nell’ambito della valutazione dell’opportunità di richiedere tale licenza.

4)

Se gli articoli 12 e/o 16 della direttiva [92/43] e/o dette disposizioni lette in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, e/o l’articolo 9, paragrafo 2, della [convenzione di Aarhus] comportino che, per un progetto per il quale il rilascio dell’autorizzazione è stato oggetto di un’opportuna valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [92/43], e in un contesto in cui può essere richiesta una deroga successivamente all’autorizzazione ai sensi dell’articolo 16 della direttiva [92/43], sia necessaria una procedura di partecipazione del pubblico conformemente all’articolo 6 della Convenzione di Aarhus».

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

23

Le autorità irlandesi e il governo polacco sostengono che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile, in quanto sostanzialmente essa verte su questioni di diritto che si basano su uno scenario ipotetico.

24

Al riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire [sentenza del 21 marzo 2023, Mercedes-Benz Group (Responsabilità dei costruttori di veicoli dotati di impianti di manipolazione), C‑100/21, EU:C:2023:229, punto 52 e giurisprudenza citata].

25

Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 21 marzo 2023, Mercedes-Benz Group (Responsabilità dei costruttori di veicoli dotati di impianti di manipolazione), C‑100/21, EU:C:2023:229, punto 53 e giurisprudenza citata].

26

Nel caso di specie, occorre rilevare che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata sottoposta alla Corte nell’ambito di un ricorso finalizzato, in particolare, da un lato, all’annullamento della decisione del 25 giugno 2020 e, dall’altro, alla dichiarazione di invalidità degli articoli 51 e 54 del regolamento del 2011.

27

Orbene, da tale domanda di pronuncia pregiudiziale, nonché dal fascicolo di cui dispone la Corte e, in particolare, dalla sentenza del giudice del rinvio del 2 luglio 2021, risulta che, sebbene tale giudice abbia già respinto il motivo di ricorso finalizzato all’annullamento della decisione del 25 giugno 2020 e, a tal riguardo, abbia parimenti respinto il motivo vertente sull’invalidità degli articoli 51 e 54 del regolamento del 2011 per quanto riguarda l’incidenza dell’eventuale invalidità di tali disposizioni sulla legittimità della procedura di adozione di tale decisione, quest’ultimo motivo rimane, per contro, pendente dinanzi al giudice del rinvio per quanto riguarda la situazione successiva all’adozione di detta decisione.

28

In tali circostanze, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere considerata ricevibile.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni terza e quarta

29

Con le sue questioni terza e quarta, che occorre esaminare prima delle prime due questioni, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se gli articoli 12 e 16 della direttiva 92/43 debbano essere interpretati nel senso che richiedono che una normativa nazionale volta a trasporre tali disposizioni della direttiva 92/43 nel diritto interno preveda, da un lato, un procedimento di autorizzazione che integra una decisione di un’autorità competente volta a determinare se occorra chiedere una deroga ai sensi dell’articolo 16 di tale direttiva a causa di elementi individuati dopo il rilascio dell’autorizzazione di un progetto e/o se siano necessarie indagini a tal fine e, dall’altro, la partecipazione del pubblico a tale procedura di deroga.

30

Al riguardo, è sufficiente rilevare che gli articoli 12 e 16 della direttiva 92/43, che vertono non soltanto sulle attività svolte nell’ambito di progetti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/92, bensì su qualsiasi attività umana, non richiedono di integrare la procedura di deroga ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 92/43 nelle procedure di autorizzazione di tali progetti, né di prevedere la partecipazione del pubblico a una simile procedura di deroga.

31

Infatti, né la direttiva 92/43, né del resto la direttiva 2011/92, prevedono alcun obbligo in tal senso.

32

È vero che l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2011/92 tratta l’argomento dell’integrazione delle procedure. Tuttavia, tale disposizione si limita a prevedere la facoltà di integrare la valutazione dell’impatto ambientale nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri o, in mancanza, in altre procedure o in quelle da stabilire per conseguire gli obiettivi di tale direttiva. Inoltre, l’articolo 2, paragrafo 3, di detta direttiva si limita a richiedere che gli Stati membri «provved[a]no ove opportuno, affinché siano previste procedure coordinate e/o comuni che soddisfano le prescrizioni di tale normativa dell’Unione» per quanto riguarda i progetti per i quali l’obbligo di effettuare una valutazione degli effetti sull’impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla direttiva 2011/92 e dalla direttiva 92/43 e/o dalla direttiva 2009/147.

33

Analogamente, sebbene l’articolo 8 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92 richieda che la decisione di concedere l’autorizzazione comprenda «ove opportuno, (...) misure di monitoraggio», come quelle che, nel procedimento principale, sembrano, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, essere state previste dalla decisione del 25 giugno 2020, tale disposizione non riguarda espressamente la procedura di deroga ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 92/43.

34

Non si può pertanto contestare all’Irlanda, nell’ambito del procedimento principale, di non aver adottato un quadro normativo completo, in quanto gli articoli 51 e 54 del regolamento del 2011 riprendono parola per parola il contenuto essenziale degli articoli 12 e 16 di tale direttiva.

35

Ciò premesso, gli articoli 12 e 16 della direttiva 92/43 e, pertanto, gli articoli 51 e 54 del regolamento del 2011 che traspongono tali disposizioni nel diritto interno, devono essere interpretati e applicati conformemente ai requisiti derivanti da altri atti dell’Unione nonché dalle convenzioni internazionali che vincolano quest’ultima, in particolare, quelle che derivano dalla direttiva 2011/92 e dalla convenzione di Aarhus, come interpretate dalla giurisprudenza della Corte.

36

Orbene, da tale giurisprudenza risulta che, nel caso specifico in cui, da un lato, la realizzazione di un progetto soggetto al duplice obbligo di valutazione e di autorizzazione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2011/92, implichi che il committente chieda e ottenga una deroga alle misure di protezione delle specie animali e vegetali previste dalle disposizioni di diritto interno che garantiscono la trasposizione degli articoli 12 e 13 della direttiva 92/43 e in cui, dall’altro, uno Stato membro affidi il potere di concedere una simile deroga a un’autorità diversa da quella a cui affida il potere di autorizzare tale progetto, tale eventuale deroga deve necessariamente essere adottata prima dell’autorizzazione di detto progetto. In caso contrario, infatti, tale autorizzazione sarebbe data su una base incompleta e quindi non soddisferebbe i requisiti applicabili (v., in tal senso, sentenza 24 febbraio 2022, Namur-Est Environnement, C‑463/20, EU:C:2022:121, punti 5259 nonché giurisprudenza citata).

37

Tuttavia, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte e, in particolare, dalla sentenza del giudice del rinvio del 2 luglio 2021, quest’ultimo, che è l’unico competente ad accertare e valutare i fatti della controversia principale, ha già statuito che, al momento dell’adozione della decisione del 25 giugno 2020, la necessità di ottenere una deroga ai sensi dell’articolo 54 del regolamento del 2011 non era dimostrata. Ne consegue che l’ipotesi di cui al punto precedente, vale a dire quella in cui l’ottenimento di una simile deroga è richiesto prima di un’autorizzazione, non ricorreva nel caso di specie.

38

Occorre aggiungere che, conformemente al suo articolo 3, paragrafo 1, lettera b), la direttiva 2011/92 – il cui obiettivo consiste, ai sensi del suo considerando 2, nel tener conto quanto prima possibile dell’impatto ambientale di tutti i processi tecnici di pianificazione e di decisione, conformemente ai principi di precauzione e di azione preventiva, al principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni recati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» – richiede che la valutazione dell’impatto ambientale individui, descriva e valuti in modo appropriato, per ciascun caso particolare, gli effetti significativi, diretti e indiretti, di un progetto sulla biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43 e della direttiva 2009/147.

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Pertanto, l’esito di una valutazione di impatto ambientale, che deve essere completa (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2022, Namur-Est Environnement, C‑463/20, EU:C:2022:121, punto 58 e giurisprudenza citata), deve consentire di determinare se, al momento di tale valutazione, il progetto di cui trattasi possa avere effetti vietati dall’articolo 12 della direttiva 92/43.

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Pertanto, una normativa nazionale, come il regolamento del 2011, che configura come reato la commissione di atti che gli Stati membri devono, conformemente all’articolo 12 della direttiva 92/43, vietare, non appare, di per sé, tanto da un punto di vista generale quanto nel contesto particolare dell’autorizzazione di un progetto rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/92, tale da pregiudicare l’effetto utile di detto articolo 12 o da contravvenire ai principi di cui al punto 38 della presente sentenza.

41

Infine, occorre rilevare che la controversia principale non verte su una deroga ai sensi dell’articolo 54 del regolamento del 2011. Di conseguenza, non occorre determinare se, e a quali condizioni, i membri del pubblico in questione traggano dalle disposizioni della convenzione di Aarhus un diritto di partecipare al procedimento amministrativo relativo a una simile deroga.

42

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni terza e quarta dichiarando che gli articoli 12 e 16 della direttiva 92/43 devono essere interpretati nel senso che una normativa nazionale volta a trasporre tali disposizioni nel diritto interno non può essere considerata contraria a detta direttiva per il fatto che essa non prevede, da un lato, un procedimento di autorizzazione che integri una decisione di un’autorità competente volta a determinare se occorra chiedere una deroga ai sensi dell’articolo 16 di tale direttiva a causa di elementi individuati dopo il rilascio dell’autorizzazione di un progetto e/o se siano necessarie indagini a tal fine, né, dall’altro, la partecipazione del pubblico a tale procedura di deroga.

Sulle questioni prima e seconda

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Con le sue questioni prima e seconda, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta a norme procedurali nazionali relative al controllo giurisdizionale della legittimità di un atto, secondo le quali il ricorrente è tenuto a menzionare espressamente le disposizioni giuridiche di cui fa valere la violazione e non può sollevare una «questione ipotetica», ma «deve essere realmente interessato» prima di poter contestare la conformità di una normativa nazionale al diritto dell’Unione.

44

Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che tali questioni sono state sollevate in quanto, nell’ambito del procedimento principale, le autorità irlandesi hanno invocato norme procedurali nazionali al fine di contestare la ricevibilità dell’argomento della ricorrente nel procedimento principale all’origine delle questioni terza e quarta.

45

In tali circostanze, tenuto conto della risposta a dette questioni, non appare necessario rispondere alle prime due questioni.

Sulle spese

46

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

 

Gli articoli 12 e 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche,

 

devono essere interpretati nel senso che:

 

una normativa nazionale volta a trasporre tali disposizioni nel diritto interno non può essere considerata contraria a detta direttiva per il fatto che essa non prevede, da un lato, un procedimento di autorizzazione che integri una decisione di un’autorità competente volta a determinare se occorra chiedere una deroga ai sensi dell’articolo 16 di tale direttiva a causa di elementi individuati dopo il rilascio dell’autorizzazione di un progetto e/o se siano necessarie indagini a tal fine, né, dall’altro, la partecipazione del pubblico a tale procedura di deroga.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.