SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
12 ottobre 2023 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7, paragrafo 1 – Diritto alle ferie annuali retribuite – Lavoratore illegittimamente licenziato e reintegrato nelle sue funzioni mediante decisione giudiziaria – Esclusione del diritto alle ferie annuali retribuite non godute per il periodo compreso tra il licenziamento e la reintegrazione – Periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della reintegrazione»
Nella causa C‑57/22,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Nejvyšší soud (Corte suprema, Repubblica ceca), con decisione del 6 dicembre 2021, pervenuta in cancelleria il 28 gennaio 2022, nel procedimento
YQ
contro
Ředitelství silnic a dálnic ČR,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta da P.G. Xuereb, facente funzione di presidente di sezione, A. Kumin e I. Ziemele (relatrice), giudici,
avvocato generale: J. Richard de la Tour
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per YQ, da Z. Odehnal, advokát; |
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per il Ředitelství silnic a dálnic ČR, da L. Smejkal, advokát; |
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per la Commissione europea, da P. Němečková e D. Recchia, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9). |
2 |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra YQ e il Ředitelství silnic a dálnic ČR (Direzione per le strade e le autostrade della Repubblica ceca, in prosieguo: il «ŘSD») in relazione al rifiuto di concederle un’indennità finanziaria per ferie annuali non godute. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 |
L’articolo 7 della direttiva 2003/88, intitolato «Ferie annuali», così dispone: «1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. 2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro». |
Diritto ceco
4 |
L’articolo 69 dello zákon č. 262/2006 Sb., zákoník práce (legge n. 262/2006, recante il codice del lavoro), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice del lavoro»), prevede quanto segue: «(1) Se un datore di lavoro ha licenziato invalidamente un dipendente o ha posto fine invalidamente al rapporto di lavoro con il medesimo, immediatamente o durante il periodo di prova, e il dipendente ha notificato per iscritto al datore di lavoro, senza indebito ritardo, di voler continuare a rimanere alle sue dipendenze, il rapporto di lavoro prosegue e il datore di lavoro è obbligato al versamento di una compensazione di retribuzione o di stipendio. La compensazione di cui alla prima frase è dovuta al dipendente a concorrenza della sua retribuzione media, e ciò a decorrere dalla data in cui ha notificato al datore di lavoro di voler continuare a lavorare fino al momento in cui il datore di lavoro gli consente di continuare a lavorare, oppure in cui è posto validamente fine al rapporto di lavoro. (2) Se il periodo complessivo per il quale al dipendente spetterebbe la compensazione di retribuzione o di stipendio supera i sei mesi, il giudice, su richiesta del datore di lavoro, può ridurre proporzionalmente il suo obbligo di pagamento della compensazione di retribuzione o di stipendio per il periodo restante; ai fini della decisione, il giudice considera, in particolare, se nel frattempo il dipendente sia stato assunto altrove, il tipo di lavoro svolto, l’ammontare della retribuzione ottenuta o il motivo per cui non abbia ripreso a lavorare». |
Procedimento principale e questione pregiudiziale
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YQ, che era impiegata presso il ŘSD nell’ambito di un contratto di lavoro concluso il 23 giugno 2009, si è vista notificare, il 23 ottobre 2013, un preavviso di licenziamento. |
6 |
A seguito dell’invalidazione di tale preavviso di licenziamento con sentenza del Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno, Repubblica ceca) del 20 dicembre 2016, divenuta definitiva il 10 gennaio 2017, YQ ha ripreso il suo lavoro presso il ŘSD in forza del suo contratto di lavoro. |
7 |
Il giudice del rinvio rileva che, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2014 e il 10 gennaio 2017, a YQ, che aveva notificato per iscritto al suo datore di lavoro la propria volontà di lavorare, non è stato affidato alcun lavoro da parte di quest’ultimo. |
8 |
A seguito della sua reintegrazione, YQ ha chiesto al ŘSD di poter fruire, nei mesi da luglio a settembre 2017, delle sue ferie annuali non godute relative al periodo compreso tra il 1o gennaio 2014 e il 10 gennaio 2017. Il ŘSD ha respinto la richiesta in quanto YQ non aveva lavorato durante tale periodo. Nonostante tale rifiuto, YQ non si è presentata sul posto di lavoro durante i giorni del mese di luglio 2017 per i quali aveva notificato la sua richiesta di ferie. Di conseguenza, il 9 agosto 2017 il suo datore di lavoro l’ha licenziata a motivo di assenze non autorizzate. |
9 |
YQ ha proposto un ricorso dinanzi al Městský soud v Brně (Tribunale municipale di Brno, Repubblica ceca) chiedendo che il ŘSD fosse condannato a versarle la somma di 55552 corone ceche (CZK), maggiorata di interessi di mora, a titolo di compensazione di retribuzione per i giorni di ferie relativi al periodo compreso tra il 1o gennaio 2014 e il 10 gennaio 2017. Tale ricorso è stato respinto con sentenza del 4 ottobre 2019. A seguito dell’appello interposto da YQ, il Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno) ha confermato tale decisione con una sentenza del 6 ottobre 2020. |
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Il giudice del rinvio è investito di un’impugnazione avverso tale sentenza. |
11 |
Tale giudice osserva che, in forza del diritto nazionale applicabile, il periodo durante il quale il licenziamento del dipendente è oggetto di una contestazione dinanzi ai giudici è disciplinato da un regime speciale contenuto negli articoli da 69 a 72 del codice del lavoro, da cui risulta che, durante il periodo considerato, il dipendente non ha diritto né a una compensazione di retribuzione in caso di impedimento al lavoro né a una siffatta compensazione per ferie non godute. |
12 |
Detto giudice aggiunge che, nel caso in cui la risoluzione del rapporto di lavoro sia stata dichiarata invalida, dalla giurisprudenza nazionale risulta che il dipendente ha diritto a una compensazione di retribuzione, a concorrenza della sua retribuzione media, per tutta la durata del procedimento giurisdizionale riguardante la validità di tale risoluzione, qualora quest’ultimo abbia notificato per iscritto al datore di lavoro la sua intenzione di proseguire il rapporto di lavoro, senza che gli sia affidato alcun incarico. Trascorso un periodo di sei mesi, il giudice nazionale può procedere ad una riduzione della compensazione di retribuzione conformemente al diritto applicabile solo se, dopo aver valutato tutte le circostanze della causa, si può concludere che il dipendente ha iniziato o poteva iniziare un’attività presso un altro datore di lavoro a condizioni essenzialmente equivalenti o anche più favorevoli di quelle di cui avrebbe beneficiato per lo svolgimento delle sue mansioni in forza del contratto di lavoro se il datore di lavoro avesse adempiuto il suo obbligo di affidargli il lavoro convenuto. |
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Lo stesso giudice precisa inoltre che da una giurisprudenza nazionale costante risulta che il dipendente ha altresì diritto al risarcimento del danno subito a causa dell’invalidazione del licenziamento affinché sia posto, quanto meno a titolo di compensazione pecuniaria, in una situazione nella quale si troverebbe se il rapporto di lavoro non fosse stato interrotto. Tuttavia, al dipendente che non abbia lavorato in modo effettivo durante il periodo compreso tra la notifica della sua volontà di lavorare e l’invalidazione del suo licenziamento, non sarebbe riconosciuta l’acquisizione di diritti alle ferie annuali retribuite durante tale periodo. |
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Secondo il giudice del rinvio, tale giurisprudenza nazionale sembra, prima facie, in contrasto con la sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca (C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504), in cui la Corte ha dichiarato che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e quella della sua reintegrazione nel posto di lavoro. |
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Tuttavia, il giudice del rinvio rileva che esistono talune differenze tra la normativa nazionale di cui trattavasi in tale sentenza e la normativa ceca di cui trattasi nel procedimento principale, cosicché la soluzione accolta in detta sentenza non sarebbe trasponibile alla controversia principale. Infatti, mentre la normativa bulgara di cui trattavasi nella sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca (C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504), prevedeva, da un lato, il pagamento della retribuzione lorda per il lavoro durante un periodo di soli sei mesi e, dall’altro, il pagamento della mera differenza tra le retribuzioni che il lavoratore ha ottenuto durante il periodo considerato in un altro rapporto di lavoro e le retribuzioni dovute nell’ambito del rapporto di lavoro al quale è stato posto fine in modo irregolare, la normativa ceca concederebbe, in linea di principio, tale pagamento in tutta la sua portata e per tutto il periodo, fatte salve le limitazioni di cui al punto 12 della presente sentenza. Pertanto, secondo il giudice del rinvio, l’applicazione al procedimento principale della soluzione adottata in tale sentenza avrebbe l’effetto di creare uno squilibrio a danno degli interessi del datore di lavoro. |
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È in tali circostanze che il Nejvyšší soud (Corte suprema, Repubblica ceca) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una giurisprudenza nazionale secondo la quale un lavoratore illegittimamente licenziato, e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro conformemente al diritto nazionale a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto periodo, tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro, anche nel caso in cui, secondo la normativa nazionale, un dipendente illegittimamente licenziato, che abbia tempestivamente comunicato per iscritto al datore di lavoro di voler rimanere alle sue dipendenze, ha diritto a un’indennità di salario o stipendio pari al guadagno medio a decorrere dal giorno in cui ha comunicato al datore di lavoro di voler rimanere alle sue dipendenze fino al giorno in cui il datore di lavoro gli consente di riprendere il lavoro oppure in cui il rapporto di lavoro ha validamente fine». |
Sulla questione pregiudiziale
Sull’applicabilità della direttiva 2003/88
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In via preliminare, la Commissione esprime dubbi quanto all’applicabilità ratione materiae della direttiva 2003/88 al procedimento principale, per il motivo che dalla presentazione del contesto normativo nazionale risulterebbe che, anche nel caso in cui una decisione giudiziaria accerti l’illegittimità di un licenziamento, il periodo compreso tra la data di tale licenziamento e quella della reintegrazione dell’interessato non è tuttavia considerato retroattivamente come facente parte del periodo in cui tale persona è stata impiegata presso il datore di lavoro interessato. |
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A tale riguardo, da una giurisprudenza consolidata risulta che la direttiva 2003/88 ha l’obiettivo di fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante un ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, la durata dell’orario di lavoro (sentenza del 20 novembre 2018, Sindicatul Familia Constanța e a., C‑147/17, EU:C:2018:926, punto 39 nonché giurisprudenza ivi citata). |
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Poiché la direttiva 2003/88 è pertanto applicabile ai soli lavoratori, occorre stabilire se una persona fisica come la ricorrente nel procedimento principale possa essere considerata come un «lavoratore», ai sensi di quest’ultima. |
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Secondo una giurisprudenza costante, ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/88, la nozione di «lavoratore» non può essere interpretata in modo da variare a seconda degli ordinamenti nazionali, ma ha una portata autonoma propria del diritto dell’Unione. Essa deve essere definita in base a criteri obiettivi che caratterizzino il rapporto di lavoro sotto il profilo dei diritti e degli obblighi delle persone interessate. Orbene, la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è data dalla circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in cambio delle quali percepisca una retribuzione (sentenza del 20 novembre 2018, Sindicatul Familia Constanța e a., C‑147/17, EU:C:2018:926, punto 41 nonché giurisprudenza ivi citata). |
21 |
Ne consegue che un rapporto di lavoro presuppone l’esistenza di un vincolo di subordinazione tra il lavoratore e il suo datore di lavoro. L’esistenza di un siffatto vincolo deve essere valutata caso per caso in funzione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze che caratterizzano i rapporti tra le parti (sentenza del 20 novembre 2018, Sindicatul Familia Constanța e a., C‑147/17, EU:C:2018:926, punto 42 nonché giurisprudenza ivi citata). |
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Nel caso di specie, da un lato, dalla descrizione del contesto normativo nazionale contenuta nella decisione di rinvio, in particolare dall’articolo 69, paragrafo 1, del codice del lavoro, risulta che, se un datore di lavoro ha invalidamente licenziato un dipendente o ha invalidamente posto fine al rapporto di lavoro con quest’ultimo, immediatamente o durante il periodo di prova, e il dipendente ha notificato per iscritto al datore di lavoro, senza indebito ritardo, di voler continuare a rimanere alle sue dipendenze, il suo rapporto di lavoro continua. |
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Dall’altro lato, dal contesto fattuale del procedimento principale, quale descritto nella decisione di rinvio, risulta che YQ ha stipulato un contratto con il ŘSD il 23 giugno 2009 e che, a seguito dell’invalidazione, il 10 gennaio 2017, del preavviso di licenziamento notificatole il 23 ottobre 2013, ha ripreso il suo lavoro in forza del contratto di lavoro inizialmente concluso. |
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Alla luce di tali considerazioni, si deve ritenere che una persona fisica come YQ debba essere considerata un «lavoratore», ai sensi della direttiva 2003/88, cosicché tale direttiva le è applicabile. |
Nel merito
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Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il motivo che, durante tale periodo, detto lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro poiché quest’ultimo non gli ha affidato alcun lavoro ed egli già beneficia, conformemente al diritto nazionale, di una compensazione di retribuzione durante detto periodo. |
26 |
Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [sentenza dell’8 giugno 2023, Fastweb e a. (cadenza di fatturazione), C‑468/20, EU:C:2023:447, punto 52 nonché giurisprudenza ivi citata]. |
27 |
In primo luogo, per quanto riguarda il tenore letterale dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, esso dispone che ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Tale diritto alle ferie annuali retribuite deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa direttiva 2003/88 (sentenza del 22 settembre 2022, Fraport e St. Vincenz-Krankenhaus, C‑518/20 e C‑727/20, EU:C:2022:707, punto 24 nonché giurisprudenza ivi citata). |
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In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce tale disposizione, occorre rilevare, anzitutto, che il diritto alle ferie annuali retribuite non solo riveste, in qualità di principio del diritto sociale dell’Unione, particolare importanza, ma è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei Trattati (sentenza del 22 settembre 2022, Fraport e St. Vincenz-Krankenhaus, C‑518/20 e C‑727/20, EU:C:2022:707, punto 25 nonché giurisprudenza ivi citata). |
29 |
Pertanto, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 riflette e precisa il diritto fondamentale a un periodo annuale di ferie retribuite, sancito dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali. Infatti, mentre la seconda disposizione garantisce il diritto di ogni lavoratore a un periodo annuale di ferie retribuite, la prima disposizione attua questo principio fissando la durata di tale periodo (sentenza del 22 settembre 2022, Fraport e St. Vincenz-Krankenhaus, C‑518/20 e C‑727/20, EU:C:2022:707, punto 26 nonché giurisprudenza ivi citata). |
30 |
Inoltre, come già dichiarato dalla Corte, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere interpretato restrittivamente (sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C‑233/20, EU:C:2021:960, punto 26 e giurisprudenza ivi citata), e qualsiasi deroga a tale diritto può essere consentita solo nei limiti espressamente indicati dalla stessa direttiva 2003/88 (v., in tal senso, sentenza del 6 aprile 2006, Federatie Nederlandse Vakbeweging, C‑124/05, EU:C:2006:244, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). |
31 |
Infine, dal tenore della direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della Corte emerge che, se è vero che spetta agli Stati membri definire le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, essi devono, però, astenersi dal subordinare a una qualsivoglia condizione la costituzione stessa di tale diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva [sentenza del 7 aprile 2022, Ministero della Giustizia e a. (Statuto dei giudici di pace italiani), C‑236/20, EU:C:2022:263, punto 50 nonché giurisprudenza ivi citata]. |
32 |
In terzo luogo, per quanto riguarda gli scopi della normativa di cui trattasi nel procedimento principale, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il diritto alle ferie annuali, sancito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, ha una duplice finalità, vale a dire consentire al lavoratore di riposare in relazione all’esecuzione dei compiti che gli incombono in forza del contratto di lavoro, da un lato, e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione, dall’altro (sentenza del 22 settembre 2022, Fraport e St. Vincenz-Krankenhaus, C‑518/20 e C‑727/20, EU:C:2022:707, punto 27 nonché giurisprudenza ivi citata). |
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Tale finalità, che distingue il diritto alle ferie annuali retribuite da altri tipi di congedo aventi scopi differenti, è tuttavia fondata, come ricordato dalla Corte, sulla premessa che il lavoratore abbia effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento. Infatti, l’obiettivo di consentire al lavoratore di riposarsi presuppone che tale lavoratore abbia svolto un’attività che, per assicurare la protezione della sua sicurezza e della sua salute prevista dalla direttiva 2003/88, giustifica il beneficio di un periodo di riposo, di distensione e di ricreazione. Pertanto, i diritti alle ferie annuali retribuite devono, in linea di principio, essere determinati in funzione dei periodi di lavoro effettivo svolti in forza del contratto di lavoro (sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca, C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504, punto 58 nonché giurisprudenza ivi citata). |
34 |
Tuttavia, in talune situazioni specifiche nelle quali il lavoratore non è in grado di adempiere le proprie funzioni, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato (sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca, C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504, punto 59 nonché giurisprudenza ivi citata). |
35 |
Ciò si verifica quando un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, per il periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, non è stato posto nelle condizioni di svolgere un lavoro effettivo al servizio del suo datore di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca, C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504, punto 70). |
36 |
Infatti, la circostanza che il lavoratore interessato non abbia svolto, nel periodo compreso tra la data del suo licenziamento illegittimo e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, alcun lavoro effettivo al servizio del suo datore di lavoro, è il risultato degli atti di quest’ultimo sfociati nel licenziamento illegittimo, senza i quali detto lavoratore sarebbe stato in grado di lavorare e di esercitare il suo diritto alle ferie annuali (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca, C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504, punto 68). |
37 |
Ne consegue che il periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo del lavoratore e la data della sua reintegrazione nel suo impiego, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento di tale licenziamento con decisione giudiziaria, deve essere assimilato a un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione dei diritti alle ferie annuali retribuite (sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca, C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504, punto 69). |
38 |
A tale riguardo, occorre ricordare che spetta al datore di lavoro assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare il diritto alle ferie annuali. Infatti, contrariamente ad una situazione di cumulo del diritto alle ferie annuali retribuite di un lavoratore che è stato impossibilitato a beneficiarne a causa di malattia, il datore di lavoro che non metta un lavoratore in condizione di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite deve assumersene le conseguenze (sentenza del 22 settembre 2022, Fraport e St. Vincenz-Krankenhaus, C‑518/20 e C‑727/20, EU:C:2022:707, punto 40 nonché giurisprudenza ivi citata). |
39 |
Pertanto, gli Stati membri non possono derogare al principio sancito all’articolo 7 della direttiva 2003/88, secondo cui un diritto acquisito alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato messo in condizione di beneficiare delle sue ferie (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Fraport e St. Vincenz-Krankenhaus, C‑518/20 e C‑727/20, EU:C:2022:707, punto 41 nonché giurisprudenza ivi citata). |
40 |
Il giudice del rinvio osserva tuttavia che, a differenza della normativa di cui trattavasi nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca (C‑762/18 e C‑37/19, EU:C:2020:504), la normativa ceca concede, in linea di principio, il pagamento della retribuzione lorda in tutta la sua portata e per tutto il periodo, fatte salve le limitazioni di cui al punto 12 della presente sentenza. Secondo detto giudice, seguire la soluzione elaborata in tale sentenza avrebbe l’effetto di creare uno squilibrio a danno degli interessi del datore di lavoro. |
41 |
A tale riguardo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tale titolo come due aspetti di un unico diritto. L’obiettivo dell’obbligo di pagare tali ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione di dette ferie, in una situazione che, dal punto di vista della retribuzione, è paragonabile ai periodi di lavoro (sentenza del 29 novembre 2017, King, C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). |
42 |
Il diritto alle ferie annuali include quindi anche un diritto all’ottenimento di un pagamento nonché, in quanto diritto intrinsecamente collegato a detto diritto alle ferie annuali retribuite, il diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro (sentenza del 6 novembre 2018, Bauer e Willmeroth, C‑569/16 e C‑570/16, EU:C:2018:871, punto 58), avendo la Corte precisato a quest’ultimo riguardo che l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, alla mancata fruizione da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato (sentenza del 6 novembre 2018, Kreuziger, C‑619/16, EU:C:2018:872, punto 31). |
43 |
Ne consegue che è irrilevante, ai fini del diritto alle ferie annuali retribuite, la circostanza che l’importo della compensazione di retribuzione di cui il diritto nazionale prevede il versamento al lavoratore licenziato illegittimamente per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione corrisponda, in linea di principio, alla retribuzione media che tale lavoratore percepiva, dal momento che detta compensazione di retribuzione ha lo scopo di indennizzare il lavoratore per la retribuzione non percepita a causa del licenziamento illegittimo. |
44 |
Del resto, come rilevato ai punti 30 e 31 della presente sentenza, il diritto alle ferie annuali retribuite, che deriva direttamente dalla direttiva 2003/88, non può essere interpretato restrittivamente, in quanto il lavoratore deve essere considerato la parte debole nel rapporto di lavoro, cosicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti (sentenza del 2 marzo 2023, MÁV-START, C‑477/21, EU:C:2023:140, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). |
45 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il motivo che, durante tale periodo, detto lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro poiché quest’ultimo non gli ha affidato alcun lavoro ed egli già beneficia, conformemente al diritto nazionale, di una compensazione di retribuzione durante detto periodo. |
Sulle spese
46 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara: |
L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto periodo, detto lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro poiché quest’ultimo non gli ha affidato alcun lavoro ed egli già beneficia, conformemente al diritto nazionale, di una compensazione di retribuzione durante detto periodo. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il ceco.