CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 25 maggio 2023 ( 1 )

Causa C‑249/22

BM

contro

Gebühren Info Service GmbH (GIS),

con l’intervento di:

Bundesministerium für Finanzen,

Österreichischer Rundfunk

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) – Prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso – Nozione – Attività di un ente radiotelevisivo di diritto pubblico finanziata da un canone obbligatorio a carico dei possessori di un ricevitore radiofonico e televisivo che si trovano nell’area di trasmissione terrestre – Articolo 378, paragrafo 1, e allegato X, parte A, punto 2 – Atto relativo alle condizioni di adesione dell’Austria – Articolo 151, paragrafo 1, e allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h) – Deroga – Ambito di applicazione»

Introduzione

1.

Con sentenza del 22 giugno 2016, Český rozhlas (C‑11/15; in prosieguo: la sentenza Český rozhlasEU:C:2016:470), la Corte ha statuito che l’attività di emittenti radiofoniche pubbliche finanziata mediante un canone obbligatorio versato in forza della legge dai detentori di un ricevitore radiofonico non costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso e non rientra nell’ambito del sistema comune di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»).

2.

Successivamente all’emissione di tale sentenza, in alcuni Stati membri in cui siffatti canoni venivano assoggettati all’IVA, i soggetti tenuti al loro pagamento hanno chiesto il rimborso di tale imposta in quanto riscossa in violazione del diritto dell’Unione. In Austria ciò ha portato a un’azione collettiva nella quale rientra il procedimento principale nella presente causa. Un procedimento simile è in corso anche in Danimarca ( 2 ).

3.

In tale contesto, le parti interessate e la Commissione europea sottolineano che le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di IVA prevedono una deroga per alcuni Stati membri, che consente loro di assoggettare a imposta le attività delle emittenti radiotelevisive pubbliche. Sorge, pertanto, la questione se tale deroga modifichi le conclusioni desumibili dalla sentenza Český rozhlas.

Quadro giuridico

Diritto dell’Unione

4.

Ai sensi dell’articolo 151 dell’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, del 26 luglio 1994 (in prosieguo: l’«atto di adesione del 1994») ( 3 ), in combinato disposto con l’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h) ( 4 ), di tale atto, in deroga alle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di IVA, l’Austria può assoggettare all’imposta, tra l’altro, le attività degli enti pubblici di radiotelevisione ( 5 ). Tale imposizione non può incidere sulle risorse proprie dell’Unione, la cui base dovrebbe essere ricostituita in conformità al regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 ( 6 ).

5.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( 7 ):

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

(…)

c)

le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale (…)».

6.

L’articolo 132, paragrafo 1, lettera q), di tale direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

(…)

q)

le attività degli enti radiotelevisivi di diritto pubblico diverse da quelle aventi carattere commerciale».

7.

Ai sensi dell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112:

«L’Austria può continuare ad assoggettare all’imposta le operazioni di cui all’allegato X, parte A, punto 2)».

8.

L’allegato X di tale direttiva elenca al punto 2, parte A, «le attività degli enti radiotelevisivi di diritto pubblico diverse da quelle aventi carattere commerciale».

Diritto austriaco

9.

L’articolo 2, paragrafo 1, del Bundesgesetz betreffend die Einhebung von Rundfunkgebühren (legge federale relativa alla riscossione del canone radiotelevisivo) ( 8 ) (in prosieguo: il «RGG») impone, a chiunque utilizzi un impianto di ricezione radiotelevisiva negli edifici, l’obbligo di pagare un «canone radiotelevisivo». Il possesso di tale ricevitore è considerato equivalente al suo utilizzo. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della RGG, la società GIS Gebühren Info Service GmbH (in prosieguo: la «società GIS») è autorizzata a riscuotere tale canone e tutte le imposte correlate.

10.

D’altra parte, il Bundesgesetz über den Österreichischen Rundfunk (legge federale sull’ente radiotelevisivo austriaco) ( 9 ) (in prosieguo: l’«ORFG») istituisce all’articolo 1, paragrafo 1, un’emittente pubblica radiotelevisiva sotto forma di fondazione di diritto pubblico denominata Österreichischer Rundfunk (in prosieguo: la «ORF»).

11.

L’articolo 31 dell’ORFG istituisce un «canone sulla programmazione», il cui importo viene definito dal consiglio della suddetta fondazione. Ogni possessore di un ricevitore radiofonico o televisivo situato nell’area di trasmissione terrestre (in tecnologia analogica o digitale) dei programmi dell’ORF è tenuto al pagamento del canone sulla programmazione. Il canone sulla programmazione viene riscosso contemporaneamente al canone radiotelevisivo e secondo le stesse regole.

12.

Infine, l’articolo 10 del Bundesgesetz über die Besteuerung der Umsätze (legge federale sull’IVA) ( 10 ) prevede l’assoggettamento all’imposta ad aliquota ridotta, in particolare, dei servizi delle emittenti soggetti al pagamento del canone radiotelevisivo.

Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

13.

BM, la ricorrente nel procedimento principale, è un soggetto destinatario di programmi radiotelevisivi obbligato a pagare il canone sulla programmazione. Nel periodo dal 1o ottobre 2013 al 31 ottobre 2018 la ricorrente aveva pagato, in particolare, l’importo di 100,57 EUR a titolo di IVA sul canone sulla programmazione dovuto dalla stessa. Il 23 ottobre 2018 la ricorrente aveva chiesto alla società GIS il rimborso di tale importo in quanto riscosso in violazione del diritto dell’Unione. Infatti, alla luce, in particolare, della sentenza Český rozhlas, l’attività delle emittenti radiotelevisive pubbliche finanziate con canoni del tipo simile al canone austriaco sulla programmazione, a suo avviso, non è soggetta all’IVA.

14.

La società GIS ha respinto la domanda di rimborso di detta imposta e pertanto BM ha proposto ricorso dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria). Tuttavia, quest’ultimo ha respinto il suo ricorso, ritenendo che l’interpretazione risultante da tale sentenza non si applichi al canone austriaco sulla programmazione. Contro la sentenza di tale giudice, BM ha presentato ricorso per cassazione (Revision) davanti al giudice del rinvio.

15.

In tali circostanze il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, tenuto conto della disposizione di diritto primario di cui all’articolo 151, paragrafo 1, [dell’atto di adesione del 1994], in combinato disposto con l’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), primo comma, secondo trattino [di tale atto], un canone come il «Programmentgelt» dell’ORF, fissato dalla stessa emittente pubblica per finanziare la propria attività, debba essere considerato una remunerazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 2 e 378, paragrafo 1, della [direttiva 2006/112/CE].

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se il citato canone «Programmentgelt» dell’ORF debba essere considerato quale remunerazione ai sensi della direttiva 2006/112 anche quando deve essere versato da persone che, pur gestendo un ricevitore radiofonico in un immobile servito dall’ORF per via terrestre con propri programmi, non possono ricevere detti programmi in mancanza del necessario modulo di ricezione».

16.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte l’11 aprile 2022. Osservazioni scritte sono state depositate dalle parti del procedimento principale, dall’ORF, dai governi austriaco e danese nonché dalla Commissione. Le stesse parti nonché il governo francese sono state rappresentate all’udienza del 15 febbraio 2023.

Analisi

17.

La ricorrente nel procedimento principale chiede il rimborso dell’IVA applicata sul canone sulla programmazione pagato dalla stessa. Secondo la ricorrente, alla luce della sentenza Český rozhlas tale imposta è stata riscossa in violazione del diritto dell’Unione. Con le questioni pregiudiziali sollevate nella presente causa, che propongo di esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio mira, in sostanza, a stabilire se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’articolo 378, paragrafo 1, della medesima direttiva nonché l’articolo 151, paragrafo 1, dell’atto di adesione del 1994 e l’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), di tale atto, debbano essere interpretati nel senso che la Repubblica d’Austria ha il diritto di assoggettare all’IVA il canone sulla programmazione ai sensi dell’articolo 31 dell’ORFG.

18.

Per rispondere a tale questione, occorre innanzitutto analizzare la natura del canone sulla programmazione alla luce dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 e successivamente valutare l’eventuale incidenza su tale questione giuridica dell’articolo 378, paragrafo 1, di tale direttiva nonché dell’articolo 151, paragrafo 1, dell’atto di adesione del 1994, che ne costituisce il fondamento, e del relativo punto dell’allegato XV dello stesso.

Sulla natura del canone sulla programmazione

19.

Sia il giudice del rinvio nella sua ordinanza che il GIS, l’ORF e il governo austriaco nelle loro osservazioni sostengono che il canone austriaco sulla programmazione differisce in modo sostanziale dal canone oggetto della causa Český rozhlas e può, di conseguenza, essere considerato come una remunerazione per l’utilizzo dei servizi dell’ORF e che, quindi, tali servizi devono essere considerati come prestati a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112.

20.

Tali differenze sarebbero dovute, in primo luogo, al fatto che l’obbligo di pagare il canone sulla programmazione è legato non tanto al semplice possesso del ricevitore, quanto all’effettiva possibilità di ricevere le trasmissioni emesse dall’ORF. Tale possibilità deriva dal possesso di un ricevitore predisposto alla ricezione di tali trasmissioni (per via terrestre, satellitare o via cavo) e situato nell’area della loro diffusione ( 11 ). L’acquisto di un tale ricevitore e il suo adattamento alla ricezione delle trasmissioni dell’ORF sarebbe un’espressione della volontà di utilizzare i servizi di tale emittente da parte del destinatario. In secondo luogo, a differenza del canone esaminato nella causa Český rozhlas, l’importo del canone sulla programmazione non è fissato dal legislatore, ma dall’ORF. Infine, in terzo luogo, al momento dell’introduzione del canone sulla programmazione nel 1966, il legislatore austriaco ha inteso creare una finzione giuridica sotto forma di rapporto di diritto civile tra l’ORF e i (potenziali) destinatari dei programmi di tale emittente. Secondo il giudice del rinvio, nonostante le modifiche legislative intervenute successivamente, l’esistenza di tale finzione giuridica è ancora ammessa dalla giurisprudenza dei tribunali austriaci.

21.

A mio parere, tuttavia, le suddette differenze tra il canone austriaco sulla programmazione e il canone esaminato nella causa conclusa con sentenza Český rozhlas non giustificano una diversa valutazione del primo canone dal punto di vista della direttiva 2006/112.

22.

Analogamente alla causa sopra menzionata, infatti, si tratta di due prestazioni giuridicamente distinte: da un lato, l’ORF, esercitando l’incarico conferitole dal legislatore, trasmette programmi radiotelevisivi a ricezione gratuita e, dall’altro, i potenziali destinatari di tali programmi, dotati di idonei ricevitori, sono obbligati per legge a pagare un canone sulla programmazione. È chiaro, tuttavia, che questi ricevitori possono essere utilizzati anche per ricevere programmi di altre emittenti, nonché per scopi del tutto estranei alla fruizione dei programmi delle emittenti radiotelevisive, per cui il loro acquisto e l’adattamento alla ricezione di programmi non possono in alcun modo essere considerati un’espressione della volontà di usufruire dei servizi dell’ORF.

23.

Analogamente alla causa conclusa con la sentenza Český rozhlas, nel caso in esame non sussiste alcun rapporto giuridico tra l’ORF e i soggetti tenuti a pagare il canone sulla programmazione nell’ambito del quale avverrebbe uno scambio di reciproche prestazioni ( 12 ). Il semplice fatto che l’obbligo di pagare il canone sulla programmazione si basi non tanto sul presupposto formale del possesso di un ricevitore, ma sull’effettiva possibilità di ricevere le trasmissioni, non modifica sostanzialmente questo stato di cose.

24.

La situazione nel presente caso è quindi diversa da quella esaminata dalla Corte nella causa Kennemer Golf ( 13 ), sulla quale pone l’accento il giudice del rinvio nella sua ordinanza. Infatti, in quest’ultimo caso, il destinatario della prestazione aveva volontariamente stipulato con il prestatore di servizi un contratto in base al quale, in cambio di una remunerazione forfettaria, aveva il diritto di utilizzare le strutture del club sportivo per un periodo di tempo determinato. Pertanto, sebbene la questione dell’effettivo utilizzo delle strutture fosse irrilevante ai fini dell’obbligo di pagare il corrispettivo, la possibilità stessa di utilizzare le strutture era strettamente condizionata al pagamento di tale corrispettivo e il rapporto giuridico tra le parti era stato stipulato esclusivamente per loro volontà.

25.

Lo stesso vale per quanto riguarda la sentenza Air France-KLM e Hop!-Brit Air ( 14 ), richiamata dall’ORF. I casi definiti con tale sentenza riguardavano biglietti aerei che alla fine non erano stati utilizzati dagli acquirenti. La circostanza che gli acquirenti non abbiano in definitiva utilizzato il servizio di trasporto non cambia il fatto che vi sia stato il pagamento di un corrispettivo per un servizio che, da parte del prestatore, era stato fornito (il volo aveva avuto luogo). Si trattava quindi di una prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, basata su un rapporto giuridico liberamente costituito dalle parti.

26.

Inoltre, il fatto che sia l’ORF e non direttamente il legislatore a determinare l’importo del canone sulla programmazione non ha alcuna rilevanza ai fini della valutazione della situazione nella presente causa. L’ORF determina l’importo del canone sulla base dell’autorizzazione contenuta nella legge. Il canone mantiene quindi la natura di un tributo pubblico stabilito dalla legge e il legislatore ha semplicemente affidato la sua determinazione a un soggetto finanziato con i proventi del canone stesso.

27.

Condivido, altresì, l’opinione della Commissione secondo cui la nozione di «prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, è una nozione autonoma del diritto dell’Unione e che, pertanto, è irrilevante, dal punto di vista di tale disposizione, ai fini della qualificazione del canone sulla programmazione, il fatto che il diritto austriaco prevede una finzione giuridica in base alla quale si ritiene esistente tra l’ORF e i soggetti tenuti al pagamento del canone un rapporto giuridico di natura contrattuale. Infatti, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, l’assoggettamento all’IVA di una determinata operazione o la sua esenzione da tale imposta non possono dipendere dalla qualificazione di tale operazione nel diritto nazionale ( 15 ). La qualificazione del canone sulla programmazione deve quindi basarsi esclusivamente sulle disposizioni di diritto dell’Unione e sulla giurisprudenza della Corte, in questo caso principalmente sulla sentenza Český rozhlas.

28.

In considerazione di quanto precede, ritengo che il canone sulla programmazione, così come il canone di cui trattasi nella causa Český rozhlas, non costituisca una remunerazione per i servizi di trasmissione di programmi forniti dall’ORF. Occorre, tuttavia valutare se tale conclusione non venga modificata dall’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e dall’articolo 151, paragrafo 1, dell’atto di adesione del 1994, in combinato disposto con l’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), di tale atto.

Sul significato dell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e dell’articolo 151 dell’atto di adesione del 1994

29.

L’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 attua a livello di diritto derivato l’articolo 151 dell’atto di adesione del 1994, in combinato disposto con l’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), di tale atto, che consente alla Repubblica d’Austria di assoggettare all’IVA i servizi delle emittenti radiotelevisive pubbliche, ossia, in pratica dell’ORF. Sembra, tuttavia, che il tenore letterale di tali disposizioni si discosti dall’obiettivo che si prefiggevano sia il legislatore dell’Unione che gli Stati membri al momento della negoziazione dell’atto di adesione del 1994.

Il tenore letterale dell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e dell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), dell’atto di adesione del 1994

30.

L’articolo 151, paragrafo 1, dell’atto di adesione del 1994 è una disposizione quadro in base alla quale gli atti giuridici elencati nell’allegato XV di tale atto si applicano ai nuovi Stati membri (compresa la Repubblica d’Austria) alle condizioni previste da tale allegato. Pertanto, il contenuto normativo effettivo delle disposizioni che ci interessano si trova in tale allegato.

31.

Ai sensi dell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), dell’atto di adesione del 1994 «per l’applicazione» dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 77/388, la Repubblica d’Austria può assoggettare all’imposta le operazioni elencate al punto 7 dell’allegato E di tale direttiva. L’articolo 28 della direttiva 77/388 era contenuto nel Titolo XVI della medesima direttiva, «Disposizioni transitorie». Ai sensi del paragrafo 3, lettera a), di tale articolo, gli Stati membri, in deroga all’esenzione prevista agli articoli 13 e 15 della suddetta direttiva, potevano continuare ad assoggettare all’imposta le operazioni elencate nell’allegato E della medesima direttiva. Il punto 7 di tale allegato menzionava l’attività degli enti pubblici di radiotelevisione, che era esente in via di principio ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera q), della direttiva 77/388. In altre parole, il punto 2, lettera h), della parte IX dell’allegato XV dell’atto di adesione del 1994, ha esteso alla Repubblica d’Austria la deroga prevista dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 77/388, in combinato disposto con l’allegato E, punto 7, della medesima direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri in cui le attività degli enti pubblici radiotelevisivi erano state fino ad allora assoggettate all’IVA potevano mantenere tale imposizione nonostante l’esenzione di tali attività ai sensi delle disposizioni generali della suddetta direttiva.

32.

Ai sensi dell’articolo 28, paragrafi 3 e 4, della direttiva 77/388, le deroghe contenute nel primo dei suddetti paragrafi dovevano essere applicate per un periodo transitorio. Tale periodo doveva terminare con l’abolizione di dette deroghe mediante una decisione del Consiglio. In realtà, però, il periodo transitorio non è ancora terminato e le deroghe ancora in vigore sono state trasfuse nella direttiva 2006/112 come «deroghe applicabili fino all’introduzione del regime definitivo» ( 16 ). La deroga spettante alla Repubblica d’Austria ai sensi dell’articolo 151, paragrafo 1, dell’atto di adesione del 1994, in combinato disposto con il punto 2, lettera h), della parte IX dell’allegato XV, di tale atto, è contenuta nell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, in combinato disposto con il punto 2, della parte A, dell’allegato X, della medesima direttiva, che è formulato in modo simile al punto 7, dell’allegato E, della direttiva 77/388.

33.

Né l’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 né l’allegato X, parte A, della medesima direttiva stabiliscono esplicitamente che le deroghe ivi previste si riferiscano alle esenzioni di cui all’articolo 132. Tuttavia, ciò mi sembra evidente. In primo luogo, ciò è dimostrato dalla genesi legislativa dell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e dalla formulazione del suo antecedente, ossia dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 77/388 ( 17 ). In secondo luogo, il tenore dell’allegato X, parte A, punto 2, della direttiva 2006/112, corrisponde al tenore letterale dell’esenzione contenuta nel suo articolo 132, paragrafo 1, lettera q).

34.

In considerazione di quanto precede, si deve ritenere che l’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’allegato X, parte A, punto 2, della medesima direttiva, stabilisca, a favore della Repubblica d’Austria, una deroga all’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera q), della stessa. Tuttavia, le esenzioni previste da quest’ultimo articolo possono logicamente applicarsi solo alle operazioni che possano essere eventualmente assoggettate all’imposta, altrimenti l’esenzione non sarebbe necessaria. La Corte lo ha espressamente confermato nella sentenza Český rozhlas ( 18 ).

35.

Non condivido pertanto la posizione della GIS, dei governi austriaco, danese e francese e della Commissione secondo la quale l’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’allegato X, parte A, punto 2, di tale direttiva, consente l’assoggettamento all’imposta al di fuori dell’ambito di applicazione della direttiva stessa, come emerge, in particolare, dal suo articolo 2, paragrafo 1, lettera c) ( 19 ). Una deroga ad una disposizione che rientra nell’ambito di applicazione di una direttiva [in questo caso l’articolo 132, paragrafo 1, lettera q), della direttiva 2006/112] non può, logicamente, essa stessa andare oltre tale ambito.

36.

Indipendentemente dall’ambito di applicazione dell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, sopra esaminato, il suo contenuto, interpretato letteralmente, non può costituire una base per la riscossione da parte della Repubblica d’Austria dell’IVA sul canone sulla programmazione.

37.

Infatti, tale disposizione consente alla Repubblica d’Austria di assoggettare all’IVA le attività delle emittenti radiotelevisive pubbliche. Tuttavia, come stabilito dalla Corte nella sentenza Český rozhlas, che, come esposto nei paragrafi da 20 a 29 delle presenti conclusioni, è applicabile al caso di specie, l’attività di tali emittenti, nella misura in cui è finanziata con il gettito di un tributo come il canone austriaco sulla programmazione, non costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso e, in quanto tale, non può essere assoggettata a tale imposta.

38.

L’IVA è, infatti, un’imposta sul consumo la cui base imponibile è costituita, ai sensi dell’articolo 73 della direttiva 2006/112, dal prezzo di un bene o di un servizio, ossia l’importo che il soggetto passivo riceve a titolo di corrispettivo del bene o del servizio. Nel caso di un servizio fornito gratuitamente non esiste, quindi, una base imponibile sulla quale applicare l’IVA e, di conseguenza, non è possibile applicarla.

39.

Alla luce di quanto precede, ritengo che né il tenore letterale dell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 e dell’allegato X parte A, punto 2, di tale direttiva, né, di riflesso, il tenore letterale dell’articolo 151 dell’atto di adesione del 1994, in combinato disposto con l’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), di tale atto, modifichino le conclusioni di cui ai paragrafi da 20 a 29 delle presenti conclusioni.

L’obiettivo della disciplina contenuta nell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112

40.

L’interpretazione letterale delle disposizioni della direttiva 2006/112 porterebbe quindi a concludere che sia incompatibile con tali disposizioni trattare come imponibili le attività di un’emittente radiotelevisiva pubblica finanziate con i proventi di un canone sulla programmazione. Sembra tuttavia, come sottolineano sia il giudice del rinvio nella sua ordinanza sia, in particolare, il governo danese nelle sue osservazioni, che non fosse questa l’intenzione degli Stati membri, quando hanno negoziato l’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), dell’atto di adesione del 1994, nonché del legislatore dell’Unione in relazione all’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’allegato X, parte A, punto 2, di tale direttiva, e precedentemente in relazione all’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 77/388 e all’allegato E, punto 7, della medesima.

41.

Il governo danese chiarisce che il tenore di tali disposizioni costituisce una manifestazione di un compromesso tra gli Stati membri che durante i lavori legislativi sulla direttiva 77/388 non sono riusciti a trovare un accordo sull’assoggettamento a imposta dei servizi delle emittenti radiotelevisive pubbliche finanziati con proventi derivanti da canoni del tipo simile al canone austriaco sulla programmazione. Il compromesso consisteva nel fatto che tali servizi venivano esentati in linea di principio, mentre agli Stati membri interessati veniva data la possibilità di derogare a tale esenzione. Tale deroga è stata successivamente estesa ad alcuni nuovi Stati membri, tra cui la Repubblica d’Austria, in virtù dell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), dell’atto di adesione del 1994, ora recepito nel diritto derivato dall’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’allegato X, parte A, punto 2, della medesima direttiva.

42.

Tale soluzione poteva essere giustificata al momento dell’adozione della direttiva 77/388 nel 1977. All’epoca, nella maggior parte degli Stati membri esisteva, infatti, un monopolio o quasi monopolio delle emittenti pubbliche, in particolare di quelle televisive, e l’unico uso pratico dei ricevitori radiotelevisivi da parte delle famiglie era la ricezione dei programmi trasmessi per via terrestre. In linea di principio, quindi, si poteva ritenere che l’acquisto di tale ricevitore equivalesse alla fruizione dei servizi delle emittenti pubbliche, cosicché il pagamento obbligatorio per il suo possesso costituiva un corrispettivo sui generis per tali servizi. Occorre anche ricordare che tale soluzione era stata introdotta come una misura temporanea, inizialmente per un periodo di cinque anni.

43.

Tale soluzione era già meno giustificabile all’epoca dei negoziati dell’atto di adesione del 1994, a seguito della liberalizzazione del mercato radiotelevisivo in Europa, fondata sulle disposizioni della direttiva 89/552/CEE ( 20 ), nonché in considerazione dello sviluppo della televisione via cavo e satellitare. Ciò è del tutto ingiustificato al momento attuale, in cui, da un lato, il possesso di un ricevitore radiofonico o televisivo, anche in grado di ricevere le trasmissioni, non equivale in alcun modo all’utilizzo dei servizi delle emittenti del servizio pubblico (o dei servizi delle emittenti radiofoniche o televisive in generale) e, dall’altro, la ricezione di tali trasmissioni è possibile anche senza l’ausilio di tale ricevitore, incluso al di fuori dello Stato membro dell’emittente, in particolare tramite Internet. Il canone a titolo di possesso di un ricevitore costituisce quindi una sorta di tributo pubblico che, sebbene serva a finanziare le attività delle emittenti pubbliche, è completamente svincolato dall’effettivo utilizzo dei loro servizi. Tale considerazione ha portato alla soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Český rozhlas.

44.

Occorre inoltre rilevare che l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, adottata dalla Corte in tale sentenza risale al passato e non deve sorprendere. Già nelle sentenze Coöperatieve Aardappelenbewaarplaats ( 21 ) e Hong-Kong Trade Development Council ( 22 ), emesse ancora sulla base della direttiva 67/228/EWG ( 23 ), ma poco dopo l’entrata in vigore della direttiva 77/388, la Corte ha stabilito che una prestazione di servizi può essere assoggetta all’imposta se il servizio è fornito a titolo oneroso, ossia se esiste un nesso diretto tra la sua prestazione e il corrispettivo effettivamente ricevuto in cambio. In caso contrario non esiste infatti una base imponibile e il rapporto tra le parti non ha carattere di contratto soggetto ad armonizzazione fiscale. Successivamente, tale giurisprudenza è stata sistematicamente consolidata e sviluppata ( 24 ) e la decisione contenuta nella sentenza Český rozhlas né è una conseguenza logica.

45.

Ciononostante, ritengo che nell’interpretazione dell’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 si debba tener conto dell’obiettivo che esso si prefigge, ossia l’attuazione della disposizione di cui all’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), dell’atto di adesione del 1994. In caso contrario, l’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva in questione diventerebbe privo di oggetto, in quanto non esisterebbe alcun servizio fornito dall’emittente pubblica in Austria che potrebbe essere assoggettato all’imposta in forza dello stesso. Tale disposizione è difatti una clausola di “standstill” e l’unico tipo di attività al quale tale clausola può applicarsi è quella dell’ORF, finanziata con i proventi del canone sulla programmazione, che era considerata assoggettata all’imposta prima dell’adesione del Paese all’Unione. Esisterebbe quindi una contraddizione interna tra l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c) e l’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112. L’esistenza di tale contraddizione confuta, a mio avviso, le conclusioni che si possono trarre da un’interpretazione letterale e giustifica il ricorso nel caso di specie all’interpretazione sistematica e di scopo delle disposizioni di tale direttiva.

46.

Stipulando la deroga contenuta nell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), dell’atto di adesione del 1994, gli Stati membri intendevano consentire alla Repubblica d’Austria di mantenere in vigore la propria legislazione nazionale in base alla quale l’attività di un’emittente radiotelevisiva pubblica finanziata con i proventi di un canone sulla programmazione era considerata soggetta all’IVA, pertanto all’importo del canone veniva aggiunta l’imposta corrispondente e l’emittente radiotelevisiva pubblica aveva il diritto di detrarre l’IVA pagata sui beni e i servizi da essa utilizzati ai fini di tali attività.

47.

Come emerge sia dall’ordinanza di rinvio che dalle osservazioni dell’ORF, è stato proprio il mantenimento di tale diritto alla detrazione il motivo principale che ha spinto la Repubblica d’Austria a mantenere, dopo l’adesione, il precedente sistema di imposizione delle attività della suddetta emittente pubblica e il vero scopo della disposizione contenuta nell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), dell’atto di adesione del 1994.

48.

Alla luce di quanto precede, l’articolo 378, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, deve essere interpretato, a mio avviso, nel senso che consente alla Repubblica d’Austria di trattare l’attività di un’emittente radiotelevisiva pubblica come un’attività imponibile, con la conseguenza che all’emittente spetta il diritto di detrarre l’IVA versata in una fase precedente della commercializzazione, mentre la perdita di gettito fiscale che ne deriva è compensata da una tassa addizionale in aggiunta al canone sulla programmazione, il cui gettito non è tuttavia destinato al bilancio dell’ORF, bensì al bilancio dello Stato.

49.

Tale tassa addizionale non è l’IVA ai sensi della direttiva 2006/112 perché non è basata sul corrispettivo di una qualsiasi prestazione a titolo oneroso. Si tratta piuttosto di un onere pubblico di natura diretta che esula completamente dal sistema comune dell’IVA. Esso non può quindi essere considerato come un prelievo eseguito in violazione della direttiva 2006/112 ( 25 ), né, in senso più ampio, in violazione del diritto dell’Unione. Invero, può essere considerato imbarazzante il fatto che questo tipo di tassa addizionale venga chiamato «IVA» e presentato come tale ai soggetti tenuti a pagarlo. Tuttavia, poiché ciò non pregiudica l’efficacia del sistema comune dell’IVA, mi sembra che non costituisca un problema tale da giustificare la dichiarazione di illegittimità di detta tassa addizionale, in ogni caso non in base al diritto dell’Unione.

50.

Tale interpretazione non arreca un indebito pregiudizio a coloro che sono soggetti all’obbligo di pagare il canone sulla programmazione, poiché, sulla base dell’autorizzazione prevista dalla legge, l’ORF determina l’importo del canone nella sua interezza, unitamente a tale tassa addizionale. Quest’ultima non costituisce quindi un onere aggiuntivo per i soggetti obbligati, ma semplicemente l’importo riscosso a tale titolo ha una finalità diversa.

51.

Alla luce di tale interpretazione anche la questione dell’ambito di applicazione ratione personae dell’obbligo di versare il canone sulla programmazione, sollevata nella seconda questione, è irrilevante, in quanto tale canone esula dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

52.

Occorre inoltre osservare che, ai sensi dell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), secondo trattino, dell’atto di adesione del 1994, l’imposizione mantenuta sulla sua base non può incidere sulle risorse proprie dell’Unione. Tuttavia, come indicato dall’ORF nelle sue osservazioni, al canone sulla programmazione viene applicata l’aliquota IVA ridotta (10%) mentre in cambio di ciò l’ORF ha il diritto alla piena detrazione dell’IVA pagata nella precedente fase di commercializzazione. Invece, i beni e i servizi acquistati dall’ORF ai fini della sua attività sono, per la maggior parte, soggetti all’aliquota IVA ordinaria (20%), il che comporta una notevole eccedenza dell’imposta versata e il diritto al rimborso di tale imposta da parte del bilancio dello Stato, con la conseguente diminuzione delle risorse proprie dell’Unione. Ciò solleva la questione della compatibilità di tale situazione con la suindicata disposizione dell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), secondo trattino, dell’atto di adesione del 1994. Tuttavia, si tratta della questione del corretto adempimento da parte della Repubblica d’Austria degli obblighi sulla stessa gravanti in materia di risorse proprie dell’Unione, che non incide sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della stessa tassa addizionale in aggiunta al canone sulla programmazione.

Conclusione

53.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte di giustizia dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) nei seguenti termini:

L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con l’articolo 378, paragrafo 1, di tale direttiva e con l’articolo 151, paragrafo 1, dell’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, del 26 luglio 1994, e dell’allegato XV, parte IX, punto 2, lettera h), di tale atto,

devono essere interpretati nel senso che

non ostano alla riscossione da parte della Repubblica d’Austria di una tassa addizionale al canone sulla programmazione, ai sensi dell’articolo 31 del Bundesgesetz über den Östereichischen Rundfunk (legge federale sull’Österreichischer Rundfunk), al fine di compensare la perdita del gettito dell’imposta sul valore aggiunto derivante dal diritto di un’emittente radiotelevisiva pubblica di detrarre l’imposta pagata sui beni e servizi da essa acquistati ai fini delle sue attività finanziate dai proventi di tale canone sulla programmazione.


( 1 ) Lingua originale: il polacco.

( 2 ) Nell’ambito di tale procedimento alla Corte è stata presentata una domanda di pronuncia pregiudiziale simile (causa pendente C‑573/22, Foreningen C e a.).

( 3 ) GU 1994, C 241, pag. 21.

( 4 ) Quest’ultima disposizione si trova nella GU 1994, C 241, pag. 336.

( 5 ) Tale disposizione comportava che la Repubblica d’Austria è stata ricompresa nella deroga prevista inizialmente all’articolo 28, paragrafo 3, della sesta direttiva 77/388/CCE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), per il periodo transitorio, che doveva concludersi con una decisione del Consiglio; tale decisione non è mai stata adottata.

( 6 ) Regolamento del Consiglio, del 29 maggio 1989, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dell’imposta sul valore aggiunto (GU 1989, L 155, pag. 9).

( 7 ) GU 2006, L 347, pag. 1.

( 8 ) BGBl. I 159/1999 con modifiche.

( 9 ) BGBl. 379/1984 con modifiche.

( 10 ) BGBl. 663/1994 con modifiche.

( 11 ) In base alle informazioni fornite da BM in udienza, in una situazione simile si trova il 95% delle famiglie in Austria.

( 12 ) V. sentenza Český rozhlas, punti da 20 a 28.

( 13 ) Sentenza del 21 marzo 2002, C‑174/00, EU:C:2002:200.

( 14 ) Sentenza del 23 dicembre 2015, C‑250/14 e C‑289/14, EU:C:2015:841.

( 15 ) V., da ultimo, sentenza del 16 ottobre 2019, Winterhoff e Eisenbeis (C‑4/18 e C‑5/18, EU:C:2019:860, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

( 16 ) V. la rubricazione del capo I del titolo XIII della direttiva 2006/112.

( 17 ) Occorre inoltre ricordare che la direttiva 2006/112 costituisce trasformazione della direttiva 77/388, per cui, in linea di principio, non introduce modifiche sostanziali al suo contenuto normativo (v. considerando 3 della direttiva 2006/112).

( 18 ) V. paragrafo 32.

( 19 ) V. anche sentenza Český rozhlas, punto 32, ultimo capoverso.

( 20 ) Direttiva del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU 1989, L 298, pag. 23).

( 21 ) Sentenza del 5 febbraio 1981, 154/80, EU:C:1981:38, punti da 12 a 14.

( 22 ) Sentenza del 1o aprile 1982, 89/81, EU:C:1982:121, punto 10.

( 23 ) Seconda direttiva del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari - Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, pag. 1303).

( 24 ) V. sentenza Český rozhlas, punto da 20 a 22 e giurisprudenza ivi citata.

( 25 ) Non è neppure necessario invocare l’articolo 401 della direttiva 2006/112, in quanto tale disposizione si riferisce all’assoggettamento a imposta delle operazioni che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, anche se si tratta di operazioni esenti.