CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 23 marzo 2023 ( 1 )

Causa C‑180/22

Finanzamt Hamm

contro

Harry Mensing

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 311 e seguenti – Regimi speciali applicabili agli oggetti d’arte – Regime del margine – Soggetti passivi‑rivenditori – Cessione di oggetti d’arte da parte dell’autore o dei suoi aventi diritto – Operazioni intracomunitarie – Base imponibile – Imposta pagata sull’acquisto intracomunitario»

Introduzione

1.

Nella sentenza del 29 novembre 2018, Mensing (C‑264/17, EU:C:2018:968; in prosieguo: la «sentenza Mensing»), la Corte ha dichiarato, tra l’altro, che l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( 2 ) (in prosieguo: l’«IVA» o l’«imposta»), deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo‑rivenditore può optare per l’applicazione del regime del margine a una cessione di oggetti d’arte che gli sono stati ceduti a monte, nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente, dall’autore o dai suoi aventi diritto ( 3 ). La citata sentenza mette in discussione la compatibilità con la direttiva 2006/112 delle disposizioni tedesche che escludono questa possibilità.

2.

Nelle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo alla suddetta sentenza, rispondendo a uno degli argomenti del governo tedesco sollevati a difesa delle suddette disposizioni nazionali, ho segnalato che esiste effettivamente una lacuna nelle disposizioni della direttiva in parola, la quale comporta una parziale doppia imposizione degli oggetti d’arte che vengono ceduti ai soggetti passivi‑rivenditori nell’ambito delle cessioni intracomunitarie esenti ( 4 ). Contestualmente, ho espresso il parere secondo cui detta lacuna non poteva essere rimossa con un’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni relative all’IVA e che ciò richiedeva un intervento del legislatore dell’Unione ( 5 ).

3.

Attualmente, nel procedimento per cassazione avverso la decisione emessa da un giudice nazionale a seguito della sentenza Mensing, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) intende esaminare tale constatazione, sottoponendo questioni relative alla possibilità di colmare la suddetta lacuna normativa attraverso un’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2006/112 o delle pertinenti disposizioni nazionali.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

4.

Ai sensi dell’articolo 73 della direttiva 2006/112:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi (...), la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

5.

Ai sensi dell’articolo 78, primo comma, lettera a), di tale direttiva:

«Nella base imponibile devono essere compresi gli elementi seguenti:

a)

le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ad eccezione della stessa IVA;

b)

le spese accessorie, quali le spese di commissione, di imballaggio, di trasporto e di assicurazione addebitate dal fornitore all’acquirente o al destinatario della prestazione.

(…)».

6.

L’articolo 83 della citata direttiva dispone:

«Per gli acquisti intracomunitari di beni la base imponibile è costituita dagli stessi elementi stabiliti per determinare, conformemente al capo 2, la base imponibile della cessione degli stessi beni nel territorio dello Stato membro. (…)».

7.

Il capo 4 del titolo XII della direttiva IVA istituisce regimi speciali applicabili ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato. La sottosezione 1, della sezione 2, del succitato capo disciplina il regime del margine per i soggetti passivi‑rivenditori. Tali disposizioni prevedono in particolare:

«Articolo 312

Ai fini della presente sottosezione si intende per:

1)

“prezzo di vendita”, tutto ciò che costituisce il corrispettivo che il soggetto passivo‑rivenditore ha ottenuto o deve ottenere dall’acquirente o da un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con l’operazione, le imposte, i dazi, i prelievi e le tasse, le spese accessorie quali commissioni, spese di imballaggio, di trasporto e di assicurazione addebitate dal soggetto passivo‑rivenditore all’acquirente, ma esclusi gli importi di cui all’articolo 79;

2)

“prezzo d’acquisto”, tutto ciò che costituisce il corrispettivo definito al punto 1), che il fornitore ha ottenuto o deve ottenere dal soggetto passivo-rivenditore.

Articolo 313

1.   Gli Stati membri applicano alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato, effettuate da soggetti passivi‑rivenditori un regime speciale d’imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo‑rivenditore, conformemente alle disposizioni della presente sottosezione.

(…)

Articolo 315

La base imponibile delle cessioni di beni di cui all’articolo 314 è costituita dal margine realizzato dal soggetto passivo‑rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso.

Il margine del soggetto passivo‑rivenditore è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto.

Articolo 316

1.   Gli Stati membri accordano ai soggetti passivi‑rivenditori il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine alle cessioni dei beni seguenti:

(…)

b)

gli oggetti d’arte che sono stati loro ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;

(…)

Articolo 317

Quando un soggetto passivo-rivenditore esercita l’opzione prevista all’articolo 316, la base imponibile è determinata conformemente all’articolo 315.

(…)

Articolo 319

Il soggetto passivo‑rivenditore può, per ciascuna cessione per cui è ammesso il regime del margine, applicare il regime normale dell’IVA.

Articolo 320

1.   (…)

Il soggetto passivo‑rivenditore, che applica il regime normale dell’IVA alla cessione di un oggetto d’arte cedutogli dall’autore o dagli aventi diritto o da un soggetto passivo diverso dal soggetto passivo‑rivenditore, ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta per l’oggetto d’arte che gli è stato ceduto.

(…)

Articolo 322

Qualora i beni siano utilizzati ai fini delle sue cessioni assoggettate al regime del margine, il soggetto passivo‑rivenditore non può detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

(…)

b)

l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte che gli sono o gli saranno ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;

(…)».

Il diritto tedesco

8.

Le disposizioni relative al regime del margine sono state trasposte nel diritto tedesco dall’articolo 25a dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra di affari) nella versione pubblicata il 21 febbraio 2005 ( 6 ) (in prosieguo: l’«UStG»). Il paragrafo 3 di tale articolo stabilisce quanto segue:

«La cifra d’affari viene calcolata in base alla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto del bene, laddove il primo è maggiore rispetto al secondo; nel caso di cessioni ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1b, e nei casi di cui all’articolo 10, paragrafo 5, il prezzo di vendita è sostituito dal valore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 4, punto 1. Qualora non sia possibile determinare il prezzo di acquisto di un oggetto d’arte (punto 53 dell’allegato 2) o tale prezzo non sia significativo, l’importo di riferimento ai fini della tassazione dell’operazione è fissato al 30% del prezzo di vendita. L’imposta sul valore aggiunto non rientra nella base imponibile. Nel caso del paragrafo 2, primo comma, punto 1, si considera come prezzo di acquisto il valore ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, maggiorato di IVA all’importazione. Nel caso del paragrafo 2, primo comma, punto 2, il prezzo d’acquisto comprende l’IVA del fornitore».

9.

L’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG esclude l’applicazione del regime del margine in relazione ai beni che vengono acquistati dai soggetti passivi‑rivenditori nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente. A seguito della pronuncia della sentenza Mensing, tale disposizione, nella misura in cui riguarda gli oggetti d’arte ceduti ai soggetti passivi‑rivenditori dall’autore o dai suoi aventi diritto, appare manifestamente contraria all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112.

Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

10.

Il sig. Harry Mensing è un soggetto passivo‑rivenditore ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2006/112, nonché dell’articolo 25a, paragrafo 1, punto 1, dell’UStG. Lo stesso svolge un’attività nel settore del commercio di oggetti d’arte in diverse città nel territorio della Germania. Nel corso dell’esercizio fiscale 2014 egli ha acquistato, tra le altre cose, oggetti d’arte da autori di altri Stati membri. Siffatte cessioni sono state esentate dall’IVA negli Stati membri di origine ed il sig. H. Mensing ha versato l’imposta a titolo di acquisto intracomunitario degli stessi. Non si è, tuttavia, avvalso del diritto alla detrazione di tale imposta.

11.

All’inizio del 2014, il sig. H. Mensing ha presentato al Finanzamt Hamm (amministrazione tributaria di Hamm, Germania) una dichiarazione in merito all’applicazione del regime del margine in relazione agli oggetti d’arte acquistati presso i loro autori. Tuttavia, l’amministrazione tributaria gli ha negato il diritto di applicare tale regime in relazione agli oggetti d’arte acquistati presso autori di altri Stati membri, invocando l’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG, e, di conseguenza, ha disposto l’aumento dell’IVA dovuta.

12.

In seguito al rigetto del suo reclamo, il sig. H. Mensing ha proposto ricorso avverso la decisione dell’amministrazione tributaria di Hamm dinanzi al Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania). Le questioni pregiudiziali sottoposte da quest’ultimo giudice hanno portato alla pronuncia da parte della Corte di giustizia della sentenza Mensing.

13.

Nella citata sentenza, la Corte ha dichiarato che il regime del margine può essere applicato agli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi-rivenditori presso l’autore o i suoi aventi diritto mediante la cessione intracomunitaria esente, e che, in una siffatta situazione, i suddetti soggetti passivi non hanno il diritto alla detrazione dell’IVA pagata sull’acquisto intracomunitario di tali oggetti d’arte ( 7 ).

14.

A seguito della citata sentenza, il Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster), con decisione del 7 novembre 2019, ha accolto il ricorso del sig. H. Mensing. Tale giudice ha dichiarato al riguardo che il prezzo d’acquisto di un oggetto d’arte, ai fini del calcolo del margine, doveva essere maggiorato dell’IVA pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario, con conseguente diminuzione della base imponibile nel contesto del regime del margine.

15.

L’amministrazione tributaria non ha condiviso questa interpretazione, sottolineando che né le disposizioni della direttiva 2006/112, né le disposizioni nazionali, consentono che il prezzo d’acquisto sia maggiorato dell’importo dell’IVA pagata su un acquisto intracomunitario. L’amministrazione ha quindi proposto un ricorso per cassazione (Revision) avverso la suddetta sentenza del Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster) dinanzi al giudice del rinvio nella presente causa. Quest’ultimo giudice riconosce la possibilità di interpretare le disposizioni nazionali in conformità alla decisione impugnata; si chiede, tuttavia, se tale interpretazione sia ammissibile ai sensi della direttiva 2006/112.

16.

In queste circostanze, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, in cui un soggetto passivo sostiene, sulla base della [sentenza Mensing], che anche la cessione di oggetti d’arte da lui acquistati a monte nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente dall’autore (o dai suoi aventi diritto) ricade nel regime del margine di cui agli articoli 311 e segg. della [direttiva 2006/112], la base imponibile debba essere determinata – in conformità del punto 49 della suddetta sentenza – esclusivamente a norma del diritto dell’Unione, con conseguente inammissibilità dell’interpretazione di una disposizione di diritto nazionale (nella specie: l’articolo 25a, paragrafo 3, terza frase, dell’[UStG] compiuta dal giudice nazionale di ultima istanza secondo la quale l’imposta corrispondente all’acquisto intracomunitario non rientrerebbe nella base imponibile.

2.

In caso di risposta affermativa alla prima questione: se gli articoli 311 e segg. della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che, in caso di applicazione del regime del margine a cessioni di oggetti d’arte acquistati a monte all’interno dell’Unione dall’autore (o dai suoi aventi diritto), l’imposta gravante sull’acquisto intracomunitario riduce il margine, o se sussista al riguardo una lacuna involontaria del diritto dell’Unione che non può essere sanata con un’elaborazione giurisprudenziale, ma soltanto con l’intervento del legislatore dell’Unione».

17.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 9 marzo 2022. Osservazioni scritte sono state presentate dal sig. H. Mensing, dal governo tedesco nonché dalla Commissione europea. La Corte ha deciso di statuire senza udienza di discussione.

Analisi

18.

Il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte due questioni pregiudiziali. Esse riguardano la possibilità di interpretare le disposizioni nazionali (prima questione) o le disposizioni della direttiva 2006/112 (seconda questione) nel senso che, in caso di applicazione del regime del margine alla cessione da parte del soggetto passivo‑rivenditore degli oggetti d’arte da esso acquistati mediante una cessione intracomunitaria, l’imposta pagata da tale soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario non deve essere inclusa nella base imponibile.

19.

La prima questione si basa sul presupposto che l’interpretazione delle disposizioni nazionali proposta dal giudice del rinvio sia ammissibile ai sensi della direttiva 2006/112. Tuttavia, l’esattezza di un tale presupposto dipende dalla risposta alla seconda questione. Propongo pertanto di esaminare in primo luogo la seconda questione pregiudiziale.

Sulla seconda questione pregiudiziale

20.

Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 312 e 315 e l’articolo 317, primo comma, della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che l’IVA pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario di un oggetto d’arte, la cui successiva cessione da parte di tale soggetto sia assoggettata al regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola, non è inclusa nella base imponibile di tale successiva cessione. Al fine di analizzare correttamente tale questione occorre, previamente, procedere a una breve descrizione del problema.

Problema della doppia imposizione in caso di applicazione del regime del margine alle cessioni di oggetti d’arte acquistati da un soggetto passivo-rivenditore mediante cessione intracomunitaria

21.

L’IVA è un’imposta a cascata sul volume d’affari, cioè viene riscossa in ogni stadio di commercializzazione, ma il suo onere viene ripercosso di volta in volta includendolo nel prezzo dei beni e dei servizi ed in definitiva ricade sui consumatori. Tuttavia, a differenza delle classiche imposte a cascata, l’IVA non viene cumulata nelle varie fasi di commercializzazione. Il suo importo complessivo aumenta di volta in volta in proporzione al valore aggiunto a valle e in definitiva grava solo sul prezzo finale del bene o del servizio. Questo risultato consente di garantire il meccanismo di detrazione: in ogni stadio di commercializzazione l’onere fiscale viene diminuito dell’importo dell’imposta assolta a monte.

22.

Tuttavia, i beni come i beni d’occasione, gli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione non vengono commercializzati allo stesso modo dei beni che, in quanto «nuovi», costituiscono oggetto di cessione ai consumatori per la prima volta. Spesso siffatti beni sono già in possesso dei consumatori, che, al momento del loro acquisto, avevano sopportato l’onere dell’IVA ( 8 ) e che, quando successivamente vendono detti beni, non agiscono in qualità di soggetti passivi IVA, per cui la loro vendita non è tassata. In caso di una successiva cessione di tali beni da parte dei soggetti passivi‑rivenditori, la tassazione degli stessi secondo il regime normale, ossia in proporzione al prezzo totale di vendita, comporterebbe una doppia imposizione dei beni sui quali l’imposta era già stata pagata una volta.

23.

Per questo motivo, il legislatore dell’Unione ha introdotto il regime del margine, che consente di tassare soltanto il «valore aggiunto» nella fase di cessione dei beni da parte del soggetto passivo‑rivenditore, ossia il margine realizzato da quest’ultimo, inteso come la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita. L’IVA viene quindi calcolata proporzionalmente non al prezzo di vendita dei beni nel suo complesso, ma soltanto a quella parte del prezzo che costituisce il margine.

24.

La conseguenza logica di tale soluzione è che il soggetto passivo‑rivenditore non ha il diritto di detrarre l’imposta pagata sull’acquisto di un bene la cui successiva cessione è tassata secondo il regime del margine. Nel caso in cui la cessione dei beni al soggetto passivo‑rivenditore non è soggetta ad imposta, la questione della detrazione è irrilevante, in quanto non vi è alcuna imposta che eventualmente potrebbe essere detratta. Tuttavia, il legislatore dell’Unione ha consentito l’applicazione del regime del margine anche ai beni la cui cessione al soggetto passivo‑rivenditore è tassata. Ciò può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui il soggetto passivo‑rivenditore acquista oggetti d’arte dall’autore che è soggetto passivo. In una situazione del genere, in assenza del meccanismo di detrazione, la doppia imposizione viene evitata grazie alle modalità di determinazione del margine quale differenza tra il prezzo d’acquisto dei beni da parte del soggetto passivo‑rivenditore e il prezzo di vendita degli stessi, e il prezzo d’acquisto include tutto ciò che il fornitore ha ricevuto dal soggetto passivo‑rivenditore, compresa l’IVA dovuta. Questa imposta non è quindi inclusa nel margine, cosicché non costituisce una componente della base imponibile e non viene ulteriormente tassata.

25.

Tuttavia, la situazione diventa più complicata per le operazioni in cui il fatto generatore dell’imposta non è costituito dalla cessione, ma dall’acquisto dei beni da parte del soggetto passivo. Uno di questi casi è l’importazione dei beni dall’esterno del territorio doganale dell’Unione. L’altro è quello delle operazioni intracomunitarie (cioè tra Stati membri diversi).

26.

Nel caso delle operazioni intracomunitarie, la semplice cessione di beni è esente, mentre è tassato il loro acquisto ( 9 ). L’obiettivo è chiaramente quello di trasferire la competenza fiscale dallo Stato membro del luogo di acquisto del bene allo Stato membro del luogo di vendita dello stesso, conformemente al principio della tassazione nel luogo del consumo. Per quanto concerne il regime del margine, ciò comporta che l’imposta sugli acquisti intracomunitari, non trattandosi di una componente del prezzo d’acquisto pagato dal soggetto passivo‑rivenditore al fornitore, viene automaticamente inclusa nel margine e quindi nella base imponibile dell’operazione di cessione del bene effettuata dal soggetto passivo‑rivenditore nella fase successiva di commercializzazione. Ciò determina una sorta di parziale doppia imposizione dovuta al cumulo dell’imposta: l’importo pagato dal soggetto passivo‑rivenditore quale imposta sull’acquisto intracomunitario viene poi tassato come componente del margine.

27.

Orbene, mentre nell’analogo caso dell’importazione dall’esterno del territorio doganale dell’Unione, il legislatore dell’Unione europea ha introdotto, nell’articolo 317, secondo comma, della direttiva 2006/112, un’apposita disposizione, la quale impone di includere nel prezzo d’acquisto dei beni l’imposta assolta all’importazione, nel caso di una cessione intracomunitaria non esiste una disposizione equivalente. È proprio il problema di questa lacuna che il giudice del rinvio intende risolvere sottoponendo il rinvio pregiudiziale di cui trattasi.

Interpretazione delle disposizioni della direttiva 2006/112

28.

Ricordo che, ai sensi dell’articolo 315 della direttiva 2006/112, la base imponibile nel regime del margine è costituita dal margine diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso. Per margine, invece, si intende la differenza tra il prezzo di vendita del bene nell’ambito di una cessione assoggettata al regime del margine e il prezzo d’acquisto del bene pagato dal soggetto passivo‑rivenditore.

29.

A loro volta, il prezzo di vendita e il prezzo d’acquisto sono stati definiti all’articolo 312 della direttiva di cui trattasi. Secondo tale definizione, per «prezzo di vendita» si intende tutto ciò che costituisce il corrispettivo che il soggetto passivo‑rivenditore ha ottenuto o che deve ottenere dall’acquirente o da un terzo, comprese, in particolare, tutte le imposte e le tasse di questo tipo, nonché le spese accessorie addebitate dal soggetto passivo‑rivenditore all’acquirente. Per prezzo d’acquisto, invece, si intendono gli stessi elementi costitutivi del corrispettivo che il fornitore ha ottenuto o deve ottenere dal soggetto passivo-rivenditore.

30.

Nelle osservazioni presentate nella presente causa, sia il sig. H. Mensing sia la Commissione hanno sostenuto che, nel caso di acquisto intracomunitario imponibile di un oggetto d’arte da parte del soggetto passivo‑rivenditore, il prezzo d’acquisto deve essere maggiorato dell’l’IVA pagata da quest’ultimo su tale acquisto. A loro avviso, la suddetta imposta rientra nella nozione di «imposte, dazi, prelievi e tasse» contenuta nella definizione del prezzo di vendita, alla quale rinvia, a sua volta, la definizione del prezzo d’acquisto.

31.

Tale punto di vista si basa tuttavia su una lettura frammentaria delle definizioni contenute nell’articolo 312 della direttiva 2006/112. Lo stesso ignora completamente il fatto che sia la definizione del prezzo di vendita, sia quella del prezzo d’acquisto, comprendono soltanto gli elementi di costo che il soggetto passivo‑rivenditore ha, rispettivamente, ricevuto come corrispettivo nell’ambito di una cessione assoggettata al regime del margine e quelli che ha pagato al fornitore al momento dell’acquisto dei beni che sono successivamente diventati oggetto di tale cessione.

32.

Una siffatta formulazione delle due definizioni non è casuale e non può essere disattesa, come proposto dal sig. H. Mensing e dalla Commissione. È evidente che il legislatore dell’Unione, nel formulare entrambe le definizioni, ha preso in considerazione soltanto lo scambio delle prestazioni finanziarie nell’ambito delle singole operazioni e non tutti i costi e benefici che potenzialmente possono derivare da un acquisto o da una cessione di un bene. Di conseguenza, la definizione del prezzo d’acquisto contenuta nell’articolo 312 della direttiva 2006/112 comprende soltanto le spese accessorie che il soggetto passivo‑rivenditore sostiene nei confronti del fornitore, così come la definizione del prezzo di vendita comprende soltanto le spese che vengono rimborsate al soggetto passivo‑rivenditore includendole nel prezzo dei beni.

33.

Per contro, tutte le eventuali spese accessorie che il soggetto passivo‑rivenditore può dover sopportare in relazione all’acquisto dei beni, come le spese di imballaggio, di trasporto e di assicurazione, ma che sostiene nei confronti di terzi, non costituiscono elementi del prezzo d’acquisto e sono incluse nel margine ai sensi dell’articolo 315, secondo comma, della direttiva 2006/112.

34.

Per quanto possa sembrare illogico, le stesse regole devono applicarsi, alla luce della formulazione chiara ed inequivocabile dell’articolo 312 della direttiva, anche all’IVA relativa alle operazioni nell’ambito delle quali il soggetto passivo‑rivenditore acquista un bene. Quando la cessione dei beni al soggetto passivo‑rivenditore è soggetta ad imposta ed è effettuata nel territorio di un solo Stato membro, in base alle regole generali della direttiva 2006/112, l’IVA è dovuta dal fornitore, il quale la ripercuote sul soggetto passivo‑rivenditore nel prezzo dei beni. Tale imposta costituisce quindi un elemento del prezzo d’acquisto e pertanto è esclusa dal margine. Quando invece, come nel caso di una cessione intracomunitaria, il pagamento dell’IVA all’erario è dovuto dal soggetto passivo‑rivenditore, tale imposta non rientra nel prezzo d’acquisto e quindi comporta un incremento del margine ( 10 ). Se il legislatore dell’Unione avesse voluto includere nel prezzo d’acquisto di cui all’articolo 312, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, l’imposta pagata dal soggetto passivo‑rivenditore direttamente all’erario, avrebbe utilizzato una formulazione simile a quella dell’articolo 320, paragrafo 1, secondo comma, della medesima direttiva, ai sensi della quale, nel caso in cui il soggetto passivo‑rivenditore applica alle proprie operazioni il regime normale, esso ha il diritto di detrarre dall’imposta a monte l’importo dell’IVA «dovuta o assolta per l’oggetto d’arte che gli è stato ceduto», senza indicare i soggetti ai quali l’imposta è dovuta o ai quali è stata pagata.

35.

Uno degli elementi costitutivi del prezzo di vendita, così come definito all’articolo 312, punto 1, della direttiva 2006/112, è l’IVA pagata a monte nell’ambito del regime del margine, che il soggetto passivo‑rivenditore ottiene dall’acquirente dei beni in quanto parte del prezzo degli stessi e che è tenuto a versare all’erario. Orbene, siffatta imposta viene detratta dalla base imponibile ai sensi dell’articolo 315, primo comma, della citata direttiva. Tuttavia, la disposizione in parola prevede espressamente che la base imponibile è diminuita dell’importo dell’IVA «relativa al margine stesso».

36.

Contrariamente a quanto sostenuto dal sig. H. Mensing nelle sue osservazioni, le suddette regole relative alla determinazione della base imponibile nel contesto del regime del margine coincidono con le regole applicabili alle operazioni tassate secondo il regime normale, stabilite agli articoli 73 e 78 della direttiva 2006/112. Conformemente alle citate disposizioni, la base imponibile di una cessione di beni ( 11 ) è costituita da tutto ciò, e soltanto da ciò, che il fornitore riceve come corrispettivo per tale cessione, comprese le imposte e le tasse simili nonché le spese accessorie, ad eccezione della stessa IVA, che riguarda la base imponibile dell’operazione in questione.

37.

Non vi è quindi alcun margine di discrezionalità che consenta, come postulato dal giudice del rinvio nella sua ordinanza, di diminuire la base imponibile anche dell’importo dell’IVA versata dal soggetto passivo‑rivenditore direttamente all’erario per un’operazione effettuata a monte. Dal momento che l’articolo 315, primo comma, fa riferimento all’importo dell’IVA «relativa al margine stesso», è evidente che ciò non comprende l’imposta pagata sull’acquisto dei beni da parte del soggetto passivo‑rivenditore, la quale è «relativa» al prezzo di acquisto di tali beni e quindi ad un importo che non costituisce un elemento del margine.

38.

Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal punto 46 della sentenza Mensing. Al punto in parola, la Corte si è limitata a rilevare che, nell’ambito del regime del margine, a differenza di quanto accade nel caso di tassazione secondo il regime normale, il costo sostenuto dal soggetto passivo‑rivenditore per l’acquisto del bene oggetto dell’operazione di cessione da lui successivamente effettuata non costituisce un elemento della base imponibile di tale operazione, e di conseguenza non vi sono motivi per concedere a tale soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA pagata sull’acquisto dei beni in parola dall’imposta dovuta per l’operazione da esso eseguita. Tuttavia, ciò non significa che, secondo la Corte, l’IVA pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario di un bene che costituisce oggetto di una successiva operazione di cessione assoggettata al regime del margine debba essere esclusa dalla base imponibile di tale operazione, contrariamente al chiaro tenore letterale dell’articolo 315 della direttiva 2006/112. La Corte non si è assolutamente pronunciata su tale punto, in quanto ciò non costituiva oggetto delle questioni pregiudiziali nella causa che ha dato luogo alla sentenza Mensing.

39.

Ritengo pertanto che dal tenore letterale delle disposizioni pertinenti della direttiva 2006/112 risulti chiaramente che l’IVA pagata dal soggetto passivo‑rivenditore su un acquisto intracomunitario di un oggetto d’arte, il quale successivamente è stato ceduto nell’ambito di un’operazione assoggettata al regime del margine, non costituisce un elemento del prezzo d’acquisto di tale bene ai sensi delle citate disposizioni e che non vi sono le basi per escludere l’importo della suddetta imposta dalla base imponibile di tale successiva operazione di cessione.

40.

Orbene, contrariamente a quanto sembra suggerire la Commissione, nelle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza Mensing, non ho ritenuto auspicabile tale soluzione.

41.

A mio avviso, non escludendo dalla base imponibile di un’operazione di cessione assoggettata al regime del margine l’imposta versata dal soggetto passivo‑rivenditore direttamente all’erario per l’acquisto dell’oggetto di tale operazione, il legislatore dell’Unione ha commesso un errore. Infatti, i beni che un soggetto passivo‑rivenditore acquista ai fini della loro successiva cessione per la quale è ammesso il regime del margine costituiscono l’unico elemento dei costi della sua attività che, nel caso in cui la cessione di tali beni al soggetto passivo‑rivenditore è imponibile, non gli dà il diritto alla detrazione dell’imposta assolta ( 12 ). L’inclusione dell’importo dell’imposta pagata sull’acquisto di tali beni nella base imponibile nel contesto del regime del margine comporta quindi, come ho già accennato, una parziale doppia imposizione degli stessi ( 13 ), contraria al principio di neutralità fiscale e del divieto di cumulo dell’IVA.

42.

Il problema che resta da risolvere è il modo in cui eliminare tale contraddizione.

Sulla possibilità di risolvere la contraddizione rilevata mediante il ricorso all’interpretazione giurisdizionale

43.

Secondo la Commissione, un’interpretazione teleologica e sistematica dell’articolo 312 della direttiva 2006/112 porterebbe al risultato secondo cui l’IVA pagata dal soggetto passivo‑rivenditore su un acquisto intracomunitario di oggetti d’arte successivamente ceduti nell’ambito del regime del margine rientra nel prezzo d’acquisto ai sensi del punto 2 di tale articolo.

44.

Tuttavia, come ho sottolineato nella sezione precedente delle presenti conclusioni, la definizione del prezzo d’acquisto contenuta nel citato articolo è espressamente e volutamente limitata agli importi che il fornitore ha ottenuto o deve ottenere dal soggetto passivo‑rivenditore. Qualsiasi interpretazione che includa gli importi che il soggetto passivo‑rivenditore ha pagato a un soggetto diverso dal venditore, comprese le imposte che ha versato direttamente all’erario, si porrebbe in diretto contrasto con l’inequivocabile formulazione di tale disposizione.

45.

Suggerendo alla Corte un’interpretazione che, a mio avviso, costituirebbe un’interpretazione contra legem, la Commissione mira, in sostanza, a far sì che la Corte si sostituisca al legislatore dell’Unione nel rimuovere la contraddizione che si riscontra tra il testo delle disposizioni dell’articolo 315 della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’articolo 312 della stessa, e il principio della riscossione dell’IVA in un’unica soluzione in ogni fase di commercializzazione, quando il soggetto passivo‑rivenditore è tenuto a pagare l’imposta sull’acquisto degli oggetti d’arte successivamente ceduti nell’ambito del regime del margine.

46.

Tale intento della Commissione solleva la questione dei limiti dell’attività legislativa della Corte.

47.

È certamente vero che la competenza riconosciuta alla Corte dall’articolo 267 TFUE conferisce a tale organo un potere molto ampio di interpretazione degli atti del diritto dell’Unione. È altrettanto vero che la Corte ha esercitato detto potere in diverse occasioni per colmare le lacune o le incoerenze riscontrate nei suddetti atti, basandosi sugli obiettivi perseguiti dalle disposizioni in questione e sul contesto in cui le stesse figurano nell’atto normativo ( 14 ).

48.

Ciò vale anche per il sistema comune dell’IVA, attualmente disciplinato dalla direttiva 2006/112. In casi giustificati, la Corte è andata addirittura oltre la formulazione letterale delle disposizioni della direttiva, basando le proprie decisioni sui principi fondamentali del diritto o sulla logica generale del funzionamento dell’IVA. Così, ad esempio, la Corte ha introdotto nel diritto dell’Unione il concetto dell’abuso di diritto in materia di IVA ( 15 ) ed ha anche negato il diritto alla detrazione dell’imposta a monte al soggetto passivo che aveva scientemente o per negligenza partecipato ad una frode fiscale ( 16 ).

49.

L’ingerenza della Corte nel contenuto normativo delle disposizioni di legge vigenti è giustificata quando siffatte disposizioni sono poco chiare, incomplete o contraddittorie, o quando la loro interpretazione letterale porterebbe a risultati contrari non solo all’obiettivo di tali norme, ma anche ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico nel suo complesso, come è avvenuto nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze citate al paragrafo precedente. Tuttavia, nutro dubbi sul fatto se un’interpretazione teleologica o sistematica possa giustificare lo scostamento da una formulazione univoca delle disposizioni, quando la loro applicazione letterale, benché non completamente conforme alla logica della disciplina di cui siffatte disposizioni fanno parte, non compromette del tutto l’effetto utile della suddetta disciplina e non viola i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.

50.

Orbene, questo è l’approccio proposto dalla Commissione, la quale, a tal proposito, fa riferimento alla sentenza Mensing. Nella citata sentenza, tuttavia, la Corte non si è discostata dall’interpretazione letterale delle pertinenti disposizioni della direttiva 2006/112. Al contrario, la decisione contenuta nella suddetta sentenza si basa principalmente sul tenore letterale dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva ( 17 ), e gli elementi dell’interpretazione sistematica e teleologica sono richiamati dalla Corte soltanto a sostegno delle conclusioni dedotte dal tenore letterale della disposizione in parola ( 18 ).

51.

Per quanto riguarda l’inclusione nella base imponibile, nel contesto del regime del margine, dell’importo dell’IVA pagato dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto di un oggetto d’arte, la cui successiva cessione è assoggettata a tale regime, ciò comporta, come ho già indicato all’inizio delle presenti osservazioni ( 19 ), una parziale doppia imposizione in violazione del principio di neutralità fiscale inteso come divieto di trattamento differenziato di operazioni simili nonché del principio del divieto di cumulo dell’IVA.

52.

Inoltre, occorre rilevare che, nel caso in cui sia l’acquisto intracomunitario di un oggetto d’arte da parte del soggetto passivo‑rivenditore, sia la sua successiva cessione da parte di quest’ultimo, sono soggetti all’aliquota IVA normale, l’onere fiscale relativo alla cessione dell’oggetto d’arte risulta più elevato nell’ambito del regime del margine rispetto alla tassazione secondo il regime normale, rendendo in questo modo priva di senso, economicamente parlando, l’opzione prevista dall’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112. Tuttavia, occorre tenere presente che, nell’ipotesi di un assoggettamento a imposta sia della cessione di un oggetto d’arte al soggetto passivo‑rivenditore, sia della sua successiva cessione da parte di quest’ultimo alla stessa (normale) aliquota, l’opzione di tassazione nel contesto del regime del margine non offre alcun particolare vantaggio economico, considerato che, anche nel caso in cui l’IVA sia inclusa nel prezzo d’acquisto, l’onere fiscale nell’ambito del regime del margine risulta essere lo stesso che nel caso della tassazione in base al regime normale ( 20 ).

53.

La vera ratio della norma contenuta nell’articolo 316 della direttiva 2006/112 emerge nell’ipotesi di un’operazione, mediante la quale il soggetto passivo‑rivenditore acquista un oggetto d’arte, tassata con un’aliquota ridotta. Infatti, l’articolo 103 della direttiva 2006/112 consente agli Stati membri di applicare un’aliquota IVA ridotta alle importazioni di oggetti d’arte nonché, in taluni casi, alle loro cessioni, comprese quelle effettuate dagli autori o dai loro aventi diritto. In tali fattispecie, la cessione di un oggetto d’arte da parte del soggetto passivo‑rivenditore è assoggettata all’aliquota normale soltanto per quanto riguarda l’importo del margine, mentre per il resto è applicabile l’aliquota ridotta. Ciò consente di ridurre l’onere fiscale complessivo rispetto all’imposizione secondo il regime normale, in quanto, in quest’ultima ipotesi, il soggetto passivo‑rivenditore dovrebbe pagare l’IVA sul prezzo di vendita all’aliquota normale, mentre avrebbe soltanto il diritto di detrarre l’imposta pagata a monte con un’aliquota ridotta ( 21 ).

54.

Non condivido, tuttavia, l’affermazione contenuta nelle osservazioni del sig. H. Mensing, secondo la quale l’inclusione nel margine dell’imposta pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario e la parziale doppia imposizione che ne deriva renderebbero impossibile il conseguimento dell’obiettivo della norma contenuta all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, che è quello di promuovere la vendita di oggetti d’arte da parte dei loro autori tramite i soggetti passivi‑rivenditori, tenendo pienamente conto, nel caso di cessione di oggetti d’arte da questi ultimi, della loro imposizione a monte secondo un’aliquota ridotta.

55.

In primo luogo, infatti, l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola non subordina l’applicabilità del regime del margine agli oggetti d’arte che il soggetto passivo‑rivenditore ha acquistato dall’autore o dai suoi aventi diritto alla condizione che la cessione di tali oggetti d’arte al soggetto passivo‑rivenditore fosse tassata con l’aliquota ridotta. Tale condizione è prevista soltanto all’articolo 316, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, il quale, tuttavia, riguarda gli oggetti d’arte acquistati da un soggetto passivo-rivenditore presso altri soggetti passivi (che non sono rivenditori) ( 22 ). Per contro, l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva si applica indipendentemente dall’aliquota con la quale era stata tassata la cessione dell’oggetto d’arte al soggetto passivo‑rivenditore.

56.

In secondo luogo, l’aumento dell’onere fiscale derivante dall’inclusione dell’imposta sull’acquisto intracomunitario nel margine è relativamente modesto nel caso della tassazione in base a un’aliquota ridotta dell’acquisto dei beni da parte del soggetto passivo‑rivenditore e non annulla l’effetto dell’applicazione di tale aliquota ridotta ( 23 ). In effetti, l’onere fiscale complessivo rimane inferiore rispetto a quello che deriva dalla tassazione in base al regime normale. Lo scopo della norma in questione indicato dal sig. H. Mensing risulta quindi raggiunto, sebbene in misura minore. Tale argomentazione non giustifica pertanto la necessità di adottare un’interpretazione dell’articolo 312 della direttiva 2006/112 diversa da quella risultante dal suo tenore letterale

57.

Per quanto riguarda, poi, il principio di neutralità fiscale, la Corte ha già avuto modo di rilevare che tale principio, in quanto principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito a livello di diritto derivato, non è un principio di diritto primario dal rispetto del quale possa dipendere la validità delle disposizioni della direttiva che istituisce tale sistema. Esso non giustifica neanche un’interpretazione delle suddette disposizioni che non trovi fondamento nel loro tenore letterale ( 24 ). Pertanto, sebbene l’applicazione cumulativa degli articoli 312 e 315, dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 317, primo comma, della direttiva 2006/112 agli oggetti d’arte che il soggetto passivo‑rivenditore acquista mediante una cessione intracomunitaria possa comportare la violazione del principio di neutralità fiscale, a causa di un trattamento differenziato di tali oggetti d’arte rispetto agli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo all’interno di uno Stato, siffatta violazione non giustifica un’interpretazione delle suddette disposizioni contraria alla loro chiara formulazione letterale.

58.

Inoltre, occorre tenere presente che gli oggetti d’arte sono beni di tipo particolare. Per la loro stessa natura, essi sono unici, non sono direttamente intercambiabili tra loro e le differenze di prezzo, piuttosto contenute, non influenzano, generalmente le decisioni dei loro acquirenti. Le distorsioni della concorrenza derivanti dall’aumento dell’onere fiscale sono quindi, in questo caso, limitate e decisamente minori rispetto ai beni standard fabbricati in serie.

59.

A conclusioni analoghe si deve giungere in relazione alla violazione del principio del divieto di cumulo dell’IVA enunciato dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2006/112. Si tratta di un principio interno al sistema comune dell’IVA. La sua violazione comporta un certo malfunzionamento di tale sistema, ma non giustifica, tuttavia, né la dichiarazione di invalidità delle disposizioni della suddetta direttiva, quale potenziale causa di un tale malfunzionamento, né un’interpretazione delle disposizioni in parola contraria alla loro chiara formulazione letterale.

60.

Le considerazioni che precedono mi portano a concludere che la Corte non dovrebbe interpretare l’articolo 312 della direttiva 2006/112, o le altre disposizioni di tale direttiva relative al regime del margine, in modo contrario al loro chiaro tenore letterale al fine di eliminare l’incompatibilità con i principi di neutralità fiscale e del divieto di cumulo dell’IVA, derivante dalla loro formulazione, nel caso in cui tali disposizioni vengono applicate agli oggetti d’arte ceduti ai soggetti passivi‑rivenditori dagli autori o dai loro aventi diritto mediante una cessione intracomunitaria.

61.

D’altro canto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo tedesco, non ritengo che lo stato attuale del diritto sia soddisfacente e che il carattere facoltativo, per il soggetto passivo‑rivenditore, delle disposizioni dell’articolo 316 della direttiva 2006/112 sia sufficiente per eliminare il problema della parziale doppia imposizione che tale situazione giuridica comporta. A mio avviso, occorre un intervento del legislatore dell’Unione per correggere le modalità di calcolo della base imponibile nel contesto del regime del margine nei casi in cui esso viene applicato agli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi‑rivenditori mediante una cessione intracomunitaria.

62.

Non sembra che tale intervento legislativo possa incontrare gravi difficoltà. La direttiva 2006/112 è stata adottata, ai sensi dell’articolo 93 del Trattato CE (ora articolo 113 TFUE), secondo una procedura legislativa speciale, previa consultazione del Parlamento europeo, e in base alla stessa procedura viene modificata. Peraltro, si tratta di uno degli atti di diritto dell’Unione più frequentemente modificati e le modifiche di tale direttiva sono addirittura di comune occorrenza. Basti pensare che dalla data della pronuncia della sentenza Mensing ( 25 ), cioè da quando è stata confermata dalla Corte l’applicazione del regime del margine agli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi‑rivenditori mediante una cessione intracomunitaria e da quando è diventato evidente il problema della parziale doppia imposizione, la direttiva 2006/112 è stata modificata già dieci volte ( 26 ). Non mancavano quindi le occasioni per rendere adeguate le disposizioni in questione.

63.

La modifica legislativa potrebbe anche risolvere il problema della doppia imposizione, segnalato dalla Commissione nelle sue osservazioni, presente nel caso di applicazione della procedura di inversione contabile alla cessione al soggetto passivo‑rivenditore dei beni la cui successiva cessione da parte di quest’ultimo sia assoggettata al regime del margine ( 27 ). Tale problema non verrà risolto dalla sentenza della Corte nella presente causa, in quanto essa dovrà in ogni caso limitarsi alla questione riguardante l’imposta pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario di oggetti d’arte, conformemente alla portata delle questioni pregiudiziali.

La risposta alla questione

64.

Come risulta dalle considerazioni che precedono, non vedo né la possibilità né la necessità di un’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2006/112 che consenta di evitare una parziale doppia imposizione in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale. Spetta al legislatore dell’Unione europea modificare in modo opportuno le disposizioni in esame.

65.

Di conseguenza, propongo di risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 312 e 315 e l’articolo 317, primo comma, della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che l’IVA pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario di un oggetto d’arte, la cui successiva cessione da parte di tale soggetto passivo‑rivenditore sia assoggettata al regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, deve essere inclusa nella base imponibile di tale successiva cessione.

Sulla prima questione pregiudiziale

66.

Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio in sostanza si interroga in merito a se, in una fattispecie in cui il soggetto passivo‑rivenditore chiede, ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, l’applicazione del regime del margine agli oggetti d’arte che ha acquistato mediante una cessione intracomunitaria, anche se il diritto nazionale, contrariamente a tale disposizione, non consente di applicare tale regime, i giudici nazionali siano legittimati ad interpretare le disposizioni del diritto nazionale, come l’articolo 25a, paragrafo 3, terza frase, dell’UStG, in conformità della citata direttiva, nel senso che l’IVA pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario dell’oggetto d’arte in questione non è inclusa nella base imponibile nel contesto del regime del margine.

67.

È pacifico che l’interpretazione delle disposizioni nazionali spetta alle autorità nazionali e non rientra nella competenza della Corte. Tuttavia, come si evince dalla risposta che propongo alla seconda questione pregiudiziale, le disposizioni della direttiva 2006/112 non possono essere interpretate nel senso che l’imposta pagata dal soggetto passivo‑rivenditore sull’acquisto intracomunitario di un oggetto d’arte non è inclusa nella base imponibile. La direttiva non contiene infatti alcuna disposizione che consenta di interpretare il diritto nazionale in questo modo. Di conseguenza, la prima questione pregiudiziale è, a mio avviso, priva di oggetto e non è necessario fornire una risposta. Mi limiterò quindi alle seguenti brevi osservazioni, nel caso in cui la Corte dovesse ritenere necessario esaminare la prima questione pregiudiziale.

68.

Il giudice del rinvio spiega i propri dubbi espressi nella prima questione pregiudiziale, facendo riferimento all’affermazione della Corte contenuta al punto 49 della sentenza Mensing, secondo la quale nel procedimento principale di cui alla causa conclusasi con tale sentenza, il soggetto passivo‑rivenditore poteva invocare l’applicabilità del regime del margine direttamente sulla base della direttiva 2006/112. Alla luce di tale posizione della Corte, il giudice del rinvio nella presente causa si chiede se possa applicare le disposizioni del proprio diritto nazionale che disciplinano altri aspetti della tassazione delle operazioni effettuate dal soggetto passivo‑rivenditore o se debba basarsi esclusivamente sulle disposizioni della direttiva in parola.

69.

A mio avviso, il punto 49 della sentenza Mensing deve essere, tuttavia, inteso in modo leggermente diverso. Al suddetto punto, la Corte ha indicato che, nel caso in cui il soggetto passivo‑rivenditore si avvalga di un diritto derivante dalla direttiva 2006/112, disapplicando le disposizioni del diritto nazionale incompatibili con la direttiva in parola, lo deve fare nel rispetto dell’intera disciplina di cui tale diritto fa parte. Nel caso concreto, ciò significava che l’esercizio del diritto di applicare il regime del margine presupponeva l’assenza del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, ai sensi dell’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112. Tuttavia, ciò non implica, a mio avviso, che tutte le disposizioni del diritto nazionale che disciplinano un determinato rapporto giuridico debbano essere disapplicate, se non sono contrarie al diritto dell’Unione.

70.

Nella causa che ha dato luogo alla sentenza Mensing, il motivo che ha indotto il giudice del rinvio a sottoporre le questioni pregiudiziali era l’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG, che esclude l’applicazione del regime del margine ai beni ceduti al soggetto passivo‑rivenditore mediante una cessione intracomunitaria esente. Alla luce della sentenza Mensing, il giudice nazionale dovrebbe dichiarare tale disposizione incompatibile con il diritto dell’Unione in riferimento agli oggetti d’arte ceduti ai soggetti passivi‑rivenditori dagli autori o dai loro aventi diritto e disapplicarla al momento della decisione della causa ( 28 ). Tuttavia, non vi è alcuna ragione per cui tale giudice, e nel procedimento per cassazione il giudice del rinvio nella presente causa, non applichino le altre disposizioni del diritto nazionale che disciplinano la posizione giuridica del sig. H. Mensing, nella misura in cui l’applicazione di tali disposizioni non si ponga in contrasto con il diritto dell’Unione, e quindi altresì con l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2006/112 sancita dalla Corte nella sentenza Mensing.

71.

Ciò vale anche per l’articolo 25a, paragrafo 3, dell’UStG. Di contro, non ritengo che, in modo conforme alla direttiva 2006/112, sia possibile trarre da tale disposizione l’effetto che intende conseguire il giudice del rinvio. La terza frase della disposizione in parola traspone l’articolo 315, primo comma, in fine, della direttiva 2006/112, ai sensi del quale l’IVA relativa al margine stesso non è inclusa nella base imponibile in applicazione del regime del margine. Dal canto suo, l’articolo 25a, paragrafo 3, ultima frase, si riferisce all’IVA pagata sulla cessione di beni al soggetto passivo‑rivenditore. Tale disposizione, tuttavia, riguarda espressamente l’IVA «del fornitore», ossia l’IVA pagata dal fornitore dei beni e ripercossa sul soggetto passivo‑rivenditore includendola nel prezzo dei beni. Ciò è in linea con la definizione del prezzo d’acquisto di cui all’articolo 312, punto 2, della direttiva 2006/112. Alla luce della chiara formulazione delle disposizioni pertinenti della direttiva in parola, è difficile adottare una diversa interpretazione delle succitate disposizioni nazionali.

72.

Ciononostante, anche qualora, come nel caso in esame, vi sia una lacuna nelle disposizioni della direttiva e la loro formulazione letterale porti a risultati in parte contrari alla logica e agli obiettivi della disciplina nel suo complesso, le autorità degli Stati membri non possono «sanare» tale situazione ricorrendo ad un’interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale contraria al contenuto delle disposizioni della direttiva. Infatti, un’azione di questo tipo a livello nazionale, il cui risultato dipenderebbe dalla formulazione specifica delle disposizioni nazionali e dal modo in cui esse vengono interpretate dalle autorità amministrative e dagli organi giurisdizionali nazionali, osterebbe al conseguimento dell’obiettivo fondamentale di qualsiasi direttiva, che è quello di armonizzare la legislazione degli Stati membri. Orbene, l’eliminazione di eventuali incoerenze nelle disposizioni del diritto dell’Unione spetta in primo luogo al legislatore dell’Unione, e, nel rispetto dell’interpretazione ammissibile, alla Corte.

73.

Tuttavia, come ho rilevato all’inizio della presente sezione, tenuto conto della risposta che propongo di fornire alla seconda questione pregiudiziale, non occorre risolvere la prima questione.

Conclusione

74.

Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, propongo di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dal Bundesfinanzhof (Tribunale federale delle finanze, Germania) nel modo seguente:

Gli articoli 312 e 315 e l’articolo 317, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto,

devono essere interpretati nel senso che:

l’imposta sul valore aggiunto pagata dal soggetto passivo‑rivenditore su un acquisto intracomunitario di un oggetto d’arte, la cui successiva cessione da parte di detto soggetto passivo‑rivenditore sia assoggettata al regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva di cui trattasi, è inclusa nella base imponibile di tale successiva cessione.


( 1 ) Lingua originale: il polacco.

( 2 ) GU 2006, L 347, pag. 1, rettifica in GU 2007, L 335, pag. 60.

( 3 ) Punto 1 del dispositivo di tale sentenza.

( 4 ) V. le mie conclusioni nella causa Mensing (C‑264/17, EU:C:2018:722, paragrafo 53).

( 5 ) V. le mie conclusioni nella causa Mensing (C‑264/17, EU:C:2018:722, paragrafo 54).

( 6 ) BGBl. I, pag. 386.

( 7 ) Sentenza Mensing, dispositivo.

( 8 ) Questo vale, in ogni caso, per i beni che sono stati commercializzati nel periodo in cui erano in vigore le disposizioni sull’IVA.

( 9 ) Tale principio conosce eccezioni. Una di queste riguarda gli acquisti intracomunitari di beni ceduti da soggetti passivi‑rivenditori [articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/112]. Tuttavia, questo non è il caso di cui trattasi nella presente causa.

( 10 ) Nelle sue osservazioni, la Commissione aggiunge che un problema simile si pone quando una cessione sul territorio nazionale è soggetta alla cosiddetta «inversione contabile», cioè quando l’IVA è dovuta dall’acquirente. Tuttavia, vale la pena di rilevare che l’inversione contabile può essere introdotta dagli Stati membri solo per alcune categorie di operazioni elencate, in particolare, negli articoli 199, 199 bis e 199 ter della direttiva 2006/112 (e non, come indicato dalla Commissione, nell’articolo 205 della medesima, che disciplina una questione completamente diversa), delle quali solo alcune possono riguardare situazioni rientranti nel regime del margine. Tuttavia, ciò esula in ogni caso dall’ambito della presente causa.

( 11 ) Così come la prestazione di servizi, ma mi limito alla cessione di beni che costituisce l’oggetto della presente causa.

( 12 ) Gli articoli 322 e 323 della direttiva 2006/112 privano il soggetto passivo‑rivenditore soltanto del diritto di detrarre l’IVA pagata sull’acquisto dei beni che successivamente costituiscono oggetto delle cessioni da esso effettuate nell’ambito del regime del margine. Orbene, esso conserva il diritto alla detrazione dell’imposta pagata su tutti gli altri beni e servizi che utilizza ai fini della propria attività, anche qualora tale attività sia tassata in base al regime del margine.

( 13 ) V. paragrafo 26 delle presenti conclusioni.

( 14 ) Conformemente ad un principio consolidato della giurisprudenza della Corte, secondo il quale questi due elementi devono essere presi in considerazione nell’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione (v., in particolare, la sentenza Mensing, punto 24).

( 15 ) Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121).

( 16 ) Sentenza del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling (C‑439/04 e C‑440/04, EU:C:2006:446).

( 17 ) Sentenza Mensing, punti 25 e 26.

( 18 ) Sentenza Mensing, punti da 27 a 37.

( 19 ) V. paragrafi da 21 a 27 delle presenti conclusioni.

( 20 ) Ciò è confermato dagli esempi riportati nelle osservazioni della Commissione.

( 21 ) Ciò è confermato dall’esempio riportato nelle osservazioni del sig. H. Mensing.

( 22 ) Peraltro, de lege ferenda, occorrerebbe chiarire se l’articolo 316, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 possa applicarsi agli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi-rivenditori mediante una cessione intracomunitaria. Tale disposizione si riferisce, infatti, alle cessioni assoggettate all’aliquota ridotta, mentre nel caso di un’operazione intracomunitaria soltanto l’acquisto intracomunitario può essere tassato con l’aliquota ridotta, essendo la cessione stessa esente.

( 23 ) A titolo d’esempio, se l’acquisto di un oggetto d’arte da parte del soggetto passivo‑rivenditore è tassato con l’aliquota ridotta del 5% e la cessione effettuata dal soggetto passivo‑rivenditore è tassata con l’aliquota normale del 20%, l’onere fiscale relativo allo stesso oggetto d’arte (senza contare il margine del soggetto passivo‑rivenditore) aumenta dal 5% al 6%.

( 24 ) V., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Zimmermann (C‑174/11, EU:C:2012:716, punto 50).

( 25 ) Il 29 novembre 2018.

( 26 ) Direttive del Consiglio (UE): 2018/1910, del 4 dicembre 2018 (GU 2018, L 311, pag. 3); 2018/2057, del 20 dicembre 2018 (GU 2018, L 329, pag. 3), 2019/475, del 18 febbraio 2019 (GU 2019, L 83, pag. 42); 2019/1995, del 21 novembre 2019 (GU 2019, L 310, pag. 1); 2019/2235, del 16 dicembre 2019 (GU 2019, L 336, pag. 10); 2020/1756, del 20 novembre 2020 (GU 2020, L 396, pag. 1); 2020/2020, del 7 dicembre 2020 (GU 2020, L 419, pag. 1); 2021/1159, del 13 luglio 2021 (GU 2021, L 250, pag. 1); 2022/542, del 5 aprile 2022 (GU 2022, L 107, pag. 1); 2022/890, del 3 giugno 2022 (GU 2022, L 155, pag. 1).

( 27 ) V. nota 10 di cui al paragrafo 34 delle presenti conclusioni.

( 28 ) V., da ultimo, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 30).