CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 2 marzo 2023 ( 1 )

Cause riunite C‑73/22 P e C‑77/22 P

Grupa Azoty S.A.,

Azomureș SA,

Lipasmata Kavalas LTD Ypokatastima Allodapis

contro

Commissione europea (C‑73/22 P)

e

Advansa Manufacturing GmbH,

Beaulieu International Group,

Brilen, SA,

Cordenka GmbH & Co. KG,

Dolan GmbH,

Enka International GmbH & Co. KG,

Glanzstoff Longlaville,

Infinited Fiber Company Oy,

Kelheim Fibres GmbH,

Nurel, SA,

PHP Fibers GmbH,

Teijin Aramid BV,

Thrace Nonwovens & Geosynthetics monoprosopi AVEE mi yfanton yfasmaton kai geosynthetikon proïonton,

Trevira GmbH

contro

Dralon GmbH,

Commissione europea (C‑77/22 P)

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Orientamenti relativi a determinati aiuti di Stato nell’ambito del sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra dopo il 2021 – Settori ammissibili – Esclusione del settore della produzione di fertilizzanti – Ricorso di annullamento – Nozione di “atto impugnabile”»

1.

Le presenti cause riunite vertono sulle impugnazioni con le quali le imprese ricorrenti chiedono l’annullamento delle ordinanze del Tribunale dell’Unione europea del 29 novembre 2021, Grupa Azoty e a./Commissione (T‑726/20, non pubblicata), e del 29 novembre 2021, Advansa Manufacturing e a./Commissione (T‑741/20, non pubblicata) (in prosieguo: le «ordinanze impugnate»), con le quali il Tribunale ha respinto in quanto irricevibili i loro ricorsi diretti all’annullamento parziale della comunicazione della Commissione del 25 settembre 2020 intitolata «Orientamenti relativi a determinati aiuti di Stato nell’ambito del sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra dopo il 2021» (in prosieguo: gli «orientamenti controversi») ( 2 ).

2.

La Corte avrà così l’occasione di fornire chiarimenti di grande importanza riguardo all’interpretazione di taluni requisiti di ricevibilità dei ricorsi proposti dai singoli dinanzi al Tribunale, vale a dire la nozione di «atto impugnabile» e il requisito dell’incidenza diretta, nonché al rapporto tra questi due requisiti.

Fatti

3.

La direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU 2003, L 275, pag. 32), ha istituito un sistema per lo scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra nell’Unione europea (in prosieguo: l’«ETS dell’Unione») al fine di promuovere la riduzione di tali emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica. Tale direttiva è stata modificata, tra l’altro, dalla direttiva (UE) 2018/410 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2018, che modifica la direttiva 2003/87 (GU 2018, L 76, pag. 3), la quale è volta, in particolare, a migliorare e a prorogare il sistema ETS dell’Unione per il periodo 2021‑2030.

4.

L’articolo 10 bis, paragrafo 6, della direttiva 2003/87, come modificata dalla direttiva 2018/410, è formulato nei seguenti termini:

«Gli Stati membri dovrebbero adottare misure finanziarie conformemente al secondo e quarto comma a favore dei settori o dei sottosettori esposti a un rischio concreto di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a causa di costi indiretti significativi effettivamente sostenuti in relazione ai costi delle emissioni di gas a effetto serra trasferiti sui prezzi dell’energia elettrica, a condizione che tali misure finanziarie siano conformi alle norme sugli aiuti di Stato e, in particolare, non causino indebite distorsioni della concorrenza sul mercato interno. (...)».

5.

Gli orientamenti controversi sostituiscono, dal 1o gennaio 2021, la comunicazione del 5 giugno 2012 intitolata «Orientamenti relativi a determinati aiuti di Stato nell’ambito del sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra dopo il 2012» (GU 2012, C 158, pag. 4).

6.

Al punto 7 degli orientamenti controversi, la Commissione indica che essa stabilisce nell’ambito di detti orientamenti le condizioni alle quali le misure di aiuto nel contesto dell’ETS dell’Unione possono essere considerate compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE.

7.

Al punto 9 degli orientamenti controversi, la Commissione precisa che i principi ivi enunciati «si applicano unicamente alle misure di aiuto specifiche di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 6, e all’articolo 10 ter della direttiva 2003/87/CE».

8.

A termini del punto 21 degli orientamenti controversi:

«Per limitare il rischio di distorsione della concorrenza nel mercato interno, l’aiuto deve essere circoscritto ai settori esposti a un rischio concreto di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a causa dei costi indiretti significativi effettivamente sostenuti in conseguenza dei costi delle emissioni di gas a effetto serra trasferiti sui prezzi dell’energia elettrica. Ai fini dei presenti orientamenti, si ritiene che esista un rischio concreto di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio soltanto se il beneficiario dell’aiuto opera in uno dei settori elencati nell’allegato I».

9.

La Grupa Azoty S.A., la Azomureș SA e la Lipasmata Kavalas LTD Ypokatastima Allodapis, ricorrenti, sono imprese che operano nel settore della produzione di concimi e composti azotati, attualmente rientranti nel codice NACE 20.15.

10.

Tale settore non compare nell’elenco di cui all’allegato I degli orientamenti controversi, mentre era incluso nell’elenco di cui all’allegato II degli orientamenti del 2012, che erano applicabili fino al 31 dicembre 2020.

Procedimenti dinanzi al Tribunale e ordinanze impugnate

11.

Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 15 e il 16 dicembre 2020, le ricorrenti hanno proposto, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, ricorsi diretti all’annullamento dell’allegato I degli orientamenti controversi.

12.

Con le ordinanze impugnate, il Tribunale ha dichiarato irricevibili tali ricorsi.

13.

Il Tribunale ha rammentato, al punto 26 di dette ordinanze, che la ricevibilità di un ricorso proposto da una persona fisica o giuridica contro un atto di cui essa non è destinataria, a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, è subordinata alla condizione che alla medesima persona sia riconosciuta la legittimazione ad agire, la quale si presenta in due ipotesi. Da un lato, tale ricorso può essere proposto a condizione che l’atto la riguardi direttamente ed individualmente. Dall’altro lato, la suddetta persona può proporre ricorso contro un atto regolamentare che non comporti misure di esecuzione se quest’ultimo la riguarda direttamente.

14.

Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 27 di dette ordinanze, che occorreva esaminare se le ricorrenti, che non sono destinatarie degli orientamenti controversi, si trovino, in relazione ad essi, in una delle due ipotesi suddette. Atteso che ciascuna di esse presuppone un’incidenza diretta dell’atto impugnato sul ricorrente, il Tribunale ha ritenuto che occorresse esaminare anzitutto tale requisito.

15.

A tal riguardo, il Tribunale ha ricordato, al punto 29 delle medesime ordinanze, che il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dall’atto oggetto del ricorso richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che l’atto contestato, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie.

16.

Secondo il Tribunale, gli orientamenti controversi non producono direttamente effetti sulla situazione giuridica delle ricorrenti.

17.

A sostegno di tale valutazione, il Tribunale ha in particolare esposto, ai punti da 40 a 42 delle ordinanze impugnate, che la considerazione, negli orientamenti controversi, secondo cui esiste un rischio concreto di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio soltanto se il beneficiario dell’aiuto opera in uno dei settori elencati nell’allegato I degli orientamenti in parola, non esclude dal punto di vista giuridico – anche se, per motivi di opportunità, è poco probabile che ciò si verifichi – che gli Stati membri possano notificare alla Commissione misure di aiuto a favore di imprese operanti in settori diversi da quelli elencati in suddetto allegato e possano tentare di dimostrare che, nonostante il mancato soddisfacimento di uno dei criteri stabiliti negli orientamenti summenzionati, un aiuto destinato a tali imprese è conforme all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE. Pur riconoscendo che, in un caso siffatto, è molto probabile che la Commissione adotti, ai sensi del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), una decisione che dichiara l’incompatibilità dell’aiuto previsto con il mercato interno, il Tribunale ha indicato che solo questa decisione potrebbe avere effetti giuridici diretti per le imprese che avrebbero dovuto beneficiare dell’aiuto e, poiché riguarderebbe quindi direttamente tali imprese, potrebbe formare oggetto di un ricorso di annullamento da parte loro.

18.

Il Tribunale ha inoltre esposto, al punto 38 delle ordinanze impugnate, che, qualora uno Stato membro decidesse di non adottare alcuna misura di aiuto rientrante nell’ambito di applicazione degli orientamenti controversi, la Commissione non assumerebbe alcuna decisione ai sensi del regolamento 2015/1589. Pertanto, parimenti in tal caso, detti orientamenti non produrrebbero effetti direttamente sulla situazione giuridica dei ricorrenti.

Conclusioni delle parti

19.

Con le loro impugnazioni, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare le ordinanze impugnate;

dichiarare i ricorsi ricevibili;

in subordine, annullare le ordinanze impugnate per il solo motivo che il Tribunale avrebbe dovuto riservare la decisione sulla ricevibilità fino all’esame dei ricorsi nel merito;

rinviare le cause al Tribunale affinché esso si pronunci nel merito;

condannare la Commissione al pagamento delle spese del presente giudizio, e

riservare la decisione sulle spese del procedimento dinanzi al Tribunale al momento in cui quest’ultimo abbia concluso l’esame nel merito.

20.

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere le impugnazioni, e

condannare le ricorrenti alle spese;

in subordine, nel caso in cui la Corte annullasse le ordinanze impugnate, pronunciarsi essa stessa sui ricorsi respingendoli in quanto irricevibili e condannare le ricorrenti alle spese.

21.

Con decisione del presidente della Corte del 16 settembre 2022, le cause C‑73/22 P e C‑77/22 P sono state riunite ai fini dell’eventuale fase orale del procedimento e della sentenza.

Sull’impugnazione

22.

La presente impugnazione si basa su due motivi. Il primo verte su una carenza di motivazione delle ordinanze impugnate, mentre, con il secondo, le ricorrenti sostengono, in via principale, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel considerare che esse non sono direttamente interessate dagli orientamenti controversi e, in subordine, che il Tribunale avrebbe dovuto esaminare i ricorsi nel merito prima di pronunciarsi sulla loro ricevibilità.

23.

Su richiesta della Corte, le presenti conclusioni riguarderanno unicamente il secondo motivo.

Argomenti delle parti

24.

Secondo le ricorrenti, la valutazione dell’incidenza diretta contenuta nelle ordinanze impugnate sarebbe fondata su tre premesse non pertinenti, o addirittura errate.

25.

In primo luogo, il Tribunale sarebbe partito dalla premessa che, sotto il profilo dell’articolo 263 TFUE, tutti gli orientamenti della Commissione devono essere qualificati allo stesso modo, il che comporterebbe un approccio errato. A tale proposito, il Tribunale si sarebbe erroneamente basato su precedenti relativi ad orientamenti che lasciano un margine di discrezionalità o stabiliscono eccezioni di cui gli Stati membri possono avvalersi. Inoltre, il Tribunale considererebbe che gli orientamenti controversi sono vincolanti solo per la Commissione. Così facendo, esso celerebbe il fatto che essi sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, che sono rivolti direttamente agli Stati membri, non lasciando loro alcun margine di discrezionalità o eccezioni per quanto riguarda i settori economici ammissibili agli aiuti che possono essere concessi ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 6, della direttiva 2003/87, come modificata dalla direttiva 2018/410, e che, essendo redatti con una formulazione obbligatoria, sono intesi a svolgere la funzione di una normativa cogente.

26.

In secondo luogo, il Tribunale si sarebbe erroneamente basato sulla possibilità che uno Stato membro notifichi alla Commissione misure di aiuto a favore di imprese che operano in settori diversi da quelli elencati nell’allegato I degli orientamenti controversi e tenti di dimostrare che dette misure sono comunque compatibili con il mercato interno in virtù dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE. Al riguardo, le ricorrenti osservano che, se pure è vero che, giuridicamente, tale possibilità esiste, questa circostanza non modifica il fatto che gli orientamenti controversi escludono la concessione degli aiuti previsti all’articolo 10 bis, paragrafo 6, della direttiva 2003/87, come modificata dalla direttiva 2018/410, agli operatori economici che operano in settori non menzionati nell’allegato I della direttiva stessa. Siffatta esclusione non sarebbe per nulla compensata dalla generica possibilità di concedere aiuti di Stato in forza dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE. Infatti, qualsiasi previsione relativa alla concessione di simili aiuti sarebbe puramente speculativa, mentre gli aiuti di cui al citato articolo 10 bis, paragrafo 6, sarebbero formalmente previsti e incoraggiati dalla menzionata disposizione.

27.

In terzo luogo, il Tribunale si sarebbe basato sulla premessa erronea secondo cui un operatore economico può essere direttamente interessato solo qualora la Commissione adotti una decisione in forza del regolamento 2015/1589. Le ricorrenti si troverebbero così private di qualsiasi mezzo di ricorso. Infatti, dal momento che gli Stati membri non sono tenuti ad istituire un regime di aiuti ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 6, della direttiva 2003/87, come modificata dalla direttiva 2018/410, sarebbe plausibile che non venga effettuata alcuna notifica e che non venga quindi adottata alcuna decisione della Commissione. Una situazione siffatta, caratterizzata dall’assenza di aiuti per le ricorrenti, sarebbe identica a quella in cui un regime di aiuti comprendente il settore della produzione di concimi e di composti azotati, istituito in forza dell’articolo 10 bis, paragrafo 6, e notificato alla Commissione, fosse oggetto di una decisione sfavorevole di quest’ultima. Tuttavia, la differenza risiederebbe nel fatto che, nella prima situazione, le ricorrenti non dispongono di alcun mezzo di ricorso, mentre nella seconda ne dispongono, il che sarebbe inammissibile, dato che, nei due casi, le ricorrenti sarebbero interessate allo stesso modo.

28.

In subordine, le ricorrenti chiedono alla Corte di annullare le ordinanze impugnate per il motivo che il Tribunale avrebbe dovuto esaminare i ricorsi nel merito prima di pronunciarsi sulla loro ricevibilità.

29.

La Commissione contesta tutti questi argomenti.

Valutazione

30.

Nelle presenti conclusioni, il mio ragionamento sarà strutturato come segue: dopo avere svolto alcune osservazioni preliminari, esporrò, in primo luogo, i motivi per i quali ritengo che gli orientamenti controversi non possano essere qualificati come «atto impugnabile» e, in quanto tali, essere oggetto di un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE. In secondo luogo, sosterrò che l’esame diretto a verificare se il requisito dell’incidenza diretta sia soddisfatto non può essere utilmente effettuato qualora si tratti di uno strumento come gli orientamenti controversi, il che avvalora l’interpretazione secondo cui essi non sono impugnabili. In terzo luogo, spiegherò perché il ragionamento seguito nella sentenza Deutsche Post e Germania/Commissione ( 3 ) non sia applicabile agli orientamenti controversi. In quarto luogo, indicherò che il Tribunale non era minimamente tenuto ad esaminare i ricorsi nel merito prima di pronunciarsi sulla loro ricevibilità.

Osservazioni preliminari

31.

La problematica relativa alla ricevibilità dei ricorsi proposti da persone giuridiche nel settore del diritto degli aiuti di Stato, come sollevata dinanzi alla Corte, finora ha riguardato, per quanto è a mia conoscenza, unicamente ricorsi diretti contro decisioni della Commissione, adottate al termine di un esame preliminare (articolo 4 del regolamento 2015/1589) o che concludono il procedimento d’indagine formale (articolo 9 del regolamento 2015/1589), e che stabiliscono se una misura di aiuto prevista e notificata, o concessa in assenza di notifica, costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE ed eventualmente se tale misura sia compatibile con il mercato interno in ragione di una delle giustificazioni enunciate all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE.

32.

La questione giuridica sollevata dal presente motivo, che verte più precisamente sulla possibilità di impugnare orientamenti della Commissione, è quindi inedita per la Corte nonché, per quanto riguarda l’accesso alla giustizia nell’Unione, indubbiamente delicata.

33.

Con le ordinanze impugnate, il Tribunale si è pronunciato per la terza volta su detta questione. Nelle due occasioni precedenti ( 4 ), il giudice in parola ha seguito il medesimo ragionamento giuridico svolto nel caso di specie, il che rende ancora più importante la presa di posizione della Corte, nella sua emananda sentenza, riguardo all’esattezza di tale ragionamento.

34.

Occorre rammentare il contesto di riferimento. L’articolo 108, paragrafo 3, TFUE istituisce un controllo preventivo sui progetti di aiuti nuovi (nonché sulle modifiche degli aiuti esistenti). Il meccanismo di prevenzione così organizzato è inteso a fare in modo che vengano attuate solo misure compatibili con il mercato interno. La valutazione della compatibilità di tali misure con il mercato interno, a norma dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE, rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo dei giudici dell’Unione. Al riguardo, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio implica valutazioni di carattere economico e sociale, ed è quindi legittimata a stabilire i criteri in base ai quali intende valutare la compatibilità con il mercato interno delle misure di aiuto previste dagli Stati membri.

35.

A tal fine, la Commissione fa ampiamente ricorso, nell’ambito della sua prassi amministrativa, a strumenti giuridici di diritto non vincolante (soft law), quali orientamenti, accordi quadro e comunicazioni, al fine di strutturare l’esercizio del suo potere discrezionale di valutazione. Come è stato riconosciuto dalla Corte ( 5 ), tali strumenti contribuiscono, infatti, a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto in merito all’azione condotta dalla Commissione.

36.

Gli strumenti in parola contengono norme orizzontali che disciplinano particolari categorie di aiuti (segnatamente, aiuti a finalità regionale, aiuti alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione, aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà); norme relative a strumenti di aiuto specifici (in materia di garanzie, di fiscalità, di assicurazione del credito all’esportazione a breve termine); norme settoriali (segnatamente, nei settori dell’agricoltura, dell’energia e dell’ambiente, della finanza, dei media), nonché norme relative agli aiuti diretti a sostenere l’economia nel contesto dell’insorgenza della pandemia di COVID‑19 e in seguito all’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina. Gli orientamenti controversi contengono norme settoriali relative agli aiuti nel contesto del sistema di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra.

Gli orientamenti controversi non costituiscono un atto impugnabile

37.

Come si è già osservato in precedenza, il Tribunale ha esaminato, nelle ordinanze impugnate, unicamente la questione se le ricorrenti fossero direttamente interessate dagli orientamenti controversi al fine di stabilire se esse avessero la legittimazione ad agire necessaria per proporre un ricorso avverso l’atto di cui trattasi. Lo scambio di memorie tra le ricorrenti e la Commissione nel presente procedimento ha riguardato tale questione giuridica.

38.

Sono tuttavia convinto che, nella sua emananda sentenza, la Corte debba anzitutto verificare se gli orientamenti controversi costituiscano un atto che può formare oggetto di ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE conformemente alla giurisprudenza pertinente, vale a dire un «atto impugnabile». Occorre infatti ricordare che la questione se gli orientamenti controversi siano impugnabili, in relazione alla ricevibilità del ricorso di annullamento proposto dinanzi al Tribunale, costituisce un motivo di ordine pubblico che la Corte, adita nell’ambito di un’impugnazione, deve sollevare d’ufficio ( 6 ).

39.

Secondo una giurisprudenza costante, sono impugnabili tutti i provvedimenti adottati dalle istituzioni, a prescindere dalla loro forma, e intesi a produrre effetti giuridici vincolanti, effetti che devono essere valutati in base a criteri oggettivi, come il contenuto dell’atto stesso, tenendo conto eventualmente del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato nonché dei poteri dell’istituzione emanante ( 7 ). È altrettanto pacifico, secondo la giurisprudenza della Corte, che, quando il ricorrente è una persona fisica o giuridica, il ricorso può essere proposto solo se detti effetti giuridici vincolanti sono tali da incidere sugli interessi del ricorrente, modificandone in misura rilevante la situazione giuridica ( 8 ). In altri termini, l’impugnabilità riguarda, in siffatta ipotesi, unicamente un atto che produce effetti giuridici vincolanti nel patrimonio giuridico del ricorrente.

40.

Tenuto conto di tali elementi, ritengo che gli orientamenti controversi non possano formare oggetto di un ricorso di annullamento, da parte delle ricorrenti, ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

41.

In limine, si precisa che l’intensità normativa derivante dall’esaustività dell’elenco contenuto nell’allegato I degli orientamenti controversi non induce a concludere che essi costituiscono un atto impugnabile. Infatti, se gli orientamenti controversi non sono idonei a produrre effetti giuridici vincolanti nel patrimonio giuridico delle ricorrenti, come cercherò di dimostrare nelle presenti conclusioni, non è necessario, come si è già spiegato in precedenza, esaminare il contenuto di tale atto (o il contesto in cui esso è stato adottato).

42.

Al riguardo, occorre anzitutto rammentare che, nella sua giurisprudenza in materia di aiuti di Stato, la Corte ha già definito l’effetto degli orientamenti considerando che, quando la Commissione adotta norme di comportamento e annuncia, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, si autolimita nell’esercizio di detto potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento ( 9 ). In altri termini, l’effetto di cui trattasi costituisce una limitazione all’esercizio del potere discrezionale della Commissione stessa. L’istituzione in parola è quindi tenuta ad approvare le misure di aiuto conformi agli orientamenti e non può discostarsi da essi, a meno che non dia una valida ragione per farlo, secondo il meccanismo noto come «comply or explain». In caso contrario, l’inosservanza delle norme che la Commissione si è essa stessa imposta può configurare una violazione dei summenzionati principi generali.

43.

La Corte ha inoltre precisato, nella sentenza Kotnik e a. ( 10 ), che l’effetto degli orientamenti è circoscritto alla suddetta autolimitazione del potere discrezionale della Commissione, respingendo l’argomento secondo cui essi avrebbero di fatto effetti vincolanti nei confronti degli Stati membri, dato che sarebbe quanto meno improbabile che uno Stato membro notifichi una misura di aiuto che non soddisfi i requisiti stabiliti dagli orientamenti e si esponga in tal modo al rischio di un’eventuale decisione negativa della Commissione riguardo all’attuazione della misura di aiuto in questione. La Corte ha infatti dichiarato, a tale proposito, che gli Stati membri conservano la facoltà di notificare alla Commissione progetti di aiuto di Stato che non soddisfano i requisiti previsti dagli orientamenti e che la Commissione può autorizzare progetti siffatti, in circostante eccezionali, in virtù della diretta applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE ( 11 ).

44.

Pertanto, la forza giuridica riconosciuta agli orientamenti non costituisce, secondo la giurisprudenza esaminata nei due paragrafi precedenti, un loro attributo intrinseco, ma è legata alla loro applicazione nel contesto della prassi decisionale della Commissione. In altri termini, solo una decisione di quest’ultima in ordine alla compatibilità con il mercato interno di una misura di aiuto può produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti di terzi.

45.

Mi sembra che tale interpretazione sia suffragata dalla giurisprudenza relativa agli orientamenti in materia di antitrust. Infatti, se pure è vero che la Corte ha considerato, nelle sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione e Ziegler/Commissione, che «[n]on si può quindi escludere che, in presenza di talune condizioni e a seconda del loro contenuto, siffatte norme di comportamento dotate di una portata generale possano produrre effetti giuridici» ( 12 ), resta il fatto che, in tali occasioni, le ricorrenti contestavano la legittimità di una decisione della Commissione alla luce delle disposizioni degli orientamenti allora in discussione. La Corte si era quindi pronunciata sulla questione se le disposizioni in parola facessero parte del contesto normativo che disciplinava l’adozione della decisione della Commissione e, per tale motivo, producessero effetti giuridici nei confronti di detta istituzione nel senso che essa non potesse discostarsi dalle menzionate disposizioni senza essere sanzionata per una violazione dei principi generali del diritto dell’Unione ( 13 ).

46.

Per contro, un’interpretazione che riconoscesse l’impugnabilità degli orientamenti controversi sarebbe poco convincente in quanto implicherebbe che effetti giuridici vincolanti nei confronti di terzi potrebbero precedere la notifica della misura di aiuto da parte dello Stato membro interessato e l’esame della stessa da parte della Commissione nell’ambito del procedimento amministrativo. Mi sembra quindi che la sua conformità ai principi fondamentali che disciplinano il controllo degli aiuti di Stato sarebbe quanto meno discutibile, e ciò per due ragioni principali.

47.

In primo luogo, siffatta interpretazione non terrebbe sufficientemente conto del ruolo centrale della notifica nel controllo degli aiuti di Stato. A tal riguardo, occorre ricordare che l’obbligo di notifica stabilito dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE costituisce uno degli elementi fondamentali del sistema di controllo istituito dai trattati in questo settore. Come la Corte ha già precisato ( 14 ), detto obbligo di notifica è essenziale al fine di consentire alla Commissione di esercitare pienamente la funzione di controllo conferitale dagli articoli 107 e 108 TFUE in materia di aiuti di Stato e, in particolare, per valutare, nell’esercizio della competenza esclusiva di cui essa gode al riguardo, la compatibilità di misure di aiuto con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE.

48.

Orbene, non mi convince il ragionamento secondo cui gli Stati membri sarebbero indotti a notificare un regime di aiuti a favore delle sole imprese operanti nei settori effettivamente elencati nell’allegato I, ad esclusione delle ricorrenti, in quanto, da un lato, tali Stati sono incoraggiati, a termini dell’articolo 10 bis, paragrafo 6, della direttiva 2003/87, come modificata dalla direttiva 2018/410, ad introdurre misure finanziarie a favore dei settori esposti a un rischio concreto di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a causa di costi indiretti («dovrebbero»), e, dall’altro, l’allegato I contiene un elenco esaustivo dei settori in parola che non include quello in cui operano le ricorrenti. Constato infatti che, recentemente, la Corte ha respinto implicitamente l’argomento, sostenuto nelle conclusioni dell’avvocato generale, secondo cui l’impugnabilità di uno strumento giuridico di soft law dipenderebbe unicamente dall’idoneità di tale strumento a determinare una modifica del comportamento dei destinatari, senza che esso debba produrre effetti formalmente vincolanti nei loro confronti ( 15 ).

49.

In secondo luogo, e soprattutto, detta interpretazione equivarrebbe, a mio avviso, a svuotare di contenuto il principio secondo cui gli orientamenti non possono incidere sulla portata del diritto primario. È infatti pacifico che la Commissione è vincolata dalle discipline o dalle comunicazioni (nonché dagli orientamenti) da essa emanate in materia di controllo degli aiuti di Stato unicamente nei limiti in cui queste ultime non derogano a una buona applicazione delle norme del Trattato e non possono essere interpretate in modo tale da restringere la portata degli articoli 107 e 108 TFUE o contravvenire agli obiettivi da questo previsti ( 16 ).

50.

Orbene, la corretta determinazione della portata dell’articolo 107 TFUE in un singolo caso non può essere garantita in mancanza dell’adozione di una decisione della Commissione, che conclude il procedimento amministrativo (o una fase dello stesso), con cui tale istituzione risolve la questione se la situazione fattuale ed economica esistente al momento dell’adozione della sua decisione le imponga di discostarsi dalle disposizioni degli orientamenti al fine di rispettare gli articoli 107 e 108 TFUE ( 17 ).

51.

Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di considerare che gli orientamenti controversi non costituiscono un atto impugnabile, idonei, in quanto tali, a formare oggetto di un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

Dall’esame volto a verificare se gli orientamenti controversi soddisfino il requisito dell’incidenza diretta emerge che essi non costituiscono un atto impugnabile

52.

Una volta rigorosamente scomposto il requisito di essere «direttamente interessato» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, ritengo che dall’esame volto a verificare se tale requisito sia soddisfatto nel caso degli orientamenti controversi emerga l’erroneità della premessa relativa all’impugnabilità dell’atto di cui trattasi, il che avvalora l’interpretazione proposta nella sezione precedente delle presenti conclusioni.

53.

È pacifico che il requisito dell’incidenza diretta richiede che siano soddisfatti due criteri cumulativi ( 18 ), ossia che la misura contestata, in primo luogo, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, in secondo luogo, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie ( 19 ).

54.

Il primo criterio richiede di determinare se l’impegno assunto dalla Commissione negli orientamenti controversi, consistente nel considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 6, della direttiva 2003/87, come modificata dalla direttiva 2018/410, quando sono concessi ai settori elencati in modo tassativo nell’allegato I di tali orientamenti, incida direttamente sulla situazione giuridica delle ricorrenti.

55.

Ai punti da 38 a 42 delle ordinanze impugnate, il Tribunale ha anzitutto considerato, in sostanza, che il fatto che gli Stati membri abbiano la facoltà di notificare alla Commissione una misura di aiuto che non soddisfa le condizioni previste dagli orientamenti controversi osta al riconoscimento di tale carattere diretto. Nel caso di specie, l’esistenza dell’elenco esaustivo dei settori che possono beneficiare degli aiuti, contenuto nell’allegato I di detti orientamenti, non può escludere «dal punto di vista giuridico», secondo il Tribunale, la possibilità che gli Stati membri notifichino alla Commissione una misura di aiuto a favore di imprese operanti in settori diversi da quelli elencati nell’allegato in parola.

56.

Il Tribunale ha poi sottolineato, in sostanza, che il fatto che uno Stato membro possa non essere sempre disposto ad assumersi il rischio di notificare alla Commissione misure di aiuto non conformi agli orientamenti controversi è irrilevante nel caso di specie, giacché l’elemento decisivo attiene al fatto che, «dal punto di vista giuridico», uno Stato membro possa essere in grado di dimostrare che, pur non soddisfacendo le condizioni contenute in tali orientamenti, un aiuto concesso ad un’impresa operante in un settore diverso da quelli elencati nell’allegato I è compatibile con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE. Se è certamente molto probabile che la Commissione adotterebbe, in applicazione degli orientamenti controversi, una decisione che dichiara che l’aiuto è incompatibile con il mercato interno, «solo questa decisione potrebbe avere effetti giuridici diretti per le imprese che avrebbero dovuto beneficiare dell’aiuto» ( 20 ).

57.

A mio avviso, il ragionamento del Tribunale sarebbe corretto se fosse svolto nell’esame della questione se i suddetti orientamenti possano essere qualificati come atto impugnabile. Infatti, tale ragionamento si basa in realtà sull’assenza di effetti giuridici vincolanti per gli Stati membri, il che conduce, come si è spiegato in precedenza, a concludere che gli orientamenti controversi non producono effetti siffatti nei confronti delle ricorrenti.

58.

A tale proposito, è importante rilevare che il fulcro dell’argomentazione del Tribunale, ossia il punto 41 delle ordinanze impugnate, si limita a trasporre l’analisi giuridica svolta dall’avocato generale Wahl ai paragrafi 43 e 44 delle conclusioni nella causa Kotnik e a. ( 21 ). Come si è già rilevato, tale causa verteva in particolare sulla questione se orientamenti adottati nel settore degli aiuti di Stato potessero produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti degli Stati membri.

59.

Così, la constatazione del Tribunale secondo cui l’esistenza di un’incidenza diretta sulle ricorrenti da parte degli orientamenti controversi non è influenzata dal fatto che uno Stato membro possa non voler sempre sopportare il rischio inerente alla notifica di una misura di aiuto non pienamente conforme agli orientamenti poggia sulla seguente motivazione: «si tratta di considerazioni di opportunità che possono essere rilevanti per l’adozione di decisioni politiche da parte di uno Stato membro, ma che non possono influire sulla natura e sull’efficacia di un atto dell’Unione, come emerge dalle norme dei trattati» ( 22 ). Da tale motivazione, che riproduce quasi parola per parola le conclusioni dell’avvocato generale Wahl, appare con particolare chiarezza, a mio avviso, che il ragionamento del Tribunale esposto ai punti da 38 a 42 delle ordinanze impugnate non corrisponde ad un esame del soddisfacimento del requisito dell’incidenza diretta.

60.

Per quanto riguarda il secondo criterio dell’incidenza diretta, mi sembra che qualsiasi tentativo di applicarlo al caso di specie sia destinato a fallire. Detto criterio è stato infatti elaborato dalla Corte al fine di escludere la sussistenza dell’incidenza diretta quando un’incidenza siffatta risulti dall’esercizio del potere discrezionale da parte del destinatario incaricato dell’attuazione dell’atto di cui trattasi, la quale spetta sempre ad un’altra istituzione europea o alle autorità nazionali.

61.

Nel settore degli aiuti di Stato, i «destinatari» sono generalmente gli Stati membri e la procedura amministrativa applicata consiste principalmente in un dialogo tra la Commissione e lo Stato membro interessato. Ritengo tuttavia che gli Stati membri non possano essere qualificati come «destinatari incaricati dell’attuazione» degli orientamenti. Al contrario, dalla sentenza Kotnik risulta che solo la Commissione è incaricata di dare attuazione ai suoi orientamenti.

62.

Mi sembra che tale constatazione sia rivelatrice del fatto che il criterio in esame, il quale è inteso ad individuare l’eventuale interposizione di una volontà autonoma tra un atto giuridico dell’Unione e le sue ripercussioni sul ricorrente ( 23 ), non possa essere utilmente applicato a uno strumento di soft law, quali gli orientamenti controversi, che produce un mero effetto di autolimitazione nei confronti dell’istituzione che l’ha adottato. In un’ipotesi del genere, infatti, non è utile interrogarsi sulla presenza di detta volontà autonoma dal momento che gli effetti degli orientamenti controversi rimangono nella sfera giuridica della Commissione, dato che solo una decisione di quest’ultima relativa alla compatibilità con il mercato interno di una misura di aiuto adottata ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 6, della direttiva 2003/87, come modificata dalla direttiva 2018/410, può produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti dei ricorrenti.

63.

Aggiungo, per completezza, che l’inapplicabilità dell’esame relativo all’incidenza diretta agli orientamenti controversi implica logicamente che la soluzione elaborata dalla Corte nella sentenza Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione ( 24 ) non è pertinente nel caso di specie. Peraltro, tale soluzione è pienamente in linea con l’interpretazione proposta nelle presenti conclusioni per quanto riguarda l’assenza di effetti giuridici vincolanti nei confronti di terzi degli orientamenti controversi.

64.

Nella sentenza Montessori, la Corte ha accolto, in sostanza, un’interpretazione del requisito dell’incidenza diretta che consente all’impresa che ha presentato una denuncia alla Commissione di avere accesso al Tribunale affinché quest’ultimo controlli la legittimità della decisione adottata dalla Commissione sulla misura oggetto di tale denuncia, purché detta impresa illustri in modo pertinente dinanzi al Tribunale che essa rischia di subire uno svantaggio concorrenziale a causa della menzionata decisione ( 25 ). A mio avviso, il diritto di ogni operatore economico di non subire una concorrenza falsata da una misura nazionale, sul quale si fonda siffatta interpretazione, non può giustificare la trasposizione del criterio in parola a un caso come quello di specie, che non riguarda una decisione della Commissione, bensì orientamenti di quest’ultima che non producono effetti giuridici vincolanti nei confronti delle imprese ricorrenti.

Il ragionamento della sentenza Deutsche Post non è applicabile quando si tratti di uno strumento di soft law destinato unicamente a limitare il potere dell’istituzione che lo adotta

65.

In questa fase, è necessario precisare che il ragionamento della Corte nella causa Deutsche Post non è applicabile nel caso di specie. In detta sentenza, la Corte ha anzitutto osservato che la giurisprudenza secondo cui un atto è impugnabile solo qualora gli effetti giuridici vincolanti da esso prodotti siano tali da incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica, era stata sviluppata nell’ambito di ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche avverso atti di cui esse erano destinatarie. Inoltre, e soprattutto, la Corte ha considerato che, quando un ricorso di annullamento sia proposto da una persona fisica o giuridica avverso un atto di cui essa non è destinataria, il suddetto requisito si sovrappone alle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE (l’incidenza diretta e individuale o la sola incidenza diretta quando si tratti di un atto regolamentare) ( 26 ).

66.

Tale ragionamento non è giustificato, a mio avviso, quando si tratta di uno strumento di soft law, come gli orientamenti controversi, il cui unico effetto consiste nel limitare il potere discrezionale detenuto dal suo autore.

67.

Lo strumento la cui impugnabilità era in discussione nella causa all’origine della sentenza Deutsche Post era una decisione della Commissione che ingiungeva a uno Stato membro di fornire informazioni riguardo a un aiuto asseritamente illegittimo, come prevista all’articolo 10, paragrafo 3, del precedente regolamento che disciplinava il procedimento nel settore degli aiuti di Stati (attualmente articolo 12, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589) ( 27 ). Non si trattava quindi di uno strumento di soft law diretto a limitare il potere discrezionale dell’istituzione che lo aveva adottato, bensì di un atto volto a conseguire le finalità del procedimento amministrativo e il cui destinatario (ogni Stato membro) era chiaramente distinto dal suo autore (la Commissione), e la Corte era chiamata a risolvere in particolare la questione se un ricorso proposto avverso tale atto dalla Deutsche Post, beneficiaria della misura sulla quale vertevano le informazioni oggetto della decisione di ingiunzione, fosse ricevibile.

68.

È del pari importante rilevare che detta sentenza non è mai stata ripresa dalla Corte nel settore degli aiuti di Stato ed è stata ripresa in un’unica occasione in una causa relativa ad un altro ambito del diritto dell’Unione ( 28 ), per la quale valgono le medesime considerazioni svolte nel paragrafo precedente. Si trattava infatti della ricevibilità di un ricorso diretto contro una lettera del Comitato di risoluzione unico che indicava i motivi per i quali detto organo non intendeva effettuare una valutazione definitiva ex post del Banco Popular Español SA a seguito dell’adozione di un programma di risoluzione per tale banca e le ricorrenti erano gestori di fondi di investimento che detenevano diversi tipi di strumenti di capitale della banca stessa.

69.

Pertanto, ritengo che l’interpretazione proposta, secondo cui gli orientamenti controversi non possono produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti delle ricorrenti e non costituiscono quindi un atto idoneo a formare oggetto di ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, non possa essere rimessa in discussione invocando l’applicazione nel caso di specie del ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza Deutsche Post.

Brevi osservazioni conclusive: il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e l’accesso alla giustizia dell’Unione

70.

Vorrei, infine, formulare due osservazioni.

71.

Anzitutto, non mi sfugge che, qualora fosse stabilita la non impugnabilità degli orientamenti controversi, le ricorrenti nella causa in esame non potrebbero, in mancanza di misure di attuazione a livello interno, nemmeno rivolgersi al giudice nazionale per contestare la legittimità dell’allegato I degli orientamenti controversi. Al riguardo, è sufficiente ricordare che, sebbene la condizione relativa agli effetti giuridici vincolanti debba essere interpretata alla luce del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, garantito dall’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), la Corte ha già indicato che il diritto in parola non è inteso a modificare il sistema di tutela giurisdizionale effettiva previsto dai Trattati, e in particolare le norme relative alla ricevibilità dei ricorsi proposti direttamente dinanzi ai giudici dell’Unione. Infatti, l’interpretazione della nozione di «atto impugnabile» alla luce dell’articolo 47 della Carta non può condurre ad escludere tale requisito senza eccedere le competenze attribuite dal Trattato FUE ai giudici dell’Unione ( 29 ).

72.

Inoltre, pur conoscendo l’opinione diffusa quanto alla necessità di allargare le vie di accesso alla giustizia europea per i singoli, mi chiedo se sia auspicabile, in linea generale, che la Corte concluda che uno strumento di soft law come gli orientamenti controversi sia un atto impugnabile e che qualsiasi concorrente il quale possa dimostrare di soddisfare il requisito dell’incidenza diretta, come stabilito nella sentenza Montessori, sia quindi legittimato a contestarlo in sede giurisdizionale dal momento che tale atto costituisce un «atto regolamentare» ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 4, ultimo comma, TFUE. Osservo al riguardo che, grazie alla rapidità della loro adozione e alla loro adattabilità alle situazioni economiche contingenti, siffatti strumenti di soft law sono stati utilizzati, ad esempio, per regolare la risposta degli Stati membri alle recenti situazioni di crisi determinate dal collasso del sistema bancario, dall’insorgenza della pandemia di COVID‑19 e dallo scoppio della guerra in Ucraina. In situazioni del genere, si potrebbe esigere che la Commissione adotti atti volti a rendere più prevedibile e trasparente l’esercizio del suo potere discrezionale pur sapendo che la legittimità di talune disposizioni può essere contestata direttamente dinanzi al Tribunale? Una moltiplicazione di tali ricorsi giurisdizionali, che mi sembrerebbe allora facilmente prevedibile, non potrebbe paralizzare l’azione chiarificatrice di detta istituzione? La revisione delle disposizioni problematiche dei suddetti atti da parte della Commissione stessa non è abbastanza soddisfacente per gli operatori economici interessati?

In subordine: il Tribunale non era tenuto ad esaminare i ricorsi nel merito prima di pronunciarsi sulla loro ricevibilità

73.

In subordine, le ricorrenti chiedono alla Corte, come si è visto supra, di annullare le ordinanze impugnate per il motivo che il Tribunale avrebbe dovuto esaminare i ricorsi nel merito prima di pronunciarsi sulla ricevibilità.

74.

A tal riguardo, esse ricordano che, ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 7, del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo rinvia al giudizio di merito l’esame delle eccezioni o di altri incidenti processuali «qualora ciò sia giustificato da circostanze particolari». Ai fini della buona amministrazione della giustizia, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere che siffatte circostanze ricorressero nel caso di specie, e ciò a causa della sovrapposizione tra le valutazioni che il Tribunale doveva effettuare per stabilire se le ricorrenti fossero direttamente interessate dagli orientamenti controversi, relative alla natura, al contenuto e al contesto degli orientamenti in parola, e quelle che il Tribunale doveva effettuare per statuire nel merito sul primo motivo. Quest’ultimo riguardava la questione se la Commissione sia competente ad imporre obblighi giuridici indipendenti agli Stati membri, operando in tal modo un trasferimento di competenze delle quali, secondo le ricorrenti, detti Stati sono giuridicamente dotati.

75.

A mio avviso, l’articolo 130 del regolamento di procedura del Tribunale lascia alla valutazione sovrana di quest’ultimo la decisione se pronunciarsi sulla ricevibilità del ricorso nel più breve termine possibile o riservare tale questione alla pronuncia nel merito, tenuto conto della sussistenza di circostanze particolari. Ne consegue che, decidendo di statuire soltanto sull’eccezione di irricevibilità, il Tribunale non incorre nell’addebito contestato ( 30 ). In ogni caso, le menzionate circostanze particolari non ricorrono nel caso di specie, dato che, anche supponendo che le valutazioni da effettuare per stabilire se le ricorrenti fossero direttamente interessate dagli orientamenti controversi e quelle necessarie per statuire nel merito sul primo motivo si sovrappongano, la buona amministrazione della giustizia non imponeva al Tribunale di rinviare ad un momento successivo la decisione sulla ricevibilità del ricorso delle ricorrenti. Al contrario, il principio di cui trattasi gli imponeva di statuire, conformemente all’articolo 130, paragrafo 7, del suo regolamento di procedura, nel più breve termine possibile. Il motivo in esame è quindi infondato.

76.

Alla luce di quanto precede, ritengo che il Tribunale, basandosi sulla constatazione secondo cui le ricorrenti non erano direttamente interessate dagli orientamenti controversi per dichiarare irricevibili i ricorsi diretti all’annullamento parziale di questi ultimi, abbia implicitamente ma necessariamente qualificato tali orientamenti come atto suscettibile di ricorso e, così facendo, sia incorso in un errore di diritto.

77.

A mio avviso, l’errore di diritto commesso dal Tribunale non può tuttavia comportare l’annullamento delle ordinanze impugnate, giacché i dispositivi di dette ordinanze, che respingono in quanto irricevibili i ricorsi avverso gli orientamenti controversi, rimangono fondati per il motivo di diritto relativo alla non impugnabilità di questi ultimi. La Corte dovrebbe quindi sostituire con tale motivo quello erroneo sul quale si è basato il Tribunale ( 31 ).

Conclusione

78.

Tenuto conto delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di respingere il secondo motivo di impugnazione e, nel caso in cui il primo motivo di impugnazione sia parimenti respinto, di respingere integralmente le impugnazioni.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2020, C 317, pag. 5.

( 3 ) Sentenza del 13 ottobre 2011 (C‑463/10 P e C‑475/10 P, in prosieguo: la «sentenza Deutsche Post, EU:C:2011:656).

( 4 ) Ordinanze del 23 novembre 2015, Milchindustrie-Verband e Deutscher Raiffeisenverband/Commissione (T‑670/14, EU:T:2015:906), e del 23 novembre 2015, EREF/Commissione (T‑694/14, non pubblicata, EU:T:2015:915), non impugnate.

( 5 ) Sentenza del 12 marzo 2020, Commissione/Italia (Aiuti illegali al settore alberghiero in Sardegna) (C‑576/18, non pubblicata, EU:C:2020:202, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

( 6 ) Ordinanza del 16 maggio 2013, Internationaler Hilfsfonds/Commissione (C‑208/11 P‑DEP, non pubblicata, EU:C:2013:304, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

( 7 ) Sentenza del 25 febbraio 2021, VodafoneZiggo Group/Commissione (C‑689/19 P, EU:C:2021:142, punti 4647).

( 8 ) Sentenza del 22 settembre 2022, IMG/Commissione (C‑619/20 P e C‑620/20 P, EU:C:2022:722, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) V., segnatamente, sentenza dell’11 settembre 2008, Germania e a./Kronofrance (C‑75/05 P e C‑80/05 P, EU:C:2008:482, punto 60).

( 10 ) Sentenza del 19 luglio 2016 (C‑526/14, EU:C:2016:570) (in prosieguo: la «sentenza Kotnik»).

( 11 ) Sentenza Kotnik, punto 43.

( 12 ) Sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 2[11]), e dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione (C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 60) (il corsivo è mio).

( 13 ) V. Tridimas T., «Indeterminacy and Legal Uncertainty in EU Law», in Mendes J. (ed.), EU executive discretion and the limits of law, Oxford University Press, Oxford, 2019, pag. 59, secondo cui «the self-binding effect of guidelines does not mean that such instruments acquire the status of rule of law: instead, they are rules of practice from which the Commission may not depart without giving good reasons» («l’effetto “vincolante” degli orientamenti non significa che tali strumenti acquisiscano lo status di norme giuridiche. Si tratta invece di norme pratiche da cui la Commissione non può discostarsi senza fornire validi motivi») (traduzione libera).

( 14 ) Sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona (C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punti 9091).

( 15 ) V. sentenza del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione (C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 31), e conclusioni dell’avvocato generale Bobek in tale causa (C‑16/16 P, EU:C:2017:959, paragrafi da 109 a 113).

( 16 ) Sentenza dell’11 settembre 2008, Germania e a./Kronofrance (C‑75/05 P e C‑80/05 P, EU:C:2008:482, punto 65).

( 17 ) V. Bacon K., European Union Law of State Aid, Oxford University Press, Oxford, 2017, pag. 104, la quale fa riferimento, a tale proposito, alla «natura subordinata» di orientamenti, accordi quadro e comunicazioni. V. altresì sentenza del 19 dicembre 2012, Mitteldeutsche Flughafen e Flughafen Leipzig‑Halle/Commissione (C‑288/11 P, EU:C:2012:821, punti 3839).

( 18 ) Sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio (C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 74).

( 19 ) Sentenza del 30 giugno 2022, Danske Slagtermestre/Commissione (C‑99/21 P, EU:C:2022:510, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

( 20 ) Punti da 38 a 42 delle ordinanze impugnate (il corsivo è mio).

( 21 ) Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:102).

( 22 ) Il corsivo è mio.

( 23 ) Per riprendere i termini utilizzati dall’avvocato generale Kokott al fine di descrivere tale secondo criterio nelle conclusioni relative alle cause riunite Commissione/Ente per le Ville Vesuviane e Ente per le Ville Vesuviane/Commissione (C‑445/07 P e C‑455/07 P, EU:C:2009:84, paragrafo 54).

( 24 ) Sentenza del 6 novembre 2018 (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, in prosieguo: la «sentenza Montessori, EU:C:2018:873).

( 25 ) Sentenza Montessori, punti da 43 a 47. V. altresì sentenza del 30 giugno 2022, Danske Slagtermestre/Commissione (C‑99/21 P, EU:C:2022:510, punti da 47 a 49).

( 26 ) Sentenza Deutsche Post, punto 38.

( 27 ) Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (GU 1999, L 83, pag. 1).

( 28 ) Sentenza del 21 dicembre 2021, Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/CRU (C‑934/19 P, EU:C:2021:1042, punto 87).

( 29 ) V., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Repubblica ceca/Commissione (C‑575/18 P, EU:C:2020:530, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

( 30 ) V., segnatamente, ordinanza dell’8 dicembre 2006, Polyelectrolyte Producers Group/Commissione e Consiglio (C‑368/05 P, non pubblicata, EU:C:2006:771, punto 46).

( 31 ) Occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, qualora la motivazione di una decisione del Tribunale riveli una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo di tale violazione appaia fondato per altri motivi di diritto, una tale violazione non è in grado di comportare l’annullamento della decisione, e si deve procedere a una sostituzione della motivazione. V., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia (C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). V. altresì ordinanza del 15 febbraio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione (C‑208/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:76, punti da 33 a 35).