Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

8 maggio 2024 (*)

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (SRM) – Fondo di risoluzione unico (SRF) – Decisione del SRB (CRU) relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 – Obbligo di motivazione – Eccezione di illegittimità – Limitazione degli effetti della sentenza nel tempo»

Nella causa T‑393/21,

Max Heinr. Sutor OHG, con sede in Amburgo (Germania), rappresentata da A. Glos, M. Rätz, H.-U. Klöppel e M. Meisgeier, avvocati,

ricorrente,

contro

Comitato di risoluzione unico (SRB o CRU), rappresentato da J. Kerlin, C. De Falco e T. Wittenberg, in qualità di agenti, assistiti da B. Meyring, T. Klupsch e S. Ianc, avvocati,

convenuto,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata),

composto da A. Kornezov, presidente, G. De Baere, D. Petrlík (relatore), K. Kecsmár e S. Kingston, giudici,

cancelliere: S. Jund, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 9 marzo 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Max Heinr. Sutor OHG, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione SRB/ES/2021/22 del Comitato di risoluzione unico (SRB o CRU), del 14 aprile 2021, relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 al Fondo di risoluzione unico (in prosieguo: la «decisione impugnata»), nella parte in cui la riguarda.

[omissis]

III. Conclusioni delle parti

25      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata e la comunicazione impugnata;

–        condannare il SRB (CRU) alle spese.

26      Il SRB chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese;

–        in subordine, in caso di annullamento, mantenere gli effetti della decisione impugnata fino alla sua sostituzione o, quanto meno, per un periodo di sei mesi dalla data in cui la sentenza sarà definitiva.

IV.    In diritto

27      In via preliminare, occorre ricordare che, con il suo ricorso, la ricorrente chiede altresì in via preventiva l’annullamento della comunicazione impugnata, nell’ipotesi in cui il Tribunale le conferisse un contenuto autonomo rispetto a quello della decisione impugnata, in risposta al sesto motivo di ricorso. Secondo la ricorrente, in tale comunicazione, il SRB spiega la sua decisione di non accogliere la domanda di revisione dei suoi dati relativi ai contributi ex ante per i periodi di contribuzione dal 2018 al 2020.

28      A tale riguardo, è giocoforza constatare che, nonostante il titolo del capo della domanda diretto all’annullamento della comunicazione impugnata, come formulato dalla ricorrente, l’argomento di quest’ultima si limita in realtà a contestare la legittimità della decisione impugnata. La ricorrente non deduce quindi alcun argomento autonomo e mirato riguardante la comunicazione impugnata. In tali circostanze, occorre dedurne che il sesto motivo e il ricorso nel suo insieme vertono, in realtà, sulla sola decisione impugnata.

29      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente ha dedotto quattordici motivi, vertenti:

–        il primo, sulla violazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63;

–        il secondo, sulla violazione del principio di proporzionalità di cui all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59;

–        il terzo, sulla violazione del principio della parità di trattamento;

–        il quarto, sulla violazione della libertà d’impresa tutelata dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»);

–        il quinto, sulla violazione della sua libertà di stabilimento ai sensi del combinato disposto degli articoli 49 e 54 TFUE;

–        il sesto, sulla violazione dell’articolo 17, paragrafi 3 e 4, del regolamento delegato 2015/63;

–        il settimo, sulla violazione del diritto di essere ascoltato previsto all’articolo 41, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a), della Carta;

–        l’ottavo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 41, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera c), della Carta, nonché all’articolo 296, secondo comma, TFUE;

–        il nono, sulla violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva previsto all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta;

–        il decimo, in subordine, su un’eccezione di illegittimità degli articoli da 4 a 7 e 9 nonché dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63 per violazione dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296, secondo comma, TFUE;

–        l’undicesimo, in subordine, su un’eccezione di illegittimità degli articoli da 4 a 7 e 9 nonché dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63 per violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva previsto all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta;

–        il dodicesimo, in subordine, su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 14, paragrafo 2, e dell’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63 per violazione dell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59 e del principio della parità di trattamento;

–        il tredicesimo, in subordine, su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 14, paragrafo 2, e dell’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63 per violazione della libertà d’impresa tutelata dall’articolo 16 della Carta;

–        il quattordicesimo, in subordine, su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 14, paragrafo 2, e dell’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63 per violazione della libertà di stabilimento tutelata dal combinato disposto degli articoli 49 e 54 TFUE.

30      Nella replica, la ricorrente ha dichiarato di rinunciare al decimo e all’undicesimo motivo di ricorso.

31      Occorre anzitutto esaminare i motivi di ricorso con cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità dell’articolo 14, paragrafo 2, e dell’articolo 3, punto 11, de regolamento delegato 2015/63, e, successivamente, i motivi di ricorso vertenti direttamente sulla legittimità della decisione impugnata.

A.      Sulle eccezioni di illegittimità sollevate nei confronti dell’articolo 3, punto 11, dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), e dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63

32      Con il titolo dei motivi dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo, la ricorrente solleva eccezioni di illegittimità nei confronti dell’articolo 14, paragrafo 2, e dell’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63. Tuttavia, dalla motivazione del ricorso risulta che la ricorrente contesta altresì, in sostanza, la legittimità dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di tale regolamento delegato.

33      Pertanto, più concretamente, con il dodicesimo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che l’articolo 3, punto 11, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 violano l’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59 e il principio della parità di trattamento. Con il tredicesimo motivo di ricorso, la ricorrente deduce che tali disposizioni del regolamento delegato 2015/63 violano altresì la libertà d’impresa tutelata dall’articolo 16 della Carta. Con il quattordicesimo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che dette disposizioni violano la libertà di stabilimento tutelata dagli articoli 49 e 54 TFUE.

34      La ricorrente ha sollevato tali eccezioni di illegittimità nell’ipotesi in cui l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 dovesse essere interpretato nel senso che non consente l’esclusione delle passività fiduciarie dal calcolo delle passività che servono a determinare i contributi ex ante.

35      Pertanto, occorre esaminare, in un primo tempo, se l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 debba essere interpretato nel senso che non consente una siffatta esclusione. In caso affermativo, occorrerà valutare, in un secondo tempo, se l’articolo 14, paragrafo 2, e l’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63 siano conformi all’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59, al principio della parità di trattamento, all’articolo 16 della Carta e agli articoli 49 e 54 TFUE.

1.      Sulla portata dellarticolo  5, paragrafo  1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63

36      Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63, sono escluse dal calcolo dei contributi ex ante, «in caso di impresa di investimento, passività scaturite dalla detenzione delle attività o liquidità della clientela, (...) a condizione che tali clienti siano protetti dal diritto fallimentare vigente».

37      La ricorrente sostiene che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa consente di escludere l’importo delle sue passività fiduciarie dal calcolo del suo passivo al momento della determinazione del suo contributo ex ante, poiché tali passività soddisfano le condizioni previste da detta disposizione.

38      Il SRB contesta l’argomento della ricorrente.

39      Dalla giurisprudenza risulta che l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 non conferisce al SRB alcun potere discrezionale di escludere talune passività a titolo della correzione, in funzione del rischio dei contributi ex ante, bensì, al contrario, elenca in maniera precisa le condizioni in presenza delle quali una passività costituisce l’oggetto di un’esclusione siffatta (v., in tal senso, sentenza del 3 dicembre 2019, Iccrea Banca, C‑414/18, EU:C:2019:1036, punto 93). Secondo tale medesima giurisprudenza, la presa in considerazione dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di proporzionalità non può giustificare un diverso risultato, dal momento che il regolamento delegato 2015/63 ha distinto situazioni che presentano particolarità notevoli, direttamente connesse ai rischi presentati dalle passività in questione (sentenza del 3 dicembre 2019, Iccrea Banca, C‑414/18, EU:C:2019:1036, punto 95).

40      A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, le disposizioni che istituiscono una deroga devono essere interpretate restrittivamente (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punti 39 e 40). Pertanto, dato che l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 introduce una deroga alla regola generale prevista dall’articolo 103, paragrafo 2, della direttiva 2014/59, consentendo di escludere talune passività dal calcolo dei contributi ex ante, esso costituisce una disposizione che deve essere interpretata restrittivamente.

41      In tale contesto, occorre rilevare che l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 prevede tre condizioni cumulative per l’esclusione delle passività interessate dal calcolo dei contributi ex ante, vale a dire, in primo luogo, il fatto che tali passività devono essere detenute da un’impresa di investimento, in secondo luogo, il fatto che esse devono derivare dalla detenzione di attività o liquidità della clientela e, in terzo luogo, il fatto che tali clienti devono essere protetti dal diritto fallimentare vigente.

42      Per quanto riguarda la prima condizione, la ricorrente sostiene che essa deve essere considerata un’impresa di investimento ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63.

43      La nozione di «impresa di investimento» è definita all’articolo 3, punto 2, del regolamento delegato 2015/63 come riguardante «le imprese di investimento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della direttiva 2014/59 (...)».

44      È pacifico tra le parti che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della direttiva 2014/59 definiva la nozione di «impresa di investimento» facendo riferimento a un’«impresa di investimento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2), del regolamento (UE) n. 575/2013 (...)», il quale, dal canto suo, definiva la nozione di «impresa di investimento» come riferita a «una persona secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2004/39/CE che è soggetta agli obblighi stabiliti da tale direttiva, ad eccezione: a) degli enti creditizi (...)».

45      Dalla formulazione stessa di tali disposizioni risulta che la deroga contenuta all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato non si applicava, al momento dell’adozione della decisione impugnata, alle entità che erano al contempo enti creditizi e imprese di investimento, come nel caso della ricorrente. A questo proposito, è pacifico che la ricorrente è un ente creditizio che dispone di un’autorizzazione bancaria in quanto ente ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2 e dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 13, del regolamento n. 806/2014, nonché dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2014/59.

46      Tale conclusione non è messa in discussione dall’affermazione della ricorrente secondo cui essa dispone di un’autorizzazione a fornire servizi e svolgere attività di investimento di cui all’allegato I, sezione A, punti da 1 a 7, della direttiva n. 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349).

47      Infatti, come sostiene il SRB, se, all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63, la Commissione avesse inteso riferirsi tanto agli enti creditizi quanto alle imprese di investimento, o addirittura agli enti creditizi che sono anche imprese di investimento, essa avrebbe fatto riferimento, in tale disposizione, agli «enti» e non alle «imprese di investimento». La Commissione ha peraltro proceduto in tal senso alle lettere a), b) e f) di tale disposizione utilizzando il termine «ente». Per contro, quando la Commissione ha inteso limitare l’applicazione di un’eccezione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento delegato a determinati soggetti, essa ha fatto ricorso a formulazioni più precise, come le formulazioni di «contropart[i] central[i]», di «depositar[i] central[i] di titoli» e di «impres[e] di investimento» utilizzate, rispettivamente, alle lettere c), d) ed e) di tale disposizione.

48      Per quanto riguarda, infine, l’argomento della ricorrente secondo cui il rinvio operato dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della direttiva 2014/59 all’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1), costituisce un errore di riferimento che il SRB avrebbe dovuto correggere, la ricorrente non fornisce alcun elemento tangibile a sostegno di tale affermazione.

49      A questo proposito, occorre ricordare che la definizione di «impresa di investimento», quale attualmente prevista all’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della direttiva 2014/59, è stata modificata dall’articolo 63, punto 1, della direttiva (UE) 2019/2034 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, relativa alla vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento e recante modifica delle direttive 2002/87/CE, 2009/65/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/59/UE e 2014/65/UE (GU 2019, L 314, pag. 64). Tale definizione fa ormai riferimento all’articolo 4, paragrafo 1, punto 22, del regolamento (UE) 2019/2033 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, relativo ai requisiti prudenziali delle imprese di investimento e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010, (UE) n. 575/2013, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 806/2014 (GU 2019, L 314, pag. 1), che, dal canto suo, per quanto riguarda la nozione di «impresa di investimento», rinvia all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2014/65, il quale definisce tale nozione come applicabile a qualsiasi persona giuridica che presta servizi di investimento a terzi, senza escludere da tale definizione gli enti creditizi.

50      Tuttavia, è pacifico tra le parti che detta modifica della definizione di «impresa di investimento» contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della direttiva 2014/59 era applicabile solo a partire dal 26 giugno 2021, conformemente all’articolo 67, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2019/2034, letto alla luce del considerando 39 della medesima direttiva.

51      Da quanto precede risulta che l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63, nella sua versione applicabile al momento dell’adozione della decisione impugnata, il 14 aprile 2021, deve essere interpretato nel senso che non consente di escludere le passività detenute da enti creditizi, come la ricorrente, dal calcolo delle passività che servono a determinare il loro contributo ex ante.

52      In tali circostanze, le passività fiduciarie della ricorrente non soddisfano la prima condizione prevista all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63.

53      Dato che le tre condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 hanno carattere cumulativo, l’argomento della ricorrente deve essere respinto nel suo insieme, senza che sia necessario esaminare se le altre due condizioni siano soddisfatte.

54      Di conseguenza, occorre esaminare le eccezioni di illegittimità che la ricorrente ha formulato nell’ambito del dodicesimo, del tredicesimo e del quattordicesimo motivo di ricorso.

2.      Sul dodicesimo motivo di ricorso, vertente sullillegittimità dellarticolo  3, punto 11, dellarticolo  5, paragrafo  1, lettera e), e dellarticolo  14, paragrafo  2, del regolamento delegato 2015/63, in quanto contrari allarticolo  103, paragrafo  7, della direttiva 2014/59 e al principio della parità di trattamento

55      Il presente motivo di ricorso si articola in due parti vertenti, la prima, sull’illegittimità dell’articolo 3, punto 11, dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), e dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 a causa della violazione dell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59 e, la seconda, sulla violazione del principio della parità di trattamento da parte di queste stesse disposizioni.

56      In via preliminare, occorre rilevare che l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 impone agli enti l’obbligo di fornire al SRB almeno le informazioni di cui all’allegato II di tale regolamento delegato, fermo restando che, ai sensi del secondo trattino di detto allegato, gli enti sono tenuti a trasmettere al SRB i dati relativi alle «[p]assività totali», le quali sono definite all’articolo 3, punto 11, di tale regolamento delegato come le passività totali ai sensi della sezione 3 della direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell’8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari (GU 1986, L 372, pag. 1), o ai sensi degli International Financial Reporting Standard di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU 2002, L 243, pag. 1).

a)      Sulla prima parte, vertente sulla violazione dellarticolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59

57      Dai precedenti punti da 39 a 53 risulta che l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 non prevede l’esclusione delle passività fiduciarie dal calcolo del contributo ex ante e include quindi dette passività in tale calcolo. Una siffatta esclusione non è neppure prevista dall’articolo 3, punto 11, e dall’articolo 14, paragrafo 2, del medesimo regolamento delegato.

58      La ricorrente afferma, in sostanza, che le citate disposizioni del regolamento delegato 2015/63 violano l’articolo 103, paragrafo 7, lettera a), della direttiva 2014/59 in quanto non tengono conto, per la determinazione del profilo di rischio degli enti, dell’assenza di rischio delle passività fiduciarie.

59      Il SRB contesta l’argomento della ricorrente.

60      A tale riguardo, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati per precisare il concetto della «correzione dei contributi in funzione del profilo di rischio dell’ente».

61      Tuttavia, nel contesto di un potere delegato ai sensi dell’articolo 290 TFUE, la Commissione dispone, nell’ambito dell’esercizio delle competenze ad essa demandate, di un ampio margine di discrezionalità quando è chiamata, in particolare, ad effettuare giudizi e valutazioni complessi (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Dyson/Commissione, C‑44/16 P, EU:C:2017:357, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

62      Ciò avviene con riferimento alla fissazione dei criteri di correzione dei contributi ex ante al profilo di rischio ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59.

63      A tal proposito, occorre ricordare che la natura specifica di questi contributi consiste, come risulta dai considerando da 105 a 107 della direttiva 2014/59 e dal considerando 41 del regolamento n. 806/2014, a garantire, in una logica di ordine assicurativo, che il settore finanziario procuri risorse finanziarie sufficienti al SRM affinché esso possa adempiere le sue funzioni, incoraggiando l’adozione, da parte degli enti interessati, di modalità di funzionamento meno rischiose (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 113).

64      In tale contesto, e come emerge dal considerando 114 della direttiva 2014/59, il legislatore dell’Unione ha incaricato la Commissione di precisare, mediante atto delegato, in che modo i contributi degli enti ai meccanismi di finanziamento della risoluzione dovrebbero essere corretti in proporzione al loro profilo di rischio.

65      In questa stessa ottica, il considerando 107 di detta direttiva precisa che, ai fini di un calcolo equo dei contributi e di un incentivo a operare secondo un modello meno rischioso, è opportuno che i contributi ai meccanismi di finanziamento nazionali tengano conto del grado di credito, di liquidità e di rischio di mercato cui gli enti sono esposti.

66      Da quanto precede si evince che la Commissione doveva elaborare regole di correzione dei contributi ex ante in funzione del profilo di rischio degli enti perseguendo due obiettivi tra loro collegati, vale a dire, da un lato, assicurare la presa in considerazione dei diversi rischi generati dalle attività degli enti, bancari o più in generale finanziari, e dall’altro, incoraggiare detti stessi enti ad operare secondo modelli di funzionamento meno rischiosi.

67      Orbene, come risulta dai documenti relativi all’adozione del regolamento delegato 2015/63, in particolare i documenti «JRC technical work supporting Commission second level legislation on risk based contributions to the (single) resolution fund» [Studio tecnico del JRC a supporto della normativa di secondo livello della Commissione sui contributi al Fondo di risoluzione (unico) basati sui rischi] e «Commission Staff Working Document: estimates of the application of the proposed methodology for the calculation of contributions to resolution financing arrangements» (Documento di lavoro dei servizi della Commissione: stime dell’applicazione del metodo proposto per il calcolo dei contributi ai dispositivi di finanziamento delle risoluzioni), l’elaborazione di tali regole comportava apprezzamenti e valutazioni complessi da parte della Commissione nella misura in cui essa doveva esaminare i diversi elementi alla luce dei quali erano state affrontate le varie tipologie di rischio nei settori bancario e finanziario.

68      Considerato quanto sopra, la Commissione disponeva di un ampio potere discrezionale al fine di adottare, in forza dell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59, le norme che precisavano il concetto di «correzione dei contributi in funzione del profilo di rischio dell’ente».

69      In tali circostanze, per quanto attiene al metodo di correzione dei contributi annuali di base ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59, il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio del potere discrezionale riconosciuto alla Commissione non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o, ancora, se essa non abbia manifestamente oltrepassato i limiti di detto potere (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2011, Etimine, C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 60).

70      Ciò premesso, spetta alla ricorrente dimostrare che le disposizioni citate al precedente punto 57 sono viziate da errore manifesto, sviamento di potere o che eccedono manifestamente i limiti del potere discrezionale conferito alla Commissione dall’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59, per non aver previsto l’esclusione delle passività fiduciarie dal calcolo del suo contributo ex ante.

71      A tale riguardo, la ricorrente afferma che la Commissione ha violato l’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59, poiché le passività fiduciarie sono prive di rischio, il che sarebbe rilevante ai fini del calcolo dei contributi ex ante per due ragioni. In primo luogo, a suo avviso, le liquidità della clientela da essa detenute fiduciariamente sarebbero protette nel caso in cui essa fosse insolvente in forza del diritto fallimentare tedesco. In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, essendo tenuta a trasferire i fondi dei clienti alle banche di prodotti, in caso di inadempimento di un siffatto ente, tali fondi sarebbero inoltre tutelati dal sistema di garanzia dei depositi ai sensi della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 2014, L 173, pag. 149).

72      Occorre anzitutto ricordare che l’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59 prevede otto elementi che la Commissione deve prendere in considerazione ai fini dell’adeguamento dei contributi ex ante in funzione del profilo di rischio dell’ente. Orbene, malgrado il fatto che l’«esposizione al rischio dell’ente» rientri tra tali fattori, per cui la Commissione è tenuta a tenerne conto al momento dell’adozione di un atto delegato come il regolamento delegato 2015/63, tale elemento è solo uno degli otto elementi che la Commissione deve prendere in considerazione al momento di redigere tale atto.

73      Poi, nulla nell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59 indica che la Commissione sia tenuta ad attribuire un’importanza preponderante a uno o a più di detti elementi menzionati al precedente punto 72, come l’esposizione al rischio dell’ente. Peraltro, tale disposizione non precisa in che modo la Commissione debba tener conto di detta esposizione.

74      Infine, e in ogni caso, la ricorrente non ha dimostrato che le passività fiduciarie fossero prive di qualsiasi rischio in caso di risoluzione.

75      Infatti, per quanto riguarda, anzitutto, l’argomento della ricorrente secondo cui tali passività fiduciarie non presentano rischi in caso di risoluzione, in quanto le liquidità della clientela detenute fiduciariamente sono protette dal diritto tedesco in caso di insolvenza, occorre constatare che la ricorrente non ha contestato l’affermazione del SRB secondo cui tale diritto non concede una tutela particolare ai fondi dei clienti finché essi si trovano sul conto di transito.

76      A tale riguardo, il SRB ha spiegato, senza che la ricorrente lo contestasse, che il fatto di detenere tali fondi su un siffatto conto di transito aumentava il rischio associato alle passività fiduciarie, in quanto detti fondi non erano immediatamente separati dagli altri fondi della ricorrente e quindi non erano tutelati dal diritto tedesco in caso di insolvenza.

77      Su tale punto, risulta peraltro dall’atto introduttivo del ricorso ed è stato altresì confermato dalla ricorrente in udienza che, per quanto riguarda la ricorrente, tali fondi sono trasferiti verso conti fiduciari collettivi presso banche di prodotti il 15 o il 30 del mese, il che comporta che i fondi possono rimanere sul conto di transito per un periodo massimo di quindici giorni senza essere tutelati dal diritto tedesco in caso di insolvenza.

78      Parimenti, la ricorrente sostiene erroneamente che le passività fiduciarie non presentano alcun rischio a partire dal momento in cui i fondi dei clienti sono trasferiti dal conto di transito alle banche di prodotti, per il motivo che, in caso di fallimento di uno di tali enti, detti fondi sono tutelati dal sistema di garanzia dei depositi.

79      A questo proposito, la ricorrente non ha contestato l’argomento del SRB secondo cui, affinché i fondi dei clienti siano tutelati da tale sistema di garanzia dei depositi, è necessario che le banche di prodotti interessate abbiano la loro sede in uno Stato membro e che i clienti non collochino più di EUR 100 000 presso tali enti, cosicché detta tutela è limitata tanto sul piano territoriale quanto sul piano quantitativo.

80      Alla luce di quanto precede, la ricorrente non ha dimostrato che l’articolo 3, punto 11, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 fossero contrari all’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59.

b)      Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento

81      La ricorrente afferma, in sostanza, che la mancata esclusione delle passività fiduciarie dal calcolo del contributo ex ante all’articolo 3, punto 11, all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), e all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 è contraria al principio di parità di trattamento, in quanto gli enti creditizi, come essa stessa, si trovano in una situazione comparabile a quella delle imprese di investimento di cui al suddetto articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del medesimo regolamento delegato, ma sono trattati in modo diverso.

82      Il SRB contesta tale argomento.

83      Occorre ricordare che il principio della parità di trattamento, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 95).

84      Essendo stata la ricorrente a invocare la violazione del principio della parità di trattamento, incombe ad essa individuare con precisione le situazioni paragonabili che ritiene siano state trattate in maniera diversa o le situazioni diverse che ritiene siano state trattate in maniera identica [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 311].

85      Secondo una giurisprudenza costante, la comparabilità di tali situazioni è valutata alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto che stabilisce la distinzione di cui trattasi. Devono, inoltre, essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore cui tale atto si riferisce (v. sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

86      Per quanto attiene all’oggetto e allo scopo della direttiva 2014/59, del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2015/63, va ricordato che detti atti ricadono nel settore del SRM, la cui istituzione mira, conformemente al considerando 12 del regolamento n. 806/2014, a garantire un approccio neutro per il trattamento degli enti in dissesto, a rafforzare la stabilità degli enti negli Stati membri partecipanti al SRM e a impedire alle crisi di produrre ricadute negli Stati membri non partecipanti a detto meccanismo, al fine di agevolare il funzionamento del mercato interno nel suo complesso.

87      Per quanto riguarda poi, più in particolare, le disposizioni della direttiva 2014/59, del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2015/63 che hanno istituito i contributi ex ante, dal precedete punto 63 emerge che esse hanno lo scopo di garantire, in una logica di ordine assicurativo, che il settore finanziario procuri risorse finanziarie sufficienti al SRM affinché esso possa adempiere le sue funzioni e di incoraggiare gli enti ad adottare modalità di funzionamento meno rischiose.

88      È alla luce di tali principi e obiettivi che occorre esaminare, in primo luogo, se gli enti creditizi autorizzati ad esercitare anche attività di investimento, come la ricorrente, si trovino in una situazione comparabile a quella delle imprese di investimento di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 (in prosieguo: le «imprese di investimento») per quanto riguarda la presa in considerazione delle passività fiduciarie ai fini del calcolo dei contributi ex ante.

89      Al riguardo, occorre rilevare che tali contributi ex ante mirano a finanziare azioni di risoluzione la cui adozione è subordinata alla condizione, risultante dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, che un’azione siffatta sia necessaria nell’interesse pubblico, vale a dire che consenta di conseguire segnatamente l’obiettivo – menzionato all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), di tale regolamento – di evitare effetti negativi significativi che la liquidazione di un ente avrebbe sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato.

90      Orbene, come indicato dal considerando 4 della direttiva 2019/2034, gli enti creditizi e le imprese di investimento non presentano un rischio comparabile per quanto riguarda gli effetti pregiudizievoli che il loro dissesto potrebbe avere sulla stabilità finanziaria, poiché, contrariamente agli enti creditizi, le imprese di investimento non dispongono di grandi portafogli di prestiti ai privati e alle imprese e non accettano depositi. Infatti, il fatto di detenere ingenti portafogli di depositi e di prestiti ai privati e alle imprese comporta un rischio per la stabilità finanziaria quando i debitori – siano essi privati o imprese – non riescono, su larga scala, a rimborsare tali prestiti agli enti creditizi interessati o quando viene ritirato un numero significativo di depositi.

91      Ciò vale a maggior ragione in quanto la clientela degli enti creditizi e delle imprese di investimento è diversa. Infatti, come sostiene il SRB, senza essere contraddetto su tale punto, la clientela delle imprese di investimento è composta da persone che si avvalgono di taluni servizi specifici connessi agli strumenti finanziari, constatazione confermata dalla definizione della nozione di «cliente» di tali imprese, definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 9, della direttiva 2014/65. Per contro, come risulta dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013, gli enti creditizi, compresi quelli autorizzati a svolgere anche attività di investimento, raccolgono depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e concedono crediti per proprio conto, cosicché offrono i loro servizi a una cerchia più ampia di persone.

92      In tali circostanze, la probabilità che un siffatto ente creditizio sia oggetto di risoluzione, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, è più elevata rispetto alla probabilità che un’impresa di investimento venga assoggettata a risoluzione, cosicché queste due categorie di enti non si trovano, a tale riguardo, in una situazione analoga.

93      Analogamente, la situazione di detti enti non è comparabile per quanto riguarda il trattamento delle passività fiduciarie.

94      Su tale punto, la ricorrente non ha seriamente contestato il fatto che, conformemente all’articolo 84, paragrafo 2, del Wertpapierhandelsgesetz (legge sulla negoziazione dei valori mobiliari), del 9 settembre 1998 (BGBl. 1998 I, pag. 2708), le imprese di investimento, che non sono autorizzate ad effettuare operazioni di deposito, siano tenute a separare immediatamente i fondi raccolti dai clienti su conti fiduciari presso enti creditizi. Per contro, un ente creditizio, come la ricorrente, non è obbligato a procedere in tal modo nell’ambito dell’esercizio delle attività di investimento dato che, come risulta dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 76 a 77, esso non è tenuto a trasferire immediatamente detti fondi dal conto di transito alle banche di prodotti.

95      In tali circostanze, la ricorrente non ha dimostrato che le passività fiduciarie detenute dalle imprese di investimento fossero esposte a un livello di rischio paragonabile a quello delle passività fiduciarie detenute dagli enti creditizi autorizzati a svolgere anche attività di investimento, come la ricorrente. Di conseguenza, la ricorrente non può sostenere che la situazione degli enti creditizi autorizzati ad esercitare anche attività di investimento, di cui essa fa parte, sia paragonabile a quella delle imprese di investimento e che, pertanto, questi due tipi di enti debbano essere trattati allo stesso modo per quanto riguarda l’esclusione delle passività fiduciarie ai fini del calcolo dei contributi ex ante.

96      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’articolo 3, punto 11, e l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 introducono una disparità di trattamento tra gli enti con sede in Germania e quelli con sede in Stati membri che si sono avvalsi della deroga prevista all’articolo 10, paragrafo 1, terza frase, della direttiva 86/635.

97      A questo proposito, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera b), del regolamento n. 806/2014 e all’articolo 103, paragrafo 2, della direttiva 2014/59, il SRB calcola un contributo annuale di base per ciascun ente, come indicato al precedente punto 17. Tale contributo è proporzionale all’importo delle passività dell’ente interessato, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, in relazione alle passività totali, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati nel territorio degli Stati membri partecipanti al SRM – per la parte di tale contributo calcolata sulla base dell’unione – e di tutti gli enti autorizzati nel territorio dello Stato membro in cui ha sede l’ente in questione, per la parte di tale contributo calcolata su base nazionale.

98      Per quanto riguarda la determinazione delle passività da prendere in considerazione ai fini di tale calcolo, occorre ricordare che l’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63 definisce le «passività totali» come il «totale delle passività definito nella sezione 3 della direttiva 86/635/(...) o definito in conformità agli International Financial Reporting Standard di cui al regolamento (...) n. 1606/2002 (...)».

99      Peraltro, conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 86/635, che fa parte della sezione 3 di tale direttiva, i fondi che un ente gestisce in nome proprio, ma per conto di terzi, devono figurare, di norma, nello stato patrimoniale di tale ente quando quest’ultimo è titolare delle attività ad essi afferenti.

100    Ciò premesso, l’articolo 10, paragrafo 1, terza frase, della direttiva 86/635 dispone che gli Stati membri possono consentire agli enti interessati di far figurare tali fondi fuori bilancio a condizione che esista un regime particolare che consenta di escludere detti fondi dalla massa in caso di liquidazione coatta dell’ente.

101    A tale riguardo, le parti hanno affermato che, in forza delle disposizioni adottate dalla Repubblica federale di Germania per conformarsi all’articolo 10 della direttiva 86/635, le passività fiduciarie di un ente creditizio autorizzato ad esercitare attività di investimento avente sede in tale Stato, come la ricorrente, devono figurare nello stato patrimoniale di quest’ultimo.

102    Le parti hanno altresì indicato che taluni Stati membri si sono avvalsi della facoltà offerta dall’articolo 10, paragrafo 1, terza frase, della direttiva 86/635 di consentire agli enti con sede in tali Stati di far figurare fuori bilancio i fondi gestiti in nome proprio, ma per conto di terzi.

103    Ne consegue, secondo la ricorrente, che se un ente ha la propria sede in uno Stato membro che si è avvalso della facoltà offerta dall’articolo 10, paragrafo 1, terza frase, della direttiva 86/635, esso può far figurare le passività relative a siffatte attività fiduciarie fuori bilancio, cosicché tali passività non sono prese in considerazione per il calcolo del suo contributo annuale di base. Per contro, ai fini di tale calcolo si tiene conto delle passività fiduciarie degli enti con sede negli Stati membri che non si sono avvalsi della possibilità di indicare le attività e le passività fiduciarie fuori bilancio, come la Germania.

104    Pertanto, la conseguenza descritta al precedente punto 103 deriva dall’applicazione congiunta dell’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera b), del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 103, paragrafo 2, della direttiva 2014/59 in combinato disposto con la sezione 3 della direttiva 86/635, e in particolare con il suo articolo 10, paragrafo 1, terza frase, che definisce la nozione di «passività» degli enti e sancisce la possibilità per gli Stati membri di optare per regole diverse par quanto riguarda l’inclusione delle passività fiduciarie nel bilancio degli enti.

105    Orbene, la ricorrente non ha contestato la validità di tali disposizioni alla luce del principio della parità di trattamento.

106    Inoltre, se l’argomento della ricorrente dovesse essere inteso nel senso che essa sostiene, in realtà, che l’articolo 3, punto 11, e l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 violano il principio della parità di trattamento in quanto tali disposizioni non tengono conto della differenza esistente tra le norme contabili dei diversi Stati membri per quanto riguarda l’inclusione delle passività fiduciarie nello stato patrimoniale degli enti, occorre rilevare che il principio della parità di trattamento non può autorizzare la Commissione, quando adotta atti delegati ai sensi dell’articolo 290 TFUE, ad agire al di là della delega conferita dal legislatore dell’Unione sulla base di tale disposizione. Di conseguenza, non spetta alla Commissione porre rimedio a modalità nazionali divergenti di attuazione del diritto dell’Unione, a meno che non vi sia autorizzata da un atto normativo.

107    Nel caso di specie, né la direttiva 2014/59 né il regolamento n. 806/2014 hanno autorizzato la Commissione ad armonizzare le norme nazionali contabili riguardanti l’inclusione delle passività fiduciarie nello stato patrimoniale degli enti.

108    In tali circostanze, la ricorrente non può addebitare alla Commissione di aver violato il principio della parità di trattamento per non aver posto rimedio alle divergenze esistenti per quanto riguarda le norme contabili nazionali relative all’inclusione di dette passività in tale stato patrimoniale.

109    In ogni caso, anche supponendo che la Commissione abbia potuto prevedere, all’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63, una definizione delle passività diversa da quella contenuta nella sezione 3 della direttiva 86/635, da ciò non deriverebbe che l’articolo 3, punto 11, di tale regolamento delegato violi il principio della parità di trattamento.

110    Infatti, come risulta dalla giurisprudenza, il divieto di discriminazione non contempla le eventuali disparità di trattamento che possono derivare, da uno Stato membro all’altro, dalle divergenze esistenti tra le legislazioni dei diversi Stati membri, a condizione che ciascuna di tali legislazioni si applichi a chiunque sia ad esso soggetto (v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2009, Horvath, C‑428/07, EU:C:2009:458, punto 55, e del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou, C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 35).

111    Se è vero che tale principio è stato sviluppato nell’ambito dell’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione ai fini della valutazione della compatibilità della legislazione nazionale con il principio di non discriminazione, lo stesso vale tuttavia per quanto riguarda la valutazione della validità della disposizione del diritto dell’Unione che accorda agli Stati membri un margine di discrezionalità in forza del quale adottano dette diverse legislazioni (sentenza del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou, C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 36).

112    Nel caso di specie, la ricorrente non ha sostenuto, né tanto meno dimostrato, che la normativa tedesca di cui trattasi non si applicasse in maniera uguale a tutte le persone ad essa soggette.

113    Inoltre, l’adozione di una disciplina dell’Unione in un settore d’azione particolare può avere ripercussioni diverse per determinati operatori economici in considerazione della loro situazione individuale o delle disposizioni nazionali cui essi sono parimenti assoggettati, fermo restando che una siffatta conseguenza non può essere considerata come una violazione del principio della parità di trattamento se la normativa di cui trattasi si fonda su criteri obiettivi e adeguati alle finalità da essa perseguite (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou, C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

114    A tale riguardo, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento da cui risulti che l’articolo 3, punto 11, del regolamento delegato 2015/63, nella parte in cui rinvia alla sezione 3 della direttiva 86/635, non fosse fondato su criteri obiettivi e adeguati agli scopi perseguiti dal regolamento delegato 2015/63.

115    Occorre, pertanto, respingere l’argomento della ricorrente.

116    In terzo luogo, la ricorrente sostiene di essere soggetta a una disparità di trattamento rispetto agli enti creditizi che redigono il loro bilancio secondo le norme contabili internazionali, mentre essa non potrebbe redigere il proprio bilancio secondo tali principi, poiché, secondo la normativa tedesca applicabile, solo le società madri hanno il diritto di redigere il loro bilancio esclusivamente secondo tali principi.

117    A questo proposito, occorre rilevare, da un lato, che una siffatta presunta disparità di trattamento è la conseguenza dell’applicazione di una norma che trae origine dalla normativa tedesca applicabile e non dall’articolo 3, punto 11, dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), o dall’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, di cui la ricorrente contesta la validità.

118    Dall’altro lato, e in ogni caso, come riconosce la stessa ricorrente, essa avrebbe potuto redigere i conti secondo le norme contabili internazionali, ma ha scelto di non farlo per ragioni di ordine amministrativo e finanziario. In tali circostanze, la ricorrente non può invocare una disparità di trattamento per tale ragione.

119    Da quanto precede risulta che la ricorrente non ha dimostrato che l’articolo 3, punto 11, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 fossero contrari al principio della parità di trattamento.

120    Occorre, pertanto, respingere il dodicesimo motivo di ricorso in quanto infondato.

[omissis]

B.      Sui motivi di ricorso relativi alla legittimità della decisione impugnata

1.      Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo  5, paragrafo  1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63

144    La ricorrente sostiene che, avendo rifiutato di escludere dal calcolo dei contributi ex ante l’importo delle sue passività fiduciarie, la decisione impugnata ha violato l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63. L’argomento dedotto a sostegno di questo motivo di ricorso si articola in due parti.

a)      Sulla prima parte, vertente sulla mancata considerazione del fatto che la ricorrente soddisfa tutte le condizioni previste allarticolo  5, paragrafo  1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63

145    La ricorrente afferma che, avendo rifiutato di escludere dal calcolo dei contributi ex ante l’importo delle sue passività fiduciarie, la decisione impugnata viola l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63.

146    Il SRB contesta tale argomento.

147    Come risulta dai precedenti punti da 39 a 52, occorre interpretare l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 nel senso che esso non consente di escludere le passività fiduciarie della ricorrente dal calcolo del suo contributo ex ante.

148    In tali circostanze, il SRB non è incorso in un errore di diritto allorché non ha escluso l’importo di tali passività dal calcolo del contributo ex ante della ricorrente.

149    Di conseguenza, occorre respingere la prima parte del primo motivo di ricorso in quanto infondata.

b)      Sulla seconda parte, vertente sullillegittimità dellarticolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63

150    La ricorrente sostiene che, nell’ipotesi in cui l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 debba essere interpretato nel senso che non consente l’esclusione delle sue passività fiduciarie, l’obiettivo di tale regolamento delegato, nonché i principi di parità di trattamento e di proporzionalità richiedono che tale disposizione sia applicata per analogia alla sua situazione.

151    Il SRB contesta tale argomento.

152    Anzitutto, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 a situazioni che sono assimilabili a quelle prese in considerazione da tale articolo, quand’anche dette situazioni non soddisfino la totalità delle condizioni enunciate nella disposizione sopra citata, è incompatibile con il testo di detta disposizione (v., in tal senso, sentenza del 3 dicembre 2019, Iccrea Banca, C‑414/18, EU:C:2019:1036, punto 92).

153    Infatti, la Corte ha dichiarato che l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 non conferisce un potere discrezionale alle autorità competenti per escludere talune passività a titolo della correzione, in funzione del rischio, dei contributi ex ante previsti dall’articolo 103, paragrafo 2, della direttiva 2014/59, bensì, al contrario, elencava in maniera precisa le condizioni in presenza delle quali determinate passività potevano essere escluse dal calcolo dei contributi ex ante (v., in tal senso, sentenza del 3 dicembre 2019, Iccrea Banca, C‑414/18, EU:C:2019:1036, punto 93).

154    Di conseguenza, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il SRB non è incorso in un errore di diritto allorché non ha applicato ad essa, per analogia, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63.

155    La presa in considerazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità, invocati dalla ricorrente, non può giustificare un diverso risultato, dal momento che il regolamento delegato 2015/63 ha distinto situazioni che presentano particolarità notevoli, direttamente connesse ai rischi presentati dalle passività in questione (sentenza del 3 dicembre 2019, Iccrea Banca, C‑414/18, EU:C:2019:1036, punto 95).

156    In ogni caso, alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 83 a 120, la ricorrente non può sostenere che la mancata applicazione per analogia dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 sia contraria al principio della parità di trattamento.

157    La stessa conclusione si impone per quanto riguarda il principio di proporzionalità.

158    A tal proposito, dalla giurisprudenza risulta che il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non superino i limiti di quanto è necessario per il loro conseguimento, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 165, e del 20 gennaio 2021, ABLV Bank/CRU, T‑758/18, EU:T:2021:28, punto 142; v. altresì, in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2010, Vodafone e a., C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 51).

159    Per quanto riguarda, anzitutto, l’adeguatezza della presa in considerazione delle passività fiduciarie della ricorrente nel calcolo del suo contributo ex ante, la ricorrente non contesta, in primo luogo, il fatto che l’inclusione delle sue passività fiduciarie nel calcolo di tale contributo contribuisca a realizzare gli obiettivi dei contributi ex ante, descritti al precedente punto 63, procurando risorse finanziarie sufficienti al SRM affinché esso possa adempiere le sue funzioni e incoraggiando gli enti ad adottare modalità di funzionamento meno rischiose.

160    Al riguardo, la ricorrente si è limitata a formulare affermazioni non comprovate.

161    Infatti, la ricorrente, da un lato, sostiene che la presa in considerazione delle sue passività fiduciarie nel calcolo del suo contributo ex ante fa gravare su di essa un onere inaccettabile e chiaramente sproporzionato rispetto alle sue dimensioni. Orbene, alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 39 a 52, un siffatto argomento non può essere accolto, in quanto l’esclusione delle passività di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63 non dipende dalle dimensioni degli enti interessati, bensì dal rispetto delle condizioni enunciate in tale disposizione, che non sono in relazione con le loro dimensioni.

162    Dall’altro lato, la ricorrente afferma che l’inclusione dell’importo delle sue passività fiduciarie nel calcolo del suo passivo al momento della fissazione del suo contributo ex ante è contraria ai criteri stabiliti all’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59. A tale riguardo, è sufficiente constatare che la ricorrente non spiega sufficientemente il nesso tra tale argomento e il principio di proporzionalità.

163    Per quanto concerne, poi, la necessità di prendere in considerazione le passività fiduciarie della ricorrente nel calcolo del suo contributo ex ante alla luce degli obiettivi menzionati al precedente punto 63, occorre constatare che quest’ultima deduce, in sostanza, due argomenti.

164    In primo luogo, la ricorrente sostiene che la presa in considerazione delle sue passività fiduciarie non è necessaria, in quanto i fondi dei clienti sono già raccolti sotto forma di depositi dagli istituti di prodotti e tutelati dal loro sistema di garanzia dei depositi e che esistono garanzie sufficienti affinché tali clienti siano protetti dal diritto fallimentare vigente. A suo avviso, la presa in considerazione delle sue passività fiduciarie comporterebbe un’eventuale doppia presa in considerazione di tali passività nell’ambito del suo contributo ex ante.

165    A tale riguardo, la ricorrente non spiega tuttavia quale metodo concreto di calcolo dei contributi ex ante sarebbe meno gravoso per gli enti, pur essendo idoneo a raggiungere, in modo altrettanto efficace, gli obiettivi di cui al precedente punto 63, compensando in particolare la diminuzione dei mezzi finanziari disponibili nel SRF che sarebbe causata da una siffatta esclusione.

166    Inoltre, e in ogni caso, la ricorrente non ha dedotto alcun elemento idoneo a mettere in discussione l’affermazione del SRB, citata al precedente punto 79, secondo la quale, affinché i fondi dei clienti siano tutelati dal sistema di garanzia dei depositi, è necessario che gli enti di prodotti interessati abbiano la loro sede in uno Stato membro e che i clienti non collochino più di EUR 100 000 presso tali enti.

167    Per quanto riguarda, infine, l’argomento della ricorrente vertente sul fatto che la presa in considerazione delle sue passività fiduciarie condurrebbe a una presunta doppia presa in considerazione di tali passività nell’ambito del calcolo del suo contributo ex ante, è sufficiente constatare che la ricorrente non deduce alcun argomento che indichi che la Commissione avrebbe inteso, con l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento delegato 2015/63, eliminare completamente qualsiasi forma di doppio conteggio delle passività.

168    In secondo luogo, la ricorrente deduce che la presa in considerazione delle sue passività fiduciarie nel calcolo del suo contributo ex ante non soddisfa il criterio della necessità, poiché, in caso di insolvenza, i suoi clienti avrebbero diritto alla separazione delle attività fiduciarie da essa gestite, il che dimostrerebbe l’esistenza di garanzie sufficienti di tutela di tali clienti.

169    Da un lato, tale argomento deve essere respinto per le stesse ragioni esposte al precedente punto 165.

170    Dall’altro lato, e in ogni caso, la ricorrente non ha dimostrato che le attività e le liquidità della sua clientela sarebbero coperte in caso di insolvenza da garanzie comparabili a quelle che coprono le attività e le liquidità dei clienti delle imprese di investimento, come indicato nei precedenti punti da 75 a 77.

171    Infine, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto volto a dimostrare che l’inclusione delle sue passività fiduciarie nel calcolo del suo contributo ex ante comporterebbe inconvenienti manifestamente sproporzionati rispetto agli obiettivi menzionati al precedente punto 63.

172    In tali circostanze, occorre respingere la seconda parte del primo motivo di ricorso e, dunque, tale motivo di ricorso nel suo insieme.

[omissis]

6.      Sulla motivazione della determinazione del livello-obiettivo annuale

240    In via preliminare, va ricordato che il difetto o l’insufficienza di motivazione costituisce un motivo di ordine pubblico che può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (v. sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, il Tribunale può, o meglio deve, prendere in considerazione anche altri difetti di motivazione, oltre a quelli invocati dalla ricorrente, e ciò, segnatamente, quando essi emergono nel corso del procedimento.

241    Nel caso di specie, il Tribunale ritiene che spetti ad esso esaminare d’ufficio se il SRB abbia violato il suo obbligo di motivazione per quanto riguarda la determinazione del livello-obiettivo annuale.

242    A tal fine, le parti sono state ascoltate, mediante una misura di organizzazione del procedimento e in udienza, sugli eventuali difetti di motivazione che inficerebbero la decisione impugnata per quanto riguarda la determinazione del livello-obiettivo annuale.

243    Ciò premesso, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 69, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, al termine del periodo iniziale di otto anni a decorrere dal 1º gennaio 2016 (in prosieguo: il «periodo iniziale»), i mezzi finanziari disponibili nel SRF devono raggiungere il livello-obiettivo finale, che corrisponde ad almeno l’1% dell’ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio di tutti gli Stati membri partecipanti al SRM (in prosieguo: il «livello-obiettivo finale»).

244    Secondo l’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, nel periodo iniziale, i contributi ex ante devono essere scaglionati nel tempo nel modo più uniforme possibile fino al raggiungimento del livello-obiettivo finale indicato nel precedente punto 243, tenendo tuttavia debitamente conto della fase del ciclo economico e dell’impatto che possono avere i contributi prociclici sulla situazione finanziaria degli enti.

245    L’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 precisa che, ogni anno, i contributi dovuti da tutti gli enti autorizzati sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti al SRM non superino il 12,5% del livello-obiettivo.

246    Per quanto concerne il metodo di calcolo dei contributi ex ante, l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 prevede che il SRB ne determini l’importo in base al livello-obiettivo annuale, tenendo conto del livello-obiettivo e in base all’ammontare medio dei depositi protetti dell’anno precedente, calcolato su base trimestrale, di tutti gli enti autorizzati nel territorio di tutti gli Stati membri partecipanti al SRM.

247    Parimenti, secondo l’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/81, il SRB calcola il contributo ex ante per ciascun ente sulla base del livello-obiettivo annuale, che deve essere stabilito in funzione del livello-obiettivo finale e calcolato secondo la metodologia prevista dal regolamento delegato 2015/63.

248    Nel caso di specie, come risulta dal considerando 48 della decisione impugnata, il SRB ha fissato, per il periodo di contribuzione 2021, l’importo del livello-obiettivo annuale in EUR 11 287 677 212,56.

249    Nei considerando 36 e 37 della decisione impugnata, il SRB ha spiegato, in sostanza, che il livello-obiettivo annuale doveva essere determinato sulla base di un’analisi dell’evoluzione dei depositi protetti negli anni precedenti e di qualsiasi sviluppo rilevante della situazione economica nonché su un’analisi riguardante gli indicatori relativi alla fase del ciclo economico e l’impatto che i contributi prociclici avrebbero avuto sulla situazione finanziaria degli enti. Successivamente, il SRB ha ritenuto opportuno fissare un coefficiente basato su tale analisi e sui mezzi finanziari disponibili nel SRF (in prosieguo: il «coefficiente»). Il SRB ha applicato questo coefficiente ad un ottavo dell’importo medio dei depositi protetti nel 2020 per ottenere il livello-obiettivo annuale.

250    Nei considerando da 38 a 47 della decisione impugnata, il SRB ha illustrato il suo modo di procedere per fissare il coefficiente.

251    Al considerando 38 della decisione impugnata, il SRB ha riconosciuto una tendenza costante di crescita dei depositi protetti per tutti gli enti degli Stati membri partecipanti al SRM. In particolare, per il 2020, l’ammontare medio di detti depositi, calcolato su base trimestrale, era pari a EUR 6 689 miliardi.

252    Nei considerando 40 e 41 della decisione impugnata, il SRB ha illustrato la prevista evoluzione dei depositi protetti per i tre restanti anni del periodo iniziale, vale a dire dal 2021 al 2023. Ha stimato che i tassi di crescita annuali dei depositi protetti fino alla fine del periodo iniziale si sarebbero situati tra il 4% e il 7%.

253    Nei considerando da 42 a 45 della decisione impugnata, il SRB ha presentato una valutazione della fase del ciclo economico e del potenziale impatto prociclico che i contributi ex ante avrebbero potuto avere sulla situazione finanziaria degli enti. A tal fine, esso ha indicato di aver tenuto conto di molteplici indicatori, come la previsione di crescita del prodotto interno lordo della Commissione e le proiezioni in materia della Banca centrale europea o il flusso di crediti del settore privato in percentuale del prodotto interno lordo.

254    Al considerando 46 della decisione impugnata, il SRB ha concluso che, pur potendosi ragionevolmente attendere un’ulteriore crescita dei depositi protetti all’interno dell’unione bancaria, il ritmo di tale crescita sarebbe stato inferiore rispetto a quello dell’anno 2020. A tal proposito, al considerando 47 della decisione impugnata, il SRB ha indicato di aver adottato un «approccio prudente» per quanto riguardava il tasso di crescita dei depositi protetti per gli anni successivi sino al 2023.

255    Alla luce di tali considerazioni, al considerando 48 della decisione impugnata, il SRB ha fissato il valore del coefficiente all’1,35%. Esso ha poi calcolato l’importo del livello-obiettivo annuale moltiplicando l’ammontare medio dei depositi protetti nel 2020 per tale coefficiente e dividendo il risultato di tale calcolo per otto, conformemente alla seguente formula matematica, contenuta nel considerando 48 della decisione di cui trattasi:

«Obiettivo0 [importo del livello-obiettivo annuale] = Totale depositi protetti2020 * 0,0135 * ⅛ = EUR 11 287 677 212,56».

256    In udienza, il SRB ha tuttavia rilevato di aver determinato il livello-obiettivo annuale per il periodo di contribuzione 2021 come segue.

257    In primo luogo, fondandosi su un’analisi prospettica, il SRB ha fissato l’ammontare dei depositi protetti dell’insieme degli enti autorizzati nel territorio di tutti gli Stati membri partecipanti al SRM, stimato, per la fine del periodo iniziale, in circa EUR 7 500 miliardi. Per giungere a tale importo, il SRB ha preso in considerazione l’importo medio dei depositi protetti nel 2020, vale a dire EUR 6 689 miliardi, un tasso di crescita annuo dei depositi protetti del 4%, nonché il numero di periodi di contribuzione rimanenti fino alla fine del periodo iniziale, ossia tre.

258    In secondo luogo, conformemente all’articolo 69, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il SRB ha calcolato l’1% di detti EUR 7 500 miliardi per ottenere l’importo stimato del livello-obiettivo finale che doveva essere raggiunto al termine del periodo iniziale, ovvero circa EUR 75 miliardi.

259    In terzo luogo, il SRB ha dedotto da quest’ultimo importo le risorse finanziarie già disponibili nel SRF nel 2021, vale a dire circa EUR 42 miliardi, per ottenere l’importo che doveva essere ancora riscosso nei periodi di contribuzione restanti sino alla fine del periodo iniziale, vale a dire dal 2021 al 2023. Tale importo ammontava a circa EUR 33 miliardi.

260    In quarto luogo, il SRB ha diviso quest’ultimo importo per tre allo scopo di ripartirlo uniformemente tra i suddetti tre periodi di contribuzione rimanenti. Il livello-obiettivo annuale per il periodo di contribuzione 2021 è stato così fissato all’importo menzionato nel precedente punto 248, vale a dire circa EUR 11,287 miliardi.

261    In udienza, il SRB ha altresì sostenuto di aver reso pubblici gli elementi di informazione su cui aveva basato il metodo descritto nel precedenti punti da 257 a 260, i quali avrebbero consentito alla ricorrente di comprendere il metodo di determinazione del livello-obiettivo annuale. In particolare, esso ha precisato di aver pubblicato sul suo sito Internet, nel maggio del 2021, vale a dire dopo l’adozione della decisione impugnata, ma prima della proposizione del presente ricorso, una scheda descrittiva denominata «Fact Sheet 2021» (in prosieguo: la «scheda descrittiva»), che indicava l’importo stimato del livello-obiettivo finale. Del pari, il SRB ha affermato che anche l’importo dei mezzi finanziari disponibili nel SRF era indicato sul suo sito Internet, nonché attraverso altre fonti pubbliche, e ciò ben prima dell’adozione della decisione impugnata.

262    Per quanto concerne il contenuto dell’obbligo di motivazione, dalla giurisprudenza risulta che la motivazione di una decisione adottata da un’istituzione o da un organo dell’Unione deve essere, in particolare, priva di contraddizioni per consentire agli interessati di conoscere i motivi reali di tale decisione, allo scopo di difendere i loro diritti dinanzi al giudice competente, e a quest’ultimo di esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 169 e giurisprudenza ivi citata; del 22 settembre 2005, Suproco/Commissione, T‑101/03, EU:T:2005:336, punti 20 e da 45 a 47, e del 16 dicembre 2015, Grecia/Commissione, T‑241/13, EU:T:2015:982, punto 56).

263    Analogamente, qualora l’autore della decisione impugnata fornisca determinate spiegazioni in merito ai motivi di tale decisione nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione, tali spiegazioni devono essere coerenti con le considerazioni esposte nella decisione medesima (v., in tal senso, sentenze del 22 settembre 2005, Suproco/Commissione, T‑101/03, EU:T:2005:336, punti da 45 a 47, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punti 54 e 55).

264    Infatti, se le considerazioni illustrate nella decisione impugnata non sono coerenti con tali spiegazioni fornite nel corso del procedimento giurisdizionale, la motivazione della decisione interessata non soddisfa le funzioni ricordate ai precedenti punti da 217 a 218. In particolare, una siffatta incoerenza impedisce, da un lato, agli interessati di conoscere i reali motivi della decisione impugnata prima della proposizione del ricorso e di preparare la propria difesa al riguardo e, dall’altro, al giudice dell’Unione di individuare i motivi che sono serviti da reale supporto giuridico a detta decisione e di esaminare la loro conformità alle norme applicabili.

265    Infine, occorre ricordare che il SRB, quando adotta una decisione che fissa i contributi ex ante, deve portare a conoscenza degli enti interessati il metodo di calcolo di tali contributi (v. sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 122).

266    Lo stesso deve valere per il metodo di determinazione del livello-obiettivo annuale, poiché tale importo riveste un’importanza essenziale nell’economia di tale decisione. Infatti, come risulta dall’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/81, il metodo di calcolo dei contributi ex ante consiste nella ripartizione di tale importo tra tutti gli enti interessati, cosicché un aumento o una riduzione dello stesso importo comporta un aumento o una riduzione corrispondente del contributo ex ante di ciascuno di tali enti.

267    Da quanto precede risulta che, sebbene il SRB sia tenuto a fornire agli enti, mediante la decisione impugnata, spiegazioni relative al metodo di determinazione del livello-obiettivo annuale, tali spiegazioni devono essere coerenti con le spiegazioni fornite dal SRB durante il procedimento giurisdizionale e relative al metodo effettivamente applicato.

268    Orbene, ciò non si verifica nella presente causa.

269    Infatti, occorre anzitutto rilevare che la decisione impugnata ha esposto, al considerando 48, una formula matematica che ha presentato come base per la determinazione del livello-obiettivo annuale. Orbene, risulta che questa formula non integra gli elementi del metodo effettivamente applicato dal SRB, come spiegato in udienza. In effetti, come risulta dai precedenti punti da 257 a 260, il SRB ha ottenuto l’importo del livello-obiettivo annuale, nell’ambito di detto metodo, deducendo dal livello-obiettivo finale i mezzi finanziari disponibili nel SRF al fine di calcolare l’importo che doveva essere ancora riscosso entro il termine del periodo iniziale e dividendo detto importo per tre. Orbene, queste due fasi del calcolo non sono espresse nella suddetta formula matematica.

270    Inoltre, tale constatazione non può essere messa in discussione dall’affermazione del SRB secondo cui esso ha pubblicato, nel maggio 2021, la scheda descrittiva, che conteneva una forcella indicante gli eventuali importi del livello-obiettivo finale, e, sul suo sito Internet, l’ammontare dei mezzi finanziari disponibili nel SRF. Infatti, indipendentemente dalla questione di stabilire se la ricorrente fosse effettivamente a conoscenza di tali importi, questi ultimi non erano di per sé tali da consentirle di comprendere che le due operazioni menzionate nel precedente punto 269 fossero state effettivamente applicate dal SRB, fermo restando, inoltre, che la formula matematica prevista al considerando 48 della decisione impugnata non li menzionava neanche.

271    Simili incongruenze riguardano anche il modo in cui è stato fissato il coefficiente dell’1,35%, che tuttavia riveste un ruolo fondamentale nella formula matematica menzionata nel precedente punto 255. Infatti, tale coefficiente potrebbe essere inteso come basato, tra altri parametri, sulla previsione di crescita dei depositi protetti durante gli anni rimanenti del periodo iniziale. Tuttavia, come riconosciuto dal SRB in udienza, detto coefficiente è stato fissato in modo tale da poter giustificare il risultato del calcolo dell’importo del livello-obiettivo annuale, ossia dopo che il SRB ha calcolato tale importo applicando le quattro fasi esposte nei precedenti punti da 257 a 260 e, in particolare, dividendo per tre l’importo risultante dalla detrazione dei mezzi finanziari disponibili nel SRF dal livello-obiettivo finale. Tale modo di procedere non risulta però affatto dalla decisione impugnata.

272    Occorre ricordare inoltre che, secondo la scheda descrittiva, l’importo del livello-obiettivo finale stimato si collocava in una forcella compresa tra EUR 70 miliardi e EUR 75 miliardi. Orbene, tale forcella risulta incoerente con la forcella del tasso di crescita dei depositi protetti compresa tra il 4% e il 7% figurante nel considerando 41 della decisione impugnata. Infatti, il SRB ha indicato in udienza che, ai fini della determinazione del livello-obiettivo annuale, esso aveva tenuto conto del tasso di crescita dei depositi protetti del 4% – che era il tasso più basso della seconda forcella – e aveva così ottenuto il livello-obiettivo finale stimato di EUR 75 miliardi – che costituiva il valore più elevato della prima forcella. Risulta quindi sussistere una discordanza tra queste due forcelle. Invero, da un lato, la forcella relativa al tasso di crescita dei depositi protetti comprende anche valori superiori al tasso del 4%, la cui applicazione avrebbe, tuttavia, portato a un importo stimato del livello-obiettivo finale superiore a quello inserito nella forcella relativa a detti livelli-obiettivo. Dall’altro lato, per la ricorrente è impossibile comprendere la ragione per cui il SRB abbia incluso nella forcella relativa a detto livello-obiettivo importi inferiori a EUR 75 miliardi. Infatti, per ottenere questo risultato, sarebbe stato necessario applicare un tasso inferiore al 4%, che non è però incluso nella forcella relativa al tasso di crescita dei depositi protetti. Date le circostanze, la ricorrente non era in grado di stabilire in che modo il SRB si fosse avvalso della forcella relativa al tasso di crescita di detti depositi per pervenire al calcolo del livello-obiettivo finale stimato.

273    Ne consegue che, per quanto riguarda la determinazione del livello-obiettivo annuale, il metodo realmente applicato dal SRB, quale illustrato in udienza, non corrisponde a quello descritto nella decisione impugnata, cosicché le ragioni effettive, alla luce delle quali è stato fissato tale livello-obiettivo, non potevano essere individuate sulla base della decisione impugnata né dagli enti né dal Tribunale.

274    Alla luce di quanto precede, si deve constatare che la decisione impugnata è inficiata da difetti di motivazione per quanto concerne la determinazione del livello-obiettivo annuale. Pertanto, occorre annullare la decisione impugnata per tale motivo.

C.      Conclusione

275    Alla luce di quanto precede, si deve constatare che la decisione impugnata è inficiata da difetti di motivazione per quanto concerne la determinazione del livello-obiettivo annuale. Posto che detti vizi sono tali, da soli, da giustificare l’annullamento della decisione di cui trattasi, occorre annullare quest’ultima, nella parte in cui riguarda la ricorrente.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione SRB/ES/2021/22 del Comitato di risoluzione unico (SRB), del 14 aprile 2021, relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 al Fondo di risoluzione unico, è annullata nella parte in cui riguarda la Max Heinr. Sutor OHG.

2)      Gli effetti della decisione SRB/ES/2021/22, nella parte in cui riguarda la Max Heinr. Sutor OHG, sono mantenuti fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole che non può superare sei mesi dalla data di pronuncia della presente sentenza, di una nuova decisione del SRB che fissa il contributo ex ante al Fondo di risoluzione unico di tale ente per il 2021.

3)      Il SRB si farà carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Max Heinr. Sutor OHG.

Kornezov

De Baere

Petrlík

Kecsmár

 

      Kingston

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 maggio 2024.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.