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8.11.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 452/14 |
Impugnazione proposta il 13 agosto 2021 da David Price avverso l’ordinanza del Tribunale (Decima Sezione ampliata) dell'8 giugno 2021, causa T-231/20, Price / Consiglio
(Causa C-502/21 P)
(2021/C 452/14)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: David Price (rappresentante: J. Fouchet, avocat)
Altra parte nel procedimento: Consiglio dell'Unione europea
Conclusioni del ricorrente
In via principale:
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annullare l’ordinanza dell’8 giugno 2021 (T-231/20); |
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annullare integralmente la decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020, relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, unitamente all’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, nonché i suoi allegati, con modulazione, ove necessario, dell’effetto retroattivo di tale annullamento. |
In subordine:
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annullare l’ordinanza dell’8 giugno 2021 (T-231/20); |
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annullare parzialmente la decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020, relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, unitamente all’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, nella parte in cui tali atti distinguono in modo automatico e generale, senza il benché minimo controllo di proporzionalità, i cittadini dell’Unione e i cittadini del Regno Unito a partire dal 1o febbraio 2020, e annullare pertanto segnatamente il sesto paragrafo del preambolo e gli articoli 9, 10 e 127 dell’accordo di recesso |
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condannare l’Unione europea alla totalità delle spese del procedimento, compresi gli onorari di avvocato a concorrenza di EUR 5 000. |
Motivi e principali argomenti
A. Irregolarità procedurale dell’ordinanza impugnata
Il Tribunale ha violato l’articolo 130 del suo regolamento di procedura, in quanto ha assegnato un solo termine, ossia quello concesso al Consiglio per presentare la sua difesa nel merito. Non ha assegnato alcun termine al ricorrente, che doveva attendere «i nuovi termini per la prosecuzione della causa» prima di presentare le proprie osservazioni sia sull’eccezione di irricevibilità sia nel merito.
Inoltre il Tribunale ha deciso di non comunicare al ricorrente la difesa nel merito, ponendolo nell’impossibilità di sapere quando dovesse presentare le proprie osservazioni sulla ricevibilità.
Infine il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile senza udienza e senza pronunciarsi su due domande, quella di sospensione del procedimento e quella di rinvio della causa alla Corte, che tuttavia avevano un’incidenza sulla prosecuzione della causa.
B. Violazione del diritto dell’Unione in relazione alla ricevibilità del ricorso
i) In merito al criterio per cui le decisioni soggette a ricorso diretto devono essere atti regolamentari che non comportano misure di esecuzione
In primo luogo, il Tribunale, senza darne spiegazione, ha erroneamente ritenuto che l’accordo di recesso fosse un atto internazionale, mentre tale accordo, tanto per il suo oggetto quanto per i suoi effetti, rientra ancora nel diritto interno dell’Unione, in quanto esso regola i futuri rapporti tra l’Unione europea e uno degli Stati membri in base al diritto interno dettato dall’Unione per oltre cinquant’anni (per quanto riguarda il Regno Unito), continuando a renderlo applicabile.
Inoltre, l’articolo 4 dell’accordo di recesso, ai paragrafi 4 e 5, limita la sovranità giurisdizionale del Regno Unito allo scopo di consentire l’unità di interpretazione giurisprudenziale dell’accordo di recesso da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea. Una disposizione simile non rientra nel contenuto tipico di un accordo internazionale.
In secondo luogo, anche ammettendo che la Corte di giustizia consideri ugualmente l’accordo di recesso come un atto internazionale, il Tribunale non ha preso in considerazione l’articolo 275 TFUE, che esclude la competenza della Corte soltanto per taluni atti riguardanti «le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune». Il Tribunale ha dunque applicato erroneamente il combinato disposto degli articoli 263 e 275 TFUE, dai quali risulta la competenza della Corte per tutti gli atti regolamentari che non comportano misure di esecuzione, ad eccezione degli atti adottati in base alle disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune. Orbene, alla luce degli articoli 23 e 26 del Trattato sull’Unione europea, l’accordo di recesso non rientra, né quanto al contenuto né quanto alla procedura, nella politica estera e di sicurezza comune.
In terzo luogo, gli argomenti esposti dal Tribunale implicano in sostanza che la Corte debba rinunciare ad esercitare il controllo dello Stato di diritto su un accordo internazionale. Orbene, una posizione siffatta non è accettabile né sul piano politico né sul piano giuridico, perché essa comporta che il Consiglio possa, senza alcun controllo, rimettere in discussione l’applicazione stessa dei Trattati e dei valori da essi sanciti.
In quarto luogo, il Consiglio e la Francia ritengono che l’accordo di recesso privi automaticamente il ricorrente della cittadinanza europea, il che significa, da questo punto di vista, che l’accordo non necessita di alcuna misura d’esecuzione per poter produrre i suoi effetti, fermo restando che il ricorso, a differenza di quanto ha ritenuto il Tribunale, non deve essere ridotto alla sola questione del diritto di voto del ricorrente.
ii) In merito al criterio dell’incidenza individuale
In primo luogo, al momento della proposizione del ricorso il ricorrente faceva parte dell’esigua minoranza di cittadini del Regno Unito che dovevano vedersi riconoscere il diritto di voto al secondo turno.
In secondo luogo, il Tribunale ha commesso un grave errore di analisi nell’affermare che la decisione di firmare l’accordo di recesso riguarda il ricorrente «per la sua qualità oggettiva di cittadino del Regno Unito», mentre il ricorrente contesta invece l’accordo di recesso in qualità di cittadino del Regno Unito residente nel territorio dell’Unione in relazione agli effetti dell’accordo di recesso sulla sua situazione.
In terzo luogo, il Tribunale si fonda soltanto sull’impossibilità del ricorrente di votare alle elezioni municipali, mentre tale conseguenza è soltanto una di quelle lamentate dal ricorrente.
C. Errore di diritto riguardante il diniego di rinvio di una causa del Tribunale alla Corte ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 3, TFUE
L’articolo 256, paragrafo 3, TFUE, letto indipendentemente dagli altri paragrafi, consente un dialogo tra i giudici dell’Unione. Ove una causa possa compromettere l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione, contrariamente a quanto indicato dal Tribunale, il giudice di primo grado può rinviare tale causa alla Corte.