SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

4 ottobre 2024 ( *1 )

«Impugnazione – Azione esterna – Accordi internazionali – Accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra – Accordo relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo – Atto di conclusione – Violazioni fatte valere del diritto internazionale a causa dell’applicabilità del secondo accordo al territorio del Sahara occidentale – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Capacità di stare in giudizio – Legittimazione ad agire – Requisito in base al quale il ricorrente deve essere, in taluni casi, direttamente ed individualmente interessato dal provvedimento controverso – Principio dell’effetto relativo dei trattati – Principio di autodeterminazione – Territori non autonomi – Articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite – Potere discrezionale del Consiglio dell’Unione europea – Diritto internazionale consuetudinario – Principi generali del diritto dell’Unione – Consenso del popolo di un territorio non autonomo avente diritto all’autodeterminazione in quanto soggetto terzo rispetto ad un accordo internazionale»

Nelle cause riunite C‑779/21 P e C‑799/21 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, depositate, rispettivamente, il 14 dicembre 2021 e il 16 dicembre 2021,

Commissione europea, rappresentata inizialmente da A. Bouquet, F. Castillo de la Torre, F. Clotuche-Duvieusart e B. Eggers, in qualità di agenti, e successivamente da A. Bouquet, D. Calleja Crespo, F. Clotuche-Duvieusart e B. Eggers, in qualità di agenti,

ricorrente nella causa C‑779/21 P,

sostenuta da:

Regno di Spagna, rappresentato da L. Aguilera Ruiz e A. Gavela Llopis, in qualità di agenti,

interveniente nel procedimento d’impugnazione,

altre parti del procedimento:

Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Fronte Polisario), rappresentato da G. Devers, avocat,

ricorrente in primo grado,

Consiglio dell’Unione europea,

convenuto in primo grado,

Repubblica francese, rappresentata inizialmente da J.-L. Carré, A.-L. Desjonquères e T. Stéhelin, in qualità di agenti, e successivamente da G. Bain, B. Herbaut, M. Stéhelin e B. Travard, in qualità di agenti,

Confédération marocaine de l’agriculture et du développement rural (Comader), rappresentata da N. Angelet, G. Forwood e A. Hublet, avocats, nonché da N. Forwood, BL,

intervenienti in primo grado,

e

Consiglio dell’Unione Europea, rappresentato inizialmente da F. Naert e V. Piessevaux, in qualità di agenti, e successivamente da F. Naert, A. Nowak-Salles e V. Piessevaux, in qualità di agenti,

ricorrente nella causa C‑799/21 P,

sostenuto da:

Regno del Belgio, rappresentato inizialmente da J.-C. Halleux, C. Pochet e M. Van Regemorter, in qualità di agenti, e successivamente da C. Pochet e Van Regemorter, in qualità di agenti,

Regno di Spagna, rappresentato da L. Aguilera Ruiz e A. Gavela Llopis, in qualità di agenti,

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti,

Repubblica portoghese, rappresentata da P. Barros da Costa e A. Pimenta, in qualità di agenti,

Repubblica slovacca, rappresentata inizialmente da B. Ricziová, in qualità di agente, e successivamente da S. Ondrášiková, in qualità di agente,

intervenienti nel procedimento d’impugnazione,

altre parti del procedimento:

Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Fronte Polisario), rappresentato da G. Devers, avocat,

ricorrente in primo grado,

Repubblica francese, rappresentata inizialmente da J.-L. Carré, A.-L. Desjonquères e T. Stéhelin, in qualità di agenti, e successivamente da G. Bain, B. Herbaut, T. Stéhelin e B. Travard, in qualità di agenti,

Commissione europea, rappresentata inizialmente da A. Bouquet, F. Castillo de la Torre, F. Clotuche-Duvieusart e B. Eggers, in qualità di agenti, e successivamente da A. Bouquet, D. Calleja Crespo, F. Clotuche-Duvieusart e B. Eggers, in qualità di agenti,

Confédération marocaine de l’agriculture et du développement rural (Comader), rappresentata da N. Angelet, G. Forwood e A. Hublet, avocats, e da N. Forwood, BL,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, C. Lycourgos, E. Regan, Z. Csehi e O. Spineanu-Matei, presidenti di sezione, S. Rodin, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen (relatore), M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 e 24 ottobre 2023,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale all’udienza del 21 marzo 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con le rispettive impugnazioni, la Commissione europea (causa C‑779/21 P) e il Consiglio dell’Unione europea (causa C‑799/21 P) chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 settembre 2021, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2021:639), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione (UE) 2019/217 del Consiglio, del 28 gennaio 2019, relativa alla conclusione dell’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2019, L 34, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

2

Nella causa C‑799/21 P, il Consiglio chiede inoltre, in subordine, il mantenimento degli effetti della decisione controversa per un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza su tale impugnazione.

Il contesto normativo

Diritto internazionale

La Carta delle Nazioni Unite

3

L’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco il 26 giugno 1945 (in prosieguo la «Carta delle Nazioni Unite»), così dispone:

«I fini delle Nazioni Unite sono:

(...)

2.

Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-determinazione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale;

(...)».

4

Nel Capitolo XI della Carta delle Nazioni Unite, intitolato «Dichiarazione concernente i territori non autonomi», è collocato l’articolo 73 della Carta, ai termini del quale:

«I Membri delle Nazioni Unite, i quali abbiano o assumano la responsabilità dell’amministrazione di territori la cui popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia riconoscono il principio che gli interessi degli abitanti di tali territori sono preminenti, ed accettano come sacra missione l’obbligo di promuovere al massimo, nell’ambito del sistema di pace e di sicurezza internazionale istituito dal presente Statuto, il benessere degli abitanti di tali territori (...).

(...)».

La Convenzione di Vienna

5

Ai sensi dell’ultimo comma del preambolo della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, conclusa a Vienna il 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «Convenzione di Vienna»), le parti di tale Convenzione «afferm[ano] che le norme del diritto internazionale consuetudinario continueranno a regolare le questioni non disciplinate dalle disposizioni d[i detta] convenzione».

6

L’articolo 3 della medesima convenzione, intitolato «Accordi internazionali che non rientrano nell’ambito della presente Convenzione», così dispone:

«Il fatto che la presente convenzione non si applichi né agli accordi internazionali conclusi tra gli Stati ed altri soggetti di diritto internazionale o tali altri soggetti di diritto internazionale fra di loro né agli accordi internazionali che non sono stati conclusi per iscritto, non viola:

(...)

(b)

l’applicazione a tali accordi di ogni norma enunciata nella presente convenzione alla quale sarebbero soggetti in base al diritto internazionale indipendentemente dalla predetta convenzione;

(...)».

7

L’articolo 29 della Convenzione di Vienna, intitolato «Applicazione territoriale dei trattati», così dispone:

«Salvo che un diverso intendimento non risulti dal trattato o non sia stato altrimenti accertato, un trattato vincola ciascuna delle parti per tutto l’insieme del suo territorio».

8

L’articolo 34 di detta convenzione, intitolato «Norma generale riguardante gli Stati terzi», è del seguente tenore:

«Un trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il consenso di quest’ultimo».

9

L’articolo 35 di detta convenzione, intitolato «Trattati che prevedono degli obblighi per gli Stati terzi», è del seguente tenore:

«Da una disposizione di un trattato nasce un obbligo per uno Stato terzo quando le parti del trattato stesso intendano con quelle disposizioni creare tale obbligo e quando lo Stato terzo accetti esplicitamente per iscritto tale obbligo».

10

Ai sensi dell’articolo 36 della medesima convenzione, intitolato «Trattati che prevedono dei diritti per gli Stati terzi»:

«1.   Un diritto per uno Stato terzo nasce da una disposizione di un trattato quando le parti di tale trattato intendano, con tale disposizione, conferire tale diritto sia allo Stato terzo sia ad un gruppo di Stati al quale esso appartenga, che a tutti gli Stati, e quando lo Stato terzo acconsente. Si presume che vi sia consenso fintanto che non esista una contraria indicazione, a meno che il trattato non preveda altrimenti.

2.   Uno Stato che eserciti in base al paragrafo 1, è tenuto a rispettare, per quanto riguarda l’esercizio del diritto stesso, le condizioni che sono previste dal trattato o che sono accertate in base alle disposizioni di questo».

L’Accordo di associazione

11

Il 1o marzo 2000 è entrato in vigore l’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, firmato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 (GU 2000, L 70, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo di associazione»).

12

L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, di tale accordo così dispone:

«1.   È istituita un’associazione tra la [Comunità europea e la Comunità europea del carbone e dell’acciaio] e i suoi Stati membri, da una parte, e il Marocco, dall’altra.

2.   Il presente accordo si prefigge i seguenti obiettivi:

costituire un ambito adeguato per il dialogo politico tra le parti che consenta di consolidare le loro relazioni in tutti i campi che esse riterranno pertinenti a tale dialogo;

stabilire le condizioni per la progressiva liberalizzazione degli scambi di beni, di servizi e di capitali;

sviluppare gli scambi e stimolare l’espansione di relazioni economiche e sociali equilibrate tra le parti, segnatamente attraverso il dialogo e la cooperazione, per favorire lo sviluppo e la prosperità del Marocco e del popolo marocchino;

incoraggiare l’integrazione nel Magreb e favorire gli scambi e la cooperazione tra il Marocco e i paesi della regione;

promuovere la cooperazione in campo economico, sociale, culturale e finanziario».

13

L’articolo 16 di detto accordo prevede quanto segue:

«La [Comunità europea nonché la Comunità europea del carbone e dell’acciaio] e il Marocco attuano progressivamente una maggiore liberalizzazione nei reciproci scambi di prodotti agricoli e di prodotti della pesca».

14

L’articolo 94 del medesimo accordo così dispone:

«Il presente accordo si applica ai territori in cui si applicano i trattati che istituiscono la Comunità europea e la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, alle condizioni in essi indicate, da una parte, e al territorio del Regno del Marocco, dall’altra».

Fatti

15

Ai fini del presente procedimento, il contesto di fatto della controversia, come esposto, segnatamente, ai punti da 1 a 53 della sentenza impugnata, può essere riassunto come di seguito riportato.

Il contesto internazionale

16

Il Sahara occidentale è un territorio situato nella parte nord-occidentale del continente africano, che è stato colonizzato dal Regno di Spagna alla fine del XIX secolo, prima di divenire una provincia spagnola. Nel 1963 è stato inserito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nell’«elenco preliminare dei territori ai quali si applica la Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali [risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite]», quale territorio non autonomo amministrato dal Regno di Spagna, ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite. Esso figura tuttora nell’elenco dei territori non autonomi redatto dal segretario generale delle Nazioni UNite sulla base delle informazioni trasmesse in applicazione dell’articolo 73, lettera e), di tale Carta.

17

Il 20 dicembre 1966, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, in occasione della sua 1500a sessione plenaria, la risoluzione 2229 (XXI) sulla questione dell’Ifni e del Sahara spagnolo, nella quale essa ha «[r]ibadi[to] il diritto inalienabile de[l] popol[o] (…) del Sahara spagnolo all’autodeterminazione in conformità alla risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea generale [delle Nazioni Unite]» e ha chiesto al Regno di Spagna, nella sua veste di potenza amministratrice, di «definire quanto prima (…) le modalità dell’organizzazione di un referendum da svolgersi sotto l’egida dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite per consentire alla popolazione autoctona del territorio di esercitare liberamente il proprio diritto all’autodeterminazione».

18

Il 24 ottobre 1970 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, in occasione della sua 1883a sessione plenaria, la risoluzione 2625 (XXV), con la quale essa ha approvato la «Dichiarazione relativa ai principi del diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati conformemente alla Carta delle Nazioni Unite», il cui testo è allegato a detta risoluzione. Tale dichiarazione «proclama solennemente», in particolare, il «principio dell’eguaglianza dei diritti dei popoli e del loro diritto all’autodeterminazione».

19

Il Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (in prosieguo: il «Fronte Polisario») è un’organizzazione costituita il 10 maggio 1973 nel Sahara occidentale. Esso si definisce, all’articolo 1 del suo statuto, come un «movimento di liberazione nazionale» i cui membri «combatt[ono] per l’indipendenza totale e per il recupero della sovranità del popolo saharawi sulla totalità del territorio della Repubblica araba saharawi democratica».

20

Il 20 agosto 1974 il Regno di Spagna ha informato il Segretario generale delle Nazioni Unite del proprio intento di organizzare, sotto l’egida delle Nazioni Unite, un referendum volto a consentire al popolo del Sahara occidentale di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione.

21

Il 16 ottobre 1975 la Corte internazionale di giustizia (CIG), in qualità di principale organo giudiziario delle Nazioni Unite e a seguito di una richiesta avanzata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nell’ambito dei lavori relativi alla decolonizzazione del Sahara occidentale, ha rilasciato il parere consultivo «Sahara occidentale» (v. CIG, Raccolta 1975, pag. 12; in prosieguo: il «parere consultivo sul Sahara occidentale»). Al paragrafo 162 di tale parere, la CIG ha considerato quanto segue:

«Gli elementi e le informazioni a conoscenza della [CIG] mostrano l’esistenza, al momento della colonizzazione spagnola, di vincoli giuridici di fedeltà fra il Sultano del Marocco e alcune tribù che vivevano nel territorio del Sahara occidentale. Essi mostrano parimenti l’esistenza di diritti, inclusi taluni diritti relativi alla terra, che costituivano vincoli giuridici fra l’insieme mauritano, nel senso inteso dalla [CIG], e il territorio del Sahara occidentale. Per contro, la [CIG] conclude che gli elementi e le informazioni portati a sua conoscenza non dimostrano l’esistenza di alcun vincolo di sovranità territoriale tra il territorio del Sahara occidentale, da un lato, e il Regno del Marocco o l’insieme mauritano, dall’altro. La [CIG] non ha pertanto rilevato l’esistenza di vincoli giuridici tali da modificare l’applicazione della risoluzione 1514 (XV) [dell’Assemblea generale dell’ONU] con riferimento alla decolonizzazione del Sahara occidentale e, in particolare, all’applicazione del principio di autodeterminazione mediante la libera e autentica espressione della volontà delle popolazioni del territorio (...)».».

22

Al paragrafo 163 del parere consultivo sul Sahara occidentale, la CIG ha rilevato in particolare quanto segue:

«[La Corte è del parere], [p]er quanto riguarda la questione I, (…) che il Sahara occidentale (Rio de Oro e Sakiet el Hamra) non fosse un territorio di nessuno (terra nullius) al momento della colonizzazione da parte della Spagna; (…) per quanto riguarda la questione II, (…) che il territorio avesse, con il Regno del Marocco, taluni vincoli giuridici aventi i caratteri indicati al paragrafo 162 del presente parere [e] che il territorio avesse, con l’insieme mauritano, taluni vincoli giuridici aventi i caratteri indicati al paragrafo 162 del presente parere».

23

In un discorso pronunciato il giorno della pubblicazione del parere consultivo sul Sahara occidentale, il re del Marocco ha dichiarato che «tutti [avevano] riconosciuto che il Sahara [occidentale] era [in] possesso» del Regno del Marocco e che ad esso «incomb[eva] recuperare pacificamente tale territorio», facendo appello, a tal fine, all’organizzazione di una marcia.

24

Il 6 novembre 1975 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato, in occasione della sua 1854a seduta, la risoluzione 380 (1975) sul Sahara occidentale, con la quale ha, in particolare, «[d]eplor[ato] lo svolgimento della marcia» annunciata e ha «[c]hie[sto] al [Regno del] Marocco l’immediato ritiro dal territorio del Sahara occidentale di tutti i partecipanti a [detta] marcia».

25

Il 26 febbraio 1976 il Regno di Spagna ha comunicato al Segretario generale delle Nazioni Unite che, a partire da tale data, esso poneva fine alla propria presenza nel Sahara occidentale e si riteneva svincolato da qualsiasi responsabilità di carattere internazionale relativa all’amministrazione di tale territorio.

26

Nel frattempo, in tale regione è esploso un conflitto armato tra il Regno del Marocco, la Repubblica islamica di Mauritania e il Fronte Polisario, nell’ambito del quale parte della popolazione del Sahara occidentale, composta in maggioranza da appartenenti al popolo saharawi, è fuggita da detto territorio, trovando rifugio in campi situati nel territorio algerino, nelle vicinanze del confine con il Sahara occidentale.

27

Il giorno seguente alla fine della presenza del Regno di Spagna nel Sahara occidentale, il Fronte Polisario ha annunciato l’instaurazione della Repubblica araba saharawi democratica (RASD). Ad oggi, né l’Unione Europea né alcuno dei suoi Stati membri riconoscono la RASD.

28

Il 14 aprile 1976 il Regno del Marocco ha concluso con la Repubblica islamica di Mauritania un trattato di ripartizione del territorio del Sahara occidentale e ha annesso la parte di tale territorio che gli era stata assegnata da tale trattato. Il 10 agosto 1979 la Repubblica islamica di Mauritania ha concluso un accordo di pace con il Fronte Polisario, in forza del quale essa ha rinunciato a qualsiasi rivendicazione territoriale sul Sahara occidentale. Successivamente alla conclusione di tale accordo, il Regno del Marocco ha assunto il controllo del territorio evacuato dalle forze mauritane.

29

Il 21 novembre 1979, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, in occasione della sua 75a sessione plenaria, la risoluzione 34/37 sulla questione del Sahara occidentale, nella quale ha «[r]iafferm[ato] il diritto inalienabile del popolo del Sahara occidentale all’autodeterminazione e all’indipendenza, conformemente alla [Carta delle Nazioni Unite] (…) e agli obiettivi della [sua] risoluzione 1514 (XV)», ha «[d]eplor[ato] vivamente l’aggravarsi della situazione derivante dalla persistenza dell’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco», ha «[e]sorta[to] il Marocco ad impegnarsi a sua volta nel processo di pace e a porre fine all’occupazione del territorio del Sahara occidentale» e ha «[r]accomand[ato] a tal fine che il [Fronte Polisario], rappresentante del popolo del Sahara occidentale, partecip[asse] pienamente ad ogni ricerca di una soluzione politica equa, duratura e definitiva della questione del Sahara occidentale, conformemente alle risoluzioni e dichiarazioni dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite». A tale risoluzione faceva seguito la risoluzione 35/19, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione della sua 56a sessione plenaria, svoltasi l’11 novembre 1980. Al punto 10 di tale risoluzione l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha «[e]sort[ato] (…) il Marocco e il [Fronte Polisario], rappresentante del popolo del Sahara occidentale, ad avviare negoziati diretti al fine di giungere ad una composizione definitiva della questione del Sahara occidentale».

30

Il conflitto tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario è proseguito sino a quando, il 30 agosto 1988, le parti hanno accettato, in via di principio, talune proposte di accordo formulate, segnatamente, dal Segretario generale delle Nazioni Unite e che prevedevano, in particolare, la proclamazione di un cessate il fuoco, nonché l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione sotto il controllo delle Nazioni Unite. Tuttavia, in assenza di una soluzione politica, le ostilità riprendevano nel 2020.

31

Nell’aprile 1991 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha istituito la missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione di un referendum nel Sahara occidentale (Minurso) al fine, in particolare, di sorvegliare il cessate il fuoco e di prestare assistenza nell’organizzazione di tale referendum. Il mandato della Minurso è esteso annualmente e ad oggi è tuttora in corso. Varie risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno regolarmente riaffermato che qualsiasi soluzione politica deve consentire «l’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale nell’ambito di accordi conformi ai fini e ai principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite» [v., da ultimo, la risoluzione 2703 (2023) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 30 ottobre 2023, punto 4].

32

Ad oggi, tale referendum non ha ancora avuto luogo e il Regno del Marocco controlla la maggior parte del territorio del Sahara occidentale, che un muro di sabbia, costruito e sorvegliato dal suo esercito, tiene separato dal resto di tale territorio, controllato dal Fronte Polisario.

L’accordo di associazione, l’accordo di liberalizzazione e le loro conseguenze giuridiche

33

A seguito dell’entrata in vigore dell’accordo di associazione il 1o marzo 2000, vari protocolli di quest’ultimo sono stati conclusi e modificati. Il 13 dicembre 2010 l’Unione europea e il Regno del Marocco hanno quindi firmato, a Bruxelles, l’accordo in forma di scambio di lettere in merito a misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca, alla sostituzione dei protocolli nn. 1, 2 e 3 e dei relativi allegati e a modifiche dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2012, L 241, pag. 4; in prosieguo: l’«accordo di liberalizzazione»). Tale accordo è stato approvato a nome dell’Unione per mezzo della decisione 2012/497/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2012 (GU 2012, L 241, pag. 2).

34

Il 19 novembre 2012, il Fronte Polisario ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale volto all’annullamento di tale decisione, deducendo, segnatamente, una serie di violazioni, da parte del Consiglio, dei suoi obblighi derivanti dal diritto internazionale, per aver esso approvato, con detta decisione, l’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al territorio del Sahara occidentale. Con sentenza del 10 dicembre 2015, Fronte Polisario/Consiglio (T‑512/12, EU:T:2015:953), il Tribunale ha annullato la decisione 2012/497 nella parte in cui approvava l’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al Sahara occidentale, in base al rilievo che il Consiglio era venuto meno all’obbligo ad esso incombente di esaminare, preliminarmente all’adozione di tale decisione, tutti gli elementi del caso di specie, non avendo verificato se lo sfruttamento dei prodotti originari di tale territorio esportati verso l’Unione europea non avvenisse arrecando pregiudizio alla popolazione di detto territorio e non comportasse alcuna violazione dei diritti fondamentali delle persone interessate.

35

Adita con impugnazione proposta dal Consiglio il 19 febbraio 2016, la Corte, con sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), ha annullato la sentenza del 10 dicembre 2015, Fronte Polisario/Consiglio, (T‑512/12, EU:T:2015:953) e ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto dal Fronte Polisario dinanzi al Tribunale. A tal riguardo, la Corte ha accolto il secondo motivo di impugnazione, vertente sull’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale nell’analisi della legittimazione ad agire del Fronte Polisario e, più in particolare, la censura relativa al fatto che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che l’accordo di liberalizzazione si applicasse al Sahara occidentale. La Corte ha ritenuto, segnatamente che, conformemente al principio di autodeterminazione, applicabile nelle relazioni fra l’Unione e il Regno del Marocco, nonché al diritto all’autodeterminazione che ne discende per il popolo del Sahara occidentale, che è un territorio non autonomo ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, detto territorio gode di uno status separato e distinto rispetto a quello di qualsiasi Stato, compreso il Regno del Marocco. La Corte ne ha concluso che i termini «territorio del Regno del Marocco» figuranti all’articolo 94 dell’accordo di associazione non potevano essere interpretati in modo da includere il Sahara occidentale nell’ambito di applicazione territoriale di detto accordo.

36

Per giungere a tale conclusione, la Corte si è altresì fondata, nella sua sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C-104/16 P, EU:C:2016:973), sul fatto che il popolo del Sahara occidentale doveva essere considerato come un «terzo» ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati. Il consenso di tale terzo era, infatti, necessario affinché l’attuazione dell’accordo di associazione potesse incidere su quest’ultimo in caso di inclusione del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione di detto accordo, senza che fosse necessario determinare se una siffatta attuazione fosse idonea a nuocergli o, al contrario, ad operare a suo vantaggio. Orbene, la Corte ha rilevato che dalla sentenza del 10 dicembre 2015, Fronte Polisario/Consiglio (T-512/12, EU:T:2015:953) non emergeva che il popolo del Sahara occidentale avesse manifestato tale consenso con riguardo all’accordo di associazione.

L’accordo controverso e la decisione controversa

37

A seguito della sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), il Consiglio, con decisione del 29 maggio 2017, ha autorizzato la Commissione ad aprire negoziati, a nome dell’Unione, con il Regno del Marocco al fine di concludere un accordo internazionale che apportasse modifiche al protocollo n. 1, relativo al regime applicabile all’importazione nell’Unione europea di prodotti agricoli, di prodotti agricoli trasformati, di pesci e di prodotti della pesca originari del Marocco, e al protocollo n. 4, relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa, dell’accordo di associazione. Nell’ambito dell’autorizzazione ad aprire negoziati accordata alla Commissione, il Consiglio ha chiesto a quest’ultima, da un lato, di garantire che le popolazioni interessate dall’accordo internazionale fossero adeguatamente coinvolte, e, dall’altro, di valutare le potenziali ripercussioni di detto accordo sullo sviluppo sostenibile del Sahara occidentale, in particolare i vantaggi per le popolazioni locali e l’impatto dello sfruttamento delle risorse naturali sui territori interessati.

38

Successivamente alla relazione della Commissione dell’11 giugno 2018 sui benefici per la popolazione del Sahara occidentale dell’estensione di preferenze tariffarie ai prodotti originari di tale territorio e sulla consultazione della popolazione medesima, in cui l’Istituzione ha riportato il risultato delle consultazioni e dell’analisi da essa effettuate, il 25 ottobre 2018 è stato firmato a Bruxelles l’accordo in forma di scambio di lettere relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2019, L 34, pag. 4; in prosieguo: l’«accordo controverso»).

39

I commi dal terzo al nono di ciascuna delle due lettere, il cui scambio ha dato origine all’accordo controverso, così recitano:

«Il presente accordo è concluso senza pregiudizio delle rispettive posizioni dell’[Unione] sullo status del Sahara occidentale e del Regno del Marocco su tale regione.

Le due parti riaffermano il loro sostegno al processo delle Nazioni Unite e appoggiano gli sforzi del [Segretario generale delle Nazioni Unite] volti a pervenire a una soluzione politica definitiva, conformemente ai principi e agli obiettivi della Carta delle Nazioni Unite e sulla base delle risoluzioni del [Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite].

L’[Unione] e il Regno del Marocco hanno convenuto di inserire la seguente dichiarazione congiunta dopo il protocollo n. 4 (…):

“Dichiarazione comune concernente l’applicazione dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’[accordo di associazione]

1. I prodotti originari del Sahara occidentale che sono soggetti al controllo delle autorità doganali del Regno del Marocco beneficiano delle stesse preferenze commerciali concesse dall’[Unione] ai prodotti contemplati dall’accordo di associazione.

2. Il protocollo n. 4 si applica, mutatis mutandis, ai fini della definizione del carattere originario dei prodotti di cui al paragrafo 1, anche per quanto riguarda le prove dell’origine.

3. Le autorità doganali degli Stati membri dell’[Unione] e del Regno del Marocco sono responsabili dell’applicazione del protocollo n. 4 a tali prodotti.”

L’[Unione] e il Regno del Marocco riaffermano il proprio impegno ad applicare i protocolli in conformità delle disposizioni dell’accordo di associazione riguardanti il rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani.

L’inserimento ella presente dichiarazione comune si basa sul partenariato privilegiato che lega da lunga data [l’Unione] e il Regno del Marocco, sancito in particolare dallo status avanzato concesso a quest’ultimo, e sull’ambizione condivisa delle parti di approfondire e ampliare il partenariato.

In questo spirito di partenariato e per consentire alle parti di valutare l’impatto del presente accordo, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto concerne i vantaggi per gli interessati e lo sfruttamento delle risorse naturali dei territori interessati, l’[Unione] e il Regno del Marocco hanno convenuto di scambiarsi reciprocamente informazioni nell’ambito del comitato di associazione almeno una volta all’anno.

Le modalità specifiche di tale esercizio saranno determinate in una fase successiva, in vista della loro adozione da parte del consiglio di associazione, al più tardi due mesi dall’entrata in vigore del presente accordo».

40

Il 28 gennaio 2019 il Consiglio ha adottato la decisione controversa.

41

I considerando da 3 a 10 della decisione controversa così recitano:

«(3)

L’Unione non pregiudica l’esito del processo politico sullo status definitivo del Sahara occidentale che ha luogo sotto l’egida delle Nazioni Unite ed ha costantemente ribadito l’importanza che annette alla risoluzione della controversia relativa al Sahara occidentale, attualmente iscritto dalle Nazioni Unite nell’elenco dei territori non autonomi, oggi in gran parte amministrato dal Regno del Marocco (…).

(4)

Dall’entrata in vigore dell’accordo di associazione, alcuni prodotti provenienti dal Sahara occidentale e certificati di origine marocchina sono stati importati nell’Unione beneficiando delle preferenze tariffarie previste dalle pertinenti disposizioni di detto accordo.

(5)

Nella sentenza [del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C 104/16 P, EU:C:2016:973)] la [Corte] ha tuttavia precisato che l’accordo di associazione riguardava unicamente il territorio del Regno del Marocco e non il Sahara occidentale, un territorio non-autonomo.

(6)

È importante garantire che i flussi commerciali che si sono sviluppati nel corso degli anni non siano perturbati, creando nel contempo adeguate salvaguardie del diritto internazionale, compresi i diritti umani, e dello sviluppo sostenibile dei territori interessati. Il 29 maggio 2017, il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad aprire i negoziati con il Regno del Marocco al fine di istituire, in conformità della sentenza [del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C 104/16 P, EU:C:2016:973)], una base giuridica per la concessione ai prodotti originari del Sahara occidentale delle preferenze tariffarie previste dall’accordo di associazione. Un accordo tra [l’Unione] e il Regno del Marocco rappresenta la sola possibilità di garantire che l’importazione di prodotti originari del Sahara occidentale possa beneficiare di un’origine preferenziale, considerato che le autorità marocchine sono le uniche in grado di garantire il rispetto delle norme necessarie per la concessione di tali preferenze.

(7)

La Commissione ha valutato le potenziali ripercussioni di tale accordo sullo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalle preferenze tariffarie concesse ai prodotti del Sahara occidentale per gli interessati e gli effetti sullo sfruttamento delle risorse naturali dei territori interessati (…).

(8)

Dalla valutazione emerge (…) che, nel complesso, per l’economia del Sahara occidentale, i benefici derivanti dalla concessione delle preferenze tariffarie previste dall’accordo di associazione ai prodotti originari del Sahara occidentale e, in particolare, il potente effetto di leva economica e, quindi, di sviluppo sociale che la concessione rappresenta, superano gli svantaggi menzionati nel corso delle consultazioni, tra cui l’uso estensivo delle risorse naturali (…).

(9)

Si è valutato che l’estensione delle preferenze tariffarie ai prodotti originari del Sahara occidentale avrà un impatto complessivamente positivo per gli interessati (…).

(10)

Viste le considerazioni sul consenso nella sentenza [del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C 104/16 P, EU:C:2016:973)], la Commissione, in collaborazione con il Servizio europeo per l’azione esterna [(SEAE)], ha adottato tutte le misure ragionevoli e possibili nel contesto attuale atte a consultare adeguatamente gli interessati al fine di acquisire il loro consenso all’accordo. Sono state svolte vaste consultazioni e la maggioranza degli operatori socioeconomici e politici che hanno partecipato alle consultazioni si è espressa a favore dell’estensione delle preferenze tariffarie dell’accordo di associazione al Sahara occidentale. Quelli che hanno respinto la proposta di estensione hanno ritenuto in sostanza che detto accordo perpetuerebbe l’attuale posizione del Marocco sul territorio del Sahara occidentale. Nessun elemento dello stesso accordo induce a ritenere che esso riconosca la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale. L’Unione continuerà del resto, impegnandosi a tale scopo in misura ancora maggiore, a sostenere il processo di risoluzione pacifica della controversia avviato e proseguito sotto l’egida delle Nazioni Unite».

42

Ai termini dell’articolo 1, primo comma, della decisione controversa, l’accordo controverso è approvato a nome dell’Unione. L’accordo è entrato in vigore il 19 luglio 2019 (GU 2019, L 197, pag. 1).

Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

43

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 aprile 2019, il Fronte Polisario ha proposto ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

44

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato la decisione controversa e ha disposto che i suoi effetti sono mantenuti per un periodo che non poteva eccedere il termine previsto all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea o, se un’impugnazione era proposta entro tale termine, fino alla pronuncia della sentenza della Corte su tale impugnazione.

45

In primo luogo, il Tribunale ha esaminato le due censure di irricevibilità sollevate, in via principale, contro detto ricorso dal Consiglio, sostenuto dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalla Confédération marocaine de l’agriculture et du développement rural (Comader), relative, quanto alla prima, al difetto di capacità del Fronte Polisario di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione e, quanto alla seconda, al difetto di legittimazione del Fronte Polisario ad agire contro la decisione controversa, respingendole entrambe, rispettivamente, ai punti da 79 a 114 e ai punti da 133 a 238 della sentenza impugnata.

46

In secondo luogo, dopo aver respinto il primo motivo di annullamento dedotto dal Fronte Polisario a sostegno delle proprie domande, relativo all’incompetenza del Consiglio ad adottare la decisione controversa, il Tribunale ha esaminato, ai punti da 251 a 391 della sentenza impugnata, il terzo motivo di annullamento, vertente, in sostanza, sulla violazione, da parte del Consiglio, del suo obbligo di conformarsi ai requisiti che la giurisprudenza della Corte ha desunto dal principio di autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei trattati, precisati nelle sentenze del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), e del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK (C‑266/16, EU:C:2018:118). Al punto 391 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che il Consiglio, adottando la decisione controversa, non aveva sufficientemente preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti relativi alla situazione del Sahara occidentale e aveva considerato, erroneamente, di disporre di un margine discrezionale per decidere se occorreva conformarsi al requisito in base al quale il popolo di tale territorio doveva esprimere il proprio consenso all’applicazione dell’accordo controverso nei suoi confronti, in quanto soggetto terzo rispetto a detto accordo, in conformità all’interpretazione adottata dalla Corte del principio dell’effetto relativo dei trattati in combinato con il principio di autodeterminazione.

Il procedimento dinanzi alla Corte e le conclusioni delle parti

47

Con decisione del Presidente della Corte del 15 febbraio 2022, le cause C‑779/21 P e C‑799/21 P sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

48

Con decisione del Presidente della Corte del 27 maggio 2022, il Regno di Spagna è stato ammesso a intervenire a sostegno della Commissione nella causa C‑779/21 P.

49

Con decisioni del Presidente della Corte del 27 maggio 2022, il Regno di Spagna, l’Ungheria, la Repubblica portoghese e la Repubblica slovacca sono stati ammessi ad intervenire a sostegno del Consiglio nella causa C‑799/21 P.

50

Con decisione del Presidente della Corte del 13 giugno 2022, il Regno del Belgio è stato parimenti ammesso a intervenire a sostegno del Consiglio nella causa C‑799/21 P. Tale Stato membro, tuttavia, non ha successivamente partecipato alla fase scritta del procedimento.

51

Con la propria impugnazione, la Commissione (causa C‑779/21 P) chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere il ricorso proposto in primo grado dal Fronte Polisario o, nel caso in cui la Corte ritenga che lo stato degli atti non consente di statuire definitivamente sulla controversia, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

condannare il Fronte Polisario all’integralità delle spese di entrambi i gradi del giudizio, comprese quelle della ricorrente nel giudizio di impugnazione.

52

Con la sua impugnazione, il Consiglio (causa C‑799/21 P) chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

pronunciarsi definitivamente sulle questioni oggetto della sua impugnazione e respingere il ricorso proposto dal Fronte Polisario;

condannare il Fronte Polisario alle spese relative al presente procedimento d’impugnazione e alla causa T‑279/19, e

in subordine, mantenere gli effetti della decisione controversa per un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza su tale impugnazione.

53

Il Fronte Polisario chiede che la Corte voglia:

respingere le impugnazioni;

condannare la Commissione all’integralità delle spese sostenute dal Fronte Polisario nell’ambito della presente causa, nonché

condannare il Consiglio all’integralità delle spese sostenute dal Fronte Polisario nell’ambito della presente causa e nel giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale.

54

La Repubblica francese chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

pronunciarsi definitivamente sulle questioni oggetto delle presenti impugnazioni e respingere il ricorso del Fronte Polisario o, nel caso in cui la Corte ritenga che lo stato degli atti non consente di statuire definitivamente sulla controversia, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

in subordine, per i motivi dedotti dal Consiglio e dalla Commissione, mantenere gli effetti della decisione controversa per un periodo di diciotto mesi a decorrere dalla pronuncia della sentenza su tale impugnazione.

55

La Comader chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

dichiarare il ricorso del Fronte Polisario irricevibile o, quanto meno, infondato, e

condannare il Fronte Polisario alle spese.

56

Il Regno di Spagna chiede alla Corte di accogliere l’impugnazione della Commissione nella causa C‑779/21 P nonché quella del Consiglio nella causa C‑799/21 P. Il Regno del Belgio, l’Ungheria, la Repubblica portoghese e la Repubblica slovacca chiedono alla Corte di accogliere l’impugnazione del Consiglio.

Sulle impugnazioni

57

A sostegno delle loro impugnazioni, la Commissione, ricorrente nella causa C‑779/21 P, e il Consiglio, ricorrente nella causa C‑799/21 P, deducono, rispettivamente, cinque e quattro motivi. I primi tre motivi di impugnazione nella causa C‑779/21 P e i primi due motivi di impugnazione nella causa C‑799/21 P attengono ad errori di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale con riguardo alla ricevibilità del ricorso dinanzi ad esso proposto dal Fronte Polisario, mentre i motivi di impugnazione quarto e quinto nella causa C‑779/21 P e i motivi di impugnazione terzo e quarto nella causa C‑799/21 P attengono ad errori di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale nell’ambito dell’esame del merito di tale ricorso.

Sul primo motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e sul primo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P, vertenti sul difetto di capacità di stare in giudizio del Fronte Polisario

Argomenti delle parti

58

Con i rispettivi primi motivi, il Consiglio e la Commissione contestano al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto nel ritenere, ai punti da 90 a 114 della sentenza impugnata, che il Fronte Polisario disponesse della capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione.

59

Tali due istituzioni, al pari della Repubblica francese e della Comader, sostengono segnatamente, in sostanza, che il Fronte Polisario difetta di personalità giuridica in base tanto al diritto internazionale quanto al diritto dell’Unione. Esse si oppongono, inoltre, a che il principio della tutela giurisdizionale effettiva possa essere invocato al fine di riconoscere al Fronte Polisario la legittimazione ad agire dinanzi al Tribunale per difendere il diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, salvo rendere ricevibile qualsiasi ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione, in quanto giudice «interno», sebbene tale ricorso riguardi una controversia internazionale, disciplinata dal diritto internazionale e promossa da un soggetto di diritto internazionale, di cui non potrebbe essere adito un giudice internazionale. A parere del Consiglio, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva non implica un accesso universale ai giudici dell’Unione che prescinda dalle condizioni di ricevibilità fissate all’articolo 263, quarto comma, TFUE.

60

Inoltre, secondo la Commissione, se è pur vero che il Fronte Polisario certamente partecipa ad una «soluzione politica» della questione dello status definitivo del territorio del Sahara occidentale, come rilevato ai punti 91 e 92 della sentenza impugnata, la rilevanza della risoluzione 34/37 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, menzionata dal Tribunale e richiamata al precedente punto 29, dovrebbe essere messa in prospettiva. È ben vero che detta risoluzione raccomanda la partecipazione del Fronte Polisario in qualità di «rappresentante» del popolo del Sahara occidentale alla soluzione politica del conflitto relativo a tale territorio. Sebbene priva di effetti cogenti, essa precederebbe, tuttavia, il sorgere di una certa forma di rappresentatività locale della popolazione del Sahara occidentale tramite elezioni a suffragio universale diretto. L’Unione avrebbe riconosciuto il Fronte Polisario solo come una delle «parti» di un processo di pace condotto a livello di Nazioni Unite, e la percentuale esatta del popolo del Sahara occidentale che ad oggi si possa ritenere da esso rappresentata resterebbe incerta.

61

A parere del Consiglio, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto accogliendo un’interpretazione ampia della nozione di «persona giuridica» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, che non tiene conto dei limiti del ruolo e della rappresentatività del Fronte Polisario nel diritto internazionale, e respingendo, al punto 103 della sentenza impugnata, gli argomenti dedotti dal Consiglio al riguardo. Erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la rappresentatività del Fronte Polisario nell’ambito del processo di risoluzione politica della controversia a livello delle Nazioni Unite giustificasse il riconoscimento al medesimo dello status di «persona giuridica» al fine di consentirgli di contestare la validità di una decisione relativa alla stipulazione di un accordo privo di qualsiasi attinenza con la risoluzione di tale controversia. Il ruolo del Fronte Polisario a livello internazionale si limiterebbe alla sua capacità di partecipare, in qualità di rappresentante del popolo del Sahara occidentale, ai negoziati condotti sotto l’egida delle Nazioni Unite in merito allo status definitivo del Sahara occidentale, conformemente alla risoluzione 34/37 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, richiamata al precedente punto 29 della presente sentenza. Il fatto che le istituzioni dell’Unione riconoscano l’esistenza di una controversia oggetto di negoziati nell’ambito delle Nazioni Unite non implicherebbe in alcun modo che l’Unione o le sue istituzioni riconoscano il Fronte Polisario come loro interlocutore, non essendo l’Unione parte di tali negoziati.

62

Il Fronte Polisario contesta tale argomento.

Giudizio della Corte

63

Come ricordato, sostanzialmente, dal Tribunale ai punti 82 e 83 della sentenza impugnata, se è pur vero che, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma di tale articolo, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione, la Corte ha tuttavia già riconosciuto la capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione ad entità indipendentemente dalla questione della loro costituzione come persona giuridica di diritto interno.

64

Come rilevato dal Tribunale al punto 84 della sentenza impugnata, ciò è avvenuto, segnatamente, allorché, da un lato, l’entità in questione disponeva di una rappresentatività sufficiente rispetto alle persone delle quali essa sosteneva di difendere i diritti derivanti dal diritto dell’Unione, nonché dell’autonomia e della responsabilità necessarie per agire nell’ambito di rapporti giuridici determinati da questo stesso diritto e, dall’altro, essa era stata riconosciuta dalle istituzioni come interlocutrice nel corso delle trattative concernenti tali diritti (v., in tal senso, sentenze dell’8 ottobre 1974, Union syndicale – Service public européen e a./Consiglio, 175/73, EU:C:1974:95, punti da 9 a 17, nonché dell’8 ottobre 1974, Syndicat général du personnel des organismes européens/Commissione, 18/74, EU:C:1974:96, punti da 5 a 13).

65

Lo stesso dicasi, come rilevato dal Tribunale al punto 85 della sentenza impugnata, per il caso in cui le istituzioni dell’Unione avevano trattato tale entità come un soggetto distinto, dotato di diritti ed obblighi propri. Infatti, la coerenza e la giustizia impongono di riconoscere la capacità di stare in giudizio di una siffatta entità per contestare le misure restrittive dei suoi diritti o le decisioni sfavorevoli adottate nei suoi confronti dalle istituzioni (v., in tal senso, sentenze del 28 ottobre 1982, Groupement des Agences de voyages/Commissione, 135/81, EU:C:1982:371, punti da 9 a 11; del 18 gennaio 2007, PKK e KNK/Consiglio, C‑229/05 P, EU:C:2007:32, punti da 107 a 112, e del 15 giugno 2017, Al-Faqih e a./Commissione, C‑19/16 P, EU:C:2017:466, punto 40).

66

Il Tribunale ha peraltro giustamente ricordato, al punto 86 della sentenza impugnata, che, secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di «persona giuridica» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE non può essere interpretata restrittivamente [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su uno Stato terzo), C‑872/19 P, EU:C:2021:507, punto 44].

67

Nel caso di specie, si deve constatare che, come osservato dall’avvocata generale al paragrafo 82 delle sue conclusioni, il Fronte Polisario è un movimento di liberazione autoproclamato, nato per lottare per un particolare tipo di futuro modello di governance del territorio non autonomo del Sahara occidentale, vale a dire quello dell’indipendenza di tale territorio, attualmente rispetto al Regno del Marocco, e della creazione di uno Stato saharawi sovrano. Tale movimento cerca, quindi, di costituire uno Stato indipendente nel quadro dell’esercizio del diritto all’autodeterminazione del popolo del territorio non autonomo del Sahara occidentale.

68

Tenendo presente che tale movimento mira proprio, sulla base del diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, ad istituire un ordinamento giuridico statale per tale territorio, non si può esigere, ai fini del riconoscimento della sua capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione, che esso sia costituito come persona giuridica secondo un determinato ordinamento giuridico nazionale.

69

Il Fronte Polisario è, peraltro, uno degli interlocutori legittimi nell’ambito del processo condotto, al fine di determinare il futuro del Sahara occidentale, sotto l’egida del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ricordato al punto 31 della presente sentenza, le cui decisioni sono vincolanti per tutti gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione, nonostante non gli sia mai stato riconosciuto lo status di «movimento di liberazione nazionale» dalle Nazioni Unite o dall’Unione e dai suoi Stati membri.

70

Ne consegue che il Fronte Polisario, che partecipa anche a diversi forum internazionali, in particolare africani, e intrattiene relazioni giuridiche bilaterali a livello internazionale, presenta un’esistenza giuridica sufficiente per poter stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione.

71

Quanto alla questione se tale entità possa legittimamente rappresentare gli interessi del popolo del Sahara occidentale, la questione riguarda la sua legittimazione ad agire nell’ambito di un ricorso di annullamento diretto contro la decisione controversa, e non la sua capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione.

72

Infine, l’argomento relativo al mancato riconoscimento della personalità giuridica del Fronte Polisario negli ordinamenti giuridici degli Stati membri o al fatto che nessun giudice di uno Stato membro ne abbia riconosciuto la capacità di stare in giudizio è inoperante. Come, infatti, rilevato dal Tribunale al punto 83 della sentenza impugnata, anche se la nozione di «persona giuridica» che figura all’articolo 263, quarto comma, TFUE, comporta, in linea di principio, la sussistenza della personalità giuridica, la quale deve essere verificata alla luce del diritto nazionale ai sensi del quale la persona giuridica in questione è stata costituita, essa non coincide necessariamente con quelle proprie dei vari ordinamenti giuridici degli Stati membri. Occorre parimenti rilevare, a tal proposito, che la Corte ha riconosciuto che uno Stato terzo, in quanto Stato dotato di personalità giuridica internazionale, deve essere considerato una «persona giuridica» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su uno Stato terzo), C‑872/19 P, EU:C:2021:507, punto 53].

73

Alla luce dei suesposti rilievi, il Tribunale ha potuto concludere, senza incorrere in errori di diritto, che il Fronte Polisario era munito della capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

74

Di conseguenza, il primo motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e il primo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P devono essere respinti in quanto infondati.

Sui motivi di impugnazione secondo e terzo nella causa C‑779/21 P e sul secondo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P, in base ai quali il Fronte Polisario non sarebbe interessato direttamente e individualmente dalla decisione controversa

75

La Commissione, con i motivi di impugnazione nella causa C‑779/21 P, e il Consiglio, con le parti prima e seconda del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P, deducono che erroneamente il Tribunale ha ritenuto, al punto 224 della sentenza impugnata, che il Fronte Polisario fosse direttamente interessato dalla decisione controversa ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE e, al punto 238 della sentenza impugnata, che esso fosse individualmente interessato dalla decisione medesima, ai sensi di tale disposizione.

Sul secondo motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e sulla prima parte del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P, secondo cui il Fronte Polisario non sarebbe direttamente interessato dalla decisione controversa

– Argomenti delle parti

76

Il Consiglio e la Commissione sostengono che erroneamente il Tribunale ha dichiarato, al punto 224 della sentenza impugnata, che il Fronte Polisario era direttamente interessato dalla decisione controversa.

77

La Commissione sostiene, in particolare, che il Tribunale ha violato il diritto dell’Unione laddove ha ritenuto che taluni effetti della decisione controversa e dell’accordo controverso rispondevano ai requisiti che consentono di considerare che il Fronte Polisario era direttamente interessato dalla decisione controversa, mentre l’accordo controverso, che detta decisione avrebbe dovuto approvare a nome dell’Unione, si limiterebbe a concedere, per mezzo di una modifica delle norme sull’origine, un accesso preferenziale nell’Unione a taluni prodotti originari del Sahara occidentale, nel rispetto, al tempo stesso, del riconoscimento dello status separato di tale territorio e lasciando completamente aperto l’esito del processo condotto a livello di Nazioni Unite riguardo a tale territorio non autonomo. Tale istituzione ritiene, quindi, che siano gli importatori a poter far valere, all’occorrenza, i «diritti» conferiti dall’accordo di cui trattasi e a contestare le decisioni adottate dalle autorità doganali quanto alla sua applicazione dinanzi ai giudici degli Stati membri, in caso di loro inosservanza. Orbene, i dichiaranti in dogana dovrebbero essere, di regola, stabiliti nell’Unione. I produttori del Paese terzo interessato da detto accordo potrebbero, certamente, beneficiare di una più ampia apertura del mercato europeo, ma tale beneficio costituirebbe un effetto «economico» dell’accordo controverso. Gli effetti «all’esterno dell’Unione» non sarebbero quindi di natura giuridica, né sarebbero disciplinati dal diritto dell’Unione.

78

Il ragionamento seguito dal Tribunale nel respingere gli argomenti delle istituzioni sarebbe, in realtà, volto a dimostrare non tanto che il Fronte Polisario sia direttamente interessato dalla decisione controversa, ma piuttosto l’applicabilità dell’accordo controverso al territorio del Sahara occidentale e la sua incidenza, quindi, sul popolo di detto territorio. Orbene, il fatto che le autorità doganali marocchine siano chiamate a partecipare all’attuazione dell’accordo controverso con riguardo al rilascio dei certificati di origine, o che gli esportatori debbano rispettare determinate condizioni per consentire agli importatori di beneficiare di tariffe preferenziali, o ancora che tale accordo abbia un impatto sui prodotti del Sahara occidentale, non implicherebbe minimamente che detto accordo produca effetti giuridici in un territorio terzo.

79

Il Consiglio aggiunge, segnatamente, che la conclusione, esposta al punto 171 della sentenza impugnata, secondo cui, alla luce della natura di una decisione di conclusione di un accordo internazionale e dei suoi effetti giuridici propri, l’esistenza di effetti diretti della decisione controversa sulla situazione giuridica del Fronte Polisario, in ragione del contenuto dell’accordo controverso, non può essere esclusa a priori, è fondata su una motivazione viziata da errori di diritto.

80

Erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto, ai punti 150 e 162 della sentenza impugnata, che una decisione relativa alla conclusione di un accordo internazionale sia un elemento costitutivo di detto accordo e produca effetti giuridici nei confronti delle altre parti «nella misura in cui formalizza l’accettazione, da parte dell’Unione, degli impegni da essa sottoscritti verso le medesime». La decisione controversa non produrrebbe effetti giuridici al di fuori dell’ordinamento giuridico interno dell’Unione. Con essa, l’Unione esprimerebbe il proprio consenso nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno dell’Unione, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 162 della sentenza impugnata.

81

Sarebbe l’atto di notifica da parte dell’Unione, espressamente richiamato tanto nell’ultimo paragrafo dell’accordo controverso, quanto all’articolo 2 della decisione controversa, che il Fronte Polisario avrebbe dovuto impugnare dinanzi al Tribunale – ammesso che siano soddisfatte tutte le condizioni di ricevibilità. Il Consiglio contesta, inoltre, che tali condizioni siano soddisfatte nel caso di specie.

82

Il Consiglio contesta parimenti l’affermazione del Tribunale, di cui al punto 215 della sentenza impugnata, secondo cui, nella misura in cui la stipulazione dell’accordo controverso riguarda il popolo del Sahara occidentale e richiede il suo consenso, la decisione controversa produrrebbe effetti diretti sulla situazione giuridica del Fronte Polisario, in quanto rappresentante di tale popolo.

83

La Repubblica francese ritiene che il Tribunale sia incorso in una prima serie di errori di diritto relativi agli effetti giuridici di una decisione del Consiglio di conclusione di un accordo internazionale. Essa sottolinea, alla pari del Consiglio, che, se è pur vero che l’affermazione, esposta al punto 150 della sentenza impugnata, secondo cui una decisione di conclusione di un accordo internazionale materializza il consenso dell’Unione ad essere vincolata da tale accordo, è corretta nell’ordinamento giuridico dell’Unione, solo la notifica del completamento delle procedure interne alla parte interessata esprimerebbe, tuttavia, a livello internazionale, il consenso ad essere vincolati da un accordo. Il Tribunale sarebbe peraltro incorso in una seconda serie di errori di diritto laddove ha sostenuto che la posizione giuridica del Fronte Polisario è stata direttamente modificata dal medesimo accordo controverso.

84

Allo stesso modo, la Comader sostiene, in primo luogo, gli argomenti del Consiglio relativi ai pretesi errori di diritto commessi dal Tribunale ai punti da 149 a 159 della sentenza impugnata, considerato che la decisione di concludere un trattato non ne implicherebbe l’entrata in vigore. Inoltre, il principio della tutela giurisdizionale effettiva non sarebbe volto ad estendere il diritto di un ricorrente non europeo di proporre un ricorso ai fini della difesa di diritti collettivi derivanti dal diritto internazionale. In secondo luogo, ritenendo, al punto 215 della sentenza impugnata, che il Fronte Polisario fosse direttamente interessato dalla decisione controversa, il Tribunale avrebbe confuso il Fronte Polisario con il popolo del Sahara occidentale.

85

Il Fronte Polisario contesta tale argomento.

– Giudizio della Corte

86

Come rilevato al punto 63 della presente sentenza, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma di tale articolo, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

87

Come ricordato dal Tribunale al punto 144 della sentenza impugnata, secondo una giurisprudenza costante, la condizione secondo la quale una persona fisica o giuridica deve essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che il provvedimento contestato, da un lato, produca effetti direttamente sulla situazione giuridica del soggetto in questione e, dall’altro, che non riconosca alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, cause da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio, C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 43 e a giurisprudenza ivi citata).

88

Nel caso di specie, con il suo ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale, il Fronte Polisario ha inteso tutelare il diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, già riconosciuto dalla Corte ai punti 88, 91 e 105 della sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario, (C‑104/16 P, EU:C:2016:973). Orbene, è alla luce degli effetti della decisione controversa e, di conseguenza, dell’accordo controverso sulla situazione giuridica di tale popolo, rappresentato, ai fini delle cause in esame, dal Fronte Polisario, che occorre esaminare se quest’ultimo sia direttamente interessato dalla decisione medesima, ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto della presente sentenza.

89

Sebbene non sia stato ufficialmente riconosciuto come unico rappresentante del popolo del Sahara occidentale, il Fronte Polisario costituisce, infatti, conformemente alle risoluzioni delle più alte istanze delle Nazioni Unite, comprese quelle del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite richiamate al punto 31 della presente sentenza, un interlocutore privilegiato nell’ambito del processo condotto sotto l’egida delle Nazioni Unite, al fine di determinare il futuro status del Sahara occidentale. Esso partecipa inoltre ad altri forum internazionali per difendere il diritto all’autodeterminazione di detto popolo.

90

Tali particolari circostanze consentono di ritenere che il Fronte Polisario possa contestare dinanzi ai giudici dell’Unione la legittimità di un atto dell’Unione produttivo di effetti diretti sulla situazione giuridica del popolo del Sahara occidentale nella sua qualità di titolare del diritto all’autodeterminazione, laddove tale atto riguarda tale popolo individualmente o, nel caso di un atto regolamentare, non comporta alcuna misura d’esecuzione.

91

In tali circostanze, la condizione prevista dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, secondo cui una persona fisica o giuridica deve essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del suo ricorso, deve essere valutata, tenendo conto dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite e del principio della tutela giurisdizionale effettiva, in relazione alla situazione giuridica del popolo del Sahara occidentale, rappresentato, ai fini delle presenti cause, dal Fronte Polisario.

92

Nel caso di specie, la decisione controversa e, per estensione, l’accordo controverso soddisfano, in considerazione degli effetti che ne derivano per il diritto del popolo del Sahara occidentale all’autodeterminazione, i criteri richiamati al punto 87 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario, C‑104/16 P, EU:C:2016:973, punto 106).

93

Da un lato, infatti, come sostanzialmente rilevato dall’avvocata generale al paragrafo 75 delle sue conclusioni, detta decisione è diretta alla conclusione di un accordo internazionale la cui applicazione è prevista sulla maggior parte di un territorio rispetto al quale il popolo del Sahara occidentale è titolare del diritto all’autodeterminazione. Necessariamente essa incide, pertanto, sui diritti di tale popolo nei confronti di tale territorio, ivi compreso il diritto di sfruttare le sue risorse naturali ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite e del principio di diritto internazionale consuetudinario della sovranità permanente sulle risorse naturali [v., in tal senso, CIG, causa relativa alle attività militari sul territorio del Congo (Repubblica democratica del Congo c. Uganda), sentenza del 19 dicembre 2005, Recueil 2005, pag. 168, punto 244].

94

In particolare, sebbene l’Unione non riconosca, con l’accordo controverso, le pretese del Regno del Marocco con riguardo alla sovranità sul territorio del Sahara occidentale, l’accordo medesimo riconosce tuttavia efficacia giuridica, ai sensi del diritto dell’Unione, ad atti compiuti su tale territorio non autonomo dalle competenti autorità del Regno del Marocco, in particolare dalle autorità doganali, come quelli relativi alla concessione di certificati di origine per i prodotti originari del Sahara occidentale.

95

A tal riguardo, deve essere respinto l’argomento della Commissione secondo cui il fatto che l’accordo controverso abbia un impatto sui prodotti originari del Sahara occidentale non implica, sotto il profilo giuridico, un’«applicazione dell’accordo controverso al territorio del Sahara occidentale». L’applicazione di tale accordo presuppone, infatti, la presenza delle autorità marocchine nel territorio del Sahara occidentale e l’esercizio di funzioni amministrative da parte delle medesime in tale territorio, in vista dell’adozione di determinati atti previsti da detto accordo. Riconoscendo, quindi, effetti giuridici ad atti del genere delle autorità marocchine ai sensi del diritto dell’Unione, la decisione controversa incide direttamente sulla posizione giuridica del popolo del Sahara occidentale in quanto titolare del diritto all’autodeterminazione, a prescindere dalla questione se, in base al diritto internazionale, l’accordo controverso possa essere, o meno, invocato nei confronti del popolo medesimo in base al principio dell’effetto relativo dei trattati.

96

Dall’altro lato, a seguito dell’entrata in vigore dell’accordo controverso, l’obbligo di concedere un trattamento preferenziale ai prodotti originari del Sahara occidentale e certificati come tali dalle autorità doganali marocchine è vincolante per l’Unione, senza necessità di adottare alcun atto supplementare alla decisione controversa che implichi un potere discrezionale per le autorità responsabili dell’attuazione di detto accordo, la quale è, in tal modo, di natura puramente automatica.

97

In tale contesto, dev’essere respinto l’argomento del Consiglio e della Repubblica francese, diretto contro i punti 150 e 162 della sentenza impugnata, secondo cui il ricorso del Fronte Polisario dinanzi al Tribunale avrebbe dovuto essere rivolto non contro la decisione di conclusione dell’accordo controverso, ma contro l’atto di notifica, da parte dell’Unione al Regno del Marocco, dell’approvazione, da parte di essa, di tale accordo.

98

La decisione relativa alla conclusione di un accordo internazionale costituisce, infatti, un atto definitivo nell’ordinamento giuridico interno dell’Unione, che esprime la volontà dell’Unione di essere vincolata da tale accordo [v., in tal senso, parere 2/00 (Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza) del 6 dicembre 2001, EU:C:2001:664, punto 5]. Secondo una giurisprudenza costante richiamata al punto 135 della sentenza impugnata, tale decisione costituisce un atto impugnabile, non essendo la Corte competente ad annullare un accordo internazionale (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punti da 45 a 51). Per contro, la notifica dell’approvazione di tale accordo all’altra parte contraente costituisce una misura di esecuzione che, in linea di principio, dev’essere considerata come un atto non impugnabile.

99

Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale correttamente ha ritenuto, al punto 224 della sentenza impugnata, che il Fronte Polisario è direttamente interessato dalla decisione controversa.

100

Conseguentemente, il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e la prima parte del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P devono essere respinti in quanto infondati.

Sul terzo motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e sulla seconda parte del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P, secondo cui il Fronte Polisario non sarebbe individualmente interessato dalla decisione controversa

– Argomenti delle parti

101

Il Consiglio e la Commissione, nonché la Repubblica francese e la Comader, ritengono che il Tribunale abbia erroneamente concluso, al punto 238 della sentenza impugnata, che il Fronte Polisario era individualmente interessato dalla decisione controversa.

102

La Commissione, rileva, segnatamente, che, al punto 230 della sentenza impugnata, il Tribunale si limita a fare riferimento alle considerazioni svolte con riguardo alla condizione se il Fronte Polisario fosse, o meno, direttamente interessato dalla decisione controversa, le quali, come da essa dedotto nell’ambito del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P, sarebbero viziate da errori di diritto. Allo stesso modo, il Consiglio fa valere che il Tribunale è incorso in errori di diritto che inficerebbero anche la conclusione secondo cui il Fronte Polisario è individualmente interessato dalla decisione controversa.

103

Inoltre, il Consiglio e la Commissione contestano entrambi il rigetto da parte del Tribunale, al punto 235 della sentenza impugnata, della pertinenza della sentenza del 10 aprile 2003, Commissione/Nederlandse Antillen (C‑142/00 P, EU:C:2003:217), in cui la Corte avrebbe considerato che l’interesse generale che un paese o territorio d’oltremare (in prosieguo: «PTOM») può nutrire, in quanto soggetto competente sul suo territorio per le questioni di indole economica e sociale, al fine di ottenere un risultato favorevole alla prosperità economica del suo territorio non è, di per sé, sufficiente per considerarlo come soggetto individualmente interessato ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

104

La Commissione sottolinea, a tal proposito, che la distinzione operata dal Tribunale, ai punti 234 e 235 della sentenza impugnata, tra la situazione oggetto della sentenza del 10 aprile 2003, Commissione/Nederlandse Antillen (C‑142/00 P, EU:C:2003:217) e quella oggetto della causa in esame è artificiosa ed erronea in diritto, atteso che il provvedimento contestato in tale sentenza riguarda solo gli PTOM, alcuni dei quali sono o erano territori non autonomi. Non sarebbe ammissibile che il governo delle Antille olandesi non sia legittimato a impugnare un atto dell’Unione che incida economicamente sul suo territorio, mentre lo sarebbe il Fronte Polisario, salvo ritenere che i movimenti diretti ad ottenere l’indipendenza di un territorio, o che sono in conflitto con uno Stato, presentino maggiori garanzie rispetto a governi regionali.

105

Il Consiglio ritiene, da parte sua, che la motivazione accolta dal Tribunale non risponda all’argomento dal medesimo svolto con riguardo alla sentenza del 10 aprile 2003, Commissione/Nederlandse Antillen (C‑142/00 P, EU:C:2003:217), ricordando di aver fatto valere, nella sua controreplica dinanzi al Tribunale, che da tale sentenza risultava che, anche ammettendo che il Fronte Polisario sia un soggetto competente per le questioni di indole economica relative al Sahara occidentale, quod non, tale status non sarebbe sufficiente per poterlo considerare come individualmente interessato dall’accordo controverso.

106

Il Fronte Polisario contesta tale argomento.

– Giudizio della Corte

107

Secondo una giurisprudenza costante, i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguardi individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, solo se l’atto di cui si chiede l’annullamento li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li distingue in modo analogo ai destinatari (sentenza del 18 ottobre 2018, Internacional de Productos Metálicos/Commissione, C‑145/17 P, EU:C:2018:839, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

108

Alla luce dei rilievi esposti ai punti da 88 a 92 della presente sentenza, si deve dichiarare che il popolo del Sahara occidentale, rappresentato nelle cause in esame dal Fronte Polisario, è individualmente interessato dalla decisione controversa, in quanto l’inclusione esplicita del territorio del Sahara occidentale nella sfera di applicazione dell’accordo controverso, che è vincolante per l’Unione in virtù della decisione controversa, modifica la situazione giuridica di tale popolo in ragione del suo status di titolare del diritto all’autodeterminazione in relazione a tale territorio. Infatti, tale status lo distingue da qualsiasi altra persona o entità, compreso qualsiasi altro soggetto di diritto internazionale.

109

L’argomento della Commissione e del Consiglio relativo alla sentenza del 10 aprile 2003, Commissione/Nederlandse Antillen (C‑142/00 P, EU:C:2003:217), in cui la Corte ha considerato che l’interesse generale che uno PTOM, in quanto soggetto competente sul suo territorio per le questioni di indole economica e sociale, al fine di ottenere un risultato favorevole alla prosperità economica di quest’ultimo non è, di per sé, sufficiente per considerarlo interessato, ai sensi dell’articolo 173, quarto comma, del Trattato CE (divenuto articolo 263, quarto comma, TFUE), deve essere respinto. Il Tribunale ha, infatti, fondato la propria valutazione secondo cui il Fronte Polisario è individualmente interessato dalla decisione controversa e, per estensione, dall’accordo controverso non sugli effetti economici di tale accordo, bensì piuttosto sul fatto che tale organizzazione rappresenta il popolo del Sahara occidentale in quanto titolare del diritto all’autodeterminazione in relazione a detto territorio.

110

Il terzo motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P dev’essere conseguentemente respinto in quanto infondato. Analogamente, dev’essere rigettata la seconda parte del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P in quanto infondata. Tale motivo di impugnazione dev’essere, pertanto, respinto in toto.

Sul quarto motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e sul quarto motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P, relativi a errori di diritto in merito alla portata del controllo giurisdizionale e al consenso del popolo del Sahara occidentale all’accordo controverso

Argomenti delle parti

111

Con i rispettivi quarti motivi, il Consiglio e la Commissione contestano al Tribunale di essere incorso in una serie di errori di diritto inerenti ad un’erronea interpretazione e ad un’erronea applicazione del diritto internazionale, alla portata del margine discrezionale del Consiglio in materia di relazioni esterne, in particolare per quanto riguarda, nel caso di specie, il requisito relativo al consenso del popolo del Sahara occidentale, alla violazione della fiducia dovuta alle risultanze degli atti, allo snaturamento degli argomenti del Consiglio e alla violazione dell’articolo 36 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 53, primo comma, di quest’ultimo.

112

La Commissione sostiene che, ai punti da 307 a 392 della sentenza impugnata, il Tribunale, in violazione del diritto dell’Unione, ha attribuito un effetto assoluto ed estremo al principio dell’effetto relativo dei trattati, letto in combinato disposto con il diritto all’autodeterminazione, erroneamente interpretando la sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), e travisando la giurisprudenza relativa al margine discrezionale del Consiglio in materia di relazioni esterne, in particolare per quanto riguarda il diritto internazionale consuetudinario.

113

Secondo la Commissione, questi errori si articolano in quattro censure principali: in primo luogo, errori di diritto relativi alla portata del controllo giurisdizionale, al margine discrezionale delle istituzioni e alla necessità di accertare la sussistenza di un errore manifesto al fine di dichiarare l’invalidità della decisione controversa per pretesa sua incompatibilità con le norme di diritto internazionale; in secondo luogo, errori di diritto relativi all’assenza, nel contesto particolare del caso di specie, del requisito relativo al consenso da parte del popolo del Sahara occidentale; in terzo luogo, anche ammettendo che tale consenso del popolo del Sahara occidentale sia necessario per confermare la validità della decisione controversa, errori di diritto da parte del Tribunale per aver adottato una nozione di «consenso» eccessivamente restrittiva e, in quarto luogo, errori di diritto vertenti sull’identificazione del Fronte Polisario quale entità competente ad esprimere tale consenso, a fronte dei limiti riguardanti il suo status e la sua rappresentatività. La Commissione fa valere, nel contesto di tali quattro censure, che il Tribunale non ha correttamente esaminato il diritto internazionale consuetudinario, sebbene fosse tenuto a farlo nel contesto del caso di specie.

114

La Commissione osserva che qualsiasi decisione relativa alla conclusione di un accordo con un paese terzo implica che siano valutati, nel rispetto dei principi e degli obiettivi dell’azione esterna di cui all’articolo 21 TUE, gli interessi dell’Unione nell’ambito delle relazioni con il paese terzo interessato e siano operate ponderazioni tra gli interessi divergenti rientranti nell’ambito di tali relazioni. Il Consiglio disporrebbe di un ampio margine discrezionale nel bilanciare l’obiettivo di promuovere l’universalità e l’indivisibilità dei diritti dell’uomo con gli altri obiettivi sui quali si fonda l’azione dell’Unione sulla scena internazionale nonché con gli altri interessi dell’Unione. Il controllo giurisdizionale a tal riguardo dovrebbe necessariamente limitarsi alla questione se le istituzioni dell’Unione, nell’adottare l’atto in questione, siano incorse in manifesti errori di valutazione sui criteri di applicazione di tali principi.

115

Orbene, il Tribunale avrebbe vanificato il margine discrezionale del Consiglio attribuendo valore assoluto al requisito relativo al consenso esplicito del Fronte Polisario, il cui fondamento nel diritto internazionale pubblico non sarebbe dimostrato. Esso avrebbe travisato l’ampiezza e la diversità degli obiettivi di cui il Consiglio deve tener conto nel quadro dell’articolo 21 TUE, facendo riferimento, ai punti 277 e 278 della sentenza impugnata, soltanto al paragrafo 1 di detto articolo, e non al paragrafo 2 di quest’ultimo. In tal modo, il Tribunale avrebbe oltrepassato i limiti del proprio controllo giurisdizionale.

116

A tal riguardo, il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato le conseguenze da trarre dalla sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973). Dal diritto all’autodeterminazione del Sahara occidentale, confermato in tale sentenza, non si potrebbe dedurre la necessità di un consenso esplicito del popolo di tale territorio espresso unicamente tramite l’intermediazione del Fronte Polisario affinché un accordo internazionale che concede preferenze tariffarie ai prodotti originari di detto territorio, concluso dall’Unione con uno Stato che opera in tale territorio in qualità di potenza amministratrice e che è competente a tal fine, possa riguardare il territorio medesimo.

117

La nozione di «popolo» e la nozione di «consenso» nel caso di specie dovrebbero tenere conto del contesto giuridico e di fatto nel quale si sono inserite l’adozione della decisione controversa e la conclusione dell’accordo controverso, da cui risulterebbe la conformità della soluzione infine adottata a tutte le norme di diritto internazionale applicabili, segnatamente all’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, volto a promuovere il benessere degli abitanti dei territori non autonomi, nonché all’articolo 21, paragrafo 2, lettere d) ed e), TUE. Se è pur vero che i punti 311 e 312 della sentenza impugnata confermerebbero che il diritto applicabile ai territori non autonomi rimane ad oggi indeterminato sotto taluni aspetti, la Commissione fa valere che, ai punti da 313 a 390 di tale sentenza, il Tribunale è successivamente incorso in una serie di errori, riassunti ai punti 112, 113, 115 e 116 della presente sentenza.

118

Il Consiglio sostiene che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 391 della sentenza impugnata, le consultazioni svolte dalle autorità marocchine, da un lato, e dalla Commissione e dal SEAE, dall’altro, hanno consentito di ottenere il consenso del popolo del Sahara occidentale. Il Consiglio ritiene che tale punto della sentenza impugnata, unitamente ai punti da 307 a 390 di quest’ultima, che sostengono la conclusione formulata al menzionato punto 391, siano viziati da errori di diritto, avendo il Tribunale travisato la portata della nozione di «consenso» di un popolo di un territorio non autonomo, ovvero persino la necessità di ottenere tale consenso, e avendo, inoltre, violato la fiducia dovuta alle risultanze degli scritti del Consiglio o snaturato gli argomenti dal medesimo dedotti. Il Tribunale sarebbe parimenti venuto meno al proprio obbligo di motivazione.

119

Il Fronte Polisario chiede che tali motivi siano respinti.

Giudizio della Corte

– Considerazioni preliminari

120

Come risulta dal punto 251 della sentenza impugnata, il Fronte Polisario ha sostenuto, con il terzo motivo del proprio ricorso dinanzi al Tribunale, che, concludendo con il Regno del Marocco un accordo internazionale esplicitamente applicabile al territorio del Sahara occidentale senza il consenso del ricorrente medesimo, il Consiglio ha violato l’obbligo di esecuzione delle sentenze della Corte risultante dall’articolo 266 TFUE. La Corte avrebbe, infatti, ritenuto che l’inclusione implicita di tale territorio nell’ambito di applicazione degli accordi conclusi fra l’Unione e il Regno del Marocco fosse giuridicamente impossibile, in forza del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati. Ne conseguirebbe che, a maggior ragione, l’applicazione esplicita di tali accordi a detto territorio era, a maggior ragione, esclusa. In particolare, a parere del Fronte Polisario, la conclusione dell’accordo controverso era contraria alla giurisprudenza nella misura in cui essa non rispettava lo status separato e distinto del Sahara occidentale e il requisito del consenso del popolo di quel territorio.

121

Come rilevato dal Tribunale al punto 298 della sentenza impugnata, tale motivo constava, in sostanza, di tre parti vertenti, anzitutto, sull’impossibilità, per l’Unione e per il Regno del Marocco, di concludere un accordo applicabile al Sahara, poi, sulla violazione dello status separato e distinto di tale territorio, contrariamente al principio di autodeterminazione e, infine, sulla violazione del requisito secondo il quale il popolo di tale territorio deve acconsentire all’accordo controverso, in quanto soggetto terzo al medesimo, ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati.

122

Il Tribunale ha respinto la prima parte del terzo motivo, accogliendone invece la terza parte. Esso ha pertanto ritenuto, senza che fosse necessario esaminare la seconda parte del motivo medesimo né gli altri motivi del ricorso, di dover annullare la decisione controversa.

123

Al punto 391 della sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto il proprio ragionamento con riferimento alla terza parte del terzo motivo di ricorso del Fronte Polisario nei seguenti termini:

«(…) il Consiglio, adottando la decisione [controversa], non ha sufficientemente preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti relativi alla situazione del Sahara occidentale e ha considerato, erroneamente, di disporre di un [margine] discrezionale per decidere se occorreva conformarsi al requisito in base al quale il popolo di tale territorio doveva esprimere il proprio consenso all’applicazione dell’accordo controverso nei suoi confronti, in quanto soggetto terzo rispetto allo stesso, in conformità all’interpretazione adottata dalla Corte del principio dell’effetto relativo dei trattati in combinato con il principio di autodeterminazione. In particolare, anzitutto, il Consiglio e la Commissione hanno erroneamente ritenuto che la situazione attuale di [detto] territorio non consentisse di assicurarsi dell’esistenza di tale consenso e, segnatamente, tramite il [Fronte Polisario]. Inoltre, nel considerare che le consultazioni svolte dalla Commissione e dal SEAE, che non avevano ad oggetto l’ottenimento di un siffatto consenso e non miravano a rivolgersi a “organi rappresentativi” di detto popolo, avessero consentito di conformarsi al principio dell’effetto relativo dei trattati come interpretato dalla Corte al punto 106 della sentenza [del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973)], il Consiglio è incorso in errore tanto in merito alla portata di tali consultazioni quanto in ordine al requisito enunciato a tale punto. Infine, il Consiglio ha erroneamente ritenuto di potersi fondare sulla lettera del 29 gennaio 2002 del [consigliere giuridico, cottosegretario generale per gli affari giuridici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (in prosieguo: la “lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico delle Nazioni Unite”)] per sostituire a tale requisito i criteri asseritamente enunciati in tale lettera».

124

Occorre esaminare, in primo luogo, le censure dei ricorrenti relative al consenso del popolo del Sahara occidentale tramite consultazioni con i rappresentanti del popolo del Sahara occidentale nonché alla portata, in relazione a tale consenso, del controllo giurisdizionale sulla decisione controversa e, per estensione, sull’accordo controverso, ivi compresi gli argomenti dei ricorrenti quanto alla portata della lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico delle Nazioni Unite. In un secondo momento occorrerà esaminare le loro censure vertenti sulla necessità di tale consenso e sull’identificazione del Fronte Polisario quale entità competente per esprimere tale consenso.

– Sulle censure relative al consenso del popolo del Sahara occidentale mediante consultazioni con i rappresentanti delle popolazioni del Sahara occidentale e sulla portata del controllo giurisdizionale della decisione controversa

125

Si deve ricordare che, al punto 106 della sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), la Corte ha rilevato, nel contesto dell’interpretazione dei termini «territorio del Regno del Marocco», di cui all’articolo 94 dell’accordo di associazione, che il popolo del Sahara occidentale doveva essere considerato come un «terzo», ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati, e che, in caso d’inclusione del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione, l’attuazione di tale accordo poteva incidere su detto terzo in quanto tale, senza che fosse necessario determinare se una siffatta attuazione sia idonea a nuocergli o, al contrario, ad operare a suo vantaggio. La Corte ha, infatti, rilevato che, in un caso come nell’altro, detta attuazione doveva avere il consenso di un siffatto terzo. Orbene, dalla sentenza impugnata nella causa che ha dato origine alla sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973) non risultava che il popolo del Sahara occidentale abbia espresso tale consenso.

126

Nel caso di specie, va rilevato che il considerando 10 della decisione controversa così recita:

«Viste le considerazioni sul consenso nella sentenza [del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973)], la Commissione, in collaborazione con il [SEAE], ha adottato tutte le misure ragionevoli e possibili nel contesto attuale atte a consultare adeguatamente gli interessati al fine di acquisire il loro consenso all’accordo. Sono state svolte vaste consultazioni e la maggioranza degli operatori socioeconomici e politici che hanno partecipato alle consultazioni si è espressa a favore dell’estensione delle preferenze tariffarie dell’accordo di associazione al Sahara occidentale. Quelli che hanno respinto la proposta di estensione hanno ritenuto in sostanza che detto accordo perpetuerebbe l’attuale posizione del Marocco sul territorio del Sahara occidentale. Nessun elemento dello stesso accordo induce a ritenere che esso riconosca la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale (...)».

127

A tal proposito, si deve in primo luogo ricordare che, come rilevato al punto 26 della presente sentenza, a seguito dello scoppio del conflitto armato tra, in particolare, il Regno del Marocco e il Fronte Polisario negli anni Settanta, gran parte della popolazione del Sahara occidentale è fuggita da tale conflitto, trovando rifugio in territorio algerino. Il rappresentante del Fronte Polisario ha dichiarato in proposito, nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte, senza essere contraddetto, che ad oggi, su un totale di circa 500000 saharawi, circa 250000 vivono in campi profughi in Algeria, un quarto nella zona del Sahara occidentale sotto controllo marocchino e il restante quarto in altre parti del mondo.

128

Ne consegue che la maggior parte dell’odierna popolazione del Sahara occidentale non fa parte del popolo titolare del diritto all’autodeterminazione, ossia il popolo del Sahara occidentale. Orbene, quest’ultimo, in gran parte sfollato, è l’unico titolare del diritto all’autodeterminazione con riguardo al territorio del Sahara occidentale. Infatti, il diritto all’autodeterminazione appartiene al popolo interessato e non alla popolazione di tale territorio in generale, di cui, secondo le stime fornite dalla Commissione nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte, solo il 25% sarebbe di origine saharawi.

129

Come rilevato dall’avvocata generale ai paragrafi 123 e 124 delle proprie conclusioni, esiste una differenza, a tal riguardo, tra la nozione di «popolazione» di un territorio non autonomo e quella di «popolo» di tale territorio. Quest’ultima nozione si riferisce, infatti, a un’unità politica, con diritto all’autodeterminazione, mentre la nozione di «popolazione» implica gli abitanti di un territorio.

130

Nel caso di specie, la Commissione e il SEAE hanno effettuato consultazioni delle «popolazioni interessate» che, come rilevato dal Tribunale al punto 337 della sentenza impugnata, includono essenzialmente le popolazioni che si trovano attualmente nel territorio del Sahara occidentale, indipendentemente dalla loro appartenenza o meno al popolo di tale territorio. Come correttamente dichiarato dal Tribunale, in sostanza, al punto 373 della sentenza impugnata, tali consultazioni non possono quindi equivalere all’ottenimento del consenso del «popolo» del territorio non autonomo del Sahara occidentale.

131

In secondo luogo, occorre ricordare che tra le regole pertinenti, invocabili nell’ambito dei rapporti tra le parti di un accordo tra l’Unione e un Paese terzo, figura il principio di diritto internazionale generale dell’effetto relativo dei trattati, secondo cui i trattati non devono né nuocere né operare a vantaggio di soggetti terzi (pacta tertiis nec nocent nec prosunt). Tale principio di diritto internazionale generale trova specifica espressione nell’articolo 34 della Convenzione di Vienna, in virtù del quale un trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il suo consenso (sentenza del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punto 44).

132

Detto principio, richiamato anche al punto 106 della sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), ha una portata più ampia di quella di una mera regola di interpretazione degli accordi internazionali. Infatti, sebbene, come correttamente sostengono i ricorrenti, nel diritto internazionale convenzionale un accordo che incida sui diritti o sugli obblighi di un terzo resti inopponibile al medesimo in assenza di suo consenso, l’attuazione di tale accordo può tuttavia incidere su detto terzo in caso d’inclusione, nell’ambito di applicazione di tale accordo, di un territorio in relazione al quale detto terzo è titolare della sovranità o del diritto all’autodeterminazione. In proposito, una tale attuazione può violare alternativamente, nel caso di uno Stato, la sua sovranità sul suo territorio, e, nel caso di un popolo, il suo diritto all’autodeterminazione sul territorio cui si riferisce detto diritto. Pertanto, come rilevato dalla Corte al menzionato punto 106, l’attuazione di un accordo internazionale tra l’Unione europea e il Regno del Marocco sul territorio del Sahara occidentale deve avere il consenso del popolo del Sahara occidentale.

133

Ne consegue che l’assenza del consenso di tale popolo a tale accordo, la cui attuazione si estende su detto territorio, è tale da inficiare la validità dell’atto dell’Unione, quale la decisione controversa, recante conclusione di tale accordo. A tal proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, e dell’articolo 21, paragrafo 1, TUE, l’azione dell’Unione sulla scena internazionale contribuisce, segnatamente, alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite, e che, conformemente all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, la politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione [v., in tal senso, il parere 2/15 (Accordo di libero scambio con Singapore), del 16 maggio 2017, EU:C:2017:376, punti da 142 a 147].

134

Tale conclusione non si pone in contrasto con il margine discrezionale di cui dispone il Consiglio. Infatti, come rilevato dal Tribunale al punto 349 della sentenza impugnata, tale margine discrezionale è delimitato sotto il profilo giuridico, da un lato, dall’obbligo, derivante dal principio di autodeterminazione, di rispettare, nell’ambito dei rapporti fra l’Unione e il Regno del Marocco, lo status separato e distinto del Sahara occidentale e, dall’altro, dal requisito, discendente dal principio dell’effetto relativo dei trattati e secondo il quale il popolo di tale territorio doveva acconsentire ad un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco che sarebbe stato attuato nel medesimo.

135

Correttamente il Tribunale ha quindi concluso, al menzionato punto 349, che è vero che spettava al Consiglio valutare se la situazione attuale di tale territorio giustificasse un adeguamento delle modalità di espressione di tale consenso e se fossero soddisfatte le condizioni per ritenere che il popolo del Sahara occidentale lo avesse espresso, ma che tale istituzione non poteva liberamente decidere se si poteva rinunciare a detto consenso, salvo violare il requisito in base al quale il popolo di tale territorio doveva acconsentire ad un siffatto accordo.

136

Conseguentemente, non può essere contestato al Tribunale di aver ecceduto i limiti del controllo giurisdizionale degli atti dell’Unione relativi all’azione esterna di quest’ultima alla luce del diritto internazionale consuetudinario, come fissati dalla giurisprudenza della Corte, per quanto riguarda la valutazione del requisito relativo alla necessità del consenso del popolo del Sahara occidentale.

137

In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento relativo alla portata della lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico delle Nazioni Unite in merito al requisito del consenso del popolo del Sahara occidentale, tale argomento dev’essere respinto in quanto infondato.

138

Infatti, correttamente il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, al punto 385 della sentenza impugnata, che tale lettera non costituisce una fonte del diritto dell’Unione che possa essere invocata dinanzi ai giudici dell’Unione, non potendo essere, di per sé, equiparata né ad una norma di diritto internazionale convenzionale che vincola l’Unione né ad una norma di diritto internazionale consuetudinario [v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Insegnamento superiore), C‑66/18, EU:C:2020:792, punto 87 e la giurisprudenza ivi citata].

139

Deve essere peraltro respinto, in quanto inoperante, l’argomento della Commissione relativo all’accostamento, compiuto dal Tribunale ai punti 338 e 339 della sentenza impugnata, tra le consultazioni in questione, compiute dalla Commissione e dal SEAE, da un lato, e le ampie consultazioni delle parti interessate, di cui all’articolo 11, paragrafo 3, TUE e all’articolo 2 del protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato UE e al Trattato FUE, dall’altro. Infatti, è sufficiente rilevare a tal riguardo che, in ogni caso, come sostanzialmente osservato dal Tribunale, tali consultazioni, che devono essere svolte prima, in particolare, della proposizione di un atto legislativo da parte della Commissione, si distinguono fondamentalmente, per la loro natura e il loro scopo, dal requisito, derivante dal diritto internazionale consuetudinario, che un popolo titolare del diritto all’autodeterminazione acconsenta all’applicazione, nel territorio cui tale diritto si riferisce, di un accordo internazionale rispetto al quale esso possiede lo status di terzo.

140

Correttamente il Tribunale ha potuto pertanto concludere, al punto 391 della sentenza impugnata, da un lato, che il Consiglio, considerando che le consultazioni svolte dalla Commissione e dal SEAE avessero consentito di conformarsi al principio dell’effetto relativo dei trattati come interpretato dalla Corte, in particolare al punto 106 della sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), era incorso in un errore tanto in merito alla portata di tali consultazioni quanto in merito alla portata del requisito enunciato a tale punto 106 e, dall’altro, che erroneamente il Consiglio aveva ritenuto di potersi fondare sulla lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per sostituire a tale requisito i criteri asseritamente enunciati in tale lettera.

– Sulle censure relative alla necessità di ottenere il consenso del popolo del Sahara occidentale e all’identificazione del Fronte Polisario quale entità competente ad esprimere tale consenso

141

Come rilevato al punto 123 della presente sentenza, il Tribunale ha dichiarato, al punto 391 della sentenza impugnata, che il Consiglio, adottando la decisione controversa, non aveva sufficientemente preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti relativi alla situazione del Sahara occidentale e aveva considerato, erroneamente, di disporre di un margine discrezionale per decidere se occorresse conformarsi al requisito in base al quale il popolo di tale territorio doveva esprimere il proprio consenso all’applicazione dell’accordo controverso nei suoi confronti, in quanto soggetto terzo rispetto a detto accordo, in conformità all’interpretazione adottata dalla Corte del principio dell’effetto relativo dei trattati in combinato con il principio di autodeterminazione. In particolare, il Tribunale ha considerato che il Consiglio e la Commissione avevano erroneamente ritenuto che la situazione attuale del territorio del Sahara occidentale non consentisse di assicurarsi dell’esistenza di tale consenso.

142

Più in particolare, al punto 321 della sentenza impugnata, esso ha rilevato che, se l’accordo controverso è tale da generare diritti nei confronti degli esportatori stabiliti nel Sahara occidentale, tali effetti riguardano unicamente i singoli e non un soggetto terzo rispetto allo stesso, che può acconsentirvi. Inoltre, esso ha osservato che, per quanto riguarda i benefici che la popolazione di tale territorio nel suo complesso può trarre da tale accordo, occorreva, in ogni caso, considerarli come «effetti meramente socioeconomici e non giuridici» e che «[t]ali benefici, peraltro indiretti, non possono pertanto essere assimilati a diritti accordati ad un terzo, ai sensi dell’effetto relativo dei trattati». Al punto 322 della sentenza impugnata, il Tribunale ha poi affermato quanto segue:

«Per contro, l’accordo controverso ha l’effetto di imporre al terzo in questione un obbligo, nella misura in cui accorda ad una delle parti dello stesso una competenza sul territorio di detto terzo, che non è dunque legittimato ad esercitare esso stesso oppure, se del caso, a delegarne l’esercizio (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punto 52). La circostanza addotta dal Consiglio, in base alla quale esso non sarebbe in grado, in tale fase, di esercitare tali competenze, alla luce dello status di territorio non autonomo del territorio in questione e della situazione esistente attualmente nel medesimo, non può rimettere in discussione detta constatazione né la necessità, per tale terzo, di acconsentire a tale obbligo».

143

Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 323 della sentenza impugnata, che il principio espresso all’articolo 36, paragrafo 1, della convenzione di Vienna, secondo il quale il consenso di un soggetto terzo ad un trattato può essere presunto quando da tale trattato sorge un diritto nei suoi confronti, salvo indicazione contraria, non era applicabile nel caso di specie e che l’espressione di tale consenso doveva dunque essere esplicita.

144

Orbene, il ragionamento del Tribunale esposto ai punti 322 e 323 della sentenza impugnata è viziato da un errore di diritto.

145

A tal proposito, come osservato ai punti da 132 a 135 e 140 della presente sentenza, il Tribunale ha correttamente concluso, in sostanza, che, alla luce dei principi del diritto all’autodeterminazione e dell’effetto relativo dei trattati, come interpretati dalla Corte, il consenso del popolo del Sahara occidentale all’attuazione dell’accordo controverso nel territorio di cui trattasi costituiva una condizione per la validità della decisione controversa e che le consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE non erano tali da poter accertare che tale consenso fosse stato espresso da parte di detto popolo.

146

Per contro, il Tribunale ha erroneamente interpretato l’accordo controverso laddove ha ritenuto, in sostanza, al punto 322 della sentenza impugnata, che detto accordo avesse l’effetto di imporre un obbligo al popolo del Sahara occidentale, avendo accordato alle autorità del Regno del Marocco alcune competenze il cui esercizio è previsto nel territorio del Sahara occidentale.

147

Infatti, se è pur vero che l’attuazione dell’accordo controverso implica che gli atti delle autorità marocchine compiuti nel territorio del Sahara occidentale producano effetti giuridici come quelli descritti ai punti da 94 a 96 della presente sentenza, incidendo sulla situazione giuridica del popolo del territorio medesimo, il fatto che tale accordo riconosca alle autorità medesime determinate competenze amministrative, esercitate in detto territorio, non consente tuttavia di ritenere che detto accordo crei obblighi giuridici a carico di tale popolo, in quanto soggetto di diritto internazionale.

148

A tal proposito, l’accordo controverso, come ivi sottolineato, non implica il riconoscimento da parte dell’Unione della pretesa sovranità del Regno del Marocco sul Sahara occidentale. Il popolo del Sahara occidentale non è, peraltro, destinatario dei certificati di origine o di altri atti amministrativi emanati dalle autorità marocchine nell’ambito di tale accordo, che esso sarebbe tenuto a riconoscere, né delle misure adottate dalle autorità dell’Unione e degli Stati membri nei loro confronti. Inoltre, poiché dall’accordo controverso risulta che esso si applica unicamente ai prodotti originari del Sahara occidentale soggetti al controllo delle autorità doganali del Regno del Marocco, la sua conclusione non impedisce all’Unione di prevedere, eventualmente, un regime distinto applicabile ai prodotti originari del Sahara occidentale non soggetti al controllo di tali autorità, in particolare ai prodotti originari della parte del territorio del Sahara occidentale controllata dal Fronte Polisario.

149

Ne consegue che il Tribunale, fondandosi su una premessa erronea, ha ritenuto, al punto 323 della sentenza impugnata, che il consenso del popolo del Sahara occidentale all’accordo controverso dovesse essere manifestato in modo esplicito.

150

Si deve tuttavia ricordare che, se dalla motivazione di una decisione del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione siffatta non è idonea a determinare l’annullamento di tale decisione e occorre procedere ad una sostituzione della motivazione (sentenza del 17 gennaio 2023, Spagna/Commissione, C‑632/20 P, EU:C:2023:28, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

151

Occorre quindi verificare se il dispositivo della sentenza impugnata, nella parte in cui ha annullato la decisione controversa, non appaia fondato sulla base di motivi di diritto diversi da quelli inficiati dall’errore individuato ai punti da 146 a 149 della presente sentenza.

152

A tal proposito, va rilevato che il diritto internazionale consuetudinario non prevede alcuna forma particolare per l’espressione del consenso da parte di un terzo a un accordo che gli conferisce un diritto (v., in tal senso, sentenza della Corte permanente di giustizia internazionale del 7 giugno 1932, causa «Zone franche dell’Alta Savoia e di Gex (Gesio)», Raccolta CPGI 1927, serie A/B, n. 46, pag. 148). Ne consegue che il medesimo diritto non impedisce che, in determinate circostanze, tale consenso sia dato in modo tacito. In tal senso, nella particolare situazione di un popolo di un territorio non autonomo, il consenso di tale popolo a un accordo internazionale, rispetto al quale esso possiede lo status di soggetto terzo e la cui applicazione è prevista nel territorio cui si riferisce il suo diritto all’autodeterminazione, può essere presunto, purché ricorrano due condizioni.

153

Da un lato, l’accordo di cui trattasi non deve creare un obbligo per il popolo in questione. Dall’altro, detto accordo deve prevedere che il popolo medesimo, il quale può non essere adeguatamente rappresentato dalla popolazione del territorio cui si riferisce il diritto all’autodeterminazione di tale popolo, riceva un beneficio specifico, concreto, sostanziale e verificabile derivante dallo sfruttamento delle risorse naturali di tale territorio e commisurato all’entità di tale sfruttamento. Tale beneficio deve essere accompagnato da garanzie che detto sfruttamento avvenga in condizioni conformi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che le risorse naturali non rinnovabili rimangano abbondantemente disponibili e che le risorse naturali rinnovabili, quali gli stock alieutici, si ricostituiscano in modo permanente. Infine, l’accordo in questione deve parimenti prevedere un meccanismo di controllo periodico per verificare l’effettività del vantaggio concesso al popolo interessato in applicazione di detto accordo.

154

Il rispetto di tali condizioni è necessario per garantire la compatibilità di un accordo di tal genere con il principio, risultante dall’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite e sancito nel diritto internazionale consuetudinario, del primato degli interessi dei popoli dei territori non autonomi, contribuendo, in tal modo, a garantire che l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fondi, come previsto dall’articolo 21, paragrafo 1, TUE, sui principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale.

155

Nel caso in cui ricorrano le due condizioni richiamate al punto 153 della presente sentenza, il consenso del popolo interessato deve essere considerato acquisito. Il fatto che un movimento, che si presenti come il legittimo rappresentante di tale popolo, si opponga a tale accordo non può, di per sé, essere sufficiente a mettere in discussione l’esistenza di tale presunto consenso.

156

Tuttavia, tale presunzione di consenso può essere superata qualora i legittimi rappresentanti di detto popolo dimostrino che il regime di vantaggi conferito al popolo medesimo dall’accordo in questione, o, ancora, il meccanismo di controllo periodico che deve accompagnarlo, non soddisfi le condizioni enunciate al punto 153 della presente sentenza. Spetta al giudice dell’Unione, se del caso, risolvere tale questione, al fine di valutare, in particolare, se detto accordo tuteli adeguatamente il diritto all’autodeterminazione del popolo interessato o la sovranità permanente sulle risorse naturali derivante da tale diritto nonché dall’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite. Alla Commissione, al Consiglio, al Parlamento europeo e a qualsiasi Stato membro è inoltre consentito richiedere, anche prima della sottoscrizione o della conclusione di un accordo tra l’Unione e il Regno del Marocco che preveda un regime di vantaggi del genere, il parere della Corte sulla compatibilità dell’accordo previsto con le disposizioni dei Trattati, segnatamente con l’articolo 21, paragrafo 1, TUE.

157

Nel caso di specie, per quanto riguarda la prima delle due condizioni indicate al punto 153 della presente sentenza, essa deve essere considerata soddisfatta. Infatti, in base alla motivazione esposta ai punti 147 e 148 della medesima sentenza, l’accordo controverso, pur incidendo sulla posizione giuridica del popolo del Sahara occidentale ai sensi del diritto dell’Unione con riguardo al diritto all’autodeterminazione di cui esso gode in tale territorio, non crea obblighi giuridici a carico di tale popolo in quanto soggetto di diritto internazionale.

158

Per quanto riguarda la seconda condizione, va rilevato che un vantaggio a favore del popolo del Sahara occidentale, che soddisfi le caratteristiche menzionate al punto 153 della presente sentenza, è manifestamente assente nell’accordo controverso, come risulta, segnatamente, dalle risposte fornite dalla Commissione alle domande poste dalla Corte in udienza.

159

In particolare, come correttamente rilevato dal Tribunale ai punti 318 e 319 della sentenza impugnata, l’accordo controverso non mira ad accordare diritti al popolo del Sahara occidentale, in quanto soggetto terzo rispetto allo stesso. È il Regno del Marocco, in quanto parte dell’accordo controverso, ad essere titolare delle preferenze tariffarie concesse dall’Unione ai prodotti provenienti dal Sahara occidentale in base a tale accordo. Inoltre, la Commissione ha fatto presente all’udienza dinanzi alla Corte che l’effetto di detto accordo è stato quello di includere i prodotti originari del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione e di porli, quindi, su un piano di parità, per quanto riguarda le preferenze tariffarie, con i prodotti marocchini, nonché con i prodotti originari dell’Algeria e della Mauritania, che godono anch’essi di preferenze tariffarie.

160

Ne consegue che non si può presumere che il popolo del Sahara occidentale abbia dato il proprio consenso all’applicazione dell’accordo controverso in tale territorio.

161

Si deve precisare che la possibilità di un consenso presunto, conformemente ai punti da 152 a 155 della presente sentenza, non può essere rimessa in discussione dal fatto che l’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, relativo ai territori non autonomi, faccia riferimento alle «popolazioni» e agli «abitanti» di tali territori, definendo come «sacra missione» l’obbligo di promuovere al massimo il loro benessere, riguardando in tal modo, nel caso del Sahara occidentale, una parte della «popolazione» di tale territorio che non è inclusa nel «popolo» del Sahara occidentale. A tal proposito, si deve considerare come essenziale nella Risoluzione 2703 (2023) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, richiamata al punto 31 della presente sentenza, che i negoziati progrediscano in modo da migliorare la qualità della vita degli abitanti del Sahara occidentale in tutti i settori. Orbene, se in futuro un accordo dovesse andare a beneficio del popolo del Sahara occidentale, conformemente alle condizioni di cui al punto 153 della presente sentenza, la possibilità che di tale accordo possano parimenti beneficiare gli abitanti di tale territorio in generale non sarebbe tale da escludere la presunzione di un consenso da parte di tale popolo.

162

Tenuto conto, peraltro, della constatazione svolta al punto 145 della presente sentenza, in base alla quale le consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE non erano idonee ad accertare un siffatto consenso da parte di detto popolo, la conclusione raggiunta dal Tribunale, al punto 391 della sentenza impugnata, secondo cui, adottando la decisione controversa, da un lato, il Consiglio non aveva sufficientemente preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti relativi alla situazione del Sahara occidentale e, dall’altro, il Consiglio e la Commissione avevano erroneamente ritenuto che l’attuale situazione di tale territorio non consentisse di assicurarsi dell’esistenza di un consenso da parte del popolo del Sahara occidentale all’accordo controverso, deve essere considerata fondata.

163

Il quarto motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e il quarto motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P devono pertanto essere respinti in quanto infondati.

Sul quinto motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e sul terzo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P, relativi a errori di diritto quanto all’invocabilità del diritto internazionale

Argomenti delle parti

164

La Commissione, con il suo quinto motivo di impugnazione, e il Consiglio, con il suo terzo motivo di impugnazione, contestano al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto per quanto riguarda l’invocabilità delle norme di diritto internazionale nell’ambito di un ricorso vertente sulla validità di una decisione relativa alla conclusione di un accordo internazionale da parte dell’Unione. Tali motivi di impugnazione sono diretti contro la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha dichiarato, al punto 297 di quest’ultima, che il Fronte Polisario poteva invocare il principio di autodeterminazione nonché il principio dell’effetto relativo dei trattati e che il terzo motivo dinanzi ad esso dedotto non era, dunque, inoperante.

165

Tali istituzioni richiamano, in particolare, la giurisprudenza secondo cui i principi di diritto internazionale consuetudinario possono essere invocati da un singolo ai fini dell’esame, da parte della Corte, della validità di un atto dell’Unione se e in quanto essi siano idonei a mettere in discussione la competenza dell’Unione ad adottare tale atto e l’atto in questione possa incidere su diritti attribuiti al singolo dal diritto dell’Unione oppure far sorgere in capo a tale singolo obblighi correlati al diritto dell’Unione stesso (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 107).

166

Il Consiglio sottolinea parimenti che, pur potendo essere invocate norme di diritto internazionale, il controllo della Corte è limitato, in ogni caso, all’esistenza di errori manifesti di valutazione da parte delle istituzioni riguardo ai presupposti di applicazione di tali norme, conformemente alla sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 107). Nel caso di specie, i principi di autodeterminazione e dell’effetto relativo dei trattati non sarebbero idonei a mettere in discussione la competenza dell’Unione, avendo la Corte già implicitamente affermato che il diritto internazionale non esclude che un trattato possa, in deroga alla regola generale, vincolare uno Stato nei confronti di un altro territorio, affermazione che il Tribunale avrebbe espressamente confermato nel respingere il motivo di ricorso relativo all’incompetenza del Consiglio a concludere l’accordo controverso. In ogni caso, l’effetto relativo dei trattati riguarderebbe non la validità di un accordo, bensì la sua opponibilità.

167

La Repubblica francese afferma a tal riguardo che, anche qualora il principio dell’effetto relativo dei trattati potesse essere invocato ed essere violato nel caso di specie, tale violazione non comporterebbe l’invalidità della decisione controversa, considerato che, in virtù di detto principio, il consenso di un terzo non condiziona la validità del trattato di cui trattasi.

168

Il Fronte Polisario contesta tale argomento.

Giudizio della Corte

169

Il Tribunale ha ricordato, al punto 284 della sentenza impugnata, che, al punto 107 della sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864), la Corte ha dichiarato che i principi di diritto internazionale consuetudinario menzionati al punto 103 della medesima sentenza potevano essere invocati da un singolo ai fini dell’esame, da parte della stessa, della validità di un atto dell’Unione se e in quanto, da un lato, tali principi erano idonei a mettere in discussione la competenza dell’Unione ad adottare tale atto e, dall’altro, l’atto in questione poteva incidere su diritti attribuiti al singolo dal diritto dell’Unione oppure far sorgere in capo a tale singolo obblighi correlati al diritto dell’Unione stesso. Il Tribunale ha osservato che si trattava, nella causa da cui ha avuto origine quest’ultima sentenza, del principio in base al quale ciascuno Stato gode di una sovranità piena ed esclusiva sul proprio spazio aereo, del principio in base al quale nessuno Stato può legittimamente pretendere di assoggettare alla propria sovranità una parte qualsivoglia dell’alto mare e del principio che garantisce la libertà di sorvolo dell’alto mare.

170

In particolare, al punto 276 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, per quanto riguarda l’invocabilità dei principi del diritto internazionale interpretati dalla Corte, in particolare il principio di autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati, anzitutto, il giudice dell’Unione era competente a valutare la compatibilità con, segnatamente, le norme di diritto internazionale di una decisione di conclusione di un accordo internazionale, dal momento che l’Unione deve esercitare le sue competenze nel rispetto di tali norme, che la vincolano in forza dei trattati. Al punto 279 della sentenza impugnata, esso ha poi ricordato che la Corte aveva dichiarato, ai punti 88 e 89 della sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973), che «il diritto all’autodeterminazione costituiva un diritto opponibile erga omnes, nonché uno dei principi essenziali del diritto internazionale e che, a tale titolo, detto principio faceva parte delle norme di diritto internazionale applicabili nelle relazioni tra l’Unione e il Regno del Marocco, di cui si imponeva al giudice dell’Unione la presa in considerazione».

171

Il Tribunale ha poi concluso, al punto 291 della sentenza impugnata, che «nel caso di specie, l’invocabilità del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati non può essere valutata alla luce delle considerazioni di cui ai punti da 107 a 109 della sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864), poiché tali considerazioni si basavano su una valutazione delle circostanze particolari del caso di specie, relative alla natura dei principi del diritto internazionale invocati e dell’atto contestato, nonché alla situazione giuridica delle parti ricorrenti nel procedimento principale, le quali non sono comparabili a quelle del caso di specie in esame». In particolare, secondo il Tribunale, «l’invocabilità dei due summenzionati principi non potrebbe essere limitata, nel caso di specie, alla contestazione della competenza dell’Unione ad adottare la decisione [controversa], dal momento che, da un lato, il [Fronte Polisario] fa valere obblighi chiari, precisi e incondizionati che si impongono all’Unione nell’ambito dell’adozione di tale decisione e, dall’altro, tale invocazione è intesa ad assicurare il rispetto dei diritti di un soggetto terzo all’accordo idonei ad essere interessati dalla violazione di tali obblighi».

172

Tale ragionamento non è viziato da errori di diritto.

173

Infatti, l’Unione è tenuta, conformemente a una giurisprudenza costante, a esercitare le sue competenze nel rispetto del diritto internazionale nel suo complesso, incluse non soltanto le norme e i principi del diritto internazionale generale e consuetudinario, ma anche le disposizioni delle convenzioni internazionali che la vincolano (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

174

Ne consegue che la Corte è competente, nell’ambito di un ricorso di annullamento, a valutare se un accordo internazionale concluso dall’Unione sia compatibile con le norme di diritto internazionale che, conformemente agli stessi, vincolano l’Unione. Il controllo di validità che la Corte può essere indotta a operare in un contesto del genere può vertere sulla legittimità di tale atto alla luce del contenuto stesso dell’accordo internazionale in questione (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punti da 48 a 51 e giurisprudenza ivi citata).

175

Correttamente il Tribunale ha quindi ritenuto che il principio di autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati potessero essere invocati nell’ambito del controllo della validità della decisione controversa.

176

L’argomento della Commissione e del Consiglio secondo cui dalla sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864) dovrebbe dedursi che tali principi non possano essere invocati ai fini del controllo della validità della decisione controversa non può, pertanto, trovare accoglimento.

177

Quanto alla censura dedotta dal Consiglio, secondo cui il controllo, da parte del giudice dell’Unione, sulla conformità di un atto dell’Unione a tali norme di diritto internazionale dovrebbe limitarsi agli errori manifesti di valutazione, essa è essenzialmente identica a quella formulata nell’ambito del quarto motivo di impugnazione, relativo al travisamento, da parte del Tribunale, del margine discrezionale del Consiglio in materia di relazioni esterne. Essa deve, pertanto, essere respinta sulla base della stessa motivazione illustrata al punto 134 della presente sentenza.

178

Conseguentemente, il quinto motivo di impugnazione nella causa C‑779/21 P e il terzo motivo di impugnazione nella causa C‑799/21 P devono essere respinti in quanto infondati.

179

Atteso che nessuno dei motivi dedotti dalla Commissione e dal Consiglio a sostegno delle impugnazioni nelle cause C‑779/21 P e C‑799/21 P ha trovato accoglimento, esse devono essere respinte in toto.

Sulle domande formulate in subordine dal Consiglio e dalla Commissione

Argomenti delle parti

180

In subordine, il Consiglio, sottolineando il rischio, in caso di annullamento della decisione controversa, di conseguenze negative gravi per l’azione esterna dell’Unione e di rimettere in discussione la certezza del diritto con riguardo agli impegni internazionali ai quali essa ha acconsentito e che vincolano le istituzioni e gli Stati membri, ritiene necessario che la Corte, nell’ipotesi in cui dovesse respingere l’impugnazione proposta nel caso di specie, disponga il mantenimento degli effetti di tale decisione per un periodo di dodici mesi.

181

La Commissione, dal canto suo, ritiene auspicabile mantenere gli effetti della decisione controversa per un anno e mezzo, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse dichiarare l’annullamento di tale decisione sulla base di una motivazione diversa da quella indicata nella sentenza impugnata e in cui risultasse possibile dedurre dalle conclusioni della Corte una possibilità realistica che un accordo riguardante il Sahara occidentale possa comunque essere concluso con il Regno del Marocco, al fine di consentire i negoziati necessari per l’adozione delle decisioni del Consiglio relative alla firma e alla conclusione di un tale accordo.

182

Il Fronte Polisario si oppone a tali domande.

Giudizio della Corte

183

Ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi.

184

A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, in considerazione di motivi di certezza del diritto, gli effetti di un tale atto possono essere conservati in particolare quando gli effetti immediati del suo annullamento comporterebbero conseguenze negative gravi per le parti interessate [sentenza del 1o marzo 2022, Commissione/Consiglio (Accordo con la Repubblica di Corea), C‑275/20, EU:C:2022:142, punto 54 e giurisprudenza ivi citata].

185

Nel caso di specie, dall’annullamento della decisione controversa, senza che i suoi effetti siano mantenuti per un periodo limitato, potrebbero derivare conseguenze negative gravi per l’azione esterna dell’Unione e rimettere in discussione la certezza del diritto degli impegni internazionali ai quali essa ha acconsentito e che vincolano le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri. La decisione controversa aveva, infatti, ad oggetto l’approvazione dell’accordo controverso a nome dell’Unione, accordo che è entrato in vigore il 19 luglio 2019.

186

Conseguentemente, per motivi di certezza del diritto, gli effetti della decisione impugnata devono essere mantenuti per un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di pronuncia della presente sentenza.

Sulle spese

187

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese.

188

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile ai procedimenti di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

189

Nel caso di specie, il Consiglio e la Commissione, avendo il Fronte Polisario chiesto la loro condanna alle spese ed essendo rimasti soccombenti, devono essere condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Fronte Polisario relative alle presenti impugnazioni.

190

L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, del pari applicabile al procedimento d’impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, prevede che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nel procedimento restino a loro carico.

191

Nel caso di specie, il Regno del Belgio, l’Ungheria, la Repubblica portoghese e la Repubblica slovacca, intervenienti nell’impugnazione nella causa C‑799/21 P, il Regno di Spagna, interveniente nell’impugnazione nelle cause C‑779/21 e C‑799/21, nonché la Repubblica francese, interveniente in primo grado, si faranno carico delle proprie spese.

192

Infine, l’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento d’impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, prevede, tra l’altro, che la Corte possa decidere che una parte interveniente, diversa da uno Stato membro o da un’istituzione, si faccia carico delle proprie spese.

193

Nel caso di specie, si deve disporre che la Comader si farà carico delle proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Le impugnazioni sono respinte.

 

2)

Gli effetti della decisione (UE) 2019/217 del Consiglio, del 28 gennaio 2019, relativa alla conclusione dell’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, sono mantenuti per un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di pronuncia della presente sentenza.

 

3)

La Commissione europea e il Consiglio dell’Unione europea si faranno carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Fronte Polisario) nell’ambito delle impugnazioni in esame.

 

4)

Il Regno del Belgio, il Regno di Spagna, l’Ungheria, la Repubblica portoghese, la Repubblica slovacca, la Repubblica francese e la Confédération marocaine de l’agriculture et du développement rural (Comader) si faranno carico delle proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.