SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

9 novembre 2023 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Contratto di credito al consumo – Direttiva 93/13/CEE – Articolo 1, paragrafo 2 – Clausola che riproduce una disposizione legislativa imperativa – Articolo 3, paragrafo 1, articolo 4, paragrafo 1, articolo 6, paragrafo 1, e articolo 7, paragrafo 1 – Clausola di scadenza anticipata del termine – Sindacato giurisdizionale – Proporzionalità rispetto agli inadempimenti contrattuali del consumatore – Articoli 7 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Contratto garantito attraverso costituzione di ipoteca su un bene immobile – Vendita stragiudiziale dell’abitazione del consumatore»

Nella causa C‑598/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešov, Slovacchia), con decisione del 13 settembre 2021, pervenuta in cancelleria il 28 settembre 2021, nel procedimento

SP,

CI

contro

Všeobecná úverová banka a.s.,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, O. Spineanu-Matei (relatrice), J.-C. Bonichot, S. Rodin e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 ottobre 2022,

considerate le osservazioni presentate:

per SP e CI, da L. Riedl, advokát;

per la Všeobecná úverová banka a.s., da M. Hrbek, advokát;

per il governo slovacco, da B. Ricziová, successivamente da E.V. Drugda, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da G. Goddin, R. Lindenthal e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 gennaio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in combinato disposto con gli articoli 7 e 38 della stessa, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22), dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66, e rettifica in GU 2011, L 234, pag. 46), come modificata dalla direttiva 2011/90/UE della Commissione, del 14 novembre 2011 (GU 2011, L 296, pag. 35) (in prosieguo: la «direttiva 2008/48»), nonché del principio di effettività.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, SP e CI e, dall’altro, la Všeobecná úverová banka a.s. (in prosieguo: la «VÚB»), un istituto bancario, in merito alla sospensione della realizzazione stragiudiziale dell’ipoteca immobiliare, costituita sulla loro abitazione, che garantisce il contratto di credito concluso tra tali parti.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 93/13

3

Il tredicesimo e il sedicesimo considerando della direttiva 93/13 sono così formulati:

«[C]onsiderando che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive; che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative nonché principi o disposizioni di convenzioni internazionali di cui gli Stati membri o la Comunità sono part[i]; che a questo riguardo l’espressione “disposizioni legislative o regolamentari imperative” che figura all’articolo 1, paragrafo 2 comprende anche le regole che per legge si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo;

(...)

considerando che la valutazione, secondo i criteri generali stabiliti, del carattere abusivo di clausole, in particolare nell’ambito di attività professionali a carattere pubblico per la prestazione di servizi collettivi che presuppongono una solidarietà fra utenti, deve essere integrata con uno strumento idoneo ad attuare una valutazione globale dei vari interessi in causa; che si tratta nella fattispecie del requisito di buona fede; che nel valutare la buona fede occorre rivolgere particolare attenzione alla forza delle rispettive posizioni delle parti, al quesito se il consumatore sia stato in qualche modo incoraggiato a dare il suo accordo alla clausola e se i beni o servizi siano stati venduti o forniti su ordine speciale del consumatore; che il professionista può soddisfare il requisito di buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve tenere presenti i legittimi interessi».

4

Ai sensi dell’articolo 1 di detta direttiva:

«1.   La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.

2.   Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative e disposizioni o principi di convenzioni internazionali, in particolare nel settore dei trasporti, delle quali gli Stati membri o la Comunità sono parte, non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva».

5

L’articolo 3, paragrafo 1, della citata direttiva così recita:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

6

L’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

7

L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

8

L’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva così recita:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Direttiva 2005/29

9

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, intitolato «Ambito di applicazione», così dispone:

«La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto».

Direttiva 2008/48

10

Il considerando 10 della direttiva 2008/48 così recita:

«Le definizioni contenute nella presente direttiva fissano la portata dell’armonizzazione. L’obbligo degli Stati membri di attuare le disposizioni della presente direttiva dovrebbe pertanto essere limitato all’ambito d’applicazione della stessa fissato da tali definizioni. La presente direttiva dovrebbe tuttavia far salva l’applicazione da parte degli Stati membri, conformemente al diritto comunitario, delle disposizioni della presente direttiva a settori che esulano dall’ambito di applicazione della stessa (...)».

11

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva in parola:

«La presente direttiva non si applica ai:

a)

contratti di credito garantiti da un’ipoteca oppure da un’altra garanzia analoga comunemente utilizzata in uno Stato membro sui beni immobili o da un diritto legato ai beni immobili».

Diritto slovacco

Codice civile

12

L’articolo 53 dello zákon č. 40/1964 Zb. Občiansky zákonník (legge n. 40/1964 sul codice civile), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (in prosieguo: il «codice civile»), disciplina le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Tale articolo, al paragrafo 9, prevede quanto segue:

«In caso di adempimento di un contratto concluso con un consumatore mediante pagamenti rateali, il professionista non può esercitare il diritto conferitogli dall’articolo 565 del codice civile prima di tre mesi dal ritardo nel pagamento di una delle rate e previa comunicazione al consumatore almeno 15 giorni prima dell’esercizio di tale diritto».

13

L’articolo 54, paragrafo 1, del codice civile dispone quanto segue:

«Le clausole contrattuali previste in un contratto concluso con un consumatore non possono discostarsi dalla presente legge a danno del consumatore. Il consumatore, in particolare, non può rinunciare in anticipo ai diritti conferitigli dalla presente legge o da disposizioni speciali a tutela del consumatore, o peggiorare in altro modo la propria posizione contrattuale».

14

Ai sensi dell’articolo 151j, paragrafo 1, di tale codice:

«Se il credito garantito da un diritto reale di garanzia non è rimborsato debitamente e per tempo, il creditore garantito può dare inizio all’esecuzione sul bene dato in garanzia. Nell’ambito dell’esecuzione sul bene dato in garanzia il creditore garantito può soddisfarsi nel modo stabilito nel contratto oppure mediante la vendita del bene costituente la garanzia attraverso un’asta, secondo la legge speciale (...), oppure esigere il soddisfacimento mediante la vendita del bene costituente la garanzia secondo le leggi speciali (...), ove non sia altrimenti previsto da questo codice o da una legge speciale».

15

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che tale disposizione comporta una prima nota a piè di pagina, inserita dopo le parole «secondo la legge speciale», che rinvia allo zákon č. 527/2002 Z. z. o dobrovoľných dražbách a o doplnení zákona Slovenskej národnej rady č. 323/1992 Zb. o notároch a notárskej činnosti (Notársky poriadok) v znení neskorších predpisov [legge n. 527/2002 relativa alle vendite all’asta volontarie, che integra la legge del Consiglio nazionale slovacco n. 323/1992 Zb., relativa ai notai e all’attività notarile (codice notarile), come modificata (in prosieguo: la «legge relativa alle vendite all’asta volontarie»)], e una seconda nota, inserita dopo le parole «secondo le leggi speciali», che rinvia allo zákon 160/2015 Z. z. Civilný sporový poriadok (legge n. 160/2015 relativa al codice di procedura civile) e allo zákon č. 233/1995 Z. z. Exekučný poriadok (legge n. 233/1995 relativa al codice delle procedure esecutive; in prosieguo: il «codice delle procedure esecutive»).

16

L’articolo 151m del codice civile stabilisce:

«1)   Il creditore garantito può vendere il bene dato in garanzia nel modo stabilito nel contratto di costituzione della garanzia o all’asta, non prima di 30 giorni dalla data di notifica dell’inizio dell’esecuzione sul bene dato in garanzia al garante e al debitore, qualora il debitore sia persona diversa dal garante, ove non sia altrimenti previsto dalla legge speciale. Se la garanzia reale è iscritta nel registro delle garanzie reali e la data d’iscrizione dell’inizio dell’esecuzione della garanzia nel registro delle garanzie reali è successiva alla data di notifica dell’esecuzione della garanzia al garante e al debitore e se la persona del debitore non è identica alla persona del garante, il termine di 30 giorni decorre dalla data di iscrizione dell’inizio dell’esecuzione della garanzia nel registro delle garanzie reali.

2)   Successivamente alla notifica dell’inizio dell’esecuzione sul bene dato in garanzia, colui che ha prestato la garanzia e il creditore garantito possono convenire che anche prima della scadenza del termine previsto al paragrafo 1 il creditore garantito è autorizzato a vendere il bene costituente la garanzia nel modo convenuto nel contratto di costituzione della garanzia o all’asta.

3)   Il creditore garantito che ha dato inizio all’esecuzione sul bene dato in garanzia, al fine di soddisfare il proprio credito nel modo convenuto nel contratto di costituzione della garanzia, può in qualsiasi momento, nel corso di tale esecuzione, cambiare le modalità di esecuzione e vendere all’asta il bene costituente la garanzia o esigere il soddisfacimento del credito mediante la vendita del bene costituente la garanzia secondo le leggi speciali. Il creditore garantito è tenuto a informare colui che ha prestato la garanzia riguardo al cambiamento di modalità dell’esecuzione sul bene dato in garanzia».

17

L’articolo 565 di tale codice è così formulato:

«Nel caso di esecuzione forzata mediante pagamenti rateizzati, il creditore può chiedere il pagamento integrale del credito a causa del mancato rispetto di una delle scadenze solo se ciò è stato convenuto o indicato in una decisione. Tuttavia, il creditore può esercitare tale diritto al più tardi fino alla scadenza della prima rata mensile successiva».

Codice delle procedure di esecuzione

18

L’articolo 63, paragrafo 3, del codice delle procedure di esecuzione dispone che la vendita forzata di un bene immobile può essere effettuata solo eccezionalmente, previa autorizzazione del giudice, se la persona interessata è sottoposta a più procedimenti esecutivi aventi ad oggetto crediti per un importo totale superiore a EUR 2000 e l’ufficiale giudiziario dimostra che il credito pecuniario non può essere recuperato altrimenti.

Legge relativa alle aste volontarie

19

L’articolo 16 della legge relativa alle aste volontarie prevede, al paragrafo 1, che la vendita all’asta può essere effettuata esclusivamente in base ad un contratto stipulato tra la persona che ha proposto la vendita e il commissario d’asta.

20

In forza dell’articolo 17 di tale legge il commissario d’asta è tenuto a dare comunicazione della vendita all’asta tramite un avviso. Se l’oggetto della vendita è un appartamento, una casa, un altro immobile, un’impresa o uno dei suoi comparti, o se l’offerta più bassa è superiore a EUR 16550, il commissario d’asta pubblica l’avviso nel registro delle vendite pubbliche almeno 30 giorni prima della data di inizio della vendita all’asta. Esso trasmette altresì, senza ritardo ingiustificato, l’avviso di vendita all’asta al ministero competente ai fini della pubblicazione nel Bollettino ufficiale del commercio, nonché alla persona che ne ha chiesto la vendita, al debitore del creditore garantito, e al proprietario del bene messo in vendita all’asta, se quest’ultimo non è il debitore.

21

L’articolo 21, paragrafo 2, di detta legge prevede quanto segue:

«In caso di contestazione della validità del contratto costitutivo della garanzia o di violazione delle disposizioni della presente legge, il soggetto che allega una lesione dei suoi diritti derivante da tale violazione può chiedere al giudice di dichiarare la nullità della vendita. Il diritto di adire il giudice con una domanda di annullamento si estingue tuttavia se non viene esercitato entro i tre mesi seguenti all’aggiudicazione, a meno che i motivi dell’annullamento siano collegati alla commissione di un reato e la vendita riguardi una casa o un appartamento in cui il proprietario precedente era ufficialmente domiciliato ai sensi di una normativa speciale; in tal caso, è possibile chiedere l’annullamento della vendita anche dopo la scadenza di tale termine (...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

22

Il 9 febbraio 2012 la VÚB ha concesso ai ricorrenti nel procedimento principale, SP e CI, un credito al consumo, rimborsabile su un periodo di 20 anni, garantito da un’ipoteca su un immobile, vale a dire la casa familiare nella quale i ricorrenti nel procedimento principale e altre persone avevano il loro domicilio (in prosieguo: il «contratto di credito di cui trattasi»).

23

Prima di tale data, fin dal 2004, i ricorrenti in via principale avevano stipulato diversi altri crediti al consumo presso la Consumer Finance Holding a.s. (in prosieguo: la «CFH»), alla quale la VÚB all’epoca era collegata economicamente. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la VÚB ha destinato la quasi totalità della somma concessa a SP e a CI in base al contratto di credito di cui trattasi alla liquidazione dei crediti concessi dalla CFH che essi non riuscivano più a rimborsare. Inoltre, sempre prima della conclusione del contratto di credito di cui trattasi, la VÚB avrebbe concesso loro un certo numero di crediti al consumo di cui essa avrebbe fissato unilateralmente l’importo e che essa avrebbe altresì destinato, in larga misura, al rimborso dei debiti e delle spese derivanti da crediti precedentemente concessi a SP e a CI da essa stessa o dalla CFH.

24

Nel gennaio 2013, meno di un anno dopo la conclusione del contratto di credito di cui trattasi, poiché i ricorrenti nel procedimento principale erano inadempienti, la VÚB ha chiesto il rimborso della totalità delle somme dovute a titolo di tale contratto, sulla base di una clausola di scadenza anticipata contenuta in quest’ultimo (in prosieguo: la «clausola di scadenza anticipata»). Nell’aprile 2013, la VÚB ha notificato a SP e a CI la sua decisione di procedere all’esecuzione mediante vendita all’asta «volontaria» dell’immobile dato in garanzia, vale a dire ad una vendita all’asta stragiudiziale.

25

Tale tipo di vendita all’asta stragiudiziale, come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, è effettuato da soggetti privati. Dopo che il creditore ha fissato unilateralmente l’importo del credito, un commissario d’asta vende il bene immobile interessato al di fuori di qualsiasi procedimento giudiziario e senza che un giudice abbia prima potuto esaminare la fondatezza dell’importo del credito o la proporzionalità della vendita rispetto all’importo del credito. Nonostante l’opposizione dei consumatori, la legge definirebbe tale tipo di asta come «volontaria». Il creditore potrebbe avviare la procedura di vendita all’asta volontaria 30 giorni dopo l’avviso di realizzazione della garanzia.

26

I ricorrenti nel procedimento principale hanno presentato all’Okresný súd Prešov (Tribunale circoscrizionale di Prešov, Slovacchia) una domanda di sospensione di tale vendita all’asta della casa familiare. Tale giudice di primo grado ha respinto la loro domanda con una prima sentenza, che ha poi confermato, su rinvio, nonostante l’annullamento della stessa da parte del Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešov, Slovacchia). Secondo tale giudice di primo grado, dalla giurisprudenza del Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) risultava che non si poteva dedurre dalla sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189) che le disposizioni della direttiva 93/13 ostano a una normativa slovacca che consente la realizzazione stragiudiziale mediante vendita all’asta volontaria di un diritto di garanzia sul bene immobile dato in garanzia dal consumatore, anche se si tratta della sua abitazione e il credito garantito si basa su un contratto contenente clausole abusive.

27

I ricorrenti nel procedimento principale hanno interposto appello avverso tale seconda sentenza dinanzi al Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešov), che è il giudice del rinvio, reiterando la loro domanda di sospensione della vendita stragiudiziale della loro abitazione facendo valere, in particolare, una violazione dei loro diritti in quanto consumatori.

28

Il giudice del rinvio ritiene particolarmente importante che i consumatori siano tutelati in caso di ingerenze sproporzionate sui loro diritti, compreso il loro diritto all’abitazione, prima della vendita del bene. Il diritto sostanziale slovacco non prevederebbe nessun’altra possibilità di tutela ex ante, cosicché i consumatori non avrebbero altro strumento, in caso di vendita all’asta volontaria della loro abitazione, se non quello di proporre un’azione di sospensione di tale vendita.

29

Tale giudice ha sottolineato che, nel caso di specie, il contratto di credito di cui trattasi avrebbe avuto una durata di 20 anni e che la VÚB avrebbe invocato la clausola di scadenza anticipata meno di un anno dopo la conclusione del contratto, a causa di un ritardo nel pagamento di EUR 1106,50. Il valore della casa familiare oggetto della vendita stragiudiziale sarebbe almeno 30 volte superiore alla somma per la quale la VÚB ha dichiarato la scadenza del termine e proceduto all’esecuzione della garanzia.

30

Il giudice del rinvio rileva che, secondo il diritto slovacco, l’attuazione di una clausola di scadenza anticipata, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, è soggetta ad una sola condizione, vale a dire un ritardo di pagamento di tre mesi, e al rispetto da parte del creditore di un termine di preavviso supplementare di quindici giorni.

31

Tali norme e la giurisprudenza del Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica Slovacca), menzionata al punto 26 della presente sentenza, sarebbero quindi suscettibili di essere in contrasto con il diritto dell’Unione, e in particolare con il principio di proporzionalità, nella misura in cui consentono la vendita dei beni in cui abita il consumatore, anche in caso di inadempimento contrattuale di lieve entità.

32

Inoltre, secondo il giudice del rinvio, nonostante la tutela offerta dagli articoli 7, 38 e 47 della Carta, le direttive 93/13 e 2005/29, nonché il principio di effettività, la normativa nazionale relativa all’esecuzione di un’ipoteca mediante vendita all’asta volontaria di un bene che costituisce l’abitazione dei consumatori, come interpretata dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca), non attribuisce sufficiente importanza alla tutela dell’abitazione familiare e non considera la possibilità di mezzi esecutivi della garanzia alternativi. Pertanto, come dimostrerebbe la prassi, la concessione di crediti ai consumatori avrebbe conseguenze estremamente dannose per questi ultimi e per le loro famiglie.

33

Per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2005/29, il giudice del rinvio ritiene che la prassi della concessione di un credito al fine di rimborsare i debiti derivanti da uno o più crediti precedenti non possa essere esclusa dal controllo giurisdizionale ai sensi di tale direttiva. Il giudice del rinvio ritiene che le circostanze in cui è stato stipulato il contratto di credito di cui trattasi costituiscano pratiche commerciali sleali che dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Inoltre, sebbene le pratiche commerciali sleali non comportino direttamente la nullità dell’atto giuridico di cui trattasi, esse inciderebbero sulla valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali.

34

Per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2008/48, tale giudice ritiene che un credito concesso al fine di rimborsare debiti derivanti da crediti precedenti non corrisponda né al suo obiettivo né a quello della direttiva che l’ha preceduta.

35

Peraltro, sebbene i contratti di credito garantiti da un’ipoteca o da un diritto connesso a un bene immobile siano esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, nel caso di specie, il contratto di credito di cui trattasi non definirebbe l’oggetto del credito e risponderebbe ai requisiti applicabili ai contratti di credito al consumo. Tale contratto di credito non sarebbe né garantito da un’ipoteca né destinato a finanziare l’acquisizione di un bene immobile, ma sarebbe servito a garantire il rimborso di crediti al consumo anteriori. In tali circostanze, esisterebbe uno stretto collegamento tra detto contratto di credito e tali contratti di credito al consumo conclusi in precedenza da SP e da CI, cosicché il giudice del rinvio si chiede se una siffatta situazione rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48.

36

Infine, per determinare l’importo esatto del debito dei ricorrenti nel procedimento principale, il giudice del rinvio desidera sapere se l’approccio adottato dalla Corte nella sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283), sia applicabile nel caso di specie.

37

In tale contesto, il Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešov) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 47 [della Carta], in combinato disposto con gli articoli 7 e 38 [della medesima], la [direttiva 93/13], la [direttiva 2005/29] nonché il principio di effettività del diritto dell’Unione ostino alle disposizioni di cui all’articolo 53, paragrafo 9, e all’articolo 565 del codice civile, ai sensi delle quali, in caso di dichiarazione di scadenza anticipata, non si tiene conto della proporzionalità di tale atto e in particolare della gravità della violazione dell’obbligo del consumatore in relazione all’importo del prestito e al periodo del suo rimborso.

In caso di risposta negativa alla [prima] questione (...):

2)

a)

Se l’articolo 47 [della Carta], in combinato disposto con gli articoli 7 e 38 [della stessa], la direttiva 93/13, la direttiva 2005/29 e il principio di effettività del diritto dell’Unione ostino a una giurisprudenza che, nel merito, non impedisce il soddisfacimento di un credito garantito mediante un’asta privata su beni immobili dove i consumatori o altre persone hanno la loro abitazione, senza tener conto della gravità della violazione dell’obbligo del consumatore in relazione all’importo del prestito e al periodo del prestito, anche quando esiste un altro modo per soddisfare i crediti del creditore mediante un’esecuzione giudiziaria nell’ambito della quale la vendita di un’abitazione gravata da ipoteca non è un vincolo.

b)

Se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che la tutela dei consumatori contro le pratiche commerciali sleali nel credito al consumo comprende anche qualsiasi mezzo per soddisfare il credito del creditore, compresa la stipula di un nuovo prestito concordato per coprire gli obblighi derivanti da un prestito precedente.

c)

Se la direttiva 2005/29 debba essere interpretata nel senso che si deve considerare pratica commerciale sleale anche il comportamento del professionista che eroga ripetutamente prestiti a un consumatore che non è in grado di rimborsare i prestiti, in modo da creare una catena di prestiti che il creditore non paga effettivamente al consumatore, ma sono accettati dal creditore per l’adempimento dei prestiti precedenti e delle spese complessive per i prestiti.

d)

Se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della [direttiva 2008/48], in combinato disposto con il suo decimo considerando, debba essere interpretato nel senso che esso non esclude l’ambito di applicazione di tale direttiva neppure nel caso di un prestito che presenti tutte le caratteristiche di un contratto di credito al consumo, lo scopo del prestito non sia stato concordato, il creditore abbia mantenuto l’intero prestito, salvo una piccola parte, per coprire i precedenti prestiti al consumo, ma sia stata concordata a titolo di garanzia la costituzione di un’ipoteca su un immobile.

e)

Se la sentenza del 21 aprile 2016Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283) debba essere interpretata nel senso che essa riguarda un contratto di credito al consumatore qualora con tale contratto una parte del credito erogato è destinata a coprire i costi del creditore».

Procedimento dinanzi alla Corte

38

Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 22 febbraio 2023, la VÚB ha chiesto, in via principale, che fosse dichiarato, sulla base dell’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, che quest’ultima non è più competente a statuire in quanto la controversia di cui al procedimento principale è divenuta priva di oggetto. In subordine, la VÚB ha chiesto che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento in applicazione dell’articolo 83 del regolamento di procedura.

39

Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 9 agosto 2023, la VÚB ha nuovamente chiesto la riapertura della fase orale.

40

Per quanto riguarda, in primo luogo, la domanda principale contenuta nell’atto depositato il 22 febbraio 2023, la VÚB dichiara infatti di aver rinunciato all’ipoteca che garantisce il contratto di prestito di cui trattasi, con effetto dal 14 febbraio 2023, cosicché la controversia principale è divenuta priva di oggetto e non occorre più statuire sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

41

Inoltre, con lettera depositata presso la cancelleria della Corte il 21 aprile 2023, la VÚB ha informato quest’ultima di aver accettato una cessione del debito dei ricorrenti nel procedimento principale a favore di un terzo, il quale aveva nel frattempo rimborsato tale debito. Anche per questo motivo la controversia principale sarebbe divenuta priva di oggetto.

42

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nel quadro normativo e fattuale che questi definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, beneficiano di una presunzione di rilevanza. Sempre secondo costante giurisprudenza, tuttavia, il procedimento ex articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere. La ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’ottenere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, ma risponde alla necessità di dirimere concretamente una controversia. Di conseguenza, laddove risulti che la controversia principale sia divenuta priva di oggetto, e che le questioni poste non sono manifestamente più pertinenti ai fini della sua soluzione, la Corte deve dichiarare il non luogo a statuire (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2022, Banco Cetelem, C‑302/21, EU:C:2022:919, punti 26, 27, 3132 nonché giurisprudenza ivi citata).

43

In tale contesto, il 14 marzo 2023 e il 26 maggio 2023 la Corte ha rivolto al giudice del rinvio una richiesta di chiarimenti al fine di sapere se le circostanze evocate dalla VÚB ponessero effettivamente fine alla controversia principale e se le risposte alle questioni sottoposte alla Corte fossero ancora necessarie per la soluzione della controversia principale e, in caso affermativo, per quali motivi.

44

Con lettere del 5 aprile 2023 e del 12 giugno 2023, il giudice del rinvio ha dichiarato che né la rinuncia all’ipoteca sull’immobile né la cessione del prestito avevano avuto l’effetto di rendere il procedimento principale privo di oggetto, in quanto, essenzialmente, non erano state soddisfatte le condizioni di validità previste a tal fine dal diritto nazionale. Da un lato, tale giudice ha precisato di non aver approvato la rinuncia unilaterale, da parte della VÚB, alla garanzia, dal momento che un accordo con i debitori è indispensabile per l’estinzione di una siffatta garanzia mediante rinuncia. Dall’altro, esso sottolinea che, conformemente alla legislazione nazionale, se il credito della VÚB fosse stato ceduto, tutti i diritti dei ricorrenti nel procedimento principale in quanto consumatori sarebbero stati fatti salvi.

45

Alla luce dei chiarimenti forniti dal giudice del rinvio, si deve ritenere che la controversia principale conservi il suo oggetto e, pertanto, che le questioni sollevate restino pertinenti per la soluzione di tale controversia. Si deve pertanto rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale.

46

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la domanda di riapertura della fase orale del procedimento, la VÚB sostiene, in sostanza, nella sua domanda in subordine depositata presso la cancelleria della Corte il 22 febbraio 2023, di essere in disaccordo su alcuni punti con le conclusioni dell’avvocato generale, le quali si baserebbero su informazioni errate, per cui sarebbe necessario chiarire il contesto di fatto e/o di diritto delle questioni pregiudiziali. Inoltre, la VÚB contesta sotto diversi aspetti l’interpretazione data dall’avvocato generale nelle sue conclusioni alle direttive citate in tali questioni.

47

Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 9 agosto 2023, la VÚB informa la Corte, a sostegno della sua richiesta di riapertura della fase orale del procedimento, da un lato, che lo stesso giorno ha proposto ricorso dinanzi all’Ústavný súd Slovenskej republiky (Corte costituzionale della Repubblica slovacca) contro la decisione del giudice del rinvio del 12 giugno 2023, con la quale quest’ultimo ha deciso di respingere la richiesta di revoca del rinvio pregiudiziale nonostante la rinuncia da parte della VÚB alla garanzia immobiliare e la cessione del debito, menzionate al punto 44 della presente sentenza. Infatti, la VÚB non avrebbe chiesto a tale giudice di ritirare il suo rinvio pregiudiziale a causa di tali atti, bensì di portare a conoscenza della Corte qualsiasi elemento idoneo ad incidere sulla prosecuzione del procedimento pregiudiziale conformemente all’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento di procedura. Orbene, tale rinuncia e tale cessione del debito costituirebbero elementi di siffatto genere.

48

Dall’altro lato, la VÚB ritiene, in sostanza, che, nell’ipotesi in cui le informazioni di cui dispone la Corte in merito a tale cessione e rinuncia non le consentissero di pronunciarsi sul presente rinvio pregiudiziale sul fondamento dell’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento di procedura, occorrerebbe riaprire la fase orale del procedimento al fine di chiarire gli elementi che essa ritiene pertinenti al riguardo.

49

È vero che, ai sensi dell’articolo 83 del suo regolamento di procedura, la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa deve essere decisa sulla base di un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o tra gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

50

Occorre anzitutto rammentare che, secondo costante giurisprudenza, il disaccordo di una parte della controversia principale o di un interessato con le conclusioni dell’avvocato generale non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale del procedimento (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2023, Gallaher, C‑707/20, EU:C:2023:101, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

51

Ne consegue che il disaccordo manifestato dalla VÚB contro le conclusioni dell’avvocato generale non può, di per sé, giustificare la riapertura della fase orale del procedimento.

52

Peraltro, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di disporre, al termine della fase scritta del procedimento e dell’udienza che si è svolta dinanzi ad essa, di tutti gli elementi necessari per statuire sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

53

Infatti, le parti nel procedimento principale e gli interessati che hanno partecipato al presente procedimento, e in particolare la VÚB, hanno potuto esporre, sia nella fase scritta sia nella fase orale di quest’ultimo, gli elementi di diritto e di fatto che hanno ritenuto pertinenti per consentire alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio. Inoltre, sebbene la Corte abbia chiesto esplicitamente di prendere posizione, all’udienza, in merito alle risposte fornite dal giudice del rinvio ad una prima richiesta di chiarimenti che le era stata inviata il 7 giugno 2022, e vertente in particolare sul contesto di diritto e di fatto delle questioni pregiudiziali, la VÚB ha deciso di non partecipare all’udienza. Peraltro, per quanto riguarda la rinuncia alla garanzia sul bene immobile e la cessione del debito e le loro conseguenze ai fini dell’applicazione dell’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento di procedura, si deve ritenere che tali elementi non siano tali da influenzare la decisione che la Corte è chiamata a prendere, tenuto conto delle considerazioni esposte ai punti da 40 a 45 della presente sentenza.

54

Infine, le domande di riapertura della fase orale del procedimento presentate dalla VÚB non rivelano alcun fatto nuovo tale da poter influenzare la decisione che la Corte è chiamata a emettere.

55

Alla luce di tali premesse, non è necessario disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

56

La VÚB fa valere, in sostanza, che le questioni pregiudiziali relative all’interpretazione della direttiva 93/13 sono irricevibili in quanto inutili ai fini della soluzione della controversia e sono ipotetiche in quanto non avrebbero alcun rapporto con l’oggetto della controversia principale. A tal riguardo, essa rileva, in sostanza, che i ricorrenti nel procedimento principale hanno sistematicamente e gravemente violato i loro obblighi contrattuali, cosicché la realizzazione della garanzia sarebbe in ogni caso conforme al sindacato di proporzionalità secondo i criteri enunciati nella sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 73).

57

Secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di fatto e di diritto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. La Corte può rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale sottoposta da un giudice nazionale, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, soltanto qualora, segnatamente, non siano rispettati i requisiti relativi al contenuto della domanda di pronuncia pregiudiziale indicati nell’articolo 94 del regolamento di procedura o appaia in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame della validità di una norma dell’Unione, richiesti dal giudice nazionale, non hanno alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, oppure quando il problema sia di natura ipotetica (sentenza del 20 ottobre 2022, Koalitsia «Demokratichna Bulgaria – Obedinenie», C‑306/21, EU:C:2022:813, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

58

Orbene, una siffatta mancanza di relazione o il carattere ipotetico delle questioni sollevate non può essere dimostrato sulla sola base dell’affermazione della VÚB secondo cui l’esecuzione della realizzazione della garanzia è, nel caso di specie, proporzionata. In effetti, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, le questioni relative all’interpretazione della direttiva 93/13 non mirano a stabilire se ciò si verifichi nel caso di specie, ma a verificare se il giudice debba esaminare il carattere proporzionato dell’opzione offerta al creditore dalla clausola di scadenza anticipata, in assenza di un obbligo in tal senso imposto dalla legislazione o dalla giurisprudenza nazionale.

59

Pertanto, l’interpretazione richiesta delle disposizioni della direttiva 93/13 appare necessaria alla soluzione della controversia principale e le questioni pregiudiziali non sono di natura ipotetica. Di conseguenza, tali questioni sono ricevibili.

60

Per contro, occorre rilevare, come fatto valere dal governo slovacco e dalla Commissione europea, che il giudice del rinvio non fornisce elementi di diritto e di fatto che metterebbero in evidenza il nesso tra le questioni sottoposte e la direttiva 2005/29. Infatti, il giudice del rinvio non illustra la relazione che esisterebbe tra l’esecuzione della clausola di scadenza anticipata del termine, da un lato, e l’esistenza di pratiche commerciali sleali, dall’altro. Parimenti, esso non precisa né in che misura la realizzazione della garanzia immobiliare mediante una vendita all’asta volontaria possa costituire una pratica commerciale sleale, né la ragione per cui l’interpretazione di tale direttiva in tale contesto sarebbe necessaria per la soluzione della controversia principale.

61

Si deve pertanto dichiarare che i requisiti previsti dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, non sono soddisfatti e che, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 57 della presente sentenza, le questioni pregiudiziali sono irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione della direttiva 2005/29.

Sulla prima questione

62

Poiché la prima questione riguarda essenzialmente la portata del controllo giurisdizionale sulla facoltà data al creditore di dichiarare esigibile la totalità del prestito mediante una clausola di scadenza anticipata del termine, occorre, in via preliminare, esaminare se, nel caso di specie, tale clausola rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13. Infatti, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative non sono soggette alle disposizioni della suddetta direttiva.

63

Tale esclusione dall’applicazione del regime della direttiva 93/13, che si estende alle disposizioni del diritto nazionale che disciplinano le relazioni tra le parti contraenti indipendentemente dalla loro scelta e a quelle che sono applicabili in via suppletiva, è giustificata dal fatto che, in linea di principio, è legittimo presumere che il legislatore nazionale abbia creato un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti, equilibrio che il legislatore dell’Unione ha esplicitamente inteso preservare (v., in tal senso, sentenze del 10 giugno 2021, Prima banka Slovensko, C‑192/20, EU:C:2021:480, punto 32, e del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

64

Tale esclusione presuppone che siano soddisfatte due condizioni, e cioè, da un lato, la clausola contrattuale deve riprodurre una disposizione legislativa o regolamentare e, dall’altro, tale disposizione deve essere imperativa (sentenze del 10 settembre 2014, Kušionová, C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 78, e del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 31).

65

Al fine di stabilire se tali condizioni siano soddisfatte, la Corte ha dichiarato che spetta al giudice nazionale verificare se la clausola contrattuale di cui trattasi riproduce disposizioni del diritto nazionale che si applicano in modo imperativo tra i contraenti indipendentemente da una loro scelta, o disposizioni che sono di natura suppletiva e pertanto applicabili in via residuale, ossia allorché non è stato convenuto alcun altro accordo tra i contraenti al riguardo (sentenze del 10 settembre 2014, Kušionová, C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 79; del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 32, e del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 55).

66

A tal proposito, spetta ai giudici nazionali aditi verificare se una siffatta clausola rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 alla luce dei criteri definiti dalla Corte, vale a dire prendendo in considerazione la natura, la struttura generale e le clausole dei contratti di mutuo in questione nonché il contesto giuridico e fattuale in cui tali elementi si inseriscono, tenendo conto del fatto che, alla luce dell’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito da tale direttiva, l’eccezione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, della stessa deve essere interpretata in senso stretto (sentenza del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

67

Nel caso di specie, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, risulta che le disposizioni del diritto nazionale oggetto della prima questione, vale a dire l’articolo 53, paragrafo 9, e l’articolo 565 del codice civile, sono riprodotte in una clausola del contratto di credito in questione, vale a dire la clausola di scadenza anticipata. Il giudice del rinvio rileva, infatti, a tal riguardo, che detta clausola «copia in sostanza» tali disposizioni.

68

Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 9, del codice civile, nel caso di un contratto di credito al consumo rimborsabile mediante pagamenti rateali, il creditore può chiedere il pagamento dell’intero credito, conformemente all’articolo 565 di tale codice, se le parti ne hanno convenuto. Il creditore può esercitare questo diritto non prima di tre mesi dal ritardo nel pagamento di una rata e solo dopo aver dato al consumatore un preavviso di almeno quindici giorni.

69

Nella sua risposta alla richiesta di chiarimenti della Corte al riguardo, il giudice del rinvio ha indicato che il suddetto combinato disposto non si applica automaticamente o in assenza di una scelta in tal senso ad opera delle parti. Inoltre, anche se le parti hanno convenuto, nel contratto di credito, la possibilità, per il creditore, di esigere il rimborso anticipato della somma prestata, quest’ultimo non sarebbe tenuto ad esercitare tale diritto. Il giudice del rinvio considera, inoltre, che l’articolo 54, paragrafo 1, del codice civile, il quale prevede, in sostanza, che le clausole contrattuali contenute in un contratto concluso con un consumatore non possano discostarsi dalle disposizioni di tale codice a danno del consumatore, non conferisce tuttavia carattere imperativo alle disposizioni dell’articolo 53, paragrafo 9, di detto codice, dal momento che la prima disposizione consentirebbe alle parti di derogare alla seconda, purché ciò avvenga a favore del consumatore.

70

Pertanto, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, unico competente ad interpretare le disposizioni del proprio diritto nazionale, la clausola di scadenza anticipata che consente al creditore di chiedere il rimborso anticipato dell’intero saldo residuo dovuto in caso di inadempimento da parte del debitore dei suoi obblighi contrattuali, non sembra poter essere qualificata come «clausola che riproduce disposizioni legislative o regolamentari imperative» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, in quanto, sebbene essa riprenda le disposizioni nazionali citate al punto 68 della presente sentenza, tali disposizioni non sono imperative e non soddisfano quindi la seconda condizione richiesta da tale articolo 1, paragrafo 2, per applicare l’esclusione ivi prevista.

71

In tale ipotesi, una siffatta clausola è, di conseguenza, soggetta alle disposizioni della direttiva 93/13, come interpretate dalla Corte.

72

Per quanto riguarda il merito della questione occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, spetta alla Corte riformulare le questioni che le sono sottoposte e interpretare tutte le norme del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere le controversie di cui sono investiti, anche qualora tali norme non siano espressamente indicate nelle questioni a essa sottoposte da detti giudici (v., in tal senso, segnatamente, sentenza del 4 ottobre 2018, Kamenova, C‑105/17, EU:C:2018:808, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

73

Ciò premesso, si deve ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce degli articoli 7 e 38 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale il controllo giurisdizionale del carattere abusivo di una clausola di decadenza dal termine contenuta in un contratto di credito al consumo non tiene conto del carattere proporzionato della facoltà lasciata al professionista di esercitare il diritto che gli deriva da tale clausola, alla luce di criteri connessi in particolare all’entità dell’inadempimento del consumatore ai suoi obblighi contrattuali, quali l’importo delle rate che non sono state onorate rispetto all’importo totale del credito e alla durata del contratto, nonché alla possibilità che l’applicazione di tale clausola comporti che il professionista possa procedere al recupero delle somme dovute in forza della stessa clausola mediante la vendita, al di fuori di qualsiasi procedimento giudiziario, dell’abitazione familiare del consumatore.

74

In primo luogo, occorre ricordare che, tenuto conto della situazione di inferiorità nella quale il consumatore si trova rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di trattativa che il livello di informazione, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che le clausole abusive non vincolano i consumatori. In questo contesto, e per garantire il livello elevato di protezione dei consumatori enunciato all’articolo 38 della Carta, il giudice nazionale è tenuto ad esaminare, anche d’ufficio, la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto a tal fine necessari (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2019, Bondora, C‑453/18 e C‑494/18, EU:C:2019:1118, punto 40, nonché del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punti da 35 a 37).

75

Per quanto riguarda, in secondo luogo, i criteri alla luce dei quali un siffatto controllo giurisdizionale deve essere esercitato, occorre ricordare che l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 definiscono, nel loro insieme, i criteri generali che consentono di valutare la natura abusiva delle clausole contrattuali soggette alle disposizioni di quest’ultima (sentenza del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 33).

76

Quindi, riferendosi alle nozioni di «buona fede» e di «significativo squilibrio» a danno del consumatore tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 definisce solo in modo astratto gli elementi che conferiscono carattere abusivo ad una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale (sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

77

Per appurare se una clausola determini, a danno del consumatore, un «significativo squilibrio» dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, occorre tener conto, in particolare, delle disposizioni applicabili nel diritto nazionale in mancanza di un accordo tra le parti in tal senso. Sarà proprio una siffatta analisi comparatistica a consentire al giudice nazionale di valutare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 68).

78

Per quanto riguarda la questione di quali siano le circostanze in cui uno squilibrio simile sia creato «malgrado il requisito della buona fede», occorre constatare che, alla luce del sedicesimo considerando della direttiva 93/13, a tale fine il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse ad una siffatta clausola nell’ambito di un negoziato individuale (v., in tal senso, sentenze del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 69, e del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, C‑609/19, EU:C:2021:469, punto 66).

79

Inoltre, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole di detto contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

80

Per quanto riguarda specificamente una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a lungo termine che determini le condizioni alle quali il creditore è autorizzato a chiedere il rimborso anticipato, come una clausola di scadenza anticipata, la Corte ha anche già avuto modo di stabilire i criteri in base ai quali il giudice nazionale può determinare se tale clausola sia abusiva, come ha ricordato l’avvocato generale al paragrafo 74 delle sue conclusioni.

81

Così, la Corte ha affermato a più riprese che, in particolare, al fine di determinare se una clausola contrattuale di scadenza anticipata del termine di rimborso di un mutuo ipotecario provochi un significativo squilibrio a danno del consumatore, riveste importanza essenziale la questione se la facoltà lasciata al professionista di dichiarare esigibile il mutuo nella sua interezza dipenda dall’inadempimento da parte del consumatore di un obbligo che presenti un carattere essenziale nel contesto del rapporto contrattuale in oggetto, se tale facoltà sia prevista per le ipotesi in cui siffatto inadempimento riveste un carattere sufficientemente grave in considerazione della durata e dell’importo del mutuo, se detta facoltà deroghi alle norme di diritto comune applicabili in materia in assenza di disposizioni contrattuali specifiche e se il diritto nazionale conferisca al consumatore mezzi adeguati ed efficaci che gli consentano, allorché lo stesso è soggetto all’applicazione di una siffatta clausola, di ovviare agli effetti dell’esigibilità del mutuo (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

82

Ne consegue che il giudice nazionale deve segnatamente esaminare il carattere proporzionato della facoltà lasciata al creditore di esigere, in forza di tale clausola, la totalità delle somme dovute quando valuta il suo carattere eventualmente abusivo, il che implica che egli tenga conto in particolare della misura in cui il consumatore viene meno ai suoi obblighi contrattuali, come l’importo delle rate che non sono state onorate rispetto all’importo totale del credito e alla durata del contratto.

83

A questo proposito, occorre ricordare che i criteri indicati nella sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60) per valutare il carattere abusivo di una clausola contrattuale relativa alla scadenza anticipata del termine a causa dell’inadempimento dei suoi obblighi da parte del debitore durante un periodo limitato non sono né cumulativi, né alternativi, né esaustivi (v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2022, Caisse régionale de Crédit mutuel de Loire-Atlantique et du Centre Ouest, C‑600/21, EU:C:2022:970, punti 3031).

84

Ne consegue che il controllo giurisdizionale del carattere proporzionato di tale clausola deve, se del caso, essere effettuato alla luce di criteri supplementari. Pertanto, tenuto conto degli effetti che possono essere provocati da una clausola di scadenza anticipata inserita in un contratto di credito al consumo garantito con ipoteca sull’abitazione familiare, come quello di cui trattasi nella causa principale, il giudice nazionale, nel valutare se la facoltà lasciata al creditore da tale clausola sia abusiva, deve tenere conto, nella sua analisi, dell’eventuale squilibrio negoziale creato da tale clausola, del fatto che la sua attuazione può, se del caso, portare il creditore a recuperare le somme dovute in base alla medesima clausola vendendo tale abitazione in assenza di un procedimento giudiziario.

85

A tal riguardo, nell’ambito della sua valutazione dei mezzi che consentono al consumatore di rimediare agli effetti dell’esigibilità integrale delle somme dovute in base al contratto di prestito, tale giudice deve tener conto delle conseguenze derivanti dall’espulsione del consumatore e della sua famiglia dall’abitazione che costituisce la loro residenza principale. Infatti, il diritto all’abitazione è un diritto fondamentale garantito dall’articolo 7 della Carta che il giudice nazionale deve prendere in considerazione nell’attuazione della direttiva 93/13. La Corte ha già sottolineato a tal proposito l’importanza, per tale giudice, di emanare provvedimenti provvisori atti a sospendere un procedimento illegittimo di esecuzione ipotecaria o a bloccarlo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulta necessaria per garantire l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová, C‑34/13, EU:C:2014:2189, punti da 63 a 66).

86

Qualora, sulla base dei criteri sopra indicati, il giudice del rinvio dovesse constatare, nell’ambito della sua valutazione del carattere abusivo della clausola di scadenza anticipata, che, nel caso di specie, il diritto stipulato a favore della VÚB di esigere il rimborso anticipato del saldo residuo dovuto in base al contratto di credito di cui trattasi, garantito dall’abitazione familiare dei ricorrenti nel procedimento principale, consente a tale professionista di esercitare tale diritto senza dover tener conto dell’importanza dell’inadempimento dei consumatori rispetto all’importo concesso e alla durata del prestito, tale constatazione potrebbe indurre detto giudice a dover considerare tale clausola abusiva, in quanto essa creerebbe un significativo squilibrio a danno dei consumatori, malgrado il requisito della buona fede, tenuto conto di tutte le circostanze in cui tale contratto è stato concluso e di cui il professionista poteva essere a conoscenza alla data della sua conclusione.

87

Se, al termine di tale analisi, la clausola fosse dichiarata abusiva, spetterebbe a tale giudice escluderne l’applicazione affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore, a meno che quest’ultimo non vi si opponga (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 50).

88

A tal riguardo, le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali, alle quali fa riferimento l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, non possono pregiudicare la sostanza del diritto che i consumatori traggono da tale disposizione di non essere vincolati da una clausola reputata abusiva (sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

89

Infatti, in assenza di un siffatto controllo, la tutela del consumatore si rivelerebbe incompleta ed insufficiente e costituirebbe un mezzo inadeguato ed inefficace per far cessare l’utilizzo di questo tipo di clausole, contrariamente a quanto disposto all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (sentenza del del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

90

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce degli articoli 7 e 38 della Carta, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale il controllo giurisdizionale del carattere abusivo di una clausola di scadenza anticipata contenuta in un contratto di credito al consumo non tiene conto del carattere proporzionato della facoltà lasciata al professionista di esercitare il diritto che gli deriva da tale clausola, alla luce di criteri connessi, in particolare, all’entità dell’inadempimento del consumatore ai suoi obblighi contrattuali, quali l’importo delle rate che non sono state onorate rispetto all’importo totale del credito e alla durata del contratto, nonché alla possibilità che l’applicazione di tale clausola comporti che il professionista possa procedere al recupero delle somme dovute in forza di detta clausola mediante la vendita, al di fuori di qualsiasi procedimento giudiziario, dell’abitazione familiare del consumatore.

Sulla seconda questione

91

Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda.

Sulle spese

92

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letti alla luce degli articoli 7 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

 

devono essere interpretati nel senso che:

 

essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il controllo giurisdizionale del carattere abusivo di una clausola di scadenza anticipata contenuta in un contratto di credito al consumo non tiene conto del carattere proporzionato della facoltà lasciata al professionista di esercitare il diritto che gli deriva da tale clausola, alla luce di criteri connessi, in particolare, all’entità dell’inadempimento del consumatore ai suoi obblighi contrattuali, quali l’importo delle rate che non sono state onorate rispetto all’importo totale del credito e alla durata del contratto, nonché alla possibilità che l’applicazione di tale clausola comporti che il professionista possa procedere al recupero delle somme dovute in forza di detta clausola mediante la vendita, al di fuori di qualsiasi procedimento giudiziario, dell’abitazione familiare del consumatore.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo slovacco.