Causa C-582/21

FY

contro

Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej

(domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Sąd Okregowy Warszawa-Praga w Warszawie)

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 9 aprile 2024

«Rinvio pregiudiziale – Principi del diritto dell’Unione – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione – Autonomia procedurale – Principi di equivalenza e di effettività – Principio di interpretazione conforme del diritto nazionale – Normativa nazionale che prevede un mezzo di ricorso straordinario che consente la riapertura di un procedimento civile concluso con una sentenza definitiva – Motivi – Decisione successiva di una Corte costituzionale che dichiara l’incompatibilità con la Costituzione di una disposizione di diritto nazionale sul cui fondamento tale sentenza è stata pronunciata – Privazione, per effetto di una violazione del diritto, della possibilità di agire – Applicazione estensiva di tale mezzo di ricorso – Asserita violazione del diritto dell’Unione risultante da una sentenza successiva della Corte che statuisce sull’interpretazione di tale diritto ai sensi dell’articolo 267 TFUE – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Sentenza contumaciale – Assenza di verifica d’ufficio del carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali»

  1. Stati membri – Obblighi – Predisposizione dei mezzi di ricorso necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva – Obbligo, per gli Stati membri, di prevedere mezzi di ricorso straordinari che consentano di riaprire un procedimento concluso con una sentenza definitiva a seguito di una sentenza pregiudiziale interpretativa – Assenza

    (Art. 19, § 1, comma 2, TUE)

    (v. punti 34, 35)

  2. Stati membri – Obblighi – Autorità di cosa giudicata – Principi di equivalenza e di effettività – Violazione della Costituzione di uno Stato membro mediante la disposizione di diritto nazionale su cui si era fondata una sentenza passata in giudicato – Mezzo di ricorso straordinario di diritto interno che consente di ottenere la riapertura del procedimento concluso con una sentenza definitiva – Obbligo del giudice nazionale di estendere tale mezzo di ricorso alle violazioni del diritto dell’Unione constatate con una sentenza della Corte – Assenza

    (Art. 4, § 3, TUE; art. 267 TFUE)

    (v. punti 41, 43-58, 59, dispositivo 1)

  3. Tutela dei consumatori – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13 – Obbligo per il giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto sottoposto alla sua valutazione – Norma procedurale vincolante per le autorità giurisdizionali nazionali

    (Direttiva del Consiglio 93/13)

    (v. punto 66)

  4. Tutela dei consumatori – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13 – Mezzi destinati a far cessare l’utilizzazione delle clausole abusive – Autonomia procedurale – Privazione illegittima della possibilità di agire di una parte per effetto della violazione del diritto – Mezzo di ricorso straordinario di diritto interno che consente di ottenere la riapertura del procedimento concluso con una sentenza definitiva – Sentenza contumaciale che ha accolto una domanda di recupero, senza esame del carattere abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi – Principio di equivalenza che non può imporre di riconoscere un siffatto diritto a riapertura in tale situazione – Osservanza del principio di effettività – Necessità di modalità procedurali che consentono di garantire il rispetto dei diritti del consumatore

    (Direttiva del Consiglio 93/13, art. 6, § 1)

    (v. punti 71, 73-76, 84, dispositivo 1)

Sintesi

Investita di un rinvio pregiudiziale da parte del Sąd Okręgowy Warszawa-Praga ( 1 ) (Tribunale regionale di Varsavia-Praga, Polonia), la Corte, riunita in Grande Sezione, interpreta l’articolo 4, paragrafo 3, TUE ( 2 ), il principio di equivalenza e il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale, in relazione alla tutela dei consumatori contro le clausole contrattuali abusive, nella situazione in cui il giudice nazionale che ha accolto una domanda di un professionista fondata su un contratto stipulato con un consumatore, con sentenza definitiva pronunciata in contumacia, ha omesso di esaminare d’ufficio l’eventuale presenza di clausole abusive in tale contratto, in violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 93/13 ( 3 ).

Nel procedimento principale, FY ha stipulato con la Profi Credit Polska S.A, un’impresa di credito, un contratto di credito al consumo. Il rimborso del prestito era garantito dall’emissione di una cambiale in bianco firmata da FY, che è stata successivamente riempita dalla Profi Credit Polska.

In seguito, la Profi Credit Polska ha proposto dinanzi al giudice di primo grado competente un ricorso diretto ad ottenere il pagamento del saldo del credito da rimborsare, maggiorato degli interessi. Al ricorso sono stati allegati soltanto detta cambiale e la notifica della risoluzione del contratto di credito di cui trattasi. Quest’ultimo non è stato presentato.

Il giudice di primo grado ha pronunciato una sentenza contumaciale, condannando FY a pagare alla Profi Credit Polska l’importo indicato sulla cambiale, maggiorato degli interessi legali di mora, basandosi unicamente su detta cambiale e sulle indicazioni contenute nel ricorso.

FY non ha proposto opposizione avverso la sentenza contumaciale, che è divenuta definitiva alla scadenza del termine previsto a tal fine.

Ritenendo che il giudice di primo grado non avesse preso in considerazione la direttiva 93/13, come interpretata dalla Corte ( 4 ), nell’accogliere la domanda della Profi Credit Polska sulla base della cambiale che aveva emesso, senza aver esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di credito, in particolare per quanto riguarda il costo del credito extrainteressi, FY ha presentato a tale giudice una domanda di riapertura del procedimento.

Poiché tale domanda è stata respinta, FY ha proposto appello dinanzi al giudice del rinvio.

Considerando che, poiché il giudice di primo grado non ha esaminato il contratto di credito, né il carattere eventualmente abusivo delle clausole in esso contenute, la sentenza contumaciale viola probabilmente la direttiva 93/13, come interpretata dalla Corte, il giudice del rinvio si chiede se il diritto dell’Unione non gli imponga di accogliere la domanda di riapertura del procedimento proposta da FY, indipendentemente dal fatto che quest’ultima non abbia proposto opposizione avverso la sentenza contumaciale.

Tale giudice intende sapere, in particolare, se il diritto dell’Unione gli imponga di interpretare estensivamente le disposizioni procedurali nazionali che istituiscono un mezzo di ricorso straordinario che consente a un singolo di chiedere la riapertura di un procedimento concluso con una sentenza definitiva. Nel diritto nazionale, una siffatta domanda può essere accolta, in particolare, qualora la disposizione nazionale invocata nel procedimento giurisdizionale in questione sia stata successivamente dichiarata incompatibile con la Costituzione nazionale o un’altra norma di rango superiore dalla Corte costituzionale, o qualora la parte interessata sia stata illegittimamente privata della possibilità di agire per effetto di una violazione del diritto ( 5 ).

La prima questione del giudice del rinvio mira ad accertare se l’obbligo di leale cooperazione e il principio di equivalenza richiedano che il primo di tali mezzi di ricorso straordinari consenta di chiedere la riapertura di un procedimento concluso con una sentenza definitiva anche qualora da una sentenza pregiudiziale interpretativa del diritto dell’Unione, pronunciata dalla Corte ( 6 ) successivamente a tale sentenza definitiva, risulti che quest’ultima è fondata su una disposizione di diritto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione. Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se il principio di interpretazione conforme gli imponga di interpretare la disposizione nazionale che prevede la possibilità per una parte di chiedere la riapertura di un procedimento concluso con sentenza definitiva qualora, per effetto di una violazione del diritto, essa sia stata privata della possibilità di agire, in modo da includere nel suo ambito di applicazione una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

Giudizio della Corte

Sulla prima questione

Dopo aver rilevato che il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva non implica l’obbligo per gli Stati membri di prevedere mezzi di ricorso straordinari che consentano di riaprire un procedimento concluso con una sentenza definitiva a seguito di una sentenza pregiudiziale interpretativa, la Corte sottolinea l’importanza che riveste, nell’ordinamento giuridico dell’Unione e negli ordinamenti giuridici nazionali, il principio dell’autorità di cosa giudicata. In mancanza di una normativa dell’Unione in materia, le modalità di attuazione di tale principio rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia procedurale, nel rispetto, tuttavia, dei principi di equivalenza e di effettività.

Qualora le norme processuali interne applicabili prevedano la possibilità, a determinate condizioni, per il giudice nazionale di ritornare su una decisione munita di autorità di giudicato, per rendere la situazione compatibile con il diritto nazionale, tale possibilità deve essere prevista, conformemente ai principi di equivalenza e di effettività, e sempre che dette condizioni siano soddisfatte, per ripristinare la conformità della situazione di cui trattasi al diritto dell’Unione. In particolare, spetta al giudice nazionale verificare, alla luce delle modalità procedurali dei ricorsi applicabili nel diritto nazionale, il rispetto del principio di equivalenza, tenuto conto dell’oggetto, della causa e degli elementi essenziali dei ricorsi di cui trattasi.

Nel caso di specie, tale verifica implica di esaminare se, quando il diritto nazionale conferisce ai singoli il diritto di chiedere la riapertura di un procedimento concluso con una sentenza definitiva fondata su una disposizione di diritto nazionale, la cui non conformità sia stata successivamente dichiarata dal Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) ( 7 ), si debba riconoscere ai singoli un diritto equivalente qualora da una sentenza pregiudiziale interpretativa emessa successivamente a una siffatta sentenza definitiva risulti che quest’ultima è fondata su una disposizione di diritto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione.

Una siffatta verifica conduce a determinare se possa essere stabilita un’equivalenza tra questi due tipi di decisioni.

A tale riguardo, la Corte rileva, in particolare, che le decisioni della Corte costituzionale contengono una constatazione relativa all’incompatibilità della disposizione di diritto nazionale di cui trattasi, che non richiede l’adozione di una decisione giurisdizionale successiva, e ha l’effetto di privare tale disposizione della sua forza vincolante e di espungerla dall’ordinamento giuridico nazionale, con la conseguenza diretta di privare di fondamento giuridico la sentenza definitiva che era stata pronunciata sulla base di detta disposizione.

Le sentenze pregiudiziali interpretative si distinguono dalle decisioni della Corte costituzionale in quanto, interpretando il diritto dell’Unione, la Corte non si pronuncia direttamente sull’eventuale incompatibilità di una disposizione di diritto nazionale. Se è vero che il ruolo della Corte è quello di fornire un’interpretazione vincolante del diritto dell’Unione, le conseguenze che derivano da tale interpretazione per il caso concreto rientrano nella responsabilità dei giudici nazionali. A motivo della netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, che caratterizza il procedimento pregiudiziale, il giudice nazionale è l’unico competente ad interpretare ed applicare il diritto nazionale, nonché ad attuare, nella causa dinanzi ad esso pendente, l’interpretazione fornita dalla Corte in risposta alla sua domanda di pronuncia pregiudiziale.

Pertanto, qualora un mezzo di ricorso straordinario istituito da una disposizione processuale nazionale consenta a un singolo di chiedere la riapertura di un procedimento conclusosi con sentenza definitiva invocando una decisione successiva della Corte costituzionale dello Stato membro interessato che ha dichiarato l’incompatibilità con la Costituzione di tale Stato membro di una disposizione di diritto nazionale, sul cui fondamento tale sentenza è stata pronunciata, l’articolo 4, paragrafo 3, TUE e il principio di equivalenza non impongono che tale mezzo di ricorso sia esperibile anche nel caso in cui sia invocata una sentenza pregiudiziale interpretativa ( 8 ).

Sulla seconda questione

La Corte ricorda anzitutto che, poiché i giudici nazionali sono i soli competenti ad interpretare il diritto nazionale, spetta al giudice del rinvio valutare se, tenuto conto dei limiti al principio di interpretazione conforme costituiti dai principi generali del diritto e dall’impossibilità di procedere ad un’interpretazione contra legem, la disposizione di diritto nazionale di cui trattasi, che consente di riaprire un procedimento concluso con una sentenza definitiva qualora la parte interessata sia stata privata della possibilità di agire per effetto di una violazione del diritto, possa essere oggetto di un’interpretazione estensiva in modo da far rientrare in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale tale motivo di riapertura del procedimento.

Tuttavia, la Corte fornisce a tale giudice alcune indicazioni in considerazione degli elementi contenuti nella decisione di rinvio.

In particolare, la Corte rileva che il procedimento dinanzi al giudice di primo grado deve essere esaminato nel suo insieme, prendendo in considerazione non solo il fatto che la sentenza contumaciale è stata pronunciata senza esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di credito concluso con FY, ma anche le modalità procedurali che accompagnano l’esercizio del diritto di proporre opposizione avverso una siffatta sentenza.

Spetta quindi al giudice del rinvio verificare se le modalità di cui trattasi nel procedimento principale possano «privare una parte, per effetto di una violazione del diritto, della possibilità di agire», ai sensi della disposizione di diritto nazionale di cui trattasi, qualora esse non consentano di garantire il rispetto dei diritti che il consumatore trae dalla direttiva 93/13.

Peraltro, la Corte indica che il riconoscimento di un diritto alla riapertura di un procedimento concluso con una sentenza definitiva in applicazione del principio di interpretazione conforme non costituisce l’unico mezzo che possa garantire a un consumatore, in circostanze come quelle del procedimento principale, la tutela voluta dalla direttiva 93/13.

L’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione implica un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, per quanto riguarda, in particolare, le modalità procedurali delle azioni giudiziarie fondate su tali diritti. Pertanto, se le modalità procedurali che disciplinano l’esercizio del diritto di proporre opposizione alla sentenza contumaciale non consentono di garantire il rispetto dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva 93/13, tale procedimento non è conforme al diritto dei consumatori a un ricorso effettivo.

Di conseguenza, se il giudice del rinvio dovesse ritenere che l’interpretazione estensiva che esso intende dare non sia prospettabile, un consumatore come FY dovrebbe disporre di un altro rimedio giuridico affinché gli sia effettivamente garantita la tutela voluta dalla direttiva 93/13.

In una situazione del genere, il principio di effettività impone che il rispetto dei diritti garantiti dalla direttiva 93/13 sia garantito nell’ambito di un procedimento di esecuzione della sentenza contumaciale, o anche dopo la conclusione di quest’ultimo. Nel caso in cui il procedimento esecutivo sia terminato, il consumatore deve essere in grado di far valere in un procedimento successivo distinto il carattere abusivo delle clausole del contratto al fine di poter esercitare effettivamente e pienamente i suoi diritti ai sensi di tale direttiva, per ottenere il risarcimento del danno economico causato da tali clausole.


( 1 ) In prosieguo: il «giudice del rinvio».

( 2 ) Tale disposizione sancisce il principio di leale cooperazione, in base al quale le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

( 3 ) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29). L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva enuncia, segnatamente, che gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali. L’articolo 7, paragrafo 1, impone agli Stati membri di prevedere mezzi adeguati ed efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

( 4 ) Sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17, EU:C:2018:711).

( 5 ) Come prevedono, in sostanza, rispettivamente, l’articolo 4011 e l’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile polacco.

( 6 ) In prosieguo: la «sentenza pregiudiziale interpretativa».

( 7 ) Tale giudice è di seguito designato con la «Corte costituzionale». Le decisioni con le quali la Corte costituzionale constata la non conformità alla Costituzione polacca o ad un’altra norma di rango superiore di una disposizione di diritto nazionale, o di una determinata interpretazione di una siffatta disposizione, sono designate in prosieguo come le «decisioni della Corte costituzionale».

( 8 ) Sempre che le conseguenze concrete di una siffatta decisione di tale Corte costituzionale per quanto riguarda la disposizione di diritto nazionale, o l’interpretazione di una siffatta disposizione, sulla quale detta sentenza definitiva si fonda, discendano direttamente da tale decisione.