Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 7 dicembre 2023 (1)

Causa C587/21 P

DD

contro

Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Agenti temporanei – Procedimento disciplinare – Esecuzione delle sentenze del Tribunale della funzione pubblica e del Tribunale dell’Unione europea – Articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea – Annullamento della nota di biasimo – Danno morale – Termine di prescrizione non fissato da una disposizione del diritto dell’Unione – Nozione di “termine ragionevole” – Dies a quo del termine ragionevole – Obbligo per il giudice dell’Unione di tener conto delle circostanze proprie di ciascuna causa – Articolo 32, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001 – Dovere di sollecitudine – Motivazione contraddittoria»






I.      Introduzione

1.        Con la propria impugnazione, DD, ricorrente, chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale del 14 luglio 2021, DD/FRA (T‑632/19, EU:T:2021:434; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE e diretto al risarcimento del danno morale che egli asserisce di aver subito nonché all’annullamento della decisione del direttore dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (in prosieguo: la «FRA») del 19 novembre 2018, che respinge la sua domanda di risarcimento.

2.        Detta impugnazione, che rientra nell’ambito del diritto della funzione pubblica dell’Unione europea, contiene otto motivi con i quali il ricorrente contesta al Tribunale di essere incorso in vari errori di diritto. Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni si concentreranno sul secondo motivo di impugnazione avente ad oggetto, in sostanza, i limiti del potere discrezionale di cui l’amministrazione dell’Unione dispone in sede di esecuzione, ai sensi dell’articolo 266 TFUE, di una sentenza che abbia l’effetto di annullare una decisione da essa adottata nell’ambito di un procedimento disciplinare. Tale ipotesi solleva necessariamente la questione dei limiti entro cui l’amministrazione è tenuta a rispettare i diritti procedurali del funzionario o dell’agente interessato, in particolare il diritto di essere ascoltato.

3.        La presente causa offre alla Corte l’opportunità di precisare la propria giurisprudenza in materia, nell’interesse della certezza del diritto e della tutela effettiva dei diritti sanciti all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») relativi ad una buona amministrazione, in particolare del diritto di essere ascoltato. Nel fare ciò, la Corte dovrà pronunciarsi sulla rilevanza di talune disposizioni dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, nella versione applicabile alla controversia (in prosieguo: lo «Statuto»), che disciplinano aspetti essenziali del procedimento disciplinare.

II.    Contesto normativo

Le Statuto dei funzionari dell’Unione europea

4.        L’articolo 86 dello Statuto, contenuto nel titolo VI di quest’ultimo, intitolato «Regime disciplinare», è così formulato:

«1.      Qualsiasi mancanza agli obblighi cui il funzionario o l’ex funzionario è soggetto ai sensi del presente statuto, commessa volontariamente o per negligenza, lo espone a una sanzione disciplinare.

2.      Quando elementi di prova che lascino presumere l’esistenza di una mancanza ai sensi del paragrafo 1 sono portati a conoscenza dell’autorità che ha il potere di nomina [(in prosieguo: l’«APN»)] o dell’OLAF [(in prosieguo: l’«OLAF»)], questi ultimi possono avviare un’indagine amministrativa al fine di verificare l’esistenza di tale mancanza.

3.      Le norme, le procedure e le misure disciplinari nonché le norme e le procedure relative alle indagini amministrative sono definite all’allegato IX».

5.        Ai sensi dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto:

«Sulla base della relazione d’indagine, dopo aver comunicato al funzionario interessato tutti gli elementi del fascicolo e dopo averlo ascoltato, l’[APN] può:

a)      decidere che nessuna accusa può essere formulata nei confronti del funzionario interessato; quest’ultimo ne è allora informato per iscritto; oppure

b)      decidere, anche in caso di mancanza o presunta mancanza agli obblighi, che non occorre adottare alcuna sanzione e, se necessario, inviare al funzionario un ammonimento; oppure

c)      in caso di mancanza agli obblighi ai sensi dell’articolo 86 dello statuto,

i)      decidere l’avvio della procedura disciplinare prevista alla sezione 4 del presente allegato, oppure

ii)      decidere l’avvio di una procedura disciplinare di fronte alla commissione di disciplina».

6.        L’articolo 22 dell’allegato IX dello Statuto dispone quanto segue:

«1.      Dopo aver sentito il funzionario, l’[APN] adotta la sua decisione conformemente al disposto degli articoli 9 e 10 del presente allegato, entro un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento del parere della commissione. La decisione deve essere motivata.

2.      Se l’[APN] decide di archiviare il caso senza infliggere una sanzione disciplinare, essa ne informa immediatamente per iscritto il funzionario interessato. Il funzionario interessato può chiedere che questa decisione figuri nel proprio fascicolo personale».

7.        L’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto prevede quanto segue:

«Il funzionario colpito da una sanzione disciplinare diversa dalla destituzione può, dopo tre anni se si tratta dell’ammonimento scritto o del biasimo, dopo sei anni se si tratta di altre sanzioni, presentare domanda per ottenere che nel fascicolo personale non risulti alcuna menzione della sanzione. L’[APN] decide se la richiesta dell’interessato deve essere accolta».

8.        L’articolo 29 dell’allegato IX dello Statuto è così formulato:

«Se nessuna accusa è stata formulata nei confronti dell’interessato in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 22, paragrafo 2[,] del presente allegato, quest’ultimo ha diritto, su sua domanda, alla riparazione del pregiudizio subito mediante un’adeguata pubblicità della decisione dell’[APN]».

III. Fatti, procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

A.      Fatti

9.        Il ricorrente, DD, è stato assunto il 1º agosto 2000 da un organismo dell’Unione, l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (EUMC), divenuto la FRA, in qualità di agente temporaneo ai sensi dell’articolo 2, lettera a), del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee (in prosieguo: il «RAA»). Inizialmente assunto con contratto a tempo determinato, dal 16 dicembre 2006 ha beneficiato di un contratto a tempo indeterminato.

10.      Nel corso del 2009 e, successivamente, nel contesto dell’esercizio di valutazione relativo all’anno 2011, in particolare nell’esercizio di un mezzo di ricorso previsto dalle norme interne alla FRA avverso il progetto di rapporto informativo (in prosieguo: il «ricorso interno»), il ricorrente ha asserito di essere vittima di una discriminazione su base razziale o etnica.

11.      In considerazione dei termini e del tono utilizzati nel ricorso interno, il 9 novembre 2012 il direttore della FRA ha avviato un’indagine amministrativa.

12.      Al termine di un’audizione tenutasi il 20 febbraio 2013 e avente lo scopo di ascoltare il ricorrente conformemente agli articoli 2 e 11 dell’allegato IX dello Statuto, applicabile per analogia agli agenti contrattuali, il direttore della FRA gli ha inflitto una nota di biasimo.

13.      Infine, con lettera del 13 giugno 2013, il direttore della FRA ha informato il ricorrente della propria decisione di risolvere il suo contratto a tempo indeterminato (in prosieguo: la «decisione di risoluzione»).

14.      Con sentenza dell’8 ottobre 2015, DD/FRA (F‑106/13 e F‑25/14, EU:F:2015:118; in prosieguo: la «sentenza di annullamento»), il Tribunale della funzione pubblica ha annullato la nota di biasimo. Tale annullamento era motivato dal fatto che il diritto del ricorrente di essere ascoltato era stato violato, in quanto il direttore della FRA aveva omesso di comunicargli le conclusioni dell’indagine amministrativa prima dell’audizione del 20 febbraio 2013 e dunque non gli aveva consentito di predisporre utilmente la propria difesa (sentenza di annullamento, punto 63).

15.      In tale sentenza, il Tribunale della funzione pubblica ha altresì annullato la decisione di risoluzione per il motivo che, prima dell’adozione di quest’ultima, il direttore della FRA non aveva espressamente informato il ricorrente che, a causa di vari incidenti, intendeva risolvere il suo contratto e non l’aveva invitato a formulare osservazioni al riguardo (sentenza di annullamento, punto 90).

16.      Il Tribunale della funzione pubblica ha invece respinto le richieste risarcitorie del ricorrente dirette ad ottenere la riparazione del danno morale causato dall’indagine amministrativa per tre motivi: in primo luogo, perché il ricorrente non poteva legittimamente sostenere che gli addebiti mossi nei suoi confronti non fossero sufficientemente definiti per l’avvio di detta indagine (sentenza di annullamento, punto 74); in secondo luogo, perché la circostanza che l’indagine amministrativa fosse stata condotta senza che la FRA avesse preliminarmente adottato le disposizioni generali di esecuzione dell’articolo 2 dell’allegato IX dello Statuto, al fine di definire il contesto procedurale dell’indagine, non era tale da viziare per irregolarità detta indagine (sentenza di annullamento, punto 75), e in terzo luogo, perché, sebbene l’audizione del ricorrente si fosse svolta senza che egli avesse potuto predisporre utilmente la propria difesa, si doveva constatare che, nel suo ricorso, si era limitato a menzionare l’esistenza di stress e ansia durante l’indagine amministrativa, senza suffragare ulteriormente le sue affermazioni (sentenza di annullamento, punto 76).

17.      Il Tribunale della funzione pubblica ha inoltre respinto le richieste risarcitorie del ricorrente dirette ad ottenere la riparazione del danno morale derivante dal fatto che la nota di biasimo avrebbe leso ingiustamente la sua integrità, la sua dignità e la sua reputazione all’interno della FRA. In proposito, il Tribunale della funzione pubblica ha rilevato in particolare che, poiché l’annullamento della nota di biasimo derivava dalla violazione del diritto del ricorrente di essere ascoltato, non era escluso che, se quest’ultimo fosse stato ascoltato, sarebbe stata adottata una decisione differente. Di conseguenza, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato che dette domande risarcitorie erano premature, e avrebbero potuto pregiudicare l’esecuzione della sentenza di annullamento da parte della FRA (sentenza di annullamento, punti da 78 a 82).

18.      Il Tribunale della funzione pubblica ha quindi respinto le richieste risarcitorie del ricorrente dirette ad ottenere la riparazione dei danni materiale e morale causati dall’illegittimità della decisione di risoluzione. Per quanto concerne il danno morale, il Tribunale della funzione pubblica ha constatato che il ricorrente si era limitato a dichiarare che tale decisione gli aveva causato un trauma psicologico e aveva leso la sua reputazione e la sua dignità, senza dimostrare che tale danno non potesse essere integralmente riparato dalla sentenza di annullamento (punto 107).

19.      Il ricorrente ha proposto un’impugnazione avverso la sentenza di annullamento, respinta dal Tribunale con sentenza del 19 luglio 2017, DD/FRA (T‑742/15 P, EU:T:2017:528; in prosieguo: la «sentenza sull’impugnazione»).

20.      Nel frattempo, dal 1º marzo 2016, la FRA ha reintegrato il ricorrente nelle sue funzioni e gli ha versato la retribuzione arretrata.

21.      Peraltro, il 12 aprile 2013 il ricorrente aveva presentato un reclamo al Garante europeo della protezione dei dati (in prosieguo: il «GEPD») per il motivo che l’indagine amministrativa era stata condotta in violazione del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1). Il GEPD ha sospeso l’esame di tale reclamo in attesa della sentenza di annullamento e, successivamente, della sentenza sull’impugnazione.

22.      Il 18 dicembre 2017 il GEPD ha considerato che, non essendo stato stabilito un contesto normativo sufficiente per l’avvio e lo svolgimento delle indagini amministrative, l’indagine che riguardava il ricorrente aveva violato l’articolo 4, l’articolo 5, lettera a), nonché gli articoli 11 e 12 del regolamento n. 45/2001. Tali conclusioni sono divenute definitive il 16 marzo 2018, a seguito del rigetto da parte del GEPD di richieste di riesame provenienti dall’interessato e dalla FRA.

23.      Il 19 luglio 2018 il ricorrente ha presentato una domanda, sulla base dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, diretta ad ottenere il pagamento dell’importo di EUR 100 000 a titolo di risarcimento economico per una serie di illegittimità commesse dalla FRA (in prosieguo: la «domanda di risarcimento»). In primo luogo, il ricorrente affermava che l’indagine amministrativa era stata avviata senza che fosse fondata su un sospetto sufficientemente serio e avvalorato da prove che egli avesse accusato il suo superiore di discriminazione razziale e che l’indagine si era invece basata su un’esagerazione e una manipolazione. In secondo luogo, egli sosteneva che l’indagine amministrativa, il procedimento disciplinare, la nota di biasimo e la decisione di risoluzione costituivano una discriminazione fondata sulle sue origini etniche. In terzo luogo, il ricorrente affermava che l’avvio e lo svolgimento dell’indagine amministrativa avevano violato l’articolo 4, l’articolo 5, lettera a), nonché gli articoli 11 e 12 del regolamento n. 45/2001. In quarto luogo, egli asseriva che la nota di biasimo e la decisione di risoluzione erano state basate su un’indagine amministrativa illegittima che conteneva affermazioni offensive e diffamatorie. In quinto luogo, il ricorrente sosteneva che la FRA aveva formulato affermazioni offensive e diffamatorie, aveva ignorato il suo diritto alla presunzione d’innocenza e si era resa colpevole della violazione del suo diritto alla vita privata e alla tutela dei suoi dati personali durante l’indagine amministrativa, durante il procedimento disciplinare, nella nota di biasimo e nella decisione di risoluzione, durante i procedimenti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, al Tribunale e alla commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo, nonché a causa della pubblicazione sulla stampa di articoli relativi alla sentenza di annullamento. Secondo il ricorrente, tali comportamenti, nel loro insieme, avrebbero costituito una molestia psicologica. In sesto luogo, egli riteneva che, in tal modo, la FRA avesse violato il suo dovere di sollecitudine, non prendendo in considerazione tutti gli elementi che avrebbero potuto influenzare le sue decisioni e il suo comportamento e, in particolare, omettendo di informarlo il prima possibile degli addebiti che gli erano mossi. Infine, il ricorrente aggiungeva che tutte queste illegittimità gli avevano causato stress, ansia, incertezza e un sentimento di abbandono e indifferenza. Umiliato, avrebbe altresì sofferto per la condiscendenza e il disprezzo con i quali sarebbe stato trattato.

24.      Il 19 novembre 2018 l’autorità abilitata a concludere i contratti (in prosieguo: l’«AACC») ha respinto la domanda di risarcimento del ricorrente affermando, in particolare, che la sentenza di annullamento era stata eseguita in quanto egli era stato reintegrato nelle sue funzioni e la nota di biasimo era stata eliminata dal suo fascicolo personale.

25.      Il 14 febbraio 2019 il ricorrente ha presentato un reclamo che l’AACC ha respinto il 12 giugno successivo. Nella sua decisione di rigetto, l’AACC ha dichiarato in particolare che la FRA aveva deciso di non riavviare il procedimento e che tutti gli atti relativi all’indagine amministrativa erano stati cancellati dal fascicolo del ricorrente.

B.      Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

26.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 settembre 2019, il ricorrente ha proposto un ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE e diretto, in primo luogo, al risarcimento del danno morale che afferma di aver subito, in secondo luogo, all’annullamento della decisione del direttore della FRA del 19 novembre 2018, che respinge la sua domanda di risarcimento e, in terzo luogo, all’annullamento, se necessario, della decisione del 12 giugno 2019, che respinge il reclamo diretto contro la summenzionata decisione del 19 novembre 2018.

27.      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente ha dedotto sei profili di illegittimità in relazione ai comportamenti contestati alla FRA (sentenza impugnata, punti 39, 51, 69, 80, 100 e 125) vertenti:

–         in primo luogo, sul fatto che, dopo la sentenza di annullamento, la FRA non ha ascoltato il ricorrente e non ha adottato una decisione ai sensi dell’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto;

–        in secondo luogo, sul fatto che l’avvio dell’indagine amministrativa e del procedimento disciplinare iniziale sarebbe stato irregolare;

–        in terzo luogo, sul fatto che la FRA non avrebbe risarcito il danno morale derivante dalla nota di biasimo annullata dalla sentenza di annullamento;

–        in quarto luogo, sul fatto che la FRA non avrebbe eseguito la sentenza di annullamento e non avrebbe svolto il procedimento disciplinare entro un periodo di tempo ragionevole e in maniera diligente;

–        in quinto luogo, sul fatto che l’avvio e lo svolgimento dell’indagine amministrativa avrebbero violato il regolamento n. 45/2001, lo Statuto e il diritto al rispetto della vita privata garantito all’articolo 7 della Carta, e

–        in sesto luogo, sul fatto che la FRA avrebbe omesso di risarcire il danno derivante da dichiarazioni prive di fondamento, diffamatorie e offensive, tutto ciò in violazione dell’autorità di cosa giudicata della sentenza di annullamento, del diritto alla presunzione d’innocenza e del dovere di sollecitudine, nonché dell’obbligo di astenersi da qualsiasi molestia psicologica.

28.      Inoltre, il ricorrente, poiché chiedeva il risarcimento del presunto danno morale subito a causa di tali asseriti comportamenti illeciti della FRA, adduceva, a tal fine, vari argomenti concernenti l’effettività del danno e il nesso di causalità.

29.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero le condizioni alle quali è subordinato il sorgere della responsabilità di un’istituzione. Da un lato, non ha considerato fondato nessuno dei profili di illegittimità presentati dal ricorrente. Dall’altro lato, il Tribunale ha constatato che non era stata dimostrata l’esistenza di un danno morale e di un nesso di causalità tra quest’ultimo e i comportamenti irregolari.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

A.      Procedimento dinanzi alla Corte

30.      Conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, la Corte ha deciso di non tenere un’udienza di discussione.

B.      Conclusioni delle parti

31.      Il ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        di conseguenza, annullare la decisione del direttore della FRA del 19 novembre 2018, con la quale si respinge la domanda presentata dal ricorrente ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto; se necessario, annullare la decisione del direttore della FRA del 12 giugno 2019, ricevuta il 13 giugno 2019, con la quale si respinge il reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, presentato dal ricorrente avverso la suddetta decisione del 19 novembre 2018 e accertare il diritto del ricorrente al risarcimento del danno non patrimoniale subito, valutato in via equitativa in EUR 100 000, nonché

–        condannare la FRA alla totalità delle spese.

32.      La FRA chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare il ricorrente alla totalità delle spese.

V.      Analisi giuridica

A.      Osservazioni preliminari

33.      Come detto nell’introduzione, le mie conclusioni riguarderanno unicamente il secondo motivo di impugnazione. Occorre rilevare che la presente causa è caratterizzata da una certa complessità, dato che i fatti all’origine della controversia in esame sono stati oggetto di sentenze emesse da vari organi giurisdizionali dell’Unione. Ai fini di una migliore comprensione delle questioni giuridiche al centro di tale causa, mi sembra opportuno riassumerle brevemente prima di passare all’analisi giuridica propriamente detta.

34.      Le questioni giuridiche in esame vertono, in sostanza, sull’interrogativo se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto ritenendo che la FRA avesse agito conformemente al diritto dell’Unione quando ha deciso di abbandonare l’indagine amministrativa nei confronti del ricorrente, per dare seguito alla sentenza di annullamento del Tribunale della funzione pubblica, senza aver ascoltato il ricorrente, come avrebbe imposto l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto. Il Tribunale muove dalla premessa che la procedura contemplata da tale disposizione non era vincolante e che esisteva un’altra soluzione che permetteva di garantire la corretta esecuzione di tale sentenza di annullamento, consistente nel rinunciare al procedimento disciplinare.

35.      Nella mia analisi dimostrerò che tale posizione è problematica da un punto di vista giuridico, in quanto offre all’amministrazione, nell’ambito del procedimento disciplinare, un’alternativa che non è espressamente contemplata dallo Statuto e, di conseguenza, non prevede alcuna partecipazione del funzionario (2) interessato. Pertanto, non si può escludere il rischio che i diritti procedurali di quest’ultimo siano violati. Il Tribunale, per contro, ritiene che non sia imposto il rispetto dei diritti della difesa, in quanto la FRA avrebbe desistito da qualsiasi procedimento nei confronti del ricorrente. Il Tribunale basa il proprio ragionamento sulla constatazione che la FRA non avrebbe adottato un atto che rechi pregiudizio al ricorrente ai sensi dell’articolo 41 della Carta.

B.      Sul secondo motivo di impugnazione

1.      Argomenti delle parti

36.      Il secondo motivo si articola, sostanzialmente, in quattro parti.

37.      Con la prima parte del secondo motivo, in sostanza, il ricorrente contesta al Tribunale di aver interpretato erroneamente la sentenza del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione (T‑471/11, EU:T:2014:739), considerando che da tale sentenza risultasse che l’annullamento di un atto permetteva di riprendere il procedimento nel punto esatto in cui l’illegittimità era intervenuta. Orbene, il ricorrente afferma che, secondo una corretta lettura di detta sentenza, il procedimento volto a sostituire un atto annullato deve essere ripreso nel punto esatto in cui l’illegittimità è intervenuta, per il motivo che l’annullamento di una decisione non incide necessariamente sugli atti preparatori.

38.      La FRA ritiene che questa parte del secondo motivo sia inconferente. In proposito, afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la giurisprudenza citata al punto 45 della sentenza impugnata non implica che l’APN sia tenuta a riprendere un procedimento disciplinare che risulti inficiato da un vizio di procedura. Essa aggiunge che, in ogni caso, il ricorrente non ha alcun interesse legittimo a sostenere che la FRA era tenuta a riprendere il procedimento disciplinare anziché abbandonarlo.

39.      Con  la seconda parte del secondo motivo, il ricorrente contesta al Tribunale di aver applicato erroneamente l’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto, dichiarando che tale articolo non trova applicazione in caso di ritiro o abbandono di un’indagine amministrativa e in circostanze, come quelle del caso di specie, in cui la FRA ha deciso di non riprendere il procedimento controverso nella fase che aveva viziato la nota di biasimo. Secondo il ricorrente, l’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto elenca in maniera esaustiva le opzioni a disposizione della convenuta dopo la produzione di una relazione d’indagine amministrativa. Inoltre, egli rileva che l’obiettivo di tale articolo dev’essere letto in combinato disposto con l’articolo 29 dell’allegato IX dello Statuto per permettere di prendere in considerazione gli interessi del funzionario coinvolto, cosicché il ritiro di una relazione d’indagine amministrativa senza alcuna motivazione e senza alcuna pubblicità costituisce una violazione di tali articoli. Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha creato una distinzione artificiosa tra la chiusura di un’indagine amministrativa e il suo ritiro o abbandono, il che priva di gran parte del loro effetto gli articoli 3 e 29 dell’allegato IX dello Statuto.

40.      La FRA ribatte che né l’articolo 266 TFUE che disciplina l’esecuzione delle sentenze né l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto impedivano che essa si astenesse dal riprendere il procedimento amministrativo e che eliminasse dal fascicolo del ricorrente tutti gli atti precedenti relativi all’indagine amministrativa. Pertanto, l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto non sarebbe applicabile.

41.      Con  la terza parte del secondo motivo, il ricorrente afferma che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto e viola il principio di certezza del diritto in quanto il Tribunale, al punto 49 della sentenza impugnata, ritiene che, nel caso di specie, il rispetto dei diritti della difesa non fosse necessario, «in quanto la FRA ha desistito da qualsiasi azione nei confronti del ricorrente (...) e non ha quindi adottato un atto che gli rechi pregiudizio ai sensi dell’articolo 41 della Carta».

42.      La FRA considera di non aver adottato una decisione pregiudizievole per il ricorrente, ragion per cui non era tenuta ad ascoltarlo preventivamente. Il ricorrente trascurerebbe dunque il contesto dell’esecuzione della sentenza del Tribunale della funzione pubblica, che ha condotto alla reintegrazione del ricorrente stesso. Inoltre, la FRA precisa che non ha «deci[so] che nessuna accusa [poteva] essere formulata», come richiesto dall’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto, ma ha abbandonato il procedimento disciplinare, vale a dire senza adottare una simile decisione.

43.      Con  la quarta parte del secondo motivo, il ricorrente sostiene che la motivazione della sentenza impugnata è contraddittoria in quanto, da un lato, al punto 49 di tale sentenza, il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto non era applicabile e, dall’altro lato, al punto 76 di detta sentenza, ha affermato il contrario.

44.      La FRA è del parere che non vi sia alcuna contraddizione tra il punto 49 e il punto 76 della sentenza impugnata, dal momento che, nel caso di specie, l’APN competente si è astenuta dal riprendere il procedimento disciplinare e ha eliminato dal fascicolo personale del ricorrente tutti gli atti precedenti relativi all’indagine amministrativa.

2.      Valutazione

45.      Poiché le quattro parti del secondo motivo sono intrinsecamente connesse, occorre esaminarle congiuntamente, in maniera strutturata e seguendo un ordine tematico.

a)      Sull’esecuzione della sentenza di annullamento emessa dal Tribunale della funzione pubblica

46.      Occorre anzitutto stabilire quali siano le condizioni applicabili in materia di esecuzione di una sentenza di annullamento nel caso di specie. Come risulta dalle osservazioni delle parti, vi sono posizioni divergenti riguardo all’analisi del Tribunale, quale emerge dal punto 46 della sentenza impugnata, secondo cui la sentenza di annullamento, fondata su una violazione dei diritti della difesa del ricorrente al termine della fase amministrativa del procedimento, imponeva alla FRA soltanto di eliminare la nota di biasimo dal fascicolo personale del ricorrente, senza che essa fosse tenuta ad ascoltarlo riguardo agli addebiti che avevano portato all’avvio dell’indagine amministrativa né a comunicargli formalmente una decisione di abbandono delle accuse a suo carico.

47.      Ai sensi del primo comma dell’articolo 266 TFUE, «[l]’istituzione, l’organo o l’organismo da cui emana l’atto annullato (...) sono tenuti a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea comporta» (il corsivo è mio). Tale disposizione istituisce obblighi per le istituzioni e – espressamente dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – gli organi e gli organismi dell’Unione che siano stati condannati con sentenze di nullità. Tale disposizione integra gli articoli da 263 a 265 TFUE, in forza dei quali i giudici dell’Unione, nei loro rispettivi ambiti di responsabilità, possono soltanto dichiarare la nullità di un atto. Per contro, l’articolo 266 TFUE non attribuisce loro la competenza a imporre determinati obblighi di agire alle istituzioni condannate né a ingiungere loro di adottare i provvedimenti necessari. L’istituzione condannata deve piuttosto adottare da sé i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta (3).

48.      Da questo punto di vista, il Tribunale, al punto 45 della sentenza impugnata, dichiara correttamente che le istituzioni e gli organismi dell’Unione dispongono di un potere discrezionale nel decidere sui mezzi da adottare per trarre le conseguenze di una sentenza di annullamento. Tuttavia, ciò non implica che tale potere discrezionale sia illimitato, in quanto, se così non fosse, l’amministrazione avrebbe il potere di ignorare le conseguenze di una simile sentenza. In tal caso, il controllo giurisdizionale esercitato dai giudici dell’Unione sarebbe illusorio, il che porrebbe in discussione il suo status di «unione di diritto» (4). Infatti, come spiegherò nelle presenti conclusioni, varie ragioni mi inducono a ritenere che il Tribunale abbia travisato i limiti che il diritto dell’Unione imponeva alla FRA nel caso di specie.

49.      In primo luogo, mi sembra che il Tribunale abbia ignorato la portata dell’obbligo derivante dall’articolo 266 TFUE. In proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, le sentenze di annullamento pronunciate dai giudici dell’Unione, non appena divenute definitive, godono dell’autorità assoluta della cosa giudicata. Essa si estende non soltanto al dispositivo della sentenza di annullamento, ma anche alla motivazione che costituisce il sostegno necessario del dispositivo ed è, perciò, indissociabile da esso (5). La sentenza di annullamento implica dunque che l’autore dell’atto annullato ne adotti uno nuovo rispettando non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario, garantendo così che il nuovo atto non sia viziato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza di annullamento (6).

50.      Peraltro, ai fini dell’esame del motivo di cui trattasi, si deve ricordare che il procedimento volto a sostituire un atto annullato dev’essere ripreso nel punto esatto in cui l’illegittimità è intervenuta, considerato che l’annullamento di un atto non incide necessariamente sugli atti preparatori (7). L’annullamento di un atto che pone fine a un procedimento amministrativo comprensivo di varie fasi non comporta necessariamente l’annullamento dell’intero procedimento precedente l’adozione dell’atto impugnato, indipendentemente dalla motivazione, di merito o procedurale, della sentenza di annullamento. L’autore dell’atto deve quindi collocarsi alla data in cui aveva adottato l’atto annullato per adottare l’atto che deve sostituirlo. Tuttavia, nella sua nuova decisione, può addurre una motivazione diversa da quella su cui aveva fondato la sua prima decisione. Inoltre, esso non è tenuto a pronunciarsi nuovamente su aspetti della decisione iniziale che non siano stati posti in discussione dalla sentenza di annullamento.

51.      Da quanto precede discende che, contrariamente a quanto sembra suggerire il Tribunale, al punto 45 della sentenza impugnata, l’annullamento di un atto non «permette» all’amministrazione di riprendere il procedimento nel punto esatto in cui l’illegittimità è intervenuta. Si tratta piuttosto di un obbligo vincolante, come emerge chiaramente dalla giurisprudenza citata dal Tribunale stesso. Di conseguenza, poiché il Tribunale sembra interpretare tale giurisprudenza nel senso che essa implica il riconoscimento all’amministrazione, in generale, della facoltà di stabilire, in sede di esecuzione di una sentenza di annullamento ai sensi dell’articolo 266 TFUE, da quale fase intenda riprendere un procedimento viziato, si deve constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

52.      In secondo luogo, ritengo che l’interpretazione adottata dal Tribunale al punto 45 della sentenza impugnata, secondo cui all’amministrazione dev’essere riconosciuto un «ampio potere discrezionale», equivarrebbe a disattendere il principio cardine dello Stato di diritto, in quanto uno dei valori dell’Unione in forza dell’articolo 2 TUE, in base al quale gli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi sono soggetti alla legge (8) (il corsivo è mio). In tale contesto, si deve altresì ricordare che, in virtù del principio di attribuzione, sancito all’articolo 5, paragrafo 2, TUE, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite nei trattati, incluso il diritto derivato. Nello specifico settore della funzione pubblica, ciò implica l’obbligo per l’amministrazione di agire conformemente alle disposizioni dello Statuto.

53.      Ne consegue logicamente che il potere discrezionale dell’amministrazione trova i propri limiti nelle disposizioni dello Statuto aventi ad oggetto la disciplina del caso in questione. In tale contesto, si deve menzionare l’articolo 86, ma anche l’allegato IX dello Statuto, in quanto tale allegato contiene, tra le altre disposizioni del regime disciplinare, le norme e le procedure relative alle indagini amministrative. Il procedimento disciplinare in quanto tale si compone di due fasi distinte, la prima delle quali avviata dalla decisione di inizio e conclusa da un’altra decisione, dopo l’audizione dell’interessato sulla base della relazione d’indagine (9).

54.      Come ho spiegato nelle mie osservazioni preliminari, la presente causa solleva la questione dell’applicabilità dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto, che mira a disciplinare l’azione dell’amministrazione al termine della fase di indagine. Tale norma contiene un elenco di opzioni a disposizione dell’amministrazione e le attribuisce la facoltà di procedere o rinunciare all’avvio del procedimento disciplinare dopo la redazione della relazione d’indagine, purché le condizioni previste dalla disposizione in parola siano soddisfatte.

55.      A mio avviso, non vi è dubbio che la FRA si trovasse appunto in tale fase del procedimento al momento della pronuncia della sentenza di annullamento, fondata su una violazione dei diritti della difesa del ricorrente al termine della fase amministrativa del procedimento, come risulta anche dal punto 46 della sentenza impugnata. Di conseguenza, spettava alla FRA applicare l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto, scegliendo l’opzione che riteneva pertinente tenuto conto delle circostanze.

56.      In altri termini, contrariamente alle conclusioni del Tribunale, la FRA era tenuta a riprendere il procedimento nel punto esatto in cui l’illegittimità era intervenuta, vale a dire nel momento in cui essa doveva adottare una decisione sulla prosecuzione del procedimento disciplinare. Nel prosieguo delle presenti conclusioni, esaminerò le precise conseguenze che ciò implica per la FRA tenuto conto delle condizioni di cui all’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto. In ogni caso, in questa fase dell’analisi si deve considerare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto supponendo erroneamente che la FRA non fosse tenuta ad applicare tale disposizione nelle circostanze del caso di specie.

b)      Sull’applicabilità dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto nel caso di specie

57.      Tale conclusione s’impone a fortiori se si esamina la funzione dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto prendendo in considerazione il contesto generale di un procedimento disciplinare. Si è già detto che quest’ultimo si compone di due fasi. La prima fase prevede l’avvio di un’indagine amministrativa il cui scopo è permettere all’APN di verificare l’esistenza di un inadempimento degli obblighi ai quali i funzionari sono soggetti. Le disposizioni generali dell’allegato IX dello Statuto, che includono quattro articoli raggruppati nella sezione 1, riguardano le indagini amministrative e hanno lo scopo di precisare le modalità di attuazione dell’articolo 86, paragrafo 2, dello Statuto. Sebbene l’amministrazione disponga di un ampio potere discrezionale per quanto concerne lo svolgimento delle indagini amministrative, resta nondimeno il fatto che essa deve rispettare talune condizioni procedurali, fra cui la redazione della relazione finale d’indagine, alla quale fa riferimento l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto.

58.      Tale relazione illustra i fatti e le circostanze in questione, stabilisce se le norme e le procedure applicabili alla situazione sono state rispettate, menziona le circostanze aggravanti o attenuanti, indica l’entità del danno subito dall’istituzione e formula una raccomandazione sul seguito da dare (10). Sulla base di detta relazione, l’APN può, in primo luogo, decidere che nessuna accusa può essere formulata nei confronti del funzionario interessato, nel qual caso deve informarne quest’ultimo per iscritto. In secondo luogo, anche in caso di mancanza o presunta mancanza agli obblighi di cui trattasi, l’APN può decidere che non occorre adottare alcuna sanzione e, se necessario, può inviare all’interessato unicamente un ammonimento. In terzo luogo, in caso di mancanza agli obblighi, può avviare una procedura disciplinare, senza ricorso alla commissione di disciplina oppure di fronte a tale commissione.

59.      È evidente che il legislatore statutario ha inteso definire i poteri dell’amministrazione nei confronti del funzionario nell’ambito di tale procedura il più dettagliatamente possibile. Tale approccio si impone non soltanto alla luce dei principi menzionati al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, ma anche in considerazione della necessità di rispettare i diritti procedurali del funzionario interessato. Di fronte a tale constatazione, l’argomentazione del Tribunale, secondo cui la FRA disporrebbe di un «ampio potere discrezionale» ai fini dell’esecuzione della sentenza di annullamento non mi sembra corretta. Per tale ragione ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto.

60.      Lo stesso può dirsi per l’affermazione del Tribunale, al punto 48 della sentenza impugnata, secondo la quale la FRA non era obbligata a riprendere il procedimento controverso nella fase che aveva viziato la nota di biasimo, ma aveva invece il diritto di optare per «un’altra soluzione», ossia rinunciare a tale procedimento eliminando inoltre dal fascicolo personale del ricorrente tutti gli atti precedenti relativi all’indagine amministrativa. La redazione, la struttura e l’oggetto dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto indicano chiaramente che esso contiene un elenco esaustivo di opzioni a disposizione dell’amministrazione. Dalla formulazione di tale disposizione risulta che essa enumera una serie di opzioni ben circoscritte che si escludono l’una con l’altra.

61.      Ne consegue che l’amministrazione è obbligata ad adottare una decisione sulla base di una di tali opzioni, che servirà da fondamento giuridico. Alla luce di tali elementi, è logico dedurre che il legislatore statutario abbia voluto escludere qualsiasi altra opzione. Di conseguenza, si deve ritenere che la tesi accolta dal Tribunale, secondo la quale l’amministrazione avrebbe la facoltà di scegliere un’altra opzione al termine di un’indagine amministrativa, si basi su un’errata interpretazione dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto.

62.      Tale errore di diritto mi sembra particolarmente grave, tanto più che il Tribunale non pone in discussione la terminologia utilizzata dalla FRA per descrivere il suo approccio nell’ambito del procedimento disciplinare. Risulta, in particolare, dai punti 43 e 48 della sentenza impugnata che la FRA aveva «abbandonato» le accuse a carico del ricorrente e aveva quindi «rinunciato» al procedimento controverso. Orbene, mi preme rilevare che tali termini non compaiono all’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto, il che solleva la questione se si tratti realmente di un’altra opzione non prevista da tale disposizione, come sembra supporre il Tribunale («un’altra soluzione»), o se si tratti invece di un sinonimo avente il solo scopo di descrivere l’ipotesi contemplata all’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto.

63.      Ritengo che il fatto di «abbandonare» le azioni nei confronti di un funzionario o di «rinunciare» a esse descriva semplicemente, in sostanza, l’ipotesi summenzionata. Infatti, come spiegato in maniera convincente dal ricorrente, se l’amministrazione rinuncia a un procedimento disciplinare, ciò vuol dire, in linea di principio, che nessuna accusa può essere formulata nei confronti del funzionario interessato. I termini utilizzati devono dunque essere considerati nient’altro che due maniere differenti di esprimere il medesimo concetto. Tale posizione mi sembra conforme al buon senso. Se detta valutazione dovesse risultare corretta, occorrerebbe allora interrogarsi sulle ragioni che hanno indotto la FRA a discostarsi dalle norme dell’allegato IX dello Statuto. Benché le osservazioni scritte non permettano di fornire una risposta certa, resta nondimeno che un siffatto approccio non è in alcun caso conforme ai principi, menzionati al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, che l’amministrazione è tenuta a rispettare.

64.      Peraltro, come spiegherò più dettagliatamente, mi sembra che un simile approccio possa ledere i diritti procedurali del funzionario interessato. Di conseguenza, si deve considerare che il Tribunale, nella misura in cui ha ritenuto che la FRA avesse agito conformemente al diritto dell’Unione quando ha desistito da qualsiasi azione nei confronti del ricorrente senza applicare l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto, ha commesso un errore di diritto.

c)      Sulla violazione dei diritti procedurali del funzionario o dell’agente

65.      Ciascuna autorità amministrativa, nonostante il potere discrezionale di cui dispone, ha l’obbligo di rispettare i principi fondamentali del diritto processuale. Un simile obbligo discende dall’articolo 41 della Carta, che sancisce il diritto ad una buona amministrazione nelle sue differenti forme (11). Il rispetto delle garanzie processuali s’impone in particolar modo in materia disciplinare, tenuto conto del fatto che il funzionario è esposto a sanzioni con diverso grado di severità. Le garanzie previste nell’allegato IX dello Statuto, che attuano il diritto ad una buona amministrazione, hanno una duplice finalità, ossia, da un lato, permettere al funzionario incriminato di predisporre utilmente la propria difesa, e, dall’altro lato, impedire un’eventuale condotta arbitraria da parte dell’amministrazione in occasione di azioni disciplinari (12).

66.      Fra tali garanzie rientra il diritto di essere ascoltato, che riveste un’importanza essenziale (13), come dimostra il fatto che tale diritto è menzionato in varie disposizioni, incluso l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto. La disposizione in parola prevede l’obbligo di ascoltare il funzionario interessato prima di adottare una decisione relativa alla prosecuzione del procedimento disciplinare, sulla base della relazione d’indagine e dopo avergli comunicato tutti gli elementi del fascicolo. In proposito, si deve osservare che non è espressamente prevista alcuna deroga. Il mancato rispetto di tale obbligo comporta dunque logicamente una violazione dei diritti procedurali del funzionario. Tale ipotesi sembra appunto ricorrere nelle circostanze del caso di specie, in quanto la FRA non ha applicato l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto.

67.      Atteso che la garanzia del diritto di essere ascoltato è incondizionata, il Tribunale commette un errore di diritto quando, al punto 49 della sentenza impugnata, afferma che «il rispetto dei diritti della difesa non si imponeva maggiormente». Come ho già spiegato nella mia analisi, tale errore di diritto si fonda, da un lato, su un ragionamento errato, ossia che l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto non trovi applicazione nel caso di specie e, dall’altro lato, sull’argomento secondo il quale la FRA non ha adottato un atto che recasse pregiudizio al ricorrente ai sensi dell’articolo 41 della Carta. Quest’ultimo argomento esige alcune riflessioni di ordine generale.

68.      Dall’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, risulta infatti che il diritto ad una buona amministrazione comporta il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio. Ciò premesso, il Tribunale trascura il fatto che l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto non effettua alcuna distinzione, riguardo al diritto di essere ascoltato, a seconda che la decisione che dev’essere adottata dall’amministrazione sia o meno favorevole al funzionario. In altri termini, tale diritto è garantito in tutti i casi, il che si spiega con la natura stessa del procedimento disciplinare. L’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto costituisce quindi una lex specialis che tiene conto delle particolarità del regime disciplinare.

69.      Al riguardo, si deve rilevare che l’avvio di un procedimento disciplinare può arrecare un pregiudizio molto grave all’onorabilità e alla reputazione professionale del funzionario interessato (14). Pertanto, l’amministrazione è obbligata a verificare la veridicità e la gravità dei fatti contestati a quest’ultimo prima di adottare una decisione di avvio del procedimento. Analogamente, si deve ritenere che l’eccessiva durata di un procedimento disciplinare faccia presumere la sussistenza di un danno morale per il funzionario (15). Le autorità disciplinari hanno quindi l’obbligo di condurre diligentemente tale procedimento e di agire in modo che ciascun atto del procedimento intervenga entro un termine ragionevole rispetto all’atto precedente. La mancata osservanza di tale termine, che può essere valutata soltanto in funzione delle particolari circostanze della causa, può determinare l’annullamento dell’atto (16). Per tale ragione l’articolo 22, paragrafo 1, dell’allegato IX dello Statuto fissa un termine di due mesi dal parere della commissione per l’adozione di una decisione qualora l’APN preveda di imporre sanzioni. Nell’interesse sia del funzionario sia dell’amministrazione, la decisione di chiusura del procedimento disciplinare non può essere ritardata senza giustificazione (17).

70.      Consapevole dell’impatto negativo che l’avvio ingiustificato di un procedimento disciplinare può avere sulla reputazione di un funzionario, il legislatore statutario, all’articolo 22, paragrafo 2, dell’allegato IX dello Statuto, ha previsto che, se l’APN decide di archiviare il caso senza infliggere una sanzione disciplinare, essa ne informa immediatamente per iscritto il funzionario. Il funzionario interessato può chiedere che questa decisione figuri nel proprio fascicolo personale. Peraltro, dall’articolo 29 di tale allegato risulta che, se nessuna accusa è stata formulata nei confronti dell’interessato in applicazione della disposizione summenzionata, quest’ultimo ha diritto, su sua domanda, alla riparazione del pregiudizio subito mediante un’adeguata pubblicità della decisione dell’APN. Tutto ciò dimostra che il legislatore statutario ritiene necessaria una serie di misure al fine di neutralizzare gli effetti negativi derivanti da procedimenti ingiustificati.

71.      Non bisogna infine dimenticare che, conformemente all’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto, anche il funzionario colpito da una misura disciplinare può presentare domanda per ottenere che nel fascicolo personale non risulti alcuna menzione della sanzione. L’APN decide se la richiesta dell’interessato deve essere accolta. A mio avviso, tale meccanismo simboleggia il diritto all’oblio e risponde al principio secondo il quale una sanzione disciplinare non deve macchiare indefinitamente il curriculum di una persona, né vietarle di proseguire la propria carriera (18). Si tratta evidentemente di un meccanismo concepito per garantire che l’onorabilità e la reputazione professionale del funzionario siano ripristinate allo scadere di un termine ragionevole, ossia, dopo tre anni se si tratta dell’ammonimento scritto o del biasimo, o dopo sei anni se si tratta di altre sanzioni.

72.      Non si può tuttavia dedurre da tali considerazioni che soltanto l’avvio di un procedimento disciplinare ingiustificato possa avere conseguenze negative per il funzionario. Come afferma correttamente il ricorrente, occorre considerare il fatto che, in una situazione come quella del caso di specie, nella quale si è svolta un’indagine amministrativa, l’amministrazione dispone ancora della relazione d’indagine. La relazione stessa non è una decisione, suscettibile di revoca, ma un fatto che dev’essere preso in considerazione. Tenuto conto della circostanza che né la sentenza di annullamento né la decisione di «abbandono» delle azioni nei confronti del funzionario fanno venir meno tale relazione, l’amministrazione avrebbe teoricamente la facoltà di riprendere il procedimento disciplinare in una data successiva. Si deve rilevare che neppure l’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto permette di ritirare o di abbandonare la relazione d’indagine.

73.      In tale ottica, mi sembra che la maniera appropriata per ripristinare l’onorabilità e la reputazione professionale del funzionario interessato in tali condizioni consista nel prevedere un’audizione e nell’adottare una decisione ai sensi dell’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto, garantendo al contempo la necessaria pubblicità, come richiesto dall’articolo 29 di tale allegato. Allo stesso modo, occorrerebbe garantire che il funzionario possa chiedere che tale decisione compaia nel suo fascicolo personale, conformemente all’articolo 22, paragrafo 2, di detto allegato. Un simile approccio, che non lascia alcun dubbio sulle intenzioni dell’amministrazione, soddisferebbe al meglio l’esigenza di certezza del diritto del funzionario.

74.      Un siffatto approccio mi sembra a fortiori necessario quando, come nel caso di specie, la sanzione disciplinare è stata annullata dal Tribunale della funzione pubblica a causa di un vizio di procedura. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, nel caso in cui la decisione sia stata annullata per motivi di forma senza che sia intervenuta una pronuncia sul merito dei fatti contestati, la decisione di annullamento non ha valore di «assoluzione» nel senso attribuito a tale termine nelle materie riguardanti la repressione degli illeciti (19). Ritengo che, a seguito della sentenza di annullamento, ciò implichi l’obbligo per la FRA di adottare una decisione che chiarisca la situazione giuridica del ricorrente, dato che il procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti torna al punto esatto in cui l’illegittimità è intervenuta. Orbene, nel caso di specie, come ammesso dalla FRA stessa, essa non ha deciso che nessuna accusa poteva essere formulata, come richiesto dall’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto, ma ha semplicemente «abbandonato» il procedimento disciplinare senza adottare una simile decisione.

75.      Al pari del ricorrente, ritengo che il modus operandi della FRA, consistito nel «rinunciare» al procedimento disciplinare dopo la redazione della relazione d’indagine, senza alcuna motivazione, audizione o pubblicità, costituisca un’elusione delle garanzie procedurali previste dalle disposizioni summenzionate. Di conseguenza, si deve ritenere che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto, nella misura in cui ha dichiarato erroneamente che i diritti della difesa garantiti dalle disposizioni dell’allegato IX dello Statuto non erano compromessi dall’approccio seguito dalla FRA. Tale errore di diritto è dovuto a un’interpretazione in senso restrittivo dell’articolo 41 della Carta che, inoltre, non tiene conto delle specificità del regime disciplinare.

76.      La decisione della FRA di «abbandonare» le azioni nei confronti del ricorrente senza prevedere un’audizione di quest’ultimo costituisce un vizio di procedura. Secondo la giurisprudenza della Corte, una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltati, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso (20). Tuttavia, la Corte ha rilevato che non si può obbligare una parte ricorrente che deduce la violazione dei suoi diritti della difesa a dimostrare che la decisione dell’istituzione dell’Unione interessata avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che una simile ipotesi non è totalmente esclusa (21). La valutazione di tale questione deve, inoltre, essere effettuata in funzione delle circostanze di fatto e di diritto specifiche di ciascun caso di specie (22). Ritengo che il Tribunale dovrebbe tener conto della citata giurisprudenza, qualora la causa dovesse essere rinviata dinanzi ad esso per essere nuovamente decisa.

d)      Sulla contraddittorietà del ragionamento di cui alla sentenza impugnata

77.      Come risulta dai punti 48 e 49 della sentenza impugnata, il ragionamento seguito dal Tribunale per concludere nel senso dell’assenza di violazione dei diritti della difesa del ricorrente si fonda, in sostanza, sull’argomento secondo il quale l’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto non era applicabile per il motivo che la FRA ha optato per «un’altra soluzione», ossia l’«abbandono» delle azioni nei confronti del ricorrente. Nelle presenti conclusioni, ho dimostrato dettagliatamente che il ragionamento del Tribunale in proposito è viziato da vari errori di diritto.

78.      Si deve tuttavia osservare che tale ragionamento è, inoltre, incoerente, in quanto al punto 76 della sentenza impugnata il Tribunale afferma esattamente il contrario. Più concretamente, secondo il Tribunale, nel caso di specie, «la FRA [ha] deciso di abbandonare le azioni nei confronti del ricorrente ai sensi dell’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto» (il corsivo è mio). La citata affermazione mi sembra particolarmente problematica nel contesto in questione, in quanto tale passaggio contiene un riferimento al punto 48 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale svolge il proprio ragionamento fondato su un presunto approccio alternativo seguito dalla FRA, consistente appunto nel non applicare le disposizioni dell’allegato IX dello Statuto. I punti summenzionati sono formulati con estrema chiarezza, escludendo quindi qualsiasi errore di redazione, cosicché occorre muovere dal principio che essi rispecchino effettivamente il ragionamento del Tribunale.

79.      È evidente che queste due affermazioni non possono coesistere nella motivazione della sentenza impugnata senza porre seriamente in discussione la logica sottesa al ragionamento del Tribunale. Tale conclusione non è inficiata dalla circostanza che, al punto 76 della sentenza impugnata, il Tribunale adotti in definitiva un punto di vista giuridicamente corretto. Infatti, come ho illustrato nella mia analisi, l’«abbandono» delle azioni nei confronti del funzionario interessato, in definitiva, è soltanto un altro modo per affermare che l’indagine amministrativa è stata chiusa per il motivo che nessuna accusa poteva essere formulata e dunque ai sensi dell’articolo 3, lettera a), dell’allegato IX dello Statuto (23). Il Tribunale sembra aver preso consapevolezza dell’impossibilità per l’amministrazione di discostarsi dalle disposizioni di tale allegato. Orbene, una simile conclusione è incompatibile con le sue considerazioni iniziali.

80.      Si pone dunque la questione di come trattare una simile contraddizione sostanziale in materia di diritto processuale. In proposito, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria costituisce una questione di diritto che può essere sollevata nell’ambito dell’impugnazione (24). Alla luce delle precedenti considerazioni, si deve concludere che il Tribunale è incorso in un errore di diritto. A mio avviso, tale errore è particolarmente grave, non soltanto a causa del suo carattere evidente, ma anche per il motivo che esso pone in discussione il ragionamento del Tribunale nella sua interezza, a prescindere dagli altri errori di diritto individuati nella mia analisi. Di conseguenza, mi sembra che, in linea di principio, basterebbe concludere nel senso della fondatezza della quarta parte del secondo motivo per considerare l’intero motivo fondato.

3.      Conclusione intermedia

81.      Gli errori di diritto commessi dal Tribunale e accertati nell’ambito dell’analisi svolta nelle presenti conclusioni possono essere sintetizzati nel modo seguente. In primo luogo, il Tribunale ha travisato la portata del potere discrezionale di cui la FRA disponeva in sede di esecuzione della sentenza di annullamento basandosi su un’interpretazione scorretta dell’articolo 266 TFUE e della giurisprudenza pertinente. In secondo luogo, il Tribunale ha ignorato il fatto che, nel caso di specie, l’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto era applicabile alle circostanze della causa e che la FRA era tenuta ad adottare una decisione in forza di tale disposizione. In terzo luogo, il Tribunale ha ignorato il fatto che la mancata applicazione dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto comportava una violazione delle garanzie procedurali previste in tale allegato. L’errore di diritto si basa su un’interpretazione restrittiva dell’articolo 41 della Carta che, inoltre, non tiene conto delle specificità del regime disciplinare. In quarto luogo, il Tribunale ha adottato un ragionamento contraddittorio riguardo alla questione dell’applicabilità della disposizione summenzionata.

VI.    Conclusione

82.      Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare fondato il secondo motivo di impugnazione.


1      Lingua originale: il francese.


2      Il termine «funzionario» include non soltanto il funzionario e l’ex funzionario in senso stretto, ma anche l’agente temporaneo e l’agente contrattuale, posto che gli articoli 50 bis e 119 del RAA rinviano al regime disciplinare previsto all’articolo 86 e all’allegato IX dello Statuto.


3      V. Cremer, W., in Calliess/Ruffert, EUV/AEUV Kommentar, 6a edizione, Monaco di Baviera, 2022, articolo 266 TFUE, punto 1.


4      Sentenza del 20 novembre 2018, Commissione/Consiglio (AMP Antarctique) (C‑626/15 e C‑659/16, EU:C:2018:925, punto 61).


5      Sentenze del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione (97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, EU:C:1988:199, punti da 27 a 30) e del 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio (C‑458/98 P, EU:C:2000:531, punto 81).


6      V., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione (C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punti 29 e 30).


7      Sentenza del 13 novembre 1990, Fédesa e a., (C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 34).


8      V. conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Polonia/Commissione (C‑336/09 P, EU:C:2011:860, paragrafo 20).


9      Sentenza del 14 ottobre 2021, Bernaldo de Quirós/Commissione (C‑583/19 P, EU:C:2021:844, punto 56).


10      Tomac, J., «Régime disciplinaire», in Giacobbo, V., Perillo, E., e Picod, F., Statut de la fonction publique de l’Union européenne : commentaire article par article, Bruylant, Namur, 2017, pag. 316.


11      V. le mie conclusioni nella causa Parlamento/UZ (C‑894/19 P, EU:C:2021:497, paragrafi 66 e segg.) per una presentazione più dettagliata del diritto ad una buona amministrazione, come sancito all’articolo 41 della Carta.


12      Tomac, J., «Régime disciplinaire», in Giacobbo, V., Perillo, E., e Picod, F., Statut de la fonction publique de l’Union européenne : commentaire article par article, Bruylant, Namur, 2017, pag. 331.


13      Sentenza del 14 ottobre 2021, Bernaldo de Quirós/Commissione (C‑583/19 P, EU:C:2021:844, punto 60).


14      Sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Nanopoulos (T‑308/10 P, EU:T:2012:370, punti 167 e 168).


15      Sentenza dell’11 aprile 2016, FU/Commissione, F‑49/15, EU:F:2016:72, punto 136).


16      Sentenza del 13 ottobre 2021, IB/EUIPO (T‑22/20, EU:T:2021:689, punto 85).


17      Sentenze del 27 novembre 2001, Z/Parlamento (C‑270/99 P, EU:C:2001:639, punto 21) e del 5 dicembre 2002, Stevens/Commissione (T‑277/01, EU:T:2002:302, punto 41).


18      Pilorge‑Vrancken, J., Le droit de la fonction publique de l’Union européenne, Bruylant, Namur, 2017, pagg. 243 e 244.


19      V., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 62), e ordinanza del 22 gennaio 2019, Kerstens/Commissione (C‑577/18 P, EU:C:2019:129, punto 39).


20      Sentenze del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 79), nonché del 14 giugno 2018, Makhlouf/Consiglio (C‑458/17 P, EU:C:2018:441, punto 42).


21      V. sentenze del 1º ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio (C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 94), e del 18 giugno 2020, Commissione/RQ (C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 106).


22      Sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ (C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 107).


23      V. paragrafo 63 delle presenti conclusioni.


24      Sentenze del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione (C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 71), e del 29 luglio 2010, Grecia/Commissione (C‑54/09 P, EU:C:2010:451, punto 87).