CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 12 gennaio 2023 ( 1 )

Causa C‑510/21

DB

contro

Austrian Airlines AG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Trasporto aereo – Convenzione di Montreal – Responsabilità dei vettori aerei in caso di morte o lesioni personali di un passeggero – Esclusività della Convenzione – Articolo 29 – Ambito di applicazione – Azioni concernenti lesioni personali subite dai passeggeri come conseguenza di un “evento” ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1 – Azione di risarcimento danni fondata sulle norme nazionali in materia di responsabilità civile, relativa a lesioni asseritamente causate dal primo soccorso inadeguato prestato dagli assistenti di volo a seguito di un incidente – Nesso di causalità sufficiente tra le lesioni e l’incidente – Azione disciplinata in via esclusiva dall’articolo 17, paragrafo 1 – Azione preclusa dalla Convenzione»

I. Introduzione

1.

La Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale ( 2 ) (in prosieguo: la «Convenzione di Montreal») e la Convenzione di Varsavia ( 3 ), che l’ha preceduta, hanno dato origine, nel corso dei numerosi anni in cui hanno trovato applicazione, a un considerevole dibattito giuridico. In particolare, una tra le questioni al centro del dibattito concerne la misura in cui tali convenzioni, che vertono, segnatamente, sulla responsabilità dei vettori aerei in caso di morte o lesioni personali subite dai passeggeri, impediscano – o, in altri termini, «precludano» – azioni di risarcimento fondate non sulle loro disposizioni, bensì sul diritto nazionale.

2.

Tale disputa riemerge nella presente causa, che concerne un’azione per risarcimento proposta da DB contro la Austrian Airlines AG (in prosieguo: la «Austrian Airlines»). DB, sulla base del regime austriaco di responsabilità civile, chiede il risarcimento dei danni subiti in quanto passeggero su un volo internazionale operato dalla Austrian Airlines, asseritamente a causa del fatto che gli assistenti di volo non gli avrebbero prestato un primo soccorso adeguato dopo che un bricco di caffè bollente gli si era rovesciato addosso durante il volo. Poiché egli non ha proposto la sua domanda ai sensi della Convenzione di Montreal e dato che, in ogni caso, ha instaurato il procedimento dopo la scadenza del termine di prescrizione fissato da quest’ultima – ma entro il termine più lungo previsto dal diritto austriaco per le azioni di responsabilità civile – il problema fondamentale, che si colloca al centro delle due questioni proposte dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria) alla Corte di giustizia, è se tale convenzione precluda siffatta azione. Nelle presenti conclusioni spiegherò il motivo per cui è effettivamente così.

II. Contesto normativo

A.   Convenzione di Montreal

3.

Il terzo considerando della Convenzione di Montreal afferma che gli Stati aderenti «riconosc[ono] l’importanza di tutelare gli interessi degli utenti del trasporto aereo internazionale e la necessità di garantire un equo risarcimento secondo il principio di riparazione».

4.

Nel quinto considerando di tale convenzione si afferma che «l’azione collettiva degli Stati intesa all’ulteriore armonizzazione e codificazione di alcune norme che regolano il trasporto aereo internazionale per mezzo di una nuova convenzione rappresent[a] il mezzo più idoneo a realizzare il giusto equilibrio degli interessi».

5.

L’articolo 17 della Convenzione di Montreal, rubricato «Morte e lesione dei passeggeri – Danni ai bagagli», prevede, al paragrafo 1, che «[i]l vettore è responsabile del danno derivante dalla morte o dalla lesione personale subita dal passeggero per il fatto stesso che l’evento che ha causato la morte o la lesione si è prodotto a bordo dell’aeromobile o nel corso di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco».

6.

Ai sensi dell’articolo 29 di tale convenzione, rubricato «Fondamento della richiesta risarcitoria», «[n]el trasporto di passeggeri, bagaglio e merci, ogni azione di risarcimento per danni promossa a qualsiasi titolo in base alla presente convenzione o in base a un contratto o ad atto illecito o per qualsiasi altra causa, può essere esercitata unicamente alle condizioni e nei limiti di responsabilità previsti dalla presente convenzione, fatta salva la determinazione delle persone legittimate ad agire e dei loro rispettivi diritti (…)».

7.

L’articolo 35 della medesima convenzione, rubricato «Prescrizione», prevede, al paragrafo 1, che «[i]l diritto al risarcimento per danni si prescrive nel termine [di] due anni decorrenti dal giorno di arrivo a destinazione (...)».

B.   Diritto dell’Unione

8.

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio, sulla responsabilità del vettore aereo con riferimento al trasporto aereo dei passeggeri e dei loro bagagli ( 4 ), come modificato dal regolamento (CE) n. 889/2002 ( 5 ) (in prosieguo: il «regolamento n. 2027/97»), stabilisce che «[l]a responsabilità di un vettore aereo comunitario in relazione ai passeggeri e ai loro bagagli è disciplinata dalle pertinenti disposizioni della convenzione di Montreal».

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

9.

Il 18 dicembre 2016 DB ha viaggiato da Tel Aviv (Israele) a Vienna (Austria) su un volo operato dalla Austrian Airlines, in forza di un contratto di trasporto aereo concluso con tale compagnia.

10.

Durante il volo, un bricco di caffè è caduto da un carrello di servizio manovrato dagli assistenti di volo tra le file di sedili. Il caffè caldo è caduto su DB, ustionandolo. Gli assistenti di volo gli hanno in seguito prestato una sorta ( 6 ) di primo soccorso per le lesioni subite.

11.

Il 31 maggio 2019 DB ha proposto, sulla base del regime austriaco di responsabilità civile ed entro il termine di prescrizione di tre anni da esso previsto ( 7 ), un’azione contro la Austrian Airlines dinanzi all’Handelsgericht Wien (Tribunale di commercio di Vienna, Austria), chiedendo un risarcimento danni di importo pari a EUR 10196 nonché l’accertamento della responsabilità del vettore per tutti i danni futuri derivanti da tale incidente. In sostanza, DB ha sostenuto di aver riportato ustioni gravi e che, ai sensi del diritto austriaco, la Austrian Airlines dovesse essere considerata responsabile non soltanto per la disattenzione dei suoi dipendenti, che ha causato la caduta del bricco, ma anche per l’asserita insufficienza e inadeguatezza del primo soccorso successivamente prestatogli per le lesioni subite ( 8 ).

12.

Con sentenza del 17 giugno 2020, l’Handelsgericht Wien (Tribunale di commercio di Vienna) ha respinto integralmente il ricorso. In sostanza, tale giudice ha ritenuto che l’azione in questione fosse disciplinata in via esclusiva dalla Convenzione di Varsavia e che, conformemente a tale strumento, essa era prescritta. Infatti, ai sensi dell’articolo 29 di quest’ultima, qualsiasi azione di risarcimento danni nei confronti di un vettore aereo è soggetta a un termine di prescrizione di due anni, e DB aveva instaurato il procedimento solo dopo la scadenza di tale termine.

13.

Con sentenza del 28 ottobre 2020, l’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land di Vienna, Austria) ha confermato tale decisione. Considerando che fosse la Convenzione di Montreal ad essere applicabile al caso di specie ( 9 ), esso ha dichiarato che l’azione di DB rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, di tale convenzione. Infatti, le lesioni di DB dovevano essere considerate causate da un «evento» prodottosi a bordo dell’aeromobile, ai sensi di tale disposizione, segnatamente la caduta del bricco di caffè bollente, anche nel caso in cui, eventualmente, tali lesioni avessero potuto essere attenuate o evitate mediante la prestazione di un primo soccorso adeguato. Di conseguenza, tale azione era prescritta, poiché proposta oltre il termine di prescrizione di due anni previsto all’articolo 35 di detta convenzione.

14.

DB ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte suprema). Pur ammettendo che la caduta del bricco di caffè costituiva un «evento» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, DB ha sostenuto che il primo soccorso, asseritamente inadeguato, successivamente prestatogli per le sue lesioni costituiva una causa di danno distinta e autonoma, che esulava dall’ambito di applicazione di tale disposizione. Pertanto, poiché la sua azione si fondava su tale specifica causa, essa non era disciplinata da tale convenzione, bensì dal diritto austriaco, ai sensi del quale non era prescritta.

15.

È in queste circostanze che l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le prime cure mediche prestate a bordo dell’aeromobile e conseguenti ad un evento ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della [Convenzione di Montreal], le quali causano un’ulteriore lesione personale del passeggero distinguibile dalle conseguenze vere e proprie dell’evento accidentale, debbano essere considerate come ricomprese in quell’unico evento.

2)

Nel caso di risposta negativa alla prima questione:

Se l’articolo 29 della [Convenzione di Montreal] osti ad un’azione di risarcimento dei danni causati dalle prime cure mediche, ove essa sia stata proposta pur nel rispetto del termine di prescrizione stabilito dalla normativa nazionale, ma già oltre il periodo limite di cui all’articolo 35 di tale Convenzione».

16.

La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 5 agosto 2021, è stata depositata il 19 agosto 2021. DB, la Austrian Airlines, il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Nella presente causa non si è tenuta udienza.

IV. Analisi

17.

La Convenzione di Montreal è un trattato che introduce alcune norme uniformi in materia di trasporto aereo internazionale. Poiché tale convenzione è stata conclusa, inter alia, dall’Unione europea ( 10 ), essa costituisce parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione a decorrere dalla data in cui è entrata in vigore per l’Unione, ossia il 28 giugno 2004. Di conseguenza, a partire da tale data, la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla sua interpretazione ( 11 ).

18.

Come osservato dal giudice del rinvio, il volo di cui trattasi nel procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione generale della Convenzione di Montreal. Infatti, DB ha concluso un contratto di trasporto con la Austrian Airlines e tale contratto riguardava un«trasporto internazionale», ai sensi dell’articolo 1 di tale convenzione, poiché il luogo di partenza e il luogo di arrivo di tale volo sono situati sul territorio di due Stati parte, ossia lo Stato di Israele e la Repubblica d’Austria ( 12 ).

19.

Il capo III di tale convenzione contiene varie disposizioni concernenti la responsabilità dei vettori aerei. In particolare, l’articolo 17, paragrafo 1, disciplina la loro responsabilità in caso di morte o «lesione personale» subita da un passeggero, quale DB, a bordo di un aeromobile ( 13 ) durante un volo internazionale.

20.

Le azioni per risarcimento, in forza di tale disposizione, sono sottoposte a un termine di prescrizione di due anni, fissato dall’articolo 35, paragrafo 1, di detta convenzione, che inizia a decorrere dalla data di arrivo del volo di cui trattasi a destinazione ( 14 ). Nel caso di specie, è pacifico che DB ha agito nei confronti della Austrian Airlines quasi tre anni dopo l’atterraggio a Vienna del volo nel corso del quale ha subito lesioni ( 15 ). Di conseguenza, ai sensi della Convenzione, DB non disporrebbe di alcun mezzo di ricorso, a prescindere dalla fondatezza o meno della sua domanda, dato che la relativa azione sarebbe, semplicemente, prescritta.

21.

Ciò premesso, come ho indicato nell’introduzione delle presenti conclusioni, la questione fondamentale è se la Convenzione di Montreal impedisca a DB anche di intentare un’azione di responsabilità civile nei confronti della Austrian Airlines sul fondamento del suo diritto nazionale.

22.

Il giudice del rinvio precisa, a tal riguardo, che nel diritto austriaco il termine di prescrizione generalmente applicabile alle azioni di responsabilità civile è di tre anni ( 16 ). Ai sensi di tale diritto, l’azione di DB non sarebbe prescritta e potrebbe essere valutata nel merito, alla luce delle condizioni di responsabilità da esso previste. Pertanto, ai sensi del diritto nazionale, il ricorrente potrebbe disporre di un rimedio nei confronti della resistente.

23.

Tenuto conto di tali circostanze, e al fine di fornire la maggiore assistenza possibile, inizierò la mia analisi con la seconda questione del giudice del rinvio, vertente, in sostanza, sulla portata del cosiddetto effetto «esclusivo» e «preclusivo» della Convenzione di Montreal (A). A mio avviso, occorre fornire sin dall’inizio chiarimenti su tale problema, per aiutare il lettore a comprendere la rilevanza della prima questione, che verte, in sostanza, sulla questione se le lesioni di DB debbano essere considerate causate da un «evento» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, di tale convenzione. La prima questione sarà conseguentemente discussa in seguito (B).

A.   Portata dell’effetto preclusivo della Convenzione di Montreal (seconda questione)

24.

Come risulta dalla sezione precedente, quando i passeggeri subiscono lesioni durante un volo internazionale, la Convenzione di Montreal offre loro, in determinate circostanze, una causa petendi, vale a dire un fondamento giuridico per la responsabilità del vettore. L’articolo 17, paragrafo 1 ( 17 ), di tale convenzione riguarda, più precisamente, la situazione in cui un passeggero deceda o subisca una «lesione personale» a causa di un «evento» ( 18 ) prodottosi a bordo dell’aeromobile. In tali circostanze, può essere proposta un’azione ai sensi di tale disposizione nei confronti del vettore aereo responsabile del volo in questione, il cui successo dipende dalle condizioni previste in tale convenzione, tra cui il termine di prescrizione previsto all’articolo 35, paragrafo 1, della stessa.

25.

Inoltre, le lesioni subite dai passeggeri in voli internazionali possono eventualmente integrare una causa petendi ai sensi del diritto nazionale. Infatti, vari eventi dannosi prodottisi a bordo di un aeromobile possono, teoricamente, essere qualificati come inadempimenti del contratto di trasporto, illeciti ai sensi delle norme generali in materia di responsabilità civile e così via, laddove ciascuna di tali cause è caratterizzata, beninteso, dal suo proprio insieme di condizioni, fra le quali termini di prescrizione per l’esercizio dell’azione.

26.

Queste diverse cause petendi si riferiscono, talora, a situazioni distinte. Se un passeggero ha acquistato in anticipo un pasto da consumare durante il volo e il vettore non l’ha fornito, ciò integra, di regola, un inadempimento contrattuale azionabile ai sensi del diritto nazionale. Tuttavia, in tale ipotesi, non vi è una «lesione personale», né un «evento» accidentale e, quindi, un’azione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Di converso, in determinate circostanze, le cause petendi si «cumulano». Lo stesso evento dannoso, come il rovesciamento accidentale, da parte di un assistente di volo, di una bevanda bollente su un passeggero, che provoca a quest’ultimo una lesione personale, può essere considerato al contempo, ad esempio, i) una negligenza ai sensi del diritto nazionale della responsabilità per fatto illecito, ii) una violazione dell’obbligo di sicurezza derivante dal contratto di trasporto e iii) un «evento» accidentale ai sensi della citata disposizione ( 19 ). In un’ipotesi del genere, il danneggiato potrebbe teoricamente scegliere il fondamento giuridico dell’azione contro il vettore, e un abile avvocato sceglierebbe, ovviamente, l’opzione più favorevole agli interessi del suo assistito, opzione che sarebbe più evidente quando, ad esempio, una delle cause petendi è prescritta, ma l’altra o le altre non lo sono.

27.

La questione della diversità e, talora, della concorrenza delle norme in materia di responsabilità potenzialmente applicabili ai vettori aerei per quanto concerne le lesioni subite dai passeggeri è stata presa in considerazione dagli estensori della Convenzione di Montreal. Per affrontarla, essi hanno inteso conferire alle norme ivi previste, e segnatamente all’articolo 17, paragrafo 1, un certo effetto «esclusivo». A tal fine, è stata inserita in detta convenzione una disposizione specifica, vale a dire l’articolo 29, il quale precisa, nelle parti pertinenti, che, «[n]el trasporto di passeggeri (...) ogni azione di risarcimento per danni promossa a qualsiasi titolo in base alla presente convenzione o in base a un contratto o ad atto illecito o per qualsiasi altra causa, può essere esercitata unicamente alle condizioni e nei limiti di responsabilità previsti dalla presente convenzione».

28.

Ciò premesso, l’obiettivo di chiarezza non è stato pienamente raggiunto. Infatti, quest’ultima disposizione, e prima di essa l’articolo 24 della Convenzione di Varsavia ( 20 ), sono stati oggetto di un intenso dibattito, come sottolineato dal giudice del rinvio nella presente causa.

29.

Una prima controversia interpretativa, concernente il metodo dell’esclusività, può essere esaminata in modo succinto. Da un lato, l’articolo 29 può essere interpretato nel senso che, ove la Convenzione di Montreal si applichi in via esclusiva, un’azione può essere proposta soltanto ai sensi di tale convenzione, con l’esclusione assoluta di azioni fondate sul diritto nazionale. Dall’altro lato, tale disposizione può essere intesa anche nel senso che, in una situazione del genere, il danneggiato può esperire un’azione fondata sul diritto nazionale, ma che, in tal caso, le condizioni e i limiti di responsabilità previsti dalla Convenzione devono comunque essere rispettati. Sebbene la seconda interpretazione corrisponda, a mio avviso, alla lettura più naturale di tale disposizione ( 21 ), la prima interpretazione sembra esprimere la posizione dominante ( 22 ). Ciò detto, tale dibattito ha scarse conseguenze pratiche, se non addirittura nessuna. Infatti, entrambi i metodi attribuiscono alla convenzione lo stesso effetto imperativo: quando essa trova applicazione in via esclusiva, la responsabilità del vettore può sussistere soltanto qualora e nella misura in cui tale strumento la preveda, e un danneggiato non può aggirare detto strumento fondando la sua azione sul diritto nazionale.

30.

Ben più significativo è il dibattito concernente la portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal, ossia la questione di determinare quali azioni di responsabilità del vettore aereo siano precluse dal suo carattere esclusivo. S’impone, a tal riguardo, un esame più approfondito.

31.

Come osservato dal giudice del rinvio, vi sono due tesi contrapposte in materia. Secondo una prima impostazione, che definirò «estensiva», la Convenzione di Montreal disciplina in via esclusiva tutte le potenziali azioni contro i vettori aerei, a prescindere dalla loro forma, per qualsiasi danno subito dai passeggeri durante un volo internazionale rientrante nell’ambito di applicazione generale di tale convenzione ( 23 ), indipendentemente dalla sua causa. Secondo tale impostazione, un vettore aereo può essere considerato responsabile soltanto nelle circostanze previste dall’articolo 17, paragrafo 1, ossia in caso di morte o «lesione personale» di un passeggero causate da un «evento» accidentale. In altre circostanze – ad esempio quando un passeggero ha subito un danno pecuniario o quando la causa del danno è diversa da un «evento» accidentale – non soltanto non vi sarebbe alcun rimedio disponibile ai sensi di tale disposizione, ma qualsiasi rimedio eventualmente previsto dal diritto nazionale sarebbe parimenti escluso ai sensi dell’articolo 29 di tale convenzione.

32.

Ai sensi di una seconda impostazione, che definirò «restrittiva», la Convenzione di Montreal non disciplina tutte le azioni nei confronti di vettori che possono scaturire da un trasporto aereo internazionale, bensì soltanto quelle concernenti la morte o le «lesioni personali» causate da«eventi» accidentali, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1. Qualora un’azione, indipendentemente dal suo fondamento, soddisfi tale definizione, l’articolo 29 di tale convenzione impedisce al danneggiato di fondarsi su condizioni e limiti di prescrizione più favorevoli previsti dal diritto nazionale. Di converso, altri tipi di lesioni subite dai passeggeri a bordo di un aeromobile esulerebbero dal campo di applicazione della Convenzione: sebbene tale strumento non preveda alcun rimedio, il danneggiato sarebbe libero di proporre un’azione nei confronti del vettore sulla base del diritto nazionale.

33.

Nella presente causa, la questione se sia corretta la prima o la seconda impostazione incide direttamente sulla rilevanza, ai fini della soluzione della controversia principale, della prima questione proposta dal giudice del rinvio.

34.

Infatti, qualora si accolga l’impostazione estensiva per quanto attiene all’esclusività della Convenzione di Montreal, sarebbe irrilevante, al fine di decidere se l’azione di DB possa proseguire sulla base del diritto nazionale, la questione se le sue lesioni siano state causate da un «evento» accidentale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, o da qualcos’altro. Secondo questa impostazione, detta azione dovrebbe considerarsi disciplinata in via esclusiva da tale convenzione – e sarebbe da essa preclusa in quanto prescritta – per il semplice motivo che concerne lesioni subite da un passeggero durante un volo internazionale rientrante nell’ambito di applicazione generale di tale convenzione, indipendentemente dalla loro causa effettiva ( 24 ).

35.

Di converso, qualora si accolga l’impostazione restrittiva, la questione della causa delle lesioni di DB sarebbe decisiva ai fini dell’esito della sua azione. Secondo tale impostazione, l’azione dovrebbe essere considerata disciplinata e preclusa dalla Convenzione di Montreal soltanto qualora le sue lesioni siano connesse all’«evento» accidentale. Diversamente, essa potrebbe proseguire sulla base del diritto nazionale.

36.

Pertanto, da un punto di vista logico, la seconda questione, relativa alla portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal, avrebbe potuto essere proposta come prima questione. Ciò premesso, l’ordine in cui il giudice del rinvio ha scelto di formulare le sue questioni è assolutamente comprensibile da un punto di vista pragmatico. Infatti, nel caso di specie non è necessario risolvere nella sua interezza siffatta questione complessa e delicata (1), poiché, come spiegherò, un’azione quale quella di DB deve considerarsi preclusa in ogni caso (2).

1. Complessità e delicatezza della questione

37.

Si perdonerà la tentazione a considerare risolta la questione della portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal. Sebbene questa Corte non abbia mai preso posizione a tal riguardo ( 25 ) i giudici nazionali di altri Stati parte lo hanno fatto. L’impostazione estensiva è stata avallata niente di meno che dalla Corte suprema del Regno Unito nella sua sentenza Sidhu ( 26 ) e dalla Corte suprema degli Stati Uniti d’America nella sua sentenza Tseng, seguite poco dopo da numerosi altri organi giurisdizionali supremi e di alto livello nel mondo ( 27 ). Sebbene le sentenze Sidhu e Tseng vertessero sulla Convenzione di Varsavia, la soluzione in esse adottata è già stata trasposta ( 28 ) alla Convenzione di Montreal. Inoltre, numerosi esperti della dottrina accademica si sono pronunciati a suo favore ( 29 ). Comprensibilmente, anche la Austrian Airlines sostiene, dinanzi alla Corte, che si tratta dell’impostazione corretta e consolidata in materia.

38.

Ho già indicato, nelle mie conclusioni nella causa Austrian Airlines (Esonero dalla responsabilità del vettore aereo) ( 30 ), che, poiché la Corte è solo uno degli organi giurisdizionali nel mondo competenti a interpretare la Convenzione di Montreal, e poiché l’applicazione uniforme di tale convenzione in tutti gli Stati parte è un obiettivo da perseguire, è opportuno che la Corte prenda debitamente in considerazione le decisioni emesse dai giudici di tali Stati parte e attribuisca ad esse il giusto peso.

39.

Ciò premesso è ovvio che la Corte non dovrebbe uniformarsi acriticamente a detti precedenti nazionali ( 31 ). S’impone sempre un esame prudente della ratio decidendi sottesa alle soluzioni accolte in altri Stati parte, nonché delle conseguenze pratiche che ne derivano.

40.

A tal riguardo, la tendenza fissata dalle sentenze Sidhu e Tseng non è stata esente da critiche. All’epoca in cui è stata pronunciata, la sentenza Tseng è stata considerata da alcuni come un significativo capovolgimento di una serie di decisioni in senso opposto, pronunciate da giudici di grado inferiore negli Stati Uniti d’America ( 32 ). Inoltre, come indicato da DB, tali sentenze sono tuttora criticate da una parte della dottrina accademica ( 33 ). Infatti, DB, il governo tedesco e la Commissione suggeriscono alla Corte – esplicitamente o implicitamente – qualora essa affronti tale questione nella presente causa, di discostarsi da tali precedenti nazionali e accogliere, invece, l’impostazione restrittiva.

41.

Non vi è dubbio che tale controversia derivi, in primo luogo, dal fatto che la portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal rappresenta, da un punto di vista teorico, una questione complessa. Le regole di interpretazione applicabili, quali codificate nella Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati ( 34 ) non conducono a una risposta univoca. Da un lato, l’impostazione estensiva, quale accolta nelle sentenze Sidhu e Tseng, si basa su una solida interpretazione in buona fede dei termini della Convenzione di Montreal, nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo. Questi due organi giurisdizionali supremi hanno fatto ricorso anche ai lavori preparatori della convenzione per corroborare detta interpretazione. Dall’altro lato, a mio avviso, gli stessi elementi possono ragionevolmente sostenere l’interpretazione opposta.

42.

Per quanto riguarda i termini della Convenzione di Montreal, e più precisamente del suo articolo 29, i fautori dell’impostazione estensiva mettono in evidenza il fatto che la sua formulazione non è limitata alle lesioni causate da «eventi» accidentali ma si riferisce, più in generale, alle azioni per risarcimento danni derivanti dal «trasporto di passeggeri», espressione dalla quale si dovrebbe evincere che sono comprese tutte le azioni concernenti lesioni subite dai passeggeri ( 35 ). Di converso, i fautori dell’impostazione restrittiva sottolineano, come DB dinanzi alla Corte, che nulla nel testo dell’articolo 29 impone espressamente di escludere, a danno dei passeggeri, qualsiasi azione fondata sul diritto nazionale, anche qualora non si sia verificato alcun «evento» accidentale. Un risultato così drastico potrebbe discendere soltanto da una formulazione chiara e inequivocabile ( 36 ), e non da un’operazione deduttiva.

43.

L’oggetto e lo scopo della Convenzione di Montreal sono altrettanto ambigui. È pacifico che, logicamente, tale strumento può disciplinare soltanto le questioni di responsabilità che rientrano nel suo ambito di applicazione sostanziale. È altresì chiaro che, in forza del suo titolo e del suo preambolo ( 37 ), detto strumento è volto a unificare soltanto «alcune norme» relative al trasporto aereo internazionale, e che riguarda talune delle questioni connesse al trasporto aereo, non tutte. Tuttavia, vi è un profondo disaccordo su quale sia esattamente il suo scopo per quanto concerne la responsabilità dei vettori aerei.

44.

I fautori dell’impostazione estensiva sostengono che la responsabilità dei vettori aerei è, in generale, una questione che la Convenzione di Montreal mirava ad affrontare. A loro avviso, le norme di cui al suo capo III costituiscono un sistema completo di azioni derivanti dal trasporto aereo internazionale. Lo scopo principale di tale convenzione è conseguire l’uniformità del diritto a tal riguardo. Dette norme prevedono le circostanze – vale a dire le uniche circostanze – in cui i vettori devono rispondere delle lesioni causate ai passeggeri. Limitando i tipi di azioni che possono essere instaurate nei loro confronti, la convenzione, e in particolare il suo articolo 29, garantisce certezza ai vettori aerei. Essa assicura loro la possibilità di determinare e calcolare in anticipo l’onere risarcitorio in cui possono incorrere, il che è essenziale, in particolare, a fini assicurativi. Tale obiettivo di uniformità e di certezza sarebbe frustrato se i passeggeri potessero promuovere altre azioni nei loro confronti ( 38 ).

45.

Al pari di DB e del governo tedesco, i fautori dell’impostazione restrittiva replicano che, a loro avviso, la Convenzione di Montreal mirava in realtà a uniformare la responsabilità dei vettori soltanto in determinate situazioni, segnatamente nel caso di incidenti connessi agli aeromobili. Infatti, il rischio che i vettori incorrano in una responsabilità insostenibile in caso di incidenti aerei ha rappresentato una delle preoccupazioni che hanno condotto all’adozione della Convenzione di Varsavia, nel 1929 ( 39 ). L’intenzione non era quella di sottrarre i vettori alle loro responsabilità in altre circostanze. Interpretato in tale prospettiva, il solo scopo dell’articolo 29 della Convenzione di Montreal sarebbe impedire al danneggiato, qualora eserciti un’azione oggettivamente connessa a un «evento» accidentale, di eludere le condizioni e i limiti di responsabilità ivi enunciati fondando la sua azione sul diritto nazionale. L’applicazione uniforme della convenzione non esigerebbe null’altro ( 40 ).

46.

I fautori dell’impostazione restrittiva sottolineano altresì una differenza di scopo tra le Convenzioni di Varsavia e di Montreal. Come sottolineato da DB e dalla Commissione, mentre la prima è stata adottata per favorire lo sviluppo del nascente settore dei trasporti aerei, la seconda mirava ad aumentare la tutela degli utenti del trasporto aereo internazionale ( 41 ). Indipendentemente dall’approccio corretto ai sensi della Convenzione di Varsavia, l’impostazione estensiva in materia di esclusività non può, perlomeno non per tale motivo, essere trasposta alla Convenzione di Montreal ( 42 ). I fautori dell’impostazione estensiva replicano che, al di là della semplice tutela degli utenti, la Convenzione di Montreal mirava a realizzare un «giusto equilibro» tra gli interessi dei passeggeri e quelli dei vettori ( 43 ). Tale equilibrio è inerente al regime di responsabilità previsto dalla convenzione. Nei confronti dei vettori, i passeggeri dispongono di rimedi limitati. Tuttavia, quando tali rimedi sono disponibili, essi possono essere ottenuti agevolmente e rapidamente, per lo più in virtù del regime di responsabilità oggettiva ivi previsto ( 44 ).

47.

I lavori preparatori di entrambe le convenzioni non attenuano il dibattito, poiché anch’essi sono ambigui quanto alla volontà dei loro estensori in materia di esclusività. Infatti, i lavori preparatori della Convenzione di Varsavia non rivelano chiaramente una volontà categorica dei delegati a tal riguardo ( 45 ). Neppure quelli della Convenzione di Montreal sono d’ausilio. La sola affermazione diretta e sostanziale al riguardo, proveniente dal presidente della Conferenza, si presta a diverse interpretazioni ( 46 ).

48.

In secondo luogo, la controversia che circonda la portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal discende dalle conseguenze pratiche importanti – e spesso preoccupanti – che l’impostazione estensiva comporta. Nella sentenza Sidhu, ai passeggeri trattenuti per tre settimane dalle forze irachene dopo l’atterraggio del loro aereo all’aeroporto internazionale del Kuwait nell’agosto 1990, nelle prime ore dopo l’invasione del Kuwait da parte delle forze irachene, è stato negato un mezzo di ricorso. Lo stesso è accaduto, nella causa Tseng, a una passeggera sottoposta dal personale della compagnia aerea a una perquisizione di sicurezza asseritamente illegale presso l’aeroporto internazionale John F. Kennedy di New York, prima di imbarcarsi su un volo per Tel Aviv. In altre decisioni, a passeggeri le cui disabilità non erano state debitamente considerate dalla compagnia aerea, in violazione diretta delle prescrizioni del diritto dell’Unione ( 47 ), o che erano stati asseritamente discriminati dai vettori per motivi vietati, quali la razza, sono stati negati mezzi di ricorso ( 48 ). Anche evidenti inadempimenti contrattuali, come l’omessa messa a disposizione di pasti preordinati, menzionata al paragrafo 26 delle presenti conclusioni, non sono stati risarciti ( 49 ). Infatti, in tutte questi casi, le azioni instaurate contro i vettori responsabili sono state considerate disciplinate in via esclusiva dalla Convenzione di Varsavia o di Montreal, in quanto derivanti da un trasporto aereo internazionale. In assenza di «lesione personale» e di un «evento» accidentale, non era stato possibile ottenere un rimedio ai sensi della pertinente convenzione. Ciò nonostante, ai danneggiati non è stato permesso di agire sulla base del diritto nazionale.

49.

I fautori dell’impostazione restrittiva sottolineano l’iniquità di tali esiti. L’impostazione estensiva equivarrebbe, in molti casi, a negare una tutela giurisdizionale ai passeggeri. Al di là delle scarse ipotesi previste nella stessa Convenzione di Montreal, i vettori sarebbero sottratti a qualsiasi tipo di responsabilità, indipendentemente dalla fonte e dallo scopo, anche dalla responsabilità altrimenti discendente dal mancato rispetto di obblighi giuridici e/o dei diritti fondamentali di un passeggero. Infatti, tali obblighi e diritti non potrebbero essere invocati – privatamente – nei loro confronti ( 50 ). I fautori dell’impostazione estensiva sostengono che tali esiti non sono altro che una conseguenza necessaria dell’uniformità e della certezza che tale convenzione mirava a realizzare. Pur riconoscendone, talora, l’iniquità per i passeggeri, in particolare in casi di discriminazione, essi sottolineano, non senza fondamento, che non spetta agli organi giurisdizionali riscrivere un trattato internazionale per renderlo più equo ( 51 ).

50.

Nel complesso, la questione della portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal esige una seria riflessione da parte della Corte. È vero che, come sostenuto dalla Commissione, nelle sue sentenze nelle cause IATA e ELFAA ( 52 ) nonché Nelson e a. ( 53 ), la Corte si è già sommariamente occupata della questione e ha adottato, in un certo senso, un approccio cauto. Tuttavia, quando la Corte ha dichiarato, in tali sentenze, che non vi era conflitto tra la Convenzione di Montreal e il regolamento (CE) n. 261/2004 ( 54 ), essa ha fondamentalmente evitato la questione, statuendo che il primo strumento riguardava soltanto le azioni individuali per il risarcimento dei danni, mentre il secondo prevede obblighi di assistenza ai passeggeri e una compensazione uniforme. Ciò premesso, le reazioni ostili a queste due sentenze, rinvenibili in una parte importante della dottrina accademica, confermano la delicatezza del dibattito ( 55 ).

2. Non è necessario che la Corte prenda posizione nella presente causa

51.

Nel mezzo della nebbia che avvolge questo intero dibattito, vi è un elemento che traspare nitidamente: come ho indicato in precedenza, non è necessario che la Corte assuma una posizione esaustiva sulla portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal nella presente causa.

52.

Infatti, poiché l’impostazione estensiva include quella restrittiva, esse coincidono sotto un aspetto. Quantomeno, ai sensi dell’articolo 29 della Convenzione di Montreal, un’azione nei confronti dei vettori aerei, indipendentemente dal suo fondamento, oggettivamente connessa alla morte o alle lesioni personali subite da un passeggero durante un volo internazionale rientrante nell’ambito di applicazione generale di tale convenzione, a causa di un incidente verificatosi a bordo dell’aeromobile, come previsto dall’articolo 17, paragrafo 1, di detta convenzione, è indubbiamente disciplinata in via esclusiva da tale strumento. In una situazione del genere, è generalmente ammesso che il danneggiato non può eludere le condizioni e i limiti di responsabilità previsti da tale strumento fondando la sua azione sul diritto nazionale ( 56 ). Infatti, le due impostazioni divergono soltanto per quanto concerne le azioni che non riguardano la morte o lesioni personali subite da un passeggero, né un incidente: secondo l’impostazione restrittiva, il danneggiato può agire ai sensi del diritto nazionale; secondo l’impostazione estensiva, egli non dispone di alcun rimedio ( 57 ).

53.

Nella presente causa, come spiegherò nella sezione che segue, a mio parere, un’azione come quella intentata da DB contro la Austrian Airlines presenta un nesso oggettivo con una lesione personale subita da un passeggero a causa di un evento accidentale ai sensi dell’articolo 17 paragrafo 1. Pertanto, la Corte non è tenuta a optare per l’impostazione estensiva o per quella restrittiva. Infatti, indipendentemente dall’impostazione corretta, tale azione è in ogni caso disciplinata in via esclusiva da detta convenzione e da essa preclusa in quanto prescritta ( 58 ).

54.

A mio avviso, la Corte darebbe un lodevole esempio di moderazione giudiziaria se si limitasse a tale ovvia statuizione e se si astenesse dall’assumere una posizione definitiva sulla questione più ampia della portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal. Potranno esserci, in futuro, cause in cui la Corte dovrà ingoiare questo boccone amaro. Ad esempio, essa potrebbe essere chiamata a pronunciarsi in cause in materia di discriminazione instaurate da passeggeri nei confronti di vettori aerei. Se e quando una causa del genere giungerà dinanzi alla Corte, sarebbe opportuno che fosse decisa dalla Grande sezione, dopo un’attenta considerazione di tutti gli aspetti esposti in precedenza.

B.   Lesioni quali quelle subite da DB devono essere considerate causate da un «evento» accidentale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal (prima questione)

55.

Ho già indicato, nella sezione precedente, che, a mio avviso, un’azione quale quella proposta da DB contro la Austrian Airlines è, indubbiamente, disciplinata in via esclusiva dalla Convenzione di Montreal, poiché presenta un nesso oggettivo con la situazione prevista all’articolo 17, paragrafo 1, di tale convenzione. Di conseguenza, il ricorrente non può eludere il termine di prescrizione di due anni ivi previsto fondando la sua azione sul diritto nazionale. Illustrerò ora la mia posizione su tale questione.

56.

Nel procedimento principale, è pacifico che l’azione di DB riguarda «lesioni personali» – ossia gravi ustioni – subite da un passeggero – vale a dire egli stesso – durante di un volo internazionale rientrante nell’ambito di applicazione generale della Convenzione di Montreal – come esposto supra, al paragrafo 18 – e che l’evento o gli eventi che hanno provocato tali lesioni si sono prodotti a bordo dell’aeromobile. L’unico punto controverso è la questione se si debba ritenere, da un punto di vista giuridico, che tali lesioni siano state causate da un «evento» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1.

57.

A tal riguardo, ricordo che, durante il volo che trasportava DB a Vienna, un bricco è accidentalmente caduto da un carrello di servizio manovrato dagli assistenti di volo tra le file di sedili. Il caffè bollente si è rovesciato, causando gravi ustioni a DB ( 59 ).

58.

Come osservato dal giudice del rinvio, un tale sfortunato incidente integra indubbiamente un «evento» accidentale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Ciò è vero indipendentemente dall’applicazione o meno della definizione di tale nozione elaborata parecchi anni or sono dalla United States Supreme Court (Corte suprema degli Stati Uniti d’America) nella sentenza Air France v. Saks ( 60 ) – «un evento o un’occorrenza inattesi o inusuali, esterni al passeggero» – oppure della nuova definizione adottata dalla Corte nella sentenza Niki Luftfahrt – ossia un «evento involontario dannoso imprevisto» ( 61 ). È evidente che, quando una persona s’imbarca su un aereo non si attende né prevede che un bricco di caffè bollente gli si rovesci addosso durante il volo ( 62 ).

59.

Questa statuizione non è contestata da DB ( 63 ). Tuttavia, dinanzi al giudice d’appello e al giudice del rinvio, il ricorrente ha impostato la sua azione come vertente non su tale «evento[incidente]», bensì su quando verificatosi in seguito. Infatti, ai sensi della teoria del risarcimento invocata da DB, la sua azione deriverebbe da un’altra causa, ossia l’asserita ( 64 ) insufficienza e inadeguatezza del primo soccorso prestato dagli assistenti di volo per le sue lesioni ( 65 ), in violazione dell’obbligo di diligenza imposto ai vettori nei confronti dei loro passeggeri. Tale causa sarebbe distinta dall’«evento» accidentale iniziale e avrebbe comportato una lesione distinta, segnatamente l’aggravamento delle sue ustioni. È soltanto di tale lesione specifica che egli chiede il risarcimento.

60.

Pertanto, secondo DB, la sua azione – come da lui impostata – verte unicamente su lesioni personali che sono state causate non dalla caduta «accidentale» del bricco di caffè bollente, bensì dalla successiva reazione dell’equipaggio. Di conseguenza, tale azione non sarebbe disciplinata dall’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal e, pertanto, potrebbe proseguire sulla base del diritto austriaco, secondo le condizioni da esso previste, segnatamente quelle concernenti il termine di prescrizione.

61.

Alla luce di tale argomento, il giudice del rinvio chiede, con la prima questione, se la caduta del bricco di caffè bollente e il primo soccorso in seguito prestato dall’equipaggio per le ustioni riportate debbano essere considerati come cause distinte di lesioni o come facenti parte di un unico «evento» accidentale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal.

62.

A mio avviso, occorre riformulare leggermente questa prima questione. Infatti, la controversia di cui al procedimento principale, considerata alla luce dell’argomento di DB, solleva, in modo assai evidente, un problema di causalità. In sostanza, la questione se l’azione del ricorrente rientri o meno nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal e, in quanto tale, sia disciplinata in via esclusiva da tale strumento, dipende dal fatto se si possa ritenere oppure no che l’incidente iniziale verificatosi a bordo dell’aeromobile, ossia la caduta del bricco, abbia «causato», ai sensi di tale disposizione, le lesioni di cui egli chiede il risarcimento, dato che la prestazione del primo soccorso da parte dell’equipaggio si colloca tra le due occorrenze. Tale questione dovrebbe essere affrontata autonomamente ( 66 ). Di converso, sarebbe inopportuno trattarla in modo per così dire indiretto, nel quadro della nozione di «evento» accidentale, chiedendosi se questi due fattori distinti debbano essere considerati come un unico evento ai sensi della stessa disposizione ( 67 ).

63.

Di conseguenza, nei paragrafi che seguono spiegherò il motivo per cui si deve ritenere, in diritto, che la caduta «accidentale» del bricco abbia «causato», ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, le lesioni personali oggetto dell’azione di DB, indipendentemente dal fatto che anche la successiva prestazione di un primo soccorso possa aver contribuito a tali lesioni (1) ( 68 ). Inoltre, poiché la Austrian Airlines ha suggerito, dinanzi alla Corte, che in ogni caso, anche questo secondo evento potrebbe, di per sé, essere qualificato come «evento» accidentale ai sensi di tale disposizione, mi occuperò brevemente di tale questione, per ragioni di completezza (2).

1. Si deve ritenere, in diritto, che la caduta «accidentale» del bricco abbia «causato» le lesioni personali subite, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal

64.

In via preliminare, è opportuno sottolineare che, sebbene l’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal non precisi in quali casi si possa ritenere che un determinato incidente abbia «causato» la morte o la lesione personale di un passeggero, e sebbene la convenzione non offra, in generale, una definizione di tale nozione, ciò non significa che essa debba essere interpretata con riferimento al diritto nazionale applicabile al contratto di trasporto in questione ( 69 ), come suggerito da DB e dalla Austrian Airlines. Infatti, tenuto conto dell’obiettivo di uniformità perseguito da tale convenzione ( 70 ), e poiché quest’ultima non stabilisce altrimenti ( 71 ), si dovrebbe invece interpretare tale nozione in modo autonomo, alla luce delle regole interpretative previste dalla Convenzione di Vienna ( 72 ). Questa autonomia rispetto al diritto interno non dovrebbe tuttavia significare trascurarlo completamente. Quando viene in considerazione una nozione fondamentale del diritto della responsabilità, quale la causalità – le cui componenti possono difficilmente essere dedotte, con onestà intellettuale, soltanto dal «senso comune» di tale termine, dal «contesto» in cui esso è utilizzato o dall’«oggetto e [dallo] scopo» della Convenzione di Montreal – occorre trarre ispirazione anche dai principi generali comuni alle leggi degli Stati parte ( 73 ).

65.

Conformemente a tali regole d’interpretazione e alla luce di tali principi, ritengo, al pari degli intervenienti dinanzi alla Corte, che, al fine determinare, in ciascun caso, se si possa ritenere che l’«evento» accidentale di cui trattasi abbia «causato» la lesione del passeggero che costituisce l’oggetto della sua azione, occorra applicare in successione due criteri complementari.

66.

Come sostenuto dalla Austrian Airlines, dal governo tedesco e dalla Commissione, il primo criterio discende direttamente dal senso comune del verbo «causare», utilizzato all’articolo 17, paragrafo 1, ossia «provocare il verificarsi di un evento». Questo criterio è di natura fattuale. Esso corrisponde alle teorie della causalità note nei diritti degli Stati parte come «conditio sine qua non», «but for» o «equivalenza delle condizioni». Secondo tale criterio, tutte le condotte o gli eventi che, di fatto, costituiscono un antecedente necessario di una determinata lesione – ossia una condizione in assenza della quale detta lesione non si sarebbe verificata – sono considerati una sua causa. Poiché ogni lesione è il risultato di una combinazione di fattori, ciascuno dei quali contribuisce al suo verificarsi ( 74 ), si ritiene, alla luce del criterio della «conditio sine qua non» che essa non abbia una sola causa, bensì molteplici cause. Infatti, tutti questi fattori sono considerati cause fattuali di tale lesione, o «anelli» nella «catena di cause» che l’ha provocata ( 75 ).

67.

Così, ai fini dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, il primo criterio è soddisfatto qualora l’«evento[incidente]» costituisca, di fatto, un antecedente necessario della lesione del passeggero che costituisce l’oggetto della sua azione, vale a dire la condizione in assenza della quale la lesione non si sarebbe prodotta. Ciò significa, inoltre, che l’«evento» accidentale costituisce uno dei fattori che hanno contribuito al prodursi della lesione, un «anello» nella «catena di cause» che l’ha provocata. Come rilevato dal giudice del rinvio, tale approccio è stato espressamente avallato, in particolare, dalla United States Supreme Court (Corte suprema degli Stati Uniti d’America) nella sentenza Air France v. Saks ( 76 ).

68.

A mio avviso, questo primo criterio è conforme sia all’obiettivo di tutela degli utenti ( 77 ), sia all’obiettivo di uniformità perseguito dalla Convenzione di Montreal. A tal riguardo, si può prendere in considerazione l’esempio, ipotetico, della lesione personale di passeggero risultante dalla combinazione di almeno due fattori, vale a dire, da un lato, lo stato di salute anteriore del passeggero di cui trattasi, che l’ha reso un soggetto a rischio di attacco cardiaco e, dall’altro, lo stress estremo provocato da un atterraggio d’emergenza «accidentale» dell’aeromobile, che gli ha provocato un siffatto attacco. In un’ipotesi del genere, da un lato, il primo criterio sopra descritto contribuisce a facilitare il risarcimento della vittima ( 78 ) ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, poiché il semplice fatto che l’«evento» accidentale sia un «anello» nella «catena di cause» che ha portato alla morte o alla lesione del passeggero è sufficiente. Se, invece, l’«evento» dovesse essere la «causa unica/sufficiente», o anche solo la «causa principale» della lesione del passeggero, ciò ostacolerebbe seriamente la sua pretesa. Il primo criterio alternativo potrebbe escludere totalmente un rimedio nell’esempio appena proposto ( 79 ). Il secondo darebbe luogo a incertezza. Infatti, la scelta tra i due fattori sopra elencati sarebbe discutibile e, in quanto tale, idonea a generare un importante dibattito fra le parti in causa, mentre la decisione in seguito adottata dal giudice sarebbe, in un certo senso, arbitraria ( 80 ). Dall’altro lato, il criterio della «conditio sine qua non» contribuisce all’applicazione uniforme di tale convenzione. Infatti, la questione se un’azione sia disciplinata o meno dall’articolo 17, paragrafo 1, dipende da un certo rapporto oggettivo tra la lesione del passeggero e un «evento» accidentale, e non dal modo in cui la causa della prima è stata ricostruita dal danneggiato o dal vettore, aspetto sul quale ritornerò nel prosieguo.

69.

Ciò premesso, come unanimemente sottolineato dalle parti e dagli intervenienti dinanzi alla Corte, ai fini dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, il criterio della «conditio sine qua non» sopra menzionato non può essere applicato senza alcun limite. Diversamente, la portata di tale disposizione e, in definitiva, quella della responsabilità del vettore ivi prevista sarebbero eccessive.

70.

A questo proposito, si consideri la seguente ipotesi: l’aeromobile che trasporta una nazionale di calcio verso la Coppa del mondo della FIFA del 2022 in Qatar subisce un danno «accidentale» a uno dei motori ed effettua un atterraggio di emergenza. I giocatori non subiscono lesioni nel corso di tale incidente, ma ne sono comprensibilmente scossi. Il trauma di tale «incidente» aumenta nel corso di una settimana, fino a che, durante una partita, uno dei giocatori, distratto, manca il pallone, perde l’equilibrio, cade e subisce la distorsione di una caviglia, un infortunio che può comportare notevoli danni, dato il suo indubbio l’impatto deleterio sulla capacità di tale giocatore di continuare a partecipare a tale evento sportivo.

71.

È possibile che, in assenza dell’«evento» accidentale iniziale, il giocatore non avrebbe subito la lesione personale di cui trattasi. Tuttavia, ritenere che una lesione del genere, che è collegata a un «evento» accidentale soltanto in modo molto remoto, sia disciplinata dall’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal sarebbe una forzatura irragionevole di tale disposizione. Inoltre, se i vettori aerei fossero responsabili di conseguenze così distanti da un incidente verificatosi a bordo dei loro aeromobili, ciò potrebbe imporre loro un onere risarcitorio molto gravoso, difficilmente individuabile e calcolabile. Il «giusto equilibrio degli interessi»» dei passeggeri e dei vettori, ricercato dagli estensori della convenzione, non sarebbe preservato ( 81 ). Per analogia, come sottolineato da DB, nei diritti degli Stati parte è generalmente riconosciuto che il criterio della «conditio sine qua non» non è sufficiente per mantenere la responsabilità entro limiti ragionevoli ( 82 ).

72.

Per questa ragione, in ciascun caso dovrebbe essere applicato un secondo criterio. Tale criterio è di natura giuridica e comporta, in quanto tale, una scelta politica. Si tratta di stabilire se il nesso di causalità tra un «evento» accidentale e la lesione subita dal passeggero, al di là della semplice soddisfazione del criterio della «conditio sine qua non», sia sufficientemente rilevante, alla luce dell’oggetto e dello scopo della Convenzione di Montreal, affinché appaia giustificata e ragionevole l’applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, e per far sorgere la responsabilità del vettore ai sensi di tale disposizione. Tale criterio è noto come il criterio della «causa adeguata» nei paesi di civil law e della «proximate cause» (causa prossimale) nei paesi di common law.

73.

In generale, nei diritti degli Stati parte ( 83 ), tra tutti i fattori che hanno contribuito a una specifica lesione, una determinata condotta o un evento saranno considerati come una ( 84 ) causa «adeguata» o «prossimale» ( 85 ) e, pertanto, come la causa della lesione che può essere invocata in giudizio qualora la lesione ne sia una conseguenza naturale. Il sottocriterio classico consiste nel verificare se la lesione di cui trattasi sia una conseguenza prevedibile di tale condotta o evento, vale a dire se, a posteriori, un ipotetico osservatore avrebbe potuto ragionevolmente prevedere, alla luce di tutte le circostanze e dell’esperienza pregressa, che essi avrebbero causato una lesione del genere. Un altro sottocriterio strettamente connesso, menzionato dal governo tedesco, consiste nel verificare se la lesione possa essere considerata come la concretizzazione di un rischio inerente alla condotta o all’evento in questione ( 86 ). Nessuno dei sottocriteri è soddisfatto quando risulta improbabile che la condotta o l’evento di cui trattasi abbiano determinato tale lesione, e quando risulta che essa si è verificata unicamente a causa di una catena di eventi particolarmente atipica o altamente straordinaria. Questo criterio giuridico non dovrebbe essere applicato in modo astratto, bensì tenendo conto del suo chiaro e solido intento politico: se è vero che gli individui devono generalmente rispondere delle loro azioni dannose, la responsabilità civile non può ragionevolmente estendersi a conseguenze inverosimili di tali azioni.

74.

Nel contesto dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, come suggerito unanimemente dalle parti e dagli intervenienti ( 87 ), ciò significa che la portata di tale disposizione, nonché della responsabilità del vettore ivi prevista, sono limitate alle lesioni che costituiscono conseguenze prevedibili dell’«evento» accidentale di cui trattasi, o, in altri termini, le lesioni che costituiscono la concretizzazione di un rischio connesso a detto evento. Ai fini di tale disposizione, dette lesioni dovrebbero essere considerate, in diritto, causate dall’«evento» di cui trattasi. Di converso, lesioni che, a posteriori, appaiono come conseguenze improbabili dell’«evento» e che si sono verificate unicamente a causa di una catena di eventi particolarmente atipica o altamente straordinaria non dovrebbero esserne considerate cause. Anche in questo caso, detto approccio è seguito, segnatamente, dai giudici statunitensi. A loro avviso, per soddisfare il requisito di causalità di cui all’articolo 17, paragrafo 1, il danneggiato deve provare non soltanto che un «evento[incidente]» si inserisce nella «catena di cause» che ha condotto alla sua lesione, ma anche che esso costituisce una causa «prossimale» di quest’ultima ( 88 ).

75.

Nella causa di cui al procedimento principale, è pacifico che il primo criterio sopra descritto è soddisfatto. È già stato accertato dal giudice del rinvio. Ovviamente, da un punto di vista fattuale, in assenza della caduta «accidentale» del bricco di caffè, DB non avrebbe subito le lesioni delle quali chiede il risarcimento, e ciò anche qualora si accolga il ragionamento di DB secondo cui le ustioni iniziali da esso subite dovrebbero, a tal riguardo, essere distinte dal loro «aggravamento» successivo ( 89 ). Infatti, come osservato dal giudice del rinvio e da tutti gli intervenienti, se si elimina la caduta del bricco di caffè dall’equazione, DB non si sarebbe ustionato e, ovviamente, le sue ustioni (in tal caso) inesistenti non avrebbero potuto, in seguito, «aggravarsi».

76.

È certo che l’asserita omessa prestazione di un primo soccorso adeguato da parte dell’equipaggio potrebbe – se dimostrata – essere considerata come un altro «anello» nella «catena di cause» che ha determinato il cosiddetto «aggravamento». Supponendo che i) gli assistenti di volo fossero giuridicamente tenuti a reagire in un determinato modo alle ustioni di DB, in virtù di un obbligo di diligenza nei confronti dei passeggeri ( 90 ) e/o di norme del settore ( 91 ), che ii) essi abbiano omesso di farlo e che iii) se lo avessero fatto, il loro intervento avrebbe potuto attenuare le ustioni di DB, si potrebbe verosimilmente ritenere che, in assenza di tale omissione, dette lesioni non si sarebbero prodotte nella forma in cui si sono prodotte, ossia non si sarebbero «aggravate» come sostenuto da DB. Tali considerazioni sono tuttavia, irrilevanti. Come indicato al precedente paragrafo 67, per soddisfare il primo criterio è sufficiente che l’«evento» accidentale sia uno dei fattori che hanno contribuito al verificarsi della lesione di cui trattasi: non è necessario che esso sia l’unica causa.

77.

Anche il secondo criterio è chiaramente soddisfatto nel caso di specie, nonostante gli sforzi di DB per convincere la Corte del contrario. In sostanza, il ricorrente sostiene che la caduta «accidentale» del bricco di caffè non può essere considerata una causa «adeguata» o «prossimale» delle lesioni lamentate – l’«aggravamento» delle sue ustioni – poiché non si trattava di conseguenze prevedibili di tale «evento» accidentale. Secondo DB, l’«aggravamento» si è prodotto soltanto a causa di una catena di eventi atipica. Infatti, ciò che tipicamente avviene dopo che una persona subisce ustioni a bordo di un aeromobile è la prestazione di un primo soccorso sufficiente e adeguato, che impedisce l’aggravamento delle sue ustioni. L’eccezionale omissione dell’equipaggio a tale proposito opererebbe come una «causa prevalente», che spezzerebbe la «catena» che riconduce all’«evento» accidentale iniziale.

78.

Tale argomento, tuttavia, non regge di fronte a un attento esame. In primo luogo, lo ribadisco, anche se le ustioni iniziali di DB dovessero essere distinte dal loro «aggravamento», quest’ultimo sarebbe evidentemente una conseguenza prevedibile delle ustioni, dato che tale «aggravamento» è ciò che si sarebbe verificato – o, in questo caso, ciò che si è verosimilmente verificato – per effetto dell’evoluzione naturale delle ustioni. In altri termini, come sottolinea il governo tedesco, il rischio di «aggravamento» delle ustioni era già intrinseco nella caduta «accidentale» del bricco. Il primo soccorso prestato dall’equipaggio mirava esattamente a evitare la concretizzazione di tale rischio. Vi è dunque una relazione chiara e stretta di «causa ed effetto» tra le ustioni di DB – anche nel caso in cui, lo ribadisco, esse possano o debbano essere considerate distinte – e l’«evento» accidentale di cui trattasi.

79.

A tal riguardo, si può immaginare un’ipotesi che, seppur estranea al trasporto di passeggeri è, a mio avviso, altamente esplicativa. Una persona lascia cadere per negligenza una candela accesa sulle tende della casa del suo vicino. Ne deriva un incendio. I vigili del fuoco chiamati a intervenire non dispongono, per negligenza, dell’equipaggiamento necessario e non riescono a contrastare in modo adeguato l’incendio. Alla fine, la casa è ridotta in cenere. Secondo il ragionamento di DB, ciò sarebbe considerato come una conseguenza improbabile della caduta della candela, poiché, se i vigili del fuoco avessero adempiuto al loro obbligo di diligenza e fossero riusciti a spegnere l’incendio, i danni alla casa sarebbero stati minori. La fallacia logica è evidente. Era chiaramente prevedibile che lasciar cadere una candela su una tenda potesse provocare un incendio nella casa. In altri termini, è chiaro che tale risultato finale «rientrava nel rischio» intrinseco in tale azione.

80.

In secondo luogo, a differenza di quanto sostenuto da DB, nel caso di specie, se è vero che la risposta dell’equipaggio alla caduta del bricco, ove si dimostri che sia stata inadeguata, può certamente essere considerata, come ho già rilevato, un’altra causa dell’«aggravamento» delle sue lesioni, essa non potrebbe tuttavia spingersi fino a «spezzare la catena» che conduce all’«evento» accidentale originario. Ciò si verificherebbe, come risulta dai precedenti paragrafi 73 e 74, soltanto nel caso in cui condotta dell’equipaggio sia stata particolarmente atipica o altamente straordinaria, al punto che tale condotta – e le lesioni eventualmente risultanti – apparirebbe, a posteriori, improbabile a un ipotetico osservatore ( 92 ). Soltanto in tal caso sarebbe irragionevole, in termini di scelta politica, imputare tali lesioni a detto «evento» accidentale. Si tratta di una soglia elevata, che semplicemente non è raggiunta in una situazione come quella di cui al procedimento principale.

81.

Infatti, come acutamente osservato dalla Austrian Airlines, dal governo tedesco e dalla Commissione, il fatto che un assistente di volo, che può aver ricevuto una formazione medica limitata, e che ha altri doveri da espletare e passeggeri da assistere, ometta di prestare, nelle circostanze potenzialmente stressanti che seguono un «evento» accidentale, l’assistenza medica e l’attenzione richiesta a un passeggero che ha subito lesioni può difficilmente sembrare, a posteriori, improbabile a detto osservatore ( 93 ). Non si tratta di una situazione così «atipica» o «straordinaria». Può essere una situazione plausibile poiché, sulla base dell’esperienza, in circostanze del genere le persone commettono sistematicamente errori. Analogamente, anche il negligente mancato rifornimento di un kit di emergenza prima di un volo può difficilmente essere considerato tale ( 94 ).

82.

Un esempio analogo sarebbe quello di una persona investita da un’automobile guidata da qualcun altro in modo negligente, la quale subisca una frattura del braccio che rende necessario un intervento chirurgico. Durante l’operazione, il chirurgo non è sufficientemente diligente e attento e non riesce ad attenuare la lesione, ne causa l’aggravamento oppure, addirittura, provoca una lesione distinta. Generalmente, negli ordinamenti degli Stati parte, siffatti errori medici non«spezzano la catena» riconducendo alla negligenza iniziale del guidatore, poiché non sono particolarmente atipici o altamente straordinari al punto di apparire, a posteriori, improbabili, poiché, purtroppo, accadono ( 95 ).

83.

A mio avviso, tale interpretazione del requisito di causalità enunciato all’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, è perfettamente conforme all’impianto, all’oggetto e allo scopo di tale convenzione.

84.

In primo luogo, nel regime di responsabilità previsto dalla Convenzione di Montreal in caso di «lesione personale» subita da un passeggero, la questione se il personale del vettore, in caso di «evento» accidentale, abbia adottato le misure necessarie per evitare la lesione è destinata a svolgere un ruolo soltanto a livello della difesa, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera a), di tale convenzione, al fine di limitare la responsabilità del vettore ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1 ( 96 ). Pertanto, secondo ogni logica, tale aspetto non dovrebbe essere considerato a monte, in sede di valutazione della questione se si possa ritenere che tale «evento» accidentale abbia «causato» o meno detta lesione e, pertanto, se l’azione di cui trattasi sia disciplinata oppure no da quest’ultima disposizione.

85.

In secondo luogo, tale interpretazione contribuisce al «giusto equilibrio degli interessi» dei passeggeri e dei vettori perseguito dagli estensori della Convenzione di Montreal. Essa garantisce che, qualora sia stata proposta un’azione di risarcimento danni, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, di tale convenzione, entro il termine di prescrizione di due anni ivi previsto, il danneggiato possa essere risarcito, in forza di tale disposizione, per tutte le conseguenze dannose riconducibili all’«evento» accidentale di cui trattasi come causa «prossimale», anche quelle eventualmente prodottesi, in parte, a causa della successiva prestazione di un primo soccorso inadeguato o insufficiente ( 97 ). Al contempo, siffatta responsabilità non sarebbe eccessiva, bensì alquanto giustificata e ragionevole, tenuto conto dell’importanza dell’«evento» accidentale nel contesto generale ( 98 ).

86.

In terzo luogo, ritengo, al pari del giudice del rinvio e della Commissione, che la stessa interpretazione contribuisca anche all’applicazione uniforme della Convenzione di Montreal. A tal riguardo, come ho indicato nella prima parte della mia analisi, tale strumento prevede un regime imperativo di responsabilità. Di conseguenza, come menzionato al precedente paragrafo 68, la questione se un’azione sia disciplinata dall’articolo 17, paragrafo 1, della convenzione non dovrebbe essere risolta alla luce del modo in cui è stata impostata, bensì oggettivamente, sulla base dei fatti concreti. La mia interpretazione garantisce precisamente che, ogniqualvolta l’azione riguardi lesioni oggettivamente e strettamente connesse a un «evento» accidentale, un abile avvocato non sia in grado di eludere la convenzione, e in particolare il termine di prescrizione di due anni per l’esercizio dell’azione, separando astutamente, come tentato da DB ( 99 ), tali lesioni da detto evento ( 100 ).

2. Se l’omessa prestazione di un primo soccorso adeguato e sufficiente da parte dell’equipaggio possa costituire, di per sé, un «evento» accidentale

87.

Nelle sue osservazioni, la Austrian Airlines ha sostenuto che, anche qualora non si possa ritenere che le lesioni lamentate da DB siano state «causate», da un punto di vista giuridico, dalla caduta del bricco di caffè, tale fatto non sarebbe rilevante. Infatti, secondo il vettore, il fattore individuato dal ricorrente come la vera «causa» di tali lesioni, ossia il primo soccorso prestato dagli assistenti di volo, integra, di per sé, un «evento» accidentale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Così, in ogni caso, l’azione di DB rientrerebbe, anche secondo l’impostazione restrittiva in materia di esclusività della convenzione ( 101 ), nell’ambito di applicazione di detto strumento e sarebbe, conseguentemente, preclusa in quanto prescritta.

88.

Tale questione è sostanzialmente diversa da quella proposta dal giudice del rinvio. Non si tratta più, in questo caso, di un problema di causalità in sé, bensì della qualificazione giuridica di una determinata condotta dell’equipaggio. Inoltre, tale questione non è stata discussa nel merito dinanzi alla Corte. Infatti, essa è stata trattata da DB e dalla Austrian Airlines soltanto in modo superficiale, nelle loro osservazioni. Soprattutto, come spiegherò nel prossimo paragrafo, una risposta a tale questione non è necessaria ai fini della presente causa. Per tutti questi motivi, sollecito rispettosamente la Corte a non entrare in tale discussione. Qualora la Corte decida comunque di farlo, me ne occuperò in modo succinto e in subordine.

89.

In generale, quando – come nel procedimento principale – si verifica un «evento» accidentale durante un volo internazionale, quale la caduta accidentale di un bricco di caffè bollente addosso a un passeggero, provocandogli lesioni personali, non occorre chiedersi se si qualifichi come tale anche la successiva omessa prestazione, da parte dell’equipaggio, di un primo soccorso adeguato per le lesioni. Come spiegato nella sezione precedente, il fatto che l’«evento» accidentale iniziale abbia contribuito come causa «adeguata» o «prossimale» a tali lesioni è sufficiente, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, sia al fine di ingiungere al vettore di risarcire la vittima, sia, come nella causa di cui al procedimento principale, al fine di respingere l’azione di quest’ultima in quanto preclusa dalla convenzione. Esaminare più approfonditamente la «catena di cause» che ha condotto alle lesioni, alla ricerca di un altro «evento» o di altri «eventi» accidentali, sarebbe superfluo ( 102 ).

90.

Tale questione diviene pertinente soltanto in situazioni – diverse da quella di cui al procedimento principale – in cui i passeggeri siano colpiti da un malessere durante un volo internazionale, come un ictus o un attacco cardiaco, non causato da un evento anormale, ma unicamente discendente da uno stato di salute anteriore che si manifesti a bordo. Infatti, tali malesseri non sono, di per sé, considerati come «eventi» accidentali ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, non trattandosi di eventi «esterni» ai passeggeri interessati ( 103 ), bensì di eventi prettamente «interni» a questi ultimi ( 104 ). In tale contesto, passeggeri e compagnie aeree, a seconda del contesto ( 105 ) hanno avanzato un argomento ai sensi del quale la mancanza di una risposta adeguata a problemi del genere da parte dell’equipaggio – per il fatto di non essere a conoscenza del problema, di non aver prestato un primo soccorso sufficiente, di non disporre a bordo dell’equipaggiamento necessario oppure di aver erroneamente deciso di non dirottare l’aeromobile su un aeroporto vicino per un trattamento immediato, e così via – costituiva, di per sé, un «evento» accidentale idoneo a contribuire all’eventuale morte o alle lesioni personali del passeggero interessato.

91.

Vi sono molte decisioni su tale specifica questione, in particolare dei giudici statunitensi. Questa giurisprudenza, tuttavia, non è del tutto costante. Infatti, sia DB che la Austrian Airlines hanno richiamato decisioni a sostegno delle loro posizioni contrastanti.

92.

In un primo filone di decisioni, presentato da DB come «l’opinione maggioritaria», detti giudici hanno respinto l’argomento secondo cui l’omessa prestazione di un’adeguata assistenza medica da parte dell’equipaggio, il fatto di non disporre di equipaggiamento medico adeguato a bordo oppure l’omesso dirottamento dell’aeromobile su un aeroporto vicino potevano costituire, di per sé, «eventi» accidentali ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1 ( 106 ).

93.

Tuttavia, in un secondo filone di decisioni, presentato dalla Austrian Airlines come la «reale» opinione maggioritaria, e che inizia con l’influente sentenza della Supreme Court (Corte suprema) degli Stati Uniti d’America nella causa Husain ( 107 ), si dichiara, all’opposto, che la risposta dell’equipaggio a un problema medico di un passeggero può, in talune situazioni, costituire un «evento» accidentale. Ciò si verifica quando il personale dei vettori si discosta dalle norme del settore in materia di assistenza e/o dalle politiche e dalle procedure della compagnia aerea, che impongono l’adozione di una determinata condotta nelle circostanze di cui trattasi – ad esempio fornire ossigeno in caso di attacco cardiaco – in misura tale da rendere possibile considerare la relativa risposta come «inusuale» e/o «inattesa» ( 108 ).

94.

Come ho indicato in precedenza, non ritengo che la Corte debba prendere posizione su tale questione nella presente causa, in particolare poiché, lo ribadisco, essa è irrilevante ai fini del procedimento principale. Tuttavia, qualora decida di farlo, suggerisco di procedere con una certa cautela. A mio avviso, il ragionamento della Supreme Court (Corte suprema) degli Stati Uniti d’America nella causa Husain estende notevolmente la nozione di «evento» accidentale. Il solo fatto che la condotta di un membro dell’equipaggio possa, di per sé, essere considerata un «evento» accidentale solleva difficoltà concettuali ( 109 ). Tuttavia, l’aspetto più controverso di tale ricostruzione è l’idea ad essa sottesa secondo cui il carattere «inusuale o inatteso» (oppure «imprevedibile») di siffatto «evento» accidentale dipende dalla questione se un membro dell’equipaggio si sia discostato da una determinata condotta imposta dalla legge, in altri termini, se sia stato negligente.

95.

Infatti, tale approccio potrebbe potenzialmente trasformare l’esame della questione se si sia verificato un «evento» accidentale – che dovrebbe essere alquanto semplice – in un lungo dibattito vertente su complessi accertamenti di fatto e di diritto. A tal riguardo, se in molti ordinamenti giuridici è riconosciuto che i vettori hanno un obbligo di diligenza nei confronti dei passeggeri, e sebbene esistano norme del settore su problemi medici ( 110 ), che cosa esattamente sia richiesto in una determinata situazione – ad eccezione di ipotesi rare, come quella di cui alla causa Husain, in cui è evidente – è spesso controverso ( 111 ). Ricordo, soprattutto, che la nozione di «evento» accidentale, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, è stata concepita come una nozione oggettiva. Di norma, la negligenza del vettore non è rilevante per determinare se un determinato evento si qualifichi come tale ( 112 ). Come indicato al precedente paragrafo 84, essa dovrebbe svolgere un ruolo soltanto a livello della difesa, in forza dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera a), di tale convenzione. A tal riguardo, la sentenza Husain potrebbe essere criticata per aver spostato l’oggetto dell’indagine relativa all’«evento» accidentale dalla natura dell’evento che ha causato la lesione alla circostanza che il vettore aereo abbia asseritamente omesso di evitarlo.

96.

Ciò premesso, alla luce di tutti gli elementi considerati, ciò che, a mio avviso, dovrebbe guidare la Corte, in ultima istanza, nell’interpretazione della nozione di «evento» accidentale in tali situazioni ( 113 ) – e un altro motivo per cui essa dovrebbe riservare la decisione della questione a una causa futura – è la posizione che prenderà, un giorno, sulla portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal.

97.

Da un lato, qualora la Corte decida di avallare l’impostazione estensiva quanto a detta esclusività, essa dovrebbe statuire che l’omessa risposta adeguata dell’equipaggio al problema medico di un passeggero costituisce un’«evento» accidentale, malgrado le difficoltà concettuali suscitate da tale interpretazione. Infatti, la soluzione opposta priverebbe i passeggeri danneggiati di qualsiasi rimedio, poiché non potrebbe essere proposta un’azione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, e un’azione di risarcimento per negligenza ai sensi del diritto interno sarebbe preclusa dalla convenzione, dato che le lesioni sarebbero parzialmente imputabili alla condotta del personale del vettore. È difficile che un risultato del genere rifletta il «giusto equilibrio degli interessi» dei vettori aerei e dei passeggeri. Inoltre, esso eliminerebbe un importante incentivo, per le compagnie aeree, a rispettare il loro obbligo di diligenza e le norme del settore applicabili, poiché non sarebbero responsabili nei confronti delle vittime in caso di violazione.

98.

Infatti, la sentenza Husain dovrebbe essere letta soprattutto in questa prospettiva. Essa è stata pronunciata dopo che la stessa Corte suprema aveva deciso, nella sentenza Tseng, che se un passeggero non dispone di un’azione ai sensi della Convenzione di Montreal, non dispone di alcun rimedio. Includendo nella nozione di «evento» accidentale i casi di risposta negligente dell’equipaggio a problemi medici, tale Corte ha fatto in modo che le vittime di siffatte condotte possano ricevere un risarcimento ( 114 ).

99.

Dall’altro lato, qualora la Corte decida di accogliere un’impostazione restrittiva quanto alla portata dell’esclusività della Convenzione di Montreal, suggerirei di mantenere l’interpretazione «tradizionale» della nozione di «evento» accidentale utilizzata nell’articolo 17, paragrafo 1. In tal caso, ritenere che la negligenza dell’equipaggio nell’assistere passeggeri con un problema medico non sia qualificabile, di per sé, come tale escluderebbe, indubbiamente, un rimedio ai sensi di tale strumento. Al contempo, tuttavia, essa aprirebbe la strada ad azioni di risarcimento per negligenza ai sensi del diritto nazionale. In tal modo, queste situazioni non rimarrebbero prive di tutela.

V. Conclusione

100.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria) nei seguenti termini:

1.

L’articolo 29 della Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, conclusa il 28 maggio 1999 a Montreal, firmata dalla Comunità europea il 9 dicembre 1999 e approvata per conto di quest’ultima con decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001 (la «Convenzione di Montreal»),

dev’essere interpretato nel senso che un’azione nei confronti di un vettore aereo, indipendentemente dalla sua forma, oggettivamente connessa a lesioni personali subite da un passeggero durante un volo internazionale rientrante nell’ambito di applicazione generale di tale convenzione, a causa di un evento accidentale prodottosi a bordo dell’aeromobile, ai sensi dell’articolo 17 paragrafo 1, della convenzione, è disciplinata in via esclusiva da tale strumento. Pertanto, le condizioni e i limiti di responsabilità ivi previsti, compreso il termine di prescrizione di due anni fissato dall’articolo 35, paragrafo 1, di detta convenzione, si applicano imperativamente a siffatta azione. Tale risposta lascia impregiudicata la questione se altri tipi di lesioni subite dai passeggeri siano o meno disciplinati in via esclusiva dalla stessa convenzione.

2.

L’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal,

dev’essere interpretato nel senso che, ai fini dell’articolo 17, paragrafo 1, di tale convenzione si deve ritenere che un «evento» accidentale abbia «causato» lesioni personali a un passeggero qualora i) in assenza di tale evento, dette lesioni non si sarebbero prodotte e ii) queste ultime siano una conseguenza prevedibile del primo, indipendentemente dal fatto che un altro fattore, quale la successiva prestazione di un primo soccorso inadeguato da parte degli assistenti di volo, possa aver contribuito alle lesioni di cui trattasi.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Tale convenzione, conclusa a Montreal il 28 maggio 1999, è stata firmata dalla Comunità europea il 9 dicembre 1999 e approvata per conto di quest’ultima con decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001 (GU 2001, L 194, pag. 38).

( 3 ) Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929 (in prosieguo: la «Convenzione di Varsavia»).

( 4 ) Regolamento del Consiglio del 9 ottobre 1997 (GU 1997, L 285, pag. 1).

( 5 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 maggio 2002 (GU 2002, L 140, pag. 2).

( 6 ) Se quanto fatto sia stato sufficiente e adeguato è una questione controversa tra le parti del procedimento principale (v. infra, nota 8).

( 7 ) V. articolo 1489 dell’Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile generale austriaco).

( 8 ) DB sostiene che gli assistenti non hanno raffreddato le sue ustioni con acqua fredda, limitandosi a fornirgli un tubetto di pomata da applicare su di esse. Inoltre, il kit di pronto soccorso non conteneva pomata per le ustioni e garze in quantità sufficiente. La Austrian Airlines sembra contestare tali fatti.

( 9 ) Il giudice di primo grado ha reputato applicabile la Convenzione di Varsavia, e non la Convenzione di Montreal, ritenendo che Israele fosse parte soltanto della prima. Tuttavia, come osservato dalla Corte d’appello, Israele ha depositato uno strumento di adesione alla Convenzione di Montreal il 19 gennaio 2011, e detta convenzione è entrata in vigore, nei confronti di tale Stato, il 20 marzo dello stesso anno (v. https://www.icao.int/secretariat/legal/List%20of%20Parties/Mtl99_EN.pdf).

( 10 ) V. supra, nota 2.

( 11 ) V., in particolare, sentenza del 19 dicembre 2019, Niki Luftfahrt (C‑532/18, EU:C:2019:1127, punto 30 e giurisprudenza ivi citata; in prosieguo: la «sentenza Niki Luftfahrt»).

( 12 ) V. supra, paragrafo 9. Inoltre, poiché la Austrian Airlines risulta essere un «vettore aereo comunitario» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2027/97, anche detto regolamento trova applicazione. Tuttavia, per quanto attiene alla responsabilità di tale vettore per le lesioni subite dai passeggeri, l’articolo 3, paragrafo 1, dello stesso regolamento rinvia, semplicemente, alle disposizioni della Convenzione di Montreal.

( 13 ) Oppure «nel corso di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco». Nelle presenti conclusioni, tuttavia, mi concentrerò sulle lesioni subite a bordo dell’aeromobile.

( 14 ) Oppure, in alternativa, dal giorno previsto per l’arrivo a destinazione dell’aeromobile o dal giorno in cui il trasporto è stato interrotto.

( 15 ) Cfr. supra, paragrafi 9 e11.

( 16 ) V. articolo 1489 del codice civile generale austriaco.

( 17 ) Nelle presenti conclusioni non mi occuperò degli articoli 18 e 19 della Convenzione di Montreal, poiché non pertinenti ai fini della presente causa.

( 18 ) V., per la definizione o le definizioni di tale nozione, infra, paragrafo 58.

( 19 ) Su quest’ultima questione, v. infra, paragrafo 58.

( 20 ) Malgrado alcune differenze testuali, queste due disposizioni sono grossomodo equivalenti. Di conseguenza, le decisioni giudiziarie e la dottrina accademica relative all’articolo 24 della Convenzione di Varsavia sono pertinenti ai fini dell’interpretazione dell’articolo 29 della convenzione di Montreal. Lo stesso vale per l’articolo 17 della prima Convenzione e per l’articolo 17, paragrafo 1, della seconda [v. conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Niki Luftfahrt (C‑532/18, EU:C:2019:788, paragrafi 26, 2743)]. Farò quindi riferimento, indistintamente, a decisioni concernenti l’una o l’altra di tali convenzioni.

( 21 ) V., nello stesso senso, Chapman, M., Prager, S., Harding, J., Saggerson on Travel Law and Litigation, 5a edizione, Wildy, Simmonds & Hill Publishing, Londra, 2013, pag. 513, § 10.103, e Giemulla, E., «Article 29 – Principles for claims», in Montreal Convention, Kluwer, Paesi Bassi, 2006, pagg. da 5 a 7, §§ da 10 a 13.

( 22 ) V. segnatamente, Supreme Court of the United States (Corte suprema degli Stati Uniti d’America), 12 gennaio 1999, El Al Israel Airlines, Ltd. v. Tsui Yuan Tseng, 525 US 155 (in prosieguo: la «sentenza Tseng»). V. anche l’opinione di Tompkins, G.N., espressa segnatamente in Hobe, S., Ruckteschell (von), N., Heffernan, D. (a cura di), Cologne compendium on air law in Europe, Carl Heymanns Verlag KG, 2013, pagg. 1004 e 1005, §§ da 143 a 148.

( 23 ) V., a tale riguardo, supra, paragrafo 18.

( 24 ) Secondo l’impostazione estensiva, se DB avesse proposto la sua azione entro il termine di prescrizione di due anni previsto all’articolo 35, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, la questione se le sue lesioni siano state causate da un «evento» accidentale avrebbe dovuto essere esaminata, ma soltanto al fine di accertare la disponibilità o meno di un rimedio.

( 25 ) V., tuttavia, le sentenze discusse infra, al paragrafo 50. Tale questione è stata sollevata anche nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 20 ottobre 2022, Laudamotion (C‑111/21, EU:C:2022:808). Tuttavia, la Corte ha dichiarato che non era necessario rispondere a tale questione nella causa in parola (v. punto 34 di tale sentenza).

( 26 ) House of Lords (Scozia), 12 dicembre 1996, Abnett v British Airways Plc, [1997] A.C. 430 (in prosieguo: la «sentenza Sidhu»).

( 27 ) Alle sentenze Sidhu e/o Tseng si sono conformate, in particolare, la Court of Appeal of New Zealand (Corte d’appello della Nuova Zelanda) nella sua sentenza nella causa Emery Air Freight Corpn v Nerine Nurseries Ltd ([1997] 3 NZLR 723); la Federal Court of Australia (Corte federale d’Australia) nella sua sentenza del 9 settembre 1998, South Pacific Air Motive Pty Ltd v. Magnus [157 ALR 443 (1998)]; e la Supreme Court of Canada (Corte suprema del Canada) nella sua sentenza del 28 ottobre 2014, Thibodeau v Air Canada ([2014] 3 S.C.R. 340). L’impostazione estensiva è stata avallata anche dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), nella sua sentenza del 15 marzo 2011 (Az X ZR 99/10).

( 28 ) V., in particolare, Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), 5 marzo 2014, Hook v British Airways Plc, [2014] WL 795206.

( 29 ) V., in particolare, la dottrina citata infra, alla nota 55.

( 30 ) Conclusioni nella causa C‑589/20, nel prosieguo: le «mie conclusioni nella causa Austrian Airlines (Esonero dalla responsabilità del vettore aereo), EU:C:2022:47, paragrafo 29. V. per analogia, sentenza del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Istruzione superiore) (C‑66/18, EU:C:2020:792, punto 92). Di conseguenza, nelle presenti conclusioni farò riferimento alle decisioni nazionali pertinenti.

( 31 ) La Corte ha già dimostrato che non intende farlo. V., in particolare, le diverse definizioni della nozione di «evento[incidente]» riportate nel prosieguo, al paragrafo 57.

( 32 ) V., fra le tante decisioni, United States Court of Appeals, Third Circuit (Corte d’appello degli Stati Uniti per il terzo circuito), 19 luglio 1984, Stanley Abramson v. Japan Airlines Co., Ltd, 739 F.2d 130; US District Court, S.D. New York, (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York), 24 settembre 1991, Walker v Eastern Air Lines, Inc., 775 F.Supp. 111 (ai sensi della quale l’impostazione restrittiva in materia di esclusività godeva, prima della sentenza Tseng, di «un enorme consenso presso gli organi giurisdizionali che si sono pronunciati sulla questione»); e United States Court of Appeals, Eleventh Circuit, (Corte d’appello degli Stati Uniti per l’undicesimo circuito), 25 agosto 1997, Krys v. Lufthansa German Airlines, 119 F.3d 1515.

( 33 ) V. segnatamente, Giemulla, E., op. cit., pag. 5, § 9, pag. 8, § 15, e i riferimenti dottrinali; McDonald, M., «The Montreal Convention and the Preemption of Air Passenger harm Claims», The Irish Jurist, vol. XLIV, 2010, pagg. da 203 a 238, e Bernard, N., «Taking Air Passenger Rights Seriously: the Case Against the Exclusivity of the Montreal Convention», International Community Law Review, vol. 23, n. 4, 2021, pagg. da 313 a 343.

( 34 ) United Nations Treaty Series, vol. 1155, pag. 331 (in prosieguo: la «Convenzione di Vienna»). V. articolo 31 e articolo 32 di tale convenzione.

( 35 ) L’evoluzione di tale disposizione nel corso del tempo rafforza tale argomento. La versione originaria dell’(allora) articolo 24 della Convenzione di Varsavia prevedeva, in sostanza, che, «[n]ei casi previsti all’art. 17 (...)», le azioni di risarcimento danni potevano essere proposte soltanto alle condizioni previste da tale convenzione. Tuttavia, la formulazione dell’articolo 24 è stata successivamente modificata dal Protocollo di Montreal n. 4, che modifica la Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale. Tale protocollo ha sostituito il riferimento ai «casi previsti all’art. 17» con l’espressione – probabilmente più inclusiva – «[n]el trasporto dei passeggeri (...)».

( 36 ) Gli estensori della Convenzione avrebbero potuto, ad esempio, affermare che «nessun’altra causa petendi (...), diversa da quelle previste dalla presente Convenzione, può essere invocata per qualsiasi tipo di danno o lesione, indipendentemente dalla loro causa, derivanti dal trasporto aereo internazionale». V. McDonald, M., op. cit., pagg. 205 e 227.

( 37 ) V. quinto considerando della Convenzione di Montreal.

( 38 ) V., in particolare, le sentenze Sidhu e Tseng.

( 39 ) V., in particolare, Bernard, N., op. cit., pagg. da 313 a 343.

( 40 ) V. segnatamente, United States Court of Appeals, Third Circuit (Corte d’appello degli Stati Uniti per il terzo circuito), 19 luglio 1984, Stanley Abramson v. Japan Airlines Co., Ltd, 739 F.2d 130, e giurisprudenza ivi citata. V. anche Giemulla, E., op. cit., pag. 5, § 9, pag. 8, § 15, e i vari riferimenti dottrinali.

( 41 ) V. terzo considerando della Convenzione di Montreal.

( 42 ) V., in particolare, McDonald, M., op. cit., e Bernard, N., op. cit.

( 43 ) V. quinto considerando della Convenzione di Montreal.

( 44 ) V., in particolare, le sentenze Sidhu e Tseng.

( 45 ) Nella sentenza Sidhu, Lord Hope ha riconosciuto, molto schiettamente, quanto segue: «Vi sono diversi passaggi dei [verbali della seconda Conferenza internazionale sul diritto aeronautico privato, tenutasi dal 4 al 12 ottobre 1929, a Varsavia] che documentano le opinioni dei delegati in merito all’oggetto della Convenzione. (...) Si tratta, tuttavia, di meri indizi, emersi nel corso di vari giorni di discussioni dettagliate, alle quali molti delegati hanno contribuito. Non vi rinvengo una presa di posizione sufficientemente chiara e coerente (…) sulla questione controversa (...)».

( 46 ) «Lo scopo dell’articolo [29] era garantire che, nelle circostanze in cui la Convenzione trovava applicazione, non fosse possibile eludere le sue disposizioni instaurando un’azione di risarcimento danni (...) per responsabilità contrattuale, extracontrattuale o di altro tipo. Una volta stabilita l’applicabilità della Convenzione, le condizioni e i limiti di responsabilità ivi previsti erano applicabili» (v. i verbali della diciassettesima riunione della Conferenza internazionale sul diritto aereo, pag. 3, § 10). Sfortunatamente, il presidente non ha approfondito le «circostanze in cui la Convenzione [trova] applicazione».

( 47 ) V. Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), 5 marzo 2014, Stott v Thomas Cook Tour Operators Limited, [2014] UKSC 15, concernente il regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (GU 2006, L 204, pag. 1).

( 48 ) V., segnatamente, United States Court of Appeals, Second Circuit (Corte d’appello degli Stati Uniti per il secondo circuito), 22 marzo 2002, King v. American Airlines, Inc., 284 F.3d 352.

( 49 ) V., segnatamente, United States District Court, D. Maryland, (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto del Maryland), 31 gennaio 2007, Knowlton v. American Airlines, Inc., 31 Avi 18,486. V., per altri esempi di passeggeri privati di mezzi di ricorso, McDonald, M., op. cit., pagg. da 220 a 223.

( 50 ) V., in particolare, Giemulla, E., op. cit., pag. 5, § 9, e McDonald, M., op. cit.

( 51 ) V., in particolare, Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), 5 marzo 2014, Stott v Thomas Cook Tour Operators Limited, [2014] WL 795206, §§ da 63 a 65.

( 52 ) Sentenza del 10 gennaio 2006 (C‑344/04, EU:C:2006:10, punti da 33 a 48).

( 53 ) Sentenza del 23 ottobre 2012 (C‑581/10 e C‑629/10, EU:C:2012:657, punti da 41 a 60).

( 54 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (GU 2004, L 46, pag. 1).

( 55 ) V., in particolare, Wegter, J.J., «The ECJ Decision of 10 January 2006 on the Validity of Regulation 261/2004: Ignoring the Exclusivity of the Montreal Convention», Air & Space Law, vol. 31, n. 2, 2006, pagg. da 133 a 148; Radošević, S., «CJEU’s Decision in Nelson and Others in Light of the Exclusivity of the Montreal Convention», Air & Space Law vol. 38, n. 2, 2013, pagg. da 95 a 110; e Tompkins, G.N., «Are the Objectives of the 1999 Montreal Convention in Danger of Failure?», Air & Space Law, vol. 39, n. 3 (2014), pagg. da 203 a 214.

( 56 ) Ossia in caso di «cumulo» di cause petendi (v. paragrafo 26).

( 57 ) Cfr. supra, paragrafi 31 e 32.

( 58 ) Come ho appena spiegato, la Corte sarebbe tenuta a prendere posizione sulla portata dell’esclusività soltanto se lesioni quali quelle subite da DB non potessero essere considerate derivanti da un «evento» accidentale. Questo è il motivo per cui il giudice del rinvio ha pragmaticamente sollevato la questione in via subordinata.

( 59 ) V. supra, paragrafo 10.

( 60 ) Supreme Court of the United States (Corte suprema degli Stati Uniti d’America), 4 marzo 1985, 470 U.S. 392 (1985) (in prosieguo: la «sentenza Air France v. Saks»).

( 61 ) Punto 35.

( 62 ) V., per analogia, sentenza Niki Luftfahrt (punti 14 e 43).

( 63 ) V. supra, paragrafo 14.

( 64 ) Sottolineo che, allo stadio attuale del procedimento principale, tale aspetto non è stato provato. Infatti la Austrian Airlines lo contesta (v. nota 8) e il giudice del rinvio ha indicato che, ove pertinente ai fini dell’esito della domanda di DB, si renderebbero necessarie prove e accertamenti ulteriori a tal riguardo.

( 65 ) V., per maggiori dettagli, supra, nota 8.

( 66 ) In questa fase, ci si può legittimamente interrogare sul modo in cui la Corte potrebbe, nell’ambito del procedimento pregiudiziale previsto all’articolo 267 TFUE, limitato a questioni di interpretazione del diritto dell’Unione, pronunciarsi sulla questione se si debba ritenere che un dato incidente abbia «causato» determinate lesioni ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. A mio avviso, essa può farlo, ma soltanto entro certi limiti. Infatti, come spiegherò nella prossima sezione, la causalità si riduce a due interrogativi. In primo luogo, occorre stabilire se l’«evento» accidentale abbia contribuito o meno al prodursi di lesioni (v. paragrafi da 66 a 68). Si tratta, evidentemente, di una questione di fatto, la cui soluzione spetta, in ogni caso, al giudice del rinvio. Nella presente causa, tale questione non è controversa (v. paragrafo 75). Un secondo aspetto della causalità è se l’«evento» presenti un nesso sufficiente con la lesione di cui trattasi, in modo da giustificare, alla luce della disciplina, l’applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1 (v. paragrafi da 69 a 74). Si tratta di una questione di diritto (dell’Unione), l’unica questione che si pone nel caso di specie (v. paragrafo 77 e segg.). Ci si potrebbe altresì chiedere se la Corte debba procedere in tal senso. Mi sono già pronunciato, al paragrafo 77 delle mie conclusioni nella causa Austrian Airlines (Esonero dalla responsabilità del vettore aereo), sulle riserve che nutro nei confronti della scelta della Corte di rispondere, nel quadro di un procedimento pregiudiziale, a questioni ritagliate su fatti molto dettagliati e specifici. Ciò premesso, dato che la presente causa è la prima relativa al requisito di causalità enunciato all’articolo 17, paragrafo 1, e tenuto conto del suo carattere illustrativo per cause future, ritengo utile e opportuno che, in questa sede, essa proceda in tal senso.

( 67 ) Il carattere artificioso di tale approccio si manifesta, a mio avviso, nel fatto che la Austrian Airlines e la Commissione rispondono alla questione se la caduta del bricco e la successiva prestazione di un primo soccorso debbano essere considerate come un unico «evento[incidente]» ricorrendo a un ragionamento che, per sua natura, è un ragionamento causale, cui farò riferimento nel prosieguo, ove opportuno. Anche il governo tedesco, che affronta, in primo luogo, la questione se i due eventi possano essere considerati come un unico «evento[incidente]» e, in secondo luogo, la questione se le lesioni di DB possano considerarsi «causate» dalla caduta del bricco, utilizza, in sostanza, lo stesso ragionamento, in entrambe le sue componenti. Lo stesso giudice del rinvio, nella sua ordinanza, affronta la questione dalla prospettiva della causalità.

( 68 ) Condivido, a tal riguardo, la posizione della Corte d’appello nel procedimento principale (v. supra, paragrafo 13).

( 69 ) Si tratterebbe, nel caso di specie, del diritto austriaco, per effetto dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6).

( 70 ) Le condizioni della responsabilità del vettore, perlomeno in caso di incidente, rientrano certamente fra le norme relative al trasporto aereo internazionale che la Convenzione di Montreal mirava ad unificare (v. supra, paragrafi 44 e 45). Valutare una di tali condizioni alla luce della lex contractus pregiudicherebbe tale obiettivo di uniformità, poiché, in tal caso, la responsabilità potrebbe variare in funzione del foro nel quale è instaurata l’azione – dato che le diverse norme di conflitto degli Stati parte possono designare una lex contractus diversa – e, in ultima istanza, in funzione del contenuto di tale legge.

( 71 ) La Convenzione di Montreal fa riferimento in modo esplicito – v., in particolare, articolo 33, paragrafo 4, – o implicito – v. articolo 29, prima frase, ultima proposizione [«(...) fatta salva (...)»] – a talune questioni di diritto interno. Ciò non avviene per quanto attiene al requisito della causalità enunciato all’articolo 17, paragrafo 1, della convenzione.

( 72 ) V., per analogia, sentenza del 20 ottobre 2022, Laudamotion (C‑111/21, EU:C:2022:808, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

( 73 ) V. le mie conclusioni nella causa Austrian Airlines (Esonero dalla responsabilità del vettore aereo) (paragrafo 72).

( 74 ) Un esempio tipico è quello del ciclista che investe un pedone. L’investimento è causato da una combinazione di fattori quali la velocità della bicicletta, un difetto nei freni, la disattenzione del pedone e così via.

( 75 ) V., in particolare, per un’analisi comparativa del diritto degli Stati membri dell’Unione europea e del Regno Unito, Von Bar, C. e a. (a cura di), Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR); prepared by the Study Group on a European Civil Code and the Research Group on EC Private Law (Acquis Group), Sellier, European Law Publishers, Monaco di Baviera, 2008, vol. IV, libro VI («Non contractual liability arising out of damage caused to another»), capitolo 4: Causation, pagg. da 3566 a 3608.

( 76 )

( 77 ) V. terzo considerando della Convenzione di Montreal.

( 78 ) Ciò detto, possono esservi situazioni in cui è difficile dimostrare che, in assenza di un determinato «evento», la lesione di cui trattasi non si sarebbe prodotta. V., in materia, in particolare, Defossez, D., «Contaminated Air: Is the “But For” Test Saving Air Carriers?», Air & Space Law vol. 44, n. 2, 2019, pagg. da 185 a 202.

( 79 ) Poiché l’atterraggio «accidentale» non avrebbe causato, da solo, l’attacco cardiaco e la lesione personale del passeggero, ma l’ha provocato soltanto in combinazione con lo stato di salute anteriore di quest’ultimo.

( 80 ) V., in tal senso, Supreme Court of the United States (Corte suprema degli Stati Uniti d’America), 24 febbraio 2004, Olympic Airways v. Husain, 124 S.Ct. 1221.

( 81 ) V., in tal senso, sentenza Niki Luftfahrt (punto 40).

( 82 ) V., segnatamente, Von Bar, C. et al. (a cura di), op. cit., pag. 3570, e, per un’analisi comparativa dei diritti degli Stati membri in materia, pagg. da 3574 a 3585.

( 83 ) Per un’analisi comparativa dei diritti degli Stati membri sul punto v., in particolare, Von Bar, C. et al. (a cura di), op. cit., pagg. da 3574 a 3585.

( 84 ) Una lesione può avere più di una causa «adeguata» o «prossimale».

( 85 ) Ai fini della presente causa, i termini «adeguata» e «prossimale» saranno utilizzati come sinonimi, trascurando tutte le sfumature del diritto nazionale.

( 86 ) V., per il diritto statunitense, Restatement (Third) of Torts: liability for physical harm (Basic Principles), «Scope of liability – Proximate cause», § 29. Si può fare l’esempio di uno studente che, uscito dall’università in ritardo, a causa del protrarsi delle sue lezioni, sia stato investito da un’auto mentre attraversava la strada e sia deceduto. Guidare un’auto genera, di per sé, un rischio di causare incidenti. Lo stesso non si può dire dell’ora in cui termina una lezione. Il primo fattore è una causa «adeguata»/«prossimale» della lesione; il secondo, pur costituendone una condizione necessaria (causa di fatto), non lo è.

( 87 ) V. anche, nello stesso senso, E. Giesmulla, op. cit., pag. 19, § 45.

( 88 ) V., fra le numerose decisioni, United States District Court, S.D. New York (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York), 6 settembre 2007, Zarlin v. Air France, 2007 WL 2585061, e giurisprudenza ivi citata.

( 89 ) V. supra, paragrafo 59. Mentre il giudice del rinvio sembra condividere tale aspetto del ragionamento di DB – si tratta, infatti, di una premessa della sua prima questione – personalmente incontro alcune difficoltà. Infatti, quanto qualificato da DB come due lesioni distinte corrisponde, di fatto, a un’unica lesione: le ustioni riportate. L’asserita omessa prestazione di un primo soccorso adeguato da parte dell’equipaggio non ha comportato lesioni «distinte», propriamente dette – ciò sarebbe accaduto, ad esempio, se l’assistente di volo, mentre si occupava delle ustioni di DB, avesse calpestato il suo piede, fratturandone un dito. La condotta dell’equipaggio non ha neppure «aggravato» le ustioni di DB nel senso di «renderle più gravi di quello che erano». Infatti, come spiegherò nel prosieguo, al paragrafo 76, ciò che rileva nel caso di specie è stabilire se l’equipaggio abbia negligentemente omesso di attenuare le sue ustioni, ossia di renderle meno gravi rispetto alle ustioni iniziali o migliori rispetto a come si sarebbero presentate per effetto della loro evoluzione naturale. Ciò premesso, come è stato già suggerito, anche se la prestazione di un primo soccorso avesse causato una lesione effettivamente distinta, il ragionamento proposto nelle presenti conclusioni sarebbe, mutatis mutandis, comunque valido.

( 90 ) In molti ordinamenti giuridici è riconosciuta l’esistenza di un obbligo di diligenza dei vettori nei confronti dei passeggeri. In particolare, nel diritto austriaco, che è applicabile al contratto di trasporto di cui trattasi (v. nota 69), la conclusione di un contratto di trasporto crea, in capo al vettore, un obbligo di garantire la loro sicurezza [v. le mie conclusioni nella causa Austrian Airlines (Esonero dalla responsabilità del vettore aereo), nota 5].

( 91 ) Nell’Unione europea, le norme di settore figurano nel regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU 1991, L 373, pag. 4), come modificato dal regolamento n. 1899/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 (GU 2006, L 377, pag. 1), allegato III.V., in particolare, norme OPS 1.745 (obbligo di essere dotati di kit di pronto soccorso, facilmente accessibili); OPS 1.755 (obbligo di essere dotati di un kit di pronto soccorso medico); OPS 1.760 (obbligo di essere dotati di ossigeno di pronto soccorso); OPS 1.1005 e OPS 1.1010 (addestramento iniziale e continuo dell’equipaggio, in particolare per quanto concerne il contenuto e l’uso dei kit di pronto soccorso, dell’ossigeno di pronto soccorso e dell’equipaggiamento medico di pronto soccorso).

( 92 ) Per analogia, nel diritto interno dello Stati parte, quando la condotta di un terzo s’inserisce tra le azioni illecite iniziali del convenuto e la lesione in seguito subita dalla vittima, tale condotta è considerata come una «causa prevalente» soltanto qualora appaia, con il senno di poi, imprevedibile o improbabile. Diversamente, essa non spezza la «catena di cause» che riporta alle azioni del convenuto. Un esempio classico è quello di una persona che, per negligenza, abbia lasciato nel cortile di una scuola una pistola carica, successivamente raccolta da un bambino, il quale spari a un suo compagno. In una situazione del genere, la condotta del bambino non spezza la «catena di cause» che conduce alla negligenza della prima persona. Infatti, se si lascia una pistola nel cortile di una scuola, puramente e semplicemente, si può ragionevolmente prevedere che un bambino possa raccoglierla e usarla. V., segnatamente, Von Bar, C. e al. (eds), op. cit., pagg. 3571 e 3572 nonché da 3578 a 3581.

( 93 ) Desidero sottolineare, a scanso di equivoci, che la questione se l’asserita mancata prestazione, da parte dell’equipaggio, di un primo soccorso adeguato fosse «imprevedibile», ai fini della decisione se le lesioni di DB possano essere considerate adeguatamente «causate» dalla caduta «accidentale» del bricco di caffè, è notevolmente diversa dalla questione se tale omissione possa costituire, di per sé, un «evento» accidentale, cioè, secondo la definizione di tale nozione adottata dalla Corte (v. paragrafo 58) un evento «imprevisto» (v. sezione B.2. delle presenti conclusioni). S’immagini un assistente di volo che serve un bicchiere di caffè bollente a un passeggero. Il bicchiere finisce per scivolare dal tavolino pieghevole del sedile del passeggero, provocandogli ustioni. Da un lato, si tratta di un corso di eventi «prevedibile» ai fini della causalità. Un osservatore ragionevole poteva prevedere quanto verificatosi. I rischi di ustioni sono intrinseci nell’atto di servire bevande calde. La caduta di un bicchiere da un tavolino pieghevole, ove si tenga conto di circostanze normali quali il movimento dell’aeromobile, è un evento plausibile e che, infatti, si verifica. Questa è la ragione per cui i bicchieri di caffè sono spesso serviti con un coperchio. Dall’altro lato, la caduta del bicchiere, quando di fatto avviene, può sempre essere considerata un «evento imprevisto» e, pertanto, come un «evento» accidentale, poiché il passeggero lesionato (salvo che sia onnisciente) non poteva sapere ciò che sarebbe accaduto prima che accadesse. In sintesi, molti «eventi» accidentali, benché «imprevisti», erano «prevedibili».

( 94 ) Di converso, come suggerito dal governo tedesco nelle sue osservazioni, se, dopo la caduta del bricco di caffè, l’assistente occupatosi delle lesioni di DB fosse stato colto, per ragioni inspiegabili, da uno scatto d’ira e avesse intenzionalmente picchiato il passeggero, tale condotta sarebbe indubbiamente apparsa, a posteriori, imprevedibile/improbabile.

( 95 ) In tale ipotesi, il conducente potrebbe essere considerato responsabile di tutte le lesioni [v., in particolare, Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), 27 gennaio 2000, n. 97-20.889], indipendentemente dal fatto che la vittima possa agire anche nei confronti del medico, con riguardo unicamente alla seconda lesione. V., in particolare, per un esame comparativo delle norme degli Stati membri in materia, Von Bar, C. e a. (eds), op. cit., pagg. da 3574 a 3585.

( 96 ) Ai sensi di tale disposizione, «[i]l vettore non risponde dei danni di cui all’articolo 17, paragrafo 1 che eccedano i 100000 diritti speciali di prelievo per passeggero qualora dimostri che: (...) il danno non è dovuto a negligenza (...) dei propri dipendenti o incaricati (...)». Infatti, la questione se, dopo il verificarsi di un «evento» accidentale, il personale del vettore abbia adempiuto all’obbligo di diligenza e rispettato le norme del settore, è tradizionalmente valutata alla luce di tale disposizione. V., ad esempio, United States District Court, S.D. Florida (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale della Florida), 10 marzo 2018, Quevedo v. Iberia Lineas Aereas de España, Socidad Anónima Operadora Co., 2018 WL 776754.

( 97 ) In concreto, ciò significa che, ad esempio, se DB avesse instaurato la sua azione entro il termine di prescrizione previsto dalla Convenzione di Montreal, egli avrebbe potuto ottenere un risarcimento, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della totalità dei danni subiti, dato che anche le conseguenze, asseritamente distinte, del primo soccorso ricevuto erano comunque riconducibili alla caduta «accidentale» del bricco di caffè come loro causa «adeguata» o «prossimale». L’interpretazione opposta, invece, sarebbe più onerosa per i passeggeri. Significherebbe che, per essere pienamente risarcito in uno scenario simile, un passeggero dovrebbe addurre – e dimostrare – non solo una, ma due cause di azione. Invece di dover semplicemente dimostrare che una bevanda calda si è rovesciata, dovrebbe anche provare che la risposta dell’equipaggio è stata negligente - un compito non sempre facile, come spiegato al paragrafo 95 qui di seguito.

( 98 ) Ciò appare del tutto ragionevole se si considera che il primo soccorso inadeguato è stato prestato dal personale del vettore. Ciò premesso, anche nel caso in cui il primo soccorso fosse stato prestato, ad esempio, da un infermiere presente a bordo, il vettore sarebbe stato comunque responsabile, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, per tutte le lesioni causate al passeggero, poiché, come ho dimostrato nelle presenti conclusioni, si può ritenere, ai sensi di tale disposizione, che l’«evento» accidentale abbia «causato» la totalità delle lesioni. È vero che, in tale ipotesi, il passeggero potrebbe anche agire nei confronti dell’infermiere, poiché anche la condotta di quest’ultimo ha causato la lesione. Si tratterebbe, tuttavia, di una questione di diritto interno, poiché la Convenzione di Montreal disciplina unicamente le azioni di responsabilità nei confronti dei vettori aerei.

( 99 ) Questo genere di trucchi sono resi evidenti, nel caso di specie, dal fatto che DB sembra aver modificato la configurazione della sua domanda tra il primo e il secondo grado di giudizio, probabilmente per eludere la convenzione (cfr. supra, paragrafi 11 e 14).

( 100 ) V., per un caso molto simile, United States Court of Appeals, Second Circuit (Corte d’appello degli Stati Uniti per il secondo circuito), 5 gennaio 1998, Fishman by Fishman v. Delta Air Lines, Inc., 132 F.3d 138. In tale causa, una minore aveva subito delle ustioni durante un volo, a seguito del rovesciamento accidentale di acqua bollente da parte di un assistente di volo. Si trattava chiaramente di un «evento» ai sensi dell’articolo 17 dell’(allora) Convenzione di Varsavia. La passeggera e sua madre avevano proposto un’azione di risarcimento per negligenza nei confronti del vettore, ma a distanza di oltre due anni dall’evento. Per evitare la dichiarazione che l’azione era preclusa dalla convenzione, le attrici, al pari di DB nel procedimento principale, hanno invocato come «causa» delle lesioni non già l’«evento» accidentale, bensì l’asserito rifiuto negligente dell’equipaggio di prestare, in seguito, un primo soccorso. Il giudice nazionale ha respinto tale argomento osservando che «il fondamento della domanda (...) [erano] le ustioni subite [dalla minore] (...) La loro causa immediata, ossia l’«evento» accidentale, non può essere artificiosamente distinta dalle sue conseguenze (...) al fine di eludere l’applicazione della Convenzione di Varsavia».

( 101 ) Ricordo che, qualora si accolga un’impostazione «estensiva» quanto all’esclusività della convenzione, l’azione di DB sarebbe preclusa per il solo fatto che essa riguarda una lesione subita a bordo di un aeromobile, indipendentemente dal fatto che tale lesione sia stata causata o meno da un «evento» accidentale ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1.

( 102 ) In particolare, riconoscere che non uno, ma due «eventi» accidentali abbiano causato la lesione di un passeggero non inciderebbe sull’entità del risarcimento che quest’ultimo potrebbe ottenere in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal. Infatti, tale risarcimento è destinato a compensare la lesione subita. Il suo importo dipende, di conseguenza, dall’entità di tale lesione, e non dal numero di «eventi» accidentali che vi hanno contribuito.

( 103 ) Un criterio pertinente, almeno nella definizione della nozione di «evento» accidentale fornita nella sentenza Air France v. Saks (v. supra, paragrafo 58).

( 104 ) V. in particolare, United States Court of Appeals, Eleventh Circuit (Corte d’appello degli Stati Uniti per l’undicesimo circuito), 25 agosto 1997, Krys v. Lufthansa German Airlines, 119 F.3d 1515.

( 105 ) Infatti, prima delle sentenze Sidhu e Tseng, quando era accolta l’impostazione restrittiva dell’esclusività delle Convenzioni di Montreal/Varsavia, era nell’interesse dei danneggiati invocare l’assenza di un «evento» accidentale in tali circostanze: siffatta constatazione avrebbe comportato l’inapplicabilità della convenzione, il che avrebbe consentito loro di agire sulla base del diritto nazionale, sovente più favorevole. Di converso, le compagnie aeree avevano interesse a sostenere l’esistenza di un «evento» accidentale, poiché ciò avrebbe ricondotto la situazione nell’ambito di applicazione esclusiva di tale convenzione. Dopo le sentenze Sidhu e Tseng, quando l’impostazione estensiva in materia di esclusività è divenuta l’impostazione imperante, i passeggeri hanno iniziato ad avere interesse a invocare l’esistenza di un «evento» accidentale, trattandosi dell’unico modo per ottenere un rimedio. Di converso, le compagnie aeree hanno cominciato ad avere interesse a sostenere l’assenza di un «evento» accidentale: tale constatazione le avrebbe protette da ogni responsabilità.

( 106 ) V., in particolare e rispettivamente, United States Court of Appeals, Third Circuit (Corte d’appello degli Stati Uniti per il terzo circuito), 19 luglio 1984, Stanley Abramson v. Japan Airlines Co., Ltd, 739 F.2d 130; United States District Court, S.D. New York (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York), 22 febbraio 1996, Tandon v. United Air Lines, 926 F.Supp. 366, e United States Court of Appeals, Eleventh Circuit (Corte d’appello degli Stati Uniti per l’undicesimo circuito), 25 agosto 1997, Krys v. Lufthansa German Airlines, 119 F.3d 1515.

( 107 ) Nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, un passeggero è stato erroneamente fatto sedere nella sezione per fumatori dell’aereo, nonostante soffrisse di una preesistente patologia asmatica che lo rendeva molto sensibile al fumo passivo. La moglie del passeggero aveva chiesto più volte a un assistente di volo di collocare il marito in una zona diversa dell’aereo, ma tale richiesta era stata negata. Con l’aumento del fumo durante il volo, egli si è sentito male, ha ricevuto assistenza da parte di un medico che viaggiava con lui, ma in seguito è deceduto. La Supreme Court (Corte suprema) ha dichiarato che il rifiuto dell’assistente di volo di far sedere altrove il passeggero era qualificabile come «evento» accidentale, trattandosi di un «evento» chiaramente «esterno» al passeggero, oltre che «inatteso e inusuale», poiché non conforme alle norme del settore e alla politica della compagnia aerea.

( 108 ) V., ad esempio, United States District Court, S.D. Indiana, Indianapolis Division (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale dell’Indiana, divisione di Indianapolis), 10 ottobre 2007, Watts v. American Airlines, Inc., 2007 WL 3019344.

( 109 ) Si potrebbe perfettamente ritenere che gli atti e le omissioni dell’equipaggio non possono, di per sé, essere qualificati come «eventi[incidenti]», poiché non sono, in senso stretto, «eventi[incidenti]», sebbene possano condurre a siffatti eventi accidentali. Ad esempio, nel caso di specie, l’«evento» accidentale non è il fatto che l’assistente di volo non abbia manovrato con attenzione il carrello sul quale si trovava il bricco di caffè: è la conseguente caduta del bricco.

( 110 ) V. supra, note 90 e 91.

( 111 ) Qui, ad esempio, tale punto sembra decisamente controverso tra le parti nel procedimento principale (v. supra, nota 8). In particolare, la risposta adeguata alle ustioni di DB poteva dipendere dalla loro apparente gravità in quel momento, che è discutibile. V. anche, segnatamente, United States District Court, S.D. Florida (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale della Florida), 15 giugno 2011, Cardoza v. Spirit Airlines, Inc., 2011 WL 2447523. In tale causa, la questione se la decisione del pilota di non dirottare il volo su un aeroporto vicino, tenuto conto del problema medico di un passeggero, fosse appropriata alle circostanze e, in quanto tale, «normale» e «attesa» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, è stata ampiamente dibattuta tra le parti, originando argomenti su questioni di fatto impegnative, quali i) la reale gravità dello stato del passeggero e le informazioni di cui effettivamente disponeva il pilota a tal riguardo, ii) gli obblighi effettivamente imposti dalle norme e dalle procedure del settore e iii) l’effettiva condotta del pilota.

( 112 ) V., in particolare, sentenza del 2 giugno 2022, Austrian Airlines (Esonero dalla responsabilità del vettore aereo) (C‑589/20, EU:C:2022:424, punti 2223).

( 113 ) Ribadisco, per ragioni di chiarezza, che tutta questa discussione rileva soltanto nei casi in cui il problema medico di un passeggero discende esclusivamente dal suo stato di salute anteriore, che produce i suoi effetti durante un volo internazionale. Di converso, qualora tale problema abbia origine, come nel caso di specie, in un «evento» accidentale, in tal caso, per tale motivo, l’azione è disciplinata dall’articolo 17, paragrafo 1, della Convenzione di Montreal, e il vettore è responsabile ai sensi di tale norma (v. supra, paragrafi 89 e 90).

( 114 ) Di converso, le cause menzionate nella nota 106 sono state decise prima della sentenza Tseng. In tali decisioni, la constatazione dell’assenza di un «evento» accidentale implicava altresì che le azioni di risarcimento per negligenza fondate sul diritto nazionale potevano essere esaminate e, sovente, avere esito positivo. In cause decise dopo la sentenza Tseng, la stessa constatazione determinava la privazione del danneggiato di qualsiasi rimedio (v., in particolare, United States District Court, E.D. New York (Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto orientale di New York), 13 marzo 2000, Rajcooar v. Air India Ltd., 89 F.Supp.2d 324). La sentenza Husain può essere considerata una risposta a tale situazione insoddisfacente.