CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate il 16 febbraio 2023 ( 1 )

Causa C‑488/21

GV

contro

Chief Appeals Officer,

Social Welfare Appeals Office,

Minister for Employment Affairs and Social Protection,

Irlanda,

Attorney General

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Familiare dipendente da un lavoratore dell’Unione – Diritto di soggiorno nel territorio degli Stati membri e diritto a prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo – Cerchia di beneficiari – Diritto di soggiorno dell’ascendente diretto subordinato al requisito della continuità dello status di persona dipendente – Onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro in questione – Parità di trattamento dei familiari del lavoratore mobile dell’Unione»

I. Introduzione

1.

In base al diritto dell’Unione, alcuni familiari, tra cui i genitori dipendenti, possono raggiungere un lavoratore mobile dell’Unione nello Stato membro in cui vive e lavora. Si pongono le seguenti questioni: se tale genitore perda il diritto di soggiorno fondato sul diritto dell’Unione qualora richieda prestazioni sociali nello Stato membro ospitante. Se gli Stati membri possano considerare tale genitore come un onere eccessivo per il loro sistema di assistenza sociale. Inoltre, cosa si intenda, in primo luogo, per genitore dipendente da un lavoratore mobile dell’Unione.

2.

Tali sono, in sostanza, le principali questioni sollevate dalla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata alla Corte dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda).

3.

Sebbene la Corte abbia avuto diverse occasioni per chiarire di quali diritti dispongono i parenti dipendenti in forza della normativa dell’Unione e in quali circostanze tali diritti sorgono, la maggior parte dei casi riguardava discendenti diretti ( 2 ) o coniugi dipendenti ( 3 ). La presente causa, pertanto, offre alla Corte l’opportunità di approfondire l’interpretazione dei diritti degli ascendenti diretti dipendenti dal lavoratore mobile dell’Unione.

II. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

4.

GV è una cittadina rumena e madre di AC, anch’essa cittadina rumena, che risiede e lavora in Irlanda. AC è altresì una cittadina irlandese naturalizzata. GV ha raggiunto la figlia in Irlanda nel 2017 e da allora vi risiede. È pacifico che ella risiede legalmente in Irlanda in quanto genitore dipendente da un lavoratore mobile dell’Unione.

5.

GV ha soggiornato in Irlanda a più riprese, in particolare tra il 2009 e il 2011, data del suo ritorno in Romania. Nel periodo dal 2011 al 2016, ella si è spostata tra l’Irlanda, la Romania e la Spagna, dove vive l’altra figlia. Ella è stata separata dal marito per gli ultimi 15 anni e, durante tale periodo, finanziariamente dipendente da AC che le ha periodicamente inviato denaro.

6.

Nel corso del 2017, GV ha subito modifiche degenerative dell’artrite di cui soffre. Il 28 settembre 2017, GV ha presentato una domanda per l’assegno d’invalidità (Disability Allowance) ai sensi del Social Welfare Consolidation Act 2005 (legge consolidata sulla previdenza sociale del 2005), e successive modifiche.

7.

Il giudice del rinvio spiega che l’assegno di invalidità, che GV richiede, mira alla protezione dalla povertà. Si tratta di una prestazione di assistenza sociale erogata dal bilancio generale, senza che la persona interessata versi alcun contributo all’assicurazione sociale. In altre parole, la prestazione è finanziata dalla fiscalità generale. L’assegno d’invalidità è qualificato come «prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo» ai sensi del regolamento n. 883/2004 ( 4 ). Esso può quindi essere richiesto solo nello Stato membro di residenza ( 5 ), il che significa che GV non potrebbe richiedere tale prestazione allo Stato di cui ha la cittadinanza, dato che è residente in Irlanda.

8.

Dalla decisione di rinvio risulta che, per poter beneficiare dell’assegno di invalidità in Irlanda, l’interessato deve soddisfare determinati requisiti relativi all’età, alla disabilità e alle risorse economiche. In particolare, l’assegno può essere concesso solo a persone che non hanno raggiunto l’età pensionabile generale ( 6 ). Gli altri criteri di ammissibilità comprendono criteri medici e una verifica del reddito. Quest’ultima comprende gli introiti che la persona riceve da un familiare.

9.

Più specificamente, la legge irlandese osta al versamento dell’assegno d’invalidità a una persona che non abbia la propria residenza abituale nello Stato ( 7 ). La residenza abituale è soggetta alla condizione che la persona disponga di un diritto di soggiorno in tale Stato membro.

10.

Con decisione del 27 febbraio 2018, la domanda di GV veniva respinta. Il ricorso avverso tale decisione veniva respinto il 12 febbraio 2019. In entrambe le circostanze, il motivo del rigetto è stato che GV non disponeva del diritto di soggiorno in Irlanda.

11.

A seguito di una richiesta presentata per conto di GV da un’organizzazione non governativa, la decisione di rigetto del 12 febbraio 2019 è stata oggetto di riesame.

12.

Con decisione del 2 luglio 2019, l’Appeals Officer (funzionario preposto ai ricorsi) ha concluso che GV, in quanto ascendente diretto dipendente da un cittadino dell’Unione occupato in Irlanda, disponeva del diritto di soggiorno, ma non aveva il diritto di beneficiare dell’assistenza sociale.

13.

Una richiesta di riesame della decisione è stata presentata al Chief Appeals Officer (Capo dell’ufficio ricorsi, Irlanda) (il primo convenuto dinanzi al giudice del rinvio), che ha confermato, con decisione del 23 luglio 2019, che GV non aveva diritto all’assegno di invalidità. Ciò è stato motivato dall’argomentazione secondo cui, in base alla legge irlandese che ha recepito la direttiva sulla cittadinanza ( 8 ), GV non deve diventare un onere eccessivo per il sistema nazionale di assistenza sociale.

14.

Come spiegato dal giudice del rinvio, la normativa irlandese pertinente è rappresentata dagli European Communities (Free Movement of Persons) Regulations 2015 (S.I. No.548 of 2015) [regolamento relativo alle Comunità europee (libera circolazione delle persone) del 2015 (SI n. 548 del 2015); in prosieguo: il «regolamento del 2015»]. L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento del 2015 disciplina il mantenimento del diritto di soggiorno in Irlanda nel modo seguente:

«Chiunque soggiorni nello Stato a norma degli articoli 6 ( 9 ), 9 o 10 ha il diritto di continuare a soggiornarvi finché soddisfa le pertinenti disposizioni dell’articolo di cui trattasi e non diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato».

15.

GV ha presentato ricorso giurisdizionale dinanzi alla High Court (Alta Corte, Irlanda) avverso la decisione del 23 luglio 2019. Con sentenza del 29 maggio 2020 il suddetto giudice ha annullato la decisione impugnata. Esso ha ritenuto che la legge irlandese, subordinando il diritto di soggiorno di un familiare di un cittadino dell’Unione alla condizione che tale familiare non diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato, sia incompatibile con la direttiva sulla cittadinanza. Pertanto, secondo lo stesso giudice, qualora si accertasse che, nel momento in cui il familiare si ricongiunge con il lavoratore dell’Unione, detto familiare è dipendente da tale lavoratore, non sussisterebbe il requisito che il familiare continui a dipendere dal lavoratore dell’Unione per continuare a beneficiare del diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante.

16.

Il Chief Appeals Officer e il Minister for Employment Affairs and Social Protection (Ireland) [Ministro del lavoro e della protezione sociale (Irlanda); in prosieguo: il «Ministro»] hanno impugnato tale sentenza dinanzi alla Court of Appeal (Corte d’appello), giudice del rinvio nella presente causa.

17.

Da un lato, secondo il Ministro, la definizione di «familiare» di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza include il requisito che il familiare interessato continui a dipendere dal cittadino dell’Unione per tutto il tempo in cui viene invocato il diritto di soggiorno derivato. Pertanto, quando il rapporto di dipendenza cessa, il familiare non può più disporre di tale diritto di soggiorno. Se GV beneficiasse dell’assegno d’invalidità, la sua dipendenza dalla figlia verrebbe meno, con la conseguenza che GV non beneficerebbe più di un diritto di soggiorno derivato ai sensi di tale direttiva.

18.

Dall’altro lato, GV afferma, in sostanza, che l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento del 2015, imponendo la condizione dell’«onere eccessivo» ai familiari di un cittadino dell’Unione, laddove una siffatta condizione non figura all’articolo 7 della direttiva sulla cittadinanza, è una disposizione non valida. Secondo GV, la giurisprudenza della Corte di giustizia sulla nozione di «dipendenza» conferma la sua posizione. Inoltre, ella fa valere che la tesi sostenuta dal Ministro è contraria al diritto alla parità di trattamento che le è riconosciuto dall’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza.

19.

Nutrendo dubbi sulla conformità della normativa irlandese con la direttiva sulla cittadinanza, la Court of Appeal (Corte d’appello) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il diritto di soggiorno derivato di un ascendente diretto di un lavoratore cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della [direttiva sulla cittadinanza] sia subordinato al persistere della dipendenza dal lavoratore di detto ascendente.

2)

Se la [direttiva sulla cittadinanza] osti a che uno Stato membro ospitante limiti l’accesso a una prestazione di assistenza sociale da parte di un familiare di un lavoratore cittadino dell’Unione che beneficia di un diritto di soggiorno derivato sulla base della sua dipendenza da detto lavoratore, qualora l’accesso a detta prestazione comporti la fine della dipendenza da detto lavoratore.

3)

Se la [direttiva sulla cittadinanza] osti a che uno Stato membro ospitante limiti l’accesso a una prestazione di assistenza sociale da parte di un familiare di un lavoratore cittadino dell’Unione che beneficia di un diritto di soggiorno derivato sulla base della sua dipendenza da detto lavoratore, con la motivazione che il pagamento della prestazione renderà il familiare interessato un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato».

20.

Osservazioni scritte sono state presentate alla Corte da GV, dal Chief Appeals Officer, dal Social Welfare Appeals Office (Ufficio ricorsi in materia di previdenza sociale, Irlanda), dal Minister for Employment Affairs and Social Protection, dall’Attorney General (Procuratore generale, Irlanda) (in prosieguo, collettivamente i «convenuti»), dai governi ceco, danese e tedesco, dall’Irlanda e dalla Commissione europea. Il 18 ottobre 2022 si è svolta un’udienza, nel corso della quale GV, i convenuti, i governi ceco, danese e tedesco, l’Irlanda e la Commissione hanno presentato le proprie osservazioni orali.

III. Diritto dell’Unione europea rilevante

A. Direttiva sulla cittadinanza

21.

L’articolo 2, punto 2, della direttiva sulla cittadinanza prevede in particolare che, ai fini della stessa, si intende per:

«“familiare”:

a)

il coniuge;

b)

il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;

c)

i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);

d)

gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b)».

22.

L’articolo 7, paragrafo 1 della direttiva sulla cittadinanza così dispone:

«Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)

di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)

di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)

di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale,

di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)

di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c)».

23.

L’articolo 24 della direttiva sulla cittadinanza enuncia quanto segue:

«1.   Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

2.   In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad attribuire il diritto a prestazioni d’assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo previsto all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), né è tenuto a concedere prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente aiuti di mantenimento agli studi, compresa la formazione professionale, consistenti in borse di studio o prestiti per studenti, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari».

B. Regolamento sui lavoratori

24.

L’articolo 7 del regolamento sui lavoratori ( 10 ) prevede, nelle parti rilevanti:

«1.   Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2.   Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.

(...)».

IV. Analisi

A. Questioni preliminari

25.

Una questione, dibattuta dai partecipanti al presente procedimento, è stata l’inapplicabilità in quanto tale ai fatti del caso di specie della direttiva sulla cittadinanza, di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione. Pur condividendo le argomentazioni dei partecipanti al riguardo, fornirò una breve spiegazione del motivo per cui l’interpretazione della direttiva sulla cittadinanza è comunque utile per il giudice del rinvio.

26.

Dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza, emerge che essa si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo.

27.

Tale direttiva, pertanto, non disciplina i diritti derivati dei familiari di un cittadino dell’Unione nello Stato membro di cui tale cittadino possieda la cittadinanza.

28.

Poiché AC ha acquisito la cittadinanza irlandese, la direttiva sulla cittadinanza ha cessato di applicarsi ai diritti di cui la madre gode in Irlanda a partire dal momento della naturalizzazione di AC.

29.

Tuttavia, anche se la direttiva sulla cittadinanza non è di per sé applicabile alla situazione che ha portato alla controversia nella presente causa, la Corte ha già ritenuto che essa sia applicabile «per analogia» a situazioni simili ( 11 ).

30.

Il diritto di soggiorno derivato del familiare di un cittadino dell’Unione può sorgere direttamente sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE. Come chiarito dalla Corte, la sola circostanza che un cittadino di uno Stato membro, che si è recato e soggiorna in un altro Stato membro, acquisisca, successivamente, la cittadinanza di tale ultimo Stato membro non può comportare che egli sia privato del diritto di condurre una normale vita familiare in tale Stato membro, come garantito dal diritto dell’Unione ( 12 ).

31.

Per evitare una situazione in cui un cittadino dell’Unione che abbia esercitato la propria libertà di circolazione e si sia integrato nella società dello Stato membro ospitante a tal punto da acquisire la cittadinanza di quest’ultimo sia trattato, per quanto riguarda la sua vita familiare, in modo meno favorevole rispetto a un cittadino dell’Unione che abbia anch’esso esercitato il suo diritto di circolazione, ma che abbia mantenuto solo la cittadinanza del suo Stato d’origine, la direttiva sulla cittadinanza stabilisce il grado minimo dei diritti derivati dei familiari dei cittadini naturalizzati.

32.

La direttiva sulla cittadinanza ispira quindi l’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE applicabile nel caso di specie, definendone il contenuto minimo.

33.

L’interpretazione operata dalla Corte della direttiva sulla cittadinanza sarà utile al giudice del rinvio per valutare se con la sua decisione il Chief Appeals Officer abbia violato i diritti di cui AC e GV godono ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE. La Corte può, pertanto, rispondere alle questioni sollevate ricorrendo all’interpretazione della direttiva sulla cittadinanza.

34.

Inoltre, ritengo che il regolamento sui lavoratori sia parimenti applicabile indirettamente al procedimento principale. Esso precisa il contenuto minimo dei diritti primari di libera circolazione dei lavoratori mobili dell’Unione che acquisiscono, tramite naturalizzazione, la cittadinanza dello Stato membro ospitante in cui si sono trasferiti ( 13 ). La circostanza che il giudice del rinvio abbia limitato le proprie questioni all’interpretazione della direttiva sulla cittadinanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per pronunciarsi ( 14 ).

35.

Per tale motivo, proporrò un’interpretazione dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, come concretizzato nel regolamento sui lavoratori, in quanto la ritengo utile per il caso in esame, in particolare per la valutazione della terza questione pregiudiziale. Conseguentemente, proporrò altresì alla Corte di riformulare la suddetta questione al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio.

B. Sul merito

36.

Il principale elemento che ha dato luogo alla presente causa è costituito dal regolamento del 2015, una misura normativa con cui l’Irlanda ha recepito la direttiva sulla cittadinanza nel proprio ordinamento. Tale atto traspone quasi alla lettera le definizioni di familiare ( 15 ) e le norme sul diritto di soggiorno dei familiari ( 16 ) così come disciplinate dalla direttiva sulla cittadinanza.

37.

Il regolamento del 2015 disciplina altresì il mantenimento del diritto di soggiorno, anche dei familiari. L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento del 2015 (v. paragrafo 14 delle presenti conclusioni) subordina, in sostanza, il mantenimento del diritto di soggiorno di un ascendente diretto a due requisiti: in primo luogo, che l’ascendente diretto sia dipendente dal cittadino mobile dell’Unione ( 17 ) e, in secondo luogo, che tale ascendente non diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato.

38.

Se l’ascendente diretto non dispone del diritto di soggiorno in Irlanda, non soddisfa i requisiti per ricevere l’assegno di invalidità. Entrambi gli argomenti, la perdita dello stato di dipendenza e l’aggravio del sistema di assistenza sociale, sono stati invocati nelle diverse decisioni di rigetto della domanda di GV per l’assegno di invalidità.

39.

Con le sue questioni, il giudice del rinvio intende stabilire se ciascuno di tali requisiti per il mantenimento del diritto di soggiorno in Irlanda sia consentito dal diritto dell’Unione.

40.

Per rispondere a tali questioni procederò nel modo seguente. Analizzerò le questioni nell’ordine in cui sono state poste. Tuttavia, la prima questione ne solleva necessariamente un’altra, rilevante anche per la risposta alla seconda: che cosa comporti la dipendenza. Dopo aver espresso la mia posizione sulla prima, mi occuperò quindi di questa ulteriore questione, prima di passare alla seconda e alla terza questione.

1.   Sulla prima questione: se la dipendenza sia un requisito permanente per il diritto di soggiorno

41.

Con la prima questione, il giudice del rinvio intende in sostanza stabilire se, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, come concretizzato nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza ( 18 ), sia sufficiente che la dipendenza esistesse nel momento in cui l’ascendente diretto si è ricongiunto con il lavoratore mobile dell’Unione nello Stato ospitante o se si tratti di un requisito permanente per l’esistenza del diritto di soggiorno derivato in tale Stato.

42.

Al riguardo, GV e la Commissione sostengono che la dipendenza deve sussistere solo nel momento in cui un genitore si ricongiunge con un lavoratore mobile nello Stato ospitante. A sostegno di tale posizione, dette parti si basano sulle sentenze Jia ( 19 ) e Reyes ( 20 ). Nell’ambito di tali cause, la Corte ha confermato che la dipendenza di un familiare da un cittadino dell’Unione che si è avvalso del suo diritto di circolazione (o da un coniuge del cittadino dell’Unione che abbia esercitato tale diritto) doveva sussistere nel paese di provenienza prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno nello Stato ospitante ( 21 ).

43.

I convenuti e gli altri governi intervenienti sostengono, al contrario, che GV può godere del diritto di soggiorno derivato solo finché dipenda dalla figlia. Pertanto, la situazione di dipendenza è un requisito permanente ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza, e cesserebbe qualora le autorità irlandesi concedessero a GV l’assegno di invalidità.

44.

Nelle sentenze Jia e Reyes, invocate dalla ricorrente nel procedimento principale, la Corte è stata invitata a valutare la legittimità delle condizioni per l’ottenimento di un permesso di soggiorno al momento dell’arrivo nello Stato ospitante. In entrambe le cause non erano in discussione le condizioni per il mantenimento del diritto di soggiorno. Inoltre, a differenza delle suddette due cause, in cui ai richiedenti è stato negato il permesso di soggiorno, nel presente caso GV già dispone del diritto di soggiorno in Irlanda. Pertanto, le constatazioni della Corte nelle sentenze Jia e Reyes non consentono di risolvere la situazione del caso di specie.

45.

Le due cause suddette non impediscono quindi di concludere che la situazione di dipendenza, quale fondamento per un diritto di soggiorno derivato, deve persistere per l’intera durata del soggiorno del genitore nello Stato ospitante, come sostenuto dai convenuti e dai governi intervenienti.

46.

Sono propensa ad accettare quest’ultima posizione.

47.

Il diritto di soggiorno derivato non è, palesemente, un diritto autonomo di cui godono gli ascendenti diretti. Essi dispongono di tale diritto, in forza del combinato disposto dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza, in quanto sono ascendenti diretti dipendenti. Tale diritto di soggiorno si differenzia dal diritto di soggiorno diretto che una siffatta persona potrebbe parimenti acquisire ( 22 ), per il fatto che si ricollega e dipende dall’esercizio del diritto di libera circolazione di un cittadino mobile dell’Unione, nella fattispecie un lavoratore. Mi sembra quindi logico che la situazione di dipendenza da tale cittadino dell’Unione debba continuare anche dopo che il familiare diretto raggiunge il detto cittadino nello Stato ospitante.

48.

Inoltre, l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza, che disciplina il mantenimento del diritto di soggiorno, chiarisce che i familiari mantengono i diritti di cui all’articolo 7 della direttiva stessa finché soddisfano le condizioni stabilite in tale disposizione. Poiché tale disposizione fa riferimento ai familiari come definiti nell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza, si può ritenere che ciò implichi che i diritti di soggiorno sussistono fintanto che sussiste la situazione di dipendenza.

49.

Infine, è proprio la dipendenza di un ascendente diretto dal figlio che giustifica il diritto del primo di essere presente nello Stato ospitante. Come spiegato dalla Corte, la direttiva sulla cittadinanza ha lo scopo di facilitare e rafforzare l’esercizio del diritto fondamentale di circolare ( 23 ). Il diritto di soggiorno derivato di un ascendente diretto contribuisce quindi all’esercizio del diritto di circolazione del lavoratore mobile dell’Unione.

50.

Pertanto, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione del giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, come concretizzato nell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), e nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza, deve essere interpretato nel senso che la condizione della dipendenza dell’ascendente diretto da un lavoratore mobile dell’Unione è richiesta fintanto che il diritto di soggiorno di tale ascendente deriva dal diritto di libera circolazione esercitato dal lavoratore.

51.

Tuttavia, se la richiesta di un assegno di invalidità comporti la cessazione della situazione di dipendenza è una questione diversa. La questione richiede innanzitutto un’interpretazione di cosa si intenda per dipendenza.

2.   Significato di «dipendenza»

52.

Il combinato disposto dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza chiarisce che solo gli ascendenti diretti a carico godono del diritto di soggiorno derivato ( 24 ).

53.

La direttiva sulla cittadinanza, tuttavia, non chiarisce ulteriormente la nozione di «dipendenza» riferita agli ascendenti diretti ( 25 ). Le diverse versioni linguistiche dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), di detta direttiva, infatti, sono divergenti. Per citarne alcune, nella versione inglese figura «dependent», nella versione francese «à charge», in quella tedesca «Unterhalt gewährt wird», in quella italiana «a carico», nella versione croata «uzdržavanici», in quella neerlandese «te hunnen laste», nella polacca «utrzymaniu» e nella versione rumena «în întreținere».

54.

Sebbene sembri che alcune di tali versioni linguistiche suggeriscano solo una dipendenza economica o materiale, vi sono motivi per chiedersi se la direttiva riguardi solo tale tipo di dipendenza. In altre parole, mi chiedo se una persona sia dipendente, ai sensi della direttiva, solo quando ha bisogno del sostegno economico di un’altra persona o se, in subordine, la dipendenza comprenda anche altri bisogni, quali la necessità di un sostegno fisico o affettivo.

55.

La genesi della direttiva sulla cittadinanza non sembra fornire una risposta. La definizione di familiari di cui all’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva è il risultato del trasferimento in tale atto normativo della disposizione sostanzialmente identica di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CEE) n. 1612/68 ( 26 ). Tale disposizione riguardava gli «ascendenti (...) a carico» ( 27 ), ma la ragione per cui è utilizzata tale espressione non è stata spiegata né nell’atto né nella giurisprudenza che vi fa riferimento. Nella proposta iniziale di direttiva sulla cittadinanza della Commissione, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), non conteneva tale espressione e si riferiva semplicemente agli «ascendenti diretti» ( 28 ). Tuttavia, nel corso dell’iter legislativo, è stata ripristinata la formulazione che compariva nel regolamento n. 1612/68, inserendo nuovamente l’espressione «a carico» ( 29 ). Le ragioni alla base di questa modifica non sono evidenti nei documenti preparatori e, di conseguenza, si possono soltanto fare ipotesi sull’intenzione legislativa.

56.

I convenuti nel procedimento principale e i governi intervenienti intendono la nozione di «dipendenza» come riferita esclusivamente alla dipendenza economica. Essi sostengono, pertanto, che GV non sarà più dipendente dalla figlia se le verrà concesso l’assegno di invalidità. In tal caso, si sostiene, la donna diventerebbe dipendente dallo Stato anziché dalla figlia.

57.

Nei casi in cui si è pronunciata sui diritti di soggiorno derivati dei familiari diretti, la Corte ha infatti confermato che la necessità di sostegno economico ha il valore di dipendenza nell’accezione della direttiva sulla cittadinanza ( 30 ). Tuttavia, in tali cause, alla Corte non è stato chiesto di spiegare cosa si intenda con «dipendenza». Detto semplicemente, la situazione di fatto oggetto di ciascuna delle suddette cause corrispondeva a una siffatta forma di dipendenza ( 31 ).

58.

Pertanto, non si può affermare che tale giurisprudenza stabilisca che solo la dipendenza economica sia rilevante ai fini della concessione del diritto di soggiorno derivato ai sensi della direttiva sulla cittadinanza. A mio avviso, diverse ragioni portano a una conclusione diversa, ossia che la dipendenza di cui alla direttiva sulla cittadinanza è una nozione più ampia, che comprende anche i bisogni affettivi e fisici.

59.

In primo luogo, a mio avviso, la dipendenza materiale o economica è il motivo meno importante per consentire a un lavoratore mobile dell’Unione di portare i propri genitori nello Stato ospitante in cui vive e lavora. Se si trattasse solo di un sostegno economico, tale sostegno potrebbe essere fornito anche ai genitori che rimangono nel loro Paese d’origine. Non è necessario portarli nello Stato ospitante per fornire loro un alloggio o sostegno economico per il vitto o il vestiario. Potrebbe essere addirittura più conveniente fornire tale assistenza nel Paese d’origine dei genitori, dove il costo della vita potrebbe essere inferiore a quello dello Stato ospitante. Al contrario, offrire sostegno affettivo e fisico a un genitore, nella maggior parte delle circostanze, è impossibile se il genitore non vive vicino ai figli.

60.

In secondo luogo, dai documenti preparatori della direttiva sulla cittadinanza emerge chiaramente che la ragione di fondo del riconoscimento dei diritti derivati dei familiari era quella di consentire l’effettivo godimento del diritto alla vita familiare ( 32 ). Tale diritto fondamentale, riconosciuto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») ( 33 ), include l’esistenza di legami affettivi tra familiari ( 34 ).

61.

In terzo luogo, un’interpretazione così ampia della nozione di «dipendenza» è coerente con l’obiettivo della direttiva sulla cittadinanza di contribuire al diritto di libera circolazione dei lavoratori mobili dell’Unione. Qualora GV avesse necessità della compagnia e delle cure della figlia, ma fosse impossibilitata a ricongiungersi a lei nello Stato membro in cui quest’ultima vive e lavora, è probabile (almeno fino a quando non inventeremo il teletrasporto) che la figlia sia costretta a lasciare lo Stato ospitante per ricongiungersi con la madre nello Stato di origine di quest’ultima ( 35 ). Ciò rappresenterebbe un ostacolo al diritto di AC di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Un lavoratore mobile dell’Unione, il cui genitore è cittadino di un paese terzo che necessita di questo tipo di sostegno, potrebbe essere costretto a lasciare il territorio dell’Unione.

62.

Sulla medesima questione, la giurisprudenza della Corte riconosce che il diritto dell’Unione attribuisce importanza a che sia garantita la tutela della vita familiare dei cittadini degli Stati membri al fine di eliminare gli ostacoli all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal trattato ( 36 ).

63.

Infine, nella giurisprudenza vi sono indicazioni del fatto che la Corte intende il significato di dipendenza come considerata nella direttiva sulla cittadinanza in modo più ampio rispetto alle sole necessità economiche. Innanzitutto, la Corte ha ritenuto che l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza debba essere interpretato estensivamente ( 37 ).

64.

Inoltre, la recente giurisprudenza relativa all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza, che riguarda parenti meno prossimi, ha riconosciuto una nozione più ampia di dipendenza ( 38 ). Nonostante i diritti più limitati che l’articolo 3, paragrafo 2, concede ai familiari rispetto al diritto di soggiorno automatico concesso ai familiari che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza, non vi è motivo di intendere in modo diverso la nozione di «dipendenza» nell’ambito di tale direttiva né, in effetti, nei diversi atti giuridici che disciplinano i diritti dei familiari dei lavoratori mobili dell’UE ( 39 ).

65.

Per le ragioni che precedono, propongo alla Corte di adottare una nozione ampia di dipendenza, che sussiste ogniqualvolta una persona abbia bisogno del sostegno materiale, economico, fisico o affettivo di un familiare. Pertanto, anche supponendo che GV non abbia più necessità del sostegno economico da parte della figlia, ella potrebbe nondimeno ancora soddisfare il requisito della dipendenza su cui si fonda il diritto di soggiorno derivato.

3.   Sulla seconda questione – se l’accesso alle prestazioni sociali possa far cessare il diritto di soggiorno derivato dell’ascendente dipendente da un lavoratore mobile dell’Unione

66.

Come spiegato dal giudice del rinvio, la legge irlandese esclude il pagamento dell’assegno di invalidità a una persona che non risieda abitualmente in tale Stato. La residenza abituale può sussistere solo se la persona dispone del diritto di soggiorno in Irlanda. Ai cittadini irlandesi non può essere negato, in virtù del diritto internazionale, il soggiorno legale in Irlanda. Tuttavia, i cittadini di altri Paesi devono disporre di un fondamento giuridico riconosciuto dal diritto irlandese di cui avvalersi per godere del diritto di soggiorno. Uno di questi fondamenti giuridici è l’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza.

67.

Questa è la situazione giuridica che ha dato origine alla seconda questione del giudice del rinvio. Con tale questione, il giudice chiede, in sostanza, se l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, come concretizzato nella direttiva sulla cittadinanza, debba essere interpretato nel senso che il pagamento dell’assegno di invalidità all’ascendente diretto di un lavoratore cittadino dell’Unione pone fine alla dipendenza dell’ascendente dal lavoratore e ne fa quindi cessare il diritto di soggiorno derivato.

68.

Qualora la Corte accettasse la mia proposta di risposta alla prima questione – secondo cui la dipendenza deve persistere per giustificare il diritto di soggiorno di un ascendente diretto fondato sull’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza – ne conseguirebbe che la cessazione della dipendenza di un ascendente diretto dal cittadino mobile dell’Unione comporti la fine del diritto di soggiorno derivato di tale ascendente sulla base di tale disposizione.

69.

Ciò, tuttavia, non vuol dire che richiedere una prestazione sociale ponga fine alla dipendenza dell’ascendente diretto nei confronti del cittadino mobile dell’Unione.

70.

In primo luogo, e nella misura in cui la Corte accetti la mia proposta e interpreti la dipendenza in senso lato, la concessione dell’assegno di invalidità potrebbe coprire la dipendenza di natura economica (o almeno una parte di essa), ma è improbabile che copra le altre esigenze di sostegno degli ascendenti ( 40 ). Le autorità statali irlandesi difficilmente potrebbero sostituire la cura e il sostegno affettivo di un figlio.

71.

Pertanto, anche se lo Stato membro ospitante coprisse una parte, o addirittura la totalità, dei costi economici per un genitore che vive in quello Stato, tale genitore, qualora persistesse la necessità di un sostegno materiale, affettivo o fisico, rimarrebbe comunque dipendente dal cittadino mobile dell’Unione da cui egli trae il diritto di soggiorno.

72.

In secondo luogo, anche se per dipendenza si intendesse solo la necessità di un sostegno materiale o economico, la domanda di assegno di invalidità non indurrebbe automaticamente a concludere che il diritto di soggiorno in base alla direttiva sulla cittadinanza cessi di esistere, qualora venga concessa la prestazione.

73.

Come suggerito dalla Commissione, una siffatta conclusione comporterebbe un ciclo infinito, cosa che non si può consentire: creerebbe uno scenario in cui, una volta che un familiare riceva una prestazione sociale, il suo diritto di soggiorno termini, precludendo a sua volta la possibilità di ricevere una prestazione sociale. Tuttavia, in assenza della prestazione sociale, il familiare torna a essere dipendente dal cittadino mobile dell’Unione, il che significa che gode di un diritto di soggiorno derivato e soddisfa una condizione preliminare per richiedere la prestazione sociale. E così via, all’infinito.

74.

Per sfuggire a questo circolo assurdo, occorre spezzarlo in un punto preciso. Pertanto, è necessario valutare la dipendenza da un familiare di un lavoratore separatamente dalla concessione di una determinata prestazione.

75.

La Corte ha già accettato un approccio di questo tipo nella sentenza Lebon, che prendeva in considerazione il diritto della figlia dipendente da un cittadino mobile dell’Unione di richiedere un’indennità sociale belga, chiamata minimex.

76.

In tale sentenza, la Corte ha considerato che «una domanda di minimex presentata da un familiare a carico del lavoratore migrante non può incidere sullo status di familiare a carico. Decidere in senso contrario significherebbe, infatti, ammettere che la concessione del minimex potrebbe far perdere all’interessato lo status di familiare a carico e comportare, di conseguenza, la revoca dello stesso minimex o financo la perdita del diritto di soggiorno. Una siffatta soluzione impedirebbe, in pratica, al familiare di richiedere il minimex e, pertanto, recherebbe pregiudizio alla parità di trattamento spettante al lavoratore migrante. È quindi necessario valutare la condizione di familiare a carico a prescindere dalla concessione del minimex» ( 41 ). Benché la causa Lebon riguardasse un discendente diretto, non c’è motivo per cui la stessa logica non debba essere applicata agli ascendenti diretti ( 42 ).

77.

Pertanto, anche se per dipendenza si intendesse solo la necessità di un sostegno economico (che è, a mio avviso, un’interpretazione della nozione eccessivamente restrittiva), la concessione di un sostegno economico da parte dello Stato membro non porrebbe fine alla dipendenza della persona assistita.

78.

Il fatto di poter accedere all’assegno di invalidità (per il quale, secondo la legge irlandese, devono essere soddisfatti requisiti di natura medica ed economica) conferma, invece di negare, la dipendenza. Se le autorità statali non fornissero sostegno al familiare non autosufficiente, infatti, il prestatore primario di assistenza, un lavoratore mobile dell’Unione, ne dovrebbe coprire i relativi costi.

79.

Pertanto, la concessione di una prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo, come l’assegno di invalidità, non può incidere sulla condizione di dipendenza del richiedente.

80.

Per aggiungere un ulteriore argomento a supporto della constatazione di cui sopra, vale la pena notare che né la lettera a) né la lettera d) dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza contengono il requisito dell’autosufficienza del lavoratore o del suo familiare affinché non diventi un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante ( 43 ). Solo la lettera b) e la lettera c) dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva impongono l’autosufficienza come condizione necessaria per il diritto di soggiorno. Tornerò su questo punto quando discuterò l’argomento secondo cui un familiare potrebbe divenire un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante ( 44 ).

81.

Inoltre, come sostenuto dalla Commissione europea, le misure adottate da un familiare dipendente per rafforzare la propria autonomia nello Stato membro ospitante non dovrebbero in alcun modo privarlo del diritto di soggiorno.

82.

In caso contrario, ciò significherebbe che solo le persone che non necessitano di un’indennità speciale di carattere non contributivo potrebbero accedervi. La legge non dovrebbe essere interpretata nel senso che essa porta a siffatti esiti paradossali ( 45 ).

83.

Di conseguenza, propongo che la Corte risponda alla seconda questione del giudice del rinvio spiegando che l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, come concretizzato nell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), e nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza, deve essere interpretato nel senso che una richiesta di una prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo da parte dell’ascendente diretto di un lavoratore mobile cittadino dell’Unione non pone fine alla dipendenza di quest’ultimo dal lavoratore e, pertanto, non modifica il diritto di soggiorno derivato del medesimo.

4.   Sulla terza questione: diritto alla parità di trattamento e considerazioni di bilancio degli Stati membri

84.

Come è stato precedentemente esposto ( 46 ), il diritto irlandese prevede che un ascendente diretto possa conservare il diritto di soggiorno derivato a due condizioni: 1) se dipende dal cittadino mobile dell’Unione e 2) se non rappresenta un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato. Pertanto, anche qualora l’ascendente continui a essere dipendente, nel caso sia divenuto un onere eccessivo, perderebbe il suo diritto di soggiorno.

85.

Su tale base, nella decisione impugnata dinanzi al giudice del rinvio, il Chief Appeals Officer ha ritenuto che, sebbene GV disponga del diritto di soggiorno, non abbia diritto a richiedere l’assegno di invalidità, poiché ciò la renderebbe un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale e provocherebbe la revoca del diritto di soggiorno.

86.

Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione osti alla limitazione dell’accesso di un ascendente diretto di un lavoratore mobile dell’Unione all’assegno di invalidità nello Stato ospitante, con la motivazione che il pagamento di tale prestazione rende l’ascendente dipendente un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato.

87.

Innanzitutto, è necessario ricordare che il diritto dell’Unione non conferisce un diritto all’assistenza sociale al cittadino mobile dell’Unione e ai suoi familiari. L’organizzazione dello Stato sociale è, in linea di principio, di competenza degli Stati membri. Tale competenza ricomprende la scelta dei tipi di prestazioni di assistenza sociale e le condizioni per divenire beneficiario.

88.

Pertanto, la questione non è se GV abbia diritto all’assegno di invalidità. Tale aspetto rientra nel diritto irlandese. Tuttavia, il diritto dell’Unione interviene attraverso il principio della parità di trattamento in base alla nazionalità ( 47 ). Esso vieta le discriminazioni da parte degli Stati membri nei confronti di cittadini di altri Stati membri rispetto al trattamento dei propri cittadini. Anche se è operativo direttamente sulla base del Trattato, il principio della parità di trattamento in base alla nazionalità ha trovato la sua espressione specifica in diversi atti di diritto derivato dell’Unione, tra cui l’articolo 24 della direttiva sulla cittadinanza e l’articolo 7 del regolamento sui lavoratori.

89.

Di conseguenza, GV può rivendicare l’accesso all’assegno di invalidità invocando il principio della parità di trattamento. Se tale indennità è accessibile per i cittadini irlandesi, deve esserlo anche per lei.

90.

Nel caso in esame, ritengo che vi siano due persone il cui diritto alla parità di trattamento potrebbe costituire il fondamento per il diritto di GV di richiedere l’assegno di invalidità.

91.

La prima persona è la stessa GV. In quanto ascendente diretta dipendente da un cittadino mobile dell’Unione, ella deve essere trattata, ai sensi dell’articolo 24 della direttiva sulla cittadinanza, allo stesso modo dei cittadini irlandesi per quanto riguarda l’accesso all’assegno di invalidità.

92.

La seconda persona è sua figlia, AC. A causa del diniego dell’accesso all’assegno di invalidità per la madre a suo carico, ella si trova in una posizione meno vantaggiosa di quella di cui godono i lavoratori irlandesi, il cui genitore dipendente può richiedere l’assegno di invalidità. Il divieto di discriminazione di AC può basarsi non solo sul suo status di cittadina dell’Unione che risiede nello Stato ospitante ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva sulla cittadinanza, ma anche, come suggerito dalla Commissione, sulla base del suo status di lavoratrice che ha esercitato il diritto di libera circolazione ai sensi dell’articolo 45 TFUE, come concretizzato nel regolamento sui lavoratori. Tale regolamento, all’articolo 7, enuncia il principio della parità di trattamento.

93.

Il giudice del rinvio sottolinea, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale e nell’inquadramento della presente questione, che la prestatrice di cure primaria nel caso di cui trattasi è una lavoratrice mobile. Nel caso di specie non si può pertanto ignorare la possibile discriminazione contro questa lavoratrice.

94.

Di conseguenza, propongo alla Corte di prendere in considerazione entrambe le prospettive.

95.

Esaminerò innanzitutto come la richiesta di assegno di invalidità da parte di GV possa basarsi indirettamente sul diritto di AC alla parità di trattamento (a) e, a seguire, come essa possa basarsi direttamente sul suo diritto alla parità di trattamento come previsto dalla direttiva sulla cittadinanza (b) ( 48 ). Valuterò quindi se tali diritti possano essere limitati sulla base del timore che, ricevendo prestazioni sociali, un ascendente divenga un onere eccessivo per l’assistenza sociale dello Stato ospitante (c).

a)   Parità di trattamento di AC come fondamento per la richiesta di assegno di invalidità da parte di GV

96.

A mio avviso, il diritto di GV di richiedere l’assegno di invalidità può derivare dal diritto alla parità di trattamento di cui gode AC in quanto lavoratrice che ha esercitato il suo diritto di libera circolazione.

97.

L’articolo 45, paragrafo 2, TFUE dispone che la libera circolazione dei lavoratori «implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro».

98.

La questione è se il trattamento differenziato del genitore del lavoratore mobile dell’Unione rispetto ai genitori dei lavoratori cittadini dello Stato ospitante possa essere inteso come una discriminazione vietata dall’articolo 45, paragrafo 2, TFUE.

99.

La suddetta disposizione del Trattato è stata ulteriormente attuata e chiarita dal regolamento sui lavoratori. L’articolo 7, paragrafo 2, di detto regolamento stabilisce che un lavoratore cittadino dell’Unione «gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali» in un altro Stato membro ( 49 ).

100.

Ciò solleva la questione se una prestazione sociale percepita dal genitore di un lavoratore possa essere considerata come un vantaggio sociale maturato da tale lavoratore.

101.

Occorre rispondere a tale questione in senso affermativo per le seguenti ragioni. In primo luogo, la Corte ha adottato un’interpretazione ampia della nozione di «vantaggio sociale» nel regolamento sui lavoratori ( 50 ). Essa ricomprende «tutti i vantaggi che, connessi o meno a un contratto di lavoro, sono generalmente riconosciuti ai lavoratori nazionali, in ragione principalmente del loro status obiettivo di lavoratore o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale, e la cui estensione ai lavoratori cittadini di altri Stati membri risulta quindi atta a facilitare la loro mobilità all’interno dell’Unione e, pertanto, la loro integrazione nello Stato membro ospitante» ( 51 ).

102.

La giurisprudenza della Corte ha già confermato che tale nozione può ricomprendere una prestazione sociale come l’assegno di invalidità ( 52 ). Essa ha altresì confermato che l’espressione «vantaggi sociali» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sui lavoratori può applicarsi a prestazioni che rientrano allo stesso tempo nel campo di applicazione del regolamento n. 883/2004, così come, nel caso di specie, l’assegno di invalidità ( 53 ).

103.

In secondo luogo, l’espressione «vantaggio sociale» del lavoratore comprende anche una prestazione sociale, come l’assegno di invalidità, quando è concessa al genitore del lavoratore e non al lavoratore stesso.

104.

Inizialmente, la Corte limitava l’espressione «vantaggi sociali» solo alle prestazioni concesse ai lavoratori stessi ( 54 ), ma dopo la sentenza Lebon la giurisprudenza è cambiata. Da tale sentenza si evince che una prestazione concessa a un discendente diretto può costituire il «vantaggio sociale» del lavoratore se tale discendente è mantenuto dal lavoratore ( 55 ).

105.

A mio avviso, la stessa logica è applicabile per gli ascendenti dipendenti. GV dipende da AC. Ciò che GV non ottiene dall’assistenza pubblica deve necessariamente essere fornito da AC. In altre parole, se GV ricevesse l’assegno di invalidità, tale pagamento allevierebbe anche la situazione di AC ( 56 ). Se, al contrario, le autorità irlandesi negassero tale sostegno alla madre, AC si troverebbe in una posizione di svantaggio rispetto ai lavoratori irlandesi in una situazione analoga.

106.

Per valutare se essa si trovi in una posizione di svantaggio, AC deve essere confrontata con i lavoratori di nazionalità irlandese. Tali lavoratori possono anche avere genitori cittadini dell’Unione, ma non irlandesi, ai quali potrebbe essere negata la prestazione di invalidità nel caso essi risiedano in tale Stato da meno di cinque anni ( 57 ). Tuttavia, nella maggior parte delle situazioni, i genitori dei lavoratori irlandesi saranno anch’essi cittadini irlandesi e, pertanto, avranno diritto di richiedere l’assegno di invalidità. In tal senso, la discriminazione di AC derivante dal fatto che la madre non può richiedere l’assegno di invalidità potrebbe essere classificata come una discriminazione indiretta in relazione ai vantaggi sociali di cui godono i lavoratori nazionali.

107.

Infine, una costante corrente giurisprudenziale conferma che i familiari dipendenti sono i beneficiari indiretti della parità di trattamento accordata ai lavoratori mobili dell’Unione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sui lavoratori ( 58 ). La Corte ha già incluso gli ascendenti diretti nel gruppo di tali beneficiari indiretti ( 59 ).

108.

Anche se beneficiari solo indiretti del diritto del lavoratore alla parità di trattamento, i familiari dipendenti possono richiedere prestazioni sociali in nome proprio ( 60 ). Pertanto, le argomentazioni sollevate dai convenuti e dai governi degli Stati membri intervenienti, secondo cui il diritto di AC alla parità di trattamento non è pertinente in quanto GV ha presentato la richiesta in nome proprio, sono inoperanti.

109.

L’interpretazione proposta dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sui lavoratori favorisce la libera circolazione dei lavoratori, nella misura in cui, come recentemente dichiarato dalla Corte, essa consente di creare condizioni ottimali per l’integrazione dei familiari dei cittadini dell’Unione che si siano avvalsi di tale libertà e abbiano esercitato un’attività lavorativa nello Stato membro ospitante ( 61 ).

110.

In conclusione, gli ascendenti diretti dipendenti da un lavoratore mobile dell’Unione hanno il diritto derivato di richiedere prestazioni che possono essere considerate un vantaggio sociale per il lavoratore dell’Unione da cui sono dipendenti, sulla base dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sui lavoratori.

111.

Pertanto, alla luce della situazione di dipendenza di GV da AC, GV può invocare l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, come concretizzato nell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sui lavoratori, per richiedere, in qualità di beneficiaria indiretta del diritto alla parità di trattamento della figlia, una prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo, quale l’assegno di invalidità nel caso di specie.

112.

La libera circolazione dei lavoratori e il regolamento sui lavoratori contengono dunque già una risposta alla controversia di cui è investito il giudice del rinvio. Tuttavia, mi accingo ora a esaminare la possibilità di rispondere alla suddetta questione sottoposta da tale giudice alla luce della direttiva sulla cittadinanza.

b)   Parità di trattamento di GV come fondamento del diritto di richiedere l’assegno di invalidità

113.

L’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza afferma che ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla direttiva stessa, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato.

114.

La giurisprudenza ha chiarito che un cittadino dell’Unione può richiedere la parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante solo se il suo soggiorno sul territorio dello Stato membro ospitante soddisfa le condizioni di cui alla direttiva sulla cittadinanza ( 62 ).

115.

Poiché GV è l’ascendente dipendente da una lavoratrice mobile dell’Unione, come spiegato nella prima parte delle presenti conclusioni, ella soddisfa i requisiti di cui alla direttiva sulla cittadinanza e dispone pertanto del diritto derivato di soggiorno in Irlanda. Di conseguenza, ella ha diritto alla parità di trattamento.

116.

Il diritto di GV alla parità di trattamento ai sensi del regolamento sui lavoratori è un diritto derivato, basato sul diritto originario della figlia alla parità di trattamento. Tuttavia, GV dispone di un suo diritto diretto alla parità di trattamento ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza. Una volta ottenuto il diritto di soggiorno derivato, essa acquisisce un proprio diritto diretto di essere trattata alla stregua dei cittadini irlandesi. GV dovrebbe quindi avere la facoltà di richiedere l’assegno di invalidità alle stesse condizioni dei cittadini irlandesi.

117.

Tuttavia, i convenuti nel procedimento principale e i governi ceco, danese e tedesco ritengono che uno Stato membro non sia obbligato a concedere tale indennità ove il richiedente diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale.

c)   Questione dell’«onere eccessivo»

118.

L’affermazione secondo cui GV potrebbe rappresentare un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato (in prosieguo: l’«argomento dell’onere eccessivo») è stata utilizzata nel caso di specie per esprimere tre diverse tipologie di preoccupazioni. La prima riguarda l’effetto condizionante che la concessione dell’accesso alle prestazioni sociali potrebbe avere sulle scelte di politica sociale degli Stati membri. La seconda riguarda la solidarietà. La terza, collegata alle precedenti, prende in considerazioni i timori del cosiddetto «turismo assistenziale». Analizzerò a turno le tre preoccupazioni, prima di concludere che gli argomenti basati su di esse non possono essere invocati per limitare il diritto di GV alla parità di trattamento, inteso tanto come diritto indiretto basato sul diritto diretto della figlia di essere trattata paritariamente in quanto lavoratrice mobile, quanto come suo diritto diretto alla parità di trattamento, che GV ha acquisito attraverso il suo diritto di soggiorno derivato.

1) Onere eccessivo come preoccupazione per i sistemi di assistenza sociale

119.

È indiscutibile che le preoccupazioni relative alla sostenibilità delle politiche sociali nazionali devono essere affrontate seriamente.

120.

In relazione alla libertà di circolazione dei lavoratori, la Corte ha riconosciuto che «considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata dei provvedimenti di tutela sociale che esso intende adottare» ( 63 ). Tuttavia, la Corte ha escluso che tali considerazioni possano giustificare una discriminazione a sfavore dei lavoratori migranti dell’Unione ( 64 ).

121.

Poiché l’argomento dell’onere eccessivo non può essere utilizzato per giustificare una limitazione del diritto alla parità di trattamento dei lavoratori mobili dell’Unione, esso non può essere utilizzato nemmeno per limitare il diritto derivato alla parità di trattamento dell’ascendente dipendente da tale lavoratore, il cui diritto a richiedere prestazioni sociali costituisce un vantaggio sociale per il lavoratore in questione.

122.

L’Irlanda non può quindi considerare GV alla stregua di un onere eccessivo per il suo sistema di assistenza sociale quando la sua richiesta di assegno di invalidità viene analizzata sulla base del diritto della figlia di essere trattata allo stesso modo dei lavoratori nazionali.

123.

La risposta è, a mio avviso, la stessa se la situazione giuridica di GV viene valutata come quella di un ascendente diretto di un lavoratore mobile dell’Unione che dispone del diritto diretto alla parità di trattamento ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza, sulla base del suo diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della stessa.

124.

Mi spiego: il diritto primario concede i diritti di libera circolazione (che includono il diritto di soggiorno e il diritto alla parità di trattamento) a tutti i cittadini dell’Unione, ma consente che tali diritti siano soggetti a requisiti definiti nel diritto derivato dell’Unione o nel diritto nazionale. La direttiva sulla cittadinanza definisce il quadro dei requisiti accettabili a carico dei diritti di libera circolazione. Riconoscendo le preoccupazioni degli Stati membri, essa ha previsto che possano essere imposti requisiti al diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione per evitare che essi divengano un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante ( 65 ). Pertanto, la direttiva ha permesso agli Stati membri di limitare il diritto di soggiorno di alcune categorie di cittadini espressamente previste (ma non di altre), ammettendo come giustificazione l’argomento dell’onere eccessivo.

125.

Tuttavia, ciò è possibile solo in situazioni espressamente indicate e solo in relazione a determinati gruppi di cittadini dell’Unione non economicamente attivi. Tali situazioni riguardano, in primo luogo, i cittadini i cui diritti di circolazione si basano sul presupposto di disporre di risorse sufficienti per mantenere sé stessi e la propria famiglia [articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sulla cittadinanza] e gli studenti [articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della medesima]. Al di fuori di queste situazioni, l’argomento dell’onere eccessivo non può essere invocato.

126.

Mi spingerei oltre, affermando che anche quando si tratta di limitare il diritto di soggiorno di determinate categorie di cittadini, tali limitazioni non possono essere automatiche. Nonostante alcune critiche accademiche rivolte alla chiarezza della giurisprudenza della Corte in merito a tali limitazioni ( 66 ), a mio avviso è chiaro che lo Stato che volesse avvalersi di tale argomentazione dovrebbe innanzitutto dimostrare le minacce sistemiche al proprio regime di assistenza sociale ( 67 ), e poi dimostrare che tali minacce giustificano la limitazione del diritto di una determinata persona in un caso specifico. Pertanto, quando scelgono di avvalersi dell’argomento dell’onere eccessivo consentito dalla normativa dell’Unione, gli Stati membri devono comunque rispettare il principio di proporzionalità ( 68 ).

127.

Tutte le persone che godono del diritto di soggiorno in base alla direttiva sulla cittadinanza devono essere trattate dallo Stato ospitante alle stesse condizioni dei propri cittadini. Le uniche deroghe a questo principio sono espressamente previste dall’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza. Trattandosi di una deroga al principio della parità di trattamento, tale disposizione deve essere interpretata restrittivamente ( 69 ).

128.

Gli ascendenti diretti dei lavoratori mobili dell’Unione non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza.

129.

In sintesi, non si può limitare il diritto di soggiorno degli ascendenti diretti dipendenti con la giustificazione che essi costituiscono un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di uno Stato, né per alcun motivo si può limitare il diritto alla parità di trattamento che discende dal diritto di soggiorno.

130.

Tale è, a mio avviso, il risultato del consenso legislativo a livello europeo sull’equilibrio accettabile tra gli interessi della libera circolazione e i timori per i sistemi di welfare degli Stati membri. Le legittime preoccupazioni degli Stati membri per i loro sistemi di assistenza sociale sono state prese in considerazione, come dichiarato dalla Commissione, durante il processo legislativo che ha portato all’adozione della direttiva sulla cittadinanza.

131.

Il risultato di tale consenso legislativo è l’attuale situazione, in cui né i lavoratori mobili dell’Unione, né i loro ascendenti diretti dipendenti possono essere considerati un onere eccessivo dallo Stato ospitante. In altre parole, detti familiari costituiscono un onere (non) eccessivo allo stesso modo in cui i cittadini di quello Stato costituiscono un onere (non) eccessivo.

132.

Al riguardo, gli Stati membri sono liberi di organizzare i loro sistemi di assistenza sociale nel modo che ritengono più opportuno. Essi possono scegliere quali tipi di indennità offrire o decidere di eliminare un’indennità esistente oppure di ridurne l’importo. Tuttavia, nel compiere tali scelte, gli Stati membri devono includere i familiari dipendenti dei lavoratori mobili dell’Unione residenti nel loro Paese tra i fattori che influenzano le loro decisioni politiche.

133.

L’Irlanda non può quindi considerare GV come un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale quando la richiesta di assegno di invalidità viene analizzata sulla base del suo diritto diretto alla parità di trattamento che discende dal suo diritto di soggiorno derivato.

2) Onere eccessivo come questione di solidarietà

134.

Il secondo modo in cui l’argomento dell’onere eccessivo può essere compreso è in termini di solidarietà, intesa come disponibilità a partecipare alla condivisione degli oneri. Tale solidarietà si basa solitamente sull’appartenenza a una comunità, sia essa nazionale, professionale, familiare o europea ( 70 ), che consente di escludere coloro che non ne fanno parte, dato che la condivisione degli oneri con questi ultimi è percepita come eccessiva ( 71 ).

135.

Al riguardo, i convenuti sostengono che gli ascendenti diretti dipendenti dovrebbero essere ammessi a beneficiare di prestazioni sociali come l’assegno di invalidità solo una volta acquisito il diritto di soggiorno permanente, ma non durante i primi cinque anni di soggiorno nello Stato ospitante. Secondo dette parti, ciò si riflette nella struttura della direttiva sulla cittadinanza, che distingue tra soggiorni brevi nel Paese sino a tre mesi ( 72 ), soggiorni per un periodo superiore a tre mesi ( 73 ) e, infine, diritto di soggiorno permanente, che può essere ottenuto dopo cinque anni di permanenza nello Stato ospitante ( 74 ). Nell’ottica dei convenuti, durante i primi cinque anni i lavoratori mobili dell’Unione dovrebbero rimanere responsabili dei familiari che li hanno raggiunti nello Stato ospitante e non dovrebbero richiedere ai contribuenti di tale Stato di sostenere i costi associati a tali familiari.

136.

La direttiva sulla cittadinanza riconosce infatti un sistema graduale di diritti basato sulla durata del soggiorno nello Stato ospitante ( 75 ). Tuttavia, ciò non riflette la gradazione della solidarietà. La suddetta direttiva non prevede che i diritti dei parenti diretti dipendenti dal cittadino mobile dell’Unione possano essere limitati dopo i tre mesi di soggiorno nello Stato ospitante ( 76 ).

137.

Il trattamento paritario degli ascendenti diretti per quanto riguarda l’accesso alle prestazioni sociali favorisce effettivamente la loro progressiva integrazione nella società dello Stato membro ospitante ( 77 ).

138.

La direttiva sulla cittadinanza e il regolamento sui lavoratori riflettono così «una certa solidarietà finanziaria dei cittadini di tale Stato con quelli degli altri Stati membri», che la Corte ha riconosciuto nella fondamentale sentenza Grzelczyk ( 78 ).

139.

Infine, non va dimenticato che, ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2004, una prestazione come l’assegno di invalidità può essere richiesta solo nello Stato membro di residenza (v. paragrafo 7 delle presenti conclusioni). In altre parole, se questo tipo di prestazione speciale di carattere non contributivo esistesse in Romania, GV non potrebbe richiederla a tale Stato in quanto residente in Irlanda.

140.

L’Irlanda non può quindi considerare GV un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale per il motivo che non ha fatto parte della società sufficientemente a lungo per meritare solidarietà.

3) Onere eccessivo e turismo assistenziale

141.

Infine, occorre che io affronti un’ulteriore preoccupazione espressa dai governi degli Stati membri intervenienti nel presente procedimento, ma che è presente anche nella vita politica dell’Unione e in dottrina. Si tratta del timore del cosiddetto «turismo assistenziale». Gli Stati membri, soprattutto quelli con livelli di protezione sociale più elevati, hanno espresso a gran voce la preoccupazione che i cittadini dell’Unione scelgano di trasferirsi in quei Paesi solo per beneficiare dei loro sistemi di assistenza sociale ( 79 ). Tale pratica, considerata spesso come un abuso dei diritti di libera circolazione, è stata affrontata nella causa Dano ( 80 ). La suddetta causa ha stabilito che i cittadini dell’Unione economicamente inattivi che hanno esercitato la libertà di circolazione al solo scopo di ottenere il beneficio dell’aiuto sociale nello Stato ospitante non possono beneficiare della parità di trattamento ai sensi della direttiva sulla cittadinanza ( 81 ).

142.

La questione è se possa verificarsi un simile abuso quando il cittadino economicamente inattivo fa discendere il proprio diritto di soggiorno e il diritto alla parità di trattamento dalla circolazione di un lavoratore mobile dell’Unione, che è un cittadino economicamente attivo. Si potrebbe immaginare una situazione in cui un cittadino dell’Unione decida di accettare un impiego (o di esercitare un’attività autonoma) in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro di origine solo per consentire ai suoi ascendenti diretti di richiedere assistenza sociale nello Stato ospitante. Anche in uno scenario così improbabile ( 82 ), il cittadino dell’Unione dal cui diritto discende lo status di beneficiario della persona direttamente dipendente sarebbe un lavoratore nello Stato ospitante. Lo spostamento di un cittadino in un altro Stato membro per lavorare non può essere considerato un abuso, ma piuttosto l’esercizio di un diritto fondamentale sancito dal Trattato. Se una persona è entrata nello Stato ospitante solo per cercare lavoro, l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza consente agli Stati membri di escludere tale persona e i suoi familiari dal diritto ad alcune prestazioni di assistenza sociale, ma non necessariamente a tutte, come le prestazioni di sicurezza sociale ( 83 ). Tuttavia, quando i diritti dei familiari si basano sui diritti di un lavoratore mobile dell’Unione, non vedo come si possa affermare che tale lavoratore si sia trasferito unicamente allo scopo di ricevere assistenza sociale.

143.

Anche se non riesco a immaginarlo, non posso tuttavia escludere del tutto la possibilità di un abuso. Al fine di evitare che tale rischio si concretizzi, in siffatte situazioni ci si potrebbe avvalere dell’articolo 35 della direttiva sulla cittadinanza, adottato specificamente per prevenire il rischio di abusi, e della giurisprudenza Dano.

144.

La situazione nel caso di specie non sembra destare simili preoccupazioni. AC ha già lavorato e risieduto in Irlanda per un lungo periodo di tempo. La ricorrente ha stabilito forti legami con la società irlandese, come dimostra il fatto che ha ottenuto la cittadinanza irlandese il 17 luglio 2015 ( 84 ). È difficile credere che tutto questo sia stato pianificato al solo scopo di portare la madre in Irlanda per richiedere una prestazione sociale ( 85 ).

145.

Gli argomenti di cui sopra, considerati congiuntamente o separatamente, portano a concludere che, laddove siano soddisfatti requisiti per la parità di trattamento ( 86 ), la nozione di onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro non costituisce un motivo legittimo per cui uno Stato membro possa rifiutare l’accesso a prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo agli ascendenti diretti dipendenti da lavoratori mobili dell’Unione europea.

146.

Di conseguenza, ritengo che l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, come concretizzato nell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sui lavoratori, e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, come concretizzato nell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che limita l’accesso a una prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo a favore di un ascendente diretto di un lavoratore mobile dell’Unione, che beneficia di un diritto di soggiorno derivato sulla base della dipendenza da tale lavoratore e soggiorna legalmente da più di tre mesi nello Stato di residenza, in base al motivo che il pagamento di tale prestazione renderebbe il familiare interessato un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di tale Stato.

V. Conclusione

147.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni sottoposte dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda):

1)

L’articolo 21 TFUE, come concretizzato nell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), e nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri,

deve essere interpretato nel senso che

la condizione della dipendenza dell’ascendente diretto da un lavoratore mobile dell’Unione è richiesta fintanto che il diritto di soggiorno di tale ascendente deriva dal diritto di libera circolazione esercitato dal lavoratore.

2)

L’articolo 21 TFUE, come concretizzato nell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), e nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/38,

deve essere interpretato nel senso che

una richiesta di una prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo da parte dell’ascendente diretto di un lavoratore mobile cittadino dell’Unione non pone fine alla dipendenza di quest’ultimo dal lavoratore e, pertanto, non modifica il diritto di soggiorno derivato del medesimo.

3)

L’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, come concretizzato nell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, come concretizzato nell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38,

devono essere interpretati nel senso che

essi ostano a una normativa nazionale che limita l’accesso a una prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo a favore di un ascendente diretto di un lavoratore mobile dell’Unione, che beneficia di un diritto di soggiorno derivato sulla base della dipendenza da tale lavoratore e soggiorna legalmente da più di tre mesi nello Stato di residenza, in base al motivo che il pagamento di tale prestazione renderebbe il familiare interessato un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di tale Stato.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) V., ad esempio, sentenze del 18 giugno 1987, Lebon (316/85, EU:C:1987:302; in prosieguo: la «sentenza Lebon»); del 26 febbraio 1992, Bernini (C‑3/90, EU:C:1992:89); dell’8 giugno 1999, Meeusen (C‑337/97, EU:C:1999:284); del 17 settembre 2002, Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493); dell’8 maggio 2013, Alarape e Tijani (C‑529/11, EU:C:2013:290); del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411); del 16 gennaio 2014, Reyes (C‑423/12, EU:C:2014:16; in prosieguo: la «sentenza Reyes»); del 15 dicembre 2016, Depesme e a. (da C‑401/15 a C‑403/15, EU:C:2016:955; in prosieguo: la «sentenza Depesme»), e del 26 marzo 2019, SM (Minore sottoposto a kafala algerina) (C‑129/18, EU:C:2019:248).

( 3 ) V., ad esempio, sentenze del 17 aprile 1986, Reed (59/85, EU:C:1986:157); del 30 marzo 2006, Mattern e Cikotic (C‑10/05, EU:C:2006:220); del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449); del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135); del 16 luglio 2015, Singh e a. (C‑218/14, EU:C:2015:476); del 30 giugno 2016, NA (C‑115/15, EU:C:2016:487); del 14 novembre 2017, Lounes (C‑165/16, EU:C:2017:862; in prosieguo: la «sentenza Lounes»); del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385), e del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570).

( 4 ) Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1). Ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, di detto regolamento, tali prestazioni presentano tre caratteristiche principali. Esse sono: 1) intese a coprire le spese di sussistenza per le persone che non possono coprirle da sole; 2) non finanziate attraverso i contributi, ma attraverso il gettito fiscale; 3) elencate nell’allegato X del regolamento n. 883/2004.

( 5 ) V. articolo 70, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2004.

( 6 ) V. articolo 210, paragrafo 1, lettera a), del Social Welfare Consolidation Act 2005 (legge consolidata sulla previdenza sociale del 2005).

( 7 ) V. articolo 210, paragrafo 9, del Social Welfare Consolidation Act 2005 (legge consolidata sulla previdenza sociale del 2005).

( 8 ) Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77; in prosieguo la «direttiva sulla cittadinanza»).

( 9 ) L’articolo 6 del regolamento del 2015 riguarda il diritto di soggiorno per periodi superiori a tre mesi. Esso traspone nel diritto irlandese l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza, compresa la lettera d).

( 10 ) Regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento sui lavoratori»).

( 11 ) V., in tal senso, sentenza Lounes, punto 61 e giurisprudenza ivi citata.

( 12 ) Sentenza Lounes, punti 52 e 53.

( 13 ) Il regolamento sui lavoratori disciplina, tra l’altro, la parità di trattamento di un lavoratore, cittadino di uno Stato membro, che però lavora in un altro Stato membro, diverso dal suo Stato di cittadinanza. Al pari della direttiva sulla cittadinanza, quindi, esso non si applica ai diritti dei lavoratori nello Stato di cui hanno la cittadinanza. Pertanto, esso non può disciplinare i diritti di AC, che ha la cittadinanza irlandese, in Irlanda. Tuttavia, secondo la stessa logica spiegata in relazione alla direttiva sulla cittadinanza, i diritti di una persona che ha utilizzato la sua libertà di circolazione per svolgere un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello della sua cittadinanza di origine, che discendono direttamente dagli articoli 45 e 21, paragrafo 1, TFUE, non possono essere limitati per il solo fatto che tale persona ha acquisito anche la cittadinanza dello Stato membro ospitante.

( 14 ) V., ad esempio, sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 24) e del 20 ottobre 2022, Digi (C‑77/21, non pubblicata, EU:C:2022:805, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

( 15 ) V. articolo 3, paragrafo 5), lettera b) del regolamento del 2015, che definisce i familiari aventi diritto in modo identico (quasi parola per parola) all’articolo 2, punto 2), della direttiva sulla cittadinanza.

( 16 ) V. articolo 6, paragrafo 3, lettera a), del regolamento del 2015, che recepisce l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva sulla cittadinanza, relativo al diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi.

( 17 ) Esso impone tale obbligo affermando che una persona conserva il diritto di soggiorno finché soddisfa le disposizioni pertinenti su cui si basa il soggiorno, tra cui la disposizione che recepisce l’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della direttiva sulla cittadinanza.

( 18 ) Tutti i partecipanti che hanno presentato osservazioni scritte alla Corte concordano sul fatto che, poiché il procedimento principale riguarda un cittadino dell’Unione e non un cittadino di un Paese terzo, il riferimento all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva sulla cittadinanza deve essere considerato un errore materiale e si deve intendere la questione come riferita all’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva.

( 19 ) Sentenza del 9 gennaio 2007, Jia, (C‑1/05, EU:C:2007:1, punto 37).

( 20 ) Sentenza Reyes, punto 30 e giurisprudenza ivi citata.

( 21 ) La sentenza Jia riguardava la richiesta di un permesso di soggiorno da parte dei genitori cittadini di Paesi terzi di un coniuge di una cittadina dell’Unione che si avvaleva del diritto di circolazione. La sentenza Reyes riguardava la richiesta di un permesso di soggiorno da parte di una discendente, cittadina di un Paese terzo, di un coniuge di una cittadina dell’Unione che si avvaleva del diritto di circolazione.

( 22 ) La stessa persona potrebbe acquisire il diritto di soggiorno diretto, contrapposto a quello derivato basato sulla situazione di dipendenza, attraverso altre disposizioni della direttiva sulla cittadinanza. Ciò può avvenire, ad esempio, dopo cinque anni di residenza nello Stato ospitante (articolo 16 della direttiva sulla cittadinanza), oppure se il familiare diventa economicamente attivo esercitando un’attività subordinata o autonoma nello Stato ospitante [articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva sulla cittadinanza].

( 23 ) Sentenza del 26 marzo 2019, SM (Minore sottoposto a kafala algerina) (C‑129/18, EU:C:2019:248, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) Lo stesso vale per i discendenti diretti.

( 25 ) Per quanto riguarda i discendenti diretti, la direttiva sulla cittadinanza [articolo 2, paragrafo 2, lettera c)] li considera automaticamente dipendenti se hanno meno di 21 anni, ma prevede la possibilità che restino dipendenti anche dopo tale età.

( 26 ) Regolamento del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU 1968, L 257, pag. 2).

( 27 ) Il corsivo è mio.

( 28 ) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, COM(2001) 257 definitivo (GU 2001, C 270 E, pag. 150).

( 29 ) Posizione comune (CE) n. 6/2004/CE del 5 dicembre 2003, definita dal Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all’articolo 251 del trattato che istituisce la Comunità europea, in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, C 54 E, pag. 12). L’articolo 2, punto 2, lettera d), di quella versione del testo recitava «ascendenti diretti a carico», senza ulteriori spiegazioni.

( 30 ) La maggior parte di tali cause riguardava i discendenti diretti. Ad esempio, la causa Lebon riguardava la figlia di un lavoratore mobile dell’Unione, a sua volta cittadina dell’Unione. La causa Reyes riguardava la figlia (cittadina di un paese terzo) di una cittadina mobile dell’Unione. La causa Depesme riguardava i figli di coniugi o partner riconosciuti di diversi lavoratori frontalieri mobili. Fa eccezione la causa Jia, che riguardava i genitori dipendenti.

( 31 ) L’unica questione relativa alla nozione di «dipendenza» che la Corte ha espressamente chiarito in tali cause è che lo status di familiare dipendente risulta da una situazione di fatto. V., al riguardo, sentenza Lebon, punto 22; sentenza Jia, punto 35, e sentenza Depesme, punto 58.

( 32 ) V., in tal senso, proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, COM(2001) 257 definitivo, pag. 150, punto 2.4. V. altresì Meduna, M., Stockwell, N., Geyer, F., Adamo, C., Nemitz, P., «Institutional Report», in Neergaard, U. e Jacqueson, C., Holst‑Christensen, N., (a cura di) Union Citizenship, Development, Impact and Challenges, The XXVI FIDE Congress in Copenhagen, 2014, Congress Publications, Copenhagen 2014, vol. 2, pag. 247.

( 33 ) Articolo 7 della Carta.

( 34 ) V. al riguardo, sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, 4 marzo 2013, Butt c. Norvegia (CE:ECHR:2012:1204JUD004701709, incluso, § 76), in cui detto giudice si è pronunciato sull’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, riflesso nell’articolo 7 della Carta.

( 35 ) V., per analogia, sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124, punti 4243), in cui, sebbene in una situazione che non comportava spostamenti, si è ritenuto che esistesse il diritto di soggiorno di un genitore perché altrimenti il figlio minore, cittadino statico dell’Unione, sarebbe stato costretto a lasciare il territorio dell’Unione. V. altresì, più di recente, sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti) (C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 45), che si basa su una logica simile.

( 36 ) V., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 2002, Carpenter (C‑60/00, EU:C:2002:434, punto 38) e del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

( 37 ) V., ad esempio, sentenza Reyes, punto 23, o sentenza del 26 marzo 2019, SM (Minore sottoposto a kafala algerina) (C‑129/18, EU:C:2019:248, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

( 38 ) Sentenza del 15 settembre 2022, Minister for Justice and Equality (cittadino di un paese terzo cugino di un cittadino dell’Unione) (C‑22/21, EU:C:2022:683, punti 2327). Le esigenze di sostegno prese in considerazione, oltre alla necessità di un sostegno economico, sono state le condizioni di salute o i legami personali stretti e stabili, derivanti, ad esempio, dal fatto di vivere nello stesso nucleo familiare.

( 39 ) La direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (GU 2014, L 128, pag. 8), prevede, al considerando 1, che il termine «loro familiari» abbia lo stesso significato, per il regolamento sui lavoratori, del termine definito all’articolo 2, punto 2, della direttiva sulla cittadinanza. Ciò è stato successivamente confermato nella sentenza Depesme, punti da 51 a 55, e nella sentenza del 2 aprile 2020, Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (C‑802/18, EU:C:2020:269, punto 51).

( 40 ) Infatti, in udienza gli Stati membri intervenienti hanno convenuto circa la persistenza della natura fisica, materiale ed affettiva della dipendenza tra AC e GV, a prescindere dal pagamento dell’assegno di invalidità.

( 41 ) Sentenza Lebon, punto 20.

( 42 ) Per i riferimenti pertinenti, v. giurisprudenza citata al paragrafo 107 delle presenti conclusioni.

( 43 ) Tale è stata parimenti l’argomentazione del giudice Garrett Simons (High Court, Irlanda) nella sentenza di primo grado del procedimento principale. Simons, J. ha ritenuto che «non vi è alcun obbligo di autosufficienza a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), o d) [di tale direttiva] nel caso di un lavoratore e di un suo familiare a carico». Sentenza del 29 maggio 2020, High Court (Irlanda), GV c. Chief Appeals Officer, Social Welfare Appeals Office, [2020] IEHC 258, punto 76.

( 44 ) Su tale questione, v. paragrafo 118 e segg. delle presenti conclusioni.

( 45 ) V., ad esempio, MacCormick, N., Rhetoric and the Rule of Law: A Theory of Legal Reasoning, Oxford University Press, Oxford, 2005, pag. 138.

( 46 ) V. supra, paragrafo 37 delle presenti conclusioni.

( 47 ) Tale divieto di discriminazione sulla base della nazionalità è uno dei fondamenti del diritto dell’Unione. Oggi è espresso nell’articolo 18 TFUE e fa parte di tutte le disposizioni del Trattato sulle libertà fondamentali. Esso è altresì ribadito all’articolo 21, paragrafo 2, della Carta.

( 48 ) Ho optato per tale ordine in quanto, dopo l’introduzione della cittadinanza dell’Unione nei Trattati, la libera circolazione dei lavoratori può essere intesa come la sua specifica espressione. Come spiegato dalla Corte, «l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, che enuncia in termini generali il diritto, per ogni cittadino dell’Unione, di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, trova specifica espressione nell’articolo 45 TFUE, relativo alla libertà di circolazione dei lavoratori (...)». Sentenza dell’11 novembre 2021, MH e ILA (Diritti pensionistici in caso di fallimento) (C‑168/20, EU:C:2021:907, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

( 49 ) L’articolo 7, paragrafo 2), del regolamento sui lavoratori era in precedenza l’articolo 7, paragrafo 2, del predecessore, il regolamento n. 1612/68. Pertanto, la giurisprudenza relativa a tale regolamento è pertinente per comprendere la nozione di «vantaggio sociale» contenuta nel regolamento attuale. In tal senso, v. sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld (C‑181/19, EU:C:2020:794, punto 34).

( 50 ) Sentenza del 30 settembre 1975, Cristini (32/75, EU:C:1975:120, punto 12).

( 51 ) Sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld (C‑181/19, EU:C:2020:794, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Si tratta di un’espressione ricorrente nella giurisprudenza della Corte sin dalla sentenza del 31 maggio 1979, Even e ONPTS (207/78, EU:C:1979:144, punto 22).

( 52 ) Sentenze del 27 maggio 1993, Schmid (C‑310/91, EU:C:1993:221, punto 18) e del 5 maggio 2011, Commissione/Germania (C‑206/10, EU:C:2011:283, punto 34).

( 53 ) V., a tal fine, sentenze del 27 maggio 1993, Schmid (C‑310/91, EU:C:1993:221, punto 17) e del 2 aprile 2020, Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (C‑802/18, EU:C:2020:269, punti 4546).

( 54 ) Sentenza dell’11 aprile 1973, S. (76/72, EU:C:1973:46, punto 9).

( 55 ) In quella causa, tuttavia, la Corte ha concluso invece che la prestazione in questione non costituiva un vantaggio per il lavoratore, poiché il padre del richiedente non provvedeva più a mantenere il suo discendente. V. sentenza Lebon, punto 13.

( 56 ) Spaventa, E. (a cura di), Rennuy, N., Minderhoud, P., The legal status and rights of the family members of EU mobile workers, Commissione europea, direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione, direzione E – Mobilità dei lavoratori e affari internazionali, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2022 pag. 17.

( 57 ) Tale è, effettivamente, la situazione di AC dopo la sua naturalizzazione. Tuttavia, potrebbero anche esservi cittadini irlandesi che hanno acquisito la cittadinanza per nascita, ma i cui genitori non sono cittadini irlandesi.

( 58 ) Con riferimento al discendente dipendente da un lavoratore migrante, v. sentenza Lebon, punto 12, nonché sentenze del 26 febbraio 1992, Bernini (C‑3/90, EU:C:1992:89, punto 26) e del 2 aprile 2020, PF e a. (C‑830/18, EU:C:2020:275, punto 26). Con riferimento al coniuge di un lavoratore migrante, v. sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Germania (C‑269/07, EU:C:2009:527, punto 65).

( 59 ) Sentenze del 12 luglio 1984, Castelli (261/83, EU:C:1984:280, punto 10); del 6 giugno 1985, Frascogna (157/84, EU:C:1985:243, punto 23), nonché sentenza del 9 luglio 1987, Frascogna (256/86, EU:C:1987:359, punto 6).

( 60 ) Sentenza Lebon, punto 13.

( 61 ) Sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld (C‑181/19, EU:C:2020:794, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

( 62 ) Sentenza dell’11 novembre 2014, Dano (C‑333/13, EU:C:2014:2358, punto 69).

( 63 ) Sentenza del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi (C‑542/09, EU:C:2012:346, punto 57).

( 64 ) Ibidem. V. altresì sentenze del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411, punti 5152), e del 24 ottobre 2013, Thiele Meneses (C‑220/12, EU:C:2013:683, punto 43).

( 65 ) Considerando 10 della direttiva sulla cittadinanza.

( 66 ) V., ad esempio, Verschueren, H., «Free Movement or Benefit Tourism»: The Unreasonable Burden of Brey», European Journal of Migration and Law, Vol. 16, 2014, pagg. da 147 a 179; Thym, D., «The Elusive Limits of Solidarity: Residence Rights of and Social Benefits for Economically Inactive Union Citizens», CMLRev Vol. 52, 2015, pagg. da 17 a 50, pag. 28.

( 67 ) Affinché tale argomentazione possa essere presa in considerazione come possibile giustificazione dei limiti imposti ai diritti di circolazione, lo Stato membro che invoca l’argomento dell’onere eccessivo deve dimostrare l’esistenza di una minaccia reale al proprio sistema di assistenza sociale, presentando dati concreti e coerenti al riguardo. V., ad esempio, sentenza del 13 aprile 2010, Bressol e a. (C‑73/08, EU:C:2010:181, punto 71). V. altresì conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston nelle cause riunite Prinz e Seeberger (C‑523/11 e C‑585/11, EU:C:2013:90, paragrafi da 61 a 64).

( 68 ) V. e confronta, Dougan, M., «The constitutional dimension to the case-law on Union citizenship», E.L. Rev., Vol. 31(5), 2006, pagg. da 613 a 641.

( 69 ) Sentenza del 1o agosto 2022, Familienkasse Niedersachsen‑Bremen (C‑411/20, EU:C:2022:602, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

( 70 ) Supiot, A., La solidarité, Enquête sur un principe juridique, Odile Jacob, Paris, 2015, pag. 12; De Witte, F., Justice in the EU, The Emergence of Transnational Solidarity, Oxford University Press, Oxford, 2015, cap. 4 (che sostiene specificamente un approccio comunitario quando si tratta di prestazioni di minima sussistenza, come le prestazioni speciali di carattere non contributivo), pagg. da 151 a 155.

( 71 ) Una tale interpretazione dell’argomento dell’onere eccessivo può, a mio avviso, spiegare la giurisprudenza che ha riconosciuto come giustificato il requisito di un legame effettivo o di un certo grado di integrazione nella società dello Stato ospitante per l’acquisizione del diritto di soggiorno e dei diritti connessi all’assistenza sociale. V., ad esempio, con riferimento alle persone in cerca di lavoro, sentenze dell’11 luglio 2002, D’Hoop (C‑224/98, EU:C:2002:432, punto 39); del 23 marzo 2004, Collins (C‑138/02, EU:C:2004:172, punti da 67 a 69), nonché sentenza del 4 giugno 2009, Vatsouras e Koupatantze (C‑22/08 e C‑23/08, EU:C:2009:344, punti 3839). Con riferimento agli studenti, v., ad esempio, sentenze del 15 marzo 2005, Bidar (C‑209/03, EU:C:2005:169, punti 6263); del 23 ottobre 2007, Morgan e Bucher (C‑11/06 e C‑12/06, EU:C:2007:626, punti 4344); del 18 novembre 2008, Förster (C‑158/07, EU:C:2008:630, punto 54); del 18 luglio 2013, Prinz e Seeberger (C‑523/11 e C‑585/11, EU:C:2013:524, punti 3637), e del 24 ottobre 2013, Thiele Meneses (C‑220/12, EU:C:2013:683, punti 3536), o del 26 febbraio 2015, Martens (C‑359/13, EU:C:2015:118, punti da 36 a 39).

( 72 ) Articolo 6 della direttiva sulla cittadinanza.

( 73 ) Articolo 7 della direttiva sulla cittadinanza.

( 74 ) Capo IV della direttiva sulla cittadinanza.

( 75 ) In sostanza, tale sistema riprende, sostanzialmente, le fasi e le condizioni dello status di soggiorno previste nei diversi strumenti del diritto dell’Unione e nella giurisprudenza anteriori a tale direttiva. L’appartenenza a una determinata comunità può così sfociare nel diritto di soggiorno permanente. Sentenze del 21 dicembre 2011, Ziolkowsky e Szeja (C‑424/10 e C‑425/10, EU:C:2011:866, punto 38), e del 1o agosto 2022, Familienkasse Niedersachsen‑Bremen (C‑411/20, EU:C:2022:602, punto 30).

( 76 ) Anche nel corso di tale periodo, la possibilità di escludere si estende solo a prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo e non ad altre indennità di sicurezza sociale. Su tale punto, v. sentenza del 1o agosto 2022, Familienkasse Niedersachsen‑Bremen (C‑411/20, EU:C:2022:602, punto 53).

( 77 ) V., ad esempio, sentenza Lounes, punto 56.

( 78 ) Sentenza del 20 settembre 2001, Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 44). Sul principio della solidarietà e sui regimi sociali, v., come già citata, sentenza del 17 febbraio 1993, Poucet e Pistre (C‑159/91 e C‑160/91, EU:C:1993:63).

( 79 ) Ad esempio, nel maggio 2013, i ministri di quattro Stati membri, Repubblica d’Austria, Repubblica Federale di Germania, Regno dei Paesi Bassi e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, hanno denunciato «frodi e abusi sistematici nell’ambito della libera circolazione». V., ad esempio, Blauberger, M. e Schmidt, S.K., «Welfare migration? Free movement of EU citizens and access to social benefits», Research and Politics, ottobre-dicembre 2014: V. altresì, Pascouau, Y., «Strong attack against the freedom of movement of EU citizens: Turning back the clock», commento del 30/04/2013 sulle pagine web dell’European Policy centre.

( 80 ) Sentenza dell’11 novembre 2014, Dano (C‑333/13, EU:C:2014:2358).

( 81 ) V., in tal senso, l’interpretazione della sentenza dell’11 novembre 2014, Dano (C‑333/13, EU:C:2014:2358) nella sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld (C‑181/19, EU:C:2020:794, punto 68).

( 82 ) Uno studio commissionato dalla Commissione nel 2016 non ha trovato alcun fondamento per la tesi secondo cui la motivazione dei cittadini dell’Unione a spostarsi sia legata alle prestazioni. V., ad esempio, «A fact finding analysis on the impact on the Member States’ social security systems of the entitlements of non-active intra-EU migrants to special non-contributory cash benefits and healthcare granted on the basis of residence», relazione finale presentata da ICF GHK in associazione con Milieu Ltd., DG Employment, Social Affairs and Inclusion via DG Justice Framework contract, 2013. V. altresì Mantu, S. e Minderhoud, P., «Exploring the limits of social solidarity: welfare tourism and EU citizenship»UNIO – EU Law Jounal, Vol. 2(2), 2016, pagg. da 4 a 19.

( 83 ) Sentenza del 1o agosto 2022, Familienkasse Niedersachsen‑Bremen (C‑411/20, EU:C:2022:602, punto 53).

( 84 ) Come chiarito dai legali della ricorrente in udienza. Secondo l’Irish Nationality and Citizenship Act 1956 (legge irlandese sulla nazionalità e cittadinanza), nella sua versione consolidata e modificata, quello che segue è l’elenco dei criteri che un residente nel SEE adulto e non sposato dovrebbe soddisfare ai fini della naturalizzazione (articolo 15 di tale legge): a) avere più di 18 anni; b) essere di buona condotta; c) aver soggiornato nello Stato continuativamente un anno immediatamente prima della data della domanda e, nel corso degli otto anni immediatamente precedenti, aver soggiornato complessivamente nello Stato per quattro anni; d) avere l’intenzione in buona fede di continuare a soggiornare nello Stato dopo la naturalizzazione; ed e) essere disposto a partecipare a una cerimonia per il conferimento cittadinanza e a prestare una dichiarazione di fedeltà.

( 85 ) Su una disamina relativa all’incidenza dei fatti alla base delle cause in cui la Corte è invitata a pronunciarsi, v. Davies, G., «Has the Court changed, or have the cases? The deservingness of litigants as an element in Court of Justice citizenship adjudication», Journal of European Public Policy, Vol. 25, 2018, pagg. da 1442 a 1460.

( 86 ) Cioè, in sostanza, quando sono soddisfatti i requisiti di soggiorno.