CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate il 13 luglio 2023 ( 1 )

Causa C‑382/21 P

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

contro

The KaiKai Company Jaeger Wichmann GbR

«Impugnazione – Proprietà intellettuale – Disegni e modelli comunitari – Regolamento (CE) n. 6/2002 – Articolo 41, paragrafo 1 – Diritto di priorità – Rivendicazione di priorità fondata su una domanda internazionale depositata in forza del Trattato di cooperazione in materia di brevetti – Termine di priorità – Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale – Articolo 4 – Interpretazione del diritto dell’Unione conforme al diritto internazionale – Efficacia diretta degli accordi internazionali – Meccanismo di ammissione preliminare delle impugnazioni – Causa che solleva una questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione»

I. Introduzione

1.

La presente causa trae origine dall’impugnazione presentata dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«EUIPO») avverso la sentenza del 14 aprile 2021, The KaiKai Company Jaeger Wichmann / EUIPO (Apparecchi e articoli per la ginnastica e per lo sport) (T‑579/19, EU:T:2021:186) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).

2.

Con la suddetta sentenza il Tribunale ha annullato la decisione della terza commissione di ricorso dell’EUIPO del 13 giugno 2019 (procedimento R 573/2019‑3), che aveva rifiutato di riconoscere il diritto di priorità nella domanda presentata dalla società The KaiKai Company Jaeger Wichmann Gbr (in prosieguo: la «KaiKai») per la registrazione di articoli per la ginnastica e per lo sport come disegni e modelli comunitari ai sensi del regolamento n. 6/2002 ( 2 ). La rivendicazione di priorità della KaiKai si basava su una domanda internazionale anteriore depositata ai sensi del Trattato di cooperazione in materia di brevetti (in prosieguo: il «PCT») ( 3 ).

3.

Formalmente, la presente impugnazione si basa su un solo motivo, relativo alla presunta violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002. Tuttavia, gli argomenti dedotti dall’EUIPO sollevano importanti questioni riguardanti il rapporto tra gli accordi internazionali vincolanti per l’Unione e il diritto derivato dell’Unione, nonché i relativi poteri e obblighi degli organi giurisdizionali dell’Unione a tale riguardo. La presente impugnazione solleva altresì la questione dell’interpretazione di una convenzione internazionale, nel caso di specie la convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale (in prosieguo: la «convenzione di Parigi») ( 4 ).

4.

Queste sono le ragioni per cui la presente impugnazione è stata ammessa nell’ambito del meccanismo di ammissione preliminare delle impugnazioni (in prosieguo, il «meccanismo di cernita delle impugnazioni») introdotto dall’articolo 58 bis dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea ( 5 ). La presente causa rappresenta la prima impugnazione ammessa dalla Corte da quando tale meccanismo è stato introdotto il 1o maggio 2019. Le impugnazioni interessate da tale meccanismo sono ammesse solo quando sollevano una questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione ( 6 ).

5.

Dopo aver illustrato brevemente gli antefatti della presente causa (II), commenterò brevemente il meccanismo di cernita delle impugnazioni e il motivo per cui la presente impugnazione meritava di essere ammessa (III). Analizzerò quindi il merito degli argomenti dedotti dalle parti (IV).

II. Contesto

A.   Diritto applicabile

1. Regolamento n. 6/2002

6.

L’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 dispone quanto segue:

«Chiunque abbia regolarmente depositato una domanda di registrazione di un disegno o modello o di un modello d’utilità in uno o per uno degli Stati che aderiscono alla convenzione di Parigi o all’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, ovvero il suo avente causa, fruisce, per un periodo di sei mesi dalla data di deposito della prima domanda, di un diritto di priorità per effettuare il deposito di una domanda di registrazione di disegno o modello comunitario per il medesimo disegno o modello o per il medesimo modello di utilità».

2. Convenzione di Parigi

7.

L’articolo 4, sezione A, paragrafo 1, della convenzione di Parigi dispone quanto segue:

«Chiunque avrà regolarmente depositato in uno degli [Stati che aderiscono alla convenzione di Parigi] una domanda di brevetto d’invenzione, di modello d’utilità, di disegno o modello industriale, di marchio di fabbrica o di commercio, o il suo avente causa, godrà, per eseguire il deposito negli altri paesi, di un diritto di priorità entro i termini sotto indicati».

8.

L’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, della convenzione di Parigi dispone quanto segue:

«I termini di priorità sopra menzionati saranno di dodici mesi per i brevetti d’invenzione e i modelli d’utilità, di sei mesi per i disegni o modelli industriali e per i marchi di fabbrica o di commercio».

9.

L’articolo 4, sezione E, della convenzione di Parigi prevede quanto segue:

«1.   Quando un disegno o modello industriale sia stato depositato in un Paese in virtù di un diritto di priorità basato sul deposito di un modello di utilità, il termine di priorità sarà quello fissato per i disegni o modelli industriali.

2.   È, inoltre, consentito di depositare in un Paese un modello di utilità in virtù di un diritto di priorità basato sul deposito di una domanda di brevetto e viceversa».

B.   Fatti che hanno condotto al procedimento dinanzi al Tribunale

10.

Il 24 ottobre 2018 la KaiKai presentava all’EUIPO, ai sensi del regolamento n. 6/2002, una domanda di registrazione multipla riguardante dodici disegni o modelli comunitari. La KaiKai rivendicava una priorità fondata sulla domanda internazionale anteriore n. PCT/EP2017/077469, depositata in forza del PCT il 26 ottobre 2017.

11.

In applicazione dell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, l’esaminatore dell’EUIPO accoglieva la domanda multipla, ma respingeva la rivendicazione di priorità perché la data di deposito della domanda internazionale della KaiKai superava il termine di sei mesi previsto da tale disposizione.

12.

La KaiKai proponeva ricorso avverso tale decisione, ritenendo, in sostanza, che il termine di priorità applicabile fosse di dodici mesi e non di sei.

13.

Con decisione del 13 giugno 2019 (R 573/2019-3), la terza commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso. La commissione di ricorso riteneva, in sostanza, che l’esaminatore avesse applicato correttamente l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, secondo cui una domanda internazionale ai sensi del PCT può essere assimilata a una domanda di registrazione di un modello di utilità e, quindi, servire da base per una rivendicazione di priorità per un disegno o modello comunitario. Tuttavia, tale priorità doveva essere rivendicata entro il termine richiesto di sei mesi, che nel procedimento avviato dalla KaiKai era stato superato.

C.   Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

14.

Il 20 agosto 2019 la KaiKai impugnava dinanzi al Tribunale la decisione della commissione di ricorso. A sostegno del suo ricorso, la KaiKai deduceva due motivi, vertenti, il primo, sulla violazione di forme sostanziali e, il secondo, sulla violazione del regolamento n. 6/2002.

15.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale accoglieva il secondo motivo della KaiKai e annullava la decisione della commissione di ricorso, senza pronunciarsi sul primo motivo.

16.

Il Tribunale riteneva che l’EUIPO avesse correttamente stabilito che una domanda internazionale ai sensi del PCT può essere invocata per rivendicare la priorità di un disegno o modello comunitario ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002. Tuttavia, l’EUIPO era incorso in errore nell’applicare un termine di priorità di sei mesi, anziché di dodici, nel caso di specie.

17.

Ciò in quanto il Tribunale riteneva che la domanda internazionale della KaiKai ai sensi del PCT potesse anche essere qualificata come una domanda internazionale di brevetto e non solo di modello di utilità. Il Tribunale osservava inoltre che l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 tace in merito al termine di priorità derivante da una domanda di brevetto; esso indica la durata del termine solo se la priorità si basa su una domanda di registrazione anteriore di un disegno o modello o di un modello d’utilità. In quest’ultimo caso, tale termine è di sei mesi. Per colmare tale lacuna legislativa, il Tribunale statuiva che si doveva tenere conto dell’articolo 4 della convenzione di Parigi.

18.

Sembra che il Tribunale abbia ritenuto che la convenzione di Parigi consenta rivendicazioni di priorità tra coppie di diritti di proprietà intellettuale di diversa natura. Sarebbe pertanto possibile, ai sensi della convenzione di Parigi, basare una rivendicazione di priorità per un disegno o modello su una domanda di brevetto anteriore. Il Tribunale ha inoltre ritenuto che il termine di priorità in un siffatto caso fosse di dodici mesi, in quanto l’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, di tale convenzione prevede che il termine di priorità per i brevetti sia di dodici mesi.

19.

Il termine di priorità pertinente per il binomio costituito da un brevetto anteriore e un disegno o modello successivo dipendeva, per il Tribunale, dal termine stabilito dalla convenzione di Parigi per i brevetti. Ciò in quanto la convenzione di Parigi stabilisce una regola generale secondo cui la natura del diritto anteriore determina la durata del termine di priorità. Secondo il Tribunale, l’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, della convenzione di Parigi – che prevede che il termine di priorità fissato per il diritto successivo sia determinante se tale diritto successivo è un disegno o modello e il diritto anteriore è un modello di utilità – è una norma speciale che costituisce un’eccezione a tale regola generale.

20.

Di conseguenza, il Tribunale concludeva che l’EUIPO era incorso in errore nel ritenere che il termine di priorità applicabile per rivendicare la priorità di una domanda internazionale di brevetto anteriore in relazione a una domanda di disegno o modello comunitario fosse di sei mesi.

D.   Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

21.

Il 23 giugno 2021 l’EUIPO ha proposto la presente impugnazione avverso la sentenza del Tribunale. L’EUIPO chiede alla Corte di giustizia l’annullamento della sentenza impugnata e il rigetto del ricorso proposto dalla KaiKai in primo grado. L’EUIPO, inoltre, chiede alla Corte di condannare la KaiKai a tutte le spese.

22.

Sempre il 23 giugno 2021, l’EUIPO ha presentato, ai sensi dell’articolo 58 bis dello statuto e dell’articolo 170 bis del regolamento di procedura della Corte di giustizia, una domanda di ammissione dell’impugnazione.

23.

Con ordinanza del 10 dicembre 2021, EUIPO/The KaiKai Company Jaeger Wichmann (C‑382/21 P, EU:C:2021:1050), la Corte ha ammesso l’impugnazione.

24.

Con comparsa di risposta depositata il 25 febbraio 2022, la KaiKai ha chiesto alla Corte il rigetto dell’impugnazione e la condanna dell’EUIPO a tutte le spese.

25.

Con decisione del presidente della Corte dell’8 aprile 2022 la Commissione è stata ammessa a intervenire a sostegno delle conclusioni dell’EUIPO.

26.

L’EUIPO e la KaiKai hanno inoltre depositato una replica e una controreplica, rispettivamente il 30 maggio 2022 e l’11 luglio 2022.

27.

Il 13 marzo 2023 si è svolta un’udienza in cui l’EUIPO, la KaiKai e la Commissione hanno esposto le proprie osservazioni orali.

III. Il meccanismo di cernita delle impugnazioni e la sua applicazione nel caso di specie

28.

Come indicato nell’introduzione, questo è il primo caso in cui la Corte ha ammesso un’impugnazione nell’ambito del meccanismo di cernita delle impugnazioni ( 7 ). La novità di questa procedura mi porta a fare alcune osservazioni su questo meccanismo e sul suo utilizzo nel caso di specie.

A.   Alcune osservazioni sul meccanismo di cernita delle impugnazioni

29.

Il meccanismo di cernita delle impugnazioni si colloca nel contesto delle riforme (ancora in corso) del sistema giudiziario dell’Unione. L’idea è nata dal fatto che molte impugnazioni vengono presentate in cause che hanno già beneficiato di un duplice esame, da parte di una commissione di ricorso indipendente in un primo tempo, e poi da parte del Tribunale, e che molte di queste impugnazioni sono respinte a causa della loro evidente infondatezza o per irricevibilità manifesta. Pertanto, al fine di consentire alla Corte di giustizia di concentrarsi sulle cause che meritano tutta la sua attenzione, è stato adottato il suddetto meccanismo ( 8 ).

30.

Il meccanismo di cernita delle impugnazioni si applica attualmente alle decisioni delle commissioni di ricorso indipendenti di quattro uffici e agenzie dell’Unione (l’EUIPO, l’Ufficio comunitario delle varietà vegetali, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche e l’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea), nonché alle decisioni di tutte le commissioni di ricorso indipendenti istituite dopo il 1o maggio 2019 all’interno di qualsiasi altro ufficio o agenzia dell’Unione ( 9 ). La recente proposta della Corte di giustizia, se accettata dal legislatore dell’Unione, applicherà questo meccanismo a una serie di altri uffici, organi e agenzie dell’Unione esistenti che dispongono di una commissione di ricorso indipendente ( 10 ).

31.

Nell’ambito del meccanismo di cernita delle impugnazioni, la Corte ammetterà un’impugnazione, in tutto o in parte, soltanto «quando essa solleva una questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione» ( 11 ). La domanda di ammissione dell’impugnazione deve essere presentata dal ricorrente mediante un documento separato allegato al ricorso, che deve spiegare perché l’impugnazione è importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione ( 12 ).

32.

Le norme procedurali pertinenti non chiariscono cosa si intenda per questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione. Tale aspetto è stato invece lasciato all’elaborazione giurisprudenziale della Corte ( 13 ). Inoltre, la formulazione di tali norme utilizza «o», e non «e» («l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione»), il che rende possibile l’ammissione di un’impugnazione anche se sono in gioco una o due di tali categorie, ma non tutte.

33.

La formulazione aperta suggerisce che la Corte gode di un ampio potere discrezionale nel decidere se statuire che una determinata impugnazione solleva una questione che considera importante per lo sviluppo complessivo dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

34.

Al riguardo, a titolo di riflessione comparativa, mi sovvengono, ad esempio, le regole relative al meccanismo del «certiorari» della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, mediante il quale le viene chiesto di riesaminare le decisioni degli organi giurisdizionali di grado inferiore in merito a questioni di diritto federale. In genere, la Corte Suprema degli Stati Uniti decide di esaminare siffatti casi solo quando possono rivestire importanza nazionale, armonizzare decisioni contrastanti o avere valore di precedente ( 14 ).

35.

La regola 10 della Supreme Court (Corte Suprema) degli Stati Uniti, intitolata «Considerations Governing Review on Certiorari» ( 15 ), spiega che il riesame di un «writ of certiorari» non è una questione di diritto, ma di discrezionalità dei giudici, e viene concesso solo per fondati motivi. Tale regola enumera alcuni fattori che possono essere presi in considerazione, ma che non «controllano né circoscrivono pienamente il potere discrezionale della Corte» ( 16 ).

36.

Il meccanismo di cernita delle impugnazioni può essere inteso, a mio avviso, come una sorta di «certiorari dell’Unione europea». La sua ragion d’essere non è la correzione di qualsiasi errore del Tribunale, ma solo di quelli di notevole importanza. Il ricorso a tale strumento è quindi possibile solo se la pronuncia della Corte di giustizia può incidere in modo fondamentale sull’ordinamento giuridico dell’Unione ( 17 ).

37.

Il meccanismo di cernita delle impugnazioni evidenzia la funzione della Corte di giustizia quale Corte suprema e costituzionale dell’Unione europea ( 18 ). Infatti, esso coinvolge la Corte di giustizia in casi di «natura costituzionale» che rivestono importanza per l’Unione, riguardano l’interpretazione di principi costituzionali fondamentali del diritto dell’Unione e la divisione orizzontale e verticale delle competenze.

38.

Inoltre, il meccanismo di cernita delle impugnazioni rafforza, a mio avviso, il ruolo del Tribunale. In tutti i casi in cui la Corte di giustizia non ammette un’impugnazione, il Tribunale diviene giudice di ultima istanza per le cause tra privati e autorità dell’Unione in diversi settori (tra cui la proprietà intellettuale) e, pertanto, l’interpretazione del Tribunale del diritto applicabile è vincolante in tutta l’Unione.

B.   Questioni che giustificano l’ammissione della presente impugnazione

39.

Dall’ordinanza che accoglie l’impugnazione ( 19 ) emerge che la sentenza impugnata non solo potrebbe valere da precedente per le future cause riguardanti i diritti di priorità, ma solleva anche questioni importanti per la disciplina delle relazioni esterne dell’Unione e per la divisione orizzontale delle competenze tra gli organi giurisdizionali dell’Unione e le altre istituzioni della stessa. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che la presente impugnazione sollevi questioni significative per quanto riguarda l’unità, la coerenza e lo sviluppo del diritto dell’Unione.

40.

A mio avviso, questa causa solleva due serie di questioni che ne giustificano l’ammissione attraverso il meccanismo di cernita delle impugnazioni.

41.

La prima serie di questioni riguarda l’applicabilità, dinanzi ai giudici dell’Unione, di accordi internazionali vincolanti per l’Unione. Più specificamente, una questione riguarda il rapporto tra l’efficacia diretta e l’efficacia interpretativa di tali accordi. Nella fattispecie, l’EUIPO sostiene che il Tribunale ha colmato la lacuna (inesistente) nella legislazione pertinente dell’Unione (regolamento n. 6/2002) conferendo efficacia diretta alla convenzione di Parigi (che esso ha interpretato erroneamente). La convenzione di Parigi, secondo l’EUIPO, non produce effetti diretti nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Allo stesso tempo, l’EUIPO non nega la sua possibile efficacia interpretativa. La Corte è quindi invitata a chiarire quando un accordo internazionale abbia efficacia diretta e se esso possa avere efficacia interpretativa qualora non abbia efficacia diretta.

42.

Un’altra questione che si pone in relazione all’applicabilità degli accordi internazionali riguarda i limiti dell’interpretazione conforme e se questi siano gli stessi nel caso di un’interpretazione del diritto dell’Unione conforme agli accordi internazionali e nel caso di un’interpretazione del diritto nazionale conforme al diritto dell’Unione. La questione è stata introdotta dalle censure dell’EUIPO, secondo cui il Tribunale avrebbe oltrepassato il limite del contra legem. La causa di cui trattasi invita pertanto la Corte a decidere se l’individuazione di una lacuna in una disposizione giuridica dell’Unione costituisca un metodo di interpretazione conforme.

43.

La seconda serie di questioni che giustificano l’ammissione dell’impugnazione riguarda l’interpretazione della convenzione di Parigi. Nel caso di specie, l’EUIPO sostiene che il Tribunale ha interpretato erroneamente tale convenzione. La convenzione di Parigi non prevede un diritto di priorità per una domanda di disegno o modello successiva basata su una domanda di brevetto anteriore. Essa non contiene nemmeno una regola generale secondo la quale il termine di priorità dipende dalla natura del diritto anteriore. Si pone quindi la questione di cosa debba guidare la Corte nell’interpretazione della convenzione di Parigi e di altri accordi internazionali.

IV. Analisi

44.

L’EUIPO, sostenuto dalla Commissione, deduce un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002. Tale motivo unico si suddivide in tre censure. Con la prima si deduce che il Tribunale avrebbe interpretato il regolamento n. 6/2002 contra legem. Con la seconda si deduce che il Tribunale avrebbe attribuito efficacia diretta alla convenzione di Parigi in contrasto con il diritto dell’Unione. Con la terza si deduce che il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente la convenzione di Parigi e il PCT.

45.

Le prime due censure dell’EUIPO riguardano l’applicabilità della convenzione di Parigi dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, di cui mi occuperò nella parte (A). Per comodità di argomentazione, le tratterò in ordine inverso. Esaminerò poi, nella parte (B), l’interpretazione di tale convenzione.

A.   Applicabilità della convenzione di Parigi dinanzi ai giudici dell’Unione

46.

In primo luogo, è necessario affermare che in una causa una norma di legge può essere applicata in modi diversi ( 20 ). Essa può essere utilizzata per risolvere direttamente alcune situazioni di fatto, o senza la necessità di applicare altre norme, o anche disapplicando altre norme che risultano di ostacolo alla norma da applicare. Nel diritto dell’Unione, ciò è chiamato efficacia diretta. Una norma può anche essere applicata indirettamente, se, ad esempio, serve da guida per l’interpretazione di un’altra norma da applicare. Nel diritto dell’Unione, ciò è chiamato efficacia indiretta o interpretativa. Ai fini della discussione che segue, è importante riconoscere che le due ipotesi conducono allo stesso risultato. Ad esempio, quando una controversia è risolta direttamente sulla base di una direttiva, il risultato è identico a quello che si avrebbe se la stessa controversia fosse risolta sulla base di una norma nazionale interpretata conformemente a tale direttiva.

47.

L’EUIPO e la Commissione sostengono che la convenzione di Parigi non ha efficacia diretta. Entrambi non escludono la possibilità di una sua efficacia interpretativa, ma ritengono che nel caso di specie ciò non sia possibile, in quanto richiederebbe un’interpretazione contra legem del regolamento n. 6/2002. Nella prima parte di questa analisi suggerirò che un accordo internazionale è applicabile (sia direttamente che indirettamente) o non è applicabile (sia direttamente che indirettamente) dinanzi ai giudici dell’Unione. Sono del parere che la convenzione di Parigi sia applicabile e per questo, nella seconda parte dell’analisi, analizzerò la questione sollevata dall’EUIPO sui limiti dell’interpretazione conforme.

1. Efficacia diretta ed efficacia interpretativa della convenzione di Parigi

48.

L’EUIPO, sostenuto dalla Commissione, lamenta che il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto sostituendo l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 con le disposizioni (erroneamente interpretate) della convenzione di Parigi. Ciò equivale a riconoscere efficacia diretta all’articolo 4 della convenzione di Parigi, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia. La mancanza di efficacia diretta della convenzione di Parigi deriva anche dal suo articolo 25 e, in ogni caso, non sono soddisfatte le condizioni per l’efficacia diretta (disposizioni incondizionate e sufficientemente precise).

49.

La KaiKai non discute l’eventuale efficacia diretta della convenzione di Parigi, ma sostiene che il Tribunale ha riconosciuto l’efficacia interpretativa della convenzione di Parigi solo nel colmare la lacuna nell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 facendo riferimento all’articolo 4 di detta convenzione.

50.

Che effetto può avere un accordo internazionale, come la convenzione di Parigi, dinanzi ai giudici dell’Unione?

51.

Per cominciare, la questione delle modalità di applicazione nell’Unione di un accordo internazionale si pone solo se tale accordo fa parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Un accordo internazionale è, in linea di principio, parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, se l’Unione ne è parte contraente ( 21 ). Una volta entrato a far parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, un accordo internazionale vincola le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri ( 22 ) e prevale sul diritto derivato dell’Unione ( 23 ).

52.

L’Unione europea non è parte contraente della convenzione di Parigi. Tutti gli Stati membri dell’Unione sono parti contraenti della stessa, ma ciò non significa che la convenzione di Parigi faccia parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione e ne vincoli le istituzioni.

53.

Tuttavia, l’Unione è parte contraente dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«accordo TRIPS») ( 24 ), uno degli accordi dell’OMC. L’accordo TRIPS di per sé non disciplina i diritti di priorità. L’articolo 2, paragrafo 1, di tale accordo stabilisce invece che:

«In relazione alle parti II, III e IV del presente accordo, i membri si conformano agli articoli da 1 a 12 e all’articolo 19 della Convenzione di Parigi».

54.

Si potrebbe quindi concludere che l’Unione è tenuta a riconoscere i diritti di priorità al pari del modo in cui la convenzione di Parigi riconosce tali diritti ( 25 ). Pertanto, l’Unione è vincolata dall’articolo 4 della convenzione di Parigi, che è rilevante per la presente causa, attraverso gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’accordo TRIPS ( 26 ).

55.

Ciò non risponde ancora alla questione se una parte, come la KaiKai, possa invocare dinanzi ai giudici dell’Unione l’articolo 4 della convenzione di Parigi direttamente o ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione applicabile.

56.

L’efficacia diretta di una disposizione di legge dipende non solo dalla sua chiarezza, ma anche dal contesto in cui essa si colloca. Così, in un orientamento giurisprudenziale consolidato la Corte ha statuito che una disposizione di una direttiva, anche se sufficientemente precisa e incondizionata, non può avere efficacia diretta per risolvere una controversia tra privati ( 27 ).

57.

Analogamente, l’efficacia diretta di un accordo internazionale dipende non solo dalla chiarezza delle disposizioni destinate a conferire diritti ai singoli, ma anche dalla natura dell’accordo di cui trattasi ( 28 ).

58.

In linea di principio, i Trattati non escludono che agli accordi internazionali sia riconosciuta efficacia diretta. La Corte ha, ad esempio, riconosciuto l’efficacia diretta di una serie di accordi di associazione, indipendentemente dal fatto che la loro funzione fosse ( 29 ) o meno ( 30 ) di preparare uno Stato alla futura adesione all’Unione europea. La Corte ha anche riconosciuto l’efficacia diretta di altri accordi bilaterali, come l’Accordo «open skies» con gli Stati Uniti ( 31 ), e di alcune disposizioni di accordi multilaterali, come le Convenzioni di Yaoundé e di Lomé ( 32 ) e il Protocollo relativo alla protezione del mare Mediterraneo dall’inquinamento di origine tellurica ( 33 ).

59.

Al contrario, è stata la natura degli accordi OMC, non la loro formulazione poco chiara, la motivazione principale della giurisprudenza che, in linea di principio, ne ha escluso l’efficacia diretta ( 34 ).

60.

Alla luce della giurisprudenza relativa al sistema dell’OMC, la Corte ha inoltre escluso, in linea di principio, l’efficacia diretta dell’accordo TRIPS ( 35 ).

61.

Poiché talune disposizioni della convenzione di Parigi sono diventate parte del diritto dell’Unione e vincolano l’Unione europea attraverso l’accordo TRIPS, è possibile concludere che neanche a tali disposizioni, in linea di principio, dovrebbe essere riconosciuta efficacia diretta.

62.

La natura degli accordi OMC, cui la Corte faceva riferimento quando ne ha escluso l’efficacia diretta in linea di principio, riguardava la flessibilità e la reciprocità degli obblighi che l’Unione ha assunto nei confronti di altre parti contraenti. Il regime dell’OMC è flessibile, nel senso che le sue disposizioni possono essere eluse, e consente diverse soluzioni negoziate per risolvere le controversie che ne conseguono ( 36 ). Tale flessibilità consente alle istituzioni politiche dell’Unione, come alle altre parti contraenti degli accordi OMC, di optare per soluzioni che la Corte potrebbe non ritenere conformi ai requisiti dell’OMC. Per consentire un siffatto margine di manovra politico, la Corte ha ritenuto di non dover controllare la validità della legislazione dell’Unione in relazione alle norme dell’OMC. Piuttosto che esprimere tale scelta come una sorta di autolimitazione deliberata, volta a rispettare la divisione dei poteri all’interno dell’OMC, la Corte ha utilizzato il concetto giuridico di efficacia diretta. Tuttavia, a mio avviso, il motivo per cui, in linea di principio, non si è voluto riconoscere efficacia diretta al diritto dell’OMC non è stato quello di privare i singoli della possibilità di far valere in giudizio gli accordi internazionali, ma piuttosto quello di consentire un margine di manovra politica alle istituzioni dell’Unione ( 37 ).

63.

La Corte ha tuttavia esercitato il suo potere di sindacato giurisdizionale della legislazione dell’Unione in relazione al diritto dell’OMC quando ha ritenuto che il legislatore dell’Unione non avesse l’intenzione di utilizzare la flessibilità politica concessa dal sistema dell’OMC. In una situazione siffatta, il sindacato giurisdizionale non comprometterebbe la discrezionalità politica necessaria a livello di OMC ( 38 ).

64.

Di conseguenza, è possibile distinguere due diverse situazioni da cui dipende l’applicabilità diretta del diritto dell’OMC. La prima situazione, rappresentata da cause come Nakajima ( 39 ), è quella in cui la Corte ritiene che la normativa pertinente dell’Unione sia stata adottata al fine di attuare un impegno basato sull’OMC. «Al fine di attuare» significa non solo una situazione in cui un obbligo assunto nell’ambito dell’OMC richiede una successiva attuazione, ma comprende anche situazioni in cui il legislatore dell’Unione ha deciso di allineare la propria legislazione (esistente o nuova) ai propri impegni con l’OMC. La seconda situazione, rappresentata da cause come Rusal Armenal ( 40 ), è quella in cui la Corte ritiene possibile che il legislatore dell’Unione abbia voluto adottare una soluzione specifica dell’Unione, nonostante i propri obblighi derivanti dall’OMC. Ciò non significa che la soluzione dell’Unione non sia conforme al diritto dell’OMC, ma solo che è stata adottata senza cercare di adeguarsi agli obblighi assunti nell’ambito dell’OMC.

65.

Le due situazioni si escludono reciprocamente. In altre parole, come ho già detto altrove ( 41 ), o trova applicazione la sentenza Nakajima oppure si applica la sentenza Rusal Armenal.

66.

Nel caso di specie, la Commissione sostiene che non si può concludere sulla base dell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 che il legislatore dell’Unione abbia inteso rendere l’articolo 4 della convenzione di Parigi una norma dell’Unione per i termini di priorità che possono essere invocati in relazione a una domanda riguardante disegni e modelli comunitari ( 42 ). L’Unione europea ha invece adottato una propria soluzione: quando si richiede un disegno o modello comunitario, un soggetto può avvalersi di un diritto di priorità basato su una domanda anteriore di disegno o modello, oppure di modello di utilità, entro il termine di sei mesi. Pertanto, come sostiene l’EUIPO, il legislatore dell’Unione ha voluto escludere qualsiasi altro tipo di domanda anteriore, compresa la domanda di brevetto. A suo avviso, tale soluzione è in linea con la convenzione di Parigi, ma anche se non lo fosse, ciò non sarebbe rilevante, atteso che essa esprime la chiara volontà del legislatore dell’Unione, contro cui andrebbe la Corte qualora applicasse una soluzione diversa. In altre parole, ci troviamo in una situazione del tipo Rusal Armenal e non del tipo Nakajima. Non vi è quindi motivo di riconoscere l’efficacia diretta della convenzione di Parigi.

67.

Non sono d’accordo. L’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato come un’espressione che riflette l’intenzione del legislatore dell’Unione di allinearsi all’articolo 4 della convenzione di Parigi. In primo luogo, la formulazione dell’articolo 41 del regolamento n. 6/2002 è pressoché identica all’articolo 4 della convenzione di Parigi, il che è stato riconosciuto dalla Corte ( 43 ). Ciò suggerisce un’intenzione del legislatore di allineare il regolamento n. 6/2002 a tale accordo internazionale ( 44 ). In secondo luogo, l’inclusione di un modello di utilità, accanto a un disegno o modello, sembra esprimere l’intenzione del legislatore dell’Unione di dare efficacia all’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, della convenzione di Parigi. Ciò sembra derivare anche dai lavori preparatori che hanno portato al regolamento n. 6/2002, in cui la Commissione ha modificato la sua proposta originaria al fine di adeguarla all’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, della convenzione di Parigi ( 45 ).

68.

Alla luce di quanto sopra, ritengo che, nelle circostanze della causa di cui trattasi, la natura della convenzione di Parigi introdotta nel diritto dell’Unione mediante l’accordo TRIPS non osti alla sua efficacia diretta. Con l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, il legislatore dell’Unione ha inteso allineare il diritto dei disegni e modelli dell’Unione alla convenzione di Parigi per quanto riguarda l’esistenza e la durata dei diritti di priorità. Questa causa, pertanto, è paragonabile alla situazione nella causa Nakajima, piuttosto che a quella nella causa Rusal Armenal.

69.

Non condivido inoltre neanche le argomentazioni dedotte dall’EUIPO e dalla Commissione, secondo cui l’articolo 25, paragrafo 1, della convenzione di Parigi osta alla sua efficacia diretta. La disposizione, intitolata «Applicazione della convenzione sul piano nazionale», così recita: «Ogni Paese partecipe della presente Convenzione si impegna di adottare, conformemente alla propria costituzione, i provvedimenti necessari per assicurare l’applicazione della Convenzione stessa». A mio avviso, tale disposizione richiede semplicemente che le parti contraenti facciano ciò che è necessario in base alle proprie costituzioni. Per i Paesi la cui scelta costituzionale riguardo al rapporto tra i propri ordinamenti giuridici e il diritto internazionale è prevalentemente dualistica, ciò può significare trasformare la convenzione di Parigi in una fonte di diritto interno per conferirle efficacia. Tuttavia, come ho già spiegato, i Trattati non escludono, in linea di principio, l’efficacia diretta degli accordi internazionali che vincolano l’Unione. Sebbene alcune disposizioni della convenzione di Parigi potrebbero effettivamente richiedere scelte aggiuntive da parte del legislatore dell’Unione, quelle disposizioni che possono essere attuate senza scelte aggiuntive possono avere efficacia diretta. Pertanto, atteso che il legislatore dell’Unione non ha inteso avvalersi della natura flessibile dell’accordo TRIPS, ma ha scelto di allineare la propria legislazione sui diritti di priorità alle soluzioni offerte dalla convenzione di Parigi, l’efficacia diretta di tali norme della convenzione di Parigi dipende dalla questione se esse soddisfino i criteri abituali di essere sufficientemente precise e incondizionate. Mi occuperò dell’interpretazione delle norme pertinenti della convenzione di Parigi nei paragrafi da 94 a 140 delle presenti conclusioni.

70.

In questa fase è necessario affrontare un’altra questione. La KaiKai sostiene che, colmando la lacuna legislativa, il Tribunale non ha conferito alla convenzione di Parigi efficacia diretta, ma piuttosto efficacia interpretativa. Al riguardo, concordo con la KaiKai. Pertanto, l’argomento dell’EUIPO secondo cui il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto perché ha conferito efficacia diretta alla convenzione di Parigi (interpretandola erroneamente) dovrebbe essere respinto non già in quanto tale Convenzione non ha efficacia diretta nel caso di specie, bensì in quanto il Tribunale non l’ha applicata direttamente, utilizzandola invece a fini interpretativi.

71.

Benché l’EUIPO neghi la possibilità di un’efficacia diretta della convenzione di Parigi, esso non si oppone alla sua eventuale efficacia interpretativa. Ciò solleva la seguente questione.

72.

Se, come sostengono l’EUIPO e la Commissione, ci troviamo in una situazione del tipo Rusal Armenal e alla convenzione di Parigi non dovrebbe essere riconosciuta efficacia diretta al fine di salvaguardare il margine di manovra politico lasciato alle istituzioni dell’Unione dall’accordo TRIPS, compresa la possibilità di discostarsi dai requisiti della convenzione di Parigi nella regolamentazione dei disegni e dei modelli comunitari, per quale motivo la Corte dovrebbe adoperarsi per interpretare la legislazione pertinente dell’Unione in conformità con la convenzione di Parigi?

73.

Come ho ricordato inizialmente (v. paragrafo 46 delle presenti conclusioni), quando la Corte riesce a interpretare la legislazione dell’Unione in conformità con un accordo internazionale, il risultato è lo stesso che si avrebbe se si conferisse a tale accordo efficacia diretta. Una volta che la Corte abbia rifiutato di riconoscere l’efficacia diretta al fine di salvaguardare il margine di manovra politico delle istituzioni dell’Unione per discostarsi da un obbligo internazionale, le stesse ragioni depongono a favore anche della rinuncia a un’interpretazione conforme.

74.

Se imposto ai giudici nazionali, l’obbligo di interpretazione conforme è un obbligo di portata generale di fare tutto quanto è possibile per conseguire un risultato richiesto dal diritto dell’Unione mediante l’interpretazione del diritto interno ( 46 ). Detto obbligo richiede un’interpretazione conforme non solo della normativa nazionale adottata ai fini dell’attuazione del diritto dell’Unione (in genere una direttiva), ma anche di qualsiasi altra legge nazionale, comprese le disposizioni preesistenti ( 47 ).

75.

Ciò significa che, se trasferito al rapporto tra la legislazione dell’Unione e gli accordi internazionali, l’obbligo di interpretazione conforme si applicherebbe a tutta la legislazione dell’Unione, adottata o meno specificamente per l’attuazione di un impegno internazionale. In altre parole, ai giudici dell’Unione incomberebbe l’obbligo di interpretare il diritto dell’Unione in conformità con un accordo internazionale non solo in una situazione del tipo Nakajima, ma anche in una situazione del tipo Rusal Armenal. Se tale obbligo di fare tutto quanto è possibile per attribuire alla normativa dell’Unione lo stesso significato richiesto da un accordo internazionale venisse imposto ai giudici dell’Unione nonostante l’esclusione di principio dell’efficacia diretta, ciò sarebbe contrario allo scopo di tale esclusione.

76.

Con riferimento al caso di specie, se il motivo per escludere l’efficacia diretta della convenzione di Parigi è quello di consentire al legislatore dell’Unione di escludere una domanda di brevetto antecedente come base per rivendicare diritti di priorità per un successivo disegno o modello comunitario, allora insistere affinché la Corte interpreti, comunque, il regolamento n. 6/2002 per conseguire tale risultato non ha molto senso.

77.

Pertanto, qualora la Corte di giustizia non condividesse la mia valutazione secondo cui la convenzione di Parigi può avere efficacia diretta nel caso di specie perché il legislatore dell’Unione non ha inteso allineare il regolamento n. 6/2002 a tale convenzione, ma ha piuttosto adottato una soluzione specifica dell’Unione (che può essere o meno conforme alla convenzione di Parigi), la Corte di giustizia dovrebbe statuire che il Tribunale è incorso in un errore di diritto anche solo tentando un’interpretazione conforme. A mio avviso, in una situazione del tipo Rusal Armenal sono esclusi tanto l’efficacia diretta quanto l’obbligo di interpretazione conforme. In una siffatta situazione, dovrebbe escludersi la ricerca di una lacuna nella normativa dell’Unione al fine di colmarla con una soluzione che sia conforme alla convenzione di Parigi. Come dimostrerò nella prossima sezione, l’interpretazione conforme è un metodo interpretativo specifico che impone creatività per conseguire il risultato richiesto dalla norma obiettivo (nel caso di specie, l’articolo 4 della convenzione di Parigi). Essa dovrebbe pertanto essere utilizzata solo in situazioni del tipo Nakajima.

78.

Ciò mi conduce alla successiva censura dedotta dall’EUIPO, secondo cui il Tribunale avrebbe superato i limiti dell’interpretazione conforme.

2. Limiti all’obbligo di interpretazione conforme

79.

L’EUIPO deduce che il Tribunale ha interpretato l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 contra legem. Esso ha inserito le espressioni «brevetto» e «dodici mesi» nel testo di tale disposizione, mentre la sua formulazione univoca ammette solo i disegni e modelli di utilità e un termine di priorità di sei mesi.

80.

La KaiKai contesta che l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 sia esaustivo. A suo avviso, il Tribunale ha correttamente constatato che esiste una lacuna da colmare e che tale disposizione non contiene alcuna norma specifica relativa alla durata del termine di priorità basato su una domanda di brevetto. Pertanto, la KaiKai ha sottolineato in udienza che non vi è un’interpretazione contra legem nel caso di specie; l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 6/2002 non esclude, con la sua formulazione, che altri tipi di diritti di proprietà intellettuale possano essere utilizzati come base per il diritto di priorità.

81.

Nell’ambito di questioni interne, a partire dalla sentenza Pupino ( 48 ) la Corte ha accettato un limite contra legem all’obbligo imposto ai giudici nazionali di trovare soluzioni conformi al diritto dell’Unione. La Corte non ha ancora spiegato il significato di tale limite. Tuttavia, l’EUIPO sembra intenderlo nel senso che i giudici non possono andare contro una formulazione chiara e priva di ambiguità ( 49 ).

82.

Alla luce di ciò, l’EUIPO sostiene che il legislatore dell’Unione ha disciplinato in modo esaustivo e chiaro le situazioni in cui è possibile rivendicare un diritto di priorità per la successiva domanda di un disegno o modello comunitario; le domande di brevetto non figurano tra queste ( 50 ). Non vi è alcuna lacuna normativa nella suddetta disposizione. Individuando una siffatta lacuna normativa, il Tribunale ha interpretato l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 contra legem.

83.

Che la constatazione di una tale lacuna sia contra legem o meno dipende, a mio avviso, dal contesto interpretativo in cui opera il giudice. Se la convenzione di Parigi, vincolante per l’Unione attraverso l’accordo TRIPS, non esistesse o fosse irrilevante ( 51 ), non sussisterebbe alcun motivo per il Tribunale di ritenere che vi sia una lacuna normativa. Tuttavia, l’individuazione di una lacuna normativa potrebbe essere una soluzione nel contesto di un’interpretazione conforme alla convenzione di Parigi. L’interpretazione conforme è un’interpretazione che mira non solo a scegliere il significato di una disposizione, ma anche a trovare una soluzione specifica corrispondente ai requisiti della norma di destinazione.

84.

Sulla base della formulazione dell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, l’EUIPO sostiene che le domande di brevetto sono chiaramente e inequivocabilmente escluse come valido fondamento per un diritto di priorità ai sensi di tale disposizione. È davvero così? In realtà, come sostiene la KaiKai, non esiste alcuna disposizione del regolamento n. 6/2002 che escluda espressamente una domanda di brevetto. Come la bellezza è negli occhi di chi guarda, il livello di inequivocabilità è negli occhi di chi interpreta.

85.

Infatti, l’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 include espressamente solo due tipi di domande anteriori: i) una domanda di disegno o modello, e, ii) una domanda di modello di utilità. Se letto isolatamente, non vi sono ragioni per ritenere che il legislatore dell’Unione abbia «dimenticato» di regolamentare le domande anteriori di brevetto.

86.

Tuttavia, se si colloca il regolamento n. 6/2002 nel contesto degli impegni dell’Unione europea nell’ambito della convenzione di Parigi, assunti mediante l’accordo TRIPS, e se tale convenzione viene intesa nel senso che essa richiede la possibilità di avvalersi di un diritto di priorità per una domanda di disegno o modello sulla base di una domanda anteriore di brevetto, l’interpretazione cambia. L’assenza di qualsiasi riferimento ai brevetti sembra, in tale contesto, un’omissione da parte del legislatore dell’Unione. Nel contesto dell’interpretazione conforme, il giudice è tenuto a correggere eventuali sviste del legislatore. Pertanto, al Tribunale non dovrebbe essere impedito di individuare una lacuna legislativa basata sull’asserito requisito della convenzione di Parigi di ammettere un binomio costituito da un brevetto anteriore e un disegno o modello successivo. L’individuazione di lacune è, a mio avviso, una tecnica accettabile nel contesto dell’interpretazione conforme.

87.

Tale, almeno, sembra essere il caso delle questioni interne di interpretazione del diritto nazionale in conformità al diritto dell’Unione. Come ho già spiegato (v. paragrafo 74 delle presenti conclusioni), l’obbligo imposto ai giudici nazionali di interpretazione conforme in tali questioni interne è di ampia portata. In siffatto contesto, la Corte non ha facilmente accettato le posizioni dei giudici nazionali secondo cui una diversa interpretazione del diritto nazionale sarebbe contra legem. La Corte ha richiesto ai giudici nazionali maggiore creatività rispetto alla loro prassi interna per conseguire il risultato prefissato ( 52 ), e persino di discostarsi dalla giurisprudenza consolidata nell’interpretare la norma interna di cui trattasi ( 53 ). La creatività richiesta include l’individuazione di lacune ( 54 ).

88.

Si pone la questione se, tuttavia, i giudici dell’Unione siano tenuti a ricorrere allo stesso livello di creatività quando devono interpretare il diritto dell’Unione in conformità con gli impegni internazionali dell’Unione.

89.

La Corte ha giustificato l’obbligo di interpretazione conforme per le questioni interne nel modo seguente. I giudici nazionali, in quanto parte degli Stati membri, sono vincolati dall’obbligo di lealtà espresso oggi nell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e denominato principio di leale cooperazione ( 55 ). I giudici nazionali sono quindi tenuti a conseguire i risultati richiesti dal diritto dell’Unione nell’ambito delle loro attribuzioni, consistenti nell’interpretare il diritto. Inoltre, in virtù dello stesso obbligo di lealtà, si presume che uno Stato membro nella sua qualità di legislatore non abbia l’intenzione di violare il diritto dell’Unione. Se ne può dedurre che, a meno che non sia espressamente indicato diversamente, tutta la legislazione nazionale, precedente e successiva al diritto dell’Unione, sia conforme al diritto dell’Unione ( 56 ). Per i giudici nazionali, ciò significa che essi non contravvengono alla volontà del legislatore se interpretano il diritto nazionale in conformità con il diritto dell’Unione.

90.

Sebbene, ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE o del principio internazionale «pacta sunt servanda», l’Unione sia vincolata dai suoi obblighi internazionali, ciò non si basa sullo stesso obbligo di lealtà di natura costituzionale ( 57 ) che sussiste per gli Stati membri ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Una presunzione secondo cui il legislatore dell’Unione non intendesse violare gli impegni internazionali assunti dall’Unione non può essere altrettanto solida quanto la medesima presunzione in questioni interne.

91.

Ciò può giustificare un punto di vista secondo cui l’obbligo di interpretazione del diritto dell’Unione conforme agli accordi internazionali è di portata minore. Al riguardo, l’individuazione di lacune potrebbe essere più facilmente qualificata come un’interpretazione contra legem, in assenza di una chiara prova dell’intenzione del legislatore dell’Unione di attenersi agli impegni internazionali assunti dall’Unione. In ogni caso, il limite contra legem all’interpretazione conforme è esso stesso oggetto di interpretazione in ciascun caso specifico.

92.

Atteso che il legislatore dell’Unione ha scelto termini quasi identici a quelli della convenzione di Parigi quando ha disciplinato i diritti di priorità in relazione alle domande di disegni e modelli comunitari, e benché non abbia dichiarato espressamente la sua intenzione di attenersi alle regole di priorità di tale convenzione in nessun punto del regolamento n. 6/2002, sono del parere, come ho già spiegato (v. paragrafo 68 delle presenti conclusioni), che il presente caso possa essere qualificato come una situazione del tipo Nakajima. Per detto motivo, l’individuazione di una lacuna nel regolamento n. 6/2002 sarebbe giustificata e non rappresenterebbe un’interpretazione contra legem, qualora davvero la convenzione di Parigi richiedesse chiaramente il termine di priorità di dodici mesi.

93.

Sono tuttavia del parere che la convenzione di Parigi non contenga una norma siffatta che impone un termine di dodici mesi, tanto meno una norma così chiara, e che il Tribunale abbia pertanto interpretato erroneamente detta convenzione. Ciò mi porta alla parte finale delle presenti conclusioni. Pertanto, il Tribunale non è incorso in errore nel cercare di interpretare il regolamento n. 6/2002 in conformità alla convenzione di Parigi.

B.   Sull’interpretazione della convenzione di Parigi

94.

Vi sono due principali questioni di interpretazione della convenzione di Parigi in relazione alle quali le parti sono in disaccordo.

95.

In primo luogo, l’EUIPO, sostenuto dalla Commissione, fa valere che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la convenzione di Parigi autorizzi una domanda anteriore di brevetto come fondamento per una successiva domanda di disegno o modello. La KaiKai sostiene che il Tribunale ha interpretato correttamente detta convenzione.

96.

In secondo luogo, l’EUIPO sostiene che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la convenzione di Parigi stabilisca una regola generale secondo cui il diritto anteriore determina la durata del termine di priorità e alla quale l’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, della convenzione di Parigi costituisce un’eccezione. Pertanto, l’EUIPO ritiene che il Tribunale sia incorso in errore nel ritenere che la KaiKai potesse beneficiare di un termine di priorità di dodici mesi. La KaiKai difende l’interpretazione del Tribunale.

97.

A mio avviso, il Tribunale ha correttamente ritenuto che la convenzione di Parigi consenta una rivendicazione di priorità basata sul binomio costituito da una domanda anteriore di brevetto e da una successiva domanda di disegno o modello. Tuttavia, il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel riconoscere un termine di priorità di dodici mesi quando la domanda di priorità per un disegno o modello comunitario è fondata su una domanda anteriore di brevetto.

98.

Prima di spiegare le mie ragioni a favore di tale interpretazione della convenzione di Parigi, esaminerò brevemente i metodi che il Tribunale dovrebbe utilizzare nell’interpretazione di un accordo internazionale, quale la convenzione di Parigi.

1. Sui metodi di interpretazione di un accordo internazionale

99.

Il diritto internazionale, compreso quello dell’OMC, nonostante l’esistenza di un proprio meccanismo di risoluzione delle controversie, non è dotato di un’istituzione giudiziaria a cui è demandata l’interpretazione delle disposizioni degli accordi internazionali con attribuzioni di autorità di ultima istanza vincolante per tutti gli altri attori. Pertanto, a differenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, manca un meccanismo che garantisca un’interpretazione uniforme.

100.

Uno strumento per attenuare il problema della disparità di interpretazione è rappresentato dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (in prosieguo: la «convenzione di Vienna»), che contiene regole di interpretazione degli accordi internazionali ( 58 ). Benché l’Unione non sia parte di detta convenzione, le sue norme sono una codificazione del diritto internazionale consuetudinario ( 59 ) e l’Unione dovrebbe applicarle nell’interpretazione degli accordi internazionali ( 60 ).

101.

L’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Vienna stabilisce la seguente regola generale di interpretazione: «Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo». L’articolo 31, paragrafi da 2 a 4, della medesima convenzione fornisce ulteriori chiarimenti e l’articolo 32 contiene alcune norme interpretative supplementari.

102.

A mio avviso, le regole interpretative stabilite dalla convenzione di Vienna non sono così diverse dai metodi di interpretazione abitualmente utilizzati dalla Corte. Pertanto, nell’interpretare la convenzione di Parigi, la Corte dovrebbe prendere in considerazione la sua formulazione, il suo contesto e lo scopo per cui detta convenzione è stata innanzi tutto adottata. Tuttavia, il punto di partenza dovrebbe essere la formulazione, il contesto e lo scopo dell’accordo internazionale stesso, e non il modo in cui l’Unione europea lo ha attuato. Pertanto, benché il legislatore dell’Unione abbia in buona fede interpretato la convenzione di Parigi nel senso che essa non consente il binomio costituito da un brevetto anteriore e da un disegno o modello successivo e per tale motivo abbia deciso di consentire solo i disegni e modelli di utilità anteriori come fonte dei diritti di priorità per i disegni e modelli comunitari, ciò non significa che tale interpretazione della convenzione di Parigi sia corretta ( 61 ).

103.

Ciò premesso, passo ora ad esaminare le due questioni controverse.

2. Una domanda di brevetto anteriore come fonte dei diritti di priorità per una domanda successiva di disegno o modello

a) Osservazioni preliminari

104.

La protezione della proprietà intellettuale è territoriale, il che significa che essa è valida solo nel territorio del Paese (o della regione) che la concede. Per i tipi di diritti di proprietà intellettuale che richiedono una registrazione per beneficiare della protezione, come i brevetti, i modelli di utilità e i disegni o modelli, ciò significa che la protezione sarà valida solo nel territorio rientrante nella giurisdizione del rispettivo organismo di registrazione che l’ha approvata.

105.

Chi desidera proteggere la propria invenzione, il proprio disegno o marchio con cui viene venduto il prodotto deve richiedere tale protezione in ogni singolo Paese o regione. Per attenuare i problemi derivanti dalla territorialità della protezione della proprietà intellettuale, la convenzione di Parigi ha introdotto il regime dei diritti di priorità. Esso non elimina la necessità di richiedere la protezione in ogni territorio desiderato separatamente, ma «guadagna tempo» per richiedere tale protezione prima che i potenziali concorrenti possano fare lo stesso. Questo tempo, chiamato termine di priorità, può essere di sei o dodici mesi e inizia a decorrere dal momento in cui la prima domanda è stata regolarmente presentata.

106.

Oltre alla territorialità, un’altra complicazione della protezione della proprietà intellettuale deriva dalle differenze nei tipi di diritti di proprietà intellettuale. I Paesi definiscono in modo diverso ciò che si intende per un certo tipo di diritto di proprietà intellettuale e non tutti prevedono gli stessi tipi di diritti di proprietà intellettuale. Così, undici Stati membri dell’Unione sembrano riconoscere i modelli di utilità come forma distinta di diritto di proprietà intellettuale ( 62 ). Inoltre, tipologie analoghe di diritti di proprietà intellettuale sono spesso denominate in modo diverso. Ad esempio, il tipo di protezione più vicino a quello che in Europa viene solitamente definito disegno o modello, negli Stati Uniti è chiamato brevetto di disegno o modello ( 63 ). Persino il termine disegno comunitario non è uniforme a livello dell’Unione. Così, la versione inglese del regolamento n. 6/2002 fa riferimento a «Community designs», mentre la versione francese fa riferimento a «dessins ou modèles communautaires» ( 64 ).

b) Una domanda ai sensi del PCT

107.

Il PCT, ai sensi del quale la KaiKai ha depositato una domanda sul cui fondamento ha chiesto all’EUIPO il riconoscimento di un diritto di priorità nella causa di cui trattasi rappresenta uno sforzo internazionale per rendere la vita più facile agli inventori.

108.

Il PCT è un accordo internazionale concluso nel 1970 ed entrato in vigore nel 1978. Attualmente esso conta 157 Stati firmatari, tra cui tutti i 27 Stati membri dell’Unione, ma non l’Unione Europea. Si tratta di un accordo speciale nell’ambito della convenzione di Parigi, gestito dall’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale. Il PCT prevede il deposito di una «domanda internazionale» per la protezione delle invenzioni ( 65 ). Una volta depositata, una domanda internazionale di questo tipo può essere interpretata come una domanda di brevetto, di modello di utilità e di altri tipi di protezione delle invenzioni, come i certificati di autore d’invenzione e i certificati di utilità ( 66 ). Dopo la fase internazionale, che non può portare alla concessione della protezione, il soggetto che ha presentato una domanda internazionale deve avviare la fase nazionale, in cui chiederà la forma di protezione adeguata in ciascun Paese o regione separatamente. Lo scopo di una domanda internazionale, è, tra l’altro, di stabilire una data di deposito al fine di beneficiare dei diritti di priorità.

109.

L’EUIPO sostiene che l’erroneo ragionamento del Tribunale parte dall’uso dell’espressione «domanda internazionale di brevetto», giuridicamente inesistente. In effetti, la KaiKai ha presentato una domanda internazionale ai sensi del PCT, e non una domanda internazionale di brevetto. Come ho appena spiegato, una domanda internazionale di questo tipo può essere interpretata come una domanda di brevetto o di modello di utilità, ma fino a quando non viene presa una siffatta decisione con il deposito di una domanda nazionale, una domanda internazionale si trova in una sovrapposizione di stati quantici, per così dire è, allo stesso tempo, una domanda di brevetto e una domanda di modello di utilità.

110.

A mio avviso, utilizzando l’espressione «domanda internazionale di brevetto», il Tribunale ha voluto sottolineare che la domanda della KaiKai può essere intesa come una domanda di brevetto, benché essa possa parimenti essere una domanda di modello di utilità. Proprio per tale motivo, il Tribunale ha concluso che la KaiKai godrebbe di un termine di priorità di dodici mesi. Riprendendo la terminologia della fisica quantistica, mentre il Tribunale ha «fatto collassare» la domanda internazionale della KaiKai in un brevetto, l’EUIPO l’ha «fatta collassare» in un modello di utilità. È come se l’EUIPO la chiamasse «domanda internazionale di modello di utilità». Pertanto, l’affermazione dell’EUIPO secondo cui il Tribunale avrebbe utilizzato un’espressione inesistente non è pertinente.

c) Ragioni per interpretare la convenzione di Parigi nel senso che essa consente il binomio costituito da un brevetto antecedente e da un disegno o modello successivo

111.

La convenzione di Parigi non prevede espressamente la possibilità di fondare un diritto di priorità per una successiva domanda di disegno o modello su una domanda di brevetto antecedente. Tuttavia, essa non esclude tale possibilità.

112.

La formulazione dell’articolo 4, sezione A, paragrafo 1, della convenzione di Parigi enumera diversi possibili primi depositi («domanda di brevetto d’invenzione, di modello di utilità, di disegno o modello industriale, di marchio di fabbrica o di commercio») e poi afferma che, ai fini di un successivo deposito in altri Paesi, un soggetto gode di un diritto di priorità, ma senza specificare il tipo di domanda. Ciò può facilmente suggerire che una qualsiasi dei possibili primi depositi enumerati può essere fonte di diritti di priorità per qualsiasi deposito successivo.

113.

La formulazione dell’articolo 4, sezione A, paragrafo 1, della convenzione di Parigi non è pertanto esaustiva. Invero, il contesto in cui si colloca la convenzione di Parigi, che comprende la diversità delle forme di diritti di proprietà intellettuale nel mondo, depone a favore di un’interpretazione che non attribuisce un ruolo decisivo alla forma o al nome di un diritto di proprietà intellettuale.

114.

L’EUIPO sostiene che il Tribunale ha erroneamente interpretato la norma generale della convenzione di Parigi sull’identità dell’oggetto. Secondo l’EUIPO, ogni tipo di diritto di proprietà industriale dà luogo a un diritto di priorità solo per lo stesso tipo di diritto, ad esempio un brevetto per un brevetto, un disegno per un disegno o un modello di utilità per un modello di utilità ( 67 ). Pertanto, salvo espressa disposizione contraria, solo un disegno o modello antecedente può far sorgere un diritto di priorità per un disegno o modello comunitario successivo; un brevetto non soddisfa questa regola.

115.

A mio avviso, la regola dell’identità dell’oggetto può essere intesa in termini formali o sostanziali. Nella presente impugnazione, l’EUIPO sembra utilizzarla in senso formale, in quanto insiste sull’identità della forma della domanda antecedente e di quella successiva ( 68 ).

116.

La guida alla convenzione di Parigi, tuttavia, sembra suggerire un’interpretazione sostanziale della regola sull’identità dell’oggetto. Così, per quanto riguarda l’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, della convenzione di Parigi, la suddetta guida afferma che «[r]aramente accadrà che un disegno o modello industriale e un modello di utilità riguardino lo stesso oggetto perché, in linea di principio, il primo riguarda gli aspetti ornamentali di un articolo industriale, mentre il secondo si riferisce alla sua novità tecnica» ( 69 ). Questo riferimento allo stesso oggetto sembra implicare la sostanza dell’idea innovativa per la quale si chiede la protezione, e non la forma in cui viene protetta.

117.

Mi sembra che lo scopo della Convenzione di Parigi di temperare il principio di territorialità introducendo i diritti di priorità imponga parimenti una siffatta interpretazione sostanziale, anziché formale, della regola sull’identità dell’oggetto.

118.

Probabilmente, è stata proprio la consapevolezza della possibilità di una sovrapposizione sostanziale tra l’oggetto della protezione in base a diverse forme di diritti di proprietà industriale che ha spinto a modificare la convenzione di Parigi nel 1925, introducendo l’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, che consente espressamente un binomio costituito da un modello di utilità anteriore e un disegno o modello successivo.

119.

Se siffatta sovrapposizione sostanziale può esistere tra un modello di utilità e un disegno o modello, essa può parimenti esistere tra un brevetto e un disegno o modello. Secondo i documenti istituzionali dell’Unione, i modelli di utilità sono diritti registrati che garantiscono una protezione esclusiva per le invenzioni tecniche, al pari dei brevetti; come nel caso del brevetto, si esige che le invenzioni tecniche abbiano il requisito della novità, anche se spesso il grado di inventiva richiesto è inferiore a quello prescritto per i brevetti. Contrariamente ai brevetti, i modelli di utilità sono concessi senza una previa verifica della novità e del grado di inventiva. Si tratta quindi di una protezione che può essere ottenuta più rapidamente e con minore spesa, che però offre una certezza giuridica inferiore ( 70 ). Per tale ragione, i modelli di utilità sono stati definiti, ad esempio, «brevetti di seconda classe» ( 71 ), «piccole invenzioni» ( 72 ) o brevetti nazionali «di breve durata» ( 73 ).

120.

Ci si può chiedere perché la possibilità di avvalersi di una domanda di brevetto anteriore per una successiva domanda di disegno o modello non sia stata espressamente inserita nel testo della convenzione di Parigi al momento dell’introduzione dell’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, per fornire la possibilità di avvalersi di un modello di utilità. A mio avviso, ciò non era necessario proprio perché un binomio costituito da un brevetto anteriore e da un disegno o modello successivo era già possibile grazie alla regola dell’identità dell’oggetto intesa in termini sostanziali. La ragione dell’esplicita menzione del binomio comprendente un modello di utilità e un disegno o modello può essere spiegata con la relativa novità dei modelli di utilità nella convenzione di Parigi.

121.

A tale riguardo, è necessario ricordare che la convenzione di Parigi è stata conclusa nel lontano 1883. All’epoca, il modello di utilità come forma di protezione di un’invenzione non era stato trattato. Esso è stato riconosciuto dalla convenzione di Parigi solo nel 1911, sulla base della revisione della conferenza di Washington. In seguito, con la revisione della conferenza dell’Aia, è stato introdotto nella convenzione del 1925 l’articolo 4, sezione E ( 74 ). Si è reso pertanto necessario chiarire come i modelli di utilità si inseriscano nel regime dei diritti di priorità della convenzione di Parigi. Per contro, ciò non era necessario per i brevetti, poiché la convenzione di Parigi li ha riconosciuti fin dall’inizio come una forma di diritto di proprietà industriale. Pertanto, il binomio costituito da un brevetto anteriore e da un disegno o modello successivo non meritava una menzione speciale in caso di sovrapposizione sostanziale dell’oggetto della protezione, in quanto derivava già dalla regola dell’identità dell’oggetto intesa in termini sostanziali.

122.

In sintesi, date le analogie tra brevetti e modelli di utilità, non si può escludere che si verifichi una sovrapposizione sostanziale tra una domanda di brevetto anteriore e una domanda di disegno o modello successiva. Se si accetta che la regola sull’identità dell’oggetto è di natura sostanziale, non c’è motivo per cui un brevetto non possa essere utilizzato come fonte di diritti di priorità per un disegno o modello successivo, così come è accettato per un modello di utilità. A mio avviso, tale possibilità non è esclusa da alcuna disposizione della convenzione di Parigi.

123.

Ritengo pertanto che il Tribunale non abbia commesso alcun errore di diritto nell’interpretare la convenzione di Parigi nel senso che essa consente l’utilizzo di una domanda di brevetto anteriore come fonte di diritti di priorità per una domanda di disegno o modello successiva, a condizione che l’oggetto delle due domande sia sostanzialmente lo stesso.

3. Il termine di priorità per una domanda di disegno o modello successiva fondata su una domanda di brevetto anteriore

124.

L’EUIPO sostiene che non esiste una regola generale insita nella logica della convenzione di Parigi ( 75 ), secondo la quale la durata del termine di priorità è determinata dalla natura del diritto anteriore. Esso sostiene pertanto che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel constatare una siffatta regola.

125.

Su questo punto, concordo con l’EUIPO.

126.

L’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, della convenzione di Parigi assegna un termine di priorità di dodici mesi ai brevetti e ai modelli di utilità, e un termine di priorità di sei mesi ai disegni industriali e ai marchi. La suddetta disposizione non spiega se tale termine dipenda dal diritto anteriore o da quello successivo. Se gli elementi del binomio sono gli stessi, tale questione è irrilevante, come fa valere giustamente l’EUIPO. Tuttavia, essa diventa rilevante se il binomio è eterogeneo, come nel caso della combinazione di un modello di utilità antecedente e un disegno o modello successivo oppure di un brevetto antecedente e di un disegno o modello successivo.

127.

Per la prima di queste due situazioni, la convenzione di Parigi offre una soluzione esplicita all’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, che si basa sulla durata del termine assegnato al diritto successivo, ossia il termine di sei mesi che l’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, assegna ai disegni e modelli industriali. La convenzione di Parigi tace in merito alla seconda combinazione costituita da un brevetto antecedente e da un disegno o modello successivo.

128.

Sebbene il testo taccia sul punto, il Tribunale ha dedotto dalla presunta regola generale, secondo cui la natura del diritto anteriore è determinante per stabilire la durata del termine di priorità, che il termine appropriato per questa seconda combinazione fosse di dodici mesi. Ciò è stato desunto dall’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, della convenzione di Parigi, che assegna ai brevetti dodici mesi.

129.

Il Tribunale ha interpretato l’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, della convenzione di Parigi come un’eccezione alla suddetta regola generale. L’EUIPO, al contrario, sostiene che l’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, della convenzione di Parigi costituisce sì un’eccezione, ma che la regola generale a cui tale disposizione fa eccezione è stata erroneamente individuata dal Tribunale ( 76 ).

130.

Innanzitutto, il testo della convenzione di Parigi non spiega se il termine di priorità dipenda dalla natura del diritto anteriore o del diritto successivo. In tal caso, è necessario prendere in considerazione metodi di interpretazione supplementari, che includono la presa in considerazione dei lavori preparatori.

131.

A questo proposito, la sentenza impugnata è rivelatrice. Il Tribunale ha indicato che i lavori preparatori alla convenzione di Parigi rivelavano che la ragione per estendere il termine di priorità dei brevetti da sei a dodici mesi era che in alcuni Paesi, in particolare in Germania, era difficoltoso effettuare l’esame preliminare della domanda di brevetto entro il termine di sei mesi ( 77 ).

132.

Interpreto tale precisazione nel modo seguente. Per poter valutare la durata del termine di priorità, sono rilevanti due date: la data di deposito del primo diritto a partire dalla quale inizia a decorrere tale termine e la data di deposito del diritto successivo alla quale tale termine scade. Se in Germania il deposito di un brevetto successivo richiede più di sei mesi, è impossibile beneficiare di un deposito anteriore in tempo utile qualora il termine sia di sei mesi dal primo deposito. Ciò significa, ad esempio, che, se un soggetto ha depositato un brevetto in Francia, non potrà depositare il successivo brevetto in Germania entro il termine di sei mesi. Era questa la ragione per prolungare tale termine a dodici mesi. In tal modo è stato trovato un equilibrio tra gli interessi di chi richiede un diritto di proprietà industriale, cui dovrebbe essere consentito organizzare l’estensione internazionale di tale diritto entro un termine adeguato, e gli interessi dei terzi, che non dovrebbero trovarsi di fronte a termini di priorità troppo lunghi durante i quali sia impossibile ottenere validamente i diritti che desiderano acquisire per gli stessi oggetti ( 78 ). In breve, la ragione dell’estensione del termine di priorità per i brevetti risiedeva nella durata delle procedure in alcuni Paesi per depositare un brevetto come diritto successivo.

133.

Pertanto, ritengo che il Tribunale sia incorso in errore nel ritenere che la convenzione di Parigi contenga una regola generale secondo la quale la durata del termine di priorità dipende dal primo deposito. Mi sembra più sensato che tale termine dipenda dal deposito successivo.

134.

Sono quindi del parere che la durata dei termini di priorità previsti dall’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, della convenzione di Parigi dipenda dalla natura della domanda successiva, piuttosto che dalla natura della prima domanda.

135.

Applicando questa logica al caso in esame, se il diritto di priorità per una domanda successiva di disegno o modello è rivendicato sulla base di una domanda di brevetto anteriore, la durata del termine di priorità sarebbe di sei mesi, in applicazione dell’articolo 4, sezione C, paragrafo 1, della convenzione di Parigi.

136.

La sentenza del Tribunale nella causa TELEYE ( 79 ), sulla quale il Tribunale si è basato nella sentenza impugnata ( 80 ), non osta alla conclusione che precede. Nella sentenza TELEYE il Tribunale ha statuito, nel contesto del diritto dei marchi, che è la domanda di registrazione di un diritto anteriore a far sorgere il diritto di priorità. Tale conclusione sembra del tutto coerente con la convenzione di Parigi, secondo la quale l’esistenza e la data della domanda anteriore sono rilevanti ai fini della decorrenza del termine di priorità. Tuttavia, contrariamente al motivo per cui il Tribunale ha invocato tale sentenza, ciò non dice nulla sulla durata del termine di cui trattasi.

137.

Pur concordando con l’EUIPO sulla durata del termine di priorità di sei mesi nel caso di specie, non posso accettare il suo argomento fondato sulla mancanza di reciprocità con i Paesi terzi, in particolare con gli Stati Uniti. L’EUIPO sostiene essenzialmente che negli Stati Uniti i disegni e modelli sono protetti dalla legge sui brevetti («brevetti per disegni o modelli») e che, in conseguenza della sentenza impugnata, i richiedenti possono beneficiare automaticamente di un termine di priorità di dodici mesi, mentre i richiedenti nell’Unione europea hanno un termine di priorità di solo sei mesi. Tuttavia, le direttive dell’EUIPO trattano già i brevetti per disegni o modelli statunitensi come domande di disegni e modelli, che possono essere fonte di diritti di priorità per i disegni e modelli comunitari nel termine i sei mesi successivi alla domanda di brevetto di disegno o modello. Non trovo alcuna alterazione della reciprocità a danno dei soggetti che hanno depositato la loro domanda anteriore di registrazione di un disegno o modello nell’Unione europea, che deriverebbe dal fatto che una domanda di brevetto anteriore garantirebbe dodici mesi di protezione per una successiva domanda di disegno o modello comunitario. I brevetti per disegni o modelli statunitensi sarebbero comunque classificati come domande di disegni o modelli e non come domande di brevetto.

138.

Infine, vorrei affrontare gli argomenti basati sull’articolo 4, sezione E, paragrafo 1, della convenzione di Parigi. Il Tribunale si è basato su tale disposizione per avvalorare la propria conclusione secondo cui esisterebbe una regola generale in base alla quale il termine di priorità è legato alla natura del diritto anteriore. Esso ha interpretato tale disposizione come un’eccezione alla presunta regola generale, per cui solo in questa particolare situazione un termine di priorità sarebbe collegato al diritto successivo. A mio avviso, tuttavia, questa disposizione non costituisce un’eccezione, ma piuttosto l’applicazione della regola generale secondo cui la durata del termine di priorità dipende dalla natura del diritto successivo.

139.

Per le ragioni che precedono, la Corte dovrebbe statuire che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nella misura in cui ha concluso che, ai sensi della convenzione di Parigi, una domanda di disegno o modello, se basata su una domanda di brevetto anteriore, beneficia di un termine di priorità di dodici mesi, anziché di sei mesi.

140.

In conclusione, propongo che la Corte interpreti la convenzione di Parigi nel senso che essa consente che la domanda successiva di registrazione di un disegno o modello (compreso un disegno o modello comunitario) si basi su una domanda di brevetto anteriore, a condizione che vi sia una sostanziale identità dell’oggetto. La durata del termine di priorità in questo caso è di sei mesi, secondo quanto attribuito dalla convenzione di Parigi ai disegni e modelli industriali.

V. Conseguenze

141.

Il motivo unico d’impugnazione è, a mio avviso, parzialmente fondato. Pertanto, la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata.

142.

Applicando l’articolo 61, primo comma, dello statuto, la Corte di giustizia dovrebbe respingere il secondo motivo sollevato dalla KaiKai dinanzi al Tribunale.

143.

Tuttavia, non ritengo che lo stato degli atti consenta alla Corte di statuire sul primo motivo, che non è stato analizzato dal Tribunale nella sentenza impugnata e le cui allegazioni fattuali relative al merito della controversia non sono state oggetto di discussione dinanzi alla Corte. Occorre pertanto rinviare la causa al Tribunale affinché si pronunci su tale motivo, riservando le spese.

VI. Conclusione

144.

Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di:

annullare la sentenza del Tribunale del 14 aprile 2021, The KaiKai Company Jaeger Wichmann / EUIPO (Apparecchi e articoli per la ginnastica e per lo sport) (T‑579/19, EU:T:2021:186);

respingere il secondo motivo dedotto da The KaiKai Company Jaeger Wichmann GbR dinanzi al Tribunale;

rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché si pronunci sugli altri motivi d’impugnazione;

riservare le spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (GU 2002, L 3, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 6/2002»).

( 3 ) Firmato a Washington, D.C. il 19 giugno 1970 e modificato da ultimo il 3 ottobre 2001 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1160, n. 18336, pag. 231).

( 4 ) Firmata a Parigi il 20 marzo 1883, riveduta da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 828, n. 11851, pag. 305).

( 5 ) V. altresì paragrafi da 28 a 43 delle presenti conclusioni.

( 6 ) V. articolo 58 bis, terzo comma, dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: lo «statuto»); v. articolo 170 bis, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia.

( 7 ) Oltre alla causa di cui trattasi, finora sono state ammesse altre cinque cause, tutte riguardanti il marchio UE. Tre cause sollevano questioni relative alla Brexit [v. ordinanze del 7 aprile 2022, EUIPO/Indo European Foods (C‑801/21 P, EU:C:2022:295); del 16 novembre 2022, EUIPO/Nowhere (C‑337/22 P, EU:C:2022:908); e del 18 aprile 2023, Shopify/EUIPO (C‑751/22 P, EU:C:2023:328)]. Le altre due cause sollevano questioni relative all’indipendenza degli avvocati dinanzi ai giudici dell’Unione [v. ordinanze del 30 gennaio 2023, bonnanwalt/EUIPO (C‑580/22 P, non pubblicata, EU:C:2023:126), e dell’8 maggio 2023, Studio Legale Ughi e Nunziante/EUIPO (C‑776/22 P, EU:C:2023:441)].

( 8 ) V. regolamento (UE, Euratom) 2019/629 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, recante modifica del protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (GU 2019, L 111, pag. 1), articoli da 1 a 3 e considerando 4 e 5; Corte di giustizia dell’Unione europea, Comunicato stampa n. 53/19, Lussemburgo, 30 aprile 2019. Per una disamina generale del meccanismo di cernita delle impugnazioni, v., ad esempio, De Lucia, L., «The shifting state of rights protection vis-a-vis EU agencies: A look at Article 58a of the Statute of the Court of Justice of the European Union», European Law Review, Vol. 44, 2019, pag. 809; Gaudissart, M.‑A., «L’admission préalable des pourvois: une nouvelle procedure pour la Cour de justice», Cahiers de droit européen, 2020, pag. 177; Orzan, M.F., «Some remarks on the first applications of the filtering of certain categories of appeals before the Court of Justice», European Intellectual Property Review, Vol. 42, 2020, pag. 426.

( 9 ) V. articolo 58 bis, primo e secondo comma, dello statuto.

( 10 ) La richiesta di modifica dell’articolo 58 bis dello statuto aggiungerebbe sei uffici, organi e agenzie dell’Unione esistenti al 1o maggio 2019 (l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, il Comitato di risoluzione unico, l’Autorità bancaria europea, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e l’Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie). Inoltre, essa estenderebbe l’ambito di applicazione di questo meccanismo alle impugnazioni presentate avverso le decisioni del Tribunale relative all’esecuzione di un contratto contenente una clausola compromissoria ai sensi dell’articolo 272 TFUE.V. domanda presentata dalla Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 281, secondo comma, [TFUE], al fine di modificare il Protocollo n. 3 sullo [Statuto], disponibile all’indirizzo: https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_64268/it/.

( 11 ) Articolo 58 bis, terzo comma, dello statuto; v. altresì articolo 170 bis, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia. Ciò viene deciso da una sezione della Corte istituita appositamente a tal fine: v. articolo 170 ter di detto regolamento.

( 12 ) V., al riguardo, articolo 170 bis del regolamento di procedura della Corte di giustizia; v. altresì, ad esempio, ordinanza del 10 dicembre 2021, EUIPO/The KaiKai Company Jaeger Wichmann (C‑382/21 P, EU:C:2021:1050, punti da 20 a 22, 2728).

( 13 ) V. al riguardo, Gaudissart, citato nella nota 8 delle presenti conclusioni, pag. 188 (il quale osserva che alcune delegazioni del Consiglio hanno suggerito di definire nelle norme procedurali i concetti di unità, coerenza e sviluppo del diritto dell’Unione, ma che tale proposta non è stata accolta e ha lasciato alla Corte il compito di elaborarla nella sua giurisprudenza).

( 14 ) V., ad esempio, il sito Internet degli organi giurisdizionali statunitensi, «Supreme Court Procedures», all’indirizzo: https://www.uscourts.gov/about-federal-courts/educational-resources/about-educational-outreach/activity-resources/supreme-1.

( 15 ) Regolamento della Supreme Court (Corte suprema) degli Stati Uniti, adottato il 5 dicembre 2022 e in vigore dal 1o gennaio 2023, disponibile all’indirizzo: https://www.supremecourt.gov/filingandrules/2023RulesoftheCourt.pdf.

( 16 ) La regola 10 della Supreme Court (Corte Suprema) degli Stati Uniti indica i seguenti motivi che possono indurre la stessa ad accogliere la richiesta di riesame: «a) una corte d’appello degli Stati Uniti ha emesso una decisione in conflitto con la decisione di un’altra corte d’appello degli Stati Uniti sulla stessa questione importante; si è pronunciata su un’importante questione federale in modo contrastante con una decisione di un organo giurisdizionale statale di ultima istanza; o si è talmente discostata dal normale corso accettato dei procedimenti giudiziari, o ha approvato tale corso alternativo da parte di un organo giurisdizionale inferiore da richiedere l’esercizio del potere di supervisione di questa Corte; b) un organo giurisdizionale statale di ultima istanza si è pronunciato su un’importante questione federale in contrasto con la decisione di un altro organo giurisdizionale statale di ultima istanza o di una corte d’appello degli Stati Uniti; c) un organo giurisdizionale statale o una corte d’appello degli Stati Uniti si sono pronunciati su un’importante questione di diritto federale che non è stata risolta da questa Corte, ma che dovrebbe esserlo, o si sono pronunciati su un’importante questione federale in contrasto con le pertinenti decisioni di questa Corte».

( 17 ) Cfr., in relazione al meccanismo del «certiorari» statunitense, Giannini, L.J., «Access Filters and the Institutional Performance of the Supreme Courts», International Journal of Procedural Law, Vol. 12, 2022, pag. 190, in particolare pag. 218.

( 18 ) Per una conclusione analoga sulla Corte di giustizia nell’ambito del procedimento di riesame ai sensi dell’articolo 256 TFUE, v. Brkan, M., «La procédure de réexamen devant la Cour de justice: vers une efficacité accrue du nouveau règlement de procédure» in Mahieu, S. (a cura di), Contentieux de l’Union européenne: Questions choisies, Larcier, 2014, pag. 489. V. altresì Rousselot, R., «La procédure de réexamen en droit de l’Union européenne», Cahiers de droit européen, 2014, pag. 535.

( 19 ) V. ordinanza del 10 dicembre 2021, EUIPO/The KaiKai Company Jaeger Wichmann (C‑382/21 P, EU:C:2021:1050, punti da 31 a 34). Per le argomentazioni dell’EUIPO, v. altresì punti da 13 a 19 di detta ordinanza.

( 20 ) V., al riguardo, conclusioni presentate dall’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Spedition Welter (C‑306/12, EU:C:2013:359, paragrafo 35).

( 21 ) Ciò è stato riconosciuto dalla Corte già nel 1974. V. sentenza del 30 aprile 1974, Haegeman (181/73, EU:C:1974:41, punti 45).

( 22 ) Articolo 216, paragrafo 2, TFUE.

( 23 ) V., ad esempio, sentenza del 3 giugno 2008, Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punto 42).

( 24 ) Firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e che costituisce l’allegato 1 C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l’«OMC»), approvato con decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1).

( 25 ) Ciò è diverso dall’obbligo dell’Unione di non ostacolare gli obblighi che gli Stati membri hanno acquisito ai sensi della convenzione di Parigi in quanto parti contraenti della stessa. L’obbligo di «non ostacolare» deriva dall’articolo 2, paragrafo 2, dell’accordo TRIPS, che prevede che nessuna disposizione di tale accordo pregiudica gli eventuali obblighi reciproci incombenti ai membri in forza della Convenzione di Parigi. La Corte ha ritenuto che tale obbligo dell’Unione non fosse in contrasto con gli obblighi degli Stati membri in relazione alla Convenzione di Roma sulla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione, di cui gli Stati membri, ma non l’Unione europea, sono parti contraenti. La Corte ha ritenuto che tale obbligo per l’Unione sorga sulla base dell’articolo 1, paragrafo 1, del Trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi, di cui l’Unione è parte contraente. V. sentenza del 15 marzo 2012, SCF Consorzio Fonografici (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 50).

( 26 ) V., per analogia, sentenza del 15 novembre 2012, Bericap Záródástechnikai (C‑180/11, EU:C:2012:717, punto 70). Tale interpretazione è stata espressa anche al punto 15 della decisione della commissione di ricorso nel caso di specie: «Per l’Unione europea, che non è membro della convenzione di Parigi in quanto organizzazione intergovernativa, ma è membro dell’OMC, l’articolo 4 della convenzione di Parigi si applica di conseguenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’accordo TRIPS».

( 27 ) La Corte ha stabilito la mancanza di efficacia diretta orizzontale in linea di principio nelle sentenze del 26 febbraio 1986, Marshall (152/84, EU:C:1986:84, punto 48), e del 14 luglio 1994, Faccini Dori (C‑91/92, EU:C:1994:292, punto 20), e ha confermato tale posizione in numerose cause successive. V., ad esempio, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 37), e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 32).

( 28 ) V., tra l’altro, sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 45).

( 29 ) Così, ad esempio, la Corte ha riconosciuto l’efficacia diretta delle disposizioni degli accordi di associazione tra l’Unione e i Paesi terzi che concedono ai singoli diritti di stabilimento che possono far valere in giudizio. V., al riguardo, sentenza del 27 settembre 2001, Gloszczuck (C‑63/99, EU:C:2001:488, punti da 30 a 38), e del 20 novembre 2001, Jany e a. (C‑268/99, EU:C:2001:616, punti 2628).

( 30 ) V., ad esempio, sentenza del 12 aprile 2005, Simutenkov (C‑265/03, EU:C:2005:213, punti da 20 a 29) (riguardante le disposizioni dell’accordo di partenariato con la Russia), e sentenza del 24 novembre 2016, SECIL (C‑464/14, EU:C:2016:896, punti da 99 a 109 e da 131 a 137) (riguardante le disposizioni degli accordi di associazione con Tunisia e Libano).

( 31 ) V. sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punti da 79 a 84). Ai punti da 73 a 78 della medesima sentenza, la Corte ha riconosciuto che il Protocollo di Kyoto sul cambiamento climatico potrebbe, in linea di principio, avere efficacia diretta, ma ha negato la stessa per le disposizioni pertinenti poiché non erano incondizionate e sufficientemente precise.

( 32 ) V. sentenza del 12 dicembre 1995, Chiquita Italia (C‑469/93, EU:C:1995:435, punti 3435).

( 33 ) V. sentenza del 15 luglio 2004, Pêcheurs de l’étang de Berre (C‑213/03, EU:C:2004:464, punti da 39 a 47).

( 34 ) Già nella sentenza del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115, punti 1827), la Corte ha ritenuto che, sebbene l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (in prosieguo: il «GATT») sia vincolante per le istituzioni dell’Unione, le sue disposizioni sono di natura tale da non poter concedere diritti ai singoli. Nella sentenza del 23 novembre 1999, Portogallo/Consiglio (C‑149/96, EU:C:1999:574, punto 47), la Corte ha ritenuto che l’istituzione dell’OMC non abbia modificato la natura del GATT o di altri accordi che rientrano nel campo di applicazione dell’OMC.

( 35 ) V., ad esempio, sentenze del 14 dicembre 2000, Dior e a. (C‑300/98 e C‑392/98, EU:C:2000:688, punto 44); del 25 ottobre 2007, Develey/UAMI (C‑238/06 P, EU:C:2007:635, punto 39); e del 15 marzo 2012, SCF Consorzio Fonografici (C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 46).

( 36 ) V., ad esempio, per quanto riguarda il GATT, sentenze del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115, punto 21), e del 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio (C‑280/93, EU:C:1994:367, punti da 106 a 109). Per quanto riguarda gli accordi OMC in generale, v. sentenza del 23 novembre 1999, Portogallo/Consiglio (C‑149/96, EU:C:1999:574, punti da 36 a 42).

( 37 ) V. conclusioni da me presentate nella causa Changmao Biochemical Engineering/Commissione (C‑123/21 P, EU:C:2022:890, paragrafi da 37 a 43, 5657). La sentenza in questa causa è pendente.

( 38 ) V., al riguardo, conclusioni da me presentate nella causa Changmao Biochemical Engineering/Commissione (C‑123/21 P, EU:C:2022:890, punti 46, 5960).

( 39 ) V. sentenza del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186, in prosieguo: la «sentenza Nakajima»). V., altresì, sentenza del 22 giugno 1989, Fediol/Commissione (70/87, EU:C:1989:254).

( 40 ) V. sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494; in prosieguo: la «sentenza Rusal Armenal»).

( 41 ) V conclusioni da me presentate nella causa Changmao Biochemical Engineering/Commissione (C‑123/21 P, EU:C:2022:890, paragrafo 64).

( 42 ) Al riguardo, la Commissione opera un paragone con l’articolo 25, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 6/2002, che si riferisce esplicitamente all’articolo 6 ter della convenzione di Parigi, dimostrando in tal modo l’intento di attuare tale disposizione della convenzione.

( 43 ) V. sentenza del 5 luglio 2018, Mast-Jägermeister/EUIPO (C‑217/17 P, EU:C:2018:534, punto 56).

( 44 ) V., al riguardo, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube (C‑891/19, EU:C:2022:38, punti 3034), in cui la Corte ha ritenuto che la somiglianza della formulazione della legislazione dell’Unione e di un accordo internazionale induca a concludere che il legislatore dell’Unione abbia inteso attuare quest’ultimo.

( 45 ) V. proposta modificata di regolamento del Consiglio relativo ai disegni e ai modelli comunitari (presentata dalla Commissione), COM(2000) 660 def., del 20 ottobre 2000, Relazione, Titolo IV, Sezione 2: Priorità («Il nuovo paragrafo 1 bis dell’articolo 43 garantisce la compatibilità del regolamento comunitario in tema di disegni e modelli con l’articolo 4.E della Convenzione di Parigi»).

( 46 ) V., ad esempio, sentenze del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 119); del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 27); e del 6 novembre 2018, Max‑Planck‑Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 59).

( 47 ) V., ad esempio, sentenze del 13 novembre 1990, Marleasing (C‑106/89, EU:C:1990:395, punto 8), e del 10 marzo 2011, Deutsche Lufthansa (C‑109/09, EU:C:2011:129, punto 52).

( 48 ) V. sentenza del 16 giugno 2005, Tecom Mican e Arias Domínguez (C‑105/03, EU:C:2005:386, punto 47). V altresì, ad esempio, sentenze del 1o agosto 2022, Sea Watch (C‑14/21 e C‑15/21, EU:C:2022:604, punto 84), e del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 99).

( 49 ) Al riguardo, l’EUIPO invoca le sentenze dell’8 dicembre 2005, BCE/Germania (C‑220/03, EU:C:2005:748, punto 31), e del 28 febbraio 2008, Carboni e derivati (C‑263/06, EU:C:2008:128, punto 48).

( 50 ) Tale posizione è espressa anche al punto 6.2.1.1 delle direttive dell’EUIPO concernenti l’esame dei disegni e modelli comunitari registrati, 31 marzo 2023 (in prosieguo: le «direttive dell’EUIPO»), nella versione del 1o ottobre 2018: «Una rivendicazione di priorità basata su una domanda anteriore di un brevetto in linea di principio s’intende respinta (...)».

( 51 ) A mio avviso, la convenzione di Parigi è effettivamente irrilevante a fini interpretativi se vi è un motivo per escluderne l’efficacia diretta.

( 52 ) Per un esempio significativo, v. sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punti da 25 a 31).

( 53 ) V., ad esempio, sentenze del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 72), e del 5 settembre 2019, Pohotovosť (C‑331/18, EU:C:2019:665, punto 56).

( 54 ) È questo l’unico modo in cui riesco a spiegare la situazione nel caso Marleasing. V., al riguardo, la soluzione prospettata nelle conclusioni presentate dall’avvocato generale Van Gerven nella causa Marleasing (C‑106/89, EU:C:1990:310, paragrafo 10).

( 55 ) Quando la Corte ha fatto per la prima volta riferimento a tale obbligo per giustificare l’obbligo di interpretazione conforme, la disposizione pertinente era l’articolo 5 del trattato CEE [v. sentenza del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153, punto 26); v. altresì sentenza del 14 luglio 1994, Faccini Dori (C‑91/92, EU:C:1994:292, punto 26)].

( 56 ) Nel caso in cui uno Stato membro non recepisca una direttiva, i giudici nazionali possono concludere che il legislatore abbia ritenuto che la sua legislazione esistente soddisfi già l’obbligo giuridico derivante dalla direttiva.

( 57 ) V., al riguardo, Temple Lang, J., «Community Constitutional Law: Article 5 EEC Treaty», Common Market Law Review, Vol. 27, 1990, pag. 645; Temple Lang, J., «The duties of cooperation of national authorities and Courts under Article 10 EC: two more reflections», European Law Review, Vol. 26, 2001, pag. 84.

( 58 ) Firmata a Vienna il 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations Unies, Vol. 1155, pag. 331).

( 59 ) V., al riguardo, Assemblea generale delle Nazioni Unite, Risoluzione adottata il 20 dicembre 2018, A/RES/73/202, «Successivi accordi e successiva prassi in relazione all’interpretazione dei trattati», conclusione 2, punto 1, secondo cui gli articoli 31 e 32 della convenzione di Vienna si applicano anche come diritto internazionale consuetudinario.

( 60 ) V., ad esempio, sentenze del 25 febbraio 2010, Brita (C‑386/08, EU:C:2010:91, punti 4243), e del 14 luglio 2022, ÖBB‑Infrastruktur Aktiengesellschaft (C‑500/20, EU:C:2022:563, punto 56).

( 61 ) Altri ordinamenti giuridici, ad esempio quelli di Germania, Svizzera e Stati Uniti, adottano un approccio diverso. V., al riguardo, Hartwig, H., «Claiming priority under the Community design scheme», in Hartwig, H. (a cura di), Research Handbook on Design Law, Edward Elgar, 2021, pag. 250, in particolare pagg. da 253 a 255.

( 62 ) Tali Stati membri dell’Unione sono la Repubblica Ceca, la Danimarca, la Germania, la Spagna, l’Italia, l’Ungheria, l’Austria, la Polonia, il Portogallo, la Slovacchia e la Finlandia. V. direttive dell’EUIPO, citate alla nota 50 delle presenti conclusioni, punto 6.2.1.1.

( 63 ) Secondo l’US Patent and Trademark Office Manual of Patent Examining Procedure, nona edizione, febbraio 2023, sezione 1502.01, Distinction Between Design and Utility Patents: «In generale, un “brevetto di utilità” protegge il modo in cui un articolo è utilizzato e funziona (35 U.S.C. 101), (…) mentre un “brevetto di disegno o modello” protegge l’aspetto di un articolo (35 U.S.C. 171) (…). Si possono ottenere entrambi i brevetti, di disegno o modello, e di modello di utilità, su un articolo se l’invenzione è insita sia nell’utilità sia nell’aspetto ornamentale. Sebbene i brevetti di utilità e di disegno o modello offrano una protezione giuridicamente distinta, l’utilità e l’ornamentalità di un articolo possono non essere facilmente separabili. Gli articoli di manifattura possono possedere caratteristiche sia funzionali sia ornamentali (…)». V. altresì, al riguardo, Schickl, S., «Protection of Industrial Design in the United States and in the EU: Different Concepts or Different Labels?», The Journal of World Intellectual Property, Vol. 16, 2013, pag. 15.

( 64 ) In aggiunta, ad esempio, la versione in lingua croata utilizza solo il termine «disegno» («dizajn Zajednice»), mentre la versione in lingua slovena utilizza solo il termine «modello» («model Skupnosti»). La versione in lingua tedesca utilizza parimenti un solo termine («das Gemeinschaftsgeschmacksmuster»), mentre le versioni in lingua spagnola e italiana fanno riferimento a disegni e modelli («dibujos y modelos comunitarios» e «disegni e modelli comunitari», rispettivamente).

( 65 ) V. articolo 2, punto vii), e articolo 3, paragrafo 1, del PCT.

( 66 ) V. articolo 2, punto i), del PCT L’articolo 2, punto ii), del PCT stabilisce inoltre che i riferimenti a un «brevetto» possono indicare una qualsiasi delle forme di protezione di un’invenzione elencate all’articolo 2, punto i), dello stesso.

( 67 ) A sostegno della sua affermazione secondo cui esiste una regola generale sull’identità dell’oggetto, l’EUIPO invoca l’articolo 4, sezione C, paragrafo 4, della convenzione di Parigi. Al riguardo, è necessario precisare che, sebbene tale disposizione utilizzi l’espressione «stesso oggetto», essa non contiene una regola generale, ma risolve piuttosto una situazione specifica in cui esistono due domande precedenti, la prima delle quali è stata ritirata, abbandonata o respinta, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di priorità. V. Bodenhausen, G.H.C., Guide to the Application of the Paris Convention for the Protection of Industrial Property as revised at Stockholm in 1967, United International Bureaux for the Protection of Intellectual Property, 1968, disponibile all’indirizzo:: https://www.wipo.int/edocs/pubdocs/en/intproperty/611/wipo_pub_611.pdf (in prosieguo: la «guida alla convenzione di Parigi»), articolo 4, sezione C, paragrafo 4, commento b).

( 68 ) Al riguardo, vorrei osservare che le direttive dell’EUIPO sembrano riconoscere la regola dell’identità dell’oggetto sia in senso formale sia sostanziale. In senso formale, esse prevedono che la domanda anteriore debba riguardare un disegno o un modello di utilità. In senso sostanziale, esse richiedono che il disegno o modello comunitario si riferisca allo stesso disegno o modello o modello di utilità. In relazione all’ultimo requisito, le suddette direttive spiegano inoltre che le due domande possono differire solo per dettagli che possono essere giudicati «irrilevanti», riferendosi quindi all’oggetto della tutela e non alla forma della tutela. V. direttive dell’EUIPO, citate alla nota 50 delle presenti conclusioni, punto 6.2.1.1, in particolare pagg. 61 e 63.

( 69 ) Guida alla convenzione di Parigi, citata nella nota 67 delle presenti conclusioni, articolo 4, sezione E, commento b) (il corsivo è mio).

( 70 ) Libro Verde della Commissione, I modelli di utilità nel mercato interno, COM(95) 370 def., del 19 luglio 1995, pag. i-b.

( 71 ) Guida alla convenzione di Parigi, citata alla nota 67 delle presenti conclusioni, articolo 1, paragrafo 2, commento d).

( 72 ) Libro verde della Commissione sulla protezione giuridica dei disegni industriali, giugno 1991, 111/F/5131/91-IT, punto 2.6.3.

( 73 ) Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento dei regimi giuridici di protezione delle invenzioni attraverso il modello d’utilità» (GU 1998, C 235, pag. 26), punto 2.7.

( 74 ) V. guida alla convenzione di Parigi, citata alla nota 67 delle presenti conclusioni, articolo 4, sezione E, commento a).

( 75 ) Come statuito dal Tribunale al punto 77 della sentenza impugnata.

( 76 ) Secondo l’EUIPO, tale disposizione costituisce un’eccezione alla regola generale sull’identità dell’oggetto intesa in modo formale.

( 77 ) V. punto 79 della sentenza impugnata.

( 78 ) V. guida alla Convenzione di Parigi, citata alla nota 67 delle presenti conclusioni, articolo 4, sezione C, paragrafi 1, 2 e 3, commento b).

( 79 ) V. sentenza del 15 novembre 2001, Signal Communications/UAMI (TELEYE) (T‑128/99, EU: T:2001:266).

( 80 ) V. punto 78 della sentenza impugnata.