CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 14 luglio 2022 ( 1 )

Causa C‑237/21

Generalstaatsanwaltschaft München

con l’intervento di

S.M.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht München (Tribunale superiore del Land di Monaco di Baviera, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articoli 18 e 21 TFUE – Domanda di estradizione emessa da uno Stato terzo nei confronti di un cittadino dell’Unione europea ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva – Stato membro richiesto che vieta l’estradizione dei propri cittadini – Restrizione alla libera circolazione – Giustificazione in ragione dell’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato – Proporzionalità – Obbligo di estradizione in applicazione di una convenzione internazionale»

I. Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 18 e 21 TFUE. Essa è stata presentata nell’ambito di una domanda di estradizione inoltrata dalle autorità della Bosnia‑Erzegovina alle autorità della Repubblica federale di Germania con riferimento a S.M., un cittadino serbo, bosniaco e croato ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva.

2.

Detta domanda si inserisce nel quadro della giurisprudenza inaugurata con la sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin ( 2 ), relativa all’estradizione in uno Stato terzo di cittadini dell’Unione europea che hanno esercitato il loro diritto di libera circolazione in Stati membri dell’Unione diversi da quelli di cui hanno la cittadinanza, quando in detti Stati membri esiste una norma che vieta l’estradizione dei propri cittadini al di fuori dell’Unione. Tra le cause sottoposte alla Corte è possibile distinguere tra, da una parte, quelle relative a una domanda di estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale, che hanno dato luogo alla sentenza Petruhhin e alle sentenze del 10 aprile 2018, Pisciotti ( 3 ), del 2 aprile 2020, Ruska Federacija ( 4 ), del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) ( 5 ), nonché all’ordinanza del6 settembre 2017, Peter Schotthöfer & Florian Steiner ( 6 ), e, dall’altra, quella vertente su una domanda di estradizione ai fini dell’esecuzione di una pena, che ha condotto alla sentenza del 13 novembre 2018, Raugevicius ( 7 ).

3.

Con detta giurisprudenza, la Corte ha applicato in materia di estradizione quanto da essa già stabilito nella sua sentenza del 20 settembre 2001, Grzelczyk ( 8 ), vale a dire che «lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri che consente a chi tra di loro si trovi nella medesima situazione di ottenere, indipendentemente dalla cittadinanza e fatte salve le eccezioni espressamente previste a tale riguardo, il medesimo trattamento giuridico» ( 9 ). Ciò ha indotto la Corte a esigere che uno Stato membro che non autorizza l’estradizione dei propri cittadini verifichi l’esistenza di misure alternative all’estradizione quando riceve da uno Stato terzo una domanda di estradizione riguardante un cittadino di un altro Stato membro che si è avvalso del proprio diritto alla libera circolazione.

4.

Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera ottenere dalla Corte chiarimenti in merito alla lettura che deve essere data della sentenza Raugevicius, oltre che su come conciliare il contributo di detta sentenza con gli obblighi che scaturiscono in capo agli Stati membri dalla Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957 ( 10 ).

5.

In quest’ultima sentenza, la Corte ha dichiarato che gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che, in presenza di una domanda, presentata da un paese terzo, di estradizione di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, la quale sia finalizzata non all’esercizio dell’azione penale, bensì all’esecuzione di una pena detentiva, lo Stato membro richiesto, il cui diritto nazionale vieti l’estradizione dei propri cittadini al di fuori dell’Unione ai fini dell’esecuzione di una pena e preveda la possibilità che una siffatta pena irrogata all’estero sia scontata nel suo territorio, è tenuto a garantire a tale cittadino dell’Unione, purché sia residente in modo permanente nel suo territorio, un trattamento identico a quello accordato ai propri cittadini in materia di estradizione ( 11 ).

6.

Va precisato che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Raugevicius, lo Stato membro richiesto, vale a dire la Finlandia, aveva effettuato una dichiarazione nel quadro della Convenzione europea di estradizione che gli consentiva di rifiutare l’estradizione non soltanto dei propri cittadini, ma anche dei cittadini di altri Stati residenti nel suo territorio. A differenza della Repubblica di Finlandia, la Repubblica federale di Germania ha reso una dichiarazione che limita il termine «cittadini», ai sensi di detta Convenzione, ai soli cittadini di detto Stato membro. È questo diverso contesto a indurre il giudice del rinvio a interrogarsi sull’applicazione, nella presente causa, della soluzione elaborata dalla Corte nella sentenza Raugevicius, posto che, alla luce della portata limitata della dichiarazione effettuata dalla Repubblica federale di Germania nel quadro della Convenzione europea di estradizione, un rifiuto da parte di detto Stato membro di estradare un cittadino di un altro Stato membro che risiede in maniera permanente nel suo territorio potrebbe contrastare con detta Convenzione.

7.

Al fine di rispondere a tale interrogativo, illustrerò nelle presenti conclusioni le ragioni per cui ritengo che la sentenza Raugevicius non debba essere intesa nel senso che impone allo Stato membro richiesto di negare in maniera automatica e in termini assoluti l’estradizione ai fini dell’esecuzione della pena di un cittadino di un altro Stato membro che risiede in maniera permanente nel suo territorio, in contrasto con quanto ad esso imposto dalla Convenzione europea di estradizione. Infatti, a mio avviso, quanto dichiarato dalla Corte in detta sentenza implica piuttosto che lo Stato membro richiesto sia tenuto, in forza degli articoli 18 e 21 TFUE, a verificare attivamente se esista una misura alternativa all’estradizione, meno lesiva dell’esercizio del diritto alla libera circolazione e di soggiorno di cui beneficia il cittadino dell’Unione oggetto di una domanda di estradizione. Qualora, malgrado le azioni intraprese dallo Stato membro richiesto presso lo Stato terzo richiedente, non possa essere individuata una misura alternativa all’estradizione, questi articoli non possono, a mio parere, essere interpretati nel senso che impediscono allo Stato membro richiesto di procedere all’estradizione di detto cittadino dell’Unione.

II. Contesto normativo

A.   Convenzione europea di estradizione

8.

L’articolo 1 della Convenzione europea di estradizione così dispone:

«Le [p]arti [c]ontraenti si obbligano a estradarsi reciprocamente, secondo le regole e le condizioni stabilite negli articoli seguenti, gli individui perseguiti per un reato o ricercati per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza dalle autorità giudiziarie della [p]arte richiedente»

9.

L’articolo 6 della Convenzione in parola, dal titolo «Estradizione dei cittadini», prevede quanto segue:

«1.   

a)

Ciascuna [p]arte [c]ontraente avrà la facoltà di rifiutare l’estradizione dei suoi cittadini.

b)

Ciascuna [p]arte [c]ontraente potrà, mediante una dichiarazione effettuata al momento della firma o del deposito dello strumento di ratifica o di adesione, definire, per quanto la concerne, il termine “cittadini” nel senso della presente Convenzione.

(...)».

10.

Al momento del deposito dello strumento di ratifica, il 2 ottobre 1976, la Repubblica federale di Germania ha effettuato una dichiarazione, ai sensi dell’articolo 6 della suddetta Convenzione, nei seguenti termini:

«L’estradizione di cittadini tedeschi dalla Repubblica federale di Germania verso un paese straniero non è permessa ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, prima frase, [del Grundgesetz für die Bundesrepublik Deutschland (legge fondamentale della Repubblica federale di Germania) ( 12 ), del 23 maggio 1949] e deve pertanto essere negata in ogni caso.

Il termine “cittadini” di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione europea di estradizione comprende tutti i cittadini tedeschi ai sensi dell’articolo 116, paragrafo 1, della legge fondamentale della Repubblica federale di Germania».

B.   Diritto tedesco

1. Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania

11.

L’articolo 16, paragrafo 2, della legge fondamentale della Repubblica federale di Germania prevede quanto segue:

«Nessun tedesco può essere estradato all’estero. Una disciplina derogatoria può essere adottata dalla legge ai fini dell’estradizione verso uno Stato membro dell’Unione europea o una corte internazionale, purché siano garantiti i principi dello Stato di diritto».

12.

L’articolo 116, paragrafo 1, della legge fondamentale della Repubblica federale di Germania così dispone:

«Salvo diverse disposizioni di legge, è considerato “tedesco” ai sensi della presente legge fondamentale chiunque possieda la cittadinanza tedesca o sia stato accolto come rifugiato o sfollato di origine tedesca o come suo coniuge o discendente nel territorio del Reich tedesco quale era al 31 dicembre 1937».

2. Legge sulla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale

13.

Il Gesetz über die internationale Rechtshilfe in Strafsachen (legge sulla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale) ( 13 ), del 23 dicembre 1982, nella versione applicabile ai fatti ( 14 ), contiene disposizioni in materia di cooperazione per l’esecuzione di sentenze straniere in Germania.

14.

L’articolo 48 dell’IRG così dispone:

«La cooperazione giudiziaria può essere fornita nel quadro di un procedimento penale sotto forma di esecuzione di una pena o di ogni altra sanzione comminata all’estero mediante una sentenza definitiva (...)».

15.

A norma dell’articolo 57, paragrafo 1, dell’IRG, la pena pronunciata in una sentenza straniera può essere eseguita in Germania solo se e nei limiti in cui lo Stato che ha emesso la sentenza di condanna vi acconsente.

III. Fatti del procedimento principale e questione pregiudiziale

16.

Il 5 novembre 2020, le autorità della Bosnia‑Erzegovina hanno chiesto alla Repubblica federale di Germania, sulla base della Convenzione europea di estradizione, l’estradizione di S.M. ai fini dell’esecuzione della pena detentiva di sei mesi, comminata per corruzione con sentenza del tribunale municipale di Bosanska Krupa (Bosnia‑Erzegovina) del 24 marzo 2017. Il giudice del rinvio osserva che le autorità croate sono state informate dalle autorità tedesche di detta domanda.

17.

S.M. è un cittadino serbo, bosniaco e croato che vive in Germania con sua moglie dal 2017. Egli lavora in tale paese dal 22 maggio 2020 e si trova in libertà dopo essere stato tenuto in custodia cautelare a fini estradizionali.

18.

La Generalstaatsanwaltschaft München (procura generale di Monaco di Baviera, Germania), richiamandosi alla sentenza Raugevicius, ha chiesto che la richiesta di estradizione di S.M. fosse dichiarata irricevibile.

19.

Secondo il giudice del rinvio, la fondatezza di detta domanda della procura generale di Monaco di Baviera dipende dalla questione se gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano all’estradizione di un cittadino dell’Unione anche quando lo Stato richiesto è obbligato ad estradarlo alla luce dei trattati internazionali.

20.

Tale giudice ritiene che tale questione non sia stata affrontata nella sentenza Raugevicius poiché, nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, lo Stato membro richiesto, vale a dire la Repubblica di Finlandia, era legittimato nei confronti dello Stato terzo, nella specie la Federazione russa, a non estradare la persona ricercata. Infatti, in linea con quanto previsto all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione europea di estradizione, la Repubblica di Finlandia aveva la facoltà di rifiutare l’estradizione dei propri cittadini. Conformemente alla possibilità prevista dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di detta Convenzione, lo Stato membro di cui trattasi aveva scelto di definire, nella sua dichiarazione di adesione del 12 maggio 1971, il termine «cittadini», ai sensi della suddetta Convenzione, come designante «i cittadini della Finlandia, della Danimarca, dell’Islanda, della Norvegia e della Svezia, nonché gli stranieri domiciliati in tali Stati». Posto che il ricercato rientrava in questa definizione, la Repubblica di Finlandia poteva negare la sua estradizione senza violare i suoi obblighi derivanti dai trattati internazionali nei confronti dello Stato terzo che ha formulato la domanda di estradizione.

21.

Il giudice del rinvio si trova qui ad affrontare una situazione differente dal punto di vista del diritto internazionale. Infatti, avvalendosi della facoltà offerta dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione europea di estradizione, al momento del deposito dello strumento di ratifica, il 2 ottobre 1976, la Repubblica federale di Germania ha reso una dichiarazione che circoscrive il termine «cittadini» alle sole persone che possiedono la cittadinanza tedesca, senza estenderla alle persone aventi la propria residenza permanente nel suo territorio.

22.

Detto giudice aggiunge che le condizioni previste dalla Convenzione europea di estradizione ai fini dell’estradizione di S.M. sarebbero soddisfatte e che non esisterebbero ostacoli a tale misura. In particolare, la suddetta estradizione e gli atti su cui essa si fonda rispetterebbero le norme minime di diritto internazionale applicabili in Repubblica federale di Germania e non violerebbero né i principi costituzionali imperativi, né il grado minimo di tutela dei diritti fondamentali.

23.

Detto giudice si chiede tuttavia se gli articoli 18 e 21 TFUE impongano di non estradare S.M. verso la Bosnia‑Erzegovina, considerato che questa persona non rientra nella nozione di «cittadini», ai sensi della Convenzione europea di estradizione, con la conseguenza che la Repubblica federale di Germania non potrebbe applicare la soluzione sviluppata dalla Corte nella sua sentenza Raugevicius senza violare gli obblighi ad essa incombenti in forza di detta Convenzione nei confronti della Bosnia‑Erzegovina.

24.

Il giudice del rinvio precisa altresì che sarebbe possibile procedere in Germania all’esecuzione della pena detentiva pronunciata dal Tribunale municipale di Bosanka Krupa (Bosnia‑Erzegovina). Posto che S.M. si trova già in territorio tedesco, la Convenzione sul trasferimento delle persone condannate ( 15 ), ratificata sia dalla Repubblica federale di Germania che dalla Bosnia‑Erzegovina, non sarebbe pertinente. Tale esecuzione sarebbe quindi disciplinata dagli articoli 48 e seguenti dell’IRG e non richiederebbe né che la persona interessata abbia la cittadinanza tedesca, né che presti il suo consenso.

25.

A norma dell’articolo 57, paragrafo 1, dell’IRG, la pena detentiva pronunciata dal Tribunale municipale di Bosanska Krupa (Bosnia‑Erzegovina) potrebbe tuttavia essere eseguita in Germania solo se e nei limiti in cui lo Stato terzo che ha emesso la sentenza di condanna vi acconsente. A tal riguardo, il giudice del rinvio osserva che così non è, quantomeno attualmente, posto che le autorità bosniache hanno chiesto l’estradizione di S.M., e non la presa in carico da parte delle autorità tedesche dell’esecuzione della pena pronunciata nei confronti di quest’ultimo.

26.

In tale contesto, l’Oberlandesgericht München (Tribunale superiore del Land di Monaco di Baviera, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se i principi enunciati nella [sentenza Raugevicius] sull’applicazione degli articoli 18 e 21 TFUE, impongano di respingere una domanda di estradizione di un cittadino dell’Unione presentata da un paese terzo ai fini dell’esecuzione di una pena, sulla base della [Convenzione europea di estradizione], anche nel caso in cui lo Stato membro richiesto sia obbligato ad estradare il cittadino dell’Unione ai sensi di tale Convenzione in base al diritto internazionale pattizio, poiché tale Stato ha definito il termine “cittadini” come riferito solo ai propri cittadini e non anche ad altri cittadini dell’Unione, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione».

27.

I governi spagnolo, croato, lituano, polacco e la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte. Il 26 aprile 2022 si è tenuta un’udienza durante la quale è stata sentita la procura generale di Monaco di Baviera, i governi tedesco, ceco, spagnolo e la Commissione.

IV. Analisi

28.

Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio invita la Corte a precisare la portata della sua sentenza Raugevicius in un caso in cui la mancata estradizione della persona reclamata contrasterebbe, secondo detto giudice, con l’obbligo gravante sullo Stato membro richiesto, in forza della Convenzione europea di estradizione, di estradare detta persona.

29.

Tale interrogativo è in ampia misura legato al diverso contesto in cui si inseriscono la causa che ha dato luogo alla sentenza Raugevicius e la presente causa per quanto attiene agli obblighi derivanti dalla Convenzione europea di estradizione. Come osservato in precedenza, tale differenza riguarda la definizione del termine «cittadini» ai sensi di detta Convenzione, che nel quadro della presente causa è più restrittiva, essendo limitata alle sole persone che hanno la cittadinanza tedesca, conformemente alla dichiarazione resa dalla Repubblica federale di Germania, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione di cui trattasi. Ne consegue che, a differenza di quanto accaduto nella causa sfociata nella sentenza Raugevicius, un rifiuto della Repubblica federale di Germania di estradare S.M. verso la Bosnia‑Erzegovina potrebbe contrastare con gli obblighi che la Convenzione europea di estradizione prevede a carico di detto Stato membro.

30.

Il giudice del rinvio cerca pertanto di sapere, sostanzialmente, se gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che, per rispondere a una domanda di estradizione formulata da uno Stato terzo in vista dell’esecuzione di una sanzione comminata da detto Stato, i cittadini di uno Stato membro diverso dallo Stato membro richiesto devono beneficiare della norma che vieta l’estradizione da parte di quest’ultimo dei propri cittadini, malgrado l’obbligo di estradizione gravante sullo Stato membro richiesto in forza della Convenzione europea di estradizione.

31.

Benché il quesito sottoposto da detto giudice muova dalla premessa secondo cui potrebbe esistere un’incompatibilità tra la giurisprudenza elaborata dalla Corte in materia di estradizione dei cittadini dell’Unione che si sono avvalsi del loro diritto alla libera circolazione in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza e la dichiarazione resa dalla Repubblica federale di Germania, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione europea di estradizione, secondo cui solo i cittadini tedeschi beneficiano della tutela contro l’estradizione, dimostrerò al contrario che non esiste alcuna contrarietà in tal senso.

32.

A tal fine, ricorderò come la Corte, pur ammettendo che il cittadino dell’Unione che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione possa essere tutelato contro l’estradizione verso uno Stato terzo, non abbia sancito un diritto automatico e assoluto, per detto cittadino, a non essere estradato al di fuori del territorio dell’Unione, ma ha piuttosto previsto un obbligo, per lo Stato membro richiesto, di verificare attivamente se esista una misura alternativa all’estradizione, meno lesiva dell’esercizio del diritto alla libera circolazione e di soggiorno di cui il suddetto cittadino beneficia quando è oggetto di una domanda di estradizione. Concluderò che la specificità del diritto convenzionale, come risulta dalle circostanze della causa di cui al procedimento principale, non comporta un inadempimento dello Stato membro richiesto, né rispetto all’obbligo di estradare la persona condannata in forza della Convenzione europea di estradizione, né rispetto agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 18 e 21 TFUE, quali interpretati dalla Corte.

33.

In via preliminare, va ricordato che, nella sentenza Petruhhin, riguardante, come la presente causa, una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo con il quale l’Unione non ha concluso un accordo di estradizione, la Corte ha dichiarato che, se è vero che, in mancanza di un accordo siffatto, le norme in materia di estradizione rientrano nella competenza degli Stati membri, le situazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 18 TFUE, in combinato disposto con le norme del Trattato FUE sulla cittadinanza dell’Unione, comprendono, in particolare, quelle rientranti nell’esercizio della libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, quale conferita dall’articolo 21 TFUE ( 16 ).

34.

Orbene, in base alla giurisprudenza della Corte, un cittadino di uno Stato membro, avente a tale titolo lo status di cittadino dell’Unione, che si è avvalso del suo diritto alla libera circolazione e soggiorna legalmente nel territorio di un altro Stato membro, rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ( 17 ). Pertanto, in ragione della sua qualità di cittadino dell’Unione, un cittadino di uno Stato membro che soggiorna in un altro Stato membro ha il diritto di avvalersi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e rientra nell’ambito di applicazione dei Trattati ai sensi dell’articolo 18 TFUE, che contiene il principio di non discriminazione in base alla cittadinanza ( 18 ).

35.

Tale constatazione non è in alcun modo inficiata dalla circostanza che la persona reclamata abbia altresì la cittadinanza dello Stato terzo che ne chiede l’estradizione ( 19 ).

36.

Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che le norme nazionali di uno Stato membro sull’estradizione che introducono una differenza di trattamento a seconda che la persona reclamata sia cittadino di detto Stato membro o sia cittadino di un altro Stato membro, in quanto conducono a non accordare ai cittadini di altri Stati membri che soggiornano legalmente nel territorio dello Stato richiesto la protezione contro l’estradizione di cui godono i cittadini di quest’ultimo Stato membro, sono idonee a incidere sulla libertà dei primi di circolare e soggiornare nel territorio degli Stati membri ( 20 ). Ne consegue che la disparità di trattamento consistente nel consentire l’estradizione di un cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di uno Stato membro diverso dallo Stato membro richiesto, si traduce in una restrizione della libertà di circolare e soggiornare nel territorio degli Stati membri, ai sensi dell’articolo 21 TFUE ( 21 ).

37.

A parere della Corte, una simile restrizione può essere giustificata solo se è basata su considerazioni oggettive e se è proporzionata all’obiettivo legittimamente perseguito dalla normativa nazionale ( 22 ).

38.

A tale riguardo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che l’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato presenta un carattere legittimo nel diritto dell’Unione e consente di giustificare una misura restrittiva di una libertà fondamentale, come quella prevista all’articolo 21 TFUE, a condizione che detta misura risulti necessaria ai fini della tutela degli interessi che essa mira a garantire e unicamente nei limiti in cui tali obiettivi non possano essere raggiunti mediante misure meno restrittive ( 23 ).

39.

Benché tra le cause sottoposte alla Corte sia possibile distinguere tra quelle relative a una domanda di estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale e quelle vertenti su una domanda di estradizione ai fini dell’esecuzione di una pena, tutte le sentenze della Corte sono però caratterizzate da un tratto comune, vale a dire la previsione di un obbligo che grava sullo Stato membro richiesto di verificare se esista una misura alternativa all’estradizione, meno lesiva dell’esercizio del diritto alla libera circolazione e di soggiorno del cittadino dell’Unione reclamato prima di poter procedere, in assenza di una siffatta misura, all’estradizione di quest’ultimo.

40.

Così, per quanto attiene a una domanda di estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale, la Corte ha sottolineato che l’attuazione dei meccanismi di cooperazione e di assistenza reciproca esistenti in materia penale in forza del diritto dell’Unione costituisce, in ogni caso, una misura alternativa meno lesiva del diritto alla libera circolazione rispetto all’estradizione verso uno Stato terzo con il quale l’Unione non ha concluso un accordo di estradizione, e che consente di raggiungere altrettanto efficacemente l’obiettivo di lotta contro l’impunità di una persona che avrebbe commesso un reato ( 24 ).

41.

La Corte ha quindi dichiarato che occorre privilegiare lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza nell’ottica di fornire, all’occorrenza, alle autorità di tale Stato membro l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Si tratta di quello che si è convenuto di chiamare il «meccanismo Petruhhin». Pertanto, un altro Stato membro, nel quale tale persona soggiorna legalmente, allorché riceve una richiesta di estradizione da parte di uno Stato terzo, è tenuto ad informare lo Stato membro di cui tale persona ha la cittadinanza e, eventualmente, su domanda di quest’ultimo, a consegnargli tale stessa persona, conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri ( 25 ), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 ( 26 ).

42.

Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’eventualità che il «meccanismo Petruhhin» ostacoli una domanda di estradizione verso uno Stato terzo dando priorità a un mandato d’arresto europeo non ha carattere automatico ( 27 ). La Corte ha, infatti, previsto una serie di condizioni e di limiti per detto meccanismo, volti a garantire che la sua attuazione non leda l’obiettivo di evitare il rischio di impunità dei soggetti che hanno commesso un reato.

43.

Ne consegue, segnatamente, che, al fine di preservare tale obiettivo, l’attuazione del «meccanismo Petruhhin» presuppone che lo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione oggetto di una domanda di estradizione è cittadino sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal suo territorio nazionale ( 28 ). Non solo, il mandato d’arresto europeo eventualmente emesso dallo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza deve vertere, quantomeno, sugli stessi fatti contestati a detta persona nella domanda di estradizione ( 29 ). Inoltre, a condizione che lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza sia stato informato dallo Stato membro richiesto di tutti gli elementi di diritto e di fatto comunicati dallo Stato terzo richiedente nell’ambito della domanda di estradizione, la mancata emissione di un mandato d’arresto europeo da parte del primo di detti Stati membri entro un termine ragionevole potrebbe consentire l’estradizione di detta persona da parte del secondo ( 30 ).

44.

Così, gli articoli 18 e 21 TFUE non ostano a che lo Stato membro richiesto operi una distinzione, sulla base di una norma di diritto costituzionale, tra i suoi cittadini e i cittadini di altri Stati membri e che autorizzi l’estradizione di questi ultimi ai fini dell’esercizio dell’azione penale mentre non consente quella dei propri cittadini, una volta che ha preventivamente posto in grado le autorità competenti dello Stato membro, di cui tale persona è cittadino, di chiederne la consegna nell’ambito di un mandato d’arresto europeo e quest’ultimo Stato membro non ha adottato alcuna misura in tal senso ( 31 ). La Corte non ha pertanto creato un meccanismo che consente allo Stato membro richiesto di negare, in tutti i casi, l’estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale in uno Stato terzo del cittadino dell’Unione che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione, ma ha previsto la necessità che detto Stato membro cooperi in maniera efficace con lo Stato membro di origine di tale cittadino affinché quest’ultimo sia messo nelle condizioni di emettere un mandato d’arresto europeo.

45.

In sintesi, come osservato dall’avvocato generale Tanchev, a partire dalla sua sentenza Petruhhin, la Corte ha posto l’accento «sull’esistenza di un’alternativa che consentisse di evitare l’impunità in misura identica o simile a quella di un’estradizione» ( 32 ). La tutela contro l’estradizione che un cittadino dell’Unione che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione e di soggiorno nello Stato membro richiesto può trarre dagli articoli 18 e 21 TFUE vale, quindi, solo nella misura in cui detto Stato membro può riconoscere l’esistenza di una misura alternativa all’estradizione che consenta di raggiungere altrettanto efficacemente l’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato. In mancanza di una siffatta misura, il diritto dell’Unione cessa di rappresentare un ostacolo all’estradizione del cittadino dell’Unione reclamato.

46.

La logica consistente nel prevedere che lo Stato membro richiesto verifichi l’esistenza di una misura alternativa all’estradizione che consenta di raggiungere altrettanto efficacemente l’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato deve, a mio avviso, essere la stessa quando si discute di una domanda di estradizione finalizzata non all’esercizio dell’azione penale, ma all’esecuzione di una pena detentiva. Ciò deve, a mio avviso, indurre la Corte a precisare la portata della sua sentenza Raugevicius che è, ad oggi, l’unica decisione vertente su una domanda di estradizione appartenente a quest’ultima categoria.

47.

Dal presente rinvio pregiudiziale emerge, infatti, che l’esistenza di un potenziale contrasto tra il diritto dell’Unione e il diritto internazionale si fonda su una lettura della sentenza Raugevicius da cui risulterebbe che un cittadino dell’Unione che risiede in maniera permanente nello Stato membro richiesto dovrebbe beneficiare in maniera automatica e assoluta della medesima protezione contro l’estradizione riconosciuta ai cittadini di detto Stato membro. Orbene, tale lettura della sentenza Raugevicius mi sembra errata, nella misura in cui la Corte ha subordinato la protezione contro l’estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale che deve essere accordata a un cittadino dell’Unione che risiede in maniera permanente nello Stato membro richiesto alla condizione che tale cittadino possa scontare la pena nel territorio di detto Stato membro e ciò affinché non sia leso l’obiettivo di evitare il rischio di impunità della persona reclamata.

48.

Infatti, in detta sentenza, la Corte ha preso le mosse dalla constatazione che, ammettendo che il sig. Denis Raugevicius potesse essere considerato un cittadino straniero con residenza permanente in Finlandia, ai sensi della normativa finlandese in materia di cooperazione internazionale nell’esecuzione di determinate sanzioni penali ( 33 ), da detta normativa emerge che il sig. Raugevicius potrebbe scontare nel territorio finlandese la pena irrogatagli in Russia, a condizione che quest’ultimo Stato, nonché lo stesso sig. Raugevicius, vi consentano ( 34 ). La Corte ha altresì osservato che, alla luce dell’obiettivo consistente nell’evitare il rischio di impunità, i cittadini finlandesi, per un verso, e i cittadini di altri Stati membri con residenza permanente in Finlandia, che danno quindi prova di un sicuro grado di inserimento nella società di detto Stato, per altro verso, si trovano in una situazione comparabile ( 35 ).

49.

È sulla base di tali constatazioni che la Corte ha quindi dichiarato che, in forza degli articoli 18 e 21 TFUE, i cittadini di altri Stati membri con residenza permanente in Finlandia, che sono oggetto di una domanda di estradizione di un paese terzo finalizzata all’esecuzione di una pena detentiva, beneficiano della norma che vieta l’estradizione applicata ai cittadini finlandesi e possono, alle medesime condizioni di questi ultimi, scontare la loro pena nel territorio finlandese ( 36 ). In altre parole, la Corte ha considerato che i cittadini di altri Stati membri con residenza permanente in Finlandia presentano un livello tale di integrazione in detto Stato membro ospitante da aver diritto di ivi beneficiare, allo stesso titolo dei cittadini di detto Stato membro, della norma che consente a questi ultimi di scontare la pena comminata a loro carico in uno Stato terzo nel territorio del suddetto Stato membro ( 37 ).

50.

Dalla sentenza Raugevicius emerge inoltre che, quando si discute di una domanda di estradizione presentata da uno Stato terzo ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva, la misura alternativa all’estradizione, meno lesiva dell’esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione che risiede in maniera permanente nello Stato membro richiesto, consiste nella possibilità che tale pena sia eseguita nel territorio di detto Stato membro. In tal modo, l’obiettivo di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate a seguito dell’intervenuta esecuzione della pena loro comminata converge con l’obiettivo consistente nell’evitare il rischio di impunità dei cittadini di Stati membri diversi dallo Stato membro richiesto. Osservo, a tale riguardo, che, nel dispositivo della sentenza Raugevicius, la Corte subordina l’esistenza di un obbligo per lo Stato membro richiesto di garantire, in applicazione degli articoli 18 e 21 TFUE, a un cittadino dell’Unione che risiede in modo permanente nel suo territorio un trattamento identico a quello accordato ai propri cittadini in materia di estradizione, alla condizione che detto Stato membro preveda la possibilità che una pena detentiva irrogata in uno Stato terzo sia scontata nel territorio del suddetto Stato membro ( 38 ).

51.

Quando, come nel caso del diritto finlandese, il diritto dello Stato membro richiesto subordina l’esecuzione nel suo territorio della pena detentiva comminata nello Stato terzo richiedente all’ottenimento del consenso di detto Stato terzo, l’esistenza di una misura alternativa all’estradizione che consenta di raggiungere altrettanto efficacemente l’obiettivo di evitare il rischio di impunità di una persona che ha commesso un reato può essere riconosciuta solo a condizione che detto Stato terzo presti effettivamente un siffatto consenso. La soluzione accolta dalla Corte nella sentenza Raugevicius deve quindi, a mio avviso, essere intesa nel senso che ricomprende intrinsecamente e necessariamente una tale condizione al fine di consentire che l’obiettivo di evitare il rischio di impunità della persona reclamata possa essere conseguito in maniera reale ed efficace.

52.

In quest’ottica, occorre precisare che lo Stato membro richiesto che protegge i propri cittadini contro l’estradizione non può restare passivo quando riceve una domanda di estradizione finalizzata all’esecuzione di una pena a carico di un cittadino dell’Unione che risiede stabilmente nel suo territorio. Quando il diritto nazionale di detto Stato membro prevede la possibilità che una pena detentiva pronunciata da uno Stato terzo sia scontata nel suo territorio a condizione che detto Stato terzo vi consenta, gli articoli 18 e 21 TFUE impongono allo Stato membro richiesto di ricercare attivamente il consenso di detto Stato terzo avvalendosi a tal fine di tutti i meccanismi di cooperazione e di assistenza in materia penale di cui dispone nel quadro dei suoi rapporti con tale stesso Stato terzo.

53.

Se, malgrado l’attivazione di detti meccanismi, lo Stato terzo richiedente non acconsente all’espiazione della pena detentiva di cui trattasi nel territorio dello Stato membro richiesto, gli articoli 18 e 21 TFUE non impediscono allora a detto Stato membro di procedere all’estradizione della persona reclamata, conformemente agli obblighi ad esso incombenti a norma della Convenzione europea di estradizione ( 39 ).

54.

L’obbligo che gli articoli 18 e 21 TFUE prevedono a carico dello Stato membro richiesto di garantire a un cittadino dell’Unione che ha la residenza permanente nel suo territorio un trattamento identico a quello di cui beneficiano i propri cittadini in materia di protezione contro l’estradizione trova, quindi, il suo limite quando, in assenza di consenso da parte dello Stato terzo richiedente, la pena detentiva comminata in detto Stato terzo non può essere eseguita nel territorio dello Stato membro richiesto. La differenza di trattamento tra queste due categorie di cittadini che ne risulta è, in un tal caso, giustificata dall’obiettivo della lotta contro l’impunità delle persone che hanno commesso un reato.

55.

Una soluzione siffatta consente di evitare che gli obblighi gravanti sullo Stato membro richiesto in forza del diritto dell’Unione contrastino con quelli incombenti su tale medesimo Stato membro in forza della Convenzione europea di estradizione. Infatti, qualora lo Stato terzo richiedente consenta che la pena detentiva di cui trattasi sia eseguita nel territorio dello Stato membro richiesto, la domanda di estradizione da esso formulata decade. Nel caso contrario, il diritto dell’Unione non impedisce allo Stato membro richiesto di procedere all’estradizione della persona reclamata dopo aver attivamente ricercato il consenso dello Stato terzo richiedente ( 40 ). Tale soluzione contribuisce così a garantire una cooperazione internazionale efficace e fondata su un rapporto di fiducia con gli Stati terzi nell’ambito della repressione dei reati.

56.

È alla luce di questi elementi che occorre determinare se, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la Repubblica federale di Germania sia tenuta, in forza del diritto dell’Unione, a negare l’estradizione di S.M. verso la Bosnia‑Erzegovina, quando non può opporre un tale rifiuto a detto Stato terzo in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea di estradizione.

57.

A tal riguardo, va precisato che il diritto tedesco sembra ammettere l’esecuzione della pena comminata in Bosnia‑Erzegovina a carico di S.M. nel territorio della Repubblica federale di Germania ( 41 ). Infatti, dall’articolo 48 e dall’articolo 57, paragrafo 1, dell’IRG risulta che una pena comminata all’estero può essere eseguita nel territorio tedesco se lo Stato terzo in cui detta pena è stata disposta vi acconsente. S.M. potrebbe quindi scontare nel territorio tedesco la pena cui è stato condannato in Bosnia‑Erzegovina, a condizione che quest’ultimo Stato vi consenta.

58.

In tale contesto, l’applicazione di una misura alternativa all’estradizione, meno lesiva dell’esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno di S.M., è quindi subordinata all’ottenimento del consenso della Bosnia‑Erzegovina.

59.

Gli articoli 18 e 21 TFUE impongono alle autorità tedesche competenti di avvalersi di tutti i meccanismi di cooperazione e di assistenza in materia penale di cui esse dispongono nel quadro dei loro rapporti con detto Stato terzo al fine di ottenere da quest’ultimo il consenso all’esecuzione nel territorio tedesco della pena detentiva pronunciata in tale Stato terzo. Dette autorità agiranno così in maniera meno pregiudizievole per l’esercizio del diritto alla libera circolazione e di soggiorno di S.M., pur evitando, nella misura del possibile, il rischio che, in mancanza di esecuzione della pena, il reato che ha dato luogo alla condanna rimanga impunito ( 42 ). Le suddette autorità favoriranno, nel contempo, l’obiettivo di reinserimento sociale della persona condannata, una volta che questa abbia scontato la sua pena ( 43 ).

60.

Alla luce di quanto precede, ove la Bosnia‑Erzegovina acconsentisse all’esecuzione nel territorio tedesco della pena pronunciata a carico di S.M., la domanda di estradizione iniziale decadrebbe e sarebbe sostituita da una domanda di presa in carico dell’esecuzione di detta pena nel territorio tedesco. La Repubblica federale di Germania non sarebbe quindi più tenuta, in forza della Convenzione europea di estradizione, a procedere all’estradizione di S.M. verso la Bosnia‑Erzegovina.

61.

Ove, al contrario, la Bosnia‑Erzegovina non acconsentisse all’esecuzione nel territorio tedesco della pena pronunciata a carico di S.M., le autorità tedesche non disporrebbero di alcuna misura alternativa all’estradizione che consenta di raggiungere altrettanto efficacemente l’obiettivo di evitare il rischio di impunità di detto cittadino dell’Unione. Gli articoli 18 e 21 TFUE non osterebbero quindi all’estradizione di S.M. in detto Stato terzo, in linea con quanto previsto dalla Convenzione europea di estradizione ( 44 ).

62.

Preciso, per concludere, che gli articoli 18 e 21 TFUE non dovrebbero, a mio avviso, essere interpretati nel senso che la ricerca, da parte dello Stato membro richiesto, di una misura alternativa all’estradizione, meno lesiva dell’esercizio del diritto alla libera circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione, giunga al punto di costringere detto Stato membro a modificare la dichiarazione da esso resa a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione europea di estradizione, così da far beneficiare i cittadini di altri Stati membri che risiedono in maniera permanente in detto Stato membro, in ogni caso, della medesima protezione accordata ai propri cittadini. Le discussioni intercorse su questo aspetto dinanzi alla Corte hanno peraltro mostrato che è dubbio, dal punto di vista giuridico, che si possa procedere a una siffatta modifica ( 45 ). Non solo, come indicato in precedenza, la Corte non mi sembra interpretare gli articoli 18 e 21 TFUE nel senso che impongono allo Stato membro richiesto che protegge i propri cittadini contro l’estradizione di garantire in maniera automatica e assoluta una protezione siffatta ai cittadini di altri Stati membri. La Corte interpreta piuttosto tali articoli nel senso che obbligano lo Stato membro richiesto ad avvalersi dei meccanismi di cooperazione e di assistenza in materia penale di cui dispone, a seconda che si tratti di una richiesta di estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale o ai fini dell’esecuzione di una pena, con lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza o con lo Stato terzo richiedente per verificare attivamente se esista una misura alternativa all’estradizione che consenta di raggiungere altrettanto efficacemente l’obiettivo di evitare l’impunità della persona reclamata.

V. Conclusione

63.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dall’Oberlandesgericht München (Tribunale superiore del Land di Monaco di Baviera, Germania) come segue:

Gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a che, in presenza di una domanda di estradizione ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva a carico di un cittadino dell’Unione che risiede in maniera permanente nel territorio dello Stato membro richiesto, questo Stato membro – il cui diritto nazionale vieta l’estradizione dei propri cittadini al di fuori dell’Unione ai fini dell’esecuzione di una pena e prevede la possibilità che una siffatta pena pronunciata all’estero sia scontata nel suo territorio a condizione che lo Stato terzo richiedente vi consenta – proceda all’estradizione di detto cittadino dell’Unione, conformemente agli obblighi ad esso incombenti ai sensi di una convenzione internazionale, ove non possa prendere effettivamente in carico l’esecuzione di detta pena.

Lo Stato membro richiesto può così procedere a tale estradizione solo se, dopo aver soddisfatto l’obbligo ad esso incombente in forza degli articoli 18 e 21 TFUE di ricercare attivamente il consenso dello Stato terzo richiedente avvalendosi a tal fine di tutti i meccanismi di cooperazione e di assistenza in materia penale di cui dispone nel quadro dei suoi rapporti con tale Stato terzo, quest’ultimo non acconsente a che la pena di cui trattasi sia scontata nel territorio dello Stato membro richiesto.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) C‑182/15, in prosieguo: la «sentenza Petruhhin, EU:C:2016:630.

( 3 ) C‑191/16, in prosieguo: la «sentenza Pisciotti, EU:C:2018:222.

( 4 ) C‑897/19 PPU, in prosieguo: la «sentenza Ruska Federacija, EU:C:2020:262.

( 5 ) C‑398/19, in prosieguo: la «sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina), EU:C:2020:1032.

( 6 ) C‑473/15, EU:C:2017:633.

( 7 ) C‑247/17, in prosieguo: la «sentenza Raugevicius, EU:C:2018:898.

( 8 ) C‑184/99, EU:C:2001:458.

( 9 ) Punto 31 di detta sentenza.

( 10 ) In prosieguo: la «Convenzione europea di estradizione».

( 11 ) V. sentenza Raugevicius (punto 50 e dispositivo).

( 12 ) BGBl 1949 I, pag. 1; in prosieguo: la «legge fondamentale della Repubblica federale di Germania».

( 13 ) BGBl. 1982 I, pag. 2071.

( 14 ) Nella versione pubblicata il 27 giugno 1994 (BGBI. 1994 I, pag. 1537), modificata da ultimo dall’articolo 1 della legge del 23 novembre 2020 (BGBI. 2020 I, pag. 2474); in prosieguo: l’«IRG».

( 15 ) Convenzione del Consiglio d’Europa sul trasferimento delle persone condannate, aperta alla firma il 21 marzo 1983 a Strasburgo, STE n. 112.

( 16 ) V., segnatamente, sentenza Petruhhin (punto 30 e giurisprudenza citata), e sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 28).

( 17 ) V., segnatamente, sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 29 e giurisprudenza citata).

( 18 ) V., segnatamente, sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 30 e giurisprudenza citata).

( 19 ) V., segnatamente, sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 32 e giurisprudenza citata).

( 20 ) V., segnatamente, sentenza Raugevicius (punto 28 e giurisprudenza citata) e sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 39 e giurisprudenza citata).

( 21 ) V., segnatamente, sentenza Raugevicius (punto 30 e giurisprudenza citata) e sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 40 e giurisprudenza citata).

( 22 ) V., segnatamente, sentenza Raugevicius (punto 31 e giurisprudenza citata) e sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 41 e giurisprudenza citata).

( 23 ) V., segnatamente, sentenza Raugevicius (punto 32 e giurisprudenza citata) e sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 42 e giurisprudenza citata).

( 24 ) V., segnatamente, sentenza Ruska Federacija (punto 69 e giurisprudenza citata).

( 25 ) GU 2002, L 190, pag. 1.

( 26 ) GU 2009, L 81, pag. 24. V., altresì, sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 43 e giurisprudenza citata).

( 27 ) V., segnatamente, sentenza Pisciotti (punto 54 e giurisprudenza citata).

( 28 ) V., segnatamente, sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 43 e giurisprudenza citata).

( 29 ) V., segnatamente, sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punto 44 e giurisprudenza citata). La giurisprudenza della Corte è, quindi, guidata dalla volontà di quest’ultima «di evitare un paradosso, vale a dire che il consolidamento dello spazio penale europeo vada di pari passo con un rafforzamento dell’impunità, benché, come essa aveva sottolineato nella sentenza Petruhhin [punti 36 e 37], l’Unione offra ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui è assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, nonché la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima»: v. Lenaerts, K., «L’extradition d’un citoyen de l’Union européenne vers un pays tiers à l’heure de la consolidation de l’espace pénal européen», Sa Justice – L’Espace de Liberté, de Sécurité et de Justice – Liber amicorum en hommage à Yves Bot, Bruylant, Bruxelles, 2022, pagg. 383 e 384.

( 30 ) V., segnatamente, sentenza Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina) (punti da 53 a 55). Benché la Corte abbia dichiarato che, in mancanza dell’emissione di un mandato di arresto europeo da parte dello Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza, lo Stato membro richiesto può procedere alla sua estradizione, ciò è possibile tuttavia a condizione di aver verificato preliminarmente, come esige la giurisprudenza della Corte, che detta estradizione non pregiudichi i diritti di cui all’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (punto 45 di detta sentenza e giurisprudenza citata).

( 31 ) V. sentenza Pisciotti (punto 56).

( 32 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Ruska Federacija (C‑897/19 PPU, EU:C:2020:128, paragrafo 100).

( 33 ) V. sentenza Raugevicius (punto 41).

( 34 ) V. sentenza Raugevicius (punto 42).

( 35 ) V. sentenza Raugevicius (punto 46). La Corte ha tuttavia rimesso al giudice del rinvio il compito di verificare se il sig. Raugevicius rientrasse in detta categoria di cittadini di altri Stati membri. Lo stesso deve, a mio avviso, valere per quanto attiene alla questione se, nella presente causa, S.M. possa essere considerato residente in maniera permanente in Germania.

( 36 ) V. sentenza Raugevicius (punto 47).

( 37 ) V. Lenaerts, K., «L’extradition d’un citoyen de l’Union européenne vers un pays tiers à l’heure de la consolidation de l’espace pénal européen», Sa Justice – L’Espace de Liberté, de Sécurité et de Justice – Liber amicorum en hommage à Yves Bot, Bruylant, Bruxelles, 2022, pag. 386.

( 38 ) V. sentenza Raugevicius (punto 50 e dispositivo).

( 39 ) Ricordo che ciò presuppone che lo Stato membro richiesto abbia preliminarmente verificato che detta estradizione non lederà i diritti di cui all’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali.

( 40 ) Nella misura in cui la soluzione da me suggerita mi sembra idonea a neutralizzare un’incompatibilità tra il diritto dell’Unione e la Convenzione europea di estradizione, l’articolo 351 TFUE, benché citato in udienza, non mi sembra pertinente al fine di rispondere alla presente questione pregiudiziale.

( 41 ) Ricordo che, secondo il giudice del rinvio, posto che S.M. si trova già nel territorio tedesco, la Convenzione sul trasferimento delle persone condannate non sarebbe pertinente.

( 42 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Raugevicius (C‑247/17, EU:C:2018:616, paragrafo 82).

( 43 ) Come già rilevato dalla Corte, il reinserimento sociale del cittadino dell’Unione nello Stato membro in cui è realmente integrato è nell’interesse non soltanto di quest’ultimo, ma anche dell’Unione europea in generale: v., segnatamente, sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero (C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 75 e giurisprudenza citata).

( 44 ) A tal riguardo, va ricordato che, tenuto conto del diverso contenuto delle dichiarazione rese, rispettivamente, dalla Repubblica di Finlandia e dalla Repubblica federale di Germania a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione europea di estradizione con riferimento alla definizione del termine «cittadini», quest’ultimo Stato membro non dispone, ai sensi di detta Convenzione, del margine di azione di cui gode il primo Stato membro quanto alla possibilità di negare l’estradizione di un cittadino dell'Unione che ha residenza permanente nel suo territorio.

( 45 ) Dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione europea di estradizione emerge, infatti, che la dichiarazione è effettuata al momento della firma o del deposito dello strumento di ratifica, senza che sia prevista una modifica di detta dichiarazione in una fase successiva. La modifica di tale dichiarazione nell’ottica di ampliare la protezione contro l’estradizione a categorie di persone diverse dai cittadini dello Stato di cui trattasi potrebbe, inoltre, contrastare con l’obiettivo perseguito dalla Convenzione europea di estradizione.