CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 20 aprile 2023 ( 1 )

Cause riunite C‑228/21, C‑254/21, C‑297/21, C‑315/21 e C‑328/21

Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione – Unità Dublino

contro

CZA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

e

DG

contro

Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione – Unità Dublino

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Roma (Italia)]

e

XXX.XX

contro

Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione – Unità Dublino

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Firenze (Italia)]

e

PP

contro

Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione – Unità Dublino

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Milano (Italia)]

e

GE

contro

Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione – Unità Dublino

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Trieste (Italia)]

«Rinvii pregiudiziali – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Procedura di ripresa in carico – Violazione degli obblighi di consegnare l’opuscolo comune ai sensi dell’articolo 4 e di effettuare un colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 – Regolamento (UE) n. 603/2013 – Violazione dell’obbligo informativo ai sensi dell’articolo 29 – Conseguenze sulla decisione di trasferimento – Rischio di refoulement indiretto – Fiducia reciproca – Controllo giurisdizionale della decisione di trasferimento»

Indice

 

I. Introduzione

 

II. Contesto normativo

 

A. Diritto dell’Unione

 

1. Regolamento Dublino III

 

2. Regolamento Eurodac

 

3. Direttiva qualifiche

 

4. Direttiva procedure

 

5. Regolamento n. 1560/2003

 

B. Diritto italiano

 

III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

 

A. Causa C‑228/21

 

B. Causa C‑254/21

 

C. Causa C‑297/21

 

D. Causa C‑315/21

 

E. Causa C‑328/21

 

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

 

V. Valutazione

 

A. Opuscolo comune e colloquio personale

 

1. Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III

 

a) Procedure di presa in carico e di ripresa in carico nel sistema di Dublino

 

b) Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III anche nella procedura di ripresa in carico

 

1) Formulazione e sistematica dell’articolo 4 del regolamento Dublino III

 

2) Significato e finalità dell’articolo 4 del regolamento Dublino III

 

i) Rilevanza delle informazioni contenute nell’opuscolo comune per i richiedenti nella procedura di ripresa in carico

 

– Criteri di competenza che devono ancora essere presi in considerazione anche nella procedura di ripresa in carico

 

– Informazioni generali sul sistema di Dublino

 

ii) Aspetti pratici

 

3) Esiste l’obbligo di fornire informazioni anche se non viene presentata una nuova domanda nel secondo Stato membro?

 

4) Conclusione intermedia

 

c) Conseguenze di una violazione dell’obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III nella procedura di ripresa in carico

 

1) Possibilità di far valere violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento nella procedura di ripresa in carico

 

2) Conseguenze delle violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III sulla decisione di trasferimento

 

3) Conclusione intermedia

 

2. Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac

 

a) Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac anche nella procedura di ripresa in carico

 

b) Possibilità di far valere una violazione dell’obbligo informativo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac nella procedura di ripresa in carico e conseguenze di tale violazione

 

c) Conclusione intermedia

 

3. Colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III

 

a) Obbligo di effettuare il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III anche nella procedura di ripresa in carico

 

b) Conseguenze di una violazione dell’obbligo di effettuare il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III nella procedura di ripresa in carico

 

1) Possibilità di far valere violazioni dell’articolo 5 del regolamento Dublino III nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento nella procedura di ripresa in carico

 

2) Conseguenze delle violazioni dell’articolo 5 del regolamento Dublino III sulla decisione di trasferimento

 

i) Possibilità di sanatoria nel procedimento giudiziario e conseguenze della deduzione di nuovi elementi rilevanti

 

ii) Carattere definitivo della decisione di trasferimento in caso di mancata impugnazione

 

c) Conclusione intermedia

 

B. Refoulement indiretto

 

1. Presunzione del rispetto dei diritti fondamentali da parte di tutti gli Stati membri e condizioni per la confutazione della stessa

 

2. Clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III

 

3. Conclusione intermedia

 

VI. Conclusione

I. Introduzione

1.

Il sistema europeo comune di asilo si basa sul principio che una domanda di asilo presentata nell’Unione europea da un cittadino di un paese terzo o da un apolide è esaminata da un solo Stato membro. Le modalità con le quali deve essere determinato tale Stato membro sono a tal fine disciplinate dal regolamento (UE) n. 604/2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (in prosieguo: il «regolamento Dublino III») ( 2 ).

2.

Al fine di evitare movimenti secondari ed esiti divergenti, in base al regolamento in oggetto non solo l’esame nel merito di una domanda di asilo, ma anche la procedura di determinazione dello Stato membro competente per tale esame (conformemente all’articolo 1 del regolamento Dublino III e in prosieguo: lo «Stato membro competente») devono essere svolti da parte di un solo Stato membro.

3.

Il regolamento Dublino III si fonda sulla decisione di coinvolgere i richiedenti asilo nella procedura di determinazione dello Stato membro competente ( 3 ). A tale scopo, agli stessi devono essere fornite informazioni sul sistema di Dublino, sui meccanismi di determinazione dello Stato membro competente e sui criteri di competenza mediante un opuscolo comune redatto dalla Commissione. Tale opuscolo mira, in particolare, a consentire ai richiedenti di comunicare, nel corso della procedura di determinazione dello Stato membro competente, le informazioni rilevanti ai fini di tale determinazione.

4.

Orbene, cosa accade nell’ambito della procedura di ripresa in carico, cioè quando un richiedente asilo, dopo aver presentato una domanda di asilo in un primo Stato membro, lo ha lasciato e ha presentato una nuova domanda di asilo in un secondo Stato membro o si trova nel territorio di quest’ultimo, inducendo il secondo Stato membro a chiedere al primo di riprendere in carico l’interessato? L’opuscolo comune deve essere consegnato anche da parte del secondo Stato membro, benché la determinazione dello Stato membro competente spetti esclusivamente al primo Stato membro o, eventualmente, sia già avvenuta? Inoltre, se l’obbligo di consegnare l’opuscolo sussiste anche nella procedura di ripresa in carico, quali sono le conseguenze dell’inosservanza di tale obbligo sulla legittimità della decisione del secondo Stato membro di trasferire l’interessato verso il primo?

5.

Tali domande, alle quali diversi organi giurisdizionali italiani forniscono risposte differenti, costituiscono il primo insieme di questioni in tre delle cinque domande di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi ( 4 ).

6.

Il secondo insieme di questioni sollevato da una delle tre domande di pronuncia pregiudiziale in esame, nonché dalle altre due ( 5 ), riguarda il principio di fiducia reciproca e quindi il fulcro del sistema di Dublino. Si tratta di stabilire se, nell’ambito dell’impugnazione di una decisione di trasferimento, i giudici dello Stato membro richiedente possano valutare l’esistenza di un rischio di violazione del principio non respingimento (principio di non refoulement) nello Stato membro richiesto se in tale Stato non vi sono carenze sistemiche che giustifichino dubbi quanto alla legittimità del sistema di asilo e del sistema giudiziario.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

1.   Regolamento Dublino III

7.

Il regolamento Dublino III ( 6 ) stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide.

8.

I considerando da 3 a 5, da 14 a 19 e 32 del regolamento Dublino III recitano come segue:

«(3)

Il Consiglio europeo (…) ha deciso di lavorare all’istituzione del [Regime europeo comune in materia di asilo (CEAS)] basato sulla piena e completa applicazione della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, quale integrata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967 (…), garantendo in tal modo che nessuno sia rinviato in un paese nel quale rischia di essere nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di “non respingimento” (non-refoulement). Sotto tale profilo, e senza pregiudizio dei criteri di competenza definiti nel presente regolamento, gli Stati membri, tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono considerati Stati sicuri per i cittadini di paesi terzi.

(4)

Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il CEAS dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

(5)

Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale.

(…)

(14)

Conformemente alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il rispetto della vita familiare dovrebbe costituire un criterio fondamentale nell’applicazione, da parte degli Stati membri, del presente regolamento.

(15)

Il trattamento congiunto delle domande di protezione internazionale degli appartenenti alla stessa famiglia da parte di un unico Stato membro consente di garantire un esame approfondito delle domande, la coerenza delle decisioni adottate nei loro confronti e di non separare i membri di una stessa famiglia.

(16)

Per garantire il pieno rispetto del principio dell’unità familiare e dell’interesse superiore del minore, è opportuno che il sussistere di una relazione di dipendenza tra un richiedente e suo figlio, fratello o genitore, a motivo della sua gravidanza o maternità, del suo stato di salute o dell’età avanzata, costituisca un criterio di competenza vincolante. Analogamente è opportuno che anche la presenza in un altro Stato membro di un familiare o parente che possa occuparsene costituisca un criterio di competenza vincolante quando il richiedente è un minore non accompagnato.

(17)

Uno Stato membro dovrebbe poter derogare ai criteri di competenza, in particolare per motivi umanitari e caritatevoli, al fine di consentire il ricongiungimento di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela ed esaminare una domanda di protezione internazionale presentata in quello o in un altro Stato membro, anche se tale esame non è di sua competenza secondo i criteri vincolanti stabiliti nel presente regolamento.

(18)

È opportuno organizzare un colloquio personale con il richiedente al fine di agevolare la determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale. Non appena sia presentata la domanda di protezione internazionale, il richiedente dovrebbe essere informato dell’applicazione del presente regolamento e della possibilità, nel corso del colloquio, di fornire informazioni sulla presenza negli Stati membri di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela, al fine di agevolare il processo di determinazione dello Stato membro competente.

(19)

Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito.

(…)

(32)

Per quanto riguarda il trattamento di persone che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi che a essi derivano dagli strumenti giuridici internazionali, compresa la pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo».

9.

L’articolo 1 del regolamento Dublino III precisa l’oggetto dello stesso:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».

10.

L’articolo 2 del medesimo regolamento contiene le «[d]efinizioni» e, alla lettera b), definisce una «domanda di protezione internazionale» come una «domanda di protezione internazionale quale definita dall’articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95/UE».

11.

L’articolo 3 del regolamento Dublino III, intitolato «Accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale», è formulato come segue:

«1.   Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2.   Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della [Carta dei diritti fondamentali], lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.

Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso uno Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente.

3.   Ogni Stato membro mantiene la possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro, nel rispetto delle norme e delle garanzie previste dalla direttiva 2013/32/UE».

12.

L’articolo 4 del regolamento Dublino III è intitolato «Diritto di informazione» e così dispone:

«1.   Non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro, le autorità competenti dello stesso informano il richiedente dell’applicazione del presente regolamento, specificando in particolare:

a)

le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell’eventuale presentazione di un’altra domanda in uno Stato membro diverso, nonché le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale;

b)

i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata, compreso il fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi del medesimo regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri;

c)

il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri, compresi i modi in cui il richiedente può presentare tali informazioni;

d)

la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento;

e)

il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente al solo scopo di rispettare i loro obblighi derivanti dal presente regolamento;

f)

il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente, nonché le procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi delle autorità di cui all’articolo 35 e delle autorità nazionali garanti per la protezione dei dati personali che sono responsabili in merito alla tutela dei dati personali.

2.   Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite al richiedente per iscritto in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. A questo fine gli Stati membri si avvalgono dell’opuscolo comune redatto conformemente al paragrafo 3.

Ove necessario per la corretta comprensione del richiedente, le informazioni sono fornite anche oralmente, ad esempio in relazione con il colloquio personale di cui all’articolo 5.

3.   La Commissione, mediante atti di esecuzione, redige un opuscolo comune, nonché un apposito opuscolo per i minori non accompagnati, contenenti quanto meno le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Detto opuscolo comune contiene anche informazioni riguardanti l’applicazione del regolamento (UE) n. 603/2013 e, in particolare, lo scopo per il quale i dati di un richiedente possono essere trattati nell’ambito di Eurodac. L’opuscolo comune è realizzato in modo da consentire agli Stati membri di completarlo con informazioni aggiuntive specifiche per ciascuno Stato membro. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2, del presente regolamento».

13.

L’articolo 5 del regolamento Dublino III prevede che lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione effettui un colloquio personale con il richiedente al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente, e stabilisce le modalità di tale colloquio. Il paragrafo 1 della disposizione in esame così recita:

«1.   Al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione effettua un colloquio personale con il richiedente. Il colloquio permette anche la corretta comprensione delle informazioni fornite al richiedente ai sensi dell’articolo 4».

14.

L’articolo 7 del regolamento Dublino III, che figura nel capo III del medesimo regolamento («Criteri per determinare lo Stato membro competente»), è intitolato «Gerarchia dei criteri» e, ai paragrafi 1 e 3, è così formulato:

«1.   I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo.

(…)

3.   Ai fini dell’applicazione dei criteri di cui agli articoli 8, 10 e 16, gli Stati membri tengono conto di qualsiasi elemento di prova disponibile per quanto riguarda la presenza nel territorio di uno Stato membro, di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela con il richiedente, a condizione che tali prove siano prodotte prima che un altro Stato membro accolga la richiesta di presa o ripresa in carico dell’interessato ai sensi, rispettivamente, degli articoli 22 e 25, e che le precedenti domande di protezione internazionale del richiedente non siano state ancora oggetto di una prima decisione sul merito».

15.

Gli articoli da 8 a 10 e 16 del regolamento Dublino III disciplinano la determinazione dello Stato membro competente nei casi in cui, in particolare per quanto riguarda i minori o le persone a carico, i familiari dei richiedenti si trovano già in uno Stato membro.

16.

L’articolo 17 del regolamento Dublino III è intitolato «Clausole discrezionali» e, al paragrafo 1, primo comma, stabilisce quanto segue:

«1.   In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento».

17.

L’articolo 18 del regolamento Dublino III, intitolato «Obblighi dello Stato membro competente», prevede quanto segue:

«1.   Lo Stato membro competente in forza del presente regolamento è tenuto a:

a)

prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli 21, 22 e 29, il richiedente che ha presentato domanda in un altro Stato membro;

b)

riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, il richiedente la cui domanda è in corso d’esame e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno;

c)

riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, un cittadino di un paese terzo o un apolide che ha ritirato la sua domanda in corso d’esame e che ha presentato una domanda in un altro Stato membro o che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno;

d)

riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, un cittadino di un paese terzo o un apolide del quale è stata respinta la domanda e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno.

2.   Per quanto riguarda i casi che rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 1, lettere a) e b), lo Stato membro competente esamina o porta a termine l’esame della domanda di protezione internazionale presentata dal richiedente.

(…)

Nei casi che rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 1, lettera d), qualora la domanda sia stata respinta solo in primo grado, lo Stato membro competente assicura che l’interessato abbia o abbia avuto la possibilità di ricorrere a un mezzo di impugnazione efficace ai sensi dell’articolo 46 della direttiva 2013/32/UE».

18.

L’articolo 19 del regolamento Dublino III è intitolato «Cessazione delle competenze» ed è così formulato:

«1.   Se uno Stato membro rilascia al richiedente un titolo di soggiorno, gli obblighi previsti all’articolo 18, paragrafo 1, ricadono su detto Stato membro.

2.   Gli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 1, vengono meno se lo Stato membro competente può stabilire, quando gli viene chiesto di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), che l’interessato si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che l’interessato non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente.

La domanda presentata dopo il periodo di assenza di cui al primo comma è considerata una nuova domanda e dà inizio a un nuovo procedimento di determinazione dello Stato membro competente.

3.   Gli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere c) e d), vengono meno se lo Stato membro competente può stabilire, quando gli viene chiesto di riprendere in carico un richiedente o un’altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), che l’interessato ha lasciato il territorio degli Stati membri conformemente a una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento emessa da quello Stato membro a seguito del ritiro o del rigetto della domanda.

La domanda presentata dopo che ha avuto luogo un allontanamento effettivo è considerata una nuova domanda e dà inizio a un nuovo procedimento di determinazione dello Stato membro competente».

19.

Il capo VI del regolamento Dublino III («Procedure di presa in carico e di ripresa in carico») disciplina l’avvio della procedura di determinazione dello Stato membro competente (sezione I), la procedura di presa in carico qualora uno Stato membro in cui è stata presentata una domanda di protezione internazionale ritenga che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa (sezione II), e la procedura per la richiesta di ripresa in carico qualora uno Stato membro – presso il quale una persona che aveva precedentemente presentato una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro presenti una nuova domanda o soggiorni sul suo territorio senza un titolo di soggiorno – chieda a quest’altro Stato membro di riprendere in carico l’interessato (sezione III).

20.

L’articolo 20 del regolamento Dublino III, intitolato «Avvio della procedura», si trova nell’omonima sezione I del capo VI e, ai paragrafi 1, 2 e 5, primo comma, così stabilisce:

«1.   La procedura di determinazione dello Stato membro competente è avviata non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta in uno Stato membro.

2.   La domanda di protezione internazionale si considera presentata non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente o un verbale redatto dalle autorità. Nel caso di domanda non scritta, il periodo che intercorre dalla dichiarazione di volontà e la stesura del relativo verbale deve essere quanto più breve possibile.

(…)

5.   Lo Stato membro nel quale è stata presentata per la prima volta la domanda di protezione internazionale è tenuto, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29 e al fine di portare a termine il procedimento di determinazione dello Stato membro competente, a riprendere in carico il richiedente che si trova in un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno o ha presentato colà una nuova domanda di protezione internazionale dopo aver ritirato la prima domanda presentata in uno Stato membro diverso durante il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente».

21.

L’articolo 21 del regolamento Dublino III fa parte della sezione II («Procedure per le richieste di presa in carico») del capo VI, è intitolato «Presentazione di una richiesta di presa in carico» e, al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«1.   Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.

In deroga al primo comma, nel caso di una risposta pertinente di Eurodac con dati registrati ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (UE) n. 603/2013, la richiesta è inviata entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale regolamento.

Se la richiesta di prendere in carico un richiedente non è formulata entro i termini previsti al primo e al secondo comma, la competenza dell’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata».

22.

Gli articoli 23 («Presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora sia stata presentata una nuova domanda nello Stato membro richiedente»), 24 («Presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora non sia stata presentata una nuova domanda nello Stato membro richiedente») e 25 («Risposta a una richiesta di ripresa in carico») del regolamento Dublino III figurano nella sezione III («Procedure per le richieste di ripresa in carico») del capo VI e dispongono, per estratto, quanto segue:

«Articolo 23

1. Uno Stato membro presso il quale una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), abbia presentato una nuova domanda di protezione internazionale che ritenga che un altro Stato membro sia competente ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), può chiedere all’altro Stato membro di riprendere in carico tale persona.

(…)

3. Se la richiesta di ripresa in carico non è presentata entro i termini prescritti al paragrafo 2, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro in cui la nuova domanda è stata presentata.

Articolo 24

1. Uno Stato membro sul cui territorio una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), soggiorna senza un titolo di soggiorno e presso cui non è stata presentata una nuova domanda di protezione internazionale che ritenga che un altro Stato membro sia competente ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), può chiedere all’altro Stato membro di riprendere in carico tale persona.

Articolo 25

1. Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie e decide in merito alla richiesta di ripresa in carico dell’interessato quanto prima (…)».

23.

L’articolo 26 del regolamento Dublino III, intitolato «Notifica di una decisione di trasferimento», recita come segue:

«1.   Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), lo Stato membro richiedente notifica all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e, se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale. Se l’interessato è rappresentato da un avvocato o un altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di notificare la decisione a tale avvocato o consulente legale invece che all’interessato e, se del caso, comunicare la decisione all’interessato.

2.   La decisione di cui al paragrafo 1 contiene informazioni sui mezzi di impugnazione disponibili, compreso quello sul diritto di chiedere l’effetto sospensivo, ove applicabile, e sui termini per esperirli e sui termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui l’interessato deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi.

Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni sulle persone o sugli enti che possono fornire assistenza legale all’interessato siano comunicate a quest’ultimo unitamente alla decisione di cui al paragrafo 1, sempre che non siano già state comunicate in precedenza.

3.   Qualora l’interessato non sia assistito o rappresentato da un avvocato o da un altro consulente legale, gli Stati membri lo informano dei principali elementi della decisione, e in ogni caso dei mezzi di impugnazione disponibili e dei termini per esperirli, in una lingua che il richiedente capisce o che è ragionevole supporre possa capire».

24.

L’articolo 27 del regolamento Dublino III è intitolato «Mezzi di impugnazione» e, al paragrafo 1, così recita:

«1.   Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale».

25.

L’articolo 29 del regolamento Dublino III, intitolato «Modalità e termini», così dispone, al paragrafo 2:

«2.   Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito».

2.   Regolamento Eurodac

26.

Il regolamento (UE) n. 603/2013 (in prosieguo: il «regolamento Eurodac») ( 7 ) disciplina l’istituzione di una banca dati per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento Dublino III.

27.

L’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Eurodac prevede quanto segue:

«1.   Ciascuno Stato membro procede tempestivamente al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di ogni richiedente protezione internazionale di età non inferiore a 14 anni, non appena possibile e in ogni caso entro 72 ore dalla presentazione della domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013, trasmette tali dati al sistema centrale insieme ai dati di cui all’articolo 11, lettere da b) a g), del presente regolamento».

28.

L’articolo 17, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Eurodac così dispone:

«1.   Al fine di stabilire se un cittadino di un paese terzo o un apolide soggiornante irregolarmente nel suo territorio abbia precedentemente presentato una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, ciascuno Stato membro può trasmettere al sistema centrale qualsiasi dato relativo alle impronte digitali eventualmente rilevate di tale cittadino di paese terzo o apolide, purché di età non inferiore a 14 anni, insieme al numero di riferimento assegnato».

29.

L’articolo 29 del regolamento Eurodac riguarda i diritti dell’interessato. L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Eurodac prevede che a tali persone siano comunicate talune informazioni relative allo scopo e alle modalità del rilevamento delle impronte digitali e il paragrafo 3 stabilisce che a tal fine deve essere redatto un opuscolo comune:

«1.   Lo Stato membro d’origine provvede a informare la persona di cui agli articoli 9, paragrafo 1, 14, paragrafo 1, o 17, paragrafo 1, per iscritto e se necessario oralmente, in una lingua che la persona comprende o che ragionevolmente si suppone a lei comprensibile:

(…)

b)

dello scopo per cui i suoi dati saranno trattati nell’Eurodac, compresa una descrizione delle finalità del [regolamento Dublino III], conformemente all’articolo 4 dello stesso, nonché una spiegazione, in forma intelligibile e con un linguaggio semplice e chiaro, del fatto che è ammesso l’accesso degli Stati membri e di Europol all’Eurodac a fini di contrasto;

(…)

2.   (…)

Per quanto riguarda la persona di cui all’articolo 17, paragrafo 1, le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo sono fornite al più tardi quando i dati che la concernono sono trasmessi al sistema centrale. (…)

3.   È redatto un opuscolo comune contenente quanto meno le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo e all’articolo 4, paragrafo 1, del [regolamento Dublino III], secondo la procedura di cui all’articolo 44, paragrafo 2, di detto regolamento.

L’opuscolo è scritto in modo chiaro e semplice, in una lingua che la persona interessata comprende (…) o che ragionevolmente si suppone a lei comprensibile.

L’opuscolo è realizzato in modo da consentire agli Stati membri di completarlo con informazioni aggiuntive specifiche per ciascuno Stato membro. Tali informazioni specifiche includono quanto meno i diritti dell’interessato, la possibilità di ricevere assistenza da parte delle autorità nazionali di controllo nonché gli estremi dell’ufficio del responsabile del trattamento e delle autorità nazionali di controllo».

30.

L’articolo 37 del regolamento Eurodac, intitolato «Risarcimento dei danni», prevede, ai paragrafi 1 e 3:

«1.   Le persone e gli Stati membri che hanno subito un danno in conseguenza di un trattamento illecito di dati o di qualsiasi altro atto incompatibile con il presente regolamento hanno diritto di ottenere un risarcimento dallo Stato membro responsabile del pregiudizio. Lo Stato membro è esonerato in tutto o in parte da tale responsabilità se prova che l’evento dannoso non gli è imputabile.

(…)

3.   Le azioni proposte contro uno Stato membro per il risarcimento dei danni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono disciplinate dalle leggi dello Stato membro convenuto».

3.   Direttiva qualifiche

31.

La direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (in prosieguo: la «direttiva qualifiche») ( 8 ) disciplina i criteri in base ai quali deve essere accolta una domanda di protezione internazionale.

32.

L’articolo 2 della direttiva qualifiche contiene le «[d]efinizioni» e, alla lettera h), definisce una «domanda di protezione internazionale» come «una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione non contemplato nell’ambito di applicazione della presente direttiva e che possa essere richiesto con domanda separata».

33.

All’articolo 8, intitolato «Protezione all’interno del paese d’origine», la direttiva qualifiche prevede eccezioni alla necessità di protezione internazionale nel caso in cui il richiedente possa chiedere protezione in una parte del territorio del suo paese d’origine:

«1.   Nell’ambito dell’esame della domanda di protezione internazionale, gli Stati membri possono stabilire che il richiedente non necessita di protezione internazionale se, in una parte del territorio del paese d’origine, questi:

a)

non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi; oppure

b)

ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi di cui all’articolo 7;

e può legalmente e senza pericolo recarsi ed essere ammesso in quella parte del paese e si può ragionevolmente supporre che vi si stabilisca.

2.   Nel valutare se il richiedente ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o corre rischi effettivi di subire danni gravi, oppure ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi in una parte del territorio del paese d’origine conformemente al paragrafo 1, gli Stati membri tengono conto al momento della decisione sulla domanda delle condizioni generali vigenti in tale parte del paese, nonché delle circostanze personali del richiedente, in conformità dell’articolo 4. A tal fine gli Stati membri assicurano che informazioni precise e aggiornate pervengano da fonti pertinenti, quali l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo».

34.

Al capo V, la direttiva qualifiche prevede il rischio di «danno grave» quale requisito per la protezione sussidiaria. È considerata tale, ai sensi dell’articolo 15, lettera c):

«c)

la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale».

4.   Direttiva procedure

35.

L’articolo 33 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (in prosieguo: la «direttiva procedure») ( 9 ), intitolato «Domande inammissibili», dispone, al paragrafo 1 e al paragrafo 2, lettera a), quanto segue:

«1.   Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento (UE) n. 604/2013, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, qualora la domanda sia giudicata inammissibile a norma del presente articolo.

2.   Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

a)

un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale».

5.   Regolamento n. 1560/2003

36.

L’articolo 16 bis del regolamento (CE) n. 1560/2003 ( 10 ), il regolamento di esecuzione della Commissione relativo al sistema di Dublino, come modificato dal regolamento Dublino III e dal regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 ( 11 ), è intitolato «Opuscoli informativi per i richiedenti protezione internazionale» e, ai paragrafi 1 e 4, così dispone:

«1)   Nell’allegato X figura un opuscolo comune che informa tutti i richiedenti protezione internazionale sulle disposizioni del [regolamento Dublino III] e sull’applicazione del [regolamento Eurodac].

(…)

4)   L’allegato XIII contiene informazioni per i cittadini di paesi terzi e gli apolidi soggiornanti irregolarmente in uno Stato membro».

37.

Ai sensi dell’allegato X del regolamento n. 1560/2003, l’opuscolo contiene nella parte A, intitolata «Informazioni sul regolamento Dublino per i richiedenti protezione internazionale, a norma dell’articolo 4 del regolamento (UE) n. 604/2013», in particolare, le seguenti informazioni (grassetto nell’originale):

«Avete chiesto protezione perché ritenete di essere stati costretti a lasciare il vostro paese a causa di persecuzioni, guerre o rischio di gravi danni. La legge definisce la vostra una “domanda/richiesta di protezione internazionale” e voi “richiedenti”. Coloro che cercano protezione sono spesso definiti “richiedenti asilo”.

Il fatto che chiediate asilo non garantisce che la vostra richiesta sia esaminata qui. Il paese che esaminerà la vostra richiesta è determinato tramite un processo istituito da un atto legislativo dell’Unione europea noto come “regolamento Dublino”. In virtù di questo regolamento, un solo paese è competente per l’esame della vostra richiesta.

(…)

Prima che la vostra richiesta di asilo possa essere presa in considerazione, dobbiamo appurare se siamo competenti per esaminarla o se è competente un altro paese: è la cosiddetta “procedura Dublino”. La procedura Dublino non riguarda la ragione per cui chiedete asilo: è soltanto finalizzata a stabilire quale paese sia competente per decidere sulla vostra domanda di asilo.

(…)

Se le nostre autorità decidono che siamo competenti per decidere in merito alla vostra domanda di asilo, è possibile che rimaniate in questo paese e che la domanda sia esaminata qui. In tal caso, il processo di esame della domanda comincerà immediatamente.

Se invece decidiamo che la competenza per la domanda spetta a un altro paese, cercheremo di trasferirvi appena possibile in tale paese, dove la domanda sarà esaminata. (…)

Il regolamento prevede vari motivi per cui un paese può essere competente per l’esame di una richiesta. Questi motivi sono enumerati nel regolamento per ordine di importanza: innanzitutto la presenza di un familiare in tale paese Dublino; il fatto di possedere o aver posseduto in passato un visto o un permesso di soggiorno rilasciato da un paese Dublino; il fatto di essere entrato in un altro paese Dublino o averlo attraversato, legalmente o illegalmente.

È importante che ci informiate appena possibile se avete familiari in un altro Paese di Dublino. Se vostro marito, vostra moglie o vostro figlio ha presentato domanda di asilo o ha ottenuto protezione internazionale in un altro paese Dublino, tale paese potrebbe essere competente per l’esame della vostra domanda di asilo.

Potremmo decidere di esaminare la vostra domanda in questo paese, anche se non siamo competenti in base ai criteri stabiliti dal regolamento Dublino. Non vi invieremo in un paese dove è appurato che i vostri diritti umani potrebbero essere violati.

(…)

Potete dichiarare di non accettare una decisione in base alla quale sareste inviati in un altro paese Dublino, e potete impugnare la decisione dinanzi a un organo giurisdizionale. Potete anche chiedere di rimanere in questo paese finché sia presa una decisione riguardo al ricorso o alla revisione.

Se rinunciate alla domanda di asilo e vi recate in un altro paese Dublino, sarete probabilmente ritrasferiti in questo paese o nel paese competente.

Quindi è importante che, una volta presentata la domanda di asilo, rimaniate qui finché decidiamo 1) chi è competente per l’esame della domanda e/o 2) di esaminare la domanda in questo paese.

(…)

Se ritenete che un altro paese possa essere competente per l’esame della vostra domanda, riceverete informazioni più dettagliate sulla procedura da seguire e sulle sue conseguenze su di voi e sui vostri diritti».

38.

Ai sensi dell’allegato X del regolamento n. 1560/2003 l’opuscolo contiene nella parte B, tra l’altro, le seguenti «Informazioni per i richiedenti protezione internazionale soggetti alla procedura Dublino»:

«Avete ricevuto questo opuscolo perché avete chiesto protezione internazionale (asilo) in questo paese o in un altro paese Dublino e le autorità di questo paese hanno ragione di ritenere che un altro paese possa essere competente per l’esame della richiesta.

Il paese che esaminerà la vostra richiesta è determinato tramite un processo istituito da un atto legislativo dell’Unione europea noto come “regolamento Dublino”, ossia la cosiddetta “procedura Dublino”. Il presente opuscolo cerca di rispondere alle domande più frequenti riguardo alla procedura.

(…)

La procedura Dublino stabilisce quale paese sia competente per l’esame della vostra richiesta di asilo. Questo significa che potreste essere trasferiti da questo paese in un altro paese, che è competente per l’esame della vostra domanda.

(…)

RICORDATE: Non potete spostarvi in un altro paese Dublino: se lo fate, sarete ritrasferiti qui o in un paese dove avete presentato in precedenza una domanda di asilo. Rinunciare alla domanda presentata qui non comporterà un cambiamento del paese competente. Se vi nascondete o fuggite, rischiate anche di essere posti in stato di trattenimento.

(…)

In che modo le autorità determineranno il paese competente per l’esame della mia domanda?

Esistono vari motivi per cui un paese può essere competente per l’esame di una richiesta. Tali motivi sono applicati in un ordine di importanza stabilito dal regolamento. Se uno dei motivi non si applica, viene preso in considerazione il successivo, e così via.

I motivi sono legati ai seguenti fattori, in ordine di importanza:

un vostro familiare (marito, moglie o figlio di età inferiore a 18 anni) ha ottenuto protezione internazionale o ha presentato domanda di asilo in un altro paese Dublino;

Quindi è importante che ci informiate se avete familiari in un altro paese Dublino, prima che sia presa una prima decisione sulla vostra domanda di asilo. Se desiderate essere riuniti nello stesso paese, voi e i vostri familiari dovete esprimere questo desiderio per iscritto.

(…)

E se dipendo da un’altra persona o un’altra persona dipende da me?

Potreste essere ricongiunti ai vostri genitori, figli, fratelli o sorelle, nello stesso paese, se si verificano tutte le seguenti condizioni:

i vostri familiari soggiornano legalmente in uno dei paesi Dublino;

uno dei familiari è in stato di gravidanza, o ha un bambino appena nato, o è gravemente malato, o gravemente disabile o anziano;

uno dei familiari dipende dall’assistenza di un altro, che è in grado di occuparsene.

Il paese in cui soggiornano i vostri figli, fratelli, sorelle o genitori dovrebbe in linea di massima accettare la responsabilità di esaminare la vostra domanda, purché i legami familiari esistessero già nel paese di origine. Sarete invitati anche a indicare per iscritto il desiderio di entrambe le parti di essere ricongiunte.

Potete chiedere di accedere a questa opportunità sia se vi trovate già nel paese in cui si trovano i vostri figli, fratelli, sorelle o genitori, sia se vi trovate in paesi diversi. In questo secondo caso, dovrete recarvi in tale paese, a meno che le vostre condizioni di salute vi impediscano di compiere lunghi viaggi.

Oltre a questa possibilità, esiste anche quella di chiedere, durante la procedura di asilo, di raggiungere una persona con cui avete una relazione familiare per motivi umanitari, familiari o culturali. Se questa domanda è accettata, potreste dovervi recare nel paese dove si trova la persona con cui avete relazioni familiari. In tal caso, sarete invitati a esprimere il vostro consenso per iscritto. È importante che ci informiate di eventuali motivi umanitari in base ai quali la vostra domanda debba essere esaminata qui o in un paese diverso.

(…)

Se è la prima volta che presentate domanda di asilo in un paese Dublino, ma vi sono motivi per ritenere che un altro paese Dublino debba esaminare la vostra domanda, chiederemo a tale paese di “prendere in carico” il vostro caso.

(…)

Se avete già presentato domanda di asilo in un altro paese Dublino, diverso da quello in cui vi trovate adesso, chiederemo che l’altro paese vi riprenda in carico ”.

(…)

Se però non avete presentato domanda di asilo in questo paese e la vostra precedente domanda di asilo in un altro paese è stata respinta con decisione definitiva, possiamo scegliere di inviare una richiesta al paese competente affinché vi prenda in carico, o di procedere al vostro rimpatrio nel paese di origine o di residenza permanente, o in un paese terzo sicuro.

(…)

Il paese competente vi considererà alla stregua di un richiedente asilo e beneficerete di tutti i diritti connessi a questo status. Se non avete mai presentato domanda di asilo in tale paese, avrete l’opportunità di presentarla al vostro arrivo.

(…)».

39.

Ai sensi dell’allegato XIII del regolamento n. 1560/2003, l’opuscolo contiene «Informazioni per cittadini di paesi terzi e apolidi soggiornanti irregolarmente in uno Stato membro, a norma dell’articolo 29, paragrafo 3, del [regolamento Eurodac]»:

«Se soggiornate irregolarmente in un “paese Dublino”, le autorità possono rilevare le vostre impronte digitali e trasmetterle a una banca dati di impronte digitali denominata “Eurodac”. Questo serve unicamente a controllare se avete già presentato in precedenza una domanda di asilo. I dati relativi alle vostre impronte non saranno conservati nella banca dati Eurodac, ma, se avete chiesto asilo in precedenza in un altro paese potreste essere ritrasferiti in tale paese.

(…)

Se le nostre autorità ritengono che potreste aver chiesto protezione internazionale in un altro paese, il quale potrebbe essere competente per l’esame della domanda, riceverete informazioni più dettagliate sulla procedura da seguire e sulle sue conseguenze per voi e per i vostri diritti ( 12 )».

B. Diritto italiano

40.

Nell’ordinamento italiano, l’articolo 3 del decreto legislativo del 28 gennaio 2008, n. 25, emesso in attuazione della direttiva 2005/85/CE, abrogata e sostituita dalla direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GURI n. 40 del 16 febbraio 2008), nella formulazione attualmente vigente, disciplina i ricorsi avverso le decisioni di trasferimento nell’ambito del sistema Dublino.

III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

A. Causa C‑228/21

41.

Il ricorrente nella causa C‑228/21, il sig. CZA, dopo aver già presentato una domanda di protezione internazionale in Slovenia, ha presentato una domanda analoga in Italia. L’autorità italiana competente, l’Unità Dublino, incardinata presso il Ministero dell’Interno, ha poi inviato alla Slovenia una richiesta di ripresa in carico del richiedente ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Dublino III. La Slovenia ha accettato tale richiesta. Successivamente, nei confronti del richiedente è stata emessa una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 26 del regolamento Dublino III, con la quale lo si informava della decisione di trasferirlo verso la Slovenia.

42.

Il ricorso proposto dal ricorrente avverso tale decisione, basato sulla violazione dell’obbligo informativo previsto dall’articolo 4 del regolamento Dublino III, è stato accolto in primo grado dal Tribunale di Catanzaro (Italia). L’autorità competente non è riuscita a dimostrare di aver consegnato al richiedente l’opuscolo prescritto dall’articolo 4 del regolamento Dublino III. Il giudice non ha ritenuto sufficienti la presentazione del verbale del colloquio personale, redatto conformemente all’articolo 5 del medesimo regolamento, e la consegna di un altro opuscolo al momento della presentazione formale della domanda di protezione internazionale in Italia. Esso ha concluso che la violazione del dovere informativo di cui all’articolo 4 del regolamento Dublino III comporta l’invalidità della decisione di trasferimento.

43.

Contro tale decisione il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso davanti alla Corte suprema di cassazione (Italia). Con decisione del 29 marzo 2021, pervenuta l’8 aprile 2021, tale giudice ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

Se l’articolo 4 del [regolamento Dublino III] debba essere interpretato nel senso che con il ricorso proposto, ai sensi dell’articolo 27 del [regolamento Dublino III], nei confronti di una decisione di trasferimento adottata da uno Stato membro, secondo il meccanismo dell’articolo 26 del regolamento ed in base all’obbligo di ripresa in carico di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento, possa farsi valere la sola mancata consegna dell’opuscolo informativo disciplinata dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento, da parte dello Stato che ha adottato il provvedimento di trasferimento;

2)

Se l’articolo 27 del regolamento, letto in combinazione con il considerando 18 e il considerando 19 e con l’articolo 4 del medesimo regolamento, debba essere interpretato nel senso che il rimedio effettivo in caso di accertata violazione degli obblighi previsti dall’articolo 4 impone al Giudice l’adozione di una decisione di annullamento della decisione di trasferimento;

3)

In caso di risposta negativa al quesito sub 2) se l’articolo 27 del regolamento, letto in combinazione con il considerando 18 e il considerando 19 e con l’articolo 4 del medesimo regolamento, debba essere interpretato nel senso che il rimedio effettivo in caso di accertata violazione degli obblighi previsti dall’articolo 4 impone al Giudice di verificare la rilevanza di tale violazione alla luce delle circostanze allegate dal ricorrente e consente di confermare la decisione di trasferimento tutte le volte che non emergano ragioni per l’adozione di una decisione di trasferimento di contenuto diverso.

B. Causa C‑254/21

44.

Nella causa C‑254/21, DG, cittadino afgano, ha presentato una seconda domanda di protezione internazionale in Italia dopo che la sua prima domanda di protezione internazionale, presentata in Svezia, era stata già respinta in via definitiva. A seguito di una risposta pertinente di Eurodac, il Ministero dell’Interno italiano ha quindi inoltrato alle autorità svedesi una richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del regolamento Dublino III, che le stesse autorità hanno accettato, disponendo il trasferimento in Svezia.

45.

Il richiedente impugna tale decisione dinanzi al Tribunale di Roma (Italia), lamentando la violazione dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. L’impugnazione è motivata dall’esistenza del rischio di un refoulement indiretto, attraverso la Svezia, verso l’Afghanistan dove egli sarebbe esposto al rischio di trattamenti inumani e degradanti. La competenza dell’Italia a garantirgli una protezione contro il refoulement indiretto deriverebbe dall’articolo 17 del regolamento Dublino III.

46.

In tali circostanze, il Tribunale di Roma ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, con decisione del 12 aprile 2021, pervenuta il 22 aprile 2021, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

Se il diritto ad un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea impone di ritenere che gli articoli 4 e 19 della stessa Carta, nelle circostanze di cui alla causa principale, offrano protezione anche contro il rischio di refoulement indiretto a seguito di un trasferimento verso uno Stato membro dell’Unione che non ha carenze sistemiche ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino (in assenza di altri Stati membri competenti sulla base dei criteri di cui al Capo III e IV) che ha già esaminato e respinto la prima domanda di protezione internazionale;

2)

Se il giudice del Paese membro dove è stata presentata la seconda domanda di protezione internazionale, investito di un ricorso ai sensi dell’articolo 27 del regolamento Dublino – e quindi competente a valutare il trasferimento all’interno dell’Unione ma non a decidere la domanda di protezione – debba valutare come esistente il rischio di refoulement indiretto verso un paese terzo, allorquando il Paese membro dove è stata presentata la prima domanda di protezione internazionale abbia diversamente valutato la nozione di «Protezione all’interno del paese d’origine» ai sensi dell’articolo 8 della Direttiva 2011/95;

3)

Se la valutazione del [rischio di] refoulement indiretto, a seguito della diversa interpretazione del bisogno di «Protezione all’interno del paese di origine» tra due Stati membri, sia compatibile con l’articolo 3, paragrafo 1 (seconda parte) del regolamento e con il generale divieto per i cittadini di un paese terzo di decidere il Paese dell’Unione dove presentare la domanda di protezione internazionale.

4)

In caso di risposta affermativa ai precedenti quesiti:

a)

Se la valutazione dell’esistenza del [rischio di] refoulement indiretto, operata dall’autorità giurisdizionale dello Stato dove il richiedente ha presentato la seconda domanda di protezione internazionale a seguito del rigetto della prima domanda, obblighi all’applicazione della clausola di cui all’articolo 17, paragrafo 1, definita dal regolamento «clausola discrezionale».

b)

Quali siano i criteri che il giudice adito [ai sensi dell’]articolo 27 del Regolamento debba utilizzare, per poter valutare il rischio di refoulement indiretto, oltre quelli individuati al capo III e IV, tenuto conto che tale rischio è stato già escluso dal Paese che ha esaminato la prima domanda di protezione internazionale.

C. Causa C‑297/21

47.

Nella causa C‑297/21, XXX.XX, cittadino afgano, ha presentato una seconda domanda di protezione internazionale in Italia dopo il definitivo rigetto di una prima domanda di protezione internazionale precedentemente presentata in Germania e il ricevimento di un ordine di espulsione definitivo. A seguito di una risposta pertinente di Eurodac, il Ministero dell’Interno italiano ha quindi inoltrato alle autorità tedesche una richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del regolamento Dublino III, che le stesse autorità hanno accettato.

48.

Il ricorrente ha presentato un ricorso avverso la decisione di trasferimento successivamente adottata nei suoi confronti dinanzi al Tribunale di Firenze (Italia). Egli ritiene che la decisione impugnata violi l’articolo 4 della Carta e gli articoli 3, paragrafo 2, e 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, in quanto essa lo esporrebbe al rischio di un respingimento indiretto attraverso la Germania verso l’Afghanistan e, dopo il suo rimpatrio forzato, al rischio di subire un trattamento inumano e degradante. Pertanto, a suo avviso, l’Italia sarebbe competente ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

49.

In tali circostanze, il Tribunale di Firenze ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, con decisione del 29 aprile 2021, pervenuta il 10 maggio 2021, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

In via principale, se l’articolo 17, paragrafo 1 del [regolamento Dublino III] debba essere interpretato, in ossequio agli articoli 19 e 47 della [Carta] e 27 del [regolamento Dublino III] nel senso che al giudice dello Stato membro, investito dell’impugnazione del provvedimento dell’Unità Dublino, sia consentito affermare la competenza dello Stato nazionale che dovrebbe eseguire il trasferimento in base all’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), qualora accerti la sussistenza, nello Stato membro competente, del rischio di violazione del principio di non refoulement per respingimento del richiedente verso il proprio paese di origine, dove il richiedente sarebbe esposto a pericolo di morte o di trattamenti inumani e degradanti.

2)

In via subordinata, se l’articolo 3, paragrafo 2 del [regolamento Dublino III] debba essere interpretato in ossequio agli articoli 19 e 47 della [Carta] e 27 del [regolamento Dublino III], nel senso che sia consentito al giudice di affermare la competenza dello Stato tenuto ad eseguire il trasferimento ai sensi della lettera d) dell’articolo 18, paragrafo 1 del medesimo regolamento, qualora risulti accertata:

a)

la sussistenza nello Stato membro competente del rischio di violazione del principio di non refoulement per respingimento del richiedente verso il proprio paese di origine, dove sarebbe esposto a pericolo di morte o di subire trattamenti inumani o degradanti;

b)

l’impossibilità di eseguire il trasferimento verso altro Stato designato [in] base ai criteri di cui al capo III del [regolamento Dublino III].

D. Causa C‑315/21

50.

Nella causa C‑315/21, PP, nato in Pakistan, ha presentato domanda di protezione internazionale in Italia, dopo aver già precedentemente presentato analoga domanda in Germania. Il Ministero dell’Interno italiano ha quindi inoltrato alle autorità tedesche una richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Dublino III, che le stesse autorità hanno accettato come richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del regolamento Dublino III. Il Ministero dell’Interno italiano ha pertanto disposto il trasferimento del richiedente verso la Germania.

51.

Il ricorrente ha presentato un ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunale di Milano (Italia) e ha chiesto la sospensione temporanea dell’esecuzione della stessa, richiesta che è stata accolta dal Tribunale. A sostegno del ricorso, egli ha invocato, da un lato, la violazione degli obblighi informativi di cui agli articoli 4 e 5 del regolamento Dublino III e, dall’altro, il rischio di un refoulement indiretto, attraverso la Germania, verso il Pakistan, dove egli sarebbe esposto al concreto rischio di subire trattamenti inumani e degradanti. L’Unità Dublino, incardinata presso il Ministero dell’Interno, ha contestato tale argomento e ha dimostrato che il colloquio personale con il richiedente, previsto dall’articolo 5 del regolamento Dublino III, aveva avuto luogo.

52.

In tali circostanze, il Tribunale di Milano ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, con decisione del 14 aprile 2021, pervenuta il 17 maggio 2021, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

Se gli articoli 4 e 5 del [regolamento Dublino III] debbano essere interpretati nel senso che la loro violazione comporti di per sé l’illegittimità del provvedimento impugnato ai sensi dell’articolo 27 [del regolamento Dublino III], a prescindere dalle concrete conseguenze della suddetta violazione sul contenuto del provvedimento e sulla individuazione dello Stato membro competente;

2)

Se l’articolo 27 [del regolamento Dublino III] letto in combinato disposto con l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a) ovvero con gli articoli 18, paragrafo [1], lettere b), c), d) e con l’articolo 20, paragrafo 5, [del regolamento Dublino III], debba essere interpretato nel senso di individuare oggetti di impugnazione diversi tra loro, differenti doglianze da far valere in sede di ricorso giurisdizionale e differenti profili di violazioni di obblighi informativi e di colloquio personale ai sensi degli articoli 4 e 5 del [regolamento Dublino III].

In caso di risposta affermativa al punto 2): se gli articoli 4 e 5 del [regolamento Dublino III] debbano essere interpretati nel senso che le garanzie informative ivi previste spettano solo nell’ipotesi prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a) e non anche nella procedura di ripresa in carico, ovvero debbano essere interpretati nel senso che in quest’ultima procedura spettino quantomeno obblighi informativi in relazione alla cessazione della competenza di cui all’articolo 19 o alle carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti che implichino il rischio di trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’articolo 4 della [Carta] di cui all’articolo 3 paragrafo 2.

3)

Se l’articolo 3, paragrafo 2, debba essere interpretato nel senso che rientrano tra le «carenze sistemiche nella procedura di asilo» anche le eventuali conseguenze delle decisioni di rigetto della domanda di protezione internazionale già definitive adottate dal giudice dello Stato Membro che effettua la ripresa in carico, qualora il giudice adito ai sensi dell’articolo 27 del [regolamento Dublino III] ritenga concreto il rischio per il ricorrente di subire un trattamento inumano e degradante in caso di rimpatrio nel paese di origine da parte dello Stato membro [suddetto], anche in considerazione della ritenuta sussistenza di un conflitto armato generalizzato ai sensi dell’articolo 15 lettera c) direttiva 13 dicembre 2011, n. 95.

E. Causa C‑328/21

53.

Nella causa C‑328/21, il Ministero dell’Interno italiano ha disposto il trasferimento in Finlandia di GE, un richiedente proveniente dall’Iraq, a seguito dell’accertamento del suo soggiorno irregolare in Italia e dopo che da una risposta pertinente di Eurodac era emerso che lo stesso aveva in precedenza presentato domanda di protezione internazionale in Finlandia. In risposta alla richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Dublino III, la Finlandia ha riconosciuto la propria competenza a norma dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), dello stesso regolamento.

54.

Il richiedente ha presentato un ricorso avverso la decisione di trasferimento dinanzi al Tribunale di Roma, che ha dichiarato la propria incompetenza e ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale di Trieste (Italia). Il medesimo invoca in particolare la violazione degli obblighi informativi ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III e dell’articolo 29 del regolamento Eurodac.

55.

In tali circostanze, il Tribunale di Trieste ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, con decisione del 2 aprile 2021, pervenuta il 26 maggio 2021, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

[Si] chiede (...) di chiarire quali siano le conseguenze giuridiche imposte dal diritto dell’Unione europea in ordine ai provvedimenti di trasferimento per ripresa in carico di cui al capo VI, sezione III, [del regolamento Dublino III], qualora lo Stato abbia omesso di fornire le informazioni previste dall’articolo 4 [del regolamento Dublino III] e dall’articolo 29 [del regolamento Eurodac].

2)

In particolare, nel caso in cui sia stato attivato un rimedio pieno ed effettivo avverso la decisione di trasferimento, si chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea:

2.1.

Se l’articolo 27 del [regolamento Dublino III] debba essere interpretato:

nel senso che l’omessa consegna dell’opuscolo informativo previsto dall’articolo 4, paragrafi 2 e 3 [del regolamento Dublino III] ad una persona che versi nelle condizioni descritte dall’articolo 23 paragrafo 1 [del regolamento Dublino III] determina di per sé l’insanabile nullità del provvedimento di trasferimento (ed eventualmente anche la competenza a conoscere della domanda di protezione internazionale da parte dello Stato membro al quale la persona ha proposto la nuova domanda);

oppure nel senso che è onere del ricorrente dimostrare in giudizio che, se gli fosse stato consegnato l’opuscolo, il procedimento avrebbe avuto un esito diverso.

2.2.

Se l’articolo 27 del [regolamento Dublino III] deve essere interpretato:

nel senso che l’omessa consegna dell’opuscolo informativo previsto all’articolo 29 [del regolamento Eurodac] ad una persona che versi nelle condizioni descritte dall’articolo 24, paragrafo 1, [del regolamento Dublino III], determina di per sé l’insanabile nullità del provvedimento di trasferimento (ed eventualmente anche la conseguente necessaria offerta della possibilità di presentare una nuova domanda di protezione internazionale);

oppure nel senso che è onere del ricorrente dimostrare in giudizio che, se gli fosse stato consegnato l’opuscolo, il procedimento avrebbe avuto un esito diverso.

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

56.

I giudici del rinvio nelle cause C‑254/21, C‑297/21, C‑315/21 e C‑328/21 hanno chiesto che le cause fossero trattate con un procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte o in via prioritaria ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

57.

Con decisioni del presidente della Corte del 14 giugno e del 6 luglio 2021, tali domande sono state respinte.

58.

Con decisione del presidente della Corte del 6 luglio 2021, le cause C‑228/21, C‑254/21, C‑297/21, C‑315/21 e C‑328/21 sono state riunite ai fini della fase scritta e della fase orale del procedimento, nonché della sentenza.

59.

La Germania, la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi, la Commissione europea e i ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/21 e C‑328/21 hanno presentato osservazioni scritte.

60.

L’Italia, la Commissione e i ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑297/21 e C‑328/21 hanno partecipato all’udienza congiunta tenutasi l’8 giugno 2022.

V. Valutazione

61.

Le situazioni all’origine delle cinque domande di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi sono tutte caratterizzate dal fatto che i richiedenti asilo in questione, dopo aver presentato una prima domanda di protezione internazionale in uno Stato membro, si sono recati in Italia, dove hanno presentato una nuova domanda di protezione internazionale (cause C‑228/21, C‑254/21, C‑297/21 e C‑315/21) o hanno soggiornato senza un titolo di soggiorno (causa C‑328/21, sebbene nella fattispecie sia controverso se il ricorrente nel procedimento principale abbia o meno presentato una nuova domanda in Italia, v. a tale proposito paragrafi 98 e 123 delle presenti conclusioni). In seguito, l’autorità italiana competente ha chiesto agli Stati membri in cui gli interessati avevano precedentemente presentato domanda di protezione internazionale di riprenderli in carico e ha emesso nei confronti degli stessi interessati decisioni di trasferimento ai sensi dell’articolo 26 del regolamento Dublino III, che sono ora oggetto del procedimento principale.

62.

In tale contesto, le questioni sottoposte alla Corte nelle domande di pronuncia pregiudiziale in esame vertono, come già indicato, su due tematiche: da un lato, esse riguardano gli obblighi relativi alle informazioni e alla consegna dell’opuscolo comune ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III ovvero dell’articolo 29 del regolamento Eurodac, nonché l’obbligo relativo allo svolgimento del colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III (cause C‑228/21, C‑315/21 e C‑328/21) (A). Dall’altro, esse chiedono se i giudici dello Stato membro richiedente possano, nell’ambito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento, valutare il rischio di violazione del principio di non refoulement da parte dello Stato membro richiesto qualora in tale Stato membro non vi siano carenze sistemiche (cause C‑254/21, C‑297/21 e C‑315/21) (B).

A. Opuscolo comune e colloquio personale

63.

Con le questioni sollevate nelle cause C‑228/21, C‑315/21 e C‑328/21, i giudici del rinvio chiedono, anzitutto, se gli obblighi di informazione dei richiedenti e di consegna dell’opuscolo comune ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III ovvero dell’articolo 29 del regolamento Eurodac, nonché l’obbligo di effettuare il colloquio personale di cui all’articolo 5 del regolamento Dublino III si applichino non solo nell’ambito della procedura di determinazione dello Stato competente, che si svolge quando viene presentata la prima domanda di protezione internazionale in uno Stato membro, ma anche nella procedura di ripresa in carico. Quest’ultima ha luogo quando un richiedente asilo presenta una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro o si trova sul suo territorio e tale secondo Stato membro programma il suo trasferimento verso il primo Stato membro.

64.

Qualora gli obblighi in questione si applichino anche alla procedura di ripresa in carico, i giudici del rinvio chiedono altresì se un ricorso avverso una decisione di trasferimento possa basarsi su una violazione di tali obblighi e quali siano le conseguenze di una siffatta violazione sulla decisione di trasferimento.

65.

Poiché l’articolo 4 del regolamento Dublino III (1), l’articolo 29 del regolamento Eurodac (2) e l’articolo 5 del regolamento Dublino III (3) pongono ciascuno questioni specifiche, appare opportuno esaminarli in successione.

1.   Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III

66.

La questione di stabilire se gli obblighi di informazione e di consegna dell’opuscolo comune ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III si applichino anche nella procedura di ripresa in carico è esplicitamente posta come seconda parte della seconda questione nella causa C‑315/21; tuttavia, essa è altresì implicitamente alla base delle questioni nelle cause C‑228/21 e C‑328/21. Infatti, esse riguardano le conseguenze di una violazione degli obblighi menzionati sulla decisione di trasferimento nella procedura di ripresa in carico, il che presuppone l’applicabilità degli stessi.

67.

In primo luogo, delineerò la distinzione tra procedura di presa in carico e procedura di ripresa in carico nonché i diversi scenari in cui quest’ultima trova applicazione (a). Spiegherò poi perché l’obbligo informativo in questione si applica anche nella procedura di ripresa in carico (b). Infine, mi soffermerò sulla questione di stabilire se la violazione di tale obbligo possa essere fatta valere nell’ambito di un ricorso contro la decisione di trasferimento e quali siano le sue conseguenze (c).

a)   Procedure di presa in carico e di ripresa in carico nel sistema di Dublino

68.

Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, la procedura di determinazione dello Stato membro competente deve essere avviata non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta in uno Stato membro. Se tale Stato ritiene che un altro Stato membro sia competente, può chiedere a quest’ultimo di prendere in carico il richiedente [articolo 18, paragrafo 1, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III].

69.

Per contro, la procedura per la richiesta di ripresa in carico prevista dagli articoli 23 e 24 del regolamento Dublino III si applica alle persone che, dopo aver presentato una prima domanda in uno Stato membro, si recano in un altro Stato membro dove presentano una nuova domanda o soggiornano senza un titolo di soggiorno. Il secondo Stato membro può quindi chiedere allo Stato membro che ha precedentemente ricevuto la loro domanda di riprenderle in carico.

70.

Nella procedura di ripresa in carico occorre distinguere due situazioni, alle quali si riferisce anche il giudice del rinvio nella causa C‑315/21: da un lato, la procedura in esame si applica all’ipotesi di persone che hanno presentato una domanda in un primo Stato membro e che successivamente lo hanno lasciato ancora prima che il procedimento di determinazione dello Stato membro competente fosse portato a termine (articolo 20, paragrafo 5, del regolamento Dublino III). Tale scenario non è pertinente nel procedimento principale.

71.

Dall’altro, la procedura di ripresa in carico si deve applicare alla situazione di persone che, nel corso dell’esame nel merito della loro domanda o dopo il suo rigetto da parte dello Stato membro competente, si trasferiscono in un altro Stato membro dove presentano una nuova domanda o dove si trovano senza un titolo di soggiorno [articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento Dublino III] ( 13 ). Le circostanze del procedimento principale di cui trattasi corrispondono a tali ipotesi.

b)   Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III anche nella procedura di ripresa in carico

72.

L’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Dublino III prevede che le autorità informino i richiedenti dell’applicazione del regolamento e dei suoi aspetti rilevanti «non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro». Le informazioni pertinenti sono contenute in un opuscolo comune redatto dalla Commissione ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento Dublino III nel regolamento di esecuzione n. 118/2014.

73.

Di seguito esaminerò prima la formulazione e la sistematica (1), poi il significato e la finalità dell’articolo 4 del regolamento Dublino III (2), e infine il caso in cui non venga presentata una nuova domanda nel secondo Stato membro (3).

1) Formulazione e sistematica dell’articolo 4 del regolamento Dublino III

74.

In base alla sua formulazione, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non opera alcuna distinzione, in relazione all’obbligo informativo, tra una prima domanda e successive domande di protezione internazionale o tra la procedura di presa in carico e quella di ripresa in carico.

75.

È vero che l’articolo 20 del regolamento Dublino III è intitolato «Avvio della procedura» e, al paragrafo 1, prevede che la procedura di determinazione dello Stato membro competente sia avviata non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta ( 14 ) in uno Stato membro. Il paragrafo 2 della medesima disposizione, tuttavia, disciplina in termini molto generali quando una domanda di protezione internazionale [definita dall’articolo 2, lettera b), del regolamento Dublino III e dall’articolo 2, lettera h), della direttiva qualifiche] si considera presentata e non si riferisce solo alla prima domanda. Ciò risulta altresì dall’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento Dublino III, che fa riferimento all’articolo 20, paragrafo 2. Tuttavia, l’articolo 23 si applica esclusivamente alle ipotesi di una nuova domanda di protezione internazionale e quindi non alla prima domanda.

76.

Sotto il profilo sistematico, l’articolo 4 del regolamento Dublino III si trova al capo II, intitolato «Principi generali e garanzie». Le sue disposizioni si applicano pertanto all’intero ambito di applicazione del regolamento in esame e non solo a un determinato tipo di procedimento.

2) Significato e finalità dell’articolo 4 del regolamento Dublino III

77.

Per quanto riguarda la ratio dell’obbligo informativo, la Commissione e l’Italia sostengono che, ai sensi del considerando 18 del regolamento Dublino III, esso dovrebbe mirare ad agevolare la determinazione dello Stato membro competente per l’esame nel merito di una domanda di protezione internazionale. Tuttavia, la procedura di ripresa in carico sarebbe applicabile principalmente a situazioni in cui lo Stato membro competente è già determinato. Pertanto, in tale procedimento non sarebbe più necessario fornire tutte le informazioni relative alla determinazione dello Stato membro competente. Dovrebbe essere invece sufficiente informare gli interessati degli aspetti che essi possono ancora far valere in tale fase del procedimento. La Commissione e l’Italia fondano l’argomento in esame in particolare sulla sentenza della Corte nella causa H. e R. (in prosieguo: la «sentenza H. e R.») ( 15 ).

78.

Si deve riconoscere alla Commissione e all’Italia che nelle ipotesi contemplate dall’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento Dublino III (v. paragrafo 71 delle presenti conclusioni), la procedura di determinazione dello Stato membro competente è già terminata e quest’ultimo ha iniziato o ha addirittura già concluso l’esame nel merito della domanda. Nella sentenza H. e R., la Corte ha quindi affermato che in un caso del genere non occorre procedere ad una nuova applicazione delle norme che disciplinano la procedura di determinazione della competenza ( 16 ).

79.

Anche nell’ipotesi prevista dall’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento Dublino III (v. paragrafo 70 delle presenti conclusioni), quando l’esame della competenza è ancora in corso nello Stato membro richiesto, lo Stato membro richiedente non è in linea di principio tenuto a determinare se lo Stato membro richiesto sia competente. Piuttosto, esso deve limitarsi a verificare se i criteri di cui all’articolo 20, paragrafo 5, siano soddisfatti, ossia se sia stata presentata una prima domanda nello Stato membro richiesto e se quest’ultimo abbia avviato, ma non ancora completato, la procedura di determinazione dello Stato membro competente ( 17 ).

80.

Tuttavia, ciò non esclude che taluni criteri di competenza debbano ancora essere presi in considerazione anche nella procedura di ripresa in carico. Come spiegherò più dettagliatamente in prosieguo, la Corte lo ha già constatato in modo esplicito in relazione ad alcuni criteri di competenza, come riconosciuto anche dalla Commissione e dall’Italia. Inoltre, l’obbligo informativo di cui all’articolo 4 del regolamento Dublino III riguarda non solo i criteri per determinare lo Stato membro competente, ma anche le informazioni generali sul funzionamento del sistema di Dublino. Tutte queste informazioni sono contenute nell’opuscolo comune. In tale contesto, un obbligo informativo selettivo nella procedura di ripresa in carico, come propongono la Commissione e l’Italia, risulta non in linea con gli obiettivi del regolamento Dublino III (i) e difficile da realizzare concretamente (ii).

i) Rilevanza delle informazioni contenute nell’opuscolo comune per i richiedenti nella procedura di ripresa in carico

– Criteri di competenza che devono ancora essere presi in considerazione anche nella procedura di ripresa in carico

81.

Nella procedura di ripresa in carico, lo Stato membro richiedente non è più tenuto a verificare d’ufficio i criteri per determinare lo Stato membro competente ai sensi del capo III del regolamento Dublino III ( 18 ). Ciò però non significa che lo stesso possa ignorare gli elementi dedotti da un richiedente che, anche nella fase di cui trattasi, possono ancora opporsi al trasferimento verso lo Stato membro richiesto. Pertanto, anche nella procedura di ripresa in carico occorre informare i richiedenti, per mezzo dell’opuscolo comune, della possibilità di dimostrare siffatti elementi.

82.

Ciò vale in particolare per il trasferimento della competenza allo Stato membro richiedente ai sensi dell’articolo 19 ( 19 ), dell’articolo 23, paragrafo 3 ( 20 ), e dell’articolo 29, paragrafo 2 ( 21 ), del regolamento Dublino III, per le carenze sistemiche nello Stato membro richiesto (articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento Dublino III ( 22 )) o, in casi particolari riguardanti lo stato di salute del richiedente, per il rischio di un trattamento inumano per effetto del trasferimento verso lo stesso Stato membro richiesto ( 23 ). Nelle ipotesi in cui il richiedente abbia lasciato lo Stato membro richiesto ancora prima che la procedura di determinazione dello Stato membro competente sia stata completata (articolo 20, paragrafo 5, v. paragrafo 70 delle presenti conclusioni), inoltre, si può ancora invocare dinanzi alla Corte, anche nell’ambito della procedura di ripresa in carico, che lo Stato richiedente è lo Stato membro competente sulla base dei criteri di cui agli articoli da 8 a 10 ( 24 ).

83.

Inoltre, nella procedura di ripresa in carico [sia nelle ipotesi previste dall’articolo 20, paragrafo 5 (paragrafo 70 delle presenti conclusioni), sia in quelle previste dall’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento Dublino III (paragrafo 71 delle presenti conclusioni)], i richiedenti possono, in particolare, presentare elementi di prova per quanto riguarda la presenza nel territorio dello Stato membro richiedente di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela, che possono comportare l’applicazione dei criteri di cui agli articoli 8, 10 e 16 del regolamento Dublino III. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, gli Stati membri devono tenere conto di prove di tal genere a condizione che esse siano prodotte prima che un altro Stato membro accolga la richiesta di presa o ripresa in carico ( 25 ) dell’interessato ai sensi degli articoli 22 e 25 ( 26 ) e che le precedenti domande di protezione internazionale del richiedente non siano state ancora oggetto di una prima decisione sul merito.

84.

L’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento Dublino III si applica quindi, stando alla sua formulazione e alla sua ratio, anche alla procedura di ripresa in carico. A quanto risulta, ciò non è stato messo in discussione nella sentenza H. e R., in quanto in tale sentenza la Corte non ha esaminato la disposizione di cui trattasi.

85.

Anche l’opuscolo comune indica esplicitamente che i richiedenti devono comunicare alle autorità se hanno familiari in un paese Dublino «prima che sia presa una prima decisione sulla [loro] domanda di asilo» ( 27 ), senza limitare tale possibilità alla procedura di presa in carico.

86.

Ciò è anche logico.

87.

È vero che il regolamento Dublino III mira a garantire una determinazione rapida dello Stato membro competente e quindi un esame tempestivo delle domande di asilo ( 28 ). Le domande di asilo possono dunque essere esaminate, se del caso, da uno Stato membro diverso da quello che risulta competente in applicazione dei criteri di cui al capo III del regolamento stesso ( 29 ). Ciò non dà luogo a problemi, poiché si presume che il trattamento dei richiedenti asilo sia in ogni Stato membro conforme alla Carta, alla Convenzione di Ginevra ( 30 ) e alla CEDU ( 31 ). Grazie all’armonizzazione operata a livello dell’Unione, gli Stati membri esaminano altresì le domande di asilo in ampia misura in base alle stesse norme ( 32 ). Di conseguenza, la competenza, una volta determinata, non dovrebbe essere in linea di principio messa in discussione.

88.

Tuttavia, tenuto conto dell’importanza del diritto alla tutela della vita familiare, si deve derogare a tale principio se, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento Dublino III, vengono prodotti elementi dai quali si evince la presenza di familiari del richiedente in uno Stato membro diverso da quello inizialmente designato come competente.

89.

Tale determinazione tiene infatti conto del diritto alla tutela della vita familiare. Secondo la proposta del regolamento Dublino III avanzata dalla Commissione, essa mira a rafforzare il diritto all’unità familiare e a impedire che un richiedente venga trasferito verso uno Stato membro benché un altro Stato membro sia competente per ragioni di unità familiare ( 33 ). I considerando da 14 a 16 del regolamento Dublino III confermano l’importanza del rispetto della vita familiare nell’attuazione del medesimo regolamento. Di conseguenza, il trattamento congiunto delle domande di protezione internazionale degli appartenenti alla stessa famiglia da parte di un solo Stato membro ha lo scopo, in particolare, di garantire la coerenza delle decisioni adottate nei loro confronti e di non separare i membri di una stessa famiglia.

90.

Informare per mezzo dell’opuscolo comune i richiedenti asilo nell’ambito della procedura di ripresa in carico ha quindi anche proprio lo scopo di tutelare il loro diritto alla vita familiare.

– Informazioni generali sul sistema di Dublino

91.

L’omessa consegna dell’opuscolo comune nella procedura di ripresa in carico non sarebbe inoltre coerente con gli obiettivi del regolamento Dublino III. Infatti, esso è motivato dalla volontà di rafforzare i diritti dei richiedenti, di coinvolgerli nel miglior modo possibile nella procedura di determinazione dello Stato membro competente ( 34 ) e di informarli sul funzionamento del sistema di Dublino per contrastare i movimenti secondari ( 35 ).

92.

L’obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non riguarda quindi solo i criteri di determinazione dello Stato membro competente [lettera b)]. Al contrario, esso comprende altresì la sistematica del sistema di Dublino, in particolare le conseguenze della presentazione di un’ulteriore domanda o del trasferimento verso un altro Stato membro, il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 e la possibilità di fornire informazioni relative alla presenza di familiari, nonché di impugnare la decisione di trasferimento [punti a), c) e d)].

93.

Non vi sono dubbi circa l’utilità di comunicare tali informazioni generali sul sistema di Dublino agli interessati anche nella procedura di ripresa in carico. L’opuscolo comune contiene peraltro un’indicazione esplicita per i richiedenti nella procedura di ripresa in carico: «Se avete già presentato domanda di asilo in un altro paese Dublino, diverso da quello in cui vi trovate adesso, chiederemo che l’altro paese viriprenda in carico”» ( 36 ). Pertanto, non c’è neppure ragione di temere che consegnare nuovamente l’opuscolo nella procedura di ripresa in carico possa erroneamente suggerire ai richiedenti che lo Stato membro richiedente procederà in ogni caso d’ufficio a una nuova determinazione dello Stato membro competente.

ii) Aspetti pratici

94.

Informare i richiedenti in modo selettivo, come proposto dalla Commissione e dall’Italia, risulta inoltre di difficile attuazione, perché esiste un solo opuscolo comune. Potrebbe altresì non essere immediatamente evidente alle autorità del secondo Stato membro (in particolare prima del controllo nell’ambito dell’Eurodac, v., al riguardo, paragrafi 115 e 116 delle presenti conclusioni) in quale situazione si trovi esattamente il richiedente e quali elementi egli possa quindi ancora far valere. Al contrario, la comunicazione sistematica dell’opuscolo comune nella procedura di ripresa in carico è una soluzione chiara, semplice e certa sotto il profilo giuridico, che garantisce che tutti i richiedenti ricevano in ogni caso – se necessario, più di una volta – tutte le informazioni rilevanti per la loro situazione.

95.

È vero che si deve presumere che il richiedente che presenta una domanda di protezione internazionale in un secondo Stato membro abbia già ricevuto l’opuscolo comune quando ha presentato la prima domanda nel primo Stato membro. Tuttavia, non si può escludere che in singoli casi ciò sia stato dimenticato o che ricordare tali informazioni sia utile. In ogni caso, sarà generalmente difficile per le autorità del secondo Stato membro verificare se i richiedenti hanno già ricevuto una volta l’opuscolo informativo.

96.

Infine, l’obbligo di consegnare l’opuscolo comune (se necessario, più di una volta) nella procedura di ripresa in carico non comporta neppure un onere sproporzionato per lo Stato membro richiedente. Quest’ultimo, infatti, deve comunque avere a disposizione l’opuscolo comune in tutte le versioni linguistiche per consegnarlo ai richiedenti che presentano la prima domanda di protezione internazionale alle sue autorità.

3) Esiste l’obbligo di fornire informazioni anche se non viene presentata una nuova domanda nel secondo Stato membro?

97.

Per completezza, occorre ancora evidenziare che la procedura di ripresa in carico non riguarda solo le situazioni in cui un richiedente, dopo aver presentato una domanda di protezione internazionale in un primo Stato membro, presenta analoga domanda in un altro Stato membro. Al contrario, la procedura di ripresa in carico si applica parimenti in ipotesi in cui un richiedente, dopo aver presentato una prima domanda in uno Stato membro, si rechi in un altro Stato membro sul cui territorio rimanga senza un titolo di soggiorno e senza presentare una nuova domanda [articolo 24 in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafo 5, e con l’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento Dublino III].

98.

In base a quanto indicato dal giudice del rinvio, ciò corrisponde alla situazione esistente nel procedimento principale nella causa C‑328/21. GE, ossia l’interessato nella causa in esame, invece, sostiene di essere stato qualificato come soggiornante irregolare solo perché le autorità italiane non hanno debitamente accolto la sua domanda di protezione internazionale. Spetta al giudice del rinvio valutare se ciò si verifichi nella fattispecie, fermo restando che i requisiti per l’esistenza di una domanda di protezione internazionale non possono essere oggetto di un’interpretazione troppo rigida e formalistica ( 37 ).

99.

Stando alla formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, l’obbligo di fornire le informazioni ivi previste sussiste unicamente «[n]on appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro». Esso non può essere pertanto esteso alle ipotesi in cui un richiedente, dopo aver presentato una prima domanda in uno Stato membro, si rechi in un altro Stato membro e si limiti a soggiornarvi senza un titolo di soggiorno ma non presenti una nuova domanda.

100.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la consegna dell’opuscolo che spiega il funzionamento del sistema di Dublino sembra certamente utile anche in tali casi. In particolare, potrebbe aiutare gli interessati a far comprendere alle autorità se essi intendono presentare una domanda di protezione internazionale. Tuttavia, consegnare l’opuscolo anche in tal caso sarebbe solamente una buona prassi amministrativa, che gli Stati membri possono applicare senza essere formalmente obbligati in tal senso ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III.

4) Conclusione intermedia

101.

Da tutte le considerazioni che precedono risulta che l’articolo 4 del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di fornire le informazioni ivi previste sussiste sia nelle ipotesi di cui all’articolo 20, paragrafo 1, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), sia in quelle di cui all’articolo 20, paragrafo 5, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), di tale regolamento, non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro.

c)   Conseguenze di una violazione dell’obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III nella procedura di ripresa in carico

102.

Con le questioni nelle cause C‑228/21 e C‑328/21 e con la prima e la seconda questione nella causa C‑315/21, i giudici del rinvio chiedono, da un lato, se le violazioni dell’obbligo informativo previsto dall’articolo 4 del regolamento Dublino III nella procedura di ripresa in carico possano essere fatte valere nell’ambito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento (a). Dall’altro, gli stessi chiedono se siffatte violazioni debbano, di per sé, comportare l’annullamento della decisione o se il giudice competente debba esaminare caso per caso se esse abbiano inciso sul contenuto della stessa (b).

1) Possibilità di far valere violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento nella procedura di ripresa in carico

103.

Si deve rispondere affermativamente alla questione di stabilire se le violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III possano essere fatte valere nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento. Infatti, la Corte ha già affermato che un ricorso avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III deve poter avere ad oggetto l’esame dell’applicazione di tale regolamento, ivi compreso il rispetto delle garanzie procedurali previste da quest’ultimo ( 38 ).

104.

Per contro, non può essere accolta la tesi della Commissione secondo cui le violazioni dell’obbligo informativo possono essere invocate solo se hanno avuto un’incidenza sul contenuto della decisione di trasferimento. Infatti, ciò porterebbe a confondere l’esame dell’ammissibilità di un ricorso avverso la decisione di trasferimento con l’esame nel merito del ricorso stesso.

2) Conseguenze delle violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III sulla decisione di trasferimento

105.

Tuttavia, contrariamente alla posizione espressa da GE nell’ambito della causa C‑328/21, la possibilità di far valere violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III non significa necessariamente che la decisione di trasferimento debba essere annullata e che la competenza per l’esame della domanda si trasferisca allo Stato membro richiedente. Secondo GE, ciò dovrebbe accadere tanto per le violazioni dell’articolo 4 quanto per le violazioni delle norme relative ai termini previsti nelle procedure di presa in carico, ripresa in carico e trasferimento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, terzo comma, dell’articolo 23, paragrafo 3, dell’articolo 24, paragrafo 3, e dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

106.

Tuttavia, una simile conseguenza giuridica non è prevista dall’articolo 4 del regolamento Dublino III. Al contrario, tale regolamento non prevede alcun tipo di conseguenza giuridica al riguardo. In tal caso, le conseguenze giuridiche sono disciplinate dal diritto nazionale, fermo restando che gli Stati membri devono rispettare i principi di equivalenza ed effettività. In particolare, le modalità previste dal diritto nazionale non devono compromettere l’effetto utile del regolamento Dublino III ( 39 ).

107.

Il criterio che gli Stati membri devono osservare a tale proposito in forza del diritto dell’Unione si evince dalla giurisprudenza in materia di violazione dei diritti della difesa. Una siffatta violazione, in particolare del diritto di essere ascoltati, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso ( 40 ).

108.

Come ho appena spiegato, l’obbligo informativo ai sensi dell’articolo 4 del regolamento Dublino III mira a informare gli interessati riguardo al funzionamento del sistema di Dublino e ai loro diritti nell’ambito di tale sistema. In tal modo essi dovrebbero, tra l’altro, venire a conoscenza, in particolare nella procedura di ripresa in carico, della possibilità di opporsi, con taluni argomenti, al trasferimento verso lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione della competenza o lo Stato membro competente.

109.

Tuttavia, la mancata comunicazione di tali informazioni agli interessati non può di per sé giustificare la presunzione che la decisione di trasferimento sia necessariamente viziata da irregolarità e debba quindi essere annullata. Come sostiene la Germania, a tale mancata comunicazione si può infatti ovviare nel prosieguo del procedimento, in particolare nel colloquio personale (v., a tale riguardo, anche articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento Dublino III). Ciò può accadere chiedendo le informazioni pertinenti, in particolare la presenza di familiari nello Stato membro richiedente o in uno Stato terzo, che potrebbero eventualmente portare all’applicazione degli articoli 8, 10 o 16 del regolamento Dublino III, nel corso del colloquio personale. Allo stesso modo, in quest’ultimo colloquio possono essere consultati o emergere elementi che consentono di concludere che esiste un rischio di violazione dell’articolo 4 della Carta nello Stato membro richiesto o per effetto del trasferimento verso lo stesso.

110.

Affinché la mancata consegna dell’opuscolo comune determini l’annullamento della decisione di trasferimento, si dovrebbe dunque dimostrare che nel colloquio personale non è stato possibile dedurre un elemento atto a escludere il trasferimento verso lo Stato membro richiesto, in quanto l’interessato non aveva ricevuto l’opuscolo comune e quindi non ne conosceva la rilevanza. Inoltre, non dovrebbe essere possibile sanare il vizio di procedura nell’ambito del procedimento giudiziario (v., a tale riguardo, paragrafo 141 delle presenti conclusioni).

111.

Tuttavia, come sostiene la Germania, l’onere di dimostrare gli effetti di un vizio di procedura dell’autorità competente dello Stato membro richiedente non può ricadere unicamente sul richiedente. È piuttosto il giudice investito del ricorso avverso la decisione di trasferimento a dover stabilire se, in funzione delle circostanze di fatto e di diritto del caso di specie, la procedura di ripresa in carico in questione avrebbe potuto comportare un risultato diverso in assenza di tale vizio, in quanto i cittadini dei paesi terzi interessati avrebbero potuto difendersi più efficacemente e apportare elementi atti a incidere sul contenuto della decisione di trasferimento ( 41 ).

112.

Nella causa C‑328/21, il giudice del rinvio chiede in generale, con la prima questione, quali siano le conseguenze giuridiche di una violazione dell’articolo 4 del regolamento Dublino III sulla decisione di trasferimento, senza fare riferimento alla proposizione di un’impugnazione. Tuttavia, indipendentemente da un controllo in sede giurisdizionale, la mancata consegna dell’opuscolo non può determinare ipso iure l’annullamento della decisione di trasferimento. Ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, la decisione in esame deve però contenere informazioni sui mezzi di impugnazione disponibili. Il paragrafo 3 della disposizione di cui trattasi prevede che lo Stato membro debba informare l’interessato, qualora lo stesso non sia assistito da un avvocato, non solo dei mezzi di impugnazione disponibili, ma anche dei principali elementi della decisione, in una lingua che egli capisce. Tali informazioni possono essere efficaci solo se l’interessato riceve (al più tardi) in tale contesto anche le informazioni contenute nell’opuscolo comune.

3) Conclusione intermedia

113.

Da quanto precede discende che le violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III possono essere invocate nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento in una procedura di ripresa in carico. Tuttavia, esse devono determinare l’annullamento della decisione di trasferimento solo se, a causa della mancata comunicazione delle informazioni indicate in tale disposizione, non è stato possibile dedurre un elemento atto a impedire il trasferimento verso lo Stato membro richiesto e se tale vizio non può essere sanato nell’ambito del procedimento di controllo giurisdizionale di tale decisione ai sensi dell’articolo 27.

2.   Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac

114.

Nella causa C‑328/21, il giudice del rinvio chiede quali siano le conseguenze di una violazione dell’obbligo di consegnare l’opuscolo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac sulla decisione di trasferimento.

115.

Per garantire l’attuazione del sistema di Dublino, il regolamento Eurodac prevede l’istituzione di una banca dati contenente informazioni, in particolare le impronte digitali, su coloro che chiedono protezione internazionale o che si recano o soggiornano irregolarmente negli Stati membri. Tale banca dati ha in particolare lo scopo di consentire agli Stati membri di stabilire se una siffatta persona abbia già presentato una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro. L’articolo 29 prevede che le persone interessate da tale trattamento dei dati siano informate circa lo scopo e le modalità dello stesso e che a tal fine debba parimenti essere redatto un opuscolo comune.

a)   Obbligo informativo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac anche nella procedura di ripresa in carico

116.

Non è in discussione il fatto che l’obbligo di consegnare l’opuscolo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac sussista anche nella procedura di ripresa in carico. Ciò vale sia quando viene presentata una nuova domanda di protezione internazionale nel secondo Stato membro (articolo 9), sia quando una persona soggiorna irregolarmente in uno Stato membro (articolo 17). In entrambi i casi, infatti, i dati relativi alle impronte digitali degli interessati sono inseriti nel sistema Eurodac, di modo che risulta applicabile l’obbligo informativo di cui all’articolo 29. Il sistema Eurodac è stato concepito proprio per le ipotesi in cui uno Stato membro trasmette i dati relativi alle impronte digitali di una persona al sistema centrale per stabilire se l’interessato ha già presentato una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro. Se ciò è accertato, il primo Stato membro può chiedere al secondo di riprendere in carico l’interessato.

117.

Di conseguenza, l’opuscolo comune ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac contiene altresì la seguente indicazione: «ma, se avete chiesto asilo in precedenza in un altro paese potreste essere ritrasferiti in tale paese» ( 42 ).

b)   Possibilità di far valere una violazione dell’obbligo informativo ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac nella procedura di ripresa in carico e conseguenze di tale violazione

118.

L’obbligo informativo previsto dall’articolo 29 del regolamento Eurodac mira a informare gli interessati circa lo scopo e il funzionamento del trattamento dei dati nel sistema Eurodac. Il diritto di ricevere l’opuscolo è pertanto un diritto relativo alla protezione dei dati e non un diritto procedurale in relazione alla procedura di ripresa in carico ai sensi del regolamento Dublino III. Esso ha lo scopo di promuovere l’esercizio dei diritti relativi alla protezione dei dati, non quello di contribuire al raggiungimento di un esito migliore della procedura di trasferimento. Pertanto, la violazione di tale diritto non può influenzare l’esito della procedura di trasferimento.

119.

L’articolo 37 del regolamento Eurodac prevede che gli interessati possano chiedere un risarcimento allo Stato membro responsabile per i danni causati da atti contrari a tale regolamento. A tal fine, gli Stati membri devono prevedere un mezzo di impugnazione effettivo. A tale proposito, sembra senz’altro possibile (ma non obbligatorio) che una violazione dell’articolo 29 del regolamento Eurodac possa essere invocata (anche) nell’ambito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento.

120.

Conformemente alla giurisprudenza citata ai paragrafi 107 e 111, una violazione della disposizione di cui trattasi dovrebbe tuttavia comportare l’annullamento della decisione di trasferimento solo se il procedimento avrebbe potuto conseguire un risultato diverso in assenza di tale irregolarità e il vizio non può essere sanato attraverso un’audizione nell’ambito del procedimento giudiziario. Sembra tuttavia improbabile che non aver fornito le informazioni ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Eurodac possa comportare la mancata presentazione di un elemento rilevante per il contenuto della decisione di trasferimento.

c)   Conclusione intermedia

121.

Si deve pertanto ritenere che l’articolo 29, in combinato disposto con gli articoli 9, paragrafo 1, e 17, paragrafo 1, del regolamento Eurodac, debba essere interpretato nel senso che l’obbligo di fornire le informazioni ivi previste si applica sia alle ipotesi di cui all’articolo 20, paragrafo 1, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), sia a quelle di cui all’articolo 20, paragrafo 5, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento Dublino III. Le violazioni dell’articolo 29 del regolamento Eurodac possono essere invocate nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 26 del regolamento Dublino III. Tuttavia, esse devono determinare l’annullamento della decisione di trasferimento solo se, a causa della mancata comunicazione delle informazioni in questione, non è stato possibile dedurre un elemento atto a impedire il trasferimento verso lo Stato membro richiesto e se tale vizio non può essere sanato nell’ambito del procedimento giudiziario.

3.   Colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III

122.

Nella causa C‑315/21, il giudice del rinvio chiede se l’obbligo di effettuare un colloquio personale con il richiedente ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III sussista anche nella procedura di ripresa in carico e, in caso affermativo, quali siano le conseguenze della sua inosservanza sulla decisione di trasferimento. Tuttavia, tale questione non è rilevante ai fini della decisione nel caso di specie, poiché, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, il colloquio personale con il richiedente è stato effettuato.

123.

Nella causa C‑328/21, il giudice del rinvio menziona l’articolo 5 del regolamento Dublino III nell’ordinanza di rinvio, ma non nelle questioni pregiudiziali. GE, parte nel procedimento principale di tale causa, sostiene di non essere stato qualificato come richiedente erroneamente (v., a tale proposito, già il paragrafo 98 delle presenti conclusioni). Spetta al giudice del rinvio chiarire la questione. In udienza, GE ha sostenuto che le autorità italiane non avevano nemmeno effettuato un colloquio personale con lui.

124.

Come illustrerò tra breve, ritengo che il colloquio personale debba essere effettuato nel corso della procedura di ripresa in carico indipendentemente dal fatto che sia stata presentata o meno una nuova domanda nello Stato membro richiedente. La questione relativa alle conseguenze di una violazione di tale obbligo è quindi, a mio avviso, in ogni caso rilevante ai fini della decisione nella causa C‑328/21.

125.

La questione di stabilire se il colloquio personale debba essere effettuato nella procedura di ripresa in carico e, in caso affermativo, quali siano le conseguenze sulla decisione di trasferimento se ciò non avviene, si pone parimenti nella causa C‑80/22, che è attualmente pendente e non è oggetto del presente procedimento ( 43 ).

126.

Nelle altre tre cause di cui trattasi (C‑228/21, C‑254/21 e C‑297/21), invece, il colloquio è stato effettuato (causa C‑228/21) o i giudici del rinvio non forniscono alcuna precisazione al riguardo.

127.

Esaminerò anzitutto perché l’obbligo di effettuare il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III sussiste anche nella procedura di ripresa in carico (a), prima di passare alle conseguenze della violazione di tale obbligo (b).

a)   Obbligo di effettuare il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III anche nella procedura di ripresa in carico

128.

Conformemente alla loro posizione riguardo all’obbligo informativo di cui all’articolo 4 del regolamento Dublino III, la Commissione e l’Italia negano altresì l’esistenza di un obbligo di effettuare il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 nella procedura di ripresa in carico. Tale colloquio mirerebbe ad agevolare la determinazione dello Stato membro competente, il che nella fattispecie non deve più avvenire.

129.

Si deve riconoscere alla Commissione e all’Italia che il considerando 18 e l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento Dublino III prevedono lo svolgimento di un colloquio personale con il richiedente in relazione alla determinazione dello Stato membro competente. Come è stato esposto ai paragrafi 78, 79 e 81, lo Stato membro richiedente non è più tenuto a procedere d’ufficio a tale determinazione nella procedura di ripresa in carico.

130.

Tuttavia, in linea con quanto affermato ai paragrafi da 81 a 90, ciò non porta a concludere che nella procedura di ripresa in carico il colloquio personale non debba essere effettuato. Infatti, come indicato nei medesimi paragrafi, anche nella procedura di ripresa in carico un richiedente può ancora dedurre elementi atti a mettere in discussione la competenza dello Stato membro richiesto e a evitare l’adozione di una decisione di trasferimento.

131.

Inoltre, secondo giurisprudenza costante, i diritti della difesa, che includono il diritto di essere ascoltati in qualsiasi procedimento, rientrano tra i principi fondamentali del diritto dell’Unione. Il rispetto di tali diritti si impone pertanto quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente siffatte formalità ( 44 ).

132.

In linea di principio, essere ascoltati personalmente certamente non implica sempre un colloquio personale, bensì può avvenire anche per iscritto, se del caso. Tuttavia, nel caso di cittadini di paesi terzi o apolidi sottoposti a una procedura Dublino, è necessario che l’audizione si svolga nell’ambito di un colloquio personale. Solo così, infatti, si può garantire che tali persone comprendano il sistema di Dublino e deducano tutti gli elementi rilevanti ai fini della determinazione dello Stato membro competente.

133.

Ciò è altresì confermato dalla giurisprudenza relativa a situazioni analoghe in base alla direttiva procedure. Nella sentenza emessa nella causa Addis, la Corte ha dichiarato che il colloquio personale con il ricorrente previsto dalla medesima direttiva non può essere omesso in nessun caso. Infatti, il colloquio personale, effettuato oralmente, con il richiedente acquisisce nel contesto in esame un’importanza primaria. Se esso non viene svolto e non può neppure essere effettuato successivamente nel corso del procedimento giudiziario, la conseguenza dev’essere l’annullamento della decisione in questione e il rinvio della causa dinanzi alla competente autorità ( 45 ). Ciò vale in particolare per quanto riguarda il rigetto di una domanda in quanto inammissibile perché un altro Stato membro ha già concesso la protezione internazionale [articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva in esame] ( 46 ).

134.

Mentre la direttiva procedure disciplina la procedura volta a esaminare nel merito le domande di asilo, il regolamento Dublino III riguarda solo la procedura per la determinazione dello Stato membro competente per tale esame. Tuttavia, la situazione prevista dall’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva (rigetto di una domanda in quanto inammissibile perché un altro Stato membro ha già concesso la protezione) è paragonabile a quella della procedura di ripresa in carico ai sensi del regolamento Dublino III. In caso di applicazione dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva procedure, lo Stato membro che intende giudicare inammissibile la domanda deve garantire, attraverso il colloquio personale, che non vi sia alcun rischio di violazione dell’articolo 4 della Carta in caso di trasferimento verso lo Stato membro che ha concesso la protezione al richiedente ( 47 ).

135.

Analogamente, nella procedura di ripresa in carico prevista dal regolamento Dublino III, il colloquio personale mira in particolare a determinare se lo Stato membro richiedente debba astenersi dal procedere a un trasferimento verso lo Stato membro richiesto. Ciò può avvenire, tra l’altro, a causa del rischio di violazione dell’articolo 4 della Carta nello Stato membro richiesto o a causa di elementi di prova per quanto riguarda la presenza nel territorio dello Stato membro richiedente di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela con il richiedente (v. paragrafi da 82 a 85 delle presenti conclusioni). Le ipotesi menzionate all’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva procedure, nelle quali gli Stati membri non sono tenuti a esaminare nel merito le domande di protezione internazionale integrano, in base al paragrafo 1 di tale disposizione, le ipotesi in cui una domanda non viene esaminata a norma del regolamento Dublino III. Le due norme sono state peraltro adottate lo stesso giorno nell’ambito della revisione generale del sistema europeo comune di asilo.

136.

Pertanto, anche nella procedura di ripresa in carico prevista dal regolamento Dublino III, lo Stato membro richiedente deve dare all’interessato la possibilità di presentare i propri argomenti nel colloquio personale prima che venga emessa una decisione di trasferimento. Ciò vale indipendentemente dal fatto che lo stesso abbia o meno presentato una nuova domanda di protezione internazionale. Come sostiene GE, ciò è particolarmente importante per escludere la possibilità che un cittadino di un paese terzo o un apolide venga qualificato come soggiornante irregolare sebbene in realtà intendesse presentare una domanda di protezione internazionale.

137.

Tuttavia, come affermato dalla Germania, l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento Dublino III prevede che in determinate circostanze il colloquio personale possa non essere effettuato. Tale colloquio può essere omesso qualora il richiedente sia fuggito (a) o abbia già fornito informazioni pertinenti per determinare lo Stato membro competente (b). In quest’ultimo caso, lo Stato membro deve solamente offrire al richiedente l’opportunità di presentare ogni altra informazione pertinente prima che sia adottata una decisione di trasferimento.

138.

Tenuto conto dell’importanza appena sottolineata del colloquio personale nella procedura Dublino, la disposizione in esame deve essere interpretata nel senso che deve esistere effettivamente l’opportunità di presentare ogni altra informazione pertinente. Alla luce di quanto precede, nonché di tutte le altre circostanze, occorre esaminare caso per caso se il mancato svolgimento del colloquio personale possa essere giustificato.

b)   Conseguenze di una violazione dell’obbligo di effettuare il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III nella procedura di ripresa in carico

1) Possibilità di far valere violazioni dell’articolo 5 del regolamento Dublino III nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento nella procedura di ripresa in carico

139.

Se si ammette che l’obbligo di effettuare un colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Dublino III sussiste anche nella procedura di ripresa in carico, dalla giurisprudenza citata al paragrafo 103 si evince che la violazione dello stesso può essere fatta valere nell’ambito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento.

2) Conseguenze delle violazioni dell’articolo 5 del regolamento Dublino III sulla decisione di trasferimento

140.

Come affermato al paragrafo 107, secondo una consolidata giurisprudenza, affinché una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltati, comporti l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo in questione, è necessario che, in assenza di tale irregolarità, il procedimento di cui trattasi avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

141.

Tuttavia, nella sentenza Addis, già esaminata ai paragrafi da 133 a 135, la Corte ha precisato che tale giurisprudenza non è applicabile all’ipotesi dei diritti di essere ascoltati ai sensi della direttiva procedure ( 48 ). È vero che anche in tal caso l’omesso colloquio nell’ambito del procedimento amministrativo non deve necessariamente determinare l’annullamento della decisione e il rinvio della causa dinanzi all’autorità competente. Tuttavia, il vizio costituito dalla mancata audizione può essere sanato solo se l’audizione orale può essere effettuata successivamente nel corso del procedimento giudiziario, nel rispetto delle necessarie garanzie procedurali, e se risulta inoltre che gli argomenti dedotti in tale audizione non siano atti a modificare nel merito la decisione stessa. Se non è possibile garantire tale audizione nel procedimento giudiziario, al contrario, la decisione deve essere annullata e la causa rinviata dinanzi all’autorità competente ( 49 ).

142.

Come indicato ai paragrafi 134 e 135, la situazione che ha dato origine alla sentenza Addis è paragonabile a quella del caso di specie. Anche nell’ambito della procedura di ripresa in carico ai sensi del regolamento Dublino III la violazione dell’obbligo di effettuare un colloquio personale non può pertanto costituire un’irregolarità procedurale che produce effetti solo se, in sua assenza, la decisione avrebbe potuto essere diversa. Al contrario, tale violazione non incide sulla definitività della decisione di trasferimento solo se il colloquio può essere effettuato successivamente nel corso del procedimento giudiziario. Nella fattispecie ci si interroga dunque su quali siano le conseguenze nel caso in cui vengano dedotti nuovi elementi rilevanti (i). Se, invece, non viene presentato alcun mezzo di impugnazione avverso la decisione di trasferimento, quest’ultima può diventare definitiva anche in assenza del colloquio personale, a condizione che l’interessato abbia efficacemente ricevuto informazioni sui mezzi d’impugnazione disponibili (ii).

i) Possibilità di sanatoria nel procedimento giudiziario e conseguenze della deduzione di nuovi elementi rilevanti

143.

Da quanto precede emerge che in un’ipotesi in cui non vi era una giustificazione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, per non effettuare il colloquio personale (v. paragrafi 137 e 138 delle presenti conclusioni), l’irregolarità procedurale consistente nel fatto che tale colloquio non è stato effettuato nella procedura di ripresa in carico può essere sanata solo effettuando tale colloquio nel procedimento giudiziario in sede di impugnazione della decisione di trasferimento. Se ciò può essere garantito in forza del diritto nazionale pertinente (il che, secondo GE, è dubbio nella fattispecie in base al diritto italiano), è possibile confermare la decisione di trasferimento quando risulta che gli argomenti dedotti in tale audizione non sono atti a modificare nel merito la decisione stessa. In caso contrario, la decisione di trasferimento deve essere annullata.

144.

Quanto agli elementi relativi alla vita familiare, occorre osservare a tale proposito che l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento Dublino III prevede che si tenga conto degli elementi di prova per quanto riguarda la presenza nel territorio di uno Stato membro di familiari o altri parenti di un richiedente «a condizione che [essi] siano prodott[i] prima che un altro Stato membro accolga la richiesta di presa o ripresa in carico dell’interessato (...), e che le precedenti domande di protezione internazionale del richiedente non siano state ancora oggetto di una prima decisione sul merito». Tuttavia, a norma dell’articolo 26, paragrafo 1, la decisione di trasferimento può essere adottata soltanto dopo che lo Stato richiesto ha accettato di prendere in carico o di riprendere in carico l’interessato e il controllo giurisdizionale della medesima decisione viene quindi necessariamente effettuato dopo tale accettazione ( 50 ).

145.

Tuttavia, in considerazione dell’importanza della tutela della vita familiare, che costituisce la finalità dell’articolo 7, paragrafo 3 (v. paragrafi 88 e 89 delle presenti conclusioni), si deve ritenere che gli elementi di prova relativi alla presenza di familiari del richiedente nel territorio di uno Stato membro debbano essere ancora presi in considerazione anche se essi vengono dedotti nell’ambito del controllo giurisdizionale della decisione di trasferimento e la circostanza che siano stati dedotti tardivamente è imputabile allo Stato membro richiedente. Infatti, la circostanza che lo Stato membro richiesto abbia accettato una richiesta di presa o ripresa in carico non impedisce al richiedente di poter invocare, nell’ambito di un ricorso proposto avverso la decisione di trasferimento, l’errata applicazione di un criterio di competenza di cui al capo III del regolamento Dublino III ( 51 ). Depone in tal senso il fatto che deve essere possibile invocare, nell’ambito di tale ricorso o di qualsiasi altro mezzo di impugnazione, circostanze successive all’adozione della decisione di trasferimento ( 52 ).

146.

Se, sulla base di elementi emersi durante il colloquio personale con l’interessato nel corso del procedimento giudiziario, emerge che la decisione di trasferimento deve essere annullata, risultano ipotizzabili, in particolare, due scenari: o il richiedente rimane nello Stato membro richiedente, qualora sia dimostrata la competenza di quest’ultimo, o risulta competente un terzo Stato membro, ad esempio perché vi soggiornano i familiari del richiedente. In tale situazione, si porrebbe la questione di stabilire se si possano riaprire i termini previsti dall’articolo 21, dall’articolo 23 o dall’articolo 24 per la presentazione di una richiesta di presa o ripresa in carico presso tale Stato membro.

147.

I termini di cui trattasi mirano a un rapido espletamento delle domande di asilo. Tale obiettivo giustifica il fatto che siffatte domande siano esaminate, se del caso, da uno Stato membro diverso da quello designato come competente in base ai criteri stabiliti al capo III del regolamento Dublino III ( 53 ). Pertanto, in linea di principio, una richiesta di ripresa in carico non può più essere validamente presentata dopo la scadenza dei relativi termini e la competenza viene trasferita allo Stato membro presso il quale è stata presentata una nuova domanda di protezione internazionale ( 54 ).

148.

Tuttavia, deve essere possibile un’eccezione a tale principio se la competenza del terzo Stato membro si basa sulla presenza di familiari del richiedente sul suo territorio. Infatti, come spiegato ai paragrafi 88 e 89, la possibilità di dedurre elementi relativi alla presenza di familiari anche in una fase tardiva mira a tutelare la vita familiare dei richiedenti. Essa dovrebbe evitare che le loro domande vengano esaminate in uno Stato membro diverso da quello in cui si trovano i loro familiari. Ciò deve valere anche nel caso in cui il motivo della deduzione tardiva degli elementi pertinenti sia imputabile allo Stato membro richiedente che non ha ascoltato il richiedente nei tempi previsti ( 55 ).

ii) Carattere definitivo della decisione di trasferimento in caso di mancata impugnazione

149.

Se non viene proposto alcun ricorso avverso la decisione di trasferimento, la violazione dell’obbligo di effettuare il colloquio personale e dell’obbligo di fornire informazioni (paragrafo 112 delle presenti conclusioni) non può determinare ipso iure la nullità del provvedimento di trasferimento. È vero che la violazione dell’obbligo di effettuare il colloquio personale è una grave irregolarità procedurale. Tuttavia, se l’interessato non propone un ricorso nonostante sia stato efficacemente informato dei mezzi di impugnazione disponibili con un avviso che soddisfi i requisiti a tale riguardo e, in particolare, garantisca la comprensione del sistema di Dublino da parte dello stesso (paragrafo 112), appare giustificato che la decisione di cui trattasi divenga definitiva. Ciò vale, in particolare, nella misura in cui l’articolo 26, paragrafo 2, secondo comma impone agli Stati membri di provvedere affinché le informazioni sulle persone o sugli enti che possono fornire assistenza legale all’interessato siano comunicate a quest’ultimo unitamente alla decisione di trasferimento, sempre che non siano già state comunicate in precedenza.

c)   Conclusione intermedia

150.

Da quanto precede discende che l’articolo 5 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con il principio, sancito dal diritto dell’Unione, del rispetto dei diritti della difesa, deve essere interpretato nel senso che il colloquio personale previsto da tale disposizione deve essere effettuato sia nelle situazioni di cui all’articolo 20, paragrafo 1, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), sia nelle situazioni di cui all’articolo 20, paragrafo 5, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), dello stesso regolamento. Ciò vale indipendentemente dal fatto che sia stata presentata una domanda di protezione internazionale nello Stato membro richiedente. Le violazioni dell’articolo 5 possono essere invocate nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 26. Tali violazioni devono determinare l’annullamento della decisione di trasferimento se il colloquio personale non può essere effettuato successivamente nel rispetto delle necessarie garanzie procedurali nell’ambito del procedimento di controllo giurisdizionale di tale decisione ai sensi dell’articolo 27 e se risulta inoltre che gli argomenti dedotti in tale sede non siano atti a modificare nel merito la decisione stessa. Se, invece, non viene presentato alcun mezzo di impugnazione avverso la decisione di trasferimento, quest’ultima può diventare definitiva anche in assenza del colloquio personale, a condizione che l’interessato abbia efficacemente ricevuto informazioni sui mezzi d’impugnazione disponibili.

B. Refoulement indiretto

151.

Con le questioni nelle cause C‑254/21, C‑297/21 e con la terza questione nella causa C‑315/21, i giudici del rinvio chiedono se, nell’ambito dell’impugnazione di una decisione di trasferimento adottata nella procedura di ripresa in carico, siano tenuti a valutare il rischio di una violazione del principio di non respingimento da parte dello Stato membro richiesto (ossia il rischio di «refoulement indiretto»). Nei procedimenti principali all’origine di tali cause, le domande di protezione internazionale presentate dagli interessati sono già state esaminate e respinte nel merito dai rispettivi Stati membri richiesti (Svezia e Germania). I giudici del rinvio chiedono dunque se essi possano o debbano valutare se gli interessati corrono il rischio, negli Stati membri richiesti, di un respingimento nei loro Stati d’origine, dove sarebbero esposti a pericolo di morte o di trattamenti inumani.

152.

Le diverse questioni sollevate a tale riguardo dai giudici del rinvio possono essere riassunte come segue: se gli articoli 3, paragrafi 1 e 2, 17, paragrafo 1, e 27, del regolamento Dublino III, in combinato disposto con gli articoli 4, 19 e 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che

un giudice dello Stato membro richiedente può o deve esaminare il rischio di violazione del principio di non respingimento da parte dello Stato membro richiesto nell’ambito dell’impugnazione di una decisione di trasferimento emessa nella procedura di ripresa in carico, anche se in tale Stato membro richiesto non sussistono carenze sistemiche ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III ( 56 );

il giudice competente dello Stato membro richiedente può o deve affermare la competenza di tale Stato membro qualora ritenga sussistente, nello Stato membro richiesto, il rischio di violazione del principio di non refoulement ( 57 );

il giudice competente dello Stato membro richiedente deve valutare come esistente il rischio di refoulement indiretto verso un paese terzo, allorquando valuti la nozione di «Protezione all’interno del Paese d’origine» ai sensi dell’articolo 8 della direttiva qualifiche in modo diverso dallo Stato membro richiesto ( 58 );

tra le «carenze sistemiche nella procedura di asilo» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III rientrano anche le conseguenze del rigetto della domanda di protezione internazionale da parte dello Stato membro richiesto, qualora il giudice competente dello Stato membro richiedente ritenga concreto il rischio per il ricorrente di subire un trattamento inumano e degradante in caso di rimpatrio nel Paese di origine, anche in considerazione della ritenuta sussistenza di un conflitto armato generalizzato ai sensi dell’articolo 15, lettera c), della direttiva qualifiche nel caso specifico ( 59 ).

153.

Inoltre, nella causa C‑254/21, il giudice chiede quali criteri debba eventualmente utilizzare per valutare il rischio di refoulement da parte dello Stato membro richiesto, una volta che esso abbia già escluso tale rischio ( 60 ).

1.   Presunzione del rispetto dei diritti fondamentali da parte di tutti gli Stati membri e condizioni per la confutazione della stessa

154.

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, la domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualsiasi Stato membro è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III. In effetti, come sostiene la Germania, il principio fondamentale del sistema di Dublino consiste nel fatto che all’interno dell’Unione europea deve essere un solo Stato membro a farsi carico dell’esame di una domanda di protezione internazionale. Ciò è volto, in particolare, a razionalizzare e rendere più celere la procedura di asilo e a evitare movimenti secondari.

155.

Il sistema di cui trattasi si basa sul principio di fiducia reciproca. Esso impone a ciascuno degli Stati membri di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali che lo stesso sancisce. Di conseguenza, nell’ambito del sistema europeo comune di asilo e in particolare del regolamento Dublino III, si deve presumere che il trattamento riservato ai richiedenti in ciascuno Stato membro sia conforme a quanto prescritto dalla Carta, dalla Convenzione di Ginevra e dalla CEDU ( 61 ). Dal considerando 3 del regolamento Dublino III si evince quindi che gli Stati membri, i quali nel loro insieme rispettano il principio di non refoulement, sono considerati paesi sicuri per i cittadini di paesi terzi.

156.

Nel quadro del sistema di Dublino, gli Stati membri sono pertanto fondamentalmente tenuti, in forza del diritto dell’Unione, a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri. Risulta dunque ad essi preclusa non soltanto la possibilità di esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito dal diritto dell’Unione, ma anche, salvo casi eccezionali, quella di verificare se tale altro Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, i diritti fondamentali garantiti dall’Unione ( 62 ).

157.

Tale presunzione di rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri non è assoluta. Infatti, come ha rilevato la Corte, non si può escludere che il sistema di asilo incontri, in pratica, gravi difficoltà di funzionamento in un determinato Stato membro, di modo che sussiste un rischio di violazione dei diritti fondamentali in caso di trasferimento di un richiedente verso detto Stato membro ( 63 ). Pertanto, l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, che codifica tale giurisprudenza, prevede che sia impossibile procedere al trasferimento di un richiedente verso uno Stato membro se vi sono seri motivi per ritenere che vi siano carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro tali da comportare un rischio di subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta ( 64 ).

158.

Tale disposizione è stata in seguito ulteriormente integrata dalla Corte: quando il giudice investito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento dispone di elementi prodotti dall’interessato per dimostrare l’esistenza di un rischio di violazione dell’articolo 4 della Carta, il suddetto giudice è tenuto a valutare se, al momento del trasferimento, durante la procedura di asilo ovvero all’esito di quest’ultima, tale persona sia esposta a un grave rischio di subire un trattamento inumano o degradante nello Stato membro competente a causa di carenze vuoi sistemiche o generalizzate, vuoi che colpiscono determinati gruppi di persone ( 65 ).

159.

In conformità al divieto previsto dall’articolo 4 della Carta, spetta pertanto agli Stati membri non effettuare trasferimenti nel contesto del sistema di Dublino verso uno Stato membro ove essi non possano ignorare l’esistenza, in detto Stato membro, di siffatte carenze. Al contrario, il trasferimento di un richiedente asilo nel contesto del regolamento Dublino III deve essere operato soltanto in condizioni che escludono che tale trasferimento comporti un rischio reale che l’interessato subisca trattamenti inumani o degradanti ai sensi della disposizione in esame ( 66 ).

160.

Tuttavia, tale violazione della fiducia reciproca, avendo carattere eccezionale, è giustificata solo nei casi in cui esistano le prove che le carenze esistenti nello Stato membro richiesto raggiungono una soglia particolarmente elevata di gravità ( 67 ). Soprattutto, le carenze di cui trattasi devono però avere carattere generale e sistemico. Esse non devono riguardare la gestione di casi specifici da parte dell’amministrazione, bensì mancanze generali e sistemiche. Per contro, non tutte le violazioni di un diritto fondamentale da parte dello Stato membro competente in un singolo caso si possono riverberare sugli obblighi degli altri Stati membri di rispettare le disposizioni del regolamento Dublino III ( 68 ).

161.

Da un lato, infatti, non sarebbe compatibile con gli obiettivi e con il funzionamento del sistema di Dublino che ogni violazione delle disposizioni pertinenti, in particolare della direttiva qualifiche, impedisse qualunque trasferimento di un richiedente asilo verso lo Stato membro competente. Non solo ciò svuoterebbe di contenuto gli obblighi previsti dal regolamento Dublino III per la determinazione dello Stato membro competente, paralizzando così l’intero sistema di Dublino, ma soprattutto, come indicato dalla Corte, ne va «della ragion d’essere dell’Unione e della realizzazione dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia e, più in particolare, del sistema europeo comune di asilo, fondato sulla fiducia reciproca e su una presunzione di osservanza, da parte degli altri Stati membri, del diritto dell’Unione, segnatamente dei diritti fondamentali» ( 69 ).

162.

Dall’altro lato, e soprattutto, se non vi sono carenze sistemiche nello Stato membro richiesto, non è però neppure necessario che una (presunta) errata applicazione delle disposizioni pertinenti in materia di asilo comporti la sospensione del trasferimento di un richiedente verso lo Stato membro richiesto. Infatti, in assenza di carenze sistemiche, in particolare del sistema giudiziario, si deve ritenere che, nello Stato membro richiesto, qualsiasi decisione di diniego della protezione internazionale possa essere sottoposta a un sindacato giurisdizionale che rispetta i diritti fondamentali dell’interessato. Per le decisioni adottate ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), come quelle di cui trattasi nel caso di specie, l’articolo 18, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento Dublino III lo prevede peraltro esplicitamente.

163.

Inoltre, come sostiene la Francia, il giudice di uno Stato membro richiedente non potrebbe nemmeno valutare in via definitiva il rischio di una violazione del principio di non refoulement da parte dello Stato membro richiesto solo sulla base del rigetto della domanda di protezione internazionale da parte di tale Stato membro. Infatti, dal rigetto in questione non deriva ancora necessariamente che il richiedente sia rinviato nel suo paese di origine ( 70 ). Al contrario, prima lo Stato membro richiesto deve ancora adottare una decisione di rimpatrio ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2008/115/CE in materia di rimpatri ( 71 ). Avverso la stessa deve, a sua volta, essere concesso un mezzo di ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13 della medesima direttiva. Un siffatto ricorso deve avere effetto sospensivo se vi sono seri motivi di temere che, in caso di rimpatrio, l’interessato corra un rischio effettivo di trattamenti contrari all’articolo 4 della Carta ( 72 ). Il giudice del rinvio nella causa C‑297/21 afferma tuttavia che nello Stato membro richiesto è già stata adottata una decisione definitiva di rimpatrio nei confronti del richiedente.

164.

Per quanto riguarda l’applicazione del diritto sostanziale in materia di asilo e di procedura di asilo, il sistema di Dublino funziona, come già spiegato al paragrafo 87, sulla base del principio che le norme in materia sono state, in larga misura, armonizzate a livello dell’Unione, in particolare ad opera della direttiva qualifiche e della direttiva procedure. Pertanto, è vero che si deve ritenere, in linea di principio, che la domanda del richiedente asilo verrà esaminata, in ampia misura, in base alle stesse norme, indipendentemente da quale sia lo Stato membro competente per l’esame di tale domanda ( 73 ). Tuttavia, è inevitabile che vi siano divergenze in singoli casi, poiché rientra nella natura delle cose che l’applicazione del diritto ai casi concreti non porti sempre in modo chiaro e univoco al medesimo risultato.

165.

Inoltre, l’armonizzazione delle norme in materia di asilo in base al diritto dell’Unione non esclude taluni margini di discrezionalità in capo agli Stati membri. Come sostiene la Francia, in particolare l’articolo 8 della direttiva qualifiche, citato dal giudice del rinvio nella causa C‑254/21, prevede che gli Stati membri possano stabilire che il richiedente non necessita di protezione internazionale se, in una parte del territorio del paese d’origine, questi può avere accesso alla protezione contro persecuzioni. Al contrario, conformemente al considerando 14 e all’articolo 3 della direttiva qualifiche, gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della direttiva di cui trattasi.

166.

Pertanto, in un contesto di fiducia reciproca tra gli Stati membri, se non vi sono carenze sistemiche nello Stato membro richiesto, le divergenze tra le autorità e i giudici dello Stato membro richiedente e dello Stato membro richiesto in relazione all’interpretazione dei presupposti sostanziali della protezione internazionale non possono essere qualificate come carenze sistemiche. Le stesse non possono neppure determinare il trasferimento della competenza per l’esame nel merito della domanda allo Stato membro richiedente.

167.

Nella misura in cui tali divergenze riguardano l’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione, spetta agli organi giurisdizionali dello Stato membro competente ai sensi del regolamento Dublino III adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Se uno Stato membro ritiene che un altro Stato membro applichi tale regolamento in modo errato e non sottoponga questioni pregiudiziali alla Corte in violazione dell’articolo 267, paragrafo 3, TFUE, può avviare un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 259 TFUE. Per contro, non è compito dei giudici di uno Stato membro non competente sostituirsi ad essa e apportare una correzione (asseritamente) necessaria all’interpretazione di una norma da parte dello Stato membro competente.

168.

Da tutte le considerazioni che precedono consegue che in assenza di carenze sistemiche, in particolare del sistema giudiziario dello Stato membro richiesto, i giudici dello Stato membro richiedente, in sede di impugnazione della decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27 del regolamento Dublino III, non possono valutare se vi sia un rischio di violazione del principio di non refoulement in tale Stato membro. Infatti, ciò equivarrebbe a un esame nel merito della domanda di protezione internazionale, che non è previsto nell’ambito del controllo giurisdizionale della decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27 del regolamento Dublino III.

169.

La sentenza nella causa C. K. e altri ( 74 ), discussa da diverse parti del procedimento di cui trattasi, non contraddice tale constatazione. È vero che, in tale sentenza, la Corte ha dichiarato che il trasferimento di un richiedente asilo può essere illecito anche in un’ipotesi in cui non sussistano carenze sistemiche nello Stato membro richiesto. Tuttavia, si trattava di una situazione nella quale, a causa dello stato di salute dell’interessato, il trasferimento verso lo Stato membro richiesto poteva potenzialmente costituire di per sé – e quindi a prescindere dalle condizioni in tale Stato membro – un trattamento incompatibile con l’articolo 4 della Carta. Di conseguenza, la Corte ha precisato che, in un caso del genere, anche se non ha luogo il trasferimento, il principio della fiducia reciproca è pienamente rispettato. Infatti, nel caso di specie, tale mancato trasferimento non incide sull’esistenza di una presunzione di rispetto dei diritti fondamentali in ogni Stato membro ( 75 ).

170.

Le presenti cause, fatta salva una verifica da parte dei giudici del rinvio, non corrispondono però esattamente a una fattispecie del genere. Pertanto, l’omesso trasferimento a causa di dubbi sulla legittimità delle decisioni di trasferimento che non sono giustificati da carenze sistemiche negli Stati membri richiesti, comprometterebbe nella fattispecie il principio di fiducia reciproca.

171.

Nel caso di specie, i giudici degli Stati membri richiedenti sono dunque tenuti, in forza del diritto dell’Unione, conformemente alla giurisprudenza citata al paragrafo 156, a supporre che i diritti fondamentali siano stati rispettati dagli Stati membri richiesti. Essi non possono quindi verificare se tali altri Stati membri abbiano effettivamente rispettato i diritti fondamentali garantiti dall’Unione.

2.   Clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III

172.

Come ho appena spiegato, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una domanda di protezione internazionale è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come competente in base ai criteri enunciati al capo III del regolamento stesso. In deroga a tale disposizione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del medesimo regolamento ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri ivi stabiliti.

173.

A complemento delle questioni relative all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, i giudici del rinvio nelle cause C‑254/21 e C‑297/21 chiedono se lo Stato membro richiedente sia tenuto ad applicare la clausola discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, qualora vi sia il rischio di una violazione del principio di non refoulement nello Stato membro richiesto. Inoltre, gli stessi chiedono se in tal caso possono obbligare le autorità dello Stato membro richiedente ad applicare la clausola in esame.

174.

Come appena spiegato, nel caso in cui non vi siano carenze sistemiche nello Stato membro richiesto, né le autorità né i giudici dello Stato membro richiedente possono esaminare se esista il rischio di una violazione del principio di non respingimento da parte dello Stato membro richiesto. Di conseguenza, in un caso del genere un giudice dello Stato membro richiedente non può neppure obbligare le autorità di tale Stato membro ad applicare la clausola discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

175.

Ad abundantiam, pertanto, rilevo che la Corte ha già precisato che l’applicazione di tale clausola è facoltativa per gli Stati membri e non è soggetta a condizioni particolari ( 76 ). Tale facoltà ha piuttosto lo scopo di salvaguardare le prerogative degli Stati membri nell’esercizio del diritto di concedere la protezione internazionale. Essa è intesa a consentire a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, in base a considerazioni di tipo politico, umanitario o pragmatico, di accettare l’esame di una domanda di protezione internazionale, riconoscendo agli Stati membri un ampio potere discrezionale ( 77 ). Pertanto, il diritto dell’Unione non obbliga mai gli Stati membri ad applicare tale clausola, nemmeno per considerazioni di tipo umanitario come lo stato di salute del richiedente o l’interesse superiore del minore ( 78 ).

176.

Ciò è giustificato dal fatto che, come già spiegato, il sistema di Dublino si basa sul presupposto che tutti gli Stati membri rispettino i diritti fondamentali. Si può dunque presumere che tutti gli Stati membri tengano sufficientemente conto delle considerazioni di carattere umanitario. Come è stato precisato, tale fiducia può essere minata solo se carenze sistemiche suscitino dubbi proprio in merito a ciò. In tal caso, tuttavia, la competenza dello Stato membro richiedente è stabilita in base all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, cosicché non è necessario fare ricorso all’articolo 17, paragrafo 1.

177.

È vero che la Corte ha dichiarato che il rifiuto di uno Stato membro di ricorrere all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III potrà eventualmente essere contestato in sede di ricorso avverso la decisione di trasferimento ( 79 ). Tuttavia, in considerazione dell’ampio margine di discrezionalità conferito agli Stati membri nell’applicazione di tale clausola, il diritto dell’Unione impone unicamente un controllo giurisdizionale limitato agli errori manifesti di valutazione. Tali manifesti errori di valutazione possono però a loro volta sussistere solo se lo Stato membro richiedente non si è dichiarato competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale, sebbene esistano carenze sistemiche nello Stato membro richiesto e siano pertanto soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento in esame.

178.

Ciò non pregiudica la possibilità per i giudici nazionali di obbligare gli Stati membri a concedere la protezione nazionale sulla base di disposizioni più favorevoli del diritto nazionale, purché il diritto nazionale lo preveda e sia compatibile con le disposizioni della direttiva qualifiche ( 80 ).

3.   Conclusione intermedia

179.

Dalle considerazioni che precedono si evince che l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, l’articolo 17, paragrafo 1, e l’articolo 27 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con gli articoli 4, 19 e 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che il giudice dello Stato membro richiedente, investito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento, non può esaminare il rischio di violazione del principio di non refoulement da parte dello Stato membro richiesto se in tale Stato membro non sussistono carenze sistemiche che giustifichino dubbi sull’efficacia del controllo giurisdizionale delle misure che consentono l’allontanamento dei richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta. Le divergenze tra le autorità e i giudici dello Stato membro richiedente e dello Stato membro richiesto in relazione all’interpretazione dei presupposti sostanziali della protezione internazionale non costituiscono carenze sistemiche.

180.

Alla luce di tale constatazione, non occorre rispondere alla questione 4b) nella causa C‑254/21, menzionata al paragrafo 153.

VI. Conclusione

181.

Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali come segue:

1)

L’articolo 4 del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di fornire le informazioni ivi previste sussiste sia nelle ipotesi di cui all’articolo 20, paragrafo 1, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), sia in quelle di cui all’articolo 20, paragrafo 5, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), di tale regolamento, non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro. Le violazioni dell’articolo 4 del regolamento Dublino III possono essere invocate nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento in una procedura di ripresa in carico. Tuttavia, esse devono determinare l’annullamento della decisione di trasferimento solo se, a causa della mancata comunicazione delle informazioni indicate in tale disposizione, non è stato possibile dedurre un elemento atto a impedire il trasferimento verso lo Stato membro richiesto e se tale vizio non può essere sanato nell’ambito del procedimento di controllo giurisdizionale di tale decisione ai sensi dell’articolo 27.

2)

L’articolo 29, in combinato disposto con gli articoli 9, paragrafo 1, e 17, paragrafo 1, del regolamento Eurodac, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di fornire le informazioni ivi previste si applica sia alle ipotesi di cui all’articolo 20, paragrafo 1, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), sia a quelle di cui all’articolo 20, paragrafo 5, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento Dublino III. Le violazioni dell’articolo 29 del regolamento Eurodac possono essere invocate nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 26 del regolamento Dublino III. Tuttavia, esse devono determinare l’annullamento della decisione di trasferimento solo se, a causa della mancata comunicazione delle informazioni in questione, non è stato possibile dedurre un elemento atto a impedire il trasferimento verso lo Stato membro richiesto e se tale vizio non può essere sanato nell’ambito del procedimento giudiziario.

3)

L’articolo 5 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con il principio, sancito dal diritto dell’Unione, del rispetto dei diritti della difesa, deve essere interpretato nel senso che il colloquio personale previsto da tale disposizione deve essere effettuato sia nelle situazioni di cui all’articolo 20, paragrafo 1, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), sia nelle situazioni di cui all’articolo 20, paragrafo 5, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d), dello stesso regolamento. Ciò vale indipendentemente dal fatto che sia stata presentata una domanda di protezione internazionale nello Stato membro richiedente. Le violazioni dell’articolo 5 possono essere invocate nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 26. Tali violazioni devono determinare l’annullamento della decisione di trasferimento se il colloquio personale non può essere effettuato successivamente nel rispetto delle necessarie garanzie procedurali nell’ambito del procedimento di controllo giurisdizionale di tale decisione ai sensi dell’articolo 27 e se risulta inoltre che gli argomenti dedotti in tale sede non siano atti a modificare nel merito la decisione stessa. Se, invece, non viene presentato alcun mezzo di impugnazione avverso la decisione di trasferimento, quest’ultima può diventare definitiva anche in assenza del colloquio personale, a condizione che l’interessato abbia efficacemente ricevuto informazioni sui mezzi d’impugnazione disponibili.

4)

L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, l’articolo 17, paragrafo 1, e l’articolo 27 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con gli articoli 4, 19 e 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che il giudice dello Stato membro richiedente, investito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento, non può esaminare il rischio di violazione del principio di non refoulement da parte dello Stato membro richiesto se in tale Stato membro non sussistono carenze sistemiche che giustifichino dubbi sull’efficacia del controllo giurisdizionale delle misure che consentono l’allontanamento dei richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta. Le divergenze tra le autorità e i giudici dello Stato membro richiedente e dello Stato membro richiesto in relazione all’interpretazione dei presupposti sostanziali della protezione internazionale non costituiscono carenze sistemiche.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 180, pag. 31).

( 3 ) V., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 51).

( 4 ) Cause C‑228/21, C‑315/21 e C‑328/21. Questioni simili si pongono anche nelle cause attualmente pendenti C‑80/22 e C‑217/22, che non sono oggetto del presente procedimento.

( 5 ) Cause C‑254/21, C‑297/21 e C‑315/21.

( 6 ) V. supra, paragrafo 1 e nota 2.

( 7 ) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (GU 2013, L 180, pag. 1).

( 8 ) GU 2011, L 337, pag. 9.

( 9 ) GU 2013, L 180, pag. 60.

( 10 ) Regolamento della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 222, pag. 3).

( 11 ) Regolamento di esecuzione della Commissione del 30 gennaio 2014 che modifica il regolamento (CE) n. 1560/2003 (GU 2014, L 39, pag. 1).

( 12 ) «Le informazioni fornite sono quelle previste alla parte B dell’allegato X».

( 13 ) Sulla distinzione tra i due scenari descritti ai paragrafi 70 e 71, v. altresì sentenze H. e R. (infra, nota 15), punti da 46 a 52, e del 12 gennaio 2023, B. e F. (Termine di trasferimento – Pluralità di domande) (da C‑323/21 a C‑325/21, EU:C:2023:4, punti da 47 a 50).

( 14 ) Il corsivo è mio.

( 15 ) Sentenza del 2 aprile 2019, H. e R. (C‑582/17 e C‑583/17, EU:C:2019:280).

( 16 ) Sentenza H. e R., cit., punti 51, 52, da 65 a 67 e 80.

( 17 ) Sentenza H. e R., cit., punti da 61 a 63 e 80.

( 18 ) Sentenza H. e R., cit., punti da 54 a 80.

( 19 ) Sentenza del 7 giugno 2016, Karim (C‑155/15, EU:C:2016:410, punto 27).

( 20 ) V., per analogia, sull’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punto 55).

( 21 ) Sentenza del 25 ottobre 2017, Shiri (C‑201/16, EU:C:2017:805, punto 46).

( 22 ) Sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punti da 87 a 8998).

( 23 ) Sentenza del 16 febbraio 2017, C. K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punti 65, 66, 73, 7496).

( 24 ) Sentenza H. e R., cit., punti da 81 a 84.

( 25 ) Il corsivo è mio.

( 26 ) Idem.

( 27 ) Grassetto nell’originale. V. paragrafo 38 delle presenti conclusioni.

( 28 ) V. considerando 4 e 5 del regolamento Dublino III e sentenze del 16 febbraio 2017, C. K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 57), e del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 58).

( 29 ) V. sentenze del 25 ottobre 2017, Shiri (C‑201/16, EU:C:2017:805, punto 31); del 13 novembre 2018, X e X (C‑47/17 e C‑48/17, EU:C:2018:900, punti 6970), e del 12 gennaio 2023, B. e F. (Termine di trasferimento – Pluralità di domande) (da C‑323/21 a C‑325/21, EU:C:2023:4, punto 55).

( 30 ) Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [United Nations Treaty Series, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)].

( 31 ) V. sentenze del 21 dicembre 2011, NS (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 78 a 80), e del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 82); v. altresì, a tal riguardo, paragrafi 155 e segg. delle presenti conclusioni.

( 32 ) Sentenza del 10 dicembre 2013, Abdullahi (C‑394/12, EU:C:2013:813, punti 5455).

( 33 ) V. la proposta, avanzata dalla Commissione, di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione), COM/2008/0820 definitivo, pagine 8 e 12: «Escludere la possibilità di respingere un richiedente per il quale si può applicare, al momento della domanda più recente, uno dei criteri relativi all’unità familiare, a condizione che lo Stato membro in cui è stata presentata la prima domanda non abbia già preso una prima decisione nel merito. Lo scopo è soprattutto fare in modo che lo Stato membro sul cui territorio si trova il richiedente asilo possa tenere debitamente conto di eventuali nuovi elementi relativi alla situazione familiare del richiedente, in conformità degli obblighi previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. (...) Il diritto al ricongiungimento familiare risulterà notevolmente potenziato: in particolare, sarà ampliato il campo di applicazione del regolamento per comprendere richiedenti e beneficiari di protezione sussidiaria, sarà reso obbligatorio il ricongiungimento di parenti a carico e sarà vietato, a determinate condizioni, respingere un richiedente per il quale si possano applicare uno o più criteri di unità familiare al momento della domanda più recente. Queste garanzie non soltanto innalzeranno il livello di protezione per i richiedenti asilo, ma contribuiranno anche a ridurre i movimenti secondari, poiché nel processo di determinazione dello Stato membro competente si terrà conto della situazione personale di ogni richiedente» (Grassetto nell’originale).

( 34 ) V., in tal senso, sentenze del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punti da 47 a 51), e del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punto 58).

( 35 ) V., a tal proposito, la motivazione nella proposta avanzata dalla Commissione per il regolamento Dublino III (nota 33 delle presenti conclusioni), pagg. 7 e 11: «(...) Informati meglio sulle implicazioni del regolamento Dublino, i richiedenti saranno più consapevoli della procedura di determinazione della competenza, il che fra l’altro potrebbe contribuire a ridurre il fenomeno dei movimenti secondari. (...) In particolare, informando meglio i richiedenti asilo sull’applicazione del regolamento e sui loro diritti e obblighi in virtù del regolamento stesso, si otterrà da un lato di aiutarli a difendere meglio i loro diritti, dall’altro di contribuire a diminuire l’intensità dei movimenti secondari, in quanto i richiedenti saranno più disposti a conformarsi al sistema» (Grassetto nell’originale).

( 36 ) Grassetto nell’originale. V. paragrafo 38 delle presenti conclusioni.

( 37 ) V., a tale riguardo, sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punti da 76 a 103).

( 38 ) Sentenze del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punto 48); del 2 aprile 2019, H. e R. (C‑582/17 e C‑583/17, EU:C:2019:280, punto 40), e del 12 gennaio 2023, B. e F. (Termine di trasferimento – Pluralità di domande) (da C‑323/21 a C‑325/21, EU:C:2023:4, punto 91); v., specificamente sull’articolo 1 del regolamento Dublino III, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 53).

( 39 ) V. sentenze del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punti 3536); del 16 luglio 2020, Addis (C‑517/17, EU:C:2020:579, punto 57), e del 15 aprile 2021, État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento) (C‑194/19, EU:C:2021:270, punto 42).

( 40 ) V. sentenza del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

( 41 ) V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 40), e, in un contesto diverso, sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punti 5253); v. altresì sentenze del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio (C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 94); del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punto 57), e del 16 gennaio 2019, Commissione/United Parcel Service(C‑265/17 P, EU:C:2019:23, punto 56).

( 42 ) V. paragrafo 39 delle presenti conclusioni.

( 43 ) Nell’altra causa pendente C‑217/22, invece, si chiede quali conseguenze abbia sulla decisione di trasferimento il mancato svolgimento del colloquio da parte dello Stato membro richiesto.

( 44 ) V. sentenze del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punti da 81 a 87 e giurisprudenza ivi citata); del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 32 e giurisprudenza ivi citata), e del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punti da 42 a 50 e giurisprudenza ivi citata).

( 45 ) Sentenza del 16 luglio 2020, Addis (C‑517/17, EU:C:2020:579, punti 7071).

( 46 ) Sentenza Addis, cit., punto 74.

( 47 ) Sentenza Addis, cit., punti da 49 a 54.

( 48 ) Sentenza Addis, cit., punto 70.

( 49 ) Sentenza Addis, cit., punti da 56 a 74.

( 50 ) V. sentenza del 26 luglio 2017, A. S. (C‑490/16, EU:C:2017:585, punto 33).

( 51 ) V. sentenze del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 61), e del 26 luglio 2017, A. S. (C‑490/16, EU:C:2017:585, punti da 27 a 35).

( 52 ) V. sentenze del 15 aprile 2021, État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento) (C‑194/19, EU:C:2021:270, punti 3649 e giurisprudenza ivi citata), e del 12 gennaio 2023, B. e F. (Termine di trasferimento – Pluralità di domande) (da C‑323/21 a C‑325/21, EU:C:2023:4, punti da 92 a 95).

( 53 ) V. sentenze del 25 ottobre 2017, Shiri (C‑201/16, EU:C:2017:805, punto 31); del 13 novembre 2018, X e X (C‑47/17 e C‑48/17, EU:C:2018:900, punti 6970), e del 12 gennaio 2023, B. e F. (Termine di trasferimento – Pluralità di domande) (da C‑323/21 a C‑325/21, EU:C:2023:4, punto 55).

( 54 ) V., sull’articolo 23 del regolamento Dublino III, sentenza del 5 luglio 2018, X (C‑213/17, EU:C:2018:538, punti 3435); sull’articolo 24, sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 77); per quanto riguarda l’ipotesi in cui non è stata presentata una nuova domanda nel secondo Stato membro, v. punti 86 e segg.).

( 55 ) Per quanto riguarda la situazione in cui inizia a decorrere un nuovo termine per presentare una richiesta di ripresa in carico perché nel frattempo la competenza è stata trasferita a un terzo Stato membro, purché ciò non sia dovuto a un motivo imputabile allo Stato membro richiedente, v. sentenza del 12 gennaio 2023, B. e F. (Termine di trasferimento – Pluralità di domande), (da C‑323/21 a C‑325/21, EU:C:2023:4, punto 85).

( 56 ) Prima e terza questione nella causa C‑254/21 e prima e seconda questione nella causa C‑297/21.

( 57 ) Questione 4a) nella causa C‑254/21 e prima e seconda questione nella causa C‑297/21.

( 58 ) Seconda questione nella causa C‑254/21.

( 59 ) Terza questione nella causa C‑315/21.

( 60 ) Questione 4b) nella causa C‑254/21.

( 61 ) Sentenze del 21 dicembre 2011, NS (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 78 a 80), e del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 82).

( 62 ) V., al riguardo, in senso analogo, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 192); sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punto 41).

( 63 ) Sentenze del 21 dicembre 2011, NS (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 81), e del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 83).

( 64 ) V., in tal senso, sentenza Jawo, cit., punto 86.

( 65 ) Sentenza Jawo, cit., punti da 87 a 90.

( 66 ) Sentenza del 16 febbraio 2017, C. K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punti 6065).

( 67 ) Sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 91).

( 68 ) Sentenza del 21 dicembre 2011, NS (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 82).

( 69 ) V. sentenza NS, cit., punti da 83 a 85.

( 70 ) V. sentenze del 17 dicembre 2015, Tall (C‑239/14, EU:C:2015:824, punto 56), e del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 55).

( 71 ) Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98).

( 72 ) Sentenze del 18 dicembre 2014, Centre public d’action sociale d’Ottignies‑Louvain-La-Neuve (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punti 5253); del 17 dicembre 2015, Tall,C‑239/14, EU:C:2015:824, punti 54, 5758); del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punti 5456), e del 26 settembre 2018, Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (Effetto sospensivo dell’appello) (C‑180/17, EU:C:2018:775, punti 2829).

( 73 ) V. sentenza del 10 dicembre 2013, Abdullahi (C‑394/12, EU:C:2013:813, punti 5455).

( 74 ) Sentenza del 16 febbraio 2017, C. K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127).

( 75 ) Sentenza C. K. e a., cit., punti 65, 66, 73 e da 91 a 96; v., in tal senso, anche, mutatis mutandis, sentenza del 18 aprile 2023, Presidente del Consiglio dei Ministri e a. (Motivo di rifiuto fondato sulla malattia) (C‑699/21, EU:C:2023:295, punti 3942).

( 76 ) V. sentenze del 30 maggio 2013, Halaf (C‑528/11, EU:C:2013:342, punto 36), e del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punto 58).

( 77 ) V. sentenze del 30 maggio 2013, Halaf (C‑528/11, EU:C:2013:342, punto 37); del 10 dicembre 2013, Abdullahi (C‑394/12, EU:C:2013:813, punto 57); del 4 ottobre 2018, Fathi (C‑56/57, EU:C:2018:803, punto 53), e del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punti da 58 a 60).

( 78 ) V. sentenze del 16 febbraio 2017, C. K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punti 8897), e del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punto 71).

( 79 ) Sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53; punti 78, 7986).

( 80 ) V. sentenze del 9 novembre 2010, B (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punti da 113 a 121); del 18 dicembre 2014, M’Bodj (C‑542/13, EU:C:2014:2452, punti da 42 a 46); del 4 ottobre 2018, Ahmedbekova (C‑652/16, EU:C:2018:801, punti da 69 a 71), e del 9 novembre 2021, Bundesrepublik Deutschland (Mantenimento dell’unità del nucleo familiare) (C‑91/20, EU:C:2021:898, punti da 38 a 4046).