CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 2 giugno 2022 ( 1 )

Causa C‑147/21

Comité interprofessionnel des huiles essentielles françaises (CIHEF),

Florame,

Hyteck Aroma-Zone,

Laboratoires Gilbert,

Laboratoire Léa Nature,

Laboratoires Oméga Pharma France,

Pierre Fabre Médicament,

Pranarom France,

Puressentiel France

contro

Ministre de la Transition écologique,

Premier ministre

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Biocidi – Obiettivo della tutela della salute e dell’ambiente – Possibilità per gli Stati membri di adottare misure restrittive di pratiche commerciali e della pubblicità»

I. Introduzione

1.

Al fine di migliorare la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, il legislatore francese ha deciso che i rodenticidi e gli insetticidi, due categorie di biocidi, non possono essere oggetto di talune pratiche commerciali, quali riduzioni, sconti e ristorni. Esso ha altresì limitato la pubblicità per le stesse categorie di prodotti nonché per taluni disinfettanti.

2.

Nel procedimento principale, diverse società chiedono l’annullamento di tali norme e ne contestano la compatibilità, in particolare, con il regolamento (UE) n. 528/2012 ( 2 ).

3.

Il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) nutre dubbi se il suddetto strumento abbia realizzato un’armonizzazione esaustiva che osti alle norme nazionali di cui trattasi e, in caso contrario, domanda a quali condizioni tali norme possano essere adottate.

4.

La presente causa riguarda, quindi, la portata dell’autonomia riservata agli Stati membri a seguito dell’adozione del regolamento relativo ai biocidi. In subordine, la presente causa concerne in sostanza le condizioni alle quali le disposizioni del Trattato ammettono norme nazionali come quelle di cui trattasi.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione europea

5.

Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, lo scopo del regolamento relativo ai biocidi sono «migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso l’armonizzazione delle norme relative alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi, garantendo al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e animale e dell’ambiente. Le disposizioni del presente regolamento si fondano sul principio di precauzione, nell’ottica di tutelare la salute umana, la salute animale e l’ambiente. La tutela dei gruppi vulnerabili è oggetto di particolare attenzione».

6.

Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 2, il regolamento relativo ai biocidi disciplina:

«a)

la creazione, a livello di Unione, di un elenco di principi attivi utilizzabili nei biocidi;

b)

l’autorizzazione dei biocidi;

c)

il riconoscimento reciproco delle autorizzazioni all’interno dell’Unione;

d)

la messa a disposizione sul mercato e l’uso di biocidi all’interno di uno o più Stati membri o dell’Unione;

e)

l’immissione sul mercato di articoli trattati».

7.

L’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi concerne la pubblicità. Esso stabilisce quanto segue:

«1.   Oltre a rispettare il regolamento (CE) n. 1272/2008[ ( 3 )], qualsiasi annuncio pubblicitario di biocidi è accompagnato dalle frasi “Usare i biocidi con cautela. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto.”. Le frasi sono chiaramente distinguibili e leggibili rispetto al resto dell’annuncio.

2.   L’inserzionista può sostituire il termine “biocidi” nelle frasi obbligatorie con un riferimento chiaro al tipo di prodotto pubblicizzato.

3.   Gli annunci pubblicitari dei biocidi non si riferiscono al prodotto in maniera fuorviante rispetto ai rischi che il prodotto comporta per la salute umana, la salute animale o l’ambiente e alla sua efficacia. In ogni caso, la pubblicità di un biocida non contiene le formule “biocida a basso rischio”, “non tossico”, “innocuo”, “naturale”, “rispettoso dell’ambiente”, “rispettoso degli animali” o indicazioni analoghe».

B.   Diritto nazionale

8.

Il nuovo articolo L. 522-18 del codice dell’ambiente ( 4 ) prevede quanto segue:

«Nella vendita di biocidi quali definiti all’articolo L. 522-1, sono vietati le riduzioni di prezzo, gli sconti, i ristorni, la differenziazione delle condizioni generali e particolari di vendita ai sensi dell’articolo L. 441-1 del code de commerce [codice del commercio], la consegna di unità gratuite e tutte le pratiche equivalenti. È vietata qualsiasi pratica commerciale diretta ad eludere, direttamente o indirettamente, tale divieto mediante la concessione di riduzioni, sconti o ristorni su un’altra gamma di prodotti vincolata all’acquisto di detti biocidi. Un decreto da emanare previa consultazione del Conseil d’État [Consiglio di Stato] specificherà le categorie di prodotto interessate in funzione dei rischi per la salute umana e per l’ambiente».

9.

Il nuovo articolo L. 522-5-3 del codice dell’ambiente ( 5 ) prevede quanto segue:

«È vietata qualsiasi pubblicità commerciale di talune categorie di biocidi definite dal [regolamento relativo ai biocidi]. In deroga al primo comma del presente articolo, la pubblicità diretta agli utenti professionali è autorizzata, nei punti di distribuzione dei prodotti a tali utenti e nelle pubblicazioni loro destinate. Un decreto da emanare previa consultazione del Conseil d’État [Consiglio di Stato] specificherà le categorie di prodotto interessate in funzione dei rischi per la salute umana e per l’ambiente, nonché le condizioni di presentazione delle inserzioni pubblicitarie. Tali inserzioni pubblicitarie segnalano le buone pratiche nell’uso e nell’applicazione dei prodotti, per la tutela della salute umana e animale e dell’ambiente, nonché i potenziali pericoli per la salute umana e animale e per l’ambiente».

10.

Il decreto n. 2019-642, del 26 giugno 2019, adottato in applicazione del nuovo articolo L. 522-18 del codice dell’ambiente, inserisce in tale codice l’articolo R. 522-16-1, il quale stabilisce quanto segue:

«Le categorie di prodotto menzionate all’articolo L. 522-18, in relazione alle quali sono vietate determinate pratiche commerciali, sono i prodotti rientranti nei tipi 14 e 18 definiti dal [regolamento relativo ai biocidi]. Le presenti disposizioni non si applicano ai biocidi ammessi a beneficiare della procedura di autorizzazione semplificata conformemente all’articolo 25 dello stesso regolamento».

11.

Il decreto n. 2019-643, del 26 giugno 2019, adottato in applicazione dell’articolo L. 522-5-3 del codice dell’ambiente, inserisce in tale codice un nuovo articolo R. 522-16-2, redatto nei seguenti termini:

«I. – Le categorie di biocidi di cui all’articolo L. 522-5-3, in relazione alle quali è vietato fare pubblicità commerciale diretta al grande pubblico, sono le seguenti:

1o I prodotti rientranti nei tipi 14 e 18 definiti dal [regolamento relativo ai biocidi];

2° I prodotti rientranti nei tipi 2 e 4 definiti dal [regolamento relativo ai biocidi] e classificati, secondo le disposizioni del [regolamento CLP] come pericolosi per l’ambiente acquatico, tossicità acuta categoria 1 (H 400) e tossicità cronica categoria 1 (H 410).

II. – Per i prodotti di cui al paragrafo I, ogni pubblicità rivolta ai professionisti sarà effettuata conformemente alle disposizioni dell’articolo 72 del [regolamento relativo ai biocidi], citato al punto 1o del paragrafo I. Essa deve inoltre indicare, in modo chiaro e leggibile, i seguenti elementi:

1o Le due frasi seguenti: “Prima di ogni utilizzo, assicuratevi che l’uso di tale prodotto sia indispensabile, in particolare nei luoghi frequentati dal grande pubblico. Privilegiate, ove possibile, metodi alternativi e prodotti che presentino il minor rischio per la salute umana e animale e per l’ambiente”.

2° L’indicazione del tipo di biocida associato al prodotto, quale definito nell’allegato V del [regolamento relativo ai biocidi].

III. – Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai biocidi ammessi a beneficiare della procedura di autorizzazione semplificata conformemente all’articolo 25 del [regolamento relativo ai biocidi]».

III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

12.

Mediante due ricorsi, il Comité interprofessionnel des huiles essentielles françaises (CIHEF) e le società Florame, Hyteck Aroma-Zone, Laboratoires Gilbert, Laboratoire Léa Nature, Laboratoires Oméga Pharma France, Pierre Fabre Médicament, Pranarom France e Puressentiel France (nel prosieguo, congiuntamente: i «ricorrenti») hanno chiesto al Conseil d’Etat (Consiglio di Stato) di annullare il decreto n. 2019-642, del 26 giugno 2019, relativo alle pratiche commerciali vietate per talune categorie di biocidi (in prosieguo: il «decreto impugnato n. 2019-642»), e il decreto n. 2019-643, del 16 giugno 2019, relativo alla pubblicità commerciale di talune categorie di biocidi (in prosieguo: il «decreto impugnato n. 2019-643») (in prosieguo, congiuntamente: i «decreti impugnati»).

13.

Secondo i ricorrenti, i decreti impugnati sono viziati da eccesso di potere. Per questo motivo, hanno chiesto al Conseil d’État (Consiglio di Stato) di sottoporre alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale concernente l’armonizzazione esaustiva realizzata dal regolamento relativo ai biocidi. I ricorrenti sostengono che i divieti imposti nei decreti impugnati violano gli articoli L. 522-18 e L. 522-5-3 del codice dell’ambiente avendo una portata troppo generale. Inoltre i decreti impugnati introdurrebbero una discriminazione ingiustificata favorendo i prodotti non toccati dai loro divieti, violerebbero il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e sarebbero stati adottati senza tener conto delle disposizioni dell’articolo 1 del Primo protocollo alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Essi sostengono altresì che il decreto impugnato n. 2019-642 è in contrasto con la direttiva 2000/31/CE ( 6 ), in quanto costituirebbe un ostacolo ingiustificato e sproporzionato alla libera prestazione dei servizi, mentre il decreto impugnato n. 2019-643 sarebbe illegittimo in quanto costituirebbe un’ingerenza eccessiva nel diritto alla libertà di espressione garantito dall’articolo 10 della CEDU.

14.

Nel suo controricorso, la Ministre de la transition écologique (Ministro della transizione ecologica) ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi.

15.

Nella sua decisione di rinvio, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) precisa le ragioni a fondamento del rigetto di tutti i motivi summenzionati, ad eccezione di quello fondato sul regolamento relativo ai biocidi che, secondo detto giudice, non contiene alcuna disposizione che autorizzi o vieti agli Stati membri l’adozione di misure restrittive come quelle che figurano negli articoli L. 522-18 e L. 522-5-3 del codice dell’ambiente. Il giudice del rinvio nutre quindi dubbi sulla questione della conformità di siffatte misure con il regolamento.

16.

In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«Se il [regolamento relativo ai biocidi] osti a che uno Stato membro adotti, nell’interesse della sanità pubblica e dell’ambiente, norme restrittive in materia di pratiche commerciali e di pubblicità come quelle contenute negli articoli L. 522-18 e L. 522-5-3 del code de l’environnement (codice dell’ambiente). Se del caso, a quali condizioni uno Stato membro possa adottare misure siffatte».

17.

I ricorrenti, i governi francese, italiano e dei Paesi Bassi, nonché la Commissione europea, hanno presentato osservazioni scritte. I ricorrenti, il governo francese e la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 9 marzo 2022.

IV. Valutazione

18.

La presente causa verte sulla compatibilità con il diritto dell’Unione di norme nazionali francesi ( 7 ) che, da un lato, vietano talune pratiche commerciali per quanto concerne due categorie di biocidi e, dall’altro, limitano la pubblicità delle stesse categorie di biocidi nonché di altre due.

19.

Inizierò l’analisi esaminando il grado di armonizzazione realizzato dal regolamento relativo ai biocidi, trattandosi dello strumento di diritto dell’Unione in ordine al quale il giudice del rinvio chiede chiarimenti. In subordine, tale giudice si interroga altresì, più in generale, sulle condizioni alle quali il diritto dell’Unione consente l’adozione di norme nazionali come quelle di cui trattasi. Nella misura in cui è necessario, valuterò quindi le norme in questione alla luce del diritto dell’Unione pertinente che, nella specie, è costituito dalle disposizioni in materia di libera circolazione delle merci di cui agli articoli 34 e 36 TFUE ( 8 ). Tali disposizioni diventano applicabili, tuttavia, soltanto qualora il procedimento principale presenti un elemento transfrontaliero ( 9 ), circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare ( 10 ).

20.

Svolgerò la duplice analisi sopra menzionata, in primo luogo, per quanto concerne il divieto nazionale di talune pratiche commerciali (A), per poi occuparmi, in secondo luogo, della questione della pubblicità (B).

A.   Divieto delle pratiche commerciali di cui trattasi

21.

Gli articoli L. 522-18 e R. 522-16-1 del codice dell’ambiente vietano le riduzioni, gli sconti, i ristorni, la differenziazione delle condizioni generali e particolari di vendita, la consegna di unità gratuite e tutte le pratiche equivalenti nella vendita di determinati biocidi definiti all’allegato V del regolamento relativo ai biocidi (in prosieguo: l’«allegato V»), come i prodotti rientranti nei tipi 14 e 18, ad eccezione di quelli ammessi a beneficiare della procedura semplificata conformemente all’articolo 25 di tale regolamento.

22.

Il tipo di prodotto 14 è costituito dai «rodenticidi», che sono descritti nell’allegato V come «[p]rodotti usati per il controllo di ratti, topi o altri roditori, senza respingerli né attirarli». Il tipo di prodotto 18 è costituito da «insetticidi, acaricidi e prodotti destinati al controllo degli altri artropodi», descritti come i «[p]rodotti usati per il controllo degli artropodi (ad esempio insetti, aracnidi e crostacei), senza respingerli né attirarli». Entrambi i tipi di prodotti 14 e 18 rientrano nella categoria più ampia denominata «Gruppo 3: Controllo degli animali nocivi».

23.

Nell’analisi che segue, concluderò che il divieto nazionale di cui trattasi non viola il regolamento relativo ai biocidi (1). Concluderò inoltre che lo stesso divieto non viola le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci (2).

1. Portata delle norme armonizzate

24.

Il regolamento relativo ai biocidi è stato adottato ai sensi dell’articolo 114 TFUE, la base giuridica principale per l’adozione di misure di diritto dell’Unione necessarie per l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno ( 11 ). Pertanto, tale regolamento armonizza le «norme relative alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi, garantendo al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e animale e dell’ambiente», come dichiarato nel suo articolo 1, paragrafo 1 ( 12 ). A tal fine, l’articolo 1, paragrafo 2, elenca le categorie di norme previste da tale strumento. L’elenco include, alla lettera d), norme concernenti la «messa a disposizione sul mercato e l’uso di biocidi all’interno di uno o più Stati membri o dell’Unione».

25.

La causa nel procedimento principale riguarda i biocidi e, presumibilmente, la categoria delle norme concernenti la «messa a disposizione sul mercato e l’uso» è sufficientemente ampia da includere norme che vietano determinate pratiche di fissazione del prezzo. Infatti, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera i), del regolamento relativo ai biocidi definisce la «messa a disposizione sul mercato» come «la fornitura, nel corso di un’attività commerciale, di un biocida (...) per la distribuzione o l’uso, a titolo oneroso o gratuito».

26.

Ciò premesso, la valutazione della questione se uno strumento di diritto dell’Unione realizzi un’armonizzazione esaustiva di un settore specifico deve essere effettuata non già prendendo in considerazione categorie giuridiche definite in modo generale, bensì esaminando il settore specifico di cui trattasi ( 13 ).

27.

Il settore specifico corrisponde, nella specie, al divieto concernente «le riduzioni, gli sconti, i ristorni, la differenziazione delle condizioni generali e particolari di vendita (...), la consegna di unità gratuite e tutte le pratiche equivalenti» nel contesto della vendita di determinati biocidi.

28.

Poiché le pratiche commerciali pertinenti sono in tal modo circoscritte, rilevo, unitamente ai governi francese e dei Paesi Bassi, nonché alla Commissione, che il regolamento relativo ai biocidi non contiene alcuna disposizione che le riguardi espressamente.

29.

Come osservato dalla Commissione, il regolamento relativo ai biocidi ha principalmente ad oggetto l’autorizzazione dei biocidi ai fini della loro messa a disposizione sul mercato e del loro uso. Le disposizioni relative all’uso dei biocidi sono alquanto limitate e ricordano, per lo più, che tale uso è condizionato e deve essere conforme, rispettivamente, all’autorizzazione e ai requisiti concernenti l’etichettatura e l’imballaggio ( 14 ).

30.

In tale contesto, le disposizioni più pertinenti, dal punto di vista sostanziale, rispetto alla questione di cui trattasi, si rinvengono negli articoli 69 e 72 del regolamento relativo ai biocidi, i quali contengono, rispettivamente, requisiti in materia di imballaggio e di etichettatura, da un lato, e in materia di pubblicità, dall’altro. Osservo che nessuna di tali disposizioni è rilevante rispetto al divieto delle pratiche di cui trattasi ( 15 ).

31.

I ricorrenti stessi hanno ammesso, nel corso dell’udienza, che il regolamento relativo ai biocidi non contiene alcuna disposizione riguardo alle pratiche in materia di fissazione del prezzo. Essi hanno tuttavia sostenuto che le norme nazionali in questione perturbano il quadro armonizzato introdotto da tale regolamento e dal regolamento CLP. Le norme nazionali relative alle pratiche commerciali introdurrebbero uno strato normativo aggiuntivo recante una nuova classificazione dei prodotti, che sarebbe imprevedibile per i produttori non presentando alcun nesso diretto con il rischio connesso a un dato prodotto. In tal senso, le norme nazionali di cui trattasi perturbano, secondo i ricorrenti, la libera circolazione dei biocidi, compromettendo in tal modo l’obiettivo perseguito da tali regolamenti. Inoltre, i ricorrenti sostengono che, se è vero che il regolamento relativo ai biocidi limita la portata dell’azione degli Stati membri per quanto concerne la politica di informazione sugli effetti dei biocidi, imposta dal terzo comma dell’articolo 17, paragrafo 5, di quel regolamento, siffatta politica non comprenderebbe il divieto in questione.

32.

Rilevo a tal riguardo, e per quanto concerne il regolamento CLP, che tale strumento, in sostanza, armonizza i criteri per la classificazione delle sostanze e delle miscele e prevede norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele pericolose ( 16 ). In altri termini, esso mira a determinare «quali proprietà di una sostanza o di una miscela permettano di classificarla come pericolosa, affinché i pericoli che essa comporta possano essere adeguatamente identificati e resi noti» ( 17 ), e stabilisce norme generali relative all’imballaggio che garantiscano la sicurezza delle forniture ( 18 ).

33.

Il regolamento relativo ai biocidi rinvia al regolamento CLP al fine di impiegarlo come punto di riferimento nel contesto dell’approvazione di sostanze attive e dell’autorizzazione di biocidi ( 19 ). Esso rinvia a tale regolamento anche al fine di definire i requisiti in materia di etichettatura e imballaggio (articolo 69) e di pubblicità dei biocidi (articolo 72), poiché il regolamento CLP contiene norme specifiche in entrambi tali settori, la cui applicazione è mantenuta dal regolamento relativo ai biocidi ( 20 ). Sebbene, quindi, il regolamento CLP integri, a tale riguardo, il regolamento relativo ai biocidi, e mentre quest’ultimo prevede la sua applicabilità più generale, senza pregiudizio del primo ( 21 ), osservo che il regolamento CLP non introduce alcuna norma aggiuntiva pertinente per quanto concerne le pratiche commerciali in questione.

34.

Per quanto concerne l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma del regolamento relativo ai biocidi, invocato anche dai ricorrenti, tale disposizione impone agli Stati membri di adottare «le misure necessarie per fornire al pubblico delle informazioni appropriate sui benefici e sui rischi dei biocidi, nonché sulle possibilità di ridurre al minimo il loro impiego». La conferma della competenza degli Stati membri che ne deriva non implica tuttavia, in quanto tale, che la portata dell’azione degli Stati membri sia limitata a siffatta politica di informazione.

35.

Ci si potrebbe chiedere se sia possibile, ciò nonostante, sostenere che, pur riguardando una questione nominalmente diversa dalla politica di informazione, il divieto di cui trattasi perturba l’equilibrio normativo stabilito dal legislatore dell’Unione tra il perseguimento del miglioramento del mercato interno dei biocidi, da un lato, e la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, dall’altro. In altri termini, se sia possibile sostenere che, secondo il legislatore dell’Unione, l’unico modo per considerare l’uso dei biocidi a seguito della loro immissione sul mercato è attraverso la politica di informazione condotta dagli Stati membri sulla base dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, del regolamento relativo ai biocidi.

36.

Ritengo di no. La condizione concernente la competenza dello Stato membro in materia di politica di informazione integra, nella struttura dell’articolo 17 del regolamento relativo ai biocidi, le norme generali riguardo alla possibilità di immettere un prodotto sul mercato e di farne uso. Essa è inserita nell’articolo 17, paragrafo 3, il quale enuncia, al primo comma, l’obbligo di usare i biocidi nel rispetto dell’autorizzazione e dei requisiti in materia di etichettatura e imballaggio. Il secondo comma precisa che «l’uso corretto» dei biocidi «prevede l’applicazione razionale di una serie di misure fisiche, biologiche, chimiche o di altra natura, a seconda dei casi, che consentano di ridurre l’uso dei biocidi al minimo necessario e di adottare le precauzioni appropriate». Nel terzo comma è indi previsto l’obbligo degli Stati membri di adottare le misure necessarie a informare il pubblico sui benefici e sui rischi connessi all’uso dei biocidi, nonché sulle possibilità di ridurre al minimo il loro impiego.

37.

Il terzo comma dell’articolo 17, paragrafo 5, non affronta dunque la questione dell’uso dei biocidi sotto il profilo della loro conformità ai vari requisiti normativi (di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento relativo ai biocidi), bensì in una prospettiva più ampia del loro utilizzo sostenibile, come sembra essere confermato dal documento di lavoro della Commissione che accompagna la sua relazione sull’applicazione del regolamento relativo ai biocidi ( 22 ). Tale documento del 2021 illustra, nel capo «Utilizzo sostenibile», le misure adottate dagli Stati membri, riconoscendo che la direttiva 2009/128/CE ( 23 ) non si applica ai biocidi e che «l’utilità di una tale estensione sarà esaminata nell’ambito di una futura valutazione del regolamento relativo ai biocidi» ( 24 ).

38.

Osservo che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, del regolamento relativo ai biocidi corrisponde, a grandi linee, all’articolo 7 della direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi, in materia di «Informazione e sensibilizzazione». Tuttavia, quest’ultima contiene anche norme relative a piani d’azione nazionali, alla formazione degli utilizzatori professionali, dei distributori e dei consulenti (compreso un sistema di certificazione), prescrizioni per la vendita e norme relative a pratiche specifiche.

39.

In tali circostanze, e tenuto conto del numero e della portata molto limitati delle disposizioni del regolamento relativo ai biocidi concernenti i mezzi per garantire l’utilizzo sostenibile dei biocidi una volta immessi sul mercato, mi risulta difficile affermare che la competenza degli Stati membri in materia sia stata esercitata dall’Unione con effetto preclusivo.

40.

Concludo pertanto che il regolamento relativo ai biocidi non osta al divieto di cui trattasi. Quest’ultimo resta tuttavia sottoposto, per quanto riguarda le situazioni caratterizzate da un elemento transfrontaliero e tenuto conto delle specificità della presente causa ( 25 ), alle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, delle quali passo ad occuparmi qui di seguito.

2. Limiti discendenti dagli articoli 34 e 36 TFUE

41.

Nella presente sezione, illustrerò le ragioni che mi inducono a concludere che l’articolo 34 TFUE non osti al divieto delle pratiche commerciali in questione (a). Qualora la Corte decida diversamente, esporrò le ragioni per le quali ritengo che tale divieto sia, in ogni caso, giustificato (b).

a) L’articolo 34 TFUE non osta al divieto

42.

Vietando le restrizioni quantitative all’importazione tra gli Stati membri nonché tutte le misure di effetto equivalente a siffatte restrizioni, l’articolo 34 TFUE enuncia un principio fondamentale che garantisce la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione europea ( 26 ).

43.

Secondo una formula ben consolidata, tutte le misure di uno Stato membro che possano ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi all’interno dell’Unione devono essere considerate come misure d’effetto equivalente a restrizioni quantitative ai sensi di tale disposizione ( 27 ). Questa formula è stata precisata nell’ambito del filone giurisprudenziale inaugurato dalla sentenza nella causa Keck e Mithouard. Da tale giurisprudenza risulta che una misura nazionale non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE quando costituisce una modalità di vendita che si applica a «tutti gli operatori interessati che svolgano la propria attività sul territorio nazionale» e quando «[incide] in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri» ( 28 ).

44.

Nella giurisprudenza successiva, la Corte ha chiarito che la nozione di «modalità di vendita» si applica a restrizioni o a divieti che non riguardano le caratteristiche dei prodotti, ma esclusivamente le modalità secondo cui questi ultimi possono essere venduti ( 29 ).

45.

Rilevo che il divieto di cui trattasi non riguarda i requisiti applicabili ai biocidi, ma impedisce talune modalità di promozione della loro vendita. Per tale ragione, esso dovrebbe essere considerato, a mio avviso, come concernente una «modalità di vendita» ai sensi di tale giurisprudenza.

46.

In primo luogo, per quanto riguarda la questione se esso rispetti le condizioni enunciate al precedente paragrafo 43, rilevo che il divieto di cui agli articoli L. 522-18 e R. 522-16-1 del codice dell’ambiente si applica a tutti gli operatori interessati che esercitino la loro attività sul territorio nazionale, indipendentemente dalla loro nazionalità. Pertanto, esso non è formalmente discriminatorio.

47.

In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se siffatto divieto pregiudichi in misura maggiore la commercializzazione di insetticidi e di rodenticidi provenienti da altri Stati membri rispetto a quelli nazionali, il governo francese nega l’ipotesi. Esso ha precisato, in udienza, che il divieto non comporta costi aggiuntivi per gli operatori stabiliti in altri Stati membri che intendano vendere i loro biocidi in Francia. Peraltro il divieto di cui trattasi non riguarderebbe tutte le modalità di commercializzazione.

48.

La Commissione è di parere contrario e ritiene che il divieto limiti uno degli strumenti di cui dispongono gli operatori per farsi conoscere sul mercato francese. Esso può quindi incidere in misura maggiore sui prodotti provenienti da altri Stati membri rispetto ai prodotti nazionali.

49.

In udienza, i ricorrenti hanno adottato, in sostanza, la stessa posizione ( 30 ).

50.

Sono d’accordo con il governo francese.

51.

Sebbene la Commissione abbia ragione nel sostenere che la possibilità di concorrere mediante i prezzi dei prodotti sia uno strumento importante a disposizione degli operatori commerciali, non per questo qualsiasi restrizione al riguardo è automaticamente considerata rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE. La giurisprudenza della Corte è, a tale riguardo, sfumata.

52.

Secondo la Corte, norme che escludono la libertà degli operatori di incidere sui prezzi minimi ( 31 ) o di esercitare qualsiasi influenza sui prezzi ( 32 ) ricadono nel divieto enunciato all’articolo 34 TFUE. Di converso, nella sentenza Etablissements Fr. Colruyt, una causa vertente su una norma nazionale che vietava ai venditori al dettaglio di vendere prodotti del tabacco a un prezzo inferiore a quello indicato dal fabbricante o dall’importatore, la Corte si è basata sul fatto che gli importatori restavano liberi di fissare tale prezzo per concludere che la normativa in questione non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE ( 33 ).

53.

A mio avviso, analogamente a quanto statuito in tale causa, anche nella presente causa è fondamentale il fatto che gli operatori rimangono liberi di fissare i prezzi. Essi possono quindi concorrere a tale livello, nel senso che possono decidere che il prezzo dei loro prodotti (senza alcuna promozione) sia più alto o più basso.

54.

Vero è che, passando oltre la giurisprudenza relativa alle modalità di fissazione del prezzo, in un filone giurisprudenziale che comprende le sentenze Ker-Optika, Deutsche Parkinson Vereinigung e A, la Corte ha posto l’accento sul problema dell’accesso al mercato, che la misura nazionale in questione (vietando, in sostanza, taluni aspetti della commercializzazione su Internet) rendeva particolarmente difficile, se non impossibile ( 34 ).

55.

Tuttavia, non sembra questo il caso di specie.

56.

I ricorrenti hanno dichiarato, in udienza, di commercializzare biocidi i cui principi attivi sono oli essenziali. Essi hanno precisato che tali prodotti costituiscono un’alternativa ai biocidi tradizionali di sintesi chimica, poiché producono un impatto ambientale minore. I ricorrenti hanno altresì precisato di essere operatori di mercato minoritari, che dipendono quindi dalle pratiche commerciali (e dalla pubblicità) per acquisire visibilità.

57.

Pur riconoscendo che possa essere più difficile introdurre un prodotto alternativo a un prodotto tradizionale, mi sembra che si tratti di un problema intrinseco, nel quale incorrono nella stessa misura tutti i prodotti «alternativi», stranieri e nazionali. A mio avviso, ciò che rileva, nella presente causa, è la questione se il divieto di cui trattasi ostacoli in modo significativo l’accesso al mercato francese di tali prodotti stranieri asseritamente alternativi.

58.

Ritengo di no.

59.

È vero che, come osservato dal governo francese, non si può escludere che il divieto nazionale di cui trattasi riduca il volume delle vendite, in Francia, di prodotti provenienti da altri Stati membri, poiché esso «impedisce agli operatori di avvalersi di un metodo di promozione commerciale» ( 35 ).

60.

Tuttavia, ciò che ritengo rilevante, in questa fase, è che, come ho già osservato, per quanto il divieto di cui trattasi limiti talune modalità di promozione delle vendite, gli operatori restano liberi di fissare il prezzo «pieno» degli insetticidi e dei rodenticidi e restano inoltre liberi di commercializzarli nei luoghi che ritengono opportuni, tanto online quanto in negozi tradizionali.

61.

In altri termini, nella normativa controversa non ravviso alcun elemento che consenta di concludere che il divieto di riduzioni, sconti, ristorni, differenziazione delle condizioni generali e particolari di vendita, consegna di unità gratuite e pratiche equivalenti privi gli operatori di un mezzo di commercializzazione, il che equivarrebbe, di fatto, a impedire loro di concorrere efficacemente con i prodotti locali o renderebbe tale concorrenza particolarmente ardua, come se fosse vietata la vendita su Internet o fossero imposti prezzi fissi o minimi.

62.

Tuttavia, qualora la Corte non concordi con tale analisi e concluda che il divieto nazionale in questione rientra nell’articolo 34 TFUE, illustrerò nel prosieguo le ragioni che, a mio avviso, lo giustificano.

b) In ogni caso, il divieto di cui trattasi è giustificato

63.

Secondo una giurisprudenza costante, un ostacolo alla libera circolazione delle merci può essere giustificato dai motivi di interesse generale indicati nell’articolo 36 TFUE oppure da una ragione imperativa di interesse generale ( 36 ).

64.

La decisione di rinvio precisa che il divieto di cui trattasi mira a tutelare la salute pubblica e l’ambiente ( 37 ).

65.

La prima giustificazione corrisponde al motivo concernente la salute, riconosciuto dall’articolo 36 TFUE. La Corte ha ripetutamente dichiarato che «la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato, e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica nonché il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità» ( 38 ).

66.

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’ambiente, la sua tutela è stata riconosciuta dalla giurisprudenza come una ragione imperativa di interesse generale ( 39 ).

67.

Osservo che, poiché il divieto in questione mira a limitare l’uso di prodotti che «possono creare rischi per l’uomo, gli animali e l’ambiente a causa delle loro proprietà intrinseche e delle relative modalità d’uso» ( 40 ), tali obiettivi possono giustificare la restrizione agli scambi che esso comporta.

68.

Affinché la restrizione sia giustificata, essa deve tuttavia soddisfare il criterio di proporzionalità. Occorre inoltre che essa sia idonea a conseguire gli obiettivi perseguiti e non ecceda quanto necessario al raggiungimento di detti obiettivi, vale a dire che non esistano misure meno restrittive alla libera circolazione delle merci per realizzare l’obiettivo stesso ( 41 ).

69.

Per quanto riguarda la sua idoneità, il divieto di cui trattasi non elimina, verosimilmente, tutti i casi di utilizzo superfluo degli insetticidi e dei rodenticidi (per il semplice fatto che non si può escludere un utilizzo superfluo di tali prodotti acquistati a prezzo pieno). Tuttavia, a mio avviso, ci si può ragionevolmente attendere che l’indisponibilità di un vantaggio economico al momento del loro acquisto diminuisca, in una certa misura, detto rischio, poiché scoraggia gli acquisti superflui (che possono tendenzialmente sfociare in un utilizzo superfluo).

70.

Quanto alla necessità, nel corso dell’udienza la Commissione ha sostenuto, in risposta al quesito posto dalla Corte, che potrebbero essere utilizzati mezzi meno restrittivi attraverso la pubblicità o imponendo ai venditori di fornire informazioni sui rischi associati.

71.

Tali proposte non mi convincono.

72.

Per quanto riguarda la prima opzione, nella parte pertinente delle sue memorie la Commissione contesta la compatibilità con il regolamento relativo ai biocidi della dichiarazione aggiuntiva che il legislatore francese ha imposto come componente obbligatoria di tutte le pubblicità di tali prodotti. Tale dichiarazione aggiuntiva invita, in sostanza, a considerare i rischi ed è oggetto di una discussione approfondita nella Parte B della Sezione IV delle presenti conclusioni. Concordo con la Commissione sul fatto che tale dichiarazione aggiuntiva è incompatibile con l’armonizzazione esaustiva realizzata dal regolamento relativo ai biocidi per quanto concerne detta questione specifica. In tali circostanze, fornire informazioni aggiuntive sui rischi dei prodotti oggetto di pubblicità, come parte del messaggio pubblicitario, non può essere considerato un’alternativa meno restrittiva al divieto di cui trattasi.

73.

Per quanto riguarda la seconda proposta, ritengo che, affinché siffatta comunicazione di informazioni da parte del venditore sia utile ed efficace quanto l’assenza di un vantaggio economico, essa dovrebbe basarsi su un certo livello di conoscenze tecniche, da acquisire, presumibilmente, attraverso una formazione. Ciò, unitamente al fatto che vi sono altri elementi non chiari nel quadro considerato, impedisce, a mio avviso, di considerare tale opzione come meno onerosa ( 42 ).

74.

La Commissione stessa ha ammesso che le alternative proposte potrebbero non essere sufficienti per raggiungere gli obiettivi enunciati e potrebbero condurre a messaggi contraddittori. Concordo sul fatto che un venditore che informi i clienti sui rischi intrinseci dei prodotti che offre, proponendo al contempo un notevole sconto e offrendo numerosi campioni gratuiti di insetticida, non adotta un approccio coerente.

75.

Infine, si potrebbe sostenere che un mezzo meno restrittivo per evitare un utilizzo superfluo dei biocidi possa costituirlo una campagna di informazione fondata sulla competenza riservata agli Stati membri dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, del regolamento relativo ai biocidi ( 43 ). A tal riguardo, riconosco che è alquanto difficile, per la Corte, valutare in astratto la potenziale fungibilità di due differenti politiche per quanto attiene ai loro effetti. L’ambizione educativa perseguita da una campagna di informazione pubblica necessiterebbe, per sua natura, di un certo lasso di tempo per mutare le convinzioni e i comportamenti. Capisco così che essa possa essere considerata inidonea a risolvere un problema percepito come acuto. Inoltre, la prospettiva di un vantaggio economico immediatamente disponibile potrebbe, semplicemente, annullare gli sforzi educativi, sicché non è irragionevole ritenere che la soppressione di tale vantaggio economico sia necessaria affinché l’obiettivo dichiarato possa essere utilmente perseguito.

76.

Inoltre, dall’articolo R-522-16-1 del codice dell’ambiente risulta che il divieto non si applica quando un determinato insetticida o rodenticida è ammesso a beneficiare della procedura di autorizzazione semplificata ai sensi dell’articolo 25 del regolamento relativo ai biocidi. Tale procedura riguarda, in generale, i biocidi che presentano un basso rischio per la salute e per l’ambiente ( 44 ). Ciò dimostra, a mio avviso, che il legislatore francese ha inteso evitare un eccesso normativo che avrebbe inciso su prodotti non considerati particolarmente pericolosi e che sarebbe stato, quindi, superfluo.

77.

In tali circostanze, e qualora la Corte concluda, a differenza di quanto suggerito supra, che il divieto in questione ricade nell’articolo 34 TFUE, ritengo che esso sia giustificato dall’obiettivo di tutela della salute e dell’ambiente, che sia idoneo a conseguire tali obiettivi e che non vada oltre quanto necessario per il loro raggiungimento.

B.   Norme nazionali in materia di pubblicità

78.

Gli articoli L. 522-5-3 e R. 522-16-2 del codice dell’ambiente vietano la pubblicità di quattro categorie di biocidi allorché detta pubblicità sia diretta al grande pubblico. La pubblicità di tali prodotti resta possibile quando si rivolge a professionisti, nel luogo in cui i prodotti sono loro distribuiti e nelle pubblicazioni ad essi destinate. Tuttavia, il messaggio pubblicitario deve contenere un’indicazione specifica che, in sostanza, invita a considerare se l’uso di tali biocidi sia indispensabile.

79.

Tali norme riguardano i tipi di prodotti 14 e 18 (interessati anche dal divieto di talune pratiche commerciali esaminato nella Parte A della Sezione IV delle presenti conclusioni) e i tipi di prodotti 2 ( 45 ) e 4 ( 46 ), due sottocategorie di disinfettanti, classificati, conformemente al regolamento CLP, come pericolosi per l’ambiente acquatico, tossicità acuta categoria 1 (H 400) e tossicità cronica categoria 1 (H 410). Occorre aggiungere che le norme nazionali in materia di pubblicità non si applicano quando il prodotto in questione è ammesso a beneficiare della procedura di autorizzazione semplificata ai sensi dell’articolo 25 del regolamento relativo ai biocidi che, come già ricordato, si applica ai prodotti che presentano un basso rischio per la salute e per l’ambiente ( 47 ).

80.

Analogamente a quanto è stato osservato in precedenza ( 48 ), la valutazione delle norme in questione deve iniziare con l’esame del grado di armonizzazione realizzato dal regolamento relativo ai biocidi, e soltanto in seguito occorrerà procedere, se necessario, all’esame degli articoli 34 e 36 TFUE. A tal fine, mi occuperò anzitutto dell’obbligo di inserire un’indicazione specifica nel messaggio pubblicitario indirizzato ai professionisti (1). In seguito, esaminerò il divieto di pubblicità diretta al grande pubblico (2).

1. Uso obbligatorio di un’indicazione aggiuntiva

81.

Dall’articolo R. 522-16-2, paragrafo II, del codice dell’ambiente risulta che la pubblicità di rodenticidi, insetticidi e taluni disinfettanti rivolta ai professionisti deve contenere la seguente indicazione: «Prima di ogni utilizzo, assicuratevi che l’uso di tale prodotto sia indispensabile, in particolare nei luoghi frequentati dal grande pubblico. Privilegiate, ove possibile, metodi alternativi e prodotti che presentino il minor rischio per la salute umana e animale e per l’ambiente».

82.

Da tale disposizione risulta altresì che tale indicazione deve essere utilizzata in aggiunta a quella imposta dall’articolo 72, paragrafo 1, del regolamento relativo ai biocidi, ai sensi del quale gli annunci pubblicitari di biocidi devono essere accompagnati dalle seguenti parole: «Usare i biocidi con cautela. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto».

83.

I ricorrenti fanno valere, in sostanza, che l’uso dell’indicazione aggiuntiva viola l’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi poiché tale articolo realizza un’armonizzazione esaustiva della pubblicità dei biocidi.

84.

La Commissione adotta una posizione analoga, mentre i governi francese, italiano e dei Paesi Bassi sostengono la tesi opposta.

85.

Per stabilire se l’armonizzazione realizzata dalle disposizioni del regolamento relativo ai biocidi in materia di pubblicità sia esaustiva, occorre tenere conto non solo del loro tenore, ma anche del loro contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui esse fanno parte ( 49 ).

86.

Inizierò con l’osservare che l’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi è l’unica disposizione di tale regolamento relativa alla pubblicità e riguarda un aspetto alquanto limitato del contenuto di un annuncio pubblicitario. Tuttavia, il fatto che l’ambito di applicazione materiale delle norme in materia di pubblicità contenute nel regolamento relativo ai biocidi sia alquanto limitato rispetto alla (disciplina esaustiva della pubblicità di cui alla) direttiva 2001/83/CE ( 50 ), alla quale fa riferimento il governo francese per mostrare le differenze tra l’uno e l’altra, non esclude, di per sé, il loro carattere esaustivo. Ciò che rileva, a mio avviso, non è la questione se l’ambito di applicazione delle norme in esame sia (comparativamente più) ristretto o ampio, bensì il livello di dettaglio che tali norme raggiungono per quanto concerne la materia specifica (e potenzialmente limitata) che esse disciplinano ( 51 ).

87.

L’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi riguarda le indicazioni che devono essere utilizzate e quelle che, al contrario, sono vietate in un annuncio pubblicitario di biocidi.

88.

Il suo primo paragrafo, che impone l’uso delle due frasi summenzionate, esige che esse siano «chiaramente distinguibili e leggibili rispetto al resto dell’annuncio». Il suo secondo paragrafo permette di sostituire il termine «biocidi», in tali frasi, «con un riferimento chiaro al tipo di prodotto pubblicizzato».

89.

Il terzo paragrafo dello stesso articolo vieta la pubblicità «fuorviante rispetto ai rischi che il prodotto comporta per la salute umana, la salute animale o l’ambiente e alla sua efficacia» ed elenca altresì formule il cui impiego è «in ogni caso» vietato ( 52 ).

90.

In tale prospettiva, le norme di cui all’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi risultano alquanto dettagliate per quanto concerne le frasi relative ai rischi connessi all’uso dei biocidi. Sotto questo specifico punto di vista, esse sembrano paragonabili, se non addirittura più dettagliate, rispetto alle regole esaustive in materia di pubblicità di cui alla direttiva 2001/83 ( 53 ), richiamate dal governo francese. Infatti, l’articolo 87, paragrafo 3, di tale direttiva dispone che la pubblicità di un medicinale debba favorirne l’uso razionale, presentando il medicinale in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà, e non possa essere ingannevole. La regola di cui all’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi è analoga ma, di fatto, più dettagliata, poiché prevede un’indicazione specifica che deve essere inserita nell’annuncio pubblicitario, concernente l’impiego sicuro del prodotto, rinviando l’utilizzatore all’etichetta e alle informazioni relative al prodotto. Essa è altresì più dettagliata per quanto riguarda l’individuazione delle formule vietate in quanto possono essere ingannevoli.

91.

È vero che l’indicazione aggiuntiva richiesta dalle norme nazionali sembra perseguire lo stesso obiettivo dell’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi, poiché tutela la salute pubblica e l’ambiente. Per questo motivo, non risulterebbe alcun conflitto. Ciò, tuttavia, non incide sulla mia precedente analisi poiché, per quanto riguarda la questione del contenuto in materia di sicurezza dell’annuncio pubblicitario, l’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi dimostra che il legislatore dell’Unione ha stabilito un equilibrio specifico tra i diversi elementi in gioco che, nella presente causa, sono costituiti dal «migliorar[amento del] funzionamento del mercato interno» e dal perseguimento, in parallelo, di «un elevato livello di tutela della salute umana e animale e dell’ambiente» ( 54 ). Ritengo che, imponendo un requisito normativo aggiuntivo, le norme nazionali di cui trattasi turbino tale equilibrio.

92.

In tali circostanze, ritengo che il settore della pubblicità, in particolare per quanto concerne le indicazioni relative ai rischi dei biocidi pubblicizzati, sia stato disciplinato dal legislatore dell’Unione con effetto preclusivo.

2. Divieto di pubblicità rivolta al grande pubblico

a) Portata delle norme armonizzate

93.

La mia conclusione riguardo all’armonizzazione esaustiva delle norme realizzata dall’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi non significa, però, che tutti gli aspetti della pubblicità dei biocidi siano stati armonizzati da quest’ultimo strumento, ivi compresa la questione se gli Stati membri restino competenti a vietare taluni tipi di messaggi pubblicitari.

94.

Su quest’ultimo aspetto, la formulazione di tale disposizione – che prevede indicazioni obbligatorie e indicazioni vietate relative all’utilizzo sicuro e ai rischi connessi ai prodotti biocidi – non consente, a mio avviso, di concludere che la competenza degli Stati membri per decidere di vietarne la pubblicità sia venuta meno.

95.

Certamente, si potrebbe sostenere che l’esistenza di tale disposizione specifica sulle indicazioni obbligatorie e vietate nella pubblicità dei biocidi denota che, nell’intenzione del legislatore dell’Unione, la pubblicità di tali prodotti è possibile e che una normativa nazionale che vieti aspetti della pubblicità ostacola l’effetto utile dell’articolo 72, poiché, in assenza di pubblicità, tale disposizione sarebbe privata della sua finalità.

96.

Per quanto riguarda il contesto normativo, ribadisco che l’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi è l’unica disposizione di tale regolamento in materia ( 55 ).

97.

L’inclusione del solo articolo 72 nel regolamento relativo ai biocidi contrasta con la scelta operata nella direttiva 2001/83, il cui titolo VIII è espressamente dedicato alla pubblicità e contiene numerose disposizioni (articoli da 86 a 100) che descrivono in dettaglio le situazioni nelle quali gli Stati membri devono o possono vietare la pubblicità di medicinali per uso umano o i casi nei quali la pubblicità può essere autorizzata ( 56 ).

98.

In misura minore, la concisione del regolamento relativo ai biocidi a tale riguardo diverge altresì dall’articolo 66 del regolamento n. 1107/2009 ( 57 ), il quale prevede la possibilità, per uno Stato membro, di limitare la pubblicità su determinati mezzi di comunicazione e contiene norme sugli elementi obbligatori o vietati della pubblicità, come il divieto di «rappresentazioni visive di pratiche potenzialmente pericolose, quali la miscelazione o l’uso senza adeguati indumenti protettivi, [e] dell’impiego del prodotto vicino ad alimenti o da parte di bambini o nelle loro vicinanze».

99.

In tali circostanze, ritengo che, se il legislatore dell’Unione avesse inteso esercitare la propria competenza in materia di divieto di determinati tipi di pubblicità con effetto preclusivo rispetto a quella degli Stati membri, avrebbe adottato norme più equilibrate. La mia posizione su questo punto è ulteriormente rafforzata dall’esistenza, nel regolamento relativo ai biocidi, delle norme derogatorie concernenti i prodotti che non soddisfano condizioni di autorizzazione o relative all’uso di nuovi principi attivi ( 58 ), nonché dall’attenzione che il legislatore dell’Unione esige per quanto concerne la tutela di gruppi vulnerabili, quali le donne incinte e i bambini ( 59 ).

100.

Pertanto, alla luce di quanto precede, concludo che il regolamento relativo ai biocidi non osta al divieto di cui trattasi. Così come è stato osservato in precedenza ( 60 ), tale divieto deve nondimeno rispettare i limiti discendenti dagli articoli 34 e 36 TFUE.

b) Limiti discendenti dagli articoli 34 e 36 TFUE

101.

Il divieto di pubblicità di cui trattasi deve, a mio avviso, essere considerato una «modalità di vendita». Infatti, tale divieto non riguarda i requisiti applicabili ai prodotti di cui trattasi e ricordo che la Corte ha ripetutamente dichiarato che le restrizioni che incidono sulla possibilità degli operatori di fare pubblicità rientrano in tale categoria ( 61 ).

102.

Sulla base delle condizioni illustrate nella sezione precedente, che devono essere soddisfatte affinché il divieto di cui trattasi esuli dall’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE ( 62 ), osservo che esso si applica a tutti gli operatori attivi sul mercato rilevante, senza discriminazioni fondate sulla nazionalità.

103.

La valutazione della questione se esso incida maggiormente sui prodotti originari di altri Stati membri rispetto ai prodotti nazionali appare più complessa.

104.

La Corte ha dichiarato che norme nazionali che obbligano gli operatori a modificare la forma o il contenuto di una campagna pubblicitaria ricadono nell’articolo 34 TFUE ( 63 ).

105.

La presente causa, tuttavia, non verte sulla necessità di modificare il contenuto di una campagna promozionale, bensì sull’impossibilità assoluta di rivolgere qualsiasi campagna al grande pubblico per quanto concerne le quattro categorie di biocidi.

106.

Sebbene la Corte abbia ripetutamente riconosciuto che taluni divieti di pubblicità possono limitare il volume delle vendite, essa ha altresì ritenuto che molti di essi sfuggono all’applicazione dell’articolo 34 TFUE.

107.

Ciò è accaduto nel caso di norme nazionali che, rispettivamente, escludevano il settore della distribuzione della pubblicità televisiva ( 64 ), che vietavano ai farmacisti di pubblicizzare al di fuori della farmacia prodotti parafarmaceutici ( 65 ) o, ancora, che vietavano a una farmacia per corrispondenza di organizzare una campagna pubblicitaria sotto forma di un gioco a premi ( 66 ).

108.

È vero che nelle cause De Agostini e Gourmet International Products la Corte ha dichiarato che non si può escludere che un divieto totale incida in misura maggiore sui prodotti provenienti da altri Stati membri ( 67 ). Il ragionamento della Corte sembra tuttavia suggerire che l’(eventuale) esistenza di una restrizione rientrante nell’articolo 34 TFUE derivava da una difficoltà concreta in cui si era imbattuto un operatore nell’accedere al mercato nazionale. Nella sentenza De Agostini, che riguardava un divieto di pubblicità televisiva rivolta ai minori di 12 anni e di pubblicità ingannevole, la qualificazione di tale misura era stata lasciata aperta, e la Corte aveva fatto riferimento all’affermazione della De Agostini secondo cui la pubblicità televisiva «era la sola forma di promozione efficace che le permettesse di penetrare nel mercato svedese» ( 68 ).

109.

Analogamente, nella sentenza Gourmet International Products, la conclusione della Corte secondo cui il divieto svedese di pubblicità di bevande alcoliche costituiva un ostacolo al commercio è connessa alla constatazione che il consumo di tali bevande «è legato sia a prassi sociali tradizionali sia ad abitudini e usi locali» ( 69 ). Il fatto che le pubblicazioni contenenti annunci pubblicitari potessero essere distribuite nei locali di vendita non ha influito su tale conclusione poiché, nella specie, la «società per azioni controllata totalmente dallo Stato svedese, la quale det[eneva] il monopolio della vendita al dettaglio in Svezia, diffonde[va] in realtà nei suoi punti vendita unicamente la propria rivista» ( 70 ).

110.

Infine, nella sentenza Deutsche Parkinson Vereinigung, la conclusione della Corte quanto agli effetti restrittivi di un divieto di vendita per corrispondenza si è fondata sulla constatazione che tale modalità di vendita costituiva, per le farmacie per corrispondenza, un mezzo più importante, se non eventualmente l’unico mezzo, per accedere al mercato nazionale in questione ( 71 ).

111.

I fatti della presente causa, come esposti nell’ordinanza di rinvio, non testimoniano una tale difficoltà iniziale in cui i ricorrenti sarebbero incorsi al momento dell’introduzione sul mercato francese di prodotti provenienti da altri Stati membri.

112.

Sebbene il divieto controverso possa incidere sul volume delle vendite, ricordo che esso non vieta del tutto la pubblicità.

113.

La pubblicità diretta agli utilizzatori professionali resta possibile, il che denota che gli operatori dispongono di un circuito di commercializzazione.

114.

Non risulta neppure che, a differenza delle circostanze di cui alla sentenza Gourmet International Products, il mercato sia caratterizzato da fattori preesistenti, quale un controllo dei locali di distribuzione da parte di un ente monopolistico, che renderebbe illusoria la possibilità di raggiungere gli utilizzatori professionali.

115.

Infine, contrariamente alle circostanze della causa appena citata, non sembra possibile assimilare i biocidi alle bevande alcoliche, con le quali gli utilizzatori locali potrebbero aver creato uno specifico legame tradizionale e sociale.

116.

In tali circostanze, concludo che il divieto pubblicità diretta al grande pubblico dei biocidi individuati non costituisce una restrizione agli scambi rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE.

117.

Tuttavia, qualora la Corte non concordi con tale analisi e concluda che il divieto in questione costituisce una restrizione agli scambi, illustrerò nel prosieguo le ragioni per cui, a mio avviso, essa è giustificata.

118.

Alla luce dell’analisi effettuata nella parte precedente delle presenti conclusioni ( 72 ), osservo che il divieto in questione può essere giustificato dall’obiettivo di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, poiché mira a limitare l’utilizzo di prodotti che «possono creare rischi per l’uomo, gli animali e l’ambiente a causa delle loro proprietà intrinseche e delle relative modalità d’uso» ( 73 ). Inoltre, il governo francese ha menzionato l’utilizzo errato degli insetticidi, in particolare nelle residenze private, il pericolo di intossicazione di altre specie a causa di un utilizzo improprio di rodenticidi, nonché i rischi che l’inquinamento delle acque, derivante dall’uso degli insetticidi in questione, rappresenta per talune specie.

119.

Il divieto di pubblicità diretta al grande pubblico risulta altresì appropriato per raggiungere gli obiettivi sopra indicati, poiché è idoneo a impedire messaggi promozionali che potrebbero determinare un maggiore uso dei biocidi ritenuti particolarmente preoccupanti dal legislatore nazionale.

120.

Quanto alla sua necessità, osservo che il divieto in questione riguarda soltanto la pubblicità diretta agli utilizzatori privati, e non ai professionisti, il che risulta conforme all’obiettivo di limitare l’uso improprio dei prodotti di cui trattasi.

121.

Per quanto concerne le possibili alternative, discusse ai paragrafi da 70 a 75, esse presentano, a mio avviso, mutatis mutandis, gli stessi punti deboli anche nell’ambito del presente contesto. Infine, e analogamente a quanto ho osservato a proposito del divieto di riduzioni e operazioni analoghe, la pubblicità diretta al grande pubblico resta autorizzata per tutti i prodotti altrimenti interessati dal divieto nel caso in cui presentino un basso rischio, vale a dire qualora siano ammessi a beneficiare della procedura di autorizzazione semplificata ai sensi dell’articolo 25 del regolamento relativo ai biocidi ( 74 ). Ciò dimostra, come già osservato, che il legislatore nazionale ha inteso evitare che il divieto di cui trattasi avesse una portata eccessiva.

122.

In tali circostanze, e qualora la Corte concluda, contrariamente a quanto da me suggerito, che il divieto in questione costituisce una restrizione agli scambi rientrante nell’articolo 34 TFUE, ritengo che tale restrizione sia giustificata dall’obiettivo di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, che sia idonea a conseguire tali obiettivi e che non ecceda quanto necessario per conseguirli.

V. Conclusione

123.

Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) nei seguenti termini:

Né il regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi, né l’articolo 34 TFUE ostano a disposizioni nazionali, come quelle contenute negli articoli L. 522-18 e R. 522-16-1 del codice dell’ambiente, che vietino, in riferimento alla vendita di biocidi dei tipi 14 e 18 come definiti nell’allegato V del regolamento n. 528/2012, riduzioni, sconti, ristorni, differenziazione delle condizioni generali e particolari di vendita, consegna di unità gratuite e ogni altra pratica equivalente.

L’articolo 72 del regolamento n. 528/2012 osta a una norma nazionale come quella contenuta negli articoli L. 522-5-3 e R. 522-16-2 del codice dell’ambiente, che impone di inserire un’indicazione aggiuntiva nella pubblicità diretta agli utilizzatori professionali dei biocidi dei tipi 14 e 18, come definiti nell’allegato V del regolamento n. 528/2012, oppure dei tipi di prodotto 2 e 4, definiti nello stesso allegato e classificati come pericolosi per l’ambiente acquatico, tossicità acuta categoria 1 (H 400) e tossicità cronica categoria 1 (H 410), ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006.

Né il regolamento n. 528/2012 né l’articolo 34 TFUE ostano agli articoli L. 522‑5‑3 e R. 522-16-2 del codice dell’ambiente, i quali vietano la pubblicità dei biocidi, appartenenti alle stesse categorie, diretta al grande pubblico.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU 2012, L 167, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento relativo ai biocidi»).

( 3 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU 2008, L 353, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento CLP»).

( 4 ) Introdotto dall’articolo 76 della loi du 30 octobre 2018 pour l’équilibre des relations commerciales dans le secteur agricole et alimentaire et une alimentation saine, durable et accessible à tous (legge del 30 ottobre 2018, per l’equilibrio dei rapporti commerciali nel settore agricolo e alimentare e per un’alimentazione sana, sostenibile e accessibile a tutti; in prosieguo: la «legge del 30 ottobre 2018»).

( 5 ) Introdotto dalla legge del 30 ottobre 2018.

( 6 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU 2000, L 178, pag. 1).

( 7 ) Sebbene le questioni pregiudiziali vertano unicamente sugli articoli L. 522-18 e L. 522-5-3 del codice dell’ambiente, il procedimento principale concerne la legittimità dei decreti impugnati, che hanno inserito nel codice dell’ambiente gli articoli R. 522-16-1 e R. 522-16-2. Dalla decisione di rinvio risulta che l’articolo R. 522-16-1 specifica l’articolo L. 522-18, mentre l’articolo R. 522-16-2 specifica l’articolo L. 522-5-3. Queste due serie di disposizioni, dunque, costituiscono due insiemi normativi che sono stati discussi entrambi dalle parti. Pertanto, considererò le questioni pregiudiziali nel senso che esse vertono non soltanto sulle disposizioni legislative espressamente menzionate, ma anche sugli articoli R. 522.16-1 e R. 522.16-2 del codice dell’ambiente.

( 8 ) Come la Corte ha ripetutamente dichiarato, «qualsiasi misura nazionale in un settore che sia stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello dell’Unione dev’essere valutata alla luce delle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non di quelle del diritto primario»: sentenza del 24 febbraio 2022, Viva Telecom Bulgaria (C‑257/20, EU:C:2022:125, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) Sentenza del 19 gennaio 2017, Queisser Pharma (C‑282/15, EU:C:2017:26, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) Dalla decisione di rinvio risulta che i ricorrenti nel procedimento principale hanno dedotto argomenti concernenti la direttiva sul commercio elettronico. Mi limito a rilevare che, poiché tale direttiva si basa sul principio del «paese d’origine», essa non è pertinente nella presente causa, dato che tutti i ricorrenti risultano essere società francesi. V., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, Papasavvas (C‑291/13, EU:C:2014:2209, punti 3435).

( 11 ) V., ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate (causa 3/15, EU:C:2016:657, paragrafo 71).

( 12 ) V. anche considerando 3 e sentenza del 14 ottobre 2021, Biofa (C‑29/20, EU:C:2021:843, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

( 13 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Lietuvos Respublikos Seimas (C‑2/18, EU:C:2019:180, paragrafi da 27 a 29) e dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Monsanto Technology (C‑428/08, EU:C:2010:128, paragrafo 47).

( 14 ) V. articolo 17, paragrafo 1 e paragrafo 5, primo comma, o articolo 22, paragrafo 1, del regolamento relativo ai biocidi.

( 15 ) L’articolo 72 del regolamento relativo ai biocidi sarà esaminato nella parte B delle presenti conclusioni, dato che è direttamente rilevante per quanto concerne la norma nazionale in questione in materia di pubblicità.

( 16 ) V. articolo 1 del regolamento CLP.

( 17 ) Considerando 10 del regolamento CLP.

( 18 ) Considerando 51 del regolamento CLP.

( 19 ) V. articolo 3, lettera f), articolo 5, paragrafi 1 e 3, articolo 10, paragrafo 1, lettera b), articolo 28, paragrafo 2, lettera a), per quanto concerne i principi attivi, nonché articolo 19, paragrafo 4, lettera b), del regolamento relativo ai biocidi, per quanto concerne l’autorizzazione dei biocidi.

( 20 ) V. articolo 48 del regolamento CLP in materia di pubblicità e i suoi titoli da II a V per quanto concerne l’etichettatura e l’imballaggio.

( 21 ) V. articolo 2, paragrafo 3, lettera m), del regolamento relativo ai biocidi.

( 22 ) Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna il documento Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (UE) n. 528/2021 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi, SWD/2021/128 final, pagg. da 59 a 61.

( 23 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi (GU 2009, L 309, pag. 71) («direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi»).

( 24 ) Documento di lavoro della Commissione citato supra, nota 22, pag. 59. L’articolo 18 del regolamento relativo ai biocidi prevede, «se del caso», la presentazione da parte della Commissione di una proposta relativa a misure per l’utilizzo sostenibile dei biocidi.

( 25 ) V. le mie osservazioni supra, alla nota 10.

( 26 ) V., ad esempio, sentenza del 15 luglio 2021, DocMorris (C‑190/20, EU:C:2021:609, punto 33 e giurisprudenza ivi citata) (in prosieguo: la «sentenza DocMorris»).

( 27 ) Sentenza dell’11 luglio 1974, Dassonville (8/74, EU:C:1974:82, punto 5). Per un’affermazione più recente, v., ad esempio, sentenza DocMorris (punto 34).

( 28 ) Sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905, punto 16) (in prosieguo: la «sentenza Keck e Mithouard»). Sebbene lo status di tale criterio sia stato oggetto di discussione, la sua rilevanza è stata confermata, ad esempio, nella sentenza DocMorris, punto 35. Per una discussione, v., ad esempio, Schütze, R., «Of types and tests: towards a unitary doctrinal framework for Article 34 TFEU?», EL Rev, 2016, pag. 826; Lianos, I., «In Memoriam Keck: The Reformation of the EU Law on the Free Movement of Goods», EL Rev, 2015, pag. 225; Purnhagen, K.P., «Keck is dead, long live Keck? How the Court of Justice tries to avoid a Sunday Trading Saga 2.0» in Liber Amicorum L.W. Gormley, 2019, pag. 176.

( 29 ) V., ad esempio, sentenze del 21 settembre 2016, Etablissements Fr. Colruyt (C‑221/15, EU:C:2016:704, punto 37 e giurisprudenza ivi citata) (in prosieguo: la «sentenza Etablissements Fr. Colruyt»); del 25 marzo 2004, Karner (C‑71/02, EU:C:2004:181, punto 38 e giurisprudenza ivi citata) (in prosieguo: la «sentenza Karner»), e del 2 dicembre 2010, Ker-Optika (C‑108/09, EU:C:2010:725, punto 45) (in prosieguo: la «sentenza Ker-Optika»).

( 30 ) In subordine e in risposta al quesito posto dalla Corte, dato che, in via principale, essi sostengono che il divieto viola il regolamento relativo ai biocidi.

( 31 ) Sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845, punto 32).

( 32 ) Sentenza del 19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung (C‑148/15, EU:C:2016:776, punto 26; in prosieguo: la «sentenza Deutsche Parkinson Vereinigung»).

( 33 ) Sentenza Etablissements Fr. Colruyt (punti da 38 a 40).

( 34 ) Rispettivamente, sentenze Ker-Optika (punto 54) e Deutsche Parkinson Vereinigung (punto 25), nonché sentenza del 1o ottobre 2020, A (Pubblicità e vendita di medicinali online) (C‑649/18, EU:C:2020:764, punto 76). In quest’ultima sentenza, la Corte ha analizzato la misura in questione alla luce della direttiva sul commercio elettronico. Di converso, l’avvocato generale Saugmandsgaard Øe l’ha esaminata alla luce degli articoli 34 e 36 TFUE: v. le sue conclusioni nella causa A (Pubblicità e vendita di medicinali online) (C‑649/18, EU:C:2020:134, paragrafi da 44 a 49 nonché 69 e segg.) (in prosieguo: le «conclusioni nella causa A»). V. anche sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punti da 74 a 76).

( 35 ) Come è stato statuito a proposito del divieto di rivendita sottocosto nella sentenza Keck e Mithouard (punto 13).

( 36 ) Sentenza Ker-Optika (punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

( 37 ) Ricordo che l’articolo L. 22-18 del codice dell’ambiente prevede che «[u]n decreto da emanare previsa consultazione del Conseil d’État [Consiglio di Stato] specificherà le categorie di prodotto interessate in funzione dei rischi per la salute umana e per l’ambiente».

( 38 ) Sentenza Deutsche Parkinson Vereinigung (punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 39 ) V., ad esempio, sentenza del 6 ottobre 2015, Capoda Import-Export (C‑354/14, EU:C:2015:658, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

( 40 ) Considerando 1 del regolamento relativo ai biocidi.

( 41 ) V., ad esempio, sentenza Ker-Optika (punto 65).

( 42 ) A titolo di confronto, v. le norme relative alla formazione degli «utilizzatori professionali, [dei] distributori e [dei] consulenti» di cui all’articolo 5 della direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi.

( 43 ) V. supra, paragrafo 34.

( 44 ) V. considerando 29 e 30 del regolamento relativo ai biocidi.

( 45 ) Come previsto dall’allegato V, questo tipo di prodotto riguarda «disinfettanti e alghicidi non destinati all’applicazione diretta sull’uomo o animali».

( 46 ) Come previsto dall’allegato V, questo tipo di prodotto riguarda il «settore dell’alimentazione umana e animale».

( 47 ) V. supra, paragrafo 76, e articolo R. 522-16-2, paragrafo III, del codice dell’ambiente.

( 48 ) V. supra, paragrafo 19.

( 49 ) V. in tal senso, ad esempio, sentenza del 16 luglio 2015, UNIC e Uni.co.pel (C‑95/14, EU:C:2015:492, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

( 50 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67). Per una conferma del carattere esaustivo delle norme in materia di pubblicità contenute in tale direttiva, v. sentenza dell’8 novembre 2007, Gintec (C‑374/05, EU:C:2007:654, punti 3334).

( 51 ) V. anche supra, paragrafo 26.

( 52 ) Tali formule sono «biocida a basso rischio», «non tossico», «innocuo», «naturale», «rispettoso dell’ambiente», «rispettoso degli animali» o «indicazioni analoghe».

( 53 ) V. supra, nota 50.

( 54 ) V. articolo 1, paragrafo 1, del regolamento relativo ai biocidi.

( 55 ) L’articolo 48 del regolamento CLP prevede, in combinato disposto con il considerando 67 di tale regolamento, norme altrettanto concise in materia di pubblicità, contenute nel titolo VIII «Disposizioni comuni e finali».

( 56 ) V. articoli 87, paragrafo 1, e 88, paragrafi da 1 a 3.

( 57 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1).

( 58 ) V. articolo 55 del regolamento relativo ai biocidi.

( 59 ) Considerando 3 del regolamento relativo ai biocidi.

( 60 ) V. supra, paragrafo 19.

( 61 ) V., ad esempio, sentenze DocMorris (punto 37) e del 9 febbraio 1995, Leclerc-Siplec (C‑412/93, EU:C:1995:26, punto 22) (in prosieguo: la «sentenza Leclerc-Siplec»). V. anche conclusioni nella causa A (paragrafo 71).

( 62 ) V. supra, paragrafo 42 e segg.

( 63 ) Sentenza del 12 dicembre 1990, SARPP (C‑241/89, EU:C:1990:459, punti 2930) (precedente alla sentenza Keck e Mithouard). V. anche sentenza del 15 luglio 2004, Douwe Egberts (C‑239/02, EU:C:2004:445, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

( 64 ) Sentenza Leclerc-Siplec (punti da 20 a 24).

( 65 ) Sentenza del 15 dicembre 1993, Hünermund e a. (C‑292/92, EU:C:1993:932, punti da 22 a 24).

( 66 ) Sentenza DocMorris (punti da 39 a 45). V. anche, in un contesto fattuale differente, sentenza Karner (punti 42 e 43).

( 67 ) Sentenze del 9 luglio 1997, De Agostini e TV-Shop (da C‑34/95 a C‑36/95, EU:C:1997:344, punto 42) (in prosieguo: la «sentenza De Agostini»), e dell’8 marzo 2001, Gourmet International Products (C‑405/98, EU:C:2001:135, punto 19) (in prosieguo: la «sentenza Gourmet International Products»).

( 68 ) Sentenza De Agostini (punti 43 e 44).

( 69 ) Sentenza Gourmet International Products (punto 21).

( 70 ) Ibidem (punto 23).

( 71 ) Sentenza Deutsche Parkinson Vereinigung (punto 25).

( 72 ) V. supra, paragrafo 63 e segg.

( 73 ) Considerando 1 del regolamento relativo ai biocidi, nonché supra, paragrafo 67.

( 74 ) V. supra, paragrafo 76.