CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT

presentate il 31 marzo 2022 ( 1 )

Causa C‑45/21

Banka Slovenije,

con l’intervento di:

Državni zbor Republike Slovenije (Assemblea nazionale della Repubblica di Slovenia)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Ustavno sodišče Republike Slovenije (Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia)]

«Rinvio pregiudiziale – Stabilità del sistema finanziario – Risanamento e risoluzione di enti creditizi nell’interesse pubblico – Sistema europeo di banche centrali (SEBC) – Banca centrale nazionale (BCN) quale autorità di risoluzione – Conversione e cancellazione di strumenti finanziari nell’ambito del risanamento autoritativo o della risoluzione di un ente creditizio – Principio del “no creditor worse off” – Responsabilità della BCN – Risarcimento, da parte della BCN, dei detentori di partecipazioni e dei creditori interessati – Articolo 123 TFUE – Divieto di finanziamento monetario degli Stati – Regolamento (CE) n. 3603/93 – Articolo 130 TFUE – Principio dell’indipendenza delle banche centrali – Pubblicazione e accesso a documenti correlati alla risoluzione di un ente creditizio negli anni 2013 e 2014 – Direttive 2006/48/CE e 2013/36/CE – Applicabilità ratione materiae»

I. Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale solleva temi che si collocano nel punto di intersezione tra politica monetaria europea e risoluzione degli enti creditizi. In sostanza si tratta della questione se gli oneri connessi al finanziamento della risoluzione di enti creditizi – qualora debbano essere sopportati da una banca centrale nazionale (in prosieguo: la «BCN») in quanto autorità di risoluzione – possano determinare una violazione del divieto di finanziamento monetario degli Stati stabilito dall’articolo 123 TFUE oppure pregiudicare l’indipendenza delle banche centrali garantita dall’articolo 130 TFUE.

2.

Sino ad oggi la Corte di giustizia si è occupata del divieto di finanziamento monetario degli Stati principalmente in riferimento a misure di politica monetaria adottate dalla Banca centrale europea (in prosieguo: la «BCE») ( 2 ). Detto in termini generali, l’articolo 123 TFUE vieta agli Stati membri di far fronte ai propri obblighi nei confronti dei terzi grazie a finanziamenti della BCE o delle loro rispettive banche centrali ( 3 ).

3.

Il procedimento principale riguarda la situazione normativa esistente prima dell’istituzione di un meccanismo unitario di risoluzione a livello dell’Unione nell’anno 2014 e della correlata introduzione di un Fondo di risoluzione a livello dell’Unione ( 4 ). A quest’epoca la Banka Slovenije, ossia la banca centrale della Slovenia, aveva il compito, ai sensi del diritto nazionale, di procedere al risanamento e alla risoluzione di banche in tale Stato membro, l’insolvenza delle quali potesse rappresentare un pericolo per la stabilità del sistema finanziario ( 5 ).

4.

Tuttavia, nella vigenza della precedente normativa slovena non esisteva un meccanismo di finanziamento per i costi della risoluzione di enti creditizi. Ma una legge entrata in vigore alla fine del 2019 obbliga ora la Banka Slovenije a corrispondere, in determinate circostanze, ai titolari di partecipazioni e ai creditori di banche che siano state oggetto negli anni 2013 e 2014 di misure di risanamento autoritativo o di risoluzione un risarcimento pagato con risorse proprie.

5.

La Banka Slovenije reputa che ciò costituisca una violazione del divieto enunciato dall’articolo 123 TFUE. Inoltre, dato che i crediti nei suoi riguardi possono eventualmente raggiungere importi assai elevati, essa teme di veder compromessa la propria indipendenza finanziaria.

II. Contesto giuridico

A. Diritto dell’Unione

1.   Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)

6.

L’articolo 123, paragrafo 1, TFUE enuncia il cosiddetto divieto di finanziamento monetario degli Stati. Esso è così formulato:

«Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della [BCE] o da parte delle [BCN] degli Stati membri (…) a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della [BCE] o delle [BCN]».

7.

L’articolo 131 TFUE così dispone:

«Ciascuno Stato membro assicura che la propria legislazione nazionale, incluso lo statuto della [BCN], sarà compatibile con i trattati e con lo statuto del SEBC e della BCE».

8.

L’articolo 127 TFUE ha il seguente tenore:

«1.   L’obiettivo principale del [SEBC] è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’Unione (…).

2.   I compiti fondamentali da assolvere tramite il SEBC sono i seguenti:

definire e attuare la politica monetaria dell’Unione,

svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell’articolo 219,

detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri,

promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.

(…)

5.   Il SEBC contribuisce ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario.

6.   Il Consiglio, deliberando all’unanimità mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, previa consultazione del Parlamento europeo e della Banca centrale europea, può affidare alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese di assicurazione».

9.

L’articolo 282, paragrafo 3, TFUE recita:

«La [BCE] ha personalità giuridica. Ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro. È indipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze. Le istituzioni, organi e organismi dell’Unione e i governi degli Stati membri rispettano tale indipendenza».

2.   Statuto del SEBC e della BCE

10.

Il Protocollo n. 4 sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (in prosieguo: lo «Statuto del SEBC e della BCE») ( 6 ) stabilisce, all’articolo 14.4., quanto segue:

«Le banche centrali nazionali possono svolgere funzioni diverse da quelle specificate nel presente statuto a meno che il consiglio direttivo [della BCE] decida, a maggioranza dei due terzi dei votanti, che tali funzioni interferiscono con gli obiettivi e i compiti del SEBC. Tali funzioni sono svolte sotto la piena responsabilità delle banche centrali nazionali e non sono considerate come facenti parte delle funzioni del SEBC».

11.

L’articolo 28 di detto Statuto recita:

«28.1.   Il capitale della BCE è di 5000 milioni di euro. Il capitale può essere aumentato per ammontari eventualmente determinati dal consiglio direttivo, che delibera alla maggioranza qualificata di cui all’articolo 10.3, entro i limiti e alle condizioni stabiliti dal Consiglio in base alla procedura di cui all’articolo 41.

28.2.   Le banche centrali nazionali sono le sole sottoscrittrici e detentrici del capitale della BCE. La sottoscrizione del capitale avviene secondo lo schema stabilito conformemente all’articolo 29.

(…)».

12.

L’articolo 32 dello Statuto del SEBC e della BCE prevede quanto segue:

«32.1.   Il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell’esercizio delle funzioni di politica monetaria del SEBC (qui di seguito denominato reddito monetario) viene distribuito alla fine di ciascun esercizio in conformità delle disposizioni del presente articolo.

32.2.   L’importo del reddito monetario di ciascuna banca centrale nazionale è pari al reddito annuo che essa ottiene dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione e dei depositi costituiti dagli enti creditizi. Questi attivi sono accantonati dalle banche centrali nazionali in conformità degli indirizzi determinati dal consiglio direttivo.

(…)».

13.

Ai sensi dell’articolo 33.1. di detto Statuto, il profitto netto della BCE viene distribuito, previa detrazione di un determinato importo, alle BCN in proporzione alle loro quote di partecipazione sottoscritte. L’articolo 33.2. prevede, per il caso in cui la BCE subisca una perdita, che questa venga coperta dal fondo di riserva generale della BCE e, se necessario, previa decisione del consiglio direttivo della BCE, dal reddito monetario dell’esercizio finanziario pertinente in proporzione e nei limiti degli importi ripartiti tra le banche centrali nazionali conformemente all’articolo 32.5.

14.

L’articolo 35.3 dello Statuto del SEBC e della BCE recita:

«La BCE è soggetta al regime di responsabilità previsto dall’articolo 340 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Le banche centrali nazionali sono responsabili conformemente alle rispettive legislazioni nazionali».

3.   Regolamento n. 3603/93

15.

L’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 3603/93 ( 7 ) definisce la nozione di «altra forma di facilitazione creditizia» di cui all’articolo 123 TFUE come «qualsiasi finanziamento di obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi».

4.   Direttiva 2001/24

16.

La direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi (in prosieguo: la «direttiva 2001/24») ( 8 ), si applica, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, «agli enti creditizi e alle loro succursali istituite in uno Stato membro diverso da quello della sede legale – definiti a norma dell’articolo 1, primo e terzo punto, della direttiva 2000/12/CE [ ( 9 )] – tenendo conto delle condizioni ed esenzioni previste dall’articolo 2, paragrafo 3, della stessa direttiva».

17.

Ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2001/24, possono essere «autorità competenti» ai sensi di questa stessa direttiva sia le autorità contemplate dall’articolo 4, paragrafo 1, punto 40, del regolamento n. 575/2013 ( 10 ), sia le autorità di risoluzione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, punto 18, della direttiva BRRD ( 11 ).

18.

L’articolo 33 della direttiva 2001/24 dispone quanto segue:

«Tutte le persone chiamate a ricevere o a fornire informazioni nel quadro delle procedure di informazione o di consultazione di cui agli articoli 4, 5, 8, 9, 11 e 19 sono tenute al segreto d’ufficio, secondo le disposizioni e le condizioni di cui all’articolo 30 della direttiva 2000/12/CE [ ( 12 )], tranne le autorità giudiziarie, alle quali si applicano le disposizioni nazionali vigenti».

19.

Le procedure previste negli articoli 4, 5, 8, 9, 11 e 19 riguardano la trasmissione di informazioni e la consultazione delle autorità di altri Stati membri o di Stati terzi nei quali si trova la succursale di un ente creditizio il quale sia sottoposto ad una procedura di risanamento o di risoluzione nello Stato membro in cui esso ha la propria sede legale.

5.   Direttiva 2006/48 (CRD III)

20.

La direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (in prosieguo: la «direttiva 2006/48») ( 13 ), disciplinava, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, «l’accesso all’attività degli enti creditizi ed il suo esercizio, nonché la vigilanza prudenziale su detti enti».

21.

Ai fini di questa direttiva, per «autorità competenti» si intendono, ai sensi del suo articolo 4, paragrafo 4, «le autorità nazionali abilitate, in forza di legge o regolamento, all’esercizio della vigilanza sugli enti creditizi».

22.

L’articolo 44 di detta direttiva prevedeva, quale prima disposizione contenuta nella sezione intitolata «Scambio di informazioni e segreto d’ufficio», quanto segue:

«1.   Gli Stati membri impongono a tutte le persone che esercitano o hanno esercitato un’attività per conto delle autorità competenti, nonché ai revisori o esperti incaricati dalle autorità competenti, l’obbligo di rispettare il segreto d’ufficio.

Nessuna informazione riservata ricevuta da tali persone nell’esercizio delle loro funzioni può in alcun modo essere divulgata ad altre persone o autorità, se non in forma sommaria o globale, cosicché non si possano individuare i singoli enti creditizi, salvo che nei casi rilevanti per il diritto penale.

Tuttavia, nei casi concernenti un ente creditizio dichiarato fallito o soggetto a liquidazione coatta ordinata da un tribunale, le informazioni riservate che non riguardino i terzi partecipanti ai tentativi di salvataggio possono essere divulgate nell’ambito di procedimenti civili o commerciali.

2.   Il paragrafo 1 non osta al fatto che le autorità competenti dei vari Stati membri procedano agli scambi di informazioni previsti dalla presente direttiva nonché da altre direttive applicabili agli enti creditizi. Tali informazioni sono coperte dal segreto d’ufficio di cui al paragrafo 1».

23.

L’articolo 158 della direttiva 2006/48 disponeva:

«1.   La direttiva 2000/12/CE, come modificata dalle direttive che figurano all’allegato XIII, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle stesse direttive, che figurano all’allegato XIII, parte B.

2.   I riferimenti alle direttive abrogate si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza che figura all’allegato XIV».

6.   Direttiva 2013/36 (CRD IV)

24.

La direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (in prosieguo: la «direttiva 2013/36») ( 14 ), disciplina, ai sensi del suo articolo 1, l’accesso all’attività degli enti creditizi, nonché i poteri e gli strumenti di vigilanza per la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi.

25.

L’articolo 3, paragrafo 1, punto 36, della direttiva 2013/36 rinvia, per la definizione di «autorità competente», all’articolo 4, paragrafo 1, punto 40, del regolamento n. 575/2013 ( 15 ).

26.

L’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2013/36 recita:

«Gli Stati membri assicurano che le funzioni di vigilanza a norma della presente direttiva e del regolamento (UE) n. 575/2013 ed eventuali altre funzioni delle autorità competenti siano separate e indipendenti dalle funzioni connesse alla risoluzione. Essi ne informano la Commissione e l’ABE, indicando l’eventuale ripartizione delle funzioni stesse».

27.

L’articolo 53, paragrafo 1, di detta direttiva contiene una disciplina in materia di obbligo di riservatezza sostanzialmente identica a quella dettata dall’articolo 44, paragrafo 1, della direttiva 2006/48. Il paragrafo 3 di detto articolo 53 così dispone:

«Il paragrafo 1 non osta a che le autorità competenti pubblichino i risultati delle prove di stress realizzate conformemente all’articolo 100 della presente direttiva o all’articolo 32 del regolamento (UE) n. 1093/2010 [ ( 16 )] o trasmettano i risultati delle prove di stress all’ABE a fini di pubblicazione da parte dell’ABE di prove di stress relative a tutta l’Unione».

28.

L’articolo 59, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 ha il seguente tenore:

«In deroga all’articolo 53, paragrafo 1, e all’articolo 54, gli Stati membri possono autorizzare, in base a disposizioni del diritto nazionale, la comunicazione di alcune informazioni ad altri servizi delle loro amministrazioni centrali responsabili per la normativa in materia di vigilanza sugli enti, sugli enti finanziari e sulle imprese di assicurazione, nonché agli ispettori incaricati da detti servizi.

Tuttavia, tali comunicazioni possono essere effettuate solo quando ciò risulti necessario per motivi di vigilanza prudenziale, prevenzione e risoluzione degli enti in dissesto. Fatto salvo il paragrafo 2 del presente articolo, le persone che hanno accesso alle informazioni sono soggette a obblighi di segreto professionale almeno equivalenti a quelli di cui all’articolo 53, paragrafo 1.

(…)».

29.

La direttiva 2013/36 ha abrogato, ai sensi del suo articolo 163, le direttive 2006/48 e 2006/49 con effetto al 1o gennaio 2014.

B. Diritto sloveno

1.   ZBan‑1

30.

Lo Zakon o bančništvu (legge sul sistema bancario; in prosieguo: lo «ZBan‑1») stabilisce, all’articolo 253a, che la Banka Slovenjie, in veste di autorità di risoluzione, può ordinare la conversione o la cancellazione di debenze qualificate di un ente creditizio in difficoltà, qualora ciò sia necessario nell’interesse pubblico per impedire l’insolvenza di tale ente e dunque per garantire la stabilità del sistema finanziario nel suo insieme.

31.

Nell’articolo 261a, paragrafo 5, dello ZBan-1 viene sancito il cosiddetto principio del «no creditor worse off» (in prosieguo: il «principio NCWO»), in virtù del quale i detentori di partecipazioni o i creditori non possono essere posti, per effetto di una misura adottata ai sensi dell’articolo 253a dello ZBan‑1, in una situazione peggiore di quella in cui essi si sarebbero trovati in caso di insolvenza dell’ente creditizio interessato.

32.

Ai sensi dell’articolo 350a, paragrafo 1, dello ZBan-1, i detentori di partecipazioni e i creditori di un ente creditizio possono, in presenza dei presupposti di cui all’articolo 223a dello ZBan‑1, pretendere dalla Banka Slovenije il risarcimento dei danni che essi abbiano subito per effetto di una misura di risoluzione o di risanamento ordinata da tale banca. L’articolo 223a stabilisce che deve ritenersi esistente un comportamento contrario a diligenza della Banka Slovenije qualora quest’ultima o le persone il cui comportamento sia ad essa imputabile non potessero, al momento dell’adozione della decisione suddetta, sulla scorta dei fatti e delle circostanze di cui esse erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza, fondatamente presumere la conformità della decisione in questione ai presupposti di legge.

2.   ZPSVIKOB

a)   Norme sul risarcimento a favore dei titolari di strumenti finanziari cancellati o convertiti

33.

Lo Zakon o postopku sodnega in izvensodnega varstva nekdanjih imetnikov kvalificiranih obveznosti bank (legge sulle procedure di tutela giudiziale e stragiudiziale di ex titolari di debenze bancarie qualificate; in prosieguo: lo «ZPSVIKOB») contiene norme in materia di soddisfacimento di diritti di risarcimento che gli investitori di un ente creditizio possono far valere, ai sensi dell’articolo 350a, paragrafo 1, dello ZBan‑1, a causa delle misure di risanamento e di risoluzione disposte dalla Banka Slovenije negli anni 2013 e 2014.

34.

A norma dell’articolo 31 dello ZPSVIKOB, un siffatto diritto al risarcimento sussiste nel caso in cui la Banka Slovenije non possa dimostrare che la misura era necessaria nell’interesse pubblico ai sensi dell’articolo 253a dello ZBan‑1 o che il principio NCWO sancito dall’articolo 261a, paragrafo 5, è stato rispettato.

35.

Oltre a ciò, lo ZPSVIKOB prevede, nei suoi articoli da 4 a 7, una possibilità di risarcimento forfettario esclusivamente per determinati piccoli investitori di un ente creditizio, i cui strumenti finanziari siano stati cancellati o convertiti. In base a queste norme, gli investitori il cui reddito lordo annuale non superi un determinato importo ( 17 ) possono chiedere un risarcimento nella misura dell’80% del valore nominale dei loro strumenti finanziari (fino a un massimo di EUR 20000), senza dover dimostrare che essi avrebbero ricevuto questa somma in caso di insolvenza dell’ente creditizio interessato. È esclusa la possibilità di ottenere in aggiunta un risarcimento per un ammontare pari al valore di insolvenza sulla base dell’articolo 350a dello ZBan‑1, letto in combinato disposto con l’articolo 261a di questa stessa legge.

36.

Per quanto riguarda il finanziamento dei due tipi di risarcimento, l’articolo 40 dello ZPSVIKOB prevede anzitutto che la Banka Slovenije costituisca a questo scopo delle riserve speciali. Queste vengono alimentate mediante gli utili (definiti come l’eccedenza delle entrate sulle spese) conseguiti dalla Banka Slovenije a partire dal 1o gennaio 2019, utili che di norma, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, dello Zakon o Banki Slovenije (legge sulla Banka Slovenije; in prosieguo: lo «ZBS‑1»), vengono destinati nella misura del 25% al bilancio dello Stato sloveno e nella misura del 75% alla costituzione delle riserve generali.

37.

Qualora l’importo dei pagamenti a titolo di risarcimento ecceda l’importo delle riserve speciali così costituite, è possibile, ai sensi dello ZPSVIKOB, ricorrere per il finanziamento alle riserve generali della Banka Slovenije costituite fino al 1o gennaio 2019. Tuttavia, a tali riserve generali è possibile attingere soltanto fino ad un massimo del 50%.

38.

Per la copertura dell’eventuale importo ancora mancante, lo ZPSVIKOB prevede da ultimo la possibilità della concessione di un prestito ponte da parte dello Stato sloveno alla Banka Slovenije. Il rimborso di tale prestito avviene a sua volta mediante futuri utili della Banka Slovenije, cosicché questi ultimi, fino al completo rimborso, non possono, contrariamente a quanto disposto dalla ZBS‑1, essere utilizzati per la costituzione delle riserve generali.

b)   Norme disciplinanti la pubblicazione e l’accesso a documenti

39.

Gli articoli 10 e 22 dello ZPSVIKOB prevedono che la Banka Slovenije sia tenuta a pubblicare, in forma sintetica sulla propria pagina Internet, determinati documenti ovvero a consentire ai potenziali ricorrenti in una causa per risarcimento danni o ai loro consulenti di accedere a tali documenti in uno spazio dati virtuale. Quanto a questi documenti, si tratta in particolare dei risultati delle prove di stress che siano state effettuate presso un ente creditizio sottoposto a risoluzione, delle relazioni sulla qualità degli attivi di un siffatto ente creditizio (Asset Quality Review; in prosieguo: le «relazioni sulla AQR»), nonché della valutazione dei valori patrimoniali assunti a base della decisione di risoluzione.

III. Situazione di fatto e procedimento principale

40.

Nel procedimento principale, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) è chiamato a decidere sull’istanza presentata dalla Banka Slovenije per l’esame incidentale della costituzionalità di alcune norme dello ZPSVIKOB e dello ZBan‑1.

41.

Tali atti legislativi disciplinano i presupposti sostanziali e le condizioni processuali applicabili in materia di responsabilità e di diritti di risarcimento che possono essere fatti valere dai detentori di partecipazioni e dai creditori di enti creditizi, i cui strumenti finanziari siano stati oggetto di misure di conversione o cancellazione disposte negli anni 2013 e 2014 dalla Banka Slovenije nella sua veste di autorità di risoluzione. Dette norme prevedono, da un lato, un risarcimento nel caso in cui tali misure configurino una violazione del principio NCWO e, dall’altro, un risarcimento forfettario a favore di determinati piccoli investitori. Il soggetto tenuto al pagamento di tali risarcimenti è, in forza dello ZPSVIKOB, la Banka Slovenije.

42.

Quest’ultima legge contiene, inoltre, norme in materia di pubblicazione e accesso a documenti – in particolare alle prove di stress, alle relazioni sulla AQR e alle valutazioni dei valori patrimoniali e delle debenze degli enti creditizi interessati –, le quali mirano a facilitare la prova dei presupposti per ottenere il risarcimento.

43.

Il legislatore ha emanato lo ZPSVIKOB alla fine del 2019 sulla scia di una precedente sentenza dell’Ustavno sodišče. In tale sentenza il giudice costituzionale sloveno aveva considerato insufficienti e dunque incostituzionali, nella vigenza della normativa slovena precedente, le possibilità di risarcimento nonché le condizioni processuali previste per azionare i relativi diritti.

44.

Nelle norme che disciplinano il suo obbligo di risarcimento nei confronti dei titolari di strumenti finanziari cancellati o convertiti la Banka Slovenije ravvisa, tra l’altro, una violazione del divieto di finanziamento monetario degli Stati enunciato dall’articolo 123 TFUE, nonché del principio dell’indipendenza finanziaria delle banche centrali previsto dall’articolo 130 TFUE. Infatti, il risarcimento a favore di detentori di partecipazioni o di creditori di enti creditizi in dissesto, che nel pubblico interesse siano stati espropriati o pregiudicati nei loro diritti di proprietà, sarebbe un obbligo oggettivo dello Stato. Quest’ultimo non potrebbe trasferire in capo ad una BCN la risoluzione di enti creditizi in dissesto, che inevitabilmente accompagna simili menomazioni di diritti, senza prevedere un corrispondente finanziamento. Secondo l’Ustavno sodišče, il finanziamento previsto dallo ZPSVIKOB per il pagamento dei risarcimenti avrebbe come risultato che le riserve generali della Banka Slovenije verrebbero aggredite in un modo per cui verrebbe messo a rischio l’adempimento dei compiti affidati a tale banca centrale dal diritto dell’Unione nel quadro del SEBC.

45.

A parere del governo sloveno, non sussiste alcuna violazione dell’articolo 123 TFUE, dal momento che i risarcimenti verrebbero pagati ricorrendo prioritariamente agli utili conseguiti dalla Banka Slovenije, una parte dei quali verrebbe comunque, nella normalità dei casi, trasferita al bilancio statale. Inoltre, l’entità minima stabilita delle riserve generali, sotto la quale l’obbligo di risarcimento non potrebbe portare a scendere, rappresenterebbe una misura cautelativa sufficiente contro i rischi per l’indipendenza finanziaria della Banka Slovenije. Nel caso in cui si dovesse scendere al di sotto di questa soglia minima, un prestito ponte da parte dello Stato sloveno potrebbe intervenire per rimediare.

46.

Per quanto riguarda la pubblicazione e l’accesso a determinati documenti redatti in connessione con le misure di risoluzione o assunti quali fondamento delle stesse, la Banka Slovenije sostiene la tesi secondo cui ciò rappresenta una violazione degli obblighi di segretezza imposti dalle direttive 2006/48 e 2013/36. Inoltre, la conoscenza del contenuto di questi documenti non sarebbe necessaria ai fini di un efficace azionamento dei diritti da parte dei detentori di partecipazioni e dei creditori interessati. Dal punto di vista del governo sloveno, le norme in discussione contenute in tali direttive non sarebbero invece applicabili né ratione temporis né ratione materiae nel procedimento principale.

IV. Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

47.

Alla luce delle suesposte considerazioni, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

Se l’articolo 123 TFUE e l’articolo 21 del Protocollo n. 4 [sullo Statuto del SEBC e della BCE] debbano essere interpretati nel senso che essi vietano che una [BCN] membro del SEBC abbia una responsabilità risarcitoria, da soddisfare con risorse proprie, nei confronti degli ex titolari di strumenti finanziari cancellati, la cancellazione dei quali sia stata da essa decisa nell’esercizio della propria competenza, conferitale dalla legge, ad adottare misure straordinarie nell’interesse pubblico al fine di prevenire minacce alla stabilità del sistema finanziario, nel caso in cui, nell’ambito di successivi procedimenti giurisdizionali, risulti che, nel quadro di tale cancellazione di strumenti finanziari, non è stato rispettato il principio secondo cui nessun titolare di uno strumento finanziario deve trovarsi, a causa di una misura straordinaria, in una situazione peggiore di quella in cui egli si sarebbe trovato se tale misura non fosse venuta in essere, là dove, in tale contesto, la BCN sia responsabile: (1) per il danno che sarebbe stato possibile prevedere sulla base dei fatti e delle circostanze quali si presentavano al tempo della decisione della banca centrale e di cui quest’ultima era consapevole o avrebbe dovuto essere consapevole, e (2) per il danno che sia conseguenza del comportamento di persone, le quali abbiano agito nell’esercizio di tali competenze della banca centrale su incarico di quest’ultima, e che però in tale contesto, considerati i fatti e le circostanze di cui esse avevano conoscenza o avrebbero dovuto avere conoscenza in conformità ai poteri ricevuti, non abbiano agito con la diligenza di una persona esperta e avveduta.

2)

Se l’articolo 123 TFUE e l’articolo 21 del Protocollo n. 4 [sullo Statuto del SEBC e della BCE] debbano essere interpretati nel senso che essi vietano che una [BCN] membro del SEBC versi, con risorse proprie, speciali compensazioni monetarie ad una parte degli ex titolari di strumenti finanziari cancellati (secondo il criterio della situazione patrimoniale) a causa di cancellazioni di strumenti che siano state decise dalla banca suddetta nell’esercizio della propria competenza, conferitale per legge, ad adottare misure straordinarie nell’interesse pubblico al fine di prevenire minacce alla stabilità del sistema finanziario, là dove in tale contesto per la legittimazione a ricevere la compensazione sia sufficiente che lo strumento finanziario sia stato cancellato, senza che rilevi la questione se sia stato violato o no il principio secondo cui nessun titolare di uno strumento finanziario deve trovarsi, a causa di una misura straordinaria, in una situazione peggiore di quella in cui egli si sarebbe trovato se tale misura non fosse venuta in essere.

3)

Se l’articolo 130 TFUE e l’articolo 7 del Protocollo n. 4 [sullo Statuto del SEBC e della BCE] debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che ad una [BCN] venga imposto di pagare dei risarcimenti per il danno sorto quale conseguenza dell’esercizio delle sue competenze di legge, per un ammontare tale da poter pregiudicare la capacità della banca suddetta di assolvere efficacemente i propri compiti. Se, al riguardo, per concludere che è stato violato il principio dell’indipendenza finanziaria della banca centrale nazionale, assumano rilievo i presupposti di legge in presenza dei quali viene addossata la suddetta responsabilità.

4)

Se gli articoli da 53 a 62 della direttiva [2013/36] ovvero gli articoli da 44 a 52 della direttiva [2006/48], i quali tutelano la riservatezza delle informazioni riservate ricevute o venute in essere nell’ambito della vigilanza prudenziale sulle banche, debbano essere interpretati nel senso che queste due direttive tutelano anche la riservatezza delle informazioni che siano state ricevute o siano venute in essere nell’ambito dell’attuazione di misure che erano destinate al salvataggio di banche al fine di garantire la stabilità del sistema finanziario, nel momento in cui i rischi per la solvibilità e la liquidità delle banche non potevano essere eliminati con le usuali misure di vigilanza prudenziale, e tuttavia tali misure siano state considerate quali misure di risanamento ai sensi della direttiva [2001/24].

5)

In caso di risposta affermativa alla [quarta] questione (…), se gli articoli da 53 a 62 della direttiva [2013/36] ovvero gli articoli da 44 a 52 della direttiva [2006/48], in materia di tutela delle informazioni riservate ricevute o venute in essere nell’ambito della vigilanza prudenziale, debbano essere interpretati nel senso che, ai fini della tutela da essi offerta, assume rilievo la direttiva [2013/36], successiva nel tempo, anche quando si tratti di informazioni riservate ricevute o venute in essere nel periodo di applicazione della direttiva [2006/48], qualora tali informazioni dovessero essere state divulgate nel periodo di applicazione della direttiva [2013/36].

6)

In caso di risposta affermativa alla [quarta] questione (…), se l’articolo 53, paragrafo 1, primo comma, della direttiva [2013/36] (e l’articolo 44, paragrafo 1, primo comma, della direttiva [2006/48], a seconda della risposta fornita alla precedente questione) debba essere interpretato nel senso che non sono più informazioni riservate, per le quali vale l’obbligo di rispetto del segreto professionale, le informazioni di cui una banca centrale nazionale disponga in quanto organo di vigilanza e che siano divenute pubbliche in un determinato momento successivo a quello in cui sono venute in essere, ovvero le informazioni che potrebbero costituire un segreto professionale ma che risalgono a cinque o più anni addietro e delle quali pertanto si ritiene, in via di principio, che, in virtù del decorso del tempo, costituiscano informazioni storiche ed abbiano così perduto il loro carattere riservato. Se, nel caso di informazioni storiche risalenti a cinque o più anni addietro, il mantenimento dello status di riservatezza dipenda dalla questione se la riservatezza possa essere giustificata in virtù di motivi diversi dalla situazione commerciale delle banche sottoposte a vigilanza o di altre imprese.

7)

In caso di risposta affermativa alla [quarta] questione (…), se l’articolo 53, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva [2013/36] (e l’articolo 44, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2006/48, a seconda della risposta fornita alla [quinta questione]) debba essere interpretato nel senso che esso autorizza che i documenti riservati, non riguardanti soggetti terzi che abbiano tentato di effettuare il salvataggio di un ente creditizio, e giuridicamente rilevanti ai fini della decisione del giudice nell’ambito del giudizio civile risarcitorio instaurato nei confronti dell’organo competente per la vigilanza prudenziale, vengano automaticamente divulgati, ancor prima dell’inizio del procedimento giurisdizionale, a tutti i potenziali attori in giudizio e ai loro mandatari, senza che venga instaurato uno specifico procedimento per decidere sulla legittimità della divulgazione di ogni singolo documento ad ogni singolo soggetto legittimato e senza che venga effettuata una ponderazione degli interessi in gioco in ciascun caso concreto, e ciò persino nel caso in cui si tratti di informazioni relative ad enti creditizi che non si trovano in stato di fallimento o di liquidazione coatta ma che hanno anzi beneficiato dell’aiuto dello Stato nel procedimento nel quale sono stati cancellati strumenti finanziari di azionisti e di creditori subordinati degli enti creditizi.

8)

In caso di risposta affermativa alla [quarta] questione (…), se l’articolo 53, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva [2013/36] (e l’articolo 44, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/48, a seconda della risposta alla [quinta questione]) debba essere interpretato nel senso che esso consente di pubblicare su Internet in modo accessibile a tutti documenti riservati ovvero sintesi di tali documenti, non riguardanti soggetti terzi che abbiano tentato di effettuare il salvataggio di un ente creditizio, e giuridicamente rilevanti ai fini della decisione del giudice nell’ambito del giudizio civile risarcitorio instaurato nei confronti dell’organo competente per la vigilanza prudenziale, nel caso in cui si tratti di informazioni relative ad enti creditizi che non si trovano in stato di fallimento o di liquidazione coatta ma che hanno anzi beneficiato dell’aiuto dello Stato nel procedimento nel quale sono stati cancellati strumenti finanziari di azionisti e di creditori subordinati degli enti creditizi, laddove però sia prescritto che, nell’ambito della pubblicazione su Internet in questione, vengano occultate tutte le informazioni riservate.

48.

Osservazioni scritte in merito a tali questioni sono state presentate, nel procedimento dinanzi alla Corte, dalla Banka Slovenije, dal governo sloveno, dalla BCE e dalla Commissione europea. Tali soggetti hanno presenziato tramite propri rappresentanti anche all’udienza svoltasi il 18 gennaio 2022.

V. Valutazione giuridica

49.

Con la sua prima e la sua seconda questione pregiudiziale, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) desidera anzitutto sapere se il regime risarcitorio previsto dallo ZPSVIKOB e dallo ZBan‑1 violi il divieto di finanziamento monetario degli Stati enunciato dall’articolo 123 TFUE. La terza questione pregiudiziale riguarda poi l’ammissibilità di tale regime in riferimento al principio dell’indipendenza delle banche centrali stabilito dall’articolo 130 TFUE e dall’articolo 7 dello Statuto del SEBC e della BCE. Infine, con le questioni quarta, quinta, sesta, settima e ottava si intende appurare se l’obbligo previsto dallo ZPSVIKOB di pubblicare ovvero di rendere accessibili determinati documenti sia compatibile con le direttive 2006/48 e 2013/36.

50.

La prima, la seconda e la terza questione pregiudiziale devono essere considerate connesse dal punto di vista sostanziale. Infatti, il divieto di finanziamento monetario degli Stati è strettamente collegato con il principio dell’indipendenza delle banche centrali e si combina con questo in vari modi.

51.

Alla luce di tali circostanze, nella prima parte di queste conclusioni verranno esaminate congiuntamente le prime tre questioni pregiudiziali (sezione A), e in tale contesto verrà esaminato per primo il principio dell’indipendenza e successivamente il divieto di finanziamento monetario degli Stati. Nella seconda parte passerò poi ad esaminare le questioni pregiudiziali quarta, quinta, sesta, settima e ottava (sezione B).

A. Sulla prima, sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale

1.   Sulla violazione del principio dell’indipendenza del SEBC enunciato dall’articolo 130 TFUE (terza questione pregiudiziale)

52.

Con la sua terza questione pregiudiziale, che va esaminata per prima, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) desidera sapere, in sostanza, se il meccanismo di finanziamento previsto dall’articolo 40 dello ZPSVIKOB per il pagamento dei risarcimenti possa pregiudicare l’indipendenza delle banche centrali.

53.

Più in particolare, l’articolo 40 dello ZPSVIKOB prevede, in primo luogo, che tutti gli utili conseguiti a partire dal 1o gennaio 2019 fino alla decisione giudiziale sui pagamenti a titolo di risarcimento vengano utilizzati per la costituzione delle riserve speciali. In questo modo, da un lato, durante questo periodo lo Stato sloveno rinuncia alla propria quota di utili prevista dall’articolo 50, paragrafo 1, dello ZBS‑1 (ossia fino al 25%), mentre, dall’altro lato, gli utili restanti fino a questa data non vengono utilizzati per la costituzione di riserve generali. In secondo luogo, le riserve generali costituite fino al 1o gennaio 2019 vengono parimenti utilizzate, fino ad una misura massima del 50%, per il finanziamento del pagamento dei risarcimenti, qualora le riserve speciali costituite fino alla decisione giurisdizionale non fossero sufficienti. In terzo luogo, l’eventuale importo rimanente viene finanziato dallo Stato sloveno mediante un prestito ponte. La restituzione del relativo importo viene effettuata utilizzando gli utili successivamente conseguiti dalla Banka Slovenije, i quali anch’essi non possono essere utilizzati per la costituzione di riserve generali fintantoché il prestito non sia stato rimborsato ( 18 ).

54.

Il principio dell’indipendenza, enunciato all’articolo 130 TFUE e ribadito nell’articolo 7 dello Statuto del SEBC e della BCE, vieta alla BCE nonché alle BCN nonché ai membri dei loro organi decisionali di sollecitare o accettare istruzioni provenienti, tra l’altro, dai governi degli Stati membri, e vieta espressamente a tali governi di cercare di influenzare i membri degli organi decisionali delle BCN nell’assolvimento dei loro compiti.

55.

La Corte ha evidenziato che la tutela prevista dall’articolo 130 TFUE a favore della BCE dinanzi ad influenze esterne nell’attuazione della sua politica monetaria viene garantita, tra l’altro, prevedendo che la BCE disponga di risorse proprie e di un proprio bilancio ( 19 ). A questo proposito, si evince anche dalle circostanze che hanno portato all’adozione di tale norma che l’indipendenza non si esplica soltanto a livello funzionale, istituzionale e personale, bensì presenta anche una dimensione finanziaria ( 20 ).

56.

Tale correlazione è evidente: se una banca centrale dipende dalla messa a disposizione di risorse finanziarie da parte di un governo, sussiste naturalmente il pericolo che tale sostegno sia agganciato esplicitamente o implicitamente a determinate condizioni riguardanti la politica monetaria di tale banca centrale, con conseguente pericolo per la sua indipendenza ( 21 ).

57.

I redattori dei testi dei Trattati avevano ben in mente questo pericolo. Per tale motivo venne proclamato, all’articolo 282, paragrafo 3, TFUE, che la BCE dispone di un proprio bilancio. Quest’ultimo non viene alimentato con risorse dell’Unione. Piuttosto, gli articoli da 28 a 33 dello Statuto del SEBC e della BCE dettano norme disciplinanti il capitale proprio, le riserve valutarie e gli utili della BCE, le quali garantiscono che quest’ultima possa finanziare da sola le proprie attività e dunque non dipenda finanziariamente né dalle istituzioni dell’Unione, né dai governi degli Stati membri. Ai sensi dell’articolo 28.2 dello Statuto del SEBC e della BCE, il capitale della BCE non è detenuto dagli Stati membri, bensì dalle BCN. Il capitale versato dalle BCN può essere aumentato dalla BCE mediante propria delibera (v. articolo 28.1. dello Statuto). Anche nel caso in cui si verifichino delle perdite, la BCE non dipende da altri soggetti pubblici (v., in particolare, articolo 33.2. dello Statuto).

58.

L’indipendenza della BCE e delle BCN non è fine a sé stessa, bensì mira a garantire che esse possano adempiere ai propri compiti in modo regolare ed efficace, e dunque a garantire la funzionalità del SEBC ( 22 ).

59.

Pertanto, ad avviso della BCE, l’articolo 130 TFUE implica che le BCN devono essere in condizione, anche in virtù della loro dotazione finanziaria, di adempiere in piena indipendenza, nel quadro del SEBC, i compiti e gli obblighi ad esse assegnati dal diritto dell’Unione.

a)   Necessità di una sufficiente dotazione finanziaria delle BCN ai fini dell’adempimento di determinati obblighi nel quadro del SEBC

60.

In questo contesto la BCE sottolinea in particolare l’obbligo delle BCN, ai sensi dell’articolo 28.2. dello Statuto del SEBC e della BCE, di contribuire ad un eventuale aumento del capitale della BCE. Anche il giudice del rinvio sembra partire dal presupposto che l’utilizzazione di tutti gli utili futuri della Banka Slovenije e del 50% delle sue riserve generali ai fini del finanziamento dei pagamenti a titolo di risarcimento potrebbe portare come conseguenza che detta banca non disponga più dei mezzi necessari per far fronte all’obbligo suddetto.

61.

Tuttavia, in pratica, gli aumenti di capitale vengono effettuati tramite un bonifico TARGET e non con reali risorse proprie delle BCN ( 23 ). Questo sistema (l’abbreviazione TARGET sta per Trans‑European Automated Real‑time Gross settlement Express Transfer System) costituisce un meccanismo per la realizzazione di pagamenti senza trasferimento di denaro liquido tra le banche centrali (e le banche commerciali) dell’Eurosistema. Volendo semplificare, tale sistema si fonda su conti che sono detenuti dalle BCN dell’Eurosistema presso la BCE. Per effetto di ogni trasferimento bancario transfrontaliero, lo stato del conto della BCN di un determinato Stato membro presso la BCE sale o scende a seconda che una banca commerciale del relativo Stato membro sia beneficiaria o autrice di tale trasferimento. Tuttavia, diversamente dal caso delle banche commerciali, al termine di un giorno di esercizio i conti delle BCN dell’Eurosistema non devono essere compensati. Pertanto, alla fine di una giornata, può sorgere una debenza di una BCN nei confronti della BCE.

62.

Nel caso di un aumento di capitale ciò significa che, anche qualora nel sistema TARGET risulti già una situazione debitoria di una BCN nei confronti della BCE, questa viene semplicemente aumentata per effetto del corrispondente bonifico finalizzato all’aumento di capitale. Ma la BCN non deve effettivamente apportare o compensare tale importo facendo ricorso a risorse proprie – ad esempio ai propri utili. Di conseguenza, facendo ricorso agli utili di una BCN per finalità quale quella controversa nel procedimento principale, in pratica non viene pregiudicata la capacità di detta banca centrale di adempiere al proprio obbligo di partecipazione all’aumento di capitale della BCE di cui all’articolo 28.2. dello Statuto del SEBC e della BCE ( 24 ). Di fatto, l’importo necessario per l’aumento di capitale viene in essere tramite creazione monetaria.

63.

Invero, il debito TARGET così eventualmente venuto in essere figura nella parte passiva del bilancio della BCN interessata. Tuttavia, al tempo stesso, viene iscritto all’attivo un aumento di valore in misura pari alla crescita, per un identico importo, della partecipazione della BCN interessata nella BCE ( 25 ). Dunque, si realizza soltanto un «allungamento del bilancio». Nel caso in cui la BCN interessata disponga di una posizione TARGET in attivo, l’aumento di capitale rappresenta per essa addirittura una mera sostituzione di attivi (attivo TARGET contro partecipazione nella BCE).

64.

Anche l’adempimento degli altri obblighi finanziari delle BCN menzionati dalla BCE – e segnatamente l’obbligo, di cui all’articolo 30.4. dello Statuto del SEBC e della BCE, di versare su richiesta ulteriori riserve valutarie, o quello, di cui all’articolo 33.2. del medesimo Statuto, di coprire le perdite della BCE – non dipende, ad un esame più attento, dal fatto che una BCN disponga di sufficienti risorse proprie.

65.

Da un lato, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non si può desumere che le riserve valutarie della Banka Slovenije potrebbero essere utilizzate ai fini del finanziamento dei pagamenti per i risarcimenti ( 26 ). All’udienza, anche il governo sloveno ha confermato che tale ipotesi non sussiste.

66.

Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 33.2. dello Statuto del SEBC e della BCE, l’obbligo di copertura delle perdite sussiste soltanto in misura pari, al massimo, al reddito monetario distribuibile ( 27 ). Alla fine dell’esercizio annuale, i redditi monetari di tutte le BCN vengono, ai sensi dell’articolo 32.1. dello Statuto, in un primo momento riuniti e poi, in un secondo momento, distribuiti alle BCN secondo un determinato schema di ripartizione, che rispecchia la loro partecipazione nel capitale della BCE (v. articolo 32.5. dello Statuto). Qualora la BCE abbia subito delle perdite, queste vengono prima detratte, ai sensi dell’articolo 32.5. in combinato disposto con l’articolo 33.2. dello Statuto, dai redditi monetari che devono essere distribuiti. Per contro, non sussiste un obbligo delle BCN di coprire le perdite in misura ulteriore rispetto a quanto sopra previsto – ad esempio mediante ricorso alle rispettive risorse proprie ( 28 ).

b)   Necessità di una sufficiente dotazione finanziaria ai fini del mantenimento della credibilità del SEBC e della fiducia nello stesso

67.

A mio avviso, per quanto riguarda l’indipendenza delle BCN il punto decisivo è piuttosto il seguente: per effetto del meccanismo di finanziamento previsto dall’articolo 40 dello ZPSVIKOB, la Banka Slovenije viene interamente privata, per un periodo di vari anni, del potere di decidere in merito all’utilizzazione delle proprie risorse, e dunque della possibilità di mantenere delle riserve nella misura da essa giudicata adeguata.

68.

In tal modo, da una parte, il governo avoca a sé, puramente e semplicemente, un potere decisionale un tempo esercitato dalla BCN in piena indipendenza.

69.

Dall’altra parte, però, ci sono buoni motivi per cui una BCN deve poter decidere autonomamente il livello delle proprie riserve. Tale decisione esprime infatti la valutazione del rischio effettuata dalla BCN in ordine alle proprie operazioni di politica monetaria.

70.

Le riserve generali rappresentano accantonamenti per i rischi finanziari che sono immancabilmente collegati con tali operazioni ( 29 ). Qualora una banca centrale consideri necessario, per ragioni di politica monetaria, ad esempio vendere dei titoli, per uno scopo che può essere quello di sottrarre liquidità al mercato, essa procederà in tal senso anche quando ciò possa causare delle perdite. Lo stesso vale per le vendite di valute, che in determinate circostanze possono essere necessarie per disciplinare i tassi di cambio, ma che in una situazione di apprezzamento della propria moneta possono essere foriere di perdite. Al tempo stesso, però, una BCN cercherà in simili casi, guardando al futuro, di costituire riserve più elevate per ovviare a tali perdite.

71.

Un livello adeguato di riserve, che possano coprire eventuali perdite derivanti da operazioni di politica monetaria, costituisce dunque prova del fatto che la BCN interessata ha preventivato le conseguenze delle misure da essa adottate e le tiene sotto controllo.

72.

L’articolo 40 dello ZPSVIKOB impedisce però alla Banka Slovenije, per un periodo di vari anni, di costituire nuove riserve e prevede addirittura che quelle attuali possano essere aggredite in una misura che può arrivare fino al 50%. Pertanto, sussiste il rischio che, in caso di insorgenza di perdite correlate ad operazioni di politica monetaria, il capitale netto della banca suddetta divenga inferiore al suo capitale sociale o addirittura diventi negativo.

73.

Questa situazione è problematica per almeno tre motivi.

74.

In primo luogo, essa è pregiudizievole per la funzione di modello che una banca centrale riveste per il settore bancario, il quale si trova per parte sua a dover soddisfare requisiti sempre più rigorosi per quanto riguarda il capitale proprio.

75.

In secondo luogo, la situazione di cui sopra può suscitare nei mercati l’impressione che la BCN abbia valutato erroneamente le conseguenze delle proprie misure di politica monetaria ovvero non le abbia più sotto controllo. In ogni caso, per effetto della norma di cui all’articolo 40 dello ZPSVIKOB la Banka Slovenije perde di fatto il controllo sulla possibilità di assorbire adeguatamente eventuali perdite insorte.

76.

In tali circostanze, la BCE sottolinea giustamente che il fatto di esibire, per un consistente periodo di tempo, un capitale proprio ridotto o addirittura negativo può pregiudicare la credibilità della BCN e la fiducia in essa, e dunque il SEBC nel suo complesso. Nei moderni sistemi monetari basati su moneta «fiat» – ossia i sistemi monetari nei quali la valuta non è ancorata al valore di determinati beni, come ad esempio l’oro – la fiducia nella capacità delle banche centrali di garantire la stabilità dei prezzi mediante l’intervento di misure di politica monetaria controllate ed efficaci è nondimeno essenziale.

77.

La BCE fa dunque concreto riferimento alla correlazione che può essere istituita tra una situazione di debolezza del capitale proprio di una banca centrale e la sua capacità di perseguire lo scopo di garantire la stabilità dei prezzi in modo efficace e in piena indipendenza, ossia tenendo conto unitamente di considerazioni di politica monetaria ( 30 ).

78.

Infatti, qualora una banca centrale, in conseguenza di una misura legislativa che limiti la sua capacità di costituire riserve sufficienti, venga posta in una situazione nella quale essa per un considerevole periodo di tempo presenti un capitale proprio molto ridotto o negativo, potrebbe vedersi costretta a intraprendere operazioni di politica monetaria finalizzate a conseguire dei proventi, al fine di contrastare l’impressione di instabilità e di conservare la fiducia dei mercati. Simili misure innescano spesso tendenze inflattive ( 31 ). Detto in termini plasticamente descrittivi, per effetto di un aumento dell’inflazione aumenterebbe il bisogno di denaro contante nella popolazione, di modo che aumenterebbero anche le entrate della banca centrale derivanti dall’emissione. Tuttavia, ciò si porrebbe in chiaro contrasto con lo scopo prioritario di garantire la stabilità dei prezzi.

79.

In verità, le BCN dell’Eurosistema, quando utilizzano l’insieme dei loro strumenti di politica monetaria, godono di un minore margine di discrezionalità, in quanto le decisioni essenziali vengono dettate dalla BCE. Tuttavia, al più tardi nel momento in cui più Stati membri, attraverso simili discipline legislative, mettessero in pericolo la solidità finanziaria delle loro BCN, la BCE potrebbe trovarsi a sua volta presa nel descritto conflitto di obiettivi tra garanzia della stabilità dei prezzi ed aumento delle entrate per il SEBC. In ogni caso potrebbe sorgere l’impressione che il margine di azione della BCE in materia di politica monetaria venga determinato o limitato per effetto di normative nazionali come l’articolo 40 dello ZPSVIKOB. A questo proposito vi sono elementi empirici che suggeriscono che il grado di fiducia collettiva nella capacità di una banca centrale di garantire la stabilità dei prezzi dipende in larga misura dall’indipendenza percepita della banca centrale stessa ( 32 ).

80.

In caso contrario, non resterebbe come alternativa che sollecitare il governo dello Stato membro in questione ad adottare misure di ricapitalizzazione. Che simili aiuti siano subordinati a condizioni e dunque comportino un rischio di influenza politica sulla politica monetaria, è cosa evidente ( 33 ).

81.

In terzo luogo, per una BCN dell’Eurosistema, un’eventuale insufficienza di risorse proprie potrebbe in casi estremi portare addirittura ad un problema di liquidità. Infatti, le BCN dell’Eurosistema presentano, rispetto ad altre banche centrali, la particolarità che la loro possibilità di emettere denaro ai sensi dell’articolo 128, paragrafo 1, TFUE è limitata, in quanto ogni emissione di euro necessita dell’autorizzazione della BCE. Invero, l’articolo 40 dello ZPSVIKOB prevede, per il finanziamento dei pagamenti a titolo di risarcimento, soltanto l’impiego dell’avanzo delle entrate che rimane dopo la detrazione di tutte le spese. Tuttavia, nel caso in cui le entrate fossero per un lungo periodo di tempo inferiori alle spese e le restanti riserve fossero già esaurite, la Banka Slovenije non potrebbe, a causa dell’articolo 128, paragrafo 1, TFUE, ricorrere senz’altro all’emissione di moneta, ad esempio per coprire le proprie spese di gestione e di amministrazione. Se in un caso siffatto la BCE intervenisse o autorizzasse ulteriore creazione di moneta a questo scopo, ciò sarebbe a sua volta problematico sotto vari profili attinenti alla reputazione.

82.

Pertanto, una disciplina come l’articolo 40 dello ZPSVIKOB è suscettibile di pregiudicare l’indipendenza e dunque l’operatività della BCN.

c)   Conclusione

83.

L’articolo 130 TFUE e l’articolo 7 dello Statuto del SEBC e della BCE devono dunque essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale in materia di utilizzazione degli utili di una BCN, la quale impedisca completamente alla BCN, per un periodo di più anni, di alimentare le proprie riserve generali, e in virtù della quale, inoltre, le riserve già esistenti di tale BCN possano essere utilizzate fino a un determinato importo per il finanziamento di spese pubbliche. Infatti, una normativa del genere comporta il rischio che, nel caso in cui si verifichino delle perdite in correlazione ad operazioni di politica monetaria, il capitale proprio netto di tale BCN, per un lungo periodo di tempo, scenda al di sotto dell’importo del suo capitale sociale o risulti addirittura negativo.

2.   Sul divieto di finanziamento monetario degli Stati enunciato dall’articolo 123 TFUE (prima e seconda questione pregiudiziale)

84.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre ora verificare se nell’obbligo incombente alla Banka Slovenije di risarcire con risorse proprie gli investitori di banche che siano state sottoposte a misure di risoluzione o di risanamento autoritativo sia ravvisabile anche una violazione del divieto di finanziamento monetario degli Stati.

85.

Ai sensi dell’articolo 123 TFUE, «[s]ono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia», da parte della BCE o delle BCN, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), ii), del regolamento n. 3603/93 definisce la «altra forma di facilitazione creditizia» come «qualsiasi finanziamento di obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi».

86.

Alla luce di tale definizione del finanziamento monetario degli Stati, occorre in primo luogo esaminare se i risarcimenti che la Banka Slovenije è tenuta, in forza dello ZBan‑1 e dello ZPSVIKOB, in determinate circostanze, ad erogare ai detentori di partecipazioni e ai creditori di enti creditizi in dissesto costituiscano «obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi» [in proposito vedi infra, sub a)].

87.

In secondo luogo, tenuto conto del fatto che il finanziamento avviene mediante utili della Banka Slovenije che di norma affluirebbero comunque in parte al bilancio dello Stato, occorre stabilire se in ciò sia ravvisabile un «finanziamento» vietato da parte di una BCN, nel senso di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), ii), del regolamento n. 3603/93 [in proposito v. infra, sub b)].

a)   Sulla nozione di «obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi»

88.

Lo ZBan‑1 e lo ZPSVIKOB prevedono due tipi di pagamenti a titolo di risarcimento: in primo luogo, il risarcimento a favore degli investitori di una banca in misura pari al valore di insolvenza dei loro strumenti finanziari, nel caso in cui risulti successivamente che, in sede di conversione o cancellazione di detti strumenti, non è stato rispettato il principio NCWO a causa di una mancanza di diligenza da parte della Banka Slovenije (prima questione) ( 34 ). Ripetiamo: in base a tale principio, nessun investitore può essere posto, per effetto dell’intervento dello Stato consistente nella risoluzione, in una posizione peggiore di quella in cui si sarebbe trovato nel caso in cui si fosse svolta una normale procedura di insolvenza. In altre parole, gli investitori ricorrenti fanno valere, nei procedimenti in materia di risarcimento attualmente pendenti dinanzi ai giudici sloveni, che essi, in caso di insolvenza delle banche sottoposte a risoluzione, avrebbero ricevuto di più di quanto essi hanno ricevuto nell’ambito della risoluzione o del risanamento da parte della Banka Slovenije.

89.

In secondo luogo, è previsto un risarcimento forfettario per investitori a basso reddito che ammonta all’80% del valore nominale degli strumenti finanziari, con un massimale di risarcimento fissato a EUR 20000, indipendentemente dal fatto che tale valore avrebbe o no potuto essere conseguito nell’ambito della procedura di insolvenza (seconda questione) ( 35 ).

90.

In riferimento alla questione se tali obblighi di pagamento costituiscano «obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), ii), del regolamento n. 3603/93, tutti i soggetti intervenuti nel presente procedimento hanno sostenuto – pur arrivando a conclusioni diverse – la tesi secondo cui sarebbe decisivo stabilire se si tratti qui di una responsabilità dipendente oppure indipendente da un elemento di colpevolezza. Infatti, secondo tale tesi, nella misura in cui la responsabilità si ricollega ad una colpa della Banka Slovenije, le obbligazioni che ne nascerebbero sarebbero obbligazioni «proprie» di tale banca e non «obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi».

91.

La responsabilità di una BCN per la violazione di obblighi si determina, ad avviso del governo sloveno, ai sensi dell’articolo 35.3. dello Statuto del SEBC e della BCE, esclusivamente in base al rispettivo diritto nazionale. Per il resto, tale norma e l’articolo 340, terzo comma, TFUE prevedrebbero anche, in riferimento alla BCE, che quest’ultima risponda nei confronti dei terzi per i danni cagionati da essa stessa o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

92.

Secondo la Commissione, ciò varrebbe anche nel caso in cui la responsabilità correlata a colpa sorgesse nell’esercizio di funzioni pubbliche nazionali, in quanto una BCN esercita tali funzioni, ai sensi dell’articolo 14.4. dello Statuto del SEBC e della BCE, «sotto la [propria] piena responsabilità».

93.

La Banka Slovenije e la BCE non hanno esplicitamente contraddetto tale allegazione. Esse hanno però sostenuto la tesi secondo cui gli obblighi di pagamento controversi non corrisponderebbero comunque ad una responsabilità dipendente da colpa, bensì ad una responsabilità oggettiva.

94.

Per quanto riguarda il risarcimento forfettario, tale tesi sembra incontestata. Tuttavia, è del pari incontestato che l’obbligo di risarcimento in base al principio NCWO è ancorato, de lege lata, ad una mancanza di diligenza della Banka Slovenije e dunque ad un elemento di colpevolezza. La Banka Slovenije e la BCE fanno però valere, in sostanza, che l’obbligo di risarcimento in base al principio NCWO discende direttamente dal diritto di proprietà sancito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta e pertanto, anche de lege ferenda, non può essere fatto dipendere da un elemento di colpevolezza. Di conseguenza, si tratterebbe qui in ogni caso di una «obbligazione del settore pubblico nei confronti di terzi» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), ii), del regolamento n. 3603/93.

1) Irrilevanza del fatto che la responsabilità dipenda da un elemento di colpevolezza

95.

Come illustrerò qui di seguito, agli effetti del quesito riguardante la violazione dell’articolo 123 TFUE non è determinante sapere se l’obbligo di pagamento della BCN sia riconducibile oppure no ad una violazione di obblighi propria di questa stessa banca.

96.

Piuttosto, ai fini della qualificazione di un obbligo come obbligo «proprio» della BCN oppure come «obbligazione del settore pubblico» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), ii), del regolamento n. 3603/93, può essere decisivo soltanto stabilire se la responsabilità si ricolleghi all’esercizio delle funzioni di una BCN nell’ambito del SEBC oppure all’esercizio di funzioni pubbliche diverse nel senso di cui all’articolo 14.4. dello Statuto del SEBC e della BCE ( 36 ).

97.

In caso contrario, uno Stato membro potrebbe sottrarsi ai propri obblighi finanziari trasferendo nell’interesse pubblico alla propria BCN funzioni urgentemente necessarie ma particolarmente onerose sotto il profilo dell’impegno e dei costi ( 37 ). Ciò vale per l’appunto per le funzioni che siano collegate con rischi da responsabilità, e in particolare nel caso in cui una responsabilità insorga già per effetto di un difetto di diligenza o in assenza di un elemento di colpevolezza.

98.

In caso di trasferimento di funzioni siffatte a qualsiasi altro soggetto pubblico, lo Stato interverrebbe in definitiva per rispondere di eventuali danni cagionati; nondimeno, in caso di trasferimento ad una BCN, eventuali obbligazioni da ciò scaturenti avrebbero in linea di principio un impatto neutro per le casse dello Stato in ragione della rigorosa separazione tra il bilancio dello Stato e quello della banca centrale ( 38 ). Come già chiarito, i bilanci separati sono un elemento essenziale per garantire l’indipendenza delle banche centrali ( 39 ). Pertanto, l’imposizione di un onere a carico del bilancio della banca centrale non può essere equiparata all’imposizione di un onere a carico delle casse statali.

99.

Nondimeno, l’imposizione di un onere siffatto a carico della propria BCN non è compatibile con la ratio dell’articolo 123 TFUE. Quest’ultimo mira ad impedire qualsivoglia sostegno finanziario da parte del SEBC a beneficio degli Stati membri ( 40 ). Pertanto, il trasferimento di altre funzioni pubbliche ad una BCN senza un corrispondente finanziamento deve essere considerato, in via di principio, come sostegno finanziario a favore dello Stato membro interessato, nel caso in cui a tali funzioni siano tipicamente collegati dei costi che, per effetto del trasferimento, devono ora essere sopportati dalla BCN al posto dello Stato membro.

100.

Nulla di diverso si evince dall’articolo 14.4. dello Statuto del SEBC e della BCE, in virtù del quale le BCN svolgono funzioni nazionali «sotto la [propria] piena responsabilità». Tale norma nulla dice riguardo a chi debba rispondere finanziariamente per una determinata attività, ma si limita a stabilire a chi questa debba essere imputata. Conformemente a ciò, l’articolo 14.4. prosegue affermando espressamente che le funzioni che una BCN svolge sotto la propria piena responsabilità «non sono considerate come facenti parte delle funzioni del SEBC».

2) Finanziamento della risoluzione di enti creditizi quale diversa funzione pubblica nel senso di cui all’articolo 14.4. dello Statuto del SEBC e della BCE

101.

Nel caso del risanamento autoritativo di banche o della risoluzione disposta nei confronti delle stesse non si tratta di una funzione esercitata da una BCN nell’ambito del SEBC, bensì di una diversa funzione pubblica ( 41 ). I compiti del SEBC sono enunciati in forma esaustiva nell’articolo 127 TFUE e consistono in sostanza nell’attuazione della politica monetaria dell’Unione ( 42 ).

102.

Le misure di risoluzione e di risanamento di enti creditizi adottate dalla Banka Slovenije negli anni 2013 e 2014 erano a quel tempo ancora qualificabili persino come funzioni a carattere puramente nazionale, in quanto esse sono state attuate prima dell’armonizzazione delle norme in materia di risoluzione di banche a livello dell’Unione realizzata dal regolamento SRM e dalla direttiva BRRD.

103.

Tuttavia, anche dopo l’istituzione dell’unione bancaria, la risoluzione degli enti creditizi non potrebbe essere qualificata come compito del SEBC. Invero, ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 5, TFUE, il SEBC contribuisce anche ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la stabilità del sistema finanziario.

104.

Tuttavia, ciò non permette di concludere che la risoluzione degli enti creditizi costituisca una funzione del SEBC. Questo si evince già dai termini utilizzati nell’articolo 127, paragrafo 5, TFUE, secondo i quali il SEBC sostiene le «competenti autorità» nell’attuazione di dette politiche e non è competente in prima persona per la loro adozione. A questo proposito, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva BRRD consente invero agli Stati membri, nella vigenza dell’odierna normativa, di designare la propria BCN quale autorità di risoluzione ( 43 ). Tuttavia, tale disposizione stabilisce espressamente che in tal caso alla BCN sono conferiti poteri amministrativi pubblici.

105.

Pertanto, le disposizioni di cui all’articolo 127, paragrafo 5, TFUE e all’articolo 3, paragrafo 3, della BRRD mostrano unicamente che il trasferimento di funzioni siffatte ad una BCN non è in linea di principio incompatibile con le finalità e le funzioni del SEBC (v. articolo 14.4., seconda frase, dello Statuto del SEBC e della BCE). Tuttavia, a seguito del trasferimento della funzione relativa alla risoluzione di banche ad una BCN, tale funzione non diventa una funzione del SEBC. Del resto, a livello dell’Unione, la competenza per la risoluzione delle banche non è della BCE bensì di un’agenzia specificamente costituita a tale scopo, ossia il Comitato di risoluzione unico (Single Resolution Board, abbreviato SRB) ( 44 ).

106.

Di conseguenza, negli anni 2013 e 2014 la Banka Slovenije svolgeva, in veste di autorità di risoluzione, una funzione pubblica diversa nel senso di cui all’articolo 14.4. dello Statuto del SEBC e della BCE. Una funzione siffatta non costituisce una funzione del SEBC e deve pertanto, in via di principio, essere finanziata dagli Stati membri.

107.

Il requisito di un finanziamento sufficiente è importante segnatamente alla luce del fatto che il risanamento o la risoluzione di una banca sono immancabilmente collegati con penetranti ingerenze nei diritti di proprietà dei detentori di partecipazioni e dei creditori della banca stessa. In tal senso, anche la normativa slovena precedente subordinava un’eventuale misura di risanamento con apporto di soldi pubblici alla conversione e svalutazione di pertinenti strumenti finanziari ( 45 ).

108.

Allo stesso tempo, la legge del 2019 prevede ora, da un lato, l’obbligo di risarcimento forfettario a favore di determinati investitori ai sensi degli articoli da 4 a 7 dello ZPSVIKOB. Dall’altro lato, la Banka Slovenije risponde, ai sensi dello ZBan‑1 e dello ZPSVIKOB, per le violazioni del principio NCWO, tenendo presente che per l’insorgere di tale responsabilità è sufficiente una mancanza di diligenza ai sensi dell’articolo 223a dello ZBan‑1. Ai sensi di tale disposizione, sussiste una responsabilità siffatta qualora il danno (ossia, in questo caso, la violazione del principio NCWO) sia una conseguenza della mancata presa in considerazione di fatti e di circostanze di cui la Banka Slovenije era o avrebbe potuto essere a conoscenza al momento della sua decisione.

109.

Tuttavia, una mancanza di diligenza definita in questi termini può presentarsi in modo relativamente rapido in sede di accertamento di una violazione del principio NCWO.

110.

La portata della conversione e svalutazione di strumenti finanziari necessaria viene stabilita prima della decisione sulla risoluzione di un istituto di credito sulla base di una valutazione dei suoi attivi patrimoniali e delle sue passività. Nell’ambito di tale valutazione si cerca anche di stabilire quale valore verrebbe attribuito agli attivi e ai passivi in uno scenario di insolvenza. Tale valutazione deve comunque essere effettuata, nella maggior parte dei casi, in tempi estremamente rapidi – per la risoluzione stessa il più delle volte il tempo a disposizione si riduce ad un fine settimana – e limitandosi ai più importanti attivi e passivi della banca. Pertanto, non è raro che una valutazione effettuata dopo la risoluzione tenendo conto di tutti i dati disponibili giunga alla conclusione che determinati strumenti finanziari avrebbero potuto raggiungere un valore più elevato nello scenario di insolvenza. In questo caso interviene il principio NCWO ( 46 ).

111.

Lo Stato membro deve senz’altro attendersi che una siffatta fattispecie di responsabilità si verifichi. In caso di trasferimento a qualsiasi altro soggetto pubblico, l’onere relativo a tali pagamenti ricadrebbe in definitiva sul bilancio statale. Adesso, la Banka Slovenije, in conseguenza della sua designazione quale autorità di risoluzione, viene messa nella situazione di dover pagare i corrispondenti risarcimenti con risorse proprie. Questa circostanza è ancora più palese nel caso dell’obbligo di corresponsione di un risarcimento forfettario ai sensi degli articoli da 4 a 7 dello ZPSVIKOB.

3) Conclusione intermedia

112.

In considerazione di quanto sopra esposto, entrambi i tipi di pagamento a titolo di risarcimento devono essere considerati quali «obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), ii), del regolamento 3603/93.

4) In subordine: dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non discende alcun obbligo oggettivo di risarcimento con risorse pubbliche incombente allo Stato membro in virtù del principio NCWO

113.

Nel caso in cui la Corte dovesse giungere alla conclusione che, per stabilire se sussista una «obbligazione del settore pubblico nei confronti di terzi», assume rilievo il fatto che la responsabilità della BCN dipenda da un elemento di colpevolezza o sia invece fondata su un obbligo oggettivo, desidero comunque fare presente quanto segue: diversamente da quanto sostenuto dalla BCE, la Corte di giustizia non ha fino ad oggi esplicitamente statuito che l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta esige necessariamente il rispetto del principio NCWO.

114.

Alle spalle del principio NCWO si pone l’idea secondo cui, in caso di (probabile) dissesto di una banca, l’insolvenza di quest’ultima è, in assenza di un intervento dello Stato, l’unica alternativa. In altre parole, in questa situazione agli strumenti di capitale detenuti dai titolari di partecipazioni e dai creditori di tale banca non viene comunque più riconosciuto un valore di mercato più elevato di quello risultante a seguito di insolvenza ( 47 ). Conformemente a ciò, la Corte ha statuito che la conversione o cancellazione di strumenti finanziari di una banca (probabilmente) in dissesto con contemporanea garanzia del principio NCWO non costituisce un’ingerenza ingiustificata nei diritti di proprietà degli investitori interessati ( 48 ).

115.

Da ciò però non si può dedurre, con ragionamento a contrario, che sussista necessariamente un’ingerenza ingiustificata nel caso in cui detto principio non venga rispettato.

116.

Invero, una siffatta grave ingerenza nel diritto di proprietà impone di norma di corrispondere un indennizzo adeguato ( 49 ). Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ( 50 ), ove sussistano motivi di interesse pubblico, anche un risarcimento al di sotto del valore di mercato può, nel singolo caso, essere adeguato ( 51 ). In determinati casi, siffatte considerazioni attinenti all’interesse pubblico potrebbero senz’altro assumere rilievo nell’ambito di una risoluzione di un ente creditizio. Ciò vale in particolare per il fatto che, diversamente, la collettività è chiamata a sopportare tali oneri al posto degli investitori della banca, sebbene soltanto questi ultimi abbiano approfittato degli utili della banca stessa nei periodi di prosperità economica. Inoltre, la capacità di agire degli organi pubblici potrebbe risultare limitata oltre il necessario nel caso in cui essi dovessero in ogni caso risarcire gli investitori di una banca, il cui dissesto potrebbe avere gravi conseguenze per l’economia, corrispondendo importi necessariamente commisurati al valore di insolvenza.

117.

Invero, conformemente a ciò, nel diritto dell’Unione sono state introdotte nel frattempo, vale a dire nella vigenza della nuova disciplina dopo l’istituzione dell’unione bancaria, delle norme secondo cui gli investitori di una banca sottoposta a risoluzione possono pretendere un risarcimento in base al principio NCWO. Tuttavia, tale risarcimento non viene finanziato con soldi pubblici, bensì con risorse del Fondo di risoluzione unico, il quale viene alimentato mediante contributi delle stesse banche commerciali ( 52 ).

118.

Pertanto, in definitiva, dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non discende per uno Stato membro alcun obbligo oggettivo – ossia valevole sempre e indipendentemente da qualsiasi violazione di obblighi – di corrispondere un risarcimento in base al principio NCWO ricorrendo a risorse pubbliche. Di conseguenza, tale risarcimento non costituisce per questo motivo una «obbligazione del settore pubblico nei confronti di terzi».

119.

La qualificazione dei risarcimenti dovuti in base al diritto sloveno come «obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi» è dovuta piuttosto alla circostanza che tali obblighi conseguono unicamente dal trasferimento alla BCN di una diversa funzione pubblica – ossia quella della risoluzione di enti creditizi – senza un corrispondente finanziamento ( 53 ).

b)   Sulla fonte del finanziamento

120.

In una fase successiva si pone però la questione se qualsiasi finanziamento di un obbligo siffatto con risorse di una BCN porti ad una violazione dell’articolo 123 TFUE.

121.

In questo contesto il governo sloveno sembra sostenere la tesi secondo cui soltanto il finanziamento diretto mediante creazione di moneta violerebbe il divieto del finanziamento monetario degli Stati enunciato dall’articolo 123 TFUE. Tuttavia, i pagamenti a titolo di risarcimento vengono finanziati, ai sensi dell’articolo 40 dello ZPSVIKOB, con gli utili della Banka Slovenije (definiti come l’eccedenza delle entrate rispetto alle spese) ( 54 ).

122.

Gli utili di una banca centrale derivano dalle sue operazioni di politica monetaria. Ai sensi dell’articolo 18.1. dello Statuto del SEBC e della BCE, tali operazioni vengono svolte esclusivamente per realizzare le finalità indicate all’articolo 127 TFUE, e dunque prima di tutto per garantire la stabilità dei prezzi. In tale contesto, gli utili possono in particolare derivare dall’emissione di moneta e dai ricavi per interessi su operazioni di rifinanziamento ( 55 ), ma anche da ricavi ottenuti da operazioni su titoli o dallo scambio di valute. Né l’articolo 123 TFUE né il regolamento n. 3603/93 stabiliscono espressamente se l’utilizzazione di queste risorse per scopi di bilancio debba considerarsi o no come finanziamento statale vietato.

123.

Nondimeno, in questo contesto, anche la Commissione ha sottolineato il fatto che una parte degli utili della Banka Slovenije, che quest’ultima utilizza per la costituzione delle riserve speciali, viene di norma trasferita al bilancio statale. In tal modo, viene sollevata la legittima questione se, ai fini dell’ammissibilità del meccanismo di risarcimento, possa assumere rilievo il fatto che la pertinente quota di utili della BCN venga utilizzata per il pagamento dei risarcimenti in questione direttamente oppure soltanto dopo il suo trasferimento al bilancio dello Stato.

124.

L’utilizzazione di una parte degli utili della BCN per il finanziamento di spese generali dello Stato è una prassi corrente in quasi tutti gli Stati membri dell’Unione ( 56 ). Essa è paragonabile con l’impiego di eccedenze risultanti da ammende o pene pecuniarie a scopi di bilancio. In linea di principio ciò non viene ritenuto una violazione del divieto di finanziamento monetario degli Stati, in quanto gli utili sono soltanto il «prodotto accessorio» delle misure di politica monetaria di una BCN e non il risultato di un’attività economica, svolta per lo Stato, mirante al conseguimento di proventi ( 57 ).

125.

Tuttavia, la possibilità di utilizzazione di questi utili da parte dello Stato non può portare ad uno stravolgimento dei fini. In caso contrario, essa potrebbe alla fine risolversi in una elusione del divieto di finanziamento monetario degli Stati ( 58 ).

126.

Uno stravolgimento dei fini può ritenersi sussistente qualora delle finalità di politica monetaria passino in secondo piano per soddisfare obiettivi di finanziamento. Epperò è proprio questo il risultato cui conduce la disciplina dettata dall’articolo 40 dello ZPSVIKOB.

127.

Infatti, in base a tale norma, ad essere impiegata per finalità di finanziamento – e dunque per scopi diversi da quelli di politica monetaria – non è soltanto la quota di utili che normalmente viene assegnata al bilancio dello Stato, ma anche, in particolare, quella parte di essi che è destinata alla costituzione delle riserve generali. Come si è già indicato, la costituzione di sufficienti riserve serve infatti in definitiva anche alla conservazione della capacità di azione in materia di politica monetaria e dunque all’operatività di una banca centrale ( 59 ). Questo vale in particolare in una situazione quale quella presente nella quale per giunta le riserve già costituite possono essere impiegate in una misura fino al 50% per scopi di finanziamento e dunque non più per finalità di assorbimento delle perdite ( 60 ).

128.

Detto in termini assolutamente generali, le operazioni di politica monetaria non possono servire per la realizzazione di proventi, bensì devono contribuire al conseguimento degli obiettivi enunciati nell’articolo 127 TFUE. Tuttavia, nel presente caso, mediante la normativa di cui all’articolo 40 dello ZPSVIKOB potrebbe generarsi uno stimolo o, nel caso più estremo, addirittura l’impulso politico ad agire, mediante ricorso agli strumenti di politica monetaria, con un intento di conseguimento di utili e a lasciar passare in secondo piano le motivazioni di politica monetaria. Infatti, la BCN, per le ragioni già illustrate, ha un interesse a ripristinare al più presto la propria libertà decisionale riguardo all’impiego dei propri utili ai fini della costituzione di riserve ( 61 ).

129.

In questo modo, il divieto di finanziamento monetario degli Stati assicura anche l’indipendenza del SEBC ( 62 ). Questo divieto non è infatti unicamente inteso a garantire una certa disciplina di bilancio negli Stati membri ( 63 ). Piuttosto, con esso si mira, da un lato, ad impedire che i governi degli Stati membri, attraverso le loro decisioni di politica fiscale, aumentino la base monetaria e dunque, eventualmente, influiscano sulla politica monetaria del SEBC ( 64 ). Dall’altro lato, escludendo la possibilità per i governi degli Stati membri di accedere estesamente alle risorse delle BCN, viene altresì impedito che i governi in tal modo minino l’indipendenza finanziaria della loro banca centrale.

130.

In sintesi, l’utilizzazione degli utili di una BCN in virtù di una normativa come quella di cui all’articolo 40 dello ZPSVIKOB porta ad uno stravolgimento dei fini ( 65 ). Ciò configura un’elusione del divieto enunciato all’articolo 123 TFUE.

c)   Conclusione

131.

L’articolo 123 TFUE deve dunque essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, in forza della quale una BCN, nella veste di autorità di risoluzione, sia tenuta a pagare agli investitori di un ente creditizio, i cui strumenti finanziari siano stati convertiti o cancellati per effetto di misure di risanamento o di risoluzione disposte da detta banca centrale nazionale, un risarcimento, il cui finanziamento sia strutturato come segue: dapprima vengono utilizzati tutti gli utili di questa BCN realizzati a partire da un determinato momento nonché una parte delle riserve già esistenti, e nel caso in cui questi non bastino, viene concesso un prestito da parte dello Stato membro di cui trattasi, per il cui rimborso vengono parimenti utilizzati tutti gli utili futuri della BCN fino a concorrenza della somma da rimborsare.

Ciò vale tanto nel caso in cui, in base al diritto nazionale, l’obbligo di risarcimento sorga per effetto di una violazione del cosiddetto principio «no creditor worse off», la quale sia riconducibile ad una violazione di un obbligo di diligenza da parte della BCN, quanto nel caso in cui tale obbligo sussista oggettivamente nei confronti di una determinata categoria di investitori, senza che sia necessaria la prova di una violazione del suddetto principio o di una mancanza di diligenza della BCN.

B. Sulle questioni pregiudiziali quarta, quinta, sesta, settima e ottava

132.

Con le sue questioni pregiudiziali quarta, quinta, sesta, settima e ottava, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) desidera sapere, in sostanza, se segnatamente l’articolo 44, paragrafo 1, della direttiva 2006/48 e/o la norma a questa succeduta, sostanzialmente identica, contenuta nell’articolo 53, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 ostino alle disposizioni di cui agli articoli da 10 a 22 dello ZPSVIKOB.

133.

Questi articoli da ultimo citati obbligano la Banka Slovenije a pubblicare sulla propria pagina Internet o a rendere accessibili in uno spazio dati virtuale a favore di potenziali ricorrenti in una causa per risarcimento danni, in tutto o in parte, determinate informazioni e determinati documenti assunti a fondamento della propria decisione in merito alla conversione o alla cancellazione di strumenti finanziari nell’ambito delle misure di risoluzione e di risanamento adottate negli anni 2013 e 2014. In concreto, si tratta dei risultati delle prove di stress e delle relazioni sulle Asset Quality Reviews (AQRs), effettuate prima della risoluzione o del risanamento degli enti creditizi, nonché delle valutazioni dei beni patrimoniali e dei debiti di tali enti, sulla cui base la Banka Slovenije ha stabilito in quale concreta misura dovevano aver luogo la cancellazione o la conversione di strumenti finanziari.

134.

La pubblicazione sulla pagina Internet delle informazioni riguardanti la banca interessata avviene, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, in forma aggregata previo mascheramento di tutti i dati personali, di tutte le informazioni riservate e di tutti i segreti commerciali, ma con menzione dell’ente creditizio, ed i dati pubblicati sono accessibili a chiunque. L’accesso allo spazio dati virtuale viene consentito a tutti i potenziali ricorrenti in una causa per risarcimento danni e ai loro consulenti, e dunque in concreto agli (ex) titolari di strumenti finanziari oggetto di conversione o di cancellazione. In tale contesto, i dati personali vengono resi irriconoscibili, mentre le informazioni riservate e i segreti commerciali vengono contrassegnati come tali.

1.   Sull’applicabilità ratione materiae delle direttive 2006/48 e 2013/36

135.

La direttiva 2006/48, denominata anche «CRD III» (acronimo dell’inglese Capital Requirements Directive), conteneva norme armonizzate in materia di accesso all’attività degli enti creditizi nonché di vigilanza prudenziale sugli stessi. Essa è stata sostituita, con effetto al 1o gennaio 2014, dalla direttiva 2013/36, altrimenti denominata «CRD IV».

136.

L’articolo 44 della direttiva 2006/48 ovvero l’articolo 53 della direttiva 2013/36 si applicano all’attività delle autorità alle quali sia stato trasferito, in virtù di norme nazionali, il compito della vigilanza prudenziale sugli enti creditizi ( 66 ) e stabiliscono il carattere riservato di determinate informazioni che arrivano in possesso di tali autorità nell’esercizio della loro attività di vigilanza.

a)   Assenza di applicabilità diretta alle misure di risanamento e di liquidazione ai sensi della direttiva 2001/24

137.

Secondo le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, la Banka Slovenije svolgeva le funzioni di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi già nella vigenza della direttiva 2006/48. Tuttavia, le misure straordinarie ordinate negli anni 2013 e 2014, in occasione delle quali sono state utilizzate le informazioni e i documenti qui in discussione, non costituiscono misure adottate ai sensi della normativa in materia di vigilanza. Piuttosto, secondo il parere concorde del giudice del rinvio e di tutti i soggetti intervenuti nel procedimento, le misure in questione devono essere considerate come misure di risanamento o liquidazione ai sensi della direttiva 2001/24, che la Banka Slovenije ha adottato nell’adempimento della sua funzione (esercitata in parallelo) quale autorità di risoluzione ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2001/24. Conformemente a ciò, i soggetti sopra menzionati concordano anche sul fatto che le norme di cui alle direttive 2006/48 e 2013/36 non sono direttamente applicabili a tale attività della Banka Slovenije.

138.

Tuttavia, tanto la Banka Slovenije quanto la Commissione sottolineano che almeno una parte delle informazioni la cui pubblicazione o messa a disposizione è prevista dagli articoli da 10 a 22 dello ZPSVIKOB, presenta un collegamento sostanziale con la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi.

139.

In proposito, dall’articolo 48, paragrafo 1, primo comma, lettera a), e, in combinato disposto, secondo comma, della direttiva 2006/48 e dall’articolo 59, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/36 risulta che le informazioni che sono tutelate in un contesto afferente alla normativa sulla vigilanza prudenziale non perdono tale protezione in conseguenza della loro trasmissione o della loro utilizzazione in un contesto di risoluzione di enti creditizi. Infatti, le due disposizioni sopra citate prevedono che la trasmissione di informazioni ad autorità di risoluzione è consentita, tenendo presente che occorre garantire che per tali informazioni sussista anche in questo caso una tutela almeno equivalente a quella prevista dall’articolo 44 della direttiva 2006/48 o dall’articolo 63 della direttiva 2013/36.

140.

Quanto a tale aspetto, nel caso di specie occorre distinguere tra, da un lato, la valutazione dei valori patrimoniali e dei debiti ai fini della determinazione della misura necessaria in cui dovranno aver luogo la conversione e la cancellazione di strumenti finanziari, e, dall’altro, le prove di stress e le AQRs.

141.

La valutazione è una fase procedurale essenziale e tipica nell’adozione di misure autoritative di risanamento o di risoluzione ( 67 ). Come si è già constatato, queste misure non rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive 2006/48 e 2013/36 ( 68 ).

142.

È invece vero che prove di stress e AQRs svolte con regolarità sono strumenti contemplati dalla normativa in materia di vigilanza prudenziale ( 69 ). In una considerazione complessiva di tali strumenti si parla qui di un cosiddetto Comprehensive Assessment, i cui risultati servono di norma per creare trasparenza in merito alla capacità di resistenza di una banca e dunque per rafforzare la fiducia nel settore finanziario. Pertanto, l’obbligo di segretezza stabilito dall’articolo 53, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 non osta davvero alla pubblicazione di eventuali prove di stress ai sensi del paragrafo 3 del medesimo articolo.

143.

Dalla decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato riguardante le misure straordinarie degli anni 2013 e 2014 è possibile inoltre desumere che la Slovenia ha effettuato le prove di stress qui in discussione, come pure le AQR, su richiesta della Commissione specificamente al fine di preparare le misure di risanamento (che in sostanza consistevano in una ricapitalizzazione a spese dello Stato) nonché l’autorizzazione delle misure stesse in base alla normativa in materia di aiuti ( 70 ). Pertanto, sembra comunque non sussistere una situazione nella quale, in un contesto governato dalle norme in materia di vigilanza prudenziale, delle informazioni raccolte siano state trasmesse all’autorità di risoluzione ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/48 o ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/36.

b)   Applicabilità o meno delle direttive 2006/48 und 2013/36 per effetto di rinvio

144.

L’articolo 33 della direttiva 2001/24 sul riconoscimento reciproco delle misure di risanamento e di liquidazione riguardanti istituti di credito contiene comunque un rinvio al segreto professionale «secondo le disposizioni e le condizioni di cui all’articolo 30 della direttiva [2000/12]», il quale, ai sensi della disposizione transitoria di cui all’articolo 158, paragrafo 2, della direttiva 2006/48, la quale ha sostituito la direttiva 2000/12, deve essere letto come un rinvio agli articoli 44 e segg. di questa medesima direttiva 2006/48. Dal momento che la direttiva 2006/48 è stata a sua volta abrogata dalla direttiva 2013/36, il suddetto rinvio deve essere letto, dopo l’entrata in vigore di tale direttiva, quale rinvio agli articoli 53 e segg. di quest’ultima (v. articolo 163 della direttiva 2013/36).

145.

La Banka Slovenije desume da ciò che in particolare l’articolo 53 della direttiva 2013/36 sarebbe applicabile anche alle misure di risanamento e liquidazione ai sensi della direttiva 2001/24.

146.

Tuttavia, come la Corte ha già statuito, la direttiva 2001/24 non era diretta ad una armonizzazione delle norme degli Stati membri in materia di risanamento e di liquidazione di enti creditizi ( 71 ). Piuttosto, detta direttiva era intesa unicamente a disciplinare il riconoscimento reciproco di misure siffatte negli Stati membri ( 72 ). Conformemente a ciò, l’articolo 33 di tale direttiva si riferisce, già in base al suo tenore letterale, soltanto alle informazioni che vengono scambiate nell’ambito di procedure di informazione o di consultazione tra le autorità di diversi Stati membri, che servono appunto al reciproco riconoscimento di tali misure. Tuttavia, per quanto è dato ricavare dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, le informazioni controverse nel procedimento principale non si pongono in alcun rapporto con siffatte procedure transfrontaliere.

147.

Al contrario della vigilanza prudenziale sulle banche, per la quale sono state adottate norme unitarie già a partire dall’anno 2000 ( 73 ), la risoluzione degli enti creditizi è stata armonizzata soltanto mediante la direttiva BRRD nell’anno 2014 e poi mediante il regolamento SRM – e dunque dopo l’adozione delle misure qui in discussione.

148.

Di conseguenza, il rinvio contenuto nell’articolo 33 della direttiva 2001/24 non può essere inteso nel senso che con esso venga sancita la riservatezza di tutte le informazioni correlate ad una misura di risanamento o di risoluzione in origine ricadente esclusivamente sotto il diritto nazionale. Infatti, nella vigenza della direttiva 2001/24 non era proprio prevista un’armonizzazione dei presupposti per l’adozione delle misure suddette.

c)   Applicabilità o meno della direttiva 2006/48 in caso di svolgimento di attività di vigilanza e di attività di risoluzione da parte della medesima autorità

149.

Alla luce delle circostanze sopra indicate, devono essere in definitiva respinti anche gli argomenti della Commissione a favore dell’applicabilità della direttiva 2006/48. Detta istituzione ha sostenuto nel procedimento dinanzi alla Corte la tesi secondo cui soltanto dalla circostanza che la Slovenia, nella vigenza della direttiva 2006/48, aveva trasferito la funzione relativa alla risoluzione degli enti creditizi – la quale non ricade sotto tale direttiva – alla stessa autorità che esercitava anche la funzione della vigilanza prudenziale sulle banche – la quale è disciplinata dalla direttiva 2006/48 – discenderebbe che quest’ultima direttiva si applica anche all’attività attinente alla risoluzione degli enti creditizi.

150.

Tuttavia, la direttiva 2006/48 non prevede una disciplina siffatta. Infatti essa – contrariamente alle direttive che l’hanno seguita ( 74 ) – non prevede una rigorosa separazione istituzionale tra vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e risoluzione di enti siffatti. Da ciò però non consegue che per la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e per la risoluzione di enti siffatti valgano le medesime regole, e ciò in particolare tenendo conto del fatto che, nella vigenza della direttiva 2006/48, la risoluzione di enti creditizi non era affatto armonizzata a livello del diritto dell’Unione ( 75 ).

151.

Inoltre, dal semplice trasferimento di funzioni in materia di risoluzione di istituti di credito all’autorità di risoluzione non può desumersi che lo Stato membro in questione, in riferimento alla risoluzione di enti creditizi, intendesse assoggettarsi al regime giuridico armonizzato valevole per le autorità di vigilanza. Piuttosto, per giungere a tale conclusione occorrerebbe quale presupposto una constatazione, da parte dei giudici nazionali di tale Stato membro, del fatto che lo Stato membro interessato intende essere vincolato, anche in un settore non interessato dalla direttiva, alle prescrizioni di quest’ultima ( 76 ). Nel caso presente succede esattamente il contrario, in quanto l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) chiede appunto alla Corte se le direttive in materia di vigilanza prudenziale sulle banche fossero applicabili, nel periodo precedente all’istituzione dell’unione bancaria ed alla concomitante armonizzazione della risoluzione degli enti creditizi, anche alle attività delle autorità di risoluzione degli Stati membri.

d)   Conclusione

152.

Alla luce di quanto sopra esposto, l’articolo 44 della direttiva 2006/48 e l’articolo 53 della direttiva 2013/36 non sono applicabili né ai risultati delle prove di stress e alle relazioni sulla AQR di un ente creditizio che siano state realizzate allo scopo dell’attuazione di una misura di risanamento o di liquidazione ai sensi della direttiva 2001/24 e nella vigenza soltanto di questa, né alla valutazione compiuta in tale contesto dei valori patrimoniali e dei debiti di un siffatto ente creditizio.

153.

Tenuto conto di tale conclusione, non è necessario rispondere alla quinta, alla sesta, alla settima e all’ottava questione pregiudiziale.

2.   Sull’importanza della pubblicazione e della messa a disposizione dei documenti in questione ai fini dell’effettiva tutela dei diritti degli (ex) titolari di strumenti finanziari convertiti o cancellati

154.

La conclusione di cui sopra soddisfa i requisiti fissati dalla Corte EDU per la tutela del diritto di proprietà. Nella sua decisione nella causa Pintar e a./Slovenia, essa ha statuito che la normativa slovena prima dell’adozione o dell’applicazione dello ZPSVIKOB costituiva, per quanto riguarda i diritti degli (ex) titolari di strumenti finanziari convertiti o cancellati, una violazione degli aspetti procedurali del diritto fondamentale di proprietà di cui all’articolo 1 del Protocollo addizionale n. 1 della CEDU.

155.

Ad avviso della Corte EDU, tali persone, a causa della riservatezza delle informazioni e dei documenti sul cui fondamento è stata adottata la decisione di conversione e cancellazione degli strumenti finanziari in questione, si trovano nell’impossibilità di comprendere in presenza di quali circostanze è avvenuta l’ingerenza nel loro diritto di proprietà e quali sono i motivi che l’hanno giustificata ( 77 ).

156.

La conoscenza di queste circostanze e di questi motivi sarebbe però necessaria al fine di presentare, eventualmente, un ricorso contro l’atto lesivo del diritto di proprietà. La Corte EDU sottolinea che in particolare i risultati delle prove di stress e le relazioni sulle AQR sono al riguardo informazioni decisive ( 78 ).

VI. Conclusione

157.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dall’Ustavno sodišče (Corte costituzionale, Slovenia) dichiarando quanto segue:

1.

L’articolo 130 TFUE e l’articolo 7 del Protocollo n. 4 sullo Statuto del SEBC e della BCE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale in materia di utilizzazione degli utili di una BCN, la quale impedisca completamente alla BCN, per un periodo di più anni, di alimentare le proprie riserve generali, e in virtù della quale, inoltre, le riserve già esistenti di tale BCN possano essere utilizzate fino a un determinato importo per il finanziamento di spese pubbliche. Infatti, una normativa del genere comporta il rischio che, nel caso in cui si verifichino delle perdite in correlazione ad operazioni di politica monetaria, il capitale proprio netto di tale BCN, per un lungo periodo di tempo, scenda al di sotto dell’importo del suo capitale sociale o risulti addirittura negativo.

2.

L’articolo 123 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, in forza della quale una BCN, nella veste di autorità di risoluzione, sia tenuta a pagare agli investitori di un ente creditizio, i cui strumenti finanziari siano stati convertiti o cancellati per effetto di misure di risanamento o di risoluzione disposte da detta banca centrale nazionale, un risarcimento, il cui finanziamento sia strutturato come segue: dapprima vengono utilizzati tutti gli utili di questa BCN realizzati a partire da un determinato momento nonché una parte delle riserve già esistenti, e nel caso in cui questi non bastino, viene concesso un prestito da parte dello Stato membro di cui trattasi, per il cui rimborso vengono parimenti utilizzati tutti gli utili futuri della BCN fino a concorrenza della somma da rimborsare.

Ciò vale tanto nel caso in cui, in base al diritto nazionale, l’obbligo di risarcimento sorga per effetto di una violazione del cosiddetto principio «no creditor worse off», la quale sia riconducibile ad una violazione di un obbligo di diligenza da parte della BCN, quanto nel caso in cui tale obbligo sussista oggettivamente nei confronti di una determinata categoria di investitori, senza che sia necessaria la prova di una violazione del suddetto principio o di una mancanza di diligenza della BCN.

3.

L’articolo 44 della direttiva 2006/48/CE e l’articolo 53 della direttiva 2013/36/UE devono essere interpretati nel senso che essi non sono applicabili né ai risultati delle prove di stress e alle relazioni sulla Asset Quality Review di un ente creditizio che siano state realizzate allo scopo dell’attuazione di una misura di risanamento o di liquidazione ai sensi della direttiva 2001/24/CE e nella vigenza soltanto di questa, né alla valutazione compiuta in tale contesto dei valori patrimoniali e dei debiti di un siffatto ente creditizio.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) In particolare nelle sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400), e dell’11 dicembre 2018, Weiss e a. (C‑493/17, EU:C:2018:1000).

( 3 ) V. articolo 1, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 3603/93 del Consiglio, del 13 dicembre 1993, che precisa le definizioni necessarie all’applicazione dei divieti enunciati all’articolo 104 e all’articolo 104 B, paragrafo 1 del Trattato [oggi articolo 123 TFUE e articolo 125 TFUE] (in prosieguo: il «regolamento n. 3603/93») (GU 1993, L 332, pag. 1).

( 4 ) V. articoli 67 e segg. del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (in prosieguo: il «regolamento SRM») (GU 2014, L 225, pag. 1).

( 5 ) La compatibilità del contenuto concreto di questi poteri con il diritto dell’Unione, e in particolare con il diritto di proprietà riconosciuto dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è già stata esaminata in un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia, che ha portato alla sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570).

( 6 ) GU 2016, C 202, pag. 230.

( 7 ) V. riferimenti nella nota 3.

( 8 ) GU 2001, L 125, pag. 15.

( 9 ) In merito ai rinvii alla direttiva 2000/12/CE, v. infra paragrafo 23 delle presenti conclusioni.

( 10 ) Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2014, L 176, pag. 3). Ai sensi della disposizione di tale regolamento sopra citata, per autorità competente si intende «una pubblica autorità o un ente ufficialmente riconosciuto dal diritto nazionale che, in quanto soggetti appartenenti al sistema di vigilanza in vigore nello Stato membro interessato, sono abilitati, in virtù del diritto nazionale, all’esercizio della vigilanza sugli enti».

( 11 ) Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (in prosieguo: la «direttiva BRRD») (GU 2014, L 173, pag. 190).

( 12 ) Direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU 2000, L 126, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2000/12»). Riguardo al significato dei rinvii alla direttiva 2000/12 successivamente alla sua abrogazione, vedi infra il paragrafo 23 delle presenti conclusioni.

( 13 ) GU 2006, L 177, pag. 1.

( 14 ) GU 2013, L 176, pag. 338.

( 15 ) V. nota 10 delle presenti conclusioni.

( 16 ) Regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione.

( 17 ) Ossia, complessivamente, EUR 18278,16.

( 18 ) In proposito, v. supra, paragrafi 36 e segg. delle presenti conclusioni.

( 19 ) V. sentenza del 10 luglio 2003, Commissione/BCE (C‑11/00, EU:C:2003:395, punto 132).

( 20 ) V. il rapporto del Comitato monetario in merito all’unione economica e monetaria dopo il completamento della prima fase, del 23 luglio 1990 (Krägenau, Europäische Wirtschafts- und Währungsunion, 1a edizione 1993, doc. 36, punto 36), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Commissione/BCE (C‑11/00, EU:C:2002:556, paragrafo 154).

( 21 ) V. Cukierman, Central Bank Finances and Independence – How Much Capital Should a CB Have?, Tel Aviv University, 2006, pag. 3.

( 22 ) V., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2003, Commissione/BCE (C‑11/00, EU:C:2003:395, punti 130134); del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 40), e del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs e BCE/Lettonia (C‑202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139, punto 46).

( 23 ) V. ad esempio l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione della BCE del 13 dicembre 2010 relativa al versamento dell’aumento di capitale della Banca centrale europea da parte delle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l’euro (BCE/2010/27) (GU 2011, L 11, pag. 54).

( 24 ) Langer, in Siekmann (editore), EWU‑Kommentar, «Vorbemerkungen zu Art. 28‑33 der Satzung des SEBC und der BCE», punto 9.

( 25 ) Langer, in Siekmann (editore), EWU‑Kommentar, «Vorbemerkungen zu Art. 28‑33 der Satzung des SEBC und der BCE», punto 10.

( 26 ) Pare ugualmente escluso che la Banka Slovenije possa essere indotta, per effetto del meccanismo di finanziamento previsto dallo ZPSVIKOB, a vendere riserve valutarie per motivi diversi da quelli di politica monetaria, e che dunque essa possa non essere più in grado di adempiere i propri obblighi ai sensi dell’articolo 30.4. Infatti, simili operazioni devono essere preventivamente autorizzate dalla BCE, ai sensi dell’articolo 31 dello Statuto del SEBC e della BCE.

( 27 ) Ossia i ricavi risultanti dalla circolazione della moneta ed i proventi a titolo di interessi derivanti dalle principali operazioni di rifinanziamento con le banche commerciali.

( 28 ) Siekmann, «Die Einstandspflicht der Bundesrepublik Deutschland für die Deutsche Bundesbank und die Europäische Zentralbank», Institute for Monetary and Financial Stability Working Paper Series No. 120 (2017), pag. 10; Langer, in Siekmann (editore), EWU‑Kommentar, «Art. 33 der Satzung des SEBC und der BCE», punto 9.

( 29 ) V., per la BCE, l’articolo 33.2. dello Statuto del SEBC e della BCE. In proposito, vedi anche sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 125).

( 30 ) Dal momento che una banca centrale di norma può produrre essa stessa mezzi di pagamento aventi valore legale, una situazione di capitale proprio negativo non può essere equiparata ad uno stato di insolvenza. Pertanto, la questione se le banche centrali necessitino davvero in generale di capitale proprio è controversa; in proposito, v. Adler/Castro/Tovat/Kramer, «Does Central Bank Capital Matter for Monetary Policy?», IMF Working Paper, Issue 60 (2012), pagg. 3 e segg.; Siekmann, «Die Einstandspflicht der Bundesrepublik Deutschland für die Deutsche Bundesbank und die Europäische Zentralbank», Institute for Monetary and Financial Stability Working Paper Series No. 120 (2017), pag. 34. Tuttavia, le BCN dell’Eurosistema dispongono di tale potere soltanto in misura limitata; in proposito, v. infra, paragrafo 81 delle presenti conclusioni.

( 31 ) V. Bindseil/Manzanares/Weller, «The Role of Central Bank Capital Revisited», ECB Working Paper Series No. 392, settembre 2004, pag. 27; Cukiermann, Central Bank Finances and Independence – How Much Capital Should a CB Have?, Tel Aviv University, 2006, pag. 7; Johnson/Zelmer, «Implications of New Accounting Standarfs for the Bank of Canada’s Balance Sheet», Bank of Canada Discussion Paper 2007‑2, pag. 16.

( 32 ) Bindseil/Manzanares/Weller, «The Role of Central Bank Capital Revisited», ECB Working Paper Series No. 392, September 2004, pag. 24.

( 33 ) In proposito v. anche Cukiermann, Central Bank Finances and Independence – How Much Capital Should a CB Have?, Tel Aviv University, 2006, pagg. 3 e segg.

( 34 ) In merito ai presupposti di tale responsabilità, vedi i paragrafi 31, 32 e 34 delle presenti conclusioni.

( 35 ) In proposito, vedi paragrafo 35 delle presenti conclusioni.

( 36 ) In questa direzione si muove anche la prassi usuale della BCE; v., ad esempio, Convergence Report June 2016, pag. 30; Convergence Report June 2020, pag. 31, nonché il parere CON/2015/22, punti 2.3.1. e segg.

( 37 ) Ci si prospetti il caso – in effetti improbabile – in cui uno Stato membro affidi alla propria BCN la costituzione e la gestione di infrastrutture come strade, ferrovie o aeroporti.

( 38 ) Vero è che, nel presente caso, lo Stato sloveno rinuncia provvisoriamente alla propria quota di utili della Banka Slovenije e dunque a risorse di bilancio; tuttavia, ciò è soltanto una componente del meccanismo di finanziamento. In proposito v. infra, paragrafi 122 e segg. delle presenti conclusioni.

( 39 ) V. in particolare paragrafi da 55 a 57 delle presenti conclusioni.

( 40 ) Sentenze del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 132); del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 95), e dell’11 dicembre 2018, Weiss e a. (C‑493/17, EU:C:2018:1000, punto 103).

( 41 ) La risoluzione o il risanamento autoritativo disposti nei confronti di banche rientrano nel pubblico interesse, in quanto le insolvenze degli istituti di credito possono avere, viste le funzioni a carattere sistemico esercitate dalle banche, gravi conseguenze tanto per il sistema finanziario quanto per l’economia reale, e devono dunque essere evitate per quanto possibile; v., ad esempio, i considerando 1 e 2 della direttiva BRRD, nonché le mie conclusioni nella causa Banco de Portugal e a. (C‑504/19, EU:C:2020:943, paragrafo 1).

( 42 ) V. sentenza del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 94).

( 43 ) Attualmente sono 15 gli Stati membri nei quali le funzioni di autorità di risoluzione degli enti creditizi vengono esercitate (anche) dalla rispettiva BCN (v. https://www.eba.europa.eu/about-us/organisation/resolution-committee/resolution-authorities).

( 44 ) Del resto, dopo la costituzione dell’unione bancaria, è parimenti impossibile considerare la vigilanza sulle banche quale compito del SEBC, sebbene, nel quadro del meccanismo unitario di vigilanza, tale funzione sia in parte esercitata dalla BCE. Infatti, le funzioni di vigilanza devono essere tenute rigorosamente separate dalle funzioni di politica monetaria; v., ad esempio, i considerando 65 e 66 del regolamento (EU) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (regolamento SSM) (GU 2013, L 287, pag. 63). Del pari rigorosamente separate vanno tenute la vigilanza prudenziale sulle banche e la risoluzione degli enti creditizi; v. articolo 3, paragrafo 3, della direttiva BRRD.

( 45 ) In proposito, v. sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 26).

( 46 ) Riguardo al significato e alle modalità di funzionamento delle varie valutazioni, v. più ampiamente le mie conclusioni nelle cause riunite Aeris Invest/SRB e Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/SRB (C‑874/19 P e C‑934/19 P, EU:C:2021:563, paragrafi da 57 a 68, nonché da 74 a 78).

( 47 ) In proposito v., diffusamente, le mie conclusioni nelle cause riunite Aeris Invest/SRB e Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/SRB (C‑874/19 P e C‑934/19 P, EU:C:2021:563, paragrafi da 112 a 118).

( 48 ) Sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 7879), e del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti 7374).

( 49 ) Sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 87).

( 50 ) Poiché l’articolo 17 della Carta corrisponde all’articolo 1 del Protocollo addizionale n. 1 della CEDU, quest’ultima disposizione deve essere rispettata, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, quale standard minimo di tutela; v. sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 72).

( 51 ) In proposito, v. sentenza della Corte EDU, 25 marzo 1999, Papachelas/Grecia (CE:ECHR:1999:0325JUD003142396, § 48).

( 52 ) V. articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento SRM.

( 53 ) V. paragrafi 96 e seguenti nonché la conclusione al paragrafo 112 delle presenti conclusioni.

( 54 ) In proposito, vedi supra il paragrafo 53 delle presenti conclusioni.

( 55 ) Tali introiti costituiscono il cosiddetto reddito monetario; vedi l’articolo 32.2. dello Statuto del SEBC e della BCE.

( 56 ) Nel caso della BCE, l’articolo 33.1., lettera b), dello Statuto del SEBC e della BCE dispone che l’utile netto rimanente dopo la creazione di accantonamenti venga trasferito alle BCN in proporzione alla quota di capitale da esse detenuta.

( 57 ) Siekmann, «Die Verwendung des Gewinns der BCE und der Bundesbank», Institute for Monetary and Financial Stability, Working Paper No. 3 (2006), pagg. 13 e 14.

( 58 ) In merito al divieto di elusione, vedi il considerando 7 del regolamento n. 3603/93, nonché la sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 101).

( 59 ) In proposito v., in dettaglio, paragrafi 77 e segg. delle presenti conclusioni.

( 60 ) Al riguardo, v. paragrafi 70 e segg. delle presenti conclusioni.

( 61 ) Su questo aspetto v., in particolare, paragrafi 78 e 79 delle presenti conclusioni.

( 62 ) Sul punto v., già in sede di introduzione, paragrafo 50 delle presenti conclusioni.

( 63 ) Su questo aspetto v. sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 100), e dell’11 dicembre 2018, Weiss e a. (C‑493/17, EU:C:2018:1000, punto 107).

( 64 ) Ciò vale malgrado il fatto che la politica monetaria del SEBC – contrariamente ad un’opinione diffusa – non sia prioritariamente diretta ad un governo della base monetaria o della quantità di denaro, bensì miri alla stabilità dei prezzi; in proposito v., ad esempio, Deutsche Bundesbank, «Die Rolle von Banken, Nichtbanken und Zentralbank im Geldschöpfungsprozess», Monatsbericht April 2017, pag. 28.

( 65 ) Nei suoi rapporti annuali sulla convergenza la BCE considera in modo critico, con riferimento al divieto di finanziamento monetario degli Stati, il fatto che importi fissi ovvero utili non ancora realizzati vengano già preventivamente presi in conto per determinati scopi di bilancio; v. Convergence Report June 2016, pag. 31; nonché Convergence Report June 2020, pag. 33.

( 66 ) V. articolo 3, punto 4, della direttiva 2006/48 e articolo 1, paragrafo 1, punto 36, della direttiva 2013/36.

( 67 ) V., nella vigenza dell’odierna normativa, l’articolo 20 del regolamento SRM e l’articolo 36 della direttiva BRRD. Sull’importanza di tale valutazione nell’ambito di una risoluzione, v. supra paragrafo 110 delle presenti conclusioni e i riferimenti contenuti nella nota 46.

( 68 ) V. paragrafi 135 e 137 delle presenti conclusioni.

( 69 ) V. ad esempio l’articolo 100 della direttiva 2013/36.

( 70 ) V. il considerando 9 della decisione della Commissione del 18 dicembre 2013, relativa all’aiuto di stato SA.33229 (2012/C) – (ex 2011/N) – Ristrutturazione di NLB — Slovenia a cui la Slovenia intende dare esecuzione a favore di Nova Ljubljanska banka d.d. (GU 2014, L 246, pag. 28). In proposito, vedi anche la sentenza della Corte EDU, 14 settembre 2021, Pintar e a./Slovenia (CE:ECHR:2021:0914JUD004996914, §§ 7 e 9).

( 71 ) Sentenze del 24 ottobre 2013, LBI (C‑85/12, EU:C:2013:697, punto 39), e del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 104).

( 72 ) Sentenze del 24 ottobre 2013, LBI (C‑85/12, EU:C:2013:697, punto 39), e del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 104).

( 73 ) In particolare, mediante le già nominate direttive 2000/21, 2006/48 e 2013/36.

( 74 ) V. articolo 4, paragrafi 1 e 7, della direttiva 2013/36, nonché articolo 3, paragrafo 3, della direttiva BRRD.

( 75 ) Del resto, questo è a mio parere il motivo per cui la direttiva 2006/48 non menziona la risoluzione di enti creditizi e dunque neppure prescrive una separazione istituzionale dall’attività di vigilanza prudenziale.

( 76 ) V., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punti 5356).

( 77 ) Sentenza della Corte EDU, 14 settembre 2021, Pintar e a./Slovenia (CE:ECHR:2021:0914JUD004996914, § 107).

( 78 ) Sentenza della Corte EDU, 14 settembre 2021, Pintar e a./Slovenia (CE:ECHR:2021:0914JUD004996914, §§ 99 e 100).