14.8.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/5


Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 29 giugno 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court — Irlanda) — X / International Protection Appeals Tribunal, Minister for Justice and Equality, Ireland, Attorney General

[Causa C-756/21 (1), International Protection Appeals Tribunal e.a. (Attentato in Pakistan)]

(Rinvio pregiudiziale - Politica comune in materia d’asilo e di protezione sussidiaria - Direttiva 2004/83/CE - Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria - Articolo 4, paragrafo 1, seconda frase - Cooperazione dello Stato membro con il richiedente per esaminare gli elementi significativi della sua domanda - Portata - Attendibilità generale di un richiedente - Articolo 4, paragrafo 5, lettera e) - Criteri di valutazione - Procedure comuni ai fini del riconoscimento della protezione internazionale - Direttiva 2005/85/CE - Esame adeguato - Articolo 8, paragrafi 2 e 3 - Sindacato giurisdizionale - Articolo 39 - Portata - Autonomia processuale degli Stati membri - Principio di effettività - Termine ragionevole per l’adozione di una decisione - Articolo 23, paragrafo 2, e articolo 39, paragrafo 4 - Conseguenze di un’eventuale inosservanza)

(2023/C 286/05)

Lingua processuale: l’inglese

Giudice del rinvio

High Court (Irlanda)

Parti nel procedimento principale

Ricorrente: X

Convenuti: International Protection Appeals Tribunal, Minister for Justice and Equality, Ireland, Attorney General

Dispositivo

1)

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta,

dev’essere interpretato nel senso che:

l’obbligo di cooperazione previsto a tale disposizione impone all’autorità accertante di procurarsi, da un lato, informazioni precise e aggiornate su tutti i fatti pertinenti che riguardano la situazione generale esistente nel paese d’origine di un richiedente asilo e protezione internazionale nonché, dall’altro, una perizia medico-legale sullo stato di salute mentale di quest’ultimo, allorché esistono indizi di problemi di salute mentale che possono derivare da un evento traumatico avvenuto in tale paese d’origine e il ricorso a tale perizia risulti necessario o pertinente per valutare le reali esigenze di protezione internazionale di detto richiedente, purché le modalità di ricorso a una siffatta perizia siano conformi, segnatamente, ai diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;

la constatazione, nell’ambito dell’esercizio di un secondo grado di controllo giurisdizionale previsto dal diritto nazionale, di una violazione dell’obbligo di cooperazione previsto a tale disposizione non deve necessariamente comportare, di per sé, l’annullamento della decisione di rigetto del ricorso proposto contro una decisione che ha respinto una domanda di protezione internazionale, atteso che al richiedente la protezione internazionale può essere imposto di dimostrare che la decisione di rigetto del ricorso avrebbe potuto essere diversa in assenza di una siffatta violazione.

2)

Il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 23, paragrafo 2, e l’articolo 39, paragrafo 4, della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, dev’essere interpretato nel senso che:

i termini intercorsi tra, da un lato, la presentazione della domanda di asilo e, dall’altro, l’adozione delle decisioni dell’autorità accertante e del giudice di primo grado competente non possono essere giustificati da modifiche legislative nazionali intervenute durante la decorrenza di tali termini, e

il carattere irragionevole dell’uno o dell’altro di detti termini non può giustificare, di per sé e in assenza di indizi in base ai quali la durata eccessiva del procedimento amministrativo o giurisdizionale avrebbe inciso sulla soluzione della controversia, l’annullamento della decisione del giudice di primo grado competente.

3)

L’articolo 4, paragrafo 5, lettera e), della direttiva 2004/83

dev’essere interpretato nel senso che:

una dichiarazione mendace, contenuta nella domanda iniziale di protezione internazionale, che il richiedente asilo ha chiarito e ritrattato alla prima occasione possibile, non è tale da impedire, di per sé, di accertare che quest’ultimo è in generale attendibile, ai sensi di detta disposizione.


(1)  GU C 472 del 12.12.2022.