SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

22 settembre 2021 ( *1 )

«Marchio dell’Unione europea – Procedura di revoca di decisioni o di cancellazione di iscrizioni – Cancellazione di un’iscrizione nel registro inficiata da un errore evidente imputabile all’EUIPO – Marchio incluso in una procedura di insolvenza – Registrazione del trasferimento del marchio – Opponibilità ai terzi del fallimento o di procedure analoghe – Competenza dell’EUIPO – Obbligo di diligenza – Articoli 20, 24, 27 e 103 del regolamento (UE) 2017/1001 – Articoli 3, 7 e 19 del regolamento (UE) 2015/848»

Nella causa T‑169/20,

Marina Yachting Brand Management Co. Ltd, con sede in Dublino (Irlanda), rappresentata da A. von Mühlendahl, C. Eckhartt e P. Böhner, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Capostagno, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale:

Industries Sportswear Co. Srl, con sede in Venezia (Italia), rappresentata da P. Cervato, avvocato,

avente ad oggetto il ricorso proposto avverso la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 10 febbraio 2020 (procedimenti riuniti R 252/2019-2 e R 253/2019-2), relativa a procedimenti di cancellazione di iscrizioni tra la Industries Sportswear e la Marina Yachting Brand Management,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da M.J. Costeira, presidente, D. Gratsias e M. Kancheva (relatrice), giudici,

cancelliere: A. Juhasz-Toth, amministratrice

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 marzo 2020,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 agosto 2020,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 agosto 2020,

in seguito all’udienza del 5 maggio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

Il 10 agosto 2012, la Moncler Srl ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2

Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo MARINA YACHTING.

3

I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientravano nelle classi 18, 25 e 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato.

4

Dopo vari trasferimenti della domanda di registrazione, il marchio richiesto è stato registrato il 28 settembre 2014 con il numero 11111317 a nome dell’interveniente, la Industries Sportswear Co. Srl.

5

Il 13 ottobre 2017, l’interveniente è stata dichiarata fallita con la sentenza n. 142/2017 del Tribunale di Venezia (Italia), pronunciata nell’ambito della procedura di insolvenza n. 138/2017.

6

Il 18 ottobre 2017 il trasferimento del marchio in questione, dall’interveniente alla Spring Holdings Sarl, è stato iscritto nel registro dell’EUIPO su domanda di un rappresentante comune a queste due parti (in prosieguo: il «rappresentate comune»).

7

Il 25 ottobre 2017 il curatore designato dell’interveniente (in prosieguo: il «curatore») ha informato l’EUIPO che l’interveniente era stata dichiarata fallita – producendo una copia della sentenza del Tribunale di Venezia del 13 ottobre 2017 – e che il fallimento produceva i suoi effetti a partire da quest’ultima data, per via dell’iscrizione di detta sentenza nel registro italiano delle imprese. Il curatore ha altresì chiesto l’iscrizione nel registro dell’EUIPO della procedura di insolvenza relativa all’interveniente, conformemente all’articolo 24 del regolamento 2017/1001, nonché la cancellazione dell’iscrizione del trasferimento alla Spring Holdings del marchio in questione, ai sensi dell’articolo 103 del medesimo regolamento.

8

Il 9 aprile 2018, l’EUIPO ha informato il curatore e il rappresentante comune della sua decisione di cancellare l’iscrizione di detto trasferimento, perché quest’ultima era errata, e di pubblicare la correzione il medesimo giorno.

9

Il 16 aprile 2018 la Marina Yachting Brand Management Co. Ltd, ricorrente, ha presentato una domanda di iscrizione del trasferimento a suo favore del marchio in questione. Essa sosteneva che detto marchio, inizialmente ceduto dall’interveniente alla Spring Holdings, le era stato successivamente ceduto da quest’ultima. Essa ha prodotto, quanto al primo trasferimento, una copia certificata, datata 21 marzo 2018, di un contratto di cessione recante la data del 26 giugno 2014 e, quanto al secondo trasferimento, una copia certificata, datata 1o marzo 2018, di un contratto di cessione recante la data del 15 dicembre 2017.

10

Il medesimo giorno, ossia il 16 aprile 2018, i trasferimenti della proprietà del marchio in questione alla Spring Holdings (iscrizione T 014185659), poi alla ricorrente (iscrizione T 014188703), sono stati iscritti nel registro dell’EUIPO.

11

Il 23 giugno 2018 il curatore ha reiterato la sua domanda di iscrizione nel registro della procedura di insolvenza relativa all’interveniente e ha chiesto la cancellazione, ai sensi dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001, delle iscrizioni T 014185659 e T 014188703 sulla base dell’articolo 42 del regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267 (GU n. 81, del 6 aprile 1942) (in prosieguo: la «legge fallimentare italiana»), che priva una società fallita del diritto di amministrare i suoi beni e di disporne a partire dalla data di dichiarazione del suo fallimento, ossia, quanto all’interveniente, il 13 ottobre 2017. Il curatore ha altresì precisato di aver già presentato una siffatta domanda di cancellazione il 5 e il 14 giugno 2018, ma di non aver ricevuto alcun avviso di ricevimento da parte dell’EUIPO.

12

L’11 luglio 2018, quanto alla domanda di iscrizione della procedura di insolvenza relativa all’interveniente, presentata il 25 ottobre 2017, l’EUIPO ha informato il curatore dell’accettazione di tale richiesta, evidenziando al contempo che detta domanda non era «mai stata registrata nella [sua] banca dati a causa di problemi tecnici verificatisi in tale data».

13

Il 12 luglio 2018, l’EUIPO ha informato la ricorrente delle domande di cancellazione T 014552205 (cancellazione dell’iscrizione nel registro T 014185659) e T 014480019 (cancellazione dell’iscrizione nel registro T 014188703) e l’ha invitata a presentare le sue osservazioni. L’8 agosto 2018 la ricorrente ha presentato osservazioni.

14

Il 21 agosto 2018, l’EUIPO ha trasmesso una copia di tali osservazioni al curatore, chiedendogli di fornire la «prova ufficiale dei diritti di proprietà [dell’interveniente] sul marchio [in questione] al momento della procedura di insolvenza» e l’ha invitato a presentare le sue osservazioni. Il 20 e il 21 settembre 2018, il curatore ha ottemperato a tale invito e ha prodotto documenti diretti a rispondere alla richiesta di prova dell’EUIPO.

15

Il 25 settembre 2018 l’EUIPO ha informato la ricorrente che, tenuto conto dei documenti depositati dal curatore, esso riteneva che l’interveniente fosse titolare del marchio in questione al momento della procedura di insolvenza e che le iscrizioni T 014185659 e T 014188703 dovessero pertanto essere cancellate. La ricorrente è stata invitata a presentare le sue osservazioni.

16

Il 20 novembre 2018 la ricorrente ha depositato le sue osservazioni, nelle quali ha fatto riferimento, in particolare, a un «contratto di cessione» concluso il 26 giugno 2014 tra l’interveniente e la Spring Holdings, nonché a un «accordo di licenza di diritti di proprietà intellettuale» (Intellectual Property Licence Agreement) concluso il 30 dicembre 2014 tra la Spring Holdings, in qualità di nuova titolare del marchio in questione dal 26 giugno 2014, e l’interveniente, in qualità di licenziataria (in prosieguo: l’«accordo di licenza»). Il 17 gennaio 2019 il curatore ha presentato le sue osservazioni di risposta.

17

Il 30 gennaio 2019, conformemente all’articolo 162 del regolamento 2017/1001, il dipartimento incaricato della tenuta del registro dell’EUIPO, di cui all’articolo 159, lettera c), di tale regolamento, ha adottato due decisioni recanti cancellazione retroattiva delle iscrizioni nel registro T 014185659 e T 014188703, effettuate il 16 aprile 2018, in quanto successive al 13 ottobre 2017. Esso ha ritenuto che l’EUIPO avesse commesso un errore evidente non tenendo conto di una «fase procedurale essenziale» segnalata il 25 ottobre 2017, vale a dire la domanda di iscrizione di una procedura di insolvenza riguardante l’interveniente, fondata su una decisione definitiva del Tribunale di Venezia con effetto dal 13 ottobre 2017. Inoltre, esso ha disposto che la domanda di iscrizione di tale procedura di insolvenza sulla base di detta decisione del Tribunale di Venezia fosse registrata con effetto retroattivo al 13 ottobre 2017 (fascicolo T 014459807), conformemente all’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001.

18

Il 31 gennaio 2019, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, la ricorrente ha proposto due ricorsi avverso le decisioni del dipartimento incaricato della tenuta del registro dell’EUIPO recanti cancellazione delle iscrizioni T 014185659 e T 014188703.

19

Il 9 aprile 2019 il curatore ha depositato una domanda di iscrizione di una sentenza pronunciata il 13 marzo 2019 dal Tribunale di Venezia, competente a conoscere della procedura di insolvenza relativa all’interveniente, che autorizzava il sequestro del marchio in questione a titolo di misura cautelare in applicazione del codice di procedura civile italiano. Il curatore ha spiegato che, il 22 febbraio 2019, esso aveva presentato dinanzi a tale Tribunale una domanda nella quale lo aveva informato che, nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, egli aveva avuto conoscenza del «contratto di cessione» e dell’accordo di licenza del 2014 invocati dalla ricorrente (v. precedente punto 16) e aveva chiesto il sequestro del marchio in questione a causa della nullità e del carattere fraudolento di tali atti. Il 5 luglio 2019, dopo aver sentito tutte le parti interessate, il Tribunale di Venezia ha confermato la suddetta sentenza del 13 marzo 2019.

20

Con decisione del 10 febbraio 2020 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la commissione di ricorso ha respinto i ricorsi di cui al precedente punto 18 dopo averli riuniti.

21

In un primo momento, ai punti da 43 a 49 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha anzitutto constatato che, nel caso di specie, il 13 ottobre 2017, l’interveniente, la cui sede sociale si trovava in Italia, era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Venezia. Essa ha dedotto da ciò che la procedura di insolvenza relativa all’interveniente era soggetta al diritto italiano, vale a dire alla legge fallimentare italiana, come affermava il curatore. Secondo tale legge, la sentenza dichiarativa di fallimento era opponibile al debitore (la società fallita, nel caso di specie l’interveniente) a partire dal suo deposito nella cancelleria del tribunale italiano e ai terzi (quindi ai cessionari del marchio in questione, ossia la Spring Holdings e la ricorrente) dalla sua iscrizione nel registro italiano delle imprese, in applicazione dell’articolo 16 della legge fallimentare italiana, che rinvia all’articolo 133 del codice di procedura civile italiano.

22

La commissione di ricorso ha poi constatato che, nel caso di specie, la sentenza dichiarativa del fallimento dell’interveniente era stata pronunciata, depositata e iscritta nel registro italiano delle imprese nella medesima data, ossia il 13 ottobre 2017, come risultava da tale sentenza e dall’estratto della relazione di detto registro. Essa ha dedotto da ciò che, a partire da tale giorno, l’interveniente era stata privata del diritto di amministrare i beni in suo possesso e di disporne, conformemente all’articolo 42 della legge fallimentare italiana, e che tutti gli atti compiuti da quest’ultima dopo detta sentenza non erano opponibili ai suoi creditori in forza dell’articolo 44 della medesima legge. Essa ha altresì rilevato che, in pari data, l’interveniente era iscritta come titolare del marchio in questione nel registro dell’EUIPO e, inoltre, che tale marchio figurava nell’inventario del fallimento, che riproduceva i dati del registro dell’EUIPO.

23

Inoltre, la commissione di ricorso ha constatato che, il 25 ottobre 2017, il curatore aveva chiesto l’iscrizione della procedura di insolvenza relativa all’interveniente nel registro dell’EUIPO, che l’EUIPO non aveva tenuto conto di tale domanda, ancora pendente il 16 aprile 2018, quando era stata presentata la domanda di registrazione del trasferimento alla ricorrente del marchio in questione, e che l’EUIPO aveva tuttavia registrato il cambiamento di titolare di tale marchio effettuando, il medesimo giorno, due registrazioni successive di trasferimenti di detto marchio (a favore della Spring Holdings, poi a favore della ricorrente). La commissione di ricorso ha altresì osservato che, alcuni giorni prima, ossia il 9 aprile 2018, l’EUIPO aveva deciso di cancellare una precedente registrazione del primo di tali trasferimenti, a favore della Spring Holdings, dopo essere stato informato dal curatore, da un lato, del fallimento dell’interveniente e, dall’altro, del fatto che il rappresentante comune non aveva potuto rappresentare quest’ultima quale società cedente.

24

In un secondo momento, ai punti da 50 a 58 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha anzitutto risposto all’argomento della ricorrente secondo cui l’EUIPO non avrebbe dovuto cancellare tali registrazioni dal momento che, indipendentemente dal fallimento dell’interveniente, il marchio in questione era già stato trasferito alla Spring Holdings nel corso del mese di giugno 2014. La commissione di ricorso ha constatato, al riguardo, che, in forza dell’articolo 45 della legge fallimentare italiana, le formalità richieste per rendere un atto opponibile ai terzi erano inoperanti, quanto alla procedura fallimentare, se eseguite dopo la dichiarazione di fallimento. Orbene, conformemente all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, i presunti trasferimenti del marchio in questione non erano stati iscritti nel registro prima della dichiarazione di fallimento dell’interveniente e non erano quindi opponibili ai terzi, vale a dire, nel caso di specie, al curatore. Sarebbe stato quindi irrilevante determinare se la data del 26 giugno 2014 menzionata nel primo contratto di cessione del marchio in questione fosse certa, ai sensi della legislazione italiana, circostanza ampiamente discussa dalle parti, dal momento che la cessione non era stata iscritta nel registro dell’EUIPO. In ogni caso, come ammesso dalla ricorrente stessa, la commissione di ricorso ha ritenuto di non essere competente a statuire su tale questione, la quale rientrerebbe nella competenza dei giudici nazionali. Secondo la commissione di ricorso, se era certamente vero che l’iscrizione di una cessione nel registro dell’EUIPO non era una condizione per la validità di tale cessione tra parti, come sosteneva la ricorrente, si trattava tuttavia di una condizione affinché il trasferimento del marchio fosse opponibile ai terzi, vale a dire, nel caso di specie, al curatore.

25

La commissione di ricorso ha poi constatato che il presunto atto di «proroga» dell’accordo di licenza (che, secondo la ricorrente, aveva confermato il diritto di proprietà della Spring Holdings sul marchio in questione) non era stato sottoscritto dal curatore, di modo che la ricorrente non poteva validamente sostenere che il curatore avesse riconosciuto i diritti della Spring Holdings su detto marchio. Per di più, essa ha rilevato che il curatore aveva contestato il contratto di cessione tra l’interveniente e la Spring Holdings del 26 giugno 2014 dinanzi al Tribunale di Venezia.

26

Inoltre, la commissione di ricorso ha constatato che, dato che il marchio in questione era menzionato nell’inventario allegato alla sentenza dichiarativa del fallimento dell’interveniente – inventario che l’EUIPO non era autorizzato a contestare, dal momento che non poteva sostituirsi ai giudici nazionali – l’EUIPO era tenuto a prendere in considerazione tale fatto e ad iscrivere nel registro la procedura di insolvenza relativa a detto marchio, conformemente alla domanda del curatore. Secondo la commissione di ricorso, la domanda di registrazione dei trasferimenti successivi del marchio di cui trattasi presentata dalla ricorrente a seguito del fallimento dell’interveniente era tardiva e non forniva la prova che la sentenza dichiarativa di fallimento fosse errata. Sarebbe spettato alla ricorrente presentare all’EUIPO la prova che detta sentenza non aveva effetti su detto marchio sulla base di una decisione giudiziaria nazionale, cosa che essa non aveva fatto.

27

Infine, la commissione di ricorso ha ritenuto che l’EUIPO avesse commesso un errore evidente iscrivendo i trasferimenti successivi del marchio in questione nel registro il 16 aprile 2018, in quanto l’interveniente, cedente nell’ambito del primo di tali trasferimenti, era un’impresa dichiarata fallita dal 13 ottobre 2017, circostanza di cui l’EUIPO era stato informato. Essa ha precisato che l’errore evidente era stato quindi commesso al momento delle iscrizioni avvenute il 16 aprile 2018, e non solo nel 2017, come sosteneva la ricorrente. Essa ha aggiunto che la cancellazione delle iscrizioni nel registro era stata decisa entro il termine di un anno dalla data in cui tali iscrizioni erano state effettuate, ossia il 30 gennaio 2019, cosicché le condizioni necessarie per l’applicazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001 erano soddisfatte. Di conseguenza, essa ha ritenuto corrette le decisioni di cancellazione delle iscrizioni nel registro T 014185659 e T 014188703.

Conclusioni delle parti

28

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese.

29

L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

30

L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

confermare la decisione impugnata, con la conseguenza che l’EUIPO deve, da un lato, cancellare le iscrizioni nel registro dei trasferimenti del marchio di cui trattasi effettuate il 16 aprile 2018 e registrare di nuovo l’interveniente quale titolare esclusiva di tale marchio e, dall’altro, iscrivere la procedura di insolvenza relativa all’interveniente nel registro dal 13 ottobre 2017;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Sulla ricevibilità del secondo capo di conclusioni dell’interveniente

31

Con il suo secondo capo di conclusioni, l’interveniente chiede al Tribunale di confermare la decisione impugnata, con la conseguenza che l’EUIPO deve, da un lato, cancellare le iscrizioni nel registro dei trasferimenti del marchio in questione effettuate il 16 aprile 2018 e registrare di nuovo l’interveniente quale titolare esclusiva di tale marchio e, dall’altro, iscrivere la procedura di insolvenza relativa all’interveniente nel registro dal 13 ottobre 2017.

32

Per quanto riguarda la domanda rivolta al Tribunale di confermare la decisione impugnata, occorre intendere la stessa nel senso che è volta, in sostanza, al rigetto del ricorso [v., in tal senso, sentenza del 5 febbraio 2016, Kicktipp/UAMI – Italiana Calzature (kicktipp), T‑135/14, EU:T:2016:69, punto 19 (non pubblicato) e giurisprudenza ivi citata]. Essa si confonde quindi, in realtà, con il primo capo di conclusioni dell’interveniente, diretto al rigetto del ricorso.

33

Per quanto riguarda le conseguenze che l’interveniente chiede al Tribunale di trarre dal rigetto del ricorso – che costituiscono, in sostanza, domande dirette a che il Tribunale ingiunga all’EUIPO di effettuare diverse operazioni nel suo registro – è sufficiente ricordare che non spetta al Tribunale rivolgere ingiunzioni all’EUIPO, incombe a quest’ultimo trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione delle sentenze del giudice dell’Unione europea [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, punto 20 e giurisprudenza ivi citata].

34

Il secondo capo di conclusioni dell’interveniente dev’essere quindi respinto per causa di incompetenza nella parte in cui è volto ad ottenere che il Tribunale rivolga ingiunzioni all’EUIPO.

Nel merito

35

A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con gli articoli 20, 24 e 27 del medesimo regolamento. Essa fa valere, in sostanza, che la commissione di ricorso ha commesso un errore nel ritenere che fossero soddisfatte le condizioni di revoca di una decisione o di cancellazione di un’iscrizione inficiate da «errore evidente» ai sensi dell’articolo 103 di detto regolamento, laddove le iscrizioni dei trasferimenti del marchio di cui trattasi, effettuate il 16 aprile 2018, avrebbero soddisfatto tutte le condizioni legali.

36

Tale motivo unico si articola formalmente in quattro parti strettamente connesse tra loro, con le quali la ricorrente afferma, in primo luogo, che dette iscrizioni sono state effettuate conformemente al diritto applicabile e non sono inficiate da «errore evidente» ai sensi dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001; in secondo luogo, che tale disposizione non è applicabile nel caso di specie, in assenza di «errore evidente»; in terzo luogo, che l’articolo 27 del medesimo regolamento non è applicabile e, in quarto luogo, che, anche qualora quest’ultima disposizione fosse applicabile, l’interveniente e il curatore erano a conoscenza dei trasferimenti del marchio in questione.

37

Al riguardo, il Tribunale ritiene che le censure relative all’assenza di errore evidente da parte dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001, contenute nelle prime due parti del motivo unico della ricorrente, costituiscono in realtà una quinta parte autonoma, che deve logicamente essere esaminata dopo le altre quattro parti, relative agli articoli 20, 24 e 27 del medesimo regolamento.

38

Il Tribunale ritiene altresì che le cinque parti del motivo unico della ricorrente debbano essere riqualificate, secondo il loro rispettivo contenuto, nel senso che esse vertono sostanzialmente, in primo luogo, sulla violazione da parte dell’EUIPO delle sue competenze in forza degli articoli 20 e 24 del regolamento 2017/1001; in secondo luogo, sull’erronea presa in considerazione da parte dell’EUIPO e della commissione di ricorso della sentenza dichiarativa di fallimento del 13 ottobre 2017; in terzo luogo, sull’inapplicabilità nel caso di specie dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001; in quarto luogo, sull’applicabilità nel caso di specie dell’eccezione di conoscenza di cui all’articolo 27 del regolamento 2017/1001 e della presunta conoscenza, da parte dell’interveniente e del curatore, del contratto di cessione del 2014 e, in quinto luogo, sull’erronea applicazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001 da parte della commissione di ricorso alle decisioni dell’EUIPO di cancellare le iscrizioni del 16 aprile 2018.

39

L’EUIPO e l’interveniente chiedono il rigetto del motivo unico della ricorrente e contestano i suoi argomenti.

Osservazioni preliminari

40

In via preliminare, occorre rilevare, al pari dell’interveniente, che la famiglia A – comprendente segnatamente B e suo figlio C – che dirige la ricorrente, dirigeva in precedenza l’interveniente, mentre il curatore rappresenta la massa dei creditori del fallimento dell’interveniente.

41

Nel caso di specie, spetta al Tribunale giudicare se la commissione di ricorso abbia correttamente ritenuto che le decisioni del dipartimento incaricato della tenuta del registro dell’EUIPO recanti cancellazione delle iscrizioni del 16 aprile 2018, relative ai trasferimenti successivi del marchio in questione, fossero regolari alla luce dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001. Al riguardo, occorre tener conto delle disposizioni pertinenti di tale regolamento, in particolare gli articoli 103, 20, 24 e 27, nonché degli articoli 3, 7 e 19 del regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2015, L 141, pag. 19, rettifica in GU 2016, L 349, pag. 9).

42

L’articolo 103 del regolamento 2017/1001, intitolato «Revoca delle decisioni», ma riguardante anche le cancellazioni di iscrizioni, ai suoi paragrafi 1 e 2, dispone quanto segue:

«1.   Qualora l’[EUIPO] effettui un’iscrizione nel registro o adotti una decisione inficiate da un errore evidente che gli sia imputabile, provvede a cancellare tale iscrizione o a revocare tale decisione. Qualora nella procedura vi sia una sola parte e l’iscrizione o l’atto ne ledano i diritti, la cancellazione o la revoca sono disposte anche se l’errore non era evidente alla parte.

2.   La cancellazione dell’iscrizione o la revoca della decisione di cui al paragrafo 1 sono disposte, d’ufficio o su istanza di una delle parti nella procedura, dall’organo che ha effettuato l’iscrizione o adottato la decisione. La cancellazione dell’iscrizione nel registro o la revoca della decisione sono disposte entro un anno dalla data di iscrizione nel registro o di adozione della decisione, sentite le parti nella procedura nonché gli eventuali titolari di diritti sul marchio UE in questione che siano iscritti nel registro. L’[EUIPO] tiene un registro delle cancellazioni e delle revoche».

43

L’articolo 20 del regolamento 2017/1001, intitolato «Trasferimento», ai suoi paragrafi 1, da 3 a 5 e 11, così prevede:

«1.   Il marchio UE, indipendentemente dal trasferimento dell’impresa, può essere trasferito per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato.

(…)

3.   (…) la cessione del marchio UE deve avvenire per iscritto e richiede la firma delle parti contraenti, tranne ove risulti da una sentenza; in caso contrario la cessione è nulla.

4.   Su richiesta di una delle parti il trasferimento è iscritto nel registro e pubblicato.

5.   Una domanda di registrazione del trasferimento contiene informazioni [specificate].

(…)

11.   Finché il trasferimento non è iscritto nel registro, l’avente causa non può invocare i diritti derivanti dalla registrazione del marchio UE».

44

L’articolo 13 del regolamento di esecuzione (UE) 2018/626 della Commissione, del 5 marzo 2018, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento 2017/1001, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2017/1431 (GU 2018, L 104, pag. 37), precisa le informazioni che deve contenere una domanda di registrazione di un trasferimento di marchio presentata a norma dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001.

45

L’articolo 24 del regolamento 2017/1001, intitolato «Procedura di insolvenza», al suo paragrafo 1, primo comma, e al suo paragrafo 3, stabilisce quanto segue:

«1.   La sola procedura d’insolvenza nella quale un marchio UE può essere incluso è quella avviata nello Stato membro sul cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore.

(…)

3.   Quando un marchio UE è incluso in una procedura di insolvenza, su richiesta dell’autorità nazionale competente questo fatto viene iscritto nel registro e pubblicato nel Bollettino dei marchi UE di cui all’articolo 116».

46

L’articolo 27 del regolamento 2017/1001, intitolato «Opponibilità ai terzi», ai suoi paragrafi 1 e 4, enuncia quanto segue:

«1.   Gli atti giuridici di cui agli articoli 20, 22 e 25, riguardanti il marchio UE, sono opponibili ai terzi in tutti gli Stati membri soltanto dopo essere stati iscritti nel registro. Tuttavia, prima della sua iscrizione, un atto è opponibile ai terzi che hanno acquisito diritti sul marchio dopo la data dell’atto, ma che erano a conoscenza di tale atto al momento dell’acquisizione di detti diritti.

(…)

4.   Fino a quando tra gli Stati membri non siano entrate in vigore disposizioni comuni in materia di fallimento, l’opponibilità ai terzi del fallimento o di procedure analoghe è disciplinata dalla legislazione del primo Stato membro in cui tale procedura è stata avviata secondo la legislazione nazionale o convenzioni applicabili in materia».

47

L’articolo 3 del regolamento 2015/848, intitolato «Competenza giurisdizionale internazionale», al suo paragrafo 1, primo e secondo comma, dispone quanto segue:

«Sono competenti ad aprire la procedura d’insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (…). Il centro degli interessi principali è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.

Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede legale (…)».

48

L’articolo 7 del regolamento 2015/848, intitolato «Legge applicabile», ai suoi paragrafi 1 e 2, così prevede:

«1.   Salvo disposizione contraria del presente regolamento, si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura (lo «Stato di apertura»).

2.   La legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza. In particolare, essa determina quanto segue:

(…)

b)

i beni facenti parte della massa fallimentare e la sorte dei beni acquisiti dal debitore dopo l’apertura della procedura di insolvenza;

(…)

m)

le disposizioni relative alla nullità, all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori».

49

L’articolo 19 del regolamento 2015/848, intitolato «Principio», al suo paragrafo 1, primo comma, stabilisce quanto segue:

«La decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro competente in virtù dell’articolo 3, è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri dal momento in cui essa produce effetto nello Stato di apertura».

50

Occorre quindi rilevare che, conformemente al regolamento 2017/1001, la legge fallimentare italiana è applicabile a determinati aspetti della presente causa.

51

Anzitutto, la legge fallimentare italiana, in quanto legge dello Stato membro nel cui territorio era situato il centro degli interessi principali dell’interveniente al momento della dichiarazione di fallimento, disciplina la procedura di insolvenza nella quale è incluso il marchio in questione, in forza dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, come del resto in forza dell’articolo 7 del regolamento 2015/848. Inoltre, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001, essa disciplina anche le questioni connesse all’opponibilità ai terzi di detta procedura di insolvenza.

52

Inoltre, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento 2015/848, la legge fallimentare italiana determina in particolare, alla lettera b), «i beni facenti parte della massa fallimentare e la sorte dei beni acquisiti dal debitore dopo l’apertura della procedura di insolvenza» e, alla lettera m), «le disposizioni relative alla nullità, all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori». Allo stesso modo, in forza dell’articolo 19 del medesimo regolamento, la sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal Tribunale di Venezia produce i suoi effetti ipso iure in tutta l’Unione nei confronti di tutti i terzi e quindi, nel caso di specie, nei confronti della ricorrente e dell’EUIPO.

53

La legge fallimentare italiana prevede, in sostanza, ai suoi articoli 16 e 17, che la sentenza dichiarativa di fallimento è opponibile al debitore (la persona fisica o giuridica dichiarata fallita) dal suo deposito nella cancelleria del giudice e ai terzi dalla sua iscrizione nel registro italiano delle imprese (nel caso di specie il 13 ottobre 2017); al suo articolo 42, relativo allo spossessamento del debitore, che la gestione dei beni del debitore è affidata al soggetto incaricato della liquidazione del fallimento; al suo articolo 44, che tutti gli atti compiuti dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento o che non hanno acquisito data certa prima della dichiarazione di fallimento sono inefficaci e inopponibili nei confronti dei terzi, tra cui la massa dei creditori, e, al suo articolo 45, che le formalità necessarie per rendere opponibile un atto ai terzi, tra cui la massa dei creditori, sono inoperanti se sono state eseguite dopo la dichiarazione di fallimento.

54

È alla luce di tali disposizioni che occorre esaminare le cinque parti del motivo unico della ricorrente.

Sulla prima parte del motivo unico, vertente sulla violazione da parte dell’EUIPO delle sue competenze in forza degli articoli 20 e 24 del regolamento 2017/1001

55

Con la prima parte del motivo unico, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’EUIPO deve soltanto verificare i requisiti formali di una domanda di registrazione del trasferimento di un marchio, in forza in particolare dell’articolo 20 del regolamento 2017/1001, e che non spetta ad esso esaminare le questioni di merito, le quali non rientrerebbero nelle sue competenze.

56

Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che l’EUIPO ha travalicato i limiti delle sue competenze e dei suoi poteri, da un lato, esaminando questioni relative al diritto di proprietà in forza del diritto italiano e, dall’altro, non limitandosi all’esame formale dei documenti forniti a sostegno delle domande di iscrizione dei trasferimenti del marchio in questione, vale a dire accordi scritti muniti della firma delle parti interessate. L’EUIPO avrebbe quindi dovuto unicamente esaminare se fosse stata prodotta la prova sufficiente di detti trasferimenti e se i documenti presentati contenessero gli elementi menzionati nelle domande di registrazione di tali trasferimenti. Dalla giurisprudenza del Tribunale risulterebbe altresì che l’EUIPO non è autorizzato a valutare la validità e gli effetti giuridici di una cessione di marchio alla luce del diritto nazionale in vigore. Orbene, la commissione di ricorso avrebbe travalicato i limiti delle sue competenze e dei suoi poteri valutando, nel merito, se l’inventario allegato alla sentenza dichiarativa del fallimento dell’interveniente fornisse la prova della proprietà del marchio di cui trattasi.

57

Secondo la ricorrente, è pacifico che la domanda di registrazione dei trasferimenti di detto marchio, presentata il 16 aprile 2018, soddisfaceva tutti i requisiti sostanziali e formali, atteso che i contratti di cessione erano stati conclusi per iscritto e firmati dalle due parti interessate da ciascuno di tali trasferimenti. Pur ammettendo che, a tale data – data in cui sono state effettuate le iscrizioni di detti trasferimenti – la titolare registrata di tale marchio era l’interveniente, essa sostiene tuttavia che il registro non rifletteva la situazione giuridica, poiché l’interveniente aveva ceduto il marchio di cui trattasi nel 2014 alla Spring Holdings, la quale lo aveva a sua volta ceduto alla ricorrente nel corso del mese di dicembre 2017. Essa conclude da ciò che detti trasferimenti sono stati registrati il 16 aprile 2018 conformemente ai requisiti giuridici applicabili e che l’EUIPO non poteva esaminare se gli accordi conclusi nel 2014 (trasferimento a favore della Spring Holdings) o nel 2017 (trasferimento a suo favore) fossero validi alla luce del diritto italiano o del diritto irlandese.

58

In via preliminare, da un lato, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, applicabile all’EUIPO, l’istituzione o l’agenzia competente è tenuta ad esaminare, in modo accurato ed imparziale, tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti della fattispecie [v., in tal senso, sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14; del 15 luglio 2011, Zino Davidoff/UAMI – Kleinakis kai SIA (GOOD LIFE), T‑108/08, EU:T:2011:391, punto 19, e del 25 settembre 2018, Grendene/EUIPO – Hipanema (HIPANEMA), T‑435/17, non pubblicata, EU:T:2018:596, punto 79 e giurisprudenza ivi citata]. In particolare, l’EUIPO, che tiene un pubblico registro, deve, a tale titolo, prendere diligentemente in considerazione i fatti che possono avere implicazioni giuridiche sulle menzioni che egli inserisce in detto registro.

59

Dall’altro lato, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza citata dalla ricorrente, l’articolo 19 del regolamento 2017/1001 non esige, in via di principio, che l’EUIPO esamini e applichi le leggi degli Stati membri relative a un marchio dell’Unione europea come oggetto di proprietà. In particolare, da tale disposizione emerge che l’EUIPO o i giudici dell’Unione devono esaminare questioni contrattuali o giuridiche derivanti dal diritto nazionale o statuire su di esse [v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2011, Chalk/UAMI – Reformed Spirits Company Holdings (CRAIC), T‑83/09, non pubblicata, EU:T:2011:450, punto 27].

60

Secondo questa medesima giurisprudenza, un eventuale conflitto tra due cessioni di marchio solleva questioni relative al diritto dei contratti e al diritto di proprietà che esulano dall’ambito di applicazione dell’articolo 20 del regolamento 2017/1001 e del regolamento di esecuzione 2018/626 e il cui trattamento non rientra nelle competenze dell’EUIPO. Ne consegue che non spetta all’EUIPO esaminare la validità e gli effetti giuridici di un trasferimento di marchio dell’Unione europea secondo il diritto nazionale applicabile (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2011, CRAIC, T‑83/09, non pubblicata, EU:T:2011:450, punti 3031).

61

Pertanto, come del resto rilevato dall’EUIPO nel suo controricorso, da tale giurisprudenza risulta che, in sede di trattamento di una domanda di iscrizione di un trasferimento di marchio dell’Unione europea, la competenza dell’EUIPO si limita, di regola, all’esame dei requisiti formali di cui all’articolo 20 del regolamento 2017/1001 e all’articolo 13 del regolamento di esecuzione 2018/626 e non implica una valutazione delle questioni di merito che possono sorgere nell’ambito del diritto nazionale applicabile.

62

Occorre tuttavia, conformemente a costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v. sentenza del 4 febbraio 2016, Hassan, C‑163/15, EU:C:2016:71, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

63

In particolare, l’articolo 20 del regolamento 2017/1001 deve essere interpretato alla luce delle disposizioni contenute nella medesima sezione del regolamento 2017/1001, intitolata «Marchio UE come oggetto di proprietà» (capo II, sezione 4, articoli da 19 a 29), il cui scopo è garantire che un simile marchio possa «essere trasferito (…) [,] dato in pegno a un terzo o costituire oggetto di licenze» (v. considerando 26 di detto regolamento).

64

Pertanto, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 20 del regolamento 2017/1001, l’EUIPO deve tener conto, in particolare, dell’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento, in forza del quale i trasferimenti di marchio dell’Unione europea sono opponibili ai terzi, di regola, soltanto dopo essere stati iscritti nel registro dei marchi dell’Unione europea, circostanza da cui emerge del resto che una siffatta iscrizione non ha effetto retroattivo.

65

Inoltre, quando, eventualmente, come nel caso di specie, è stata avviata una procedura di insolvenza nei confronti del titolare di un marchio, l’EUIPO deve tener conto delle disposizioni dell’articolo 27, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001, da cui risulta che l’opponibilità ai terzi di tali procedure è disciplinata dalla legislazione nazionale.

66

Orbene, nel caso di specie, la procedura relativa all’insolvenza dell’interveniente è disciplinata dalla legislazione italiana, circostanza che la ricorrente non contesta. In particolare, dalle informazioni fornite dal curatore all’EUIPO emerge, anzitutto, che gli articoli 16 e 17 della legge fallimentare italiana prevedono, in sostanza, che la sentenza dichiarativa di fallimento è opponibile, da un lato, al debitore, ossia la persona fisica o giuridica fallita, a partire dal deposito di tale sentenza nella cancelleria del giudice e, dall’altro, ai terzi dalla sua iscrizione nel registro italiano delle imprese. Dall’articolo 42 di tale legge emerge poi che la gestione della società fallita è affidata al curatore. Infine, dagli articoli 44 e 45 risulta, da un lato, che tutti gli atti compiuti dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento, o che non hanno data certa prima della dichiarazione di fallimento, sono inefficaci e inopponibili nei confronti dei terzi, tra cui la massa dei creditori, e che, dall’altro, le formalità necessarie per rendere un atto opponibile a questi medesimi terzi sono inoperanti se sono state eseguite dopo la dichiarazione di fallimento.

67

Pertanto, nel caso di specie, conformemente all’articolo 27, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001, le implicazioni della procedura fallimentare dovevano essere dedotte dalla legislazione italiana, in particolare tenendo debitamente conto delle sue conseguenze sugli atti compiuti dal debitore dopo tale dichiarazione di fallimento o che non avevano acquisito data certa prima di detta dichiarazione.

68

Di conseguenza, alla luce di quanto precede, occorre ritenere che, se è vero che l’EUIPO deve certamente limitarsi all’esame dei requisiti formali di validità di una domanda di registrazione di un trasferimento di marchio ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001 e dell’articolo 13 del regolamento di esecuzione 2018/626, un simile esame implica, tuttavia, di prendere diligentemente in considerazione i fatti che possono avere implicazioni giuridiche per la domanda di registrazione di un simile trasferimento, compresa l’esistenza di una procedura fallimentare.

69

L’obbligo di diligenza che grava sull’EUIPO in forza del principio ricordato al precedente punto 58 è ancor più cogente qualora, come nel caso di specie, prima di ricevere una domanda di registrazione del trasferimento di un marchio dell’Unione europea, l’EUIPO sia stato informato, con una domanda di iscrizione anteriore presentata conformemente all’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, che tale marchio era incluso in una procedura di insolvenza, vale a dire una procedura volta alla realizzazione dell’attivo della titolare di tale marchio a vantaggio dei suoi creditori. In un caso del genere, spetta all’EUIPO trattare detta domanda di registrazione di trasferimento con particolare diligenza, al fine di prendere in considerazione l’obiettivo di «garantire l’efficacia» della procedura di insolvenza di cui al considerando 36 del regolamento 2015/848, in particolare se l’esistenza, la validità o la data certa di detto trasferimento venga contestata dal curatore.

70

La ricorrente fa tuttavia valere, in sostanza, che una domanda di registrazione di un trasferimento di marchio dell’Unione europea è totalmente indipendente da qualsiasi domanda anteriore relativa all’iscrizione di una procedura di insolvenza che incida sullo stesso marchio. Essa sostiene che l’EUIPO è competente unicamente a verificare i requisiti formali del trasferimento e che esso dovrebbe astenersi da qualsiasi valutazione delle eventuali implicazioni della prima domanda sulle domande successive.

71

Orbene, alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 58 e 69, una siffatta argomentazione deve essere respinta. Infatti, una volta informato dell’avvio di una procedura di insolvenza che include un marchio dell’Unione europea da parte di un organo giurisdizionale nazionale, l’EUIPO non può non tener conto di tale fatto qualora, in una data successiva, venga presentata una domanda di registrazione di un trasferimento riguardante il medesimo marchio, e tantomeno qualora, per di più, la persona incaricata della liquidazione dei beni che fanno parte della massa fallimentare contesti espressamente l’esistenza o la validità del documento prodotto a sostegno di detta domanda e un’azione giudiziaria sia stata proposta a tal riguardo.

72

Inoltre, nel caso di specie, come ricordato al precedente punto 66, in forza della legislazione italiana applicabile, la procedura di insolvenza di cui trattasi aveva l’effetto di rendere inoperanti le formalità necessarie per assicurare l’opponibilità ai terzi di un atto del debitore dal momento che esse erano state eseguite dopo la dichiarazione di fallimento. Di conseguenza, poiché tale dichiarazione aveva prodotto i suoi effetti anteriormente alla domanda di registrazione dei trasferimenti di cui trattasi e l’EUIPO ne era stato informato prima di detta domanda, quest’ultimo era tenuto a sospendere l’iscrizione di tali trasferimenti fino all’esame nel merito della causa da parte del giudice nazionale.

73

Per contro, seguire l’argomentazione della ricorrente non solo comporterebbe, in pratica, un’elusione delle disposizioni nazionali in materia di insolvenza e del loro obiettivo, vale a dire la tutela dei creditori, ma priverebbe anche l’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001 di gran parte del suo effetto utile.

74

La commissione di ricorso ha quindi correttamente constatato, in particolare, al punto 56 della decisione impugnata, che, poiché il marchio di cui trattasi era menzionato nell’inventario allegato alla sentenza dichiarativa del fallimento dell’interveniente, l’EUIPO era tenuto a prendere in considerazione tale fatto e ad iscrivere nel registro la procedura di insolvenza relativa a detto marchio, conformemente alla domanda del curatore. In tal modo, la commissione di ricorso ha semplicemente ricordato l’obbligo di diligenza che incombeva all’EUIPO, quale esplicitato ai precedenti punti da 58 a 69. Inoltre, nel medesimo punto della sua decisione, la commissione di ricorso ha altresì correttamente ricordato che l’EUIPO non era autorizzato a contestare detto inventario, in quanto non poteva sostituirsi ai giudici nazionali.

75

La prima parte del motivo unico dev’essere quindi respinta.

Sulla seconda parte del motivo unico, relativa all’erronea presa in considerazione da parte dell’EUIPO e della commissione di ricorso della sentenza dichiarativa di fallimento del 13 ottobre 2017

76

Con la seconda parte del motivo unico, la ricorrente ritiene, in sostanza, che la commissione di ricorso abbia commesso un errore nel ritenere che mancasse una fase essenziale della procedura, per il motivo che l’EUIPO, quando aveva effettuato la registrazione dei trasferimenti del marchio in questione il 16 aprile 2018, non aveva preso in considerazione il fatto che esso stesso aveva ignorato la domanda anteriore di iscrizione nel registro della procedura di insolvenza relativa all’interveniente, presentata dal curatore il 25 ottobre 2017 in forza dell’articolo 24 del regolamento 2017/1001. La ricorrente ritiene che, alla data della domanda di registrazione di detti trasferimenti, l’interveniente non poteva più essere considerata titolare di tale marchio, in quanto quest’ultimo era stato precedentemente trasferito dall’interveniente alla Spring Holdings con un contratto di cessione del 26 giugno 2014 e detta società l’aveva successivamente trasferito alla ricorrente. Secondo quest’ultima, l’iscrizione della procedura di insolvenza ai sensi dell’articolo 24 del regolamento 2017/1001 non avrebbe quindi potuto avere alcuna incidenza, in quanto, nell’ottobre 2017 e nell’aprile 2018, l’interveniente non poteva più essere considerata titolare di detto marchio.

77

La ricorrente ritiene che, anche se l’EUIPO avesse iscritto nel registro la procedura di insolvenza, i trasferimenti del marchio in questione, prima a favore della Spring Holdings, poi a favore della ricorrente, avrebbero tuttavia dovuto essere registrati, in quanto, da un lato, tutti i requisiti per la registrazione di un trasferimento enunciati all’articolo 20 del regolamento 2017/1001 (accordo scritto, firme, domanda di registrazione) erano soddisfatti e la prova richiesta era stata prodotta e, dall’altro, alla data di siffatta iscrizione nel registro, l’interveniente non era più titolare di tale marchio, il quale era stato ceduto alla Spring Holdings. Essa sostiene che l’iscrizione della procedura di insolvenza nel registro non avrebbe potuto avere l’effetto di reintegrare nell’attivo dell’interveniente, società fallita, elementi – come il suddetto marchio – che, alla data di apertura della procedura di insolvenza, non facevano più parte dei suoi beni. Essa aggiunge che l’insolvenza in quanto tale e l’iscrizione della procedura di insolvenza nel registro producono effetti per il futuro, come risulterebbe dall’articolo 27, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001.

78

Anzitutto, occorre rilevare che è pacifico tra le parti che l’interveniente è stata dichiarata fallita con sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata il 13 ottobre 2017 dal Tribunale di Venezia in applicazione della legge fallimentare italiana e resa opponibile ai terzi lo stesso giorno conformemente a detta legge, la quale, in forza dell’articolo 27, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001, disciplina l’opponibilità ai terzi di tale procedura. Pertanto, a partire da tale data, l’interveniente non era più legittimata a trasferire il marchio in questione ai sensi dell’articolo 20 del medesimo regolamento e l’EUIPO non poteva effettuare la registrazione di un trasferimento richiesto dopo tale data.

79

La commissione di ricorso, ai punti 46 e 47 della decisione impugnata, ha semplicemente ricordato le conseguenze di una simile sentenza dichiarativa di fallimento per la parte iscritta come titolare di un marchio dell’Unione europea alla data di tale sentenza, vale a dire il divieto di amministrare il suo attivo (beni e titoli di proprietà iscritti nel registro) e la nullità o l’inopponibilità di qualsiasi atto successivo nei confronti dei creditori (comprese le formalità necessarie per assicurare l’opponibilità di un atto ai terzi, che sono inoperanti se eseguite dopo la dichiarazione di insolvenza). Essa ha osservato che, nel caso di specie, alla data della pronuncia di detta sentenza, il 13 ottobre 2017, l’interveniente era iscritta nel registro dell’EUIPO quale titolare del marchio in questione e che tale marchio figurava nell’inventario del fallimento.

80

A tal riguardo, è necessario constatare che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la commissione di ricorso non ha valutato nel merito se l’inventario fornisse la prova della proprietà del marchio di cui trattasi. Infatti, la commissione di ricorso ha semplicemente preso in considerazione un documento ufficiale approvato dal Tribunale di Venezia, competente a conoscere della procedura di insolvenza, e ha constatato, al punto 56 della decisione impugnata, che non era stata fornita alcuna prova atta a dimostrare che tale documento era stato contestato dinanzi a un tribunale. Inoltre, ai punti 48 e 49 di tale decisione, la commissione di ricorso ha rilevato che l’EUIPO non aveva trattato la domanda del curatore, ricevuta il 25 ottobre 2017, relativa all’iscrizione nel registro della procedura di insolvenza riguardante l’interveniente e che tale domanda era ancora pendente il 16 aprile 2018, data del deposito della domanda di registrazione dei trasferimenti di detto marchio dall’interveniente alla Spring Holdings e da quest’ultima alla ricorrente.

81

La commissione di ricorso ha quindi correttamente ritenuto, ai punti da 50 a 54 della decisione impugnata, che l’argomento della ricorrente secondo cui la cessione del marchio in questione da parte dell’interveniente alla Spring Holdings era avvenuta il 26 giugno 2014 (vale a dire prima della dichiarazione di fallimento dell’interveniente) non consentisse di considerare regolari le iscrizioni di trasferimento effettuate il 16 aprile 2018 e, in sostanza, che tale argomento fosse inoperante.

82

Al riguardo, la commissione di ricorso si è correttamente basata sull’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, relativo all’opponibilità ai terzi degli atti giuridici quali i trasferimenti di marchio, che viene acquisita solo dopo la loro iscrizione nel registro. Essa ha ritenuto che la presunta cessione del marchio in questione da parte dell’interveniente, indipendentemente dalla sua validità e dalla certezza della sua data, non fosse stata, in ogni caso, iscritta nel registro dell’EUIPO prima della sentenza dichiarativa di fallimento del 13 ottobre 2017 e che, pertanto, essa non potesse produrre effetti nei confronti del curatore, il quale doveva essere qualificato come «terzo», poiché non era parte di tale presunta cessione. Inoltre, alla luce dell’articolo 27, paragrafo 4, del medesimo regolamento, essa si è correttamente basata sull’articolo 45 della legge fallimentare italiana, il quale dispone che tutte le formalità necessarie per assicurare l’opponibilità ai terzi di un atto sono inoperanti se sono state eseguite dopo la dichiarazione di insolvenza, come è avvenuto nel caso di specie.

83

Dalla decisione impugnata risulta quindi che la commissione di ricorso non ha statuito sulle questioni giuridiche di merito rientranti nella competenza dei giudici nazionali e del diritto nazionale, quali la proprietà del marchio di cui trattasi alla luce del diritto italiano o la validità sostanziale dei trasferimenti di tale marchio registrati il 16 aprile 2018. Al contrario, ai punti 53 e 56 della decisione impugnata, essa si è espressamente dichiarata priva di competenza al riguardo e ha debitamente riconosciuto la competenza giurisdizionale dei giudici nazionali in materia.

84

Infine, nei limiti in cui la ricorrente invoca il punto 30 della sentenza del 9 settembre 2011, CRAIC (T‑83/09, non pubblicata, EU:T:2011:450), occorre ricordare che, in tale punto di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che la prima domanda di registrazione del trasferimento del marchio interessato nella causa che ha dato luogo a tale sentenza soddisfaceva i requisiti della regola 31 del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU 1995, L 303, pag. 1) (divenuta articolo 13 del regolamento di esecuzione 2018/626), in quanto essa era accompagnata da un documento di cessione del marchio corrispondente ai requisiti di tale regola, cosicché detta domanda e la registrazione del cessionario come nuovo titolare del marchio di cui trattasi erano valide. Il Tribunale ha invece dichiarato che una seconda domanda di registrazione di trasferimento del medesimo marchio non era conforme a tali requisiti, atteso che il cedente non corrispondeva al titolare iscritto, il quale era a quel tempo già il cessionario nell’ambito del trasferimento anteriore di detto marchio. Al riguardo, il Tribunale ha rilevato che un eventuale conflitto tra le due cessioni di cui tale marchio era stato oggetto sollevava questioni relative al diritto dei contratti e al diritto di proprietà, le quali esulavano dall’ambito di applicazione della suddetta regola e il cui esame non rientrava nelle competenze dell’EUIPO.

85

Tuttavia, tali considerazioni non implicano che, nel caso di specie, la commissione di ricorso abbia valutato la validità sostanziale dei trasferimenti del marchio in questione, come sembra lasciare intendere la ricorrente. Al riguardo, è sufficiente rilevare che, nella controversia sulla quale si è pronunciato il Tribunale nella sentenza del 9 settembre 2011, CRAIC (T‑83/09, non pubblicata, EU:T:2011:450), il ricorrente non ha invocato, a sostegno della sua domanda di registrazione di trasferimento di marchio, una decisione di un giudice nazionale relativa a una procedura di insolvenza analoga alla sentenza pronunciata nel caso di specie dal Tribunale di Venezia. L’EUIPO non era quindi tenuto ad applicare il diritto nazionale e il riferimento alla sentenza citata non è quindi pertinente. In ogni caso, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso si è limitata a prendere atto di detta sentenza italiana e, come già rilevato al precedente punto 83, essa stessa non si è pronunciata sulla proprietà del marchio di cui trattasi alla luce del diritto italiano né ha valutato la validità sostanziale dei trasferimenti di quest’ultimo.

86

La seconda parte del motivo unico dev’essere quindi respinta.

Sulla terza parte del motivo unico, vertente sull’inapplicabilità nel caso di specie dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001

87

Con la terza parte del motivo unico, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 non può trovare applicazione nel caso di specie, atteso che esso riguarderebbe unicamente situazioni in cui più parti rivendicano un diritto su un marchio dell’Unione europea, vale a dire invocano atti giuridici aventi ad oggetto o per effetto la creazione o il trasferimento di diritti su un simile marchio. Per contro, esso non sarebbe applicabile a una situazione, come quella della presente causa, in cui un’entità non è più la titolare del marchio interessato alla data di apertura di una procedura di insolvenza che la riguarda, perché essa ha ceduto tale marchio a un’altra entità anni prima.

88

A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento 2017/1001, gli atti giuridici relativi al marchio dell’Unione europea di cui agli articoli 20, 22 e 25 di tale medesimo regolamento sono opponibili ai terzi in tutti gli Stati membri soltanto dopo essere stati iscritti nel registro.

89

È necessario constatare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che tale disposizione fosse applicabile nel caso di specie.

90

Ai punti da 47 a 54 della decisione impugnata, infatti, la commissione di ricorso ha rilevato che la proprietà del marchio in questione alla data del 13 ottobre 2017 – data in cui la titolare registrata di tale marchio, ossia l’interveniente, era stata dichiarata fallita – era oggetto di una controversia tra la ricorrente e il curatore, il quale rappresenta la massa dei creditori dell’interveniente, e che la presunta cessione di tale proprietà, che, secondo la ricorrente, era avvenuta nel 2014, non era, in ogni caso, opponibile ai terzi, tra cui il curatore, in quanto non era stata iscritta nel registro dell’EUIPO prima del 13 ottobre 2017.

91

Ne consegue che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 è applicabile nel caso di specie, in particolare al presunto contratto di cessione del marchio in questione del 2014, che non è stato reso opponibile ai terzi conformemente a tale disposizione prima del 13 ottobre 2017, data di decorrenza degli effetti e dell’opponibilità ai terzi della sentenza dichiarativa del fallimento dell’interveniente ai sensi della legge fallimentare italiana, applicabile in forza dell’articolo 27, paragrafo 4, del medesimo regolamento e dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento 2015/848.

92

La terza parte del motivo unico dev’essere quindi respinta.

Sulla quarta parte del motivo unico, vertente sull’applicabilità nel caso di specie dell’eccezione di conoscenza di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 e sulla presunta conoscenza, da parte dell’interveniente e del curatore, del contratto di cessione del 2014

93

Con la quarta parte del motivo unico, la ricorrente ritiene, in sostanza, che la commissione di ricorso abbia commesso un errore non prendendo in considerazione il fatto che l’interveniente e il curatore erano a conoscenza della cessione del marchio in questione avvenuta nel 2014, il che sarebbe provato dall’esistenza dell’accordo di licenza relativo a detto marchio, concluso il 30 dicembre 2014 tra l’interveniente e la Spring Holdings, e dalla proroga di tale accordo di licenza da parte del curatore con un messaggio di posta elettronica del 7 dicembre 2017. Ciò risulterebbe anche da una «lettera di accordo» del 24 novembre 2017, con la quale la Spring Holdings ha proposto di prolungare la durata dell’accordo di licenza fino al 30 novembre 2022.

94

In ogni caso, secondo la ricorrente, il curatore non poteva essere considerato un terzo (anche agendo nell’interesse dei creditori dell’interveniente), poiché aveva istaurato un rapporto contrattuale con essa, in quanto parte dell’accordo di licenza. La ricorrente perviene quindi alla conclusione che, anche se l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 fosse applicabile nel caso di specie, l’interveniente e il curatore stesso non potrebbero invocare tale disposizione, perché essi erano effettivamente a conoscenza della cessione anteriore del marchio in questione alla Spring Holdings, avvenuta nel 2014.

95

Occorre rilevare che tali argomenti si fondano sull’eccezione di conoscenza di cui all’articolo 27, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento 2017/1001, secondo cui, anche prima della sua iscrizione nel registro dell’EUIPO, un atto giuridico riguardante un marchio dell’Unione europea è opponibile ai terzi che hanno acquisito diritti sul marchio dopo la data dell’atto, se erano a conoscenza di tale atto al momento dell’acquisizione di detti diritti.

96

Tuttavia, è necessario constatare che, nel caso di specie, l’EUIPO non era in grado di applicare tale eccezione di conoscenza.

97

Come già rilevato al precedente punto74, infatti, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto, al punto 56 della decisione impugnata, che, dato che il marchio in questione era menzionato nell’inventario allegato alla sentenza dichiarativa di fallimento del 13 ottobre 2017, non spettasse all’EUIPO contestare tale inventario, in quanto esso non poteva sostituirsi ai giudici nazionali ed era tenuto ad iscrivere nel registro la procedura di insolvenza relativa a detto marchio. Nello stesso punto della decisione in parola, la commissione di ricorso ha altresì correttamente ritenuto che la domanda di registrazione dei trasferimenti di tale marchio presentata dalla ricorrente a seguito della dichiarazione di fallimento dell’interveniente fosse tardiva e che la ricorrente non avesse fornito la prova che la sentenza dichiarativa di fallimento era errata sulla base di una decisione giudiziaria nazionale.

98

Di conseguenza, non spettava all’EUIPO verificare se, alla data della sentenza dichiarativa del fallimento dell’interveniente, l’eccezione di conoscenza potesse essere opposta a quest’ultima e al curatore. Ne consegue che la parte in esame è inoperante.

99

In ogni caso, per quanto riguarda la presunta conoscenza da parte dell’interveniente e del curatore, al 13 ottobre 2017, della cessione del marchio in questione da parte dell’interveniente alla Spring Holdings, asseritamente avvenuta nel 2014, occorre osservare quanto segue.

100

Da un lato, per quanto riguarda l’interveniente, occorre ricordare che la Corte, relativamente allo scopo della disciplina sancita nell’articolo 27, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento 2017/1001, ha dichiarato che l’inopponibilità ai terzi degli atti giuridici di cui agli articoli 20, 22 e 25 di tale regolamento che non sono stati iscritti nel registro è volta a tutelare chi vanta o può vantare diritti su un marchio dell’Unione europea come oggetto di proprietà (v., in tal senso, sentenza del 4 febbraio 2016, Hassan, C‑163/15, EU:C:2016:71 punto 25).

101

Si deve pertanto ritenere che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 miri, nel caso di specie, a tutelare qualsiasi persona che vanti o possa vantare diritti sul marchio in questione come oggetto di proprietà, vale a dire i creditori dell’interveniente, società che è stata dichiarata fallita. Pertanto, la conoscenza del trasferimento di tale marchio da parte dell’interveniente stessa non è pertinente e non può incidere sui diritti dei suoi creditori sul suo patrimonio in liquidazione.

102

Dall’altro lato, per quanto riguarda il curatore, occorre esaminare se quest’ultimo abbia effettivamente confermato di essere a conoscenza della cessione del 2014 prima del 13 ottobre 2017, come sostiene la ricorrente.

103

Al riguardo, occorre sottolineare che, conformemente all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, l’eccezione di conoscenza si applica a coloro che, dopo aver successivamente acquisito diritti sul marchio interessato, erano a conoscenza dell’atto «al momento dell’acquisizione di detti diritti», vale a dire, nel caso di specie, il 13 ottobre 2017, come riconosce la ricorrente stessa al punto 74 del ricorso.

104

Orbene, è anzitutto pacifico che il curatore non è stato coinvolto né nel contratto di cessione né nell’accordo di licenza invocati dalla ricorrente, asseritamente conclusi nel 2014.

105

Dal fascicolo risulta poi che il curatore ha contestato la validità di detto contratto di cessione e di detto accordo di licenza dinanzi al Tribunale di Venezia. Nel documento stesso sul quale si basa la ricorrente, vale a dire l’atto introduttivo del giudizio presentato dal curatore a tale Tribunale il 13 giugno 2019, viene espressamente menzionato che il curatore è venuto a conoscenza del contratto di cessione, «per la prima (e unica) volta», nel corso del mese di giugno 2018 (ossia dopo la sentenza dichiarativa di fallimento del 13 ottobre 2017), proprio a causa del procedimento dinanzi all’EUIPO.

106

A sostegno delle sue affermazioni, la ricorrente fa semplicemente riferimento alla «lettera di accordo», vale a dire una corrispondenza riguardante la proroga dell’accordo di licenza risalente ai mesi di novembre e dicembre 2017. Al riguardo, occorre evidenziare che la corrispondenza invocata dalla ricorrente è successiva alla sentenza dichiarativa di fallimento, datata 13 ottobre 2017. In ogni caso, dal fascicolo risulta che il curatore ha respinto le asserzioni della ricorrente, affermando che la proposta di proroga dell’accordo di licenza presentata dalla Spring Holdings il 24 novembre 2017 era «meramente temporanea e provvisoria ed escludeva, con ogni evidenza, le azioni contro la presunta cessione dei marchi», tra i quali il marchio in questione. Come espressamente menzionato nella domanda del curatore diretta ad ottenere l’autorizzazione ad accettare tale proroga, l’autorizzazione «non pregiudicava ogni eventuale azione intrapresa per determinare se la cessione dei marchi fosse legittima e corrispondesse a un prezzo ragionevole, nonché per stabilire qualsiasi altra circostanza riguardo all’oggetto». Inoltre, il curatore ha contestato dinanzi alla commissione di ricorso la veridicità del messaggio di posta elettronica, asseritamente inviato dal medesimo in risposta a detta proposta e invocato dalla ricorrente, e quest’ultima non ha provato che il curatore abbia mai firmato tale proposta. Pertanto, siffatti elementi non possono provare la conoscenza da parte del curatore, alla data del 13 ottobre 2017, del presunto contratto di cessione del 26 giugno 2014.

107

La commissione di ricorso ha quindi correttamente ritenuto, in sostanza, che l’eccezione di conoscenza di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 non trovasse applicazione nel caso di specie e che il presunto contratto di cessione e il presunto accordo di licenza del 2014, indipendentemente dalla loro validità e dalla certezza della loro data alla luce del diritto italiano, fossero, in ogni caso, inopponibili all’interveniente e al curatore alla data del 13 ottobre 2017.

108

La quarta parte del motivo unico dev’essere quindi respinta.

Sulla quinta parte del motivo unico, vertente sull’erronea applicazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001 da parte della commissione di ricorso alle decisioni dell’EUIPO di cancellare le iscrizioni del 16 aprile 2018

109

Con la quinta parte del motivo unico, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’articolo 103 del regolamento 2017/1001 non è applicabile nel caso di specie, data l’assenza di «errore evidente» al momento dell’iscrizione da parte dell’EUIPO del trasferimento a suo favore del marchio in questione il 16 aprile 2018, nel rispetto della normativa. Essa ribadisce che l’interveniente, prima di essere dichiarata fallita, aveva ceduto tale marchio alla Spring Holdings, la quale glielo avrebbe a sua volta ceduto. Inoltre, l’errore dedotto dall’interveniente, ossia l’omissione di un atto procedurale, non sarebbe stato commesso alla data dell’iscrizione di detto trasferimento, ma risalirebbe all’ottobre 2017.

110

Al riguardo, occorre ricordare che la formulazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001, entrato in vigore il 1o ottobre 2017, differisce da quella dell’articolo 80 del regolamento n. 207/2009 in quanto riguarda qualsiasi «errore evidente» imputabile all’EUIPO, e non più soltanto qualsiasi «errore procedurale evidente» imputabile a quest’ultimo, il quale era stato definito dalla Corte come un errore flagrante di carattere procedurale commesso dall’EUIPO (v., in tal senso, sentenza del 31 ottobre 2019, Repower/EUIPO, C‑281/18 P, EU:C:2019:916, punto 29). Il carattere procedurale dell’errore evidente non è quindi una condizione di applicazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001.

111

Quanto al carattere «evidente» o flagrante dell’errore che giustifica l’adozione di una decisione di revoca di una decisione anteriore o la cancellazione di un’iscrizione, esso qualifica errori a tal punto manifesti che non consentono il mantenimento del dispositivo di tale decisione anteriore o di tale iscrizione senza una nuova analisi che sarà condotta successivamente dall’organo che ha adottato detta decisione o effettuato tale iscrizione [v., in tal senso, sentenza del 28 maggio 2020, Aurea Biolabs/EUIPO – Avizel (AUREA BIOLABS), T‑724/18 e T‑184/19, EU:T:2020:227, punti 2930 e giurisprudenza ivi citata].

112

Più in generale, secondo la giurisprudenza, un errore può essere qualificato come manifesto solo qualora esso possa essere individuato in modo evidente, alla luce dei criteri ai quali il legislatore ha inteso subordinare l’esercizio da parte dell’amministrazione del suo potere discrezionale, e gli elementi di prova prodotti siano sufficienti a privare di plausibilità la valutazione adottata da tale amministrazione, senza che tale valutazione possa essere ammessa come giustificata e coerente (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2019, Fleig/SEAE, T‑492/17, EU:T:2019:211, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

113

Nel caso di specie, occorre rilevare, quanto alla mancata iscrizione della procedura di insolvenza, che un fallimento deve essere considerato effettivo e opponibile a partire dalla data fissata dalla legislazione nazionale applicabile, nel caso di specie il 13 ottobre 2017, in forza degli articoli 44 e 45 della legge fallimentare italiana (v. segnatamente i precedenti punti 53 e 66). Inoltre, l’EUIPO era a conoscenza del fallimento dell’interveniente e, con decisione del 9 aprile 2018 (v. il precedente punto 8), aveva già espresso la sua intenzione di darne applicazione. Pertanto, poiché la prima iscrizione del trasferimento del marchio in questione da parte dell’interveniente alla Spring Holdings, richiesta il 18 ottobre 2017 dal loro rappresentante comune, è stata cancellata dall’EUIPO il 9 aprile 2018 con effetto retroattivo, detto marchio doveva essere considerato appartenente all’interveniente il 13 ottobre 2017 e, a maggior ragione, il 16 aprile 2018.

114

È necessario pertanto constatare che l’«errore evidente» imputabile all’EUIPO, ai sensi dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001, è stato commesso quando l’EUIPO, il 16 aprile 2018, ha iscritto nel registro i trasferimenti del marchio in questione su richiesta della ricorrente senza tener conto dell’esistenza e dell’opponibilità della sentenza dichiarativa del fallimento dell’interveniente del 13 ottobre 2017, che esso aveva omesso di iscrivere a seguito della domanda in tal senso depositata dal curatore il 25 ottobre 2017.

115

Le iscrizioni nel registro dei trasferimenti successivi del marchio in questione effettuate il 16 aprile 2018 costituivano quindi «errori evidenti» imputabili all’EUIPO, ai sensi dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001, atteso che, da un lato, il fallimento dell’interveniente era stato dichiarato anteriormente, ossia il 13 ottobre 2017, e che, dall’altro, alla data di tali iscrizioni, l’EUIPO era a conoscenza dell’apertura della procedura di insolvenza riguardante la titolare di tale marchio iscritta nel registro, ossia l’interveniente.

116

In condizioni normali ed esenti da errori, se la sentenza che dichiara fallita la titolare registrata del marchio in questione fosse stata debitamente iscritta nel registro alla data della domanda in tal senso del curatore, vale a dire il 25 ottobre 2017, qualsiasi domanda di registrazione successiva di un trasferimento riguardante il medesimo marchio sarebbe stata automaticamente sospesa e avrebbe potuto essere eseguita solo previa autorizzazione espressa del curatore o del tribunale nazionale competente a conoscere della procedura di insolvenza.

117

Iscrivendo i trasferimenti contestati su domanda della ricorrente il 16 aprile 2018, dopo aver omesso di procedere all’iscrizione nel registro della procedura di insolvenza riguardante la titolare del marchio in questione conformemente alla domanda del curatore del 25 ottobre 2017, l’EUIPO ha commesso un errore evidente, sicché esso era tenuto a cancellare, quanto prima, dette iscrizioni del 16 aprile 2018, inficiate da un siffatto errore evidente.

118

Al riguardo, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che l’obbligo di revocare una decisione o di cancellare un’iscrizione inficiata da un errore evidente imputabile all’EUIPO, attualmente imposto a quest’ultimo dall’articolo 103 del regolamento 2017/1001, mira a garantire una buona amministrazione nonché un’economia di procedure (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 31 ottobre 2019, Repower/EUIPO, C‑281/18 P, EU:C:2019:916, punto 32).

119

Inoltre, il termine di un anno dalla data di iscrizione nel registro, come prescritto dall’articolo 103, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, è stato debitamente rispettato al momento dell’adozione da parte del dipartimento incaricato della tenuta del registro dell’EUIPO, il 30 gennaio 2019, delle due decisioni recanti cancellazione delle iscrizioni nel registro T 014185659 et T 014188703 effettuate il 16 aprile 2018.

120

Ne consegue che le condizioni necessarie per l’applicazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001 da parte dell’EUIPO – in particolare da parte del dipartimento incaricato della tenuta del registro – erano soddisfatte.

121

La commissione di ricorso ha quindi correttamente confermato la decisione del suddetto dipartimento, del 30 gennaio 2019, di cancellare le iscrizioni relative ai trasferimenti successivi del marchio in questione effettuate il 16 aprile 2018.

122

La quinta parte del motivo unico dev’essere quindi respinta.

123

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve respingere il motivo unico e, pertanto, il ricorso nel suo complesso.

Sulle spese

124

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

125

Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO e dell’interveniente.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La Marina Yachting Brand Management Co. Ltd è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dalla Industries Sportswear Co. Srl.

 

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 settembre 2021.

Firme

Indice

 

Fatti

 

Conclusioni delle parti

 

In diritto

 

Sulla ricevibilità del secondo capo di conclusioni dell’interveniente

 

Nel merito

 

Osservazioni preliminari

 

Sulla prima parte del motivo unico, vertente sulla violazione da parte dell’EUIPO delle sue competenze in forza degli articoli 20 e 24 del regolamento 2017/1001

 

Sulla seconda parte del motivo unico, relativa all’erronea presa in considerazione da parte dell’EUIPO e della commissione di ricorso della sentenza dichiarativa di fallimento del 13 ottobre 2017

 

Sulla terza parte del motivo unico, vertente sull’inapplicabilità nel caso di specie dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001

 

Sulla quarta parte del motivo unico, vertente sull’applicabilità nel caso di specie dell’eccezione di conoscenza di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 e sulla presunta conoscenza, da parte dell’interveniente e del curatore, del contratto di cessione del 2014

 

Sulla quinta parte del motivo unico, vertente sull’erronea applicazione dell’articolo 103 del regolamento 2017/1001 da parte della commissione di ricorso alle decisioni dell’EUIPO di cancellare le iscrizioni del 16 aprile 2018

 

Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.