SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

9 marzo 2023 ( *1 )

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Decisione della Commissione europea che ordina un accertamento – Mezzi di ricorso contro lo svolgimento dell’accertamento – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 19 – Regolamento (CE) n. 773/2004 – Articolo 3 – Registrazione dei colloqui effettuati dalla Commissione nell’ambito delle sue indagini – Punto di partenza dell’indagine della Commissione»

Nella causa C‑693/20 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 21 dicembre 2020,

Intermarché Casino Achats SARL, con sede in Parigi (Francia), rappresentata da F. Abouzeid, S. Eder, J. Jourdan, C. Mussi e Y. Utzschneider, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da P. Berghe, A. Cleenewerck de Crayencour, A. Dawes e I.V. Rogalski, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A.‑L. Meyer e O. Segnana, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, P.G. Xuereb (relatore), A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: V. Giacobbo, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 febbraio 2022,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Intermarché Casino Achats SARL chiede l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 ottobre 2020, Intermarché Casino Achats/Commissione (T‑254/17, non pubblicata; in prosieguo la «sentenza impugnata», EU:T:2020:459), con la quale il Tribunale ha parzialmente respinto il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE e diretto all’annullamento della decisione C(2017) 1056 final della Commissione, del 9 febbraio 2017, che ordina alla Intermarché Casino Achats nonché a tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate di sottoporsi ad un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

Regolamento (CE) n. 1/2003

2

A termini del considerando 25 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1):

«Poiché diventa sempre più difficile individuare le infrazioni delle regole di concorrenza, per far sì che questa sia efficacemente tutelata è necessario ampliare i poteri di indagine della Commissione [europea]. La Commissione dovrebbe in particolare avere la facoltà di sentire chiunque possa disporre di informazioni utili e di verbalizzarne le dichiarazioni. Nel corso degli accertamenti, gli agenti incaricati dalla Commissione dovrebbero poter apporre sigilli per il tempo necessario agli accertamenti. I sigilli dovrebbero di norma essere apposti per non più di 72 ore. Gli agenti autorizzati dalla Commissione dovrebbero inoltre poter chiedere qualsiasi informazione in relazione all’oggetto e allo scopo dell’accertamento stesso».

3

Nel capitolo V, intitolato «Poteri di indagine», figura l’articolo 17 di tale regolamento, a sua volta intitolato «Indagini per settore economico e per tipo di accordi» il quale, al paragrafo 1, enuncia quanto segue:

«Se l’evoluzione degli scambi fra Stati membri, la rigidità dei prezzi o altre circostanze fanno presumere che la concorrenza può essere ristretta o falsata all’interno del mercato comune, la Commissione può procedere ad una sua indagine in un settore specifico dell’economia o nell’ambito di un tipo particolare di accordi in vari settori. Nel corso di tale indagine la Commissione può richiedere alle imprese o alle associazioni di imprese interessate di fornire le informazioni necessarie per l’applicazione degli articoli [101] e [102 TFUE] e svolgere i necessari accertamenti».

4

L’articolo 19 di detto regolamento, intitolato «Potere di raccogliere dichiarazioni», prevede quanto segue:

«1.   Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può sentire ogni persona fisica o giuridica che vi acconsenta ai fini della raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine.

2.   Se l’audizione di cui al paragrafo 1 si svolge nei locali di un’impresa, la Commissione ne informa l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio ha luogo l’audizione. I funzionari di quest’ultima possono, su richiesta di detta autorità, assistere gli agenti della Commissione e le altre persone che li accompagnano incaricati di svolgere l’audizione».

5

L’articolo 20 del medesimo regolamento, intitolato «Poteri della Commissione in materia di accertamenti», così dispone:

«1.   Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese e associazioni di imprese.

2.   Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere agli accertamenti dispongono dei seguenti poteri:

a)

accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto di imprese e associazioni di imprese;

b)

controllare i libri e qualsiasi altro documento connesso all’azienda, su qualsiasi forma di supporto;

c)

fare o ottenere sotto qualsiasi forma copie o estratti dei suddetti libri o documenti;

d)

apporre sigilli a tutti i locali e libri o documenti aziendali per la durata degli accertamenti e nella misura necessaria al loro espletamento;

e)

chiedere a qualsiasi rappresentante o membro del personale dell’impresa o dell’associazione di imprese spiegazioni su fatti o documenti relativi all’oggetto e allo scopo dell’ispezione e verbalizzarne le risposte.

3.   Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere agli accertamenti esercitano i loro poteri su presentazione di un mandato scritto che precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, nonché la sanzione prevista dall’articolo 23 per il caso in cui i libri e gli altri documenti connessi all’azienda richiesti siano presentati in modo incompleto e per il caso in cui le risposte fornite alle domande poste in applicazione del paragrafo 2 del presente articolo siano inesatte o fuorvianti. Prima degli accertamenti, la Commissione avvisa in tempo utile l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio essi devono essere compiuti.

4.   Le imprese e le associazioni di imprese sono obbligate a sottoporsi agli accertamenti ordinati dalla Commissione mediante decisione. La decisione precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, ne fissa la data di inizio ed indica le sanzioni previste dagli articoli 23 e 24, nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia [dell’Unione europea] avverso la decisione. La Commissione adotta tali decisioni dopo aver sentito l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti.

5.   Gli agenti dell’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti o le persone da essa autorizzate o incaricate, su domanda di tale autorità o della Commissione, prestano attivamente assistenza agli agenti e alle altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione. Essi dispongono a tal fine dei poteri definiti al paragrafo 2.

6.   Qualora gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione constatino che un’impresa si oppone ad un accertamento ordinato a norma del presente articolo, lo Stato membro interessato presta loro l’assistenza necessaria per l’esecuzione degli accertamenti, ricorrendo se del caso alla forza pubblica o a un’autorità equivalente incaricata dell’applicazione della legge.

7.   Se l’assistenza di cui al paragrafo 6 richiede l’autorizzazione di un’autorità giudiziaria ai sensi della legislazione nazionale, tale autorizzazione viene richiesta. Essa può anche essere richiesta in via preventiva.

8.   Qualora sia richiesta l’autorizzazione di cui al paragrafo 7, l’autorità giudiziaria nazionale controlla l’autenticità della decisione della Commissione e verifica che le misure coercitive previste non siano né arbitrarie né sproporzionate rispetto all’oggetto degli accertamenti. Nel verificare la proporzionalità delle misure coercitive, l’autorità giudiziaria nazionale può chiedere alla Commissione, direttamente o attraverso l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro, una spiegazione dettagliata, in particolare, dei motivi per i quali la Commissione sospetta un’infrazione agli articoli [101] e [102 TFUE] nonché della gravità della presunta infrazione e della natura del coinvolgimento dell’impresa interessata. Tuttavia la autorità giudiziaria nazionale non può né mettere in discussione la necessità degli accertamenti né chiedere che siano fornite informazioni contenute nel fascicolo della Commissione. Il controllo della legittimità della decisione della Commissione è riservato alla Corte di giustizia».

6

L’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, intitolato «Ammende», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«La Commissione può, mediante decisione, irrogare alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende il cui importo può giungere fino all’1% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente, quando esse, intenzionalmente o per negligenza:

(...)

c)

presentano in maniera incompleta, nel corso degli accertamenti effettuati a norma dell’articolo 20, i libri o altri documenti richiesti, connessi all’azienda, o rifiutano di sottoporsi agli accertamenti ordinati mediante decisione adottata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4;

d)

in risposta ad una domanda posta a norma dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera e),

forniscono una risposta inesatta o fuorviante,

non rettificano entro un termine stabilito dalla Commissione una risposta inesatta, incompleta o fuorviante data da un membro del personale, oppure

non forniscono o rifiutano di fornire una risposta completa su fatti inerenti all’oggetto e allo scopo di accertamenti ordinati mediante decisione adottata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4;

e)

sono stati infranti i sigilli apposti, in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera d), dagli agenti o dalle persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione».

Regolamento (CE) n. 773/2004

7

L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), intitolato «Avvio del procedimento», al paragrafo 3, prevede quanto segue:

«La Commissione può esercitare i poteri di indagine a norma del capitolo V del regolamento [n. 1/2003] prima dell’avvio del procedimento».

8

Nel capo III, intitolato «Indagini effettuate dalla Commissione», figura l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, intitolato «Potere di assumere dichiarazioni», che così dispone:

«1.   Quando la Commissione sente una persona con il consenso di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento [n. 1/2003], essa deve, all’inizio del colloquio, indicare la base giuridica e la finalità dello stesso e ricordarne la natura facoltativa. Essa informa inoltre la persona sentita qualora intenda effettuare una registrazione del colloquio.

2.   Il colloquio può svolgersi con qualsiasi mezzo, inclusi il telefono e le vie elettroniche.

3.   La Commissione può registrare in qualsiasi forma le dichiarazioni rese dalle persone sentite. Una copia dell’eventuale registrazione viene messa a disposizione della persona sentita per l’approvazione. All’occorrenza la Commissione può stabilire il termine entro il quale la persona sentita può comunicare eventuali correzioni da apportare alla dichiarazione resa».

Fatti e decisione controversa

9

I fatti all’origine della controversia sono riassunti come segue ai punti da 2 a 8 della sentenza impugnata:

«2. La Intermarché Casino Achats (...) è la società controllata comune della EMC Distribution, a sua volta controllata della Casino, Guichard‑Perrachon (in prosieguo: la “Casino”), e della ITM Alimentaire International, a sua volta controllata della ITM Entreprises (in prosieguo: la “Intermarché”), che esercitano le loro attività principalmente nel settore della distribuzione alimentare e non alimentare. La sua funzione principale è negoziare, a nome e per conto delle sue società controllanti, le condizioni di acquisto dei prodotti e la conclusione con i fornitori della convenzione annua prevista dal diritto francese.

3. Dopo avere ricevuto informazioni relative a scambi di informazioni tra la Casino e la Intermarché nel settore dei beni di largo consumo, la Commissione europea ha adottato [la decisione controversa].

4. Il dispositivo della decisione [controversa] così recita:

Articolo 1

La Intermarché Casino Achats (...) nonché tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate sono tenute a sottoporsi a un accertamento riguardante la loro eventuale partecipazione a pratiche concordate contrarie all’articolo 101 [TFUE] nei mercati dell’approvvigionamento di beni di largo consumo, nel mercato delle vendite di servizi ai fabbricanti di prodotti di marca e nei mercati di vendita ai consumatori di beni di largo consumo. Tali pratiche concordate consistono in:

a)

scambi di informazioni, a partire dal 2015, tra imprese e/o associazioni di imprese, in particolare la [International Casino Dia Corporation (ICDC)] (...), e/o i suoi membri, in particolare la Casino e l’AgeCore e/o i suoi membri, in particolare la Intermarché, riguardanti gli sconti ottenuti dai medesimi sui mercati dell’approvvigionamento di beni di largo consumo nei settori dei prodotti alimentari, dei prodotti per l’igiene e dei prodotti per la pulizia e i prezzi sul mercato delle vendite di servizi ai fabbricanti di prodotti di marca nei settori dei prodotti alimentari, dei prodotti per l’igiene e dei prodotti per la pulizia, in vari Stati membri dell’Unione europea, in particolare [in] Francia, e

b)

scambi di informazioni, almeno a partire dal 2016, tra la Intermarché e la Casino riguardanti le loro future strategie commerciali, in particolare in termini di assortimento, di sviluppo di negozi, di e‑commerce e di politica promozionale sui mercati dell’approvvigionamento di beni di largo consumo e sui mercati di vendita ai consumatori di beni di largo consumo, in Francia.

Tale accertamento può aver luogo in qualsiasi locale dell’impresa (…)

La [Intermarché Casino Achats] autorizza i funzionari e le altre persone incaricate dalla Commissione a procedere a un accertamento e i funzionari e le altre persone incaricate dall’autorità garante della concorrenza dello Stato membro interessato a prestare loro assistenza, o nominate da quest’ultimo a tal fine, ad accedere a tutti i suoi locali e mezzi di trasporto durante il normale orario d’ufficio. Essa sottopone ad accertamento i libri e qualsiasi altro documento connesso all’azienda, su qualsiasi forma di supporto, se i funzionari e le altre persone incaricate ne fanno richiesta e consente loro di esaminarli in loco e di fare o di ottenere, sotto qualsiasi forma, copie o estratti dei suddetti libri o documenti. Essa autorizza l’apposizione di sigilli a tutti i locali e libri o documenti aziendali per la durata degli accertamenti e nella misura necessaria al loro espletamento. Essa fornisce in loco, senza indugio e oralmente, chiarimenti relativi all’oggetto e allo scopo dell’accertamento se detti funzionari o persone ne fanno richiesta e autorizza qualsiasi rappresentante o membro del personale a fornire tali chiarimenti. Essa autorizza la verbalizzazione di tali chiarimenti in qualsiasi forma.

Articolo 2

L’accertamento può avere inizio il 20 febbraio 2017 o poco tempo dopo.

Articolo 3

La [Intermarché Casino Achats] e tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate sono destinatarie della presente decisione.

La presente decisione è notificata, immediatamente prima dell’accertamento, all’impresa (…) che ne è destinataria, ai sensi dell’articolo 297, paragrafo 2, [TFUE]”.

5. Dopo essere stata informata di tale accertamento dalla Commissione, l’Autorità francese garante della concorrenza ha adito il juge des libertés et de la détention des tribunaux de grande instance de Créteil (giudice competente per l’adozione di misure restrittive della libertà personale presso il Tribunale di primo grado di Créteil, Francia), al fine di chiedergli l’autorizzazione ad effettuare operazioni di [perquisizione] e di sequestro nei locali della ricorrente. Con ordinanza del 17 febbraio 2017, il giudice competente per l’adozione di misure restrittive della libertà personale ha autorizzato le [perquisizioni] e i sequestri richiesti in via preventiva. Poiché nessuna delle misure adottate al momento dell’accertamento ha richiesto l’uso di “poteri coercitivi” ai sensi dell’articolo 20, paragrafi da 6 a 8, del regolamento n. 1/2003, tale ordinanza non è stata notificata alla ricorrente.

6. L’accertamento ha avuto inizio il 20 febbraio 2017, data in cui gli ispettori della Commissione, accompagnati da rappresentanti dell’Autorità francese garante della concorrenza, si sono presentati presso la sede della ricorrente e le hanno notificato la decisione [controversa].

7. Nell’ambito dell’accertamento la Commissione ha effettuato, in particolare, una [perquisizione] degli uffici, una raccolta di materiale, in particolare informatico (computer portatili, telefoni cellulari, tablet, dispositivi di archiviazione), l’audizione di diverse persone e la copia del contenuto del materiale raccolto.

8. La ricorrente ha inviato alla Commissione una lettera datata 24 febbraio 2017, nella quale ha espresso riserve riguardo alla regolarità delle audizioni e, più in generale, dell’accertamento. Tali riserve sono state integrate con una lettera inviata alla Commissione il 13 marzo 2017».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

10

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2017, la ricorrente ha proposto, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. A sostegno del suo ricorso, la ricorrente ha dedotto, in sostanza, tre motivi. Il primo si basava su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 1/2003, il secondo verteva sulla violazione dell’obbligo di motivazione e il terzo sulla violazione del diritto all’inviolabilità del domicilio.

11

Nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha invitato la Commissione a produrre gli indizi di presunte infrazioni dei quali essa disponeva alla data della decisione controversa.

12

In risposta a tale invito, la Commissione ha, tra l’altro, prodotto resoconti di colloqui tenutisi nel 2016 e nel 2017 con tredici fornitori dei prodotti di largo consumo interessati che concludevano regolarmente accordi con la Casino e la Intermarché (allegati da Q.1 a Q.13 della risposta della Commissione del 10 gennaio 2019) (in prosieguo: i «colloqui con i fornitori»).

13

Con la sentenza impugnata, il Tribunale, avendo ritenuto che la Commissione non possedesse indizi sufficientemente seri da legittimare il sospetto dell’esistenza di un’infrazione consistente in scambi di informazioni tra la Casino e la Intermarché riguardanti le loro future strategie commerciali, ha annullato l’articolo 1, lettera b), della decisione controversa. Il Tribunale ha respinto il ricorso per il resto e ha condannato ciascuna delle parti a sopportare le proprie spese.

Conclusioni delle parti

14

Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare il punto 2 e, conseguentemente, il punto 3 del dispositivo della sentenza impugnata;

annullare l’articolo 1, lettera a), della decisione controversa e

condannare la Commissione alle spese di tutto il procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte.

15

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione e

condannare la ricorrente alle spese.

16

Il Consiglio dell’Unione europea chiede che la Corte voglia:

respingere il primo motivo di impugnazione e

condannare la ricorrente alle spese relative all’impugnazione.

Sull’impugnazione

17

A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce tre motivi. Il primo motivo verte sul fatto che il Tribunale avrebbe commesso diversi errori di diritto nel respingere l’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 1/2003, basata sull’assenza di mezzi di ricorso contro lo svolgimento degli accertamenti. Il secondo motivo verte sul fatto che il Tribunale avrebbe violato l’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 e l’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») nel considerare che i resoconti prodotti dalla Commissione per dimostrare il carattere sufficientemente serio degli indizi in suo possesso non erano viziati da un’irregolarità formale tale da pregiudicarne il valore probatorio. Il terzo motivo verte sul fatto che il Tribunale avrebbe violato il diritto all’inviolabilità del domicilio respingendo l’argomento della ricorrente, basato sulla mancanza, nella decisione controversa, di una limitazione della durata dell’accertamento.

Sul primo motivo, vertente su errori di diritto commessi dal Tribunale nell’ambito dell’analisi dell’effettività dei mezzi di ricorso vertenti sullo svolgimento degli accertamenti

Argomentazione delle parti

18

La ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso diversi errori di diritto nel respingere, ai punti da 46 a 79 della sentenza impugnata, l’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 1/2003, basata sulla mancanza di mezzi di ricorso avverso lo svolgimento degli accertamenti.

19

Con una prima censura, la ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 51 della sentenza impugnata, nelle sentenze della Corte EDU del 21 febbraio 2008, Ravon e a. c. Francia (CE:ECHR:2008:0221JUD001849703), del 21 dicembre 2010, Société Canal Plus e a. c. Francia (CE:ECHR:2010:1221JUD002940808), del 21 dicembre 2010, Compagnie des gaz de pétrole Primagaz c. Francia (CE:ECHR:2010:1221JUD002961308), e del 2 ottobre 2014, Delta Pekárny a.s. c. Repubblica ceca (CE:ECHR:2014:1002JUD000009711), la Corte europea dei diritti dell’uomo non ha dichiarato che i mezzi di ricorso devono essere valutati nel loro complesso per soddisfare i requisiti posti da detto giudice riguardanti il diritto a un ricorso effettivo. La conclusione del Tribunale, contenuta nel punto 69 della sentenza impugnata, secondo cui l’esistenza di un ricorso effettivo potrebbe essere valutata sulla base di un’analisi globale dei molteplici mezzi di ricorso che, individualmente, non soddisfano i requisiti posti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sarebbe quindi viziata da un errore di diritto.

20

Con una seconda censura, la ricorrente sostiene che, in ogni caso, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’affermare che i mezzi di ricorso esistenti consentissero di portare davanti al giudice dell’Unione tutte le contestazioni relative allo svolgimento degli accertamenti.

21

In primo luogo, essa sottolinea che il Tribunale non ha svolto un’analisi completa dei mezzi di ricorso disponibili avverso le decisioni adottate nell’ambito degli accertamenti, bensì invocherebbe, in maniera aneddotica, il ricorso avverso gli atti della Commissione che respingono una domanda di tutela della riservatezza delle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti nonché il ricorso avverso gli atti della Commissione che respingono una domanda di tutela della vita privata dei membri del personale di un’impresa, menzionati dal Tribunale ai punti 61 e 62 della sentenza impugnata. Quest’ultimo ricorso sarebbe, inoltre, tuttora incerto e, pertanto, non effettivo (Corte EDU, 10 settembre 2010, Mac Farlane c. Irlanda, CE:ECHR:2010:0910JUD003133306).

22

In secondo luogo, il Tribunale non individuerebbe alcun mezzo di ricorso immediato per contestare altri tipi di misure adottate in applicazione di una decisione di accertamento, quale il sequestro di documenti che esulano dall’ambito dell’accertamento. L’impresa sottoposta all’accertamento dovrebbe attendere una decisione finale che concluda il procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE per contestare dette misure, come risulterebbe dalla giurisprudenza del Tribunale. Orbene, un mezzo di ricorso siffatto sarebbe stato dichiarato insufficiente dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in quanto è incerto e non interviene entro un termine ragionevole, nelle sentenze del 21 dicembre 2010, Société Canal Plus e a. c. Francia (CE:ECHR:2010:1221JUD002940808), e del 21 dicembre 2010, Compagnie des gaz de pétrole Primagaz c. Francia (CE:ECHR:2010:1221JUD002961308).

23

In terzo luogo, neppure gli altri ricorsi menzionati dal Tribunale nella sentenza impugnata risponderebbero ai requisiti della Carta.

24

Sotto un primo profilo, il ricorso avverso la decisione di accertamento, menzionato al punto 59 della sentenza impugnata, sarebbe manifestamente insufficiente, in quanto non riguarderebbe, per definizione, lo svolgimento dell’accertamento.

25

Inoltre, il ricorso avverso un’eventuale nuova decisione di accertamento, basata sull’utilizzo di documenti illegittimamente sequestrati a seguito di una prima decisione di accertamento, menzionato al punto 69 della sentenza impugnata, sarebbe incerto e ipotetico.

26

Sotto un secondo profilo, la possibilità per un’impresa, evocata al punto 60 della sentenza impugnata, di opporsi alle misure di accertamento al fine di proporre successivamente un ricorso avverso una decisione che infligge una sanzione per ostruzionismo e di contestare, in tale ambito, lo svolgimento dell’accertamento non costituirebbe un mezzo di ricorso effettivo, come la Corte avrebbe recentemente dichiarato nella sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale) (C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 66), e come avrebbe riconosciuto da tempo la Corte europea dei diritti dell’uomo. Oltre al fatto che l’esistenza di tale ricorso sarebbe incerta, in quanto subordinata all’adozione di una decisione che infligge una sanzione da parte della Commissione, essa presupporrebbe che l’impresa si assuma il rischio di un’ammenda.

27

Sotto un terzo profilo, dato che lo svolgimento di un accertamento non può, salvo eccezioni relative a talune misure specifiche, essere oggetto di ricorso, un’azione cautelare non sarebbe possibile.

28

Sotto un quarto profilo, riguardo al ricorso per responsabilità extracontrattuale menzionato nella sentenza impugnata, la ricorrente sottolinea che, nella sentenza del 21 febbraio 2008, Ravon e a. c. Francia (CE:ECHR:2008:0221JUD001849703, § 33), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che la possibilità di ottenere un risarcimento non sostituisce un controllo giurisdizionale effettivo, in quanto non consente di controllare la legittimità delle misure adottate sulla base di una perquisizione.

29

Il Tribunale avrebbe quindi commesso un errore di diritto nel dichiarare che i mezzi di ricorso esistenti, individualmente o congiuntamente, consentono di offrire un diritto di ricorso effettivo avverso lo svolgimento degli accertamenti alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e dell’articolo 47 della Carta.

30

In quarto luogo, la ricorrente sostiene che, in ogni caso, la combinazione complessa di ricorsi diversi, prospettata dal Tribunale, è incompatibile con i requisiti di trasparenza e di intelligibilità della norma giuridica per l’interessato, a fortiori per quanto riguarda un diritto fondamentale. Essa rileva, inoltre, che tale complessità non è necessaria. Infatti, l’Unione potrebbe facilmente prevedere un diritto di ricorso immediato avverso lo svolgimento degli accertamenti, al pari del diritto francese.

31

La Commissione e il Consiglio contestano l’argomentazione della ricorrente.

Giudizio della Corte

32

In limine, occorre rilevare che i punti da 46 a 79 della sentenza impugnata, contestati dalla ricorrente nell’ambito del primo motivo, fanno parte della motivazione con cui il Tribunale ha respinto l’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, basata sulla violazione del diritto a un ricorso effettivo in ragione dell’assenza di un ricorso avverso le misure adottate nell’ambito di un accertamento.

33

Più precisamente, ai punti da 46 a 50 della sentenza impugnata, il Tribunale ha anzitutto ricordato che il diritto a un ricorso effettivo è sancito all’articolo 47 della Carta nonché agli articoli 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Dopo avere ricordato che la CEDU non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione, cosicché il controllo di legittimità deve essere svolto alla luce unicamente dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta, il Tribunale ha sottolineato che sia dall’articolo 52 della Carta sia dalle spiegazioni relative a detto articolo risulta che le disposizioni della CEDU e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relative a tali disposizioni devono essere prese in considerazione in sede di interpretazione e di applicazione delle disposizioni della Carta in una determinata fattispecie.

34

Il Tribunale ha considerato, a tale riguardo, che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il rispetto del diritto a un ricorso effettivo deve essere esaminato, in materia di visite domiciliari, alla luce delle quattro condizioni seguenti: in primo luogo, deve esistere un controllo giurisdizionale effettivo, in fatto e in diritto, della regolarità della decisione di effettuare tali visite o delle misure adottate nel loro ambito, in secondo luogo, il ricorso o i ricorsi disponibili devono consentire, in caso di constatazione di irregolarità, o di prevenire il verificarsi dell’operazione o, nell’ipotesi in cui un’operazione irregolare abbia già avuto luogo, di fornire all’interessato un rimedio adeguato, in terzo luogo, l’accessibilità del ricorso di cui trattasi deve essere certa e, in quarto luogo, il controllo giurisdizionale deve avvenire entro un termine ragionevole.

35

Il Tribunale ha poi rilevato, al punto 51 della sentenza impugnata, che risulta altresì da tale giurisprudenza che lo svolgimento di un’operazione di accertamento deve poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo e che il controllo deve essere effettivo nelle particolari circostanze del caso di specie, il che implica la presa in considerazione di tutti i mezzi di ricorso disponibili per un’impresa sottoposta a un accertamento e quindi un’analisi globale di tali mezzi di ricorso. Il Tribunale ha considerato, ai punti 54 e 55 della sentenza impugnata, che, poiché la verifica del rispetto del diritto a un ricorso effettivo deve basarsi su un’analisi globale dei mezzi di ricorso che possono dar luogo al controllo delle misure adottate nell’ambito di un accertamento, è irrilevante il fatto che, considerato singolarmente, ciascuno di tali mezzi di ricorso non soddisfi le quattro condizioni richieste perché sia ammessa l’esistenza di un diritto a un ricorso effettivo.

36

Il Tribunale ha inoltre indicato, ai punti 56 e 57 della sentenza impugnata, che, oltre alla possibilità di rivolgere richieste al consigliere‑auditore della Commissione, esistono sei mezzi di ricorso che consentono di portare dinanzi al giudice dell’Unione contestazioni relative a un’operazione di accertamento, ossia il ricorso avverso la decisione di accertamento, il ricorso avverso la decisione della Commissione che sanziona un ostruzionismo all’accertamento sulla base all’articolo 23, paragrafo 1, lettere da c) a e), del regolamento n. 1/2003, il ricorso avverso qualsiasi atto che soddisfi le condizioni giurisprudenziali dell’atto impugnabile che la Commissione adotterebbe a seguito della decisione di accertamento e nell’ambito dello svolgimento delle operazioni di accertamento, come una decisione di rigetto di una domanda di tutela di documenti a titolo della riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti, il ricorso avverso la decisione che conclude il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 101 TFUE, la domanda di provvedimenti provvisori e il ricorso per responsabilità extracontrattuale.

37

Il Tribunale ha precisato, ai punti da 58 a 66 della sentenza impugnata, i motivi per i quali considera che tali mezzi di ricorso consentono di portare dinanzi al giudice dell’Unione contestazioni relative allo svolgimento degli accertamenti.

38

Infine, il Tribunale ha dichiarato, al termine di un’analisi effettuata ai punti da 68 a 78 della sentenza impugnata, che si può ritenere che il sistema di controllo dello svolgimento delle operazioni di accertamento costituito dall’insieme dei mezzi di ricorso elencati al punto 36 della presente sentenza soddisfi le quattro condizioni derivanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

39

Pertanto, al punto 79 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, basata sulla violazione del diritto a un ricorso effettivo.

40

Per quanto riguarda la prima censura, relativa al fatto che il Tribunale avrebbe dovuto procedere a un esame individuale dei diversi mezzi di ricorso al fine di verificare se fosse garantito il diritto a un ricorso effettivo contro le misure adottate nell’ambito di un accertamento, si deve ricordare che il diritto a un ricorso effettivo è sancito dall’articolo 47 della Carta.

41

Occorre rammentare altresì che l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta precisa che, laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti da detta Convenzione [sentenza del 19 novembre 2019, A. K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 116].

42

Orbene, come risulta dalle spiegazioni relative all’articolo 47 della Carta, che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione per l’interpretazione di quest’ultima, i commi primo e secondo di tale articolo 47 corrispondono rispettivamente all’articolo 13 e all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU [sentenza del 19 novembre 2019, A. K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 117]. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU costituisce una lex specialis rispetto all’articolo 13 di tale Convenzione, in quanto i requisiti del secondo sono inclusi in quelli, più rigorosi, del primo (Corte EDU, 15 marzo 2022, Grzęda c. Polonia, CE:ECHR:2022:0315JUD004357218, § 352 e giurisprudenza ivi citata).

43

La Corte ha inoltre dichiarato di doversi sincerare che l’interpretazione da essa fornita all’articolo 47, primo comma, della Carta assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito all’articolo 13 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo [v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (Effetto sospensivo dell’appello), C‑175/17, EU:C:2018:776, punto 35].

44

A questo proposito, si deve rilevare che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che la protezione offerta dall’articolo 13 della CEDU non si spinge fino a richiedere una forma specifica di ricorso (Corte EDU, 20 marzo 2008, Boudaïeva e a. c. Russia, CE:ECHR:2008:0320JUD001533902, § 190) e che anche se nessun ricorso offerto dal diritto interno, considerato isolatamente, soddisfa di per sé i requisiti del citato articolo 13, ciò può verificarsi nel caso di tali ricorsi, considerati nel loro complesso (Corte EDU, 10 luglio 2020, Mugemangango c. Belgio, CE:ECHR:2020:0710JUD000031015, § 131 e giurisprudenza ivi citata).

45

Inoltre, in caso di violazione del diritto al rispetto del domicilio, sancito dall’articolo 8 della CEDU, un ricorso è effettivo, ai sensi dell’articolo 13 della CEDU, se il ricorrente ha accesso a una procedura che gli consenta di contestare la regolarità delle perquisizioni e dei sequestri effettuati e di ottenere un rimedio adeguato qualora tali misure siano state disposte o eseguite in modo illegittimo (Corte EDU, 19 gennaio 2017, Posevini c. Bulgaria, CE:ECHR:2017:0119JUD006363814, § 84).

46

A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 6, paragrafo 1, o all’articolo 8 della CEDU, risulta che, in materia di perquisizioni domiciliari, l’assenza del previo rilascio di un’autorizzazione dell’accertamento da parte di un giudice, che avrebbe potuto circoscrivere o controllare lo svolgimento di tale accertamento, può essere compensata da un controllo giurisdizionale ex post facto sulla legittimità e sulla necessità di una simile misura istruttoria, purché detto controllo sia efficace nelle particolari circostanze del caso di specie. Ciò implica che gli interessati possano ottenere un controllo giurisdizionale effettivo, tanto in fatto quanto in diritto, della misura controversa e del suo svolgimento. Quando un’operazione dichiarata irregolare abbia già avuto luogo, il ricorso o i ricorsi disponibili devono permettere di fornire all’interessato un rimedio adeguato (Corte EDU, 2 ottobre 2014, Delta Pekárny a.s. c. Repubblica ceca, CE:ECHR:2014:1002JUD000009711, § 86 e § 87 nonché giurisprudenza ivi citata).

47

Pertanto, dato che il controllo giurisdizionale a posteriori dell’accertamento può, a determinate condizioni, compensare l’assenza di previo controllo giurisdizionale e che deve essere fornito un rimedio adeguato mediante «il ricorso o i ricorsi disponibili», si deve ritenere che, in linea di principio, occorra tenere conto di tutti i rimedi disponibili al fine di stabilire se i requisiti di cui all’articolo 47 della Carta siano soddisfatti.

48

Inoltre, poiché la ricorrente aveva dedotto, con un’eccezione, l’illegittimità dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, il Tribunale, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 51 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578), era tenuto, per pronunciarsi su tale eccezione, ad effettuare una valutazione globale del sistema di controllo giurisdizionale dei provvedimenti adottati nell’ambito degli accertamenti, che andasse oltre le particolari circostanze del caso di specie.

49

In siffatto contesto, si deve constatare che la ricorrente sostiene erroneamente che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’effettuare un’analisi globale di tutti i mezzi di ricorso disponibili per contestare lo svolgimento degli accertamenti.

50

Pertanto, la prima censura deve essere respinta.

51

Per quanto riguarda la seconda censura, occorre, in primo luogo, considerare che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 66 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578), l’assenza di una prassi giudiziaria consolidata non può essere determinante per negare l’effettività di un mezzo di ricorso.

52

Inoltre, la possibilità, evocata dal Tribunale al punto 62 della sentenza impugnata, di proporre un ricorso avverso una decisione che respinge una domanda di tutela a titolo della vita privata dei membri del personale di un’impresa costituisce solo l’applicazione ad un caso concreto di una giurisprudenza costante, secondo la quale costituiscono atti che possono essere oggetto di un’azione di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici vincolanti idonei a incidere sugli interessi di chi li impugna, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica, come ha rilevato in sostanza l’avvocato generale al paragrafo 67 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578).

53

In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomentazione della ricorrente secondo cui il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nel non identificare un mezzo di ricorso immediato che consenta di contestare il sequestro di documenti che esulano dall’ambito dell’accertamento, occorre precisare che, come risulta dal punto 69 della sentenza impugnata, che è contestato dalla ricorrente, tale argomentazione riguarda una situazione nella quale l’accertamento di cui trattasi, nel cui ambito potrebbero essere sequestrati documenti che esulano dall’ambito dell’accertamento, sfoci non già in una decisione che constata un’infrazione e infligge una sanzione, bensì nell’avvio di una nuova indagine e nell’adozione di una nuova decisione di accertamento.

54

A tale proposito, occorre rilevare che, al suddetto punto 69, il Tribunale ha fatto riferimento ai diversi mezzi di ricorso che ha esaminato ai punti da 57 a 66 della sentenza impugnata e ha constatato, in particolare, al punto 59 di tale sentenza che le imprese sottoposte ad accertamento potrebbero proporre un ricorso di annullamento avverso la nuova decisione di accertamento e quindi contestare la legittimità degli indizi che l’hanno fondata in quanto ottenuti irregolarmente durante l’accertamento precedente.

55

Inoltre, per quanto riguarda i mezzi di ricorso immediati per impugnare i provvedimenti adottati in applicazione di una decisione di accertamento, occorre rilevare che il Tribunale ha considerato, correttamente, ai punti 56 e 57 della sentenza impugnata, che tali imprese possono proporre un ricorso contro qualsiasi atto adottato dalla Commissione a seguito di una decisione di accertamento, anche durante lo svolgimento delle operazioni di accertamento, purché tale atto sia soggetto a un ricorso siffatto alla luce delle condizioni definite dalla giurisprudenza.

56

In terzo luogo, per quanto riguarda le valutazioni effettuate dal Tribunale, nella sentenza impugnata, in merito al ricorso avverso la decisione di accertamento, al ricorso contro la decisione della Commissione che sanziona un ostruzionismo all’accertamento sulla base dell’articolo 23, paragrafo 1, lettere da c) a e), del regolamento n. 1/2003, all’azione cautelare e al ricorso per responsabilità extracontrattuale, dal punto 47 della presente sentenza risulta che nessun mezzo di ricorso a disposizione di un’impresa sottoposta a una misura di accertamento doveva essere escluso dal Tribunale se tale mezzo di ricorso permette di contestare uno o più provvedimenti adottati nell’ambito di tale accertamento.

57

Tanto premesso, occorre, sotto un primo profilo, rilevare che, certamente, il ricorso avverso una decisione di accertamento non può costituire un mezzo di ricorso contro i provvedimenti successivamente adottati nell’ambito dell’accertamento, dato che la legittimità di un atto deve essere valutata alla luce delle circostanze di diritto e di fatto esistenti al momento in cui tale decisione è stata adottata, cosicché atti successivi a una decisione non possono inficiarne la validità (v., in tal senso, sentenza del 17 ottobre 2019, Alcogroup e Alcodis/Commissione, C‑403/18 P, EU:C:2019:870, punti 4546 e giurisprudenza ivi citata).

58

Tuttavia, come ha rilevato il Tribunale al punto 69 della sentenza impugnata, nel caso in cui l’accertamento di cui trattasi sfoci non già in una decisione che constata un’infrazione e infligge una sanzione, bensì nell’avvio di una nuova indagine e nell’adozione di una nuova decisione di accertamento, le imprese sottoposte ad accertamento potrebbero proporre un ricorso di annullamento avverso detta decisione contestando la legittimità degli indizi che l’hanno fondata in quanto ottenuti irregolarmente durante il precedente accertamento.

59

Orbene, come risulta dal punto 59 della sentenza impugnata, un ricorso siffatto può condurre all’annullamento di tale nuova decisione di accertamento se i provvedimenti adottati dalla Commissione nel corso dell’accertamento precedente non sono conformi all’ambito delle decisioni che l’hanno disposto (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2015, Deutsche Bahn e a./Commissione, C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punti da 56 a 6771). Ne consegue che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel tenere conto di tale mezzo di ricorso.

60

Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda il ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE avverso una decisione della Commissione che sanziona un ostruzionismo ad un accertamento sulla base dell’articolo 23, paragrafo 1, lettere da c) a e), del regolamento n. 1/2003, è vero che la Corte ha già dichiarato che una normativa nazionale che esclude la possibilità, per un detentore di informazioni nei cui confronti l’autorità nazionale competente adotti una decisione che ingiunge la comunicazione di tali informazioni, di proporre un ricorso diretto avverso detta decisione non rispetta il contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo, garantito dall’articolo 47 della Carta e, pertanto, che l’articolo 52, paragrafo 1, della stessa osta a una normativa siffatta [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 69].

61

Tuttavia, la Corte è giunta a tale interpretazione per il motivo che detto detentore di informazioni, che è diverso dal contribuente oggetto dell’indagine all’origine della decisione che ingiunge la comunicazione di informazioni, non ha accesso a un giudice, a meno che non violi tale decisione rifiutando di ottemperare all’ingiunzione in essa contenuta e che si esponga, in tal modo, alla sanzione connessa alla sua inosservanza [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 68].

62

Orbene, le imprese interessate da una decisione di accertamento non si trovano in una situazione analoga. Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 79 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578), il ricorso avverso una decisione della Commissione adottata ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 in caso di ostruzionismo all’accertamento non è l’unico rimedio di cui le imprese sottoposte ad accertamento dispongono per contestare la regolarità delle operazioni di svolgimento dello stesso.

63

Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente volto in sostanza a contestare l’effettività dell’azione cautelare, evocata dal Tribunale ai punti 64 e 65 della sentenza impugnata, per il motivo che lo svolgimento di un accertamento non può, salvo eccezioni relative a talune misure specifiche, essere oggetto di un ricorso principale, è sufficiente ricordare che le misure menzionate ai punti 61 e 62 della sentenza impugnata, che sono impugnabili sulla base dell’articolo 263 TFUE, sono state menzionate dal Tribunale soltanto a titolo di esempio.

64

Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda il ricorso per responsabilità extracontrattuale, sebbene dal punto 33 della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 21 febbraio 2008, Ravon e a. c. Francia (CE:ECHR:2008:0221JUD001849703) risulti che, in materia di perquisizioni domiciliari, un’azione volta unicamente al risarcimento dei danni non può, di per sé, garantire il rispetto del diritto a un equo processo e del diritto al rispetto della vita privata familiare, ciò non significa che una tale azione non possa far parte dei rimedi di cui dispongono le imprese interessate ed offrire a queste ultime un rimedio adeguato, segnatamente nel caso in cui un’operazione di accertamento che ha già avuto luogo sia stata dichiarata irregolare.

65

Pertanto, il Tribunale non è incorso in errori di diritto nel tenere conto anche di tale ricorso, nell’ambito della sua analisi complessiva della possibilità per le imprese di contestare i provvedimenti adottati nel contesto degli accertamenti.

66

Inoltre, come ha rilevato il Tribunale al punto 78 della sentenza impugnata, il carattere incerto e il termine per l’adozione della decisione che conclude il procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE devono essere considerati alla luce del fatto che, fino a tale decisione, la Commissione non prende posizione in maniera definitiva sull’esistenza di un’infrazione e sulla conseguente sanzione dell’impresa sottoposta ad accertamento. Orbene, alcuni effetti pregiudizievoli provocati ad un’impresa in ragione di irregolarità commesse durante l’accertamento possono concretizzarsi solo se e nel momento in cui viene adottata detta decisione, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 59 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578).

67

Per contro, come ha parimenti rilevato il Tribunale al punto 78 della sentenza impugnata, qualora si verificassero altre conseguenze dannose per l’impresa sottoposta ad accertamento durante tale periodo, quali un comportamento pregiudizievole della Commissione o l’adozione di una nuova decisione di accertamento sulla base delle informazioni raccolte, detta impresa ben potrebbe adire il giudice, immediatamente e senza attendere l’esito del procedimento di infrazione, con un ricorso per risarcimento danni o diretto all’annullamento della nuova decisione di accertamento.

68

In quarto e ultimo luogo, per quanto riguarda le affermazioni della ricorrente relative alla complessità del sistema di mezzi di ricorso per contestare lo svolgimento degli accertamenti, si deve sottolineare che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo richiamata al punto 46 della presente sentenza, affinché siano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, occorre che le imprese interessate da una visita domiciliare abbiano la possibilità di ottenere l’esame del contenuto delle loro contestazioni e la concessione di un rimedio adeguato. Per contro, non è richiesto che tutte le censure che possono essere sollevate contro i provvedimenti adottati dall’autorità pubblica sulla base della decisione che dispone la visita siano presentate nell’ambito di un unico mezzo di ricorso.

69

Pertanto, occorre respingere la seconda censura e, conseguentemente, il primo motivo nel suo complesso.

Sul secondo motivo, vertente su errori di diritto commessi dal Tribunale nel considerare che i resoconti prodotti dalla Commissione per dimostrare il carattere sufficientemente serio degli indizi in suo possesso non erano viziati da un’irregolarità formale che ne inficiasse il valore probatorio

Argomentazione delle parti

70

Con il secondo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 e l’articolo 7 della Carta quando ha dichiarato ai punti da 190 a 202 della sentenza impugnata, che i resoconti prodotti dalla Commissione per dimostrare il carattere sufficientemente serio degli indizi in suo possesso non erano viziati da un’irregolarità formale che potesse inficiarne il valore probatorio.

71

In primo luogo, dichiarando, al punto 190 della sentenza impugnata, che le norme del capitolo V del regolamento n. 1/2003, intitolato «Poteri di indagine», non erano applicabili prima dell’avvio di un’indagine formale, il Tribunale avrebbe introdotto una distinzione tra due fasi del procedimento, quella preesistente all’avvio di un’indagine formale e quella successiva a tale avvio, che non risulterebbe né dal regolamento n. 1/2003 né dal regolamento n. 773/2004.

72

Il capitolo V del regolamento n. 1/2003, in cui figura l’articolo 19 di tale regolamento, non introdurrebbe alcuna distinzione tra indagine formale e informale, o tra indagine preliminare e avanzata. Una simile distinzione solleverebbe del resto problemi insolubili di definizione e di confini. Inoltre, il regolamento n. 773/2004 ricorderebbe che la Commissione può esercitare i suoi poteri di indagine in applicazione di detto capitolo V prima di avviare un procedimento. Oltre a ciò, dalle risposte della Commissione a taluni quesiti scritti posti dal Tribunale risulterebbe che essa stessa riteneva che l’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 fossero applicabili ai colloqui con i fornitori.

73

In secondo luogo, l’affermazione del Tribunale secondo cui le formalità previste da tali disposizioni non sono applicabili al caso di specie non troverebbe sostegno nella giurisprudenza citata al punto 91 della sentenza impugnata, riguardante la valutazione della ragionevolezza della durata del procedimento amministrativo.

74

Peraltro, la distinzione tra preindagine e indagine introdotta dal Tribunale nella sentenza impugnata sarebbe della stessa natura di quella respinta dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632).

75

In terzo luogo, tale interpretazione sarebbe anche contraria alla giurisprudenza relativa all’amministrazione dei mezzi di prova orali. Infatti, secondo la ricorrente, la prova orale sarebbe ammessa, nei procedimenti amministrativi, solo a condizione che un’informazione fornita oralmente a una pubblica amministrazione, nell’ambito di una riunione, sia normalmente acquisita e conservata, mediante una registrazione sonora, o constatata per iscritto, mediante la redazione di un verbale.

76

Peraltro, dai lavori preparatori del regolamento n. 1/2003 risulterebbe che una delle ragioni alla base dell’articolo 19 di tale regolamento era consentire la presentazione di dichiarazioni orali come mezzi di prova. Analogamente, dai lavori preparatori del regolamento n. 773/2004 risulterebbe che la convalida del contenuto della registrazione da parte della persona sentita era finalizzata a garantire l’esattezza delle dichiarazioni.

77

Ciò sarebbe confermato altresì dai punti 31 e 32 della comunicazione sul trattamento favorevole del 2006, la quale prevede che l’obbligo di registrazione si impone a partire dalle prime dichiarazioni orali raccolte dalla Commissione per garantire l’esattezza delle prove raccolte.

78

In quarto luogo, l’affermazione del Tribunale, contenuta nel punto 190 della sentenza impugnata, secondo cui gli indizi sarebbero sottoposti a un formalismo inferiore rispetto alle prove, non troverebbe sostegno nella giurisprudenza e sarebbe contraddetta dalla prassi della Commissione relativa alla registrazione delle domande di trattamento favorevole.

79

L’interpretazione effettuata dal Tribunale sarebbe incompatibile con l’intenzione del legislatore di creare, mediante l’articolo 19 del regolamento n. 773/2004, una base giuridica che consenta alla Commissione di versare dichiarazioni orali al fascicolo del procedimento, prevedendo nel contempo, all’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, regole in materia di forma destinate a garantire l’esattezza di tali dichiarazioni.

80

Non sarebbe ammesso che la Commissione possa raccogliere indizi durante una fase preliminare all’indagine, senza rispettare le disposizioni dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003. Infatti, un’interpretazione siffatta consentirebbe alla Commissione di svolgere indagini al di fuori di qualsiasi quadro legale e di qualsiasi controllo giurisdizionale.

81

La ricorrente osserva che, sebbene la Commissione sia libera di ricevere informazioni in maniera informale da parte di terzi, essa non può per contro avvalersene senza rispettare le formalità destinate a garantire la completezza e l’attendibilità di tali informazioni.

82

In quinto luogo, la facoltà riconosciuta al Tribunale di sentire testimoni non potrebbe compensare la mancata registrazione dei colloqui.

83

In sesto luogo, per quanto riguarda il riferimento operato del Tribunale, al punto 201 della sentenza impugnata, ai potenziali effetti deterrenti di un interrogatorio formale sulla propensione dei testimoni a fornire informazioni e a denunciare infrazioni, tali effetti potrebbero essere evitati, secondo la ricorrente, garantendo l’anonimato delle fonti di informazione. Inoltre, come la ricorrente avrebbe sostenuto dinanzi al Tribunale, il carattere altamente standardizzato dei presunti resoconti, il rifiuto della Commissione di indicare la data in cui essi sono stati redatti e gli errori materiali riscontrati metterebbero in dubbio l’aderenza di tali documenti alle discussioni realmente tenutesi.

84

In settimo luogo, l’imperativo di celerità nell’adozione delle decisioni di accertamento non potrebbe giustificare una violazione sproporzionata dei diritti fondamentali. Inoltre, nulla impedirebbe di registrare le dichiarazioni orali o, come minimo, di redigere un verbale subito dopo i colloqui, convalidato dalle imprese interessate.

85

In ottavo luogo, il fatto che dichiarazioni raccolte senza le formalità di cui all’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 non possano essere utilizzate come mezzi di prova di un’infrazione non costituirebbe un rimedio ad una violazione dei diritti della difesa nel caso di un ricorso avverso una decisione di accertamento. Una soluzione siffatta comprometterebbe l’efficacia delle indagini, in quanto significherebbe che dichiarazioni orali raccolte prima di un accertamento non possono servire a dimostrare un’infrazione.

86

La ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso errori di diritto quando ha dichiarato, ai punti 202 e 218 della sentenza impugnata, che i documenti prodotti dalla Commissione potevano essere presi in considerazione per valutare l’esistenza di indizi sufficientemente seri che giustificassero la decisione di infrazione, anche se non erano state rispettate le norme in materia di forma che disciplinano la registrazione delle dichiarazioni orali. Di conseguenza, la conclusione del Tribunale secondo cui la Commissione disponeva di tali indizi della prima infrazione sarebbe viziata. Infatti, tale conclusione si baserebbe esclusivamente sui documenti che non soddisfano i requisiti previsti dall’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dall’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, come risulterebbe dai punti 250, 252, 253 e 256 della sentenza impugnata.

87

La Commissione contesta tale argomentazione.

88

In via preliminare, la Commissione precisa che l’avvio dell’indagine è diverso sia dall’apertura di un fascicolo sia dall’avvio del procedimento, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004. L’avvio dell’indagine avverrebbe al momento del primo esercizio dei suoi poteri di indagine e dell’adozione di misure che implicano l’addebito di un’infrazione e comportano ripercussioni significative sulla situazione delle entità sospettate. L’apertura del fascicolo sarebbe un atto interno adottato dalla cancelleria della Direzione generale della Concorrenza della Commissione allorché attribuisce un numero di pratica, e il cui solo scopo sarebbe quello di conservare documenti. L’avvio del procedimento corrisponderebbe alla data in cui la Commissione adotta una decisione ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004 in vista dell’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento n. 1/2003.

89

Tanto premesso, la Commissione sostiene, in primo luogo, che l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale, nella sentenza impugnata, avrebbe introdotto una distinzione tra due fasi, quella preesistente all’avvio di un’indagine formale e quella successiva a tale avvio, risulta da una lettura erronea di tale sentenza. La ricorrente confonderebbe l’avvio dell’indagine con l’avvio del procedimento. Orbene, la sentenza impugnata riguarderebbe esclusivamente l’obbligo di applicare l’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 prima dell’avvio di un’indagine e non durante il periodo, più lungo, che si conclude con l’avvio del procedimento, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004.

90

In ogni caso, la segmentazione del procedimento in due fasi, prima e dopo l’avvio di un’indagine, non porrebbe «problemi insolubili di definizione e di confini». Al contrario, la data del primo esercizio da parte della Commissione dei suoi poteri di indagine costituirebbe un criterio oggettivo, facilmente identificabile.

91

In secondo luogo, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la distinzione operata dal Tribunale tra queste due fasi del procedimento troverebbe sostegno nella giurisprudenza della Corte. Infatti, dalla giurisprudenza citata al punto 191 della sentenza impugnata risulterebbe che l’avvio di un’indagine corrisponde alla data in cui la Commissione esercita, per la prima volta, i suoi poteri di indagine. L’approccio del Tribunale sarebbe confermato dal testo dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, a norma del quale un’«audizione», ai sensi di tale articolo, deve essere diretta alla «raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine», la quale deve, per definizione, essere stata avviata in precedenza. Come confermerebbero i lavori preparatori di tale regolamento, la succitata disposizione costituirebbe una base giuridica che autorizza la registrazione delle dichiarazioni orali «nel quadro di un’indagine» in vista della loro presentazione non già come meri indizi, bensì come «mezzi di prova».

92

La Commissione aggiunge, sotto un primo profilo, che è irrilevante il fatto che essa abbia sostenuto, dinanzi al Tribunale, che i resoconti dei colloqui con i fornitori costituivano registrazioni ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, giacché il Tribunale non si è pronunciato su tale argomento.

93

Sotto un secondo profilo, la distinzione operata dal Tribunale tra la fase del procedimento precedente al primo esercizio dei poteri di indagine della Commissione e quella successiva a tale esercizio non sarebbe comparabile alla distinzione tra i colloqui formali e i colloqui informali respinta dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632). Nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, la riunione rispetto alla quale la Corte ha concluso che si applicava l’obbligo di registrazione si era tenuta dopo l’adozione di decisioni di accertamento. Essa avrebbe quindi riguardato un’indagine già avviata e la raccolta di elementi di prova che potevano essere a carico o a discarico. Per contro, nel caso di specie, i colloqui con i fornitori avrebbero avuto luogo prima dell’adozione della decisione controversa o di qualsiasi altra misura istruttoria. Detti colloqui avrebbero quindi riguardato soltanto la raccolta di indizi.

94

In terzo luogo, l’affermazione della ricorrente secondo cui l’assenza di formalità riguardanti la raccolta di dichiarazioni orali prima di un accertamento impedirebbe al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale sulla proporzionalità e sulla regolarità di un accertamento sarebbe contraddetta dal controllo degli indizi effettuato nel caso di specie dal Tribunale, che ha condotto all’annullamento parziale della decisione controversa. Inoltre, quand’anche una testimonianza orale non fosse stata oggetto di registrazione, il Tribunale avrebbe la possibilità di ascoltare testimoni, conformemente all’articolo 94 del suo regolamento di procedura.

95

L’applicazione delle formalità dei regolamenti n. 1/2003 e n. 773/2004 prima dell’avvio dell’indagine pregiudicherebbe l’attuazione del diritto della concorrenza da parte della Commissione, impedendole di raccogliere e di utilizzare indizi ricevuti in forma orale. Impedire alla Commissione di raccogliere indizi in forma orale comprometterebbe l’efficacia delle indagini ritardando la data degli accertamenti.

96

La Commissione aggiunge che il principio vigente nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento o della libera amministrazione delle prove, da cui deriverebbe che il solo criterio pertinente di apprezzamento del valore probatorio delle prove regolarmente prodotte è la loro attendibilità (sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 65). Inoltre, per valutare il valore probatorio di una prova, occorrerebbe verificare la verosimiglianza dell’informazione ivi contenuta e tenere conto, in particolare, della sua origine, delle circostanze della sua elaborazione nonché del suo destinatario e chiedersi se, in base al suo contenuto, essa appaia sensata e attendibile (ordinanza del 12 giugno 2019, OY/Commissione, C‑816/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:486, punto 6). Tali principi si applicherebbero a maggior ragione agli indizi, il cui valore probatorio è, per definizione, inferiore.

97

In quarto luogo, la Commissione sostiene, sotto un primo profilo, che è irrilevante il fatto che, nella sua comunicazione sul trattamento favorevole del 2006, la Commissione abbia previsto di registrare, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, le domande orali di trattamento favorevole presentate anteriormente al primo esercizio dei suoi poteri di indagine.

98

Sotto un secondo profilo, l’argomento della ricorrente secondo cui la sentenza impugnata consentirebbe alla Commissione di svolgere indagini al di fuori di qualsiasi quadro legale prima dell’avvio dell’indagine ufficiale si baserebbe su una lettura erronea di tale sentenza. Da un lato, la sentenza impugnata riguarda solo il periodo fino al primo esercizio da parte della Commissione dei suoi poteri di indagine e non il periodo fino all’avvio del procedimento, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004. Dall’altro, sottoporre gli indizi a un grado di formalismo inferiore a quello relativo alle prove permetterebbe di conciliare, da un lato, l’imperativo di celerità che guida l’adozione delle decisioni di accertamento e l’efficacia dell’indagine della Commissione e, dall’altro, la salvaguardia dei diritti della difesa delle imprese interessate.

99

Sotto un terzo profilo, sottoporre gli indizi a un grado di formalismo inferiore a quello relativo alle prove non comprometterebbe l’efficacia delle indagini. Infatti, un elemento materiale che non rispetti le formalità dei regolamenti n. 1/2003 e n. 773/2004 potrebbe comunque servire a dimostrare un’infrazione anche se il suo valore probatorio è ridotto.

100

In quinto luogo, la Commissione sottolinea che il Tribunale ha concluso soltanto ad abundantiam, al punto 201 della sentenza impugnata, che la l’individuazione delle pratiche illecite da parte della Commissione e l’attuazione dei suoi poteri di indagine sarebbero gravemente compromesse qualora essa dovesse registrare ogni dichiarazione orale prima di avviare un’indagine.

Giudizio della Corte

101

Con il secondo motivo, la ricorrente addebita, in sostanza, al Tribunale di avere commesso un errore di diritto, al punto 190 della sentenza impugnata, considerando che la Commissione non è tenuta a rispettare l’obbligo di registrazione dei colloqui risultante dal combinato disposto dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, prima di avere avviato formalmente un’indagine e di avere esercitato i poteri di indagine conferitile, in particolare, dagli articoli da 18 a 20 del regolamento n. 1/2003.

102

A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione richiede di tener conto non soltanto della sua formulazione, ma anche del contesto in cui essa si inserisce nonché degli obiettivi e della finalità che l’atto di cui essa fa parte persegue (sentenza del 1o agosto 2022, HOLD Alapkezelő, C‑352/20, EU:C:2022:606, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

103

In primo luogo, risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 che quest’ultimo è inteso applicarsi a qualunque audizione diretta alla raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione,C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 84).

104

L’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, che assoggetta i colloqui basati sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 al rispetto di talune formalità, non fornisce precisazioni in ordine all’ambito di applicazione di quest’ultima disposizione.

105

Orbene, è importante ricordare che la Corte ha dichiarato che, in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2003, grava sulla Commissione l’obbligo di registrare, nella forma di sua scelta, qualsiasi colloquio da essa tenuto, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, al fine di raccogliere informazioni relative all’oggetto di un’indagine da essa condotta (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti 9091).

106

Occorre quindi precisare che si deve operare una distinzione in base allo scopo dei colloqui effettuati dalla Commissione, in quanto soltanto quelli volti a raccogliere informazioni relative all’oggetto di un’indagine della Commissione rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e pertanto dell’obbligo di registrazione.

107

Ciò precisato, nessun elemento tratto dal testo dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 o dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 consente di desumere che l’applicazione di tale obbligo di registrazione dipende dalla questione se il colloquio svolto dalla Commissione abbia avuto luogo prima dell’avvio formale di un’indagine, al fine di raccogliere indizi di un’infrazione, o successivamente, al fine di raccogliere prove di un’infrazione.

108

Infatti, le succitate disposizioni non prevedono affatto che l’applicazione dell’obbligo di registrazione dipende dalla questione se le informazioni che ne costituiscono l’oggetto possano essere qualificate come indizi o come prove. Al contrario, a motivo del carattere generico del termine «informazioni», che figura all’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, si deve ritenere che detta disposizione si applichi indistintamente a ciascuna di tali categorie.

109

È vero che le nozioni di «indizi» e di «prove» non possono essere confuse, dato che un indizio non può, per sua natura e a differenza di una prova, essere sufficiente a dimostrare un determinato fatto.

110

Ciò non toglie che la qualificazione come indizio o come prova non dipende da un fase specifica del procedimento, bensì dal valore probatorio delle informazioni di cui trattasi, degli indizi sufficientemente seri e convergenti, riuniti in un «complesso», che possano di per sé dimostrare un’infrazione ed essere utilizzati nella decisione finale della Commissione adottata sulla base dell’articolo 101 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 47).

111

Pertanto, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 141 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578), l’obbligo di registrazione delle audizioni non può dipendere dalla qualificazione delle informazioni come indizi o come prove, in quanto il valore probatorio di tali informazioni può essere valutato dalla Commissione solo al termine di tali audizioni, durante fasi successive del procedimento.

112

Inoltre, l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 non prevedono neppure che l’applicazione dell’obbligo di registrazione dipende dalla fase del procedimento in cui vengono effettuate le audizioni. È vero che l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede che le audizioni basate su tale disposizione sono quelle svolte ai fini della raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine, il che presuppone che un’indagine sia in corso. Tuttavia, da detta disposizione non risulta che tali audizioni debbano avere luogo dopo l’avvio formale di un’indagine, quale definita dal Tribunale al punto 190 della sentenza impugnata, come momento in cui la Commissione adotta una misura che implichi l’addebito di una violazione.

113

In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, occorre rilevare, da un lato, che tale articolo è contenuto nel capitolo V del medesimo regolamento, relativo ai poteri di indagine della Commissione. Orbene, l’applicazione delle disposizioni del citato capitolo non è necessariamente subordinata all’adozione, da parte di detta istituzione, di una misura che implichi l’addebito di una violazione.

114

Così, la Commissione può, ai sensi dell’articolo 17 del menzionato regolamento, svolgere indagini settoriali, le quali non richiedono la previa adozione di provvedimenti di tale natura nei confronti di imprese.

115

Dall’altro, si deve rilevare che l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, ai sensi del quale «[l]a Commissione può esercitare i poteri di indagine a norma del capitolo V del regolamento [n. 1/2003] prima dell’avvio del procedimento», avvalora l’interpretazione secondo cui le disposizioni relative ai poteri di indagine della Commissione elencati in detto capitolo – compreso l’articolo 19 – possono trovare applicazione prima che l’indagine sia formalmente avviata, contrariamente a quanto risulta dal punto 193 della sentenza impugnata.

116

È vero che, nelle cause sfociate nelle sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 182), e del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione (C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punto 38), citate al punto 191 della sentenza impugnata, la Corte ha individuato il punto di partenza dell’indagine preliminare condotta dalla Commissione, in materia di concorrenza, nella data in cui tale istituzione, esercitando i poteri conferitile dal legislatore dell’Unione, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione e comportano ripercussioni significative sulla situazione delle imprese sospettate.

117

Tuttavia, le cause all’origine di tali sentenze riguardavano la determinazione del punto di partenza del procedimento amministrativo al fine di verificare il rispetto, da parte della Commissione, del principio del termine ragionevole. Orbene, detta verifica richiede di esaminare se tale istituzione abbia agito in modo diligente a partire dalla data in cui ha informato dell’esistenza di un’indagine l’impresa sospettata di avere commesso una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione.

118

Per contro, tale data non può essere presa in considerazione al fine di stabilire il momento a partire dal quale la Commissione è tenuta a rispettare l’obbligo di registrazione dei colloqui derivante dal combinato disposto dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004. Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 150 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578), un’impresa può essere interessata dalle dichiarazioni di terzi raccolte durante tali colloqui, senza esserne a conoscenza. Pertanto, la presa in considerazione della suddetta data equivarrebbe a rinviare l’applicazione dell’obbligo di registrazione e delle relative garanzie procedurali, previste dalle succitate disposizioni a beneficio dei terzi sentiti e dell’impresa sospettata, fino a quando la Commissione non abbia adottato un provvedimento che informi l’impresa in questione dell’esistenza di sospetti nei suoi confronti. In conseguenza di tale rinvio, i colloqui con i terzi effettuati prima di un simile provvedimento sarebbero sottratti dall’ambito di applicazione dell’obbligo di registrazione dei colloqui e delle garanzie procedurali ad essi applicabili.

119

In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda la finalità del regolamento n. 1/2003, dal considerando 25 di tale regolamento risulta che, poiché diventa sempre più difficile individuare le infrazioni delle regole di concorrenza, l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 mira a completare i poteri di indagine della Commissione consentendo, in particolare, a quest’ultima di sentire chiunque possa disporre di informazioni utili e di verbalizzare le dichiarazioni (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 85). Orbene, l’espressione «individuare le infrazioni», contenuta in tale considerando, avvalora l’interpretazione secondo cui i colloqui effettuati dalla Commissione, in una fase preliminare, al fine di raccogliere indizi relativi all’oggetto di un’indagine rientrano parimenti nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

120

Inoltre, è importante precisare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, la Commissione può registrare i colloqui in qualsiasi forma. La Commissione non può quindi validamente sostenere che il fatto di imporle un obbligo di registrazione le impedirebbe di raccogliere e di utilizzare indizi quando essi possano assumere solo forma orale e comprometterebbe l’efficacia delle indagini ritardando la data dell’accertamento. Analogamente, la Commissione non può sostenere che tale obbligo abbia un effetto dissuasivo, in quanto essa può proteggere l’identità delle persone sentite.

121

In tali circostanze, si deve constatare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare, al punto 190 della sentenza impugnata, che si devono escludere dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1/2003 i colloqui nel corso dei quali sono stati raccolti indizi che hanno successivamente costituito la base di una decisione che ha disposto l’accertamento presso un’impresa, per il motivo che in quel momento non era stata avviata alcuna indagine ai sensi del capitolo V di tale regolamento, in quanto la Commissione non aveva adottato alcuna misura che implicasse, nei confronti di detta impresa, l’addebito di una violazione. Per stabilire se i colloqui in parola rientrassero in tale ambito di applicazione, il Tribunale avrebbe dovuto verificare se essi fossero finalizzati alla raccolta delle informazioni relative all’oggetto di un’indagine, tenendo conto del loro contenuto e del loro contesto.

122

Nel caso di specie, come risulta dal punto 202 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che gli indizi risultanti dai colloqui con i fornitori non potessero essere esclusi in quanto viziati da un’irregolarità formale dovuta all’inosservanza dell’obbligo di registrazione previsto dall’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dall’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, segnatamente in quanto tali colloqui si sono svolti prima dell’avvio di un’indagine ai sensi del regolamento n. 1/2003 e non implicavano, nei confronti della ricorrente e a fortiori nei confronti dei fornitori, un qualsivoglia addebito di una violazione.

123

Orbene, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 155 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578), è sufficiente indicare, a questo proposito, che la Commissione, quando procede ai colloqui, il cui oggetto è definito in anticipo e il cui scopo consiste chiaramente nell’ottenere informazioni sul funzionamento di un determinato mercato e sul comportamento degli operatori di detto mercato al fine di individuare eventuali comportamenti illeciti o di consolidare i propri sospetti quanto all’esistenza di tali comportamenti, esercita il suo potere di raccogliere dichiarazioni ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003.

124

Di conseguenza, i colloqui con i fornitori rientravano nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e la Commissione era tenuta a registrare tali dichiarazioni conformemente all’articolo 3 del regolamento n. 773/2004.

125

Ne consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere, al punto 202 della sentenza impugnata, che l’obbligo di registrazione, previsto all’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e all’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, non si applicasse ai colloqui con i fornitori e che gli indizi risultanti da tali colloqui non fossero viziati da un’irregolarità formale.

126

Da tutto quanto precede risulta che il secondo motivo è fondato e che, di conseguenza, occorre accogliere l’impugnazione e annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata senza che sia necessario statuire sul terzo motivo di impugnazione. Conseguentemente, occorre altresì annullare il punto 3, relativo alle spese, del dispositivo della sentenza impugnata.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

127

Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

128

Tale ipotesi ricorre nel caso di specie.

129

Occorre pertanto esaminare la censura, dedotta dalla ricorrente dinanzi al Tribunale nell’ambito del suo motivo vertente sulla violazione del diritto all’inviolabilità del domicilio, basata, in sostanza, sul fatto che gli indizi risultanti dai colloqui con i fornitori debbano essere esclusi in ragione dell’inosservanza, da parte della Commissione, dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004.

130

A sostegno di tale censura, la ricorrente afferma che i resoconti dei colloqui con i fornitori non erano registrazioni conformi ai requisiti di cui alle menzionate disposizioni, bensì ricostruzioni fatte unilateralmente dalla Commissione dei suoi colloqui con i fornitori.

131

La Commissione replica di avere soddisfatto il proprio obbligo di registrazione, avendo redatto resoconti esaustivi che rispecchiavano fedelmente il contenuto delle dichiarazioni dei fornitori e avendoli versati al fascicolo, con un numero di identificazione ufficiale. Questo tipo di resoconto costituirebbe una delle forme di registrazione cui l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 consente alla Commissione di ricorrere, al pari di una registrazione audio o audiovisiva o di una trascrizione letterale.

132

A tal riguardo, si deve rilevare che l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, a termini del quale la Commissione «può registrare in qualsiasi forma le dichiarazioni rese dalle persone sentite», implica che la Commissione, laddove decida, con il consenso della persona interrogata, di procedere a un colloquio ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, è tenuta a registrare tale colloquio integralmente, ferma restando la possibilità di scelta, lasciata alla Commissione, riguardo alla forma di tale registrazione (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 90).

133

Inoltre, dall’articolo 3, paragrafo 3, seconda e terza frase, del regolamento n. 773/2004 risulta che la Commissione deve mettere una copia della registrazione a disposizione della persona sentita per approvazione e, se necessario, stabilire il termine entro il quale tale persona può comunicare eventuali correzioni da apportare alla dichiarazione resa.

134

Nel caso di specie, la Commissione non ha affermato né a fortiori dimostrato di avere messo a disposizione dei fornitori per l’approvazione i resoconti da essa redatti.

135

Orbene, l’obbligo imposto alla Commissione di mettere una copia della registrazione a disposizione della persona sentita per approvazione, previsto dall’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, è volto, in particolare, ad assicurare l’autenticità delle dichiarazioni rese dalla persona sentita, garantendo che tali dichiarazioni debbano essere effettivamente attribuite a quest’ultima e che il loro contenuto rispecchi fedelmente e integralmente dette dichiarazioni e non l’interpretazione datane dalla Commissione.

136

Pertanto, un indizio, ricavato da una dichiarazione raccolta dalla Commissione senza che sia stato rispettato tale obbligo, imposto dall’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, deve essere considerato inammissibile e conseguentemente escluso.

137

Così, tali resoconti, di natura puramente interna, non possono essere considerati conformi alle prescrizioni dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, che si applica ai colloqui rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003.

138

Tale constatazione non può essere inficiata dall’argomentazione della Commissione, riassunta al punto 97 della presente sentenza, fondata sui punti da 65 a 69 della sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773).

139

È vero che la Corte ha dichiarato che il principio vigente nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento delle prove, da cui deriva che il solo criterio pertinente di apprezzamento del valore probatorio delle prove regolarmente prodotte è la loro attendibilità e che, di conseguenza, il valore probatorio di una prova deve essere valutato globalmente, cosicché addurre semplici dubbi non confermati circa l’autenticità di una prova non è sufficiente a comprometterne l’attendibilità (sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punti da 65 a 69).

140

Tuttavia, nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, la prova di cui veniva rimessa in discussione l’autenticità era un messaggio di posta elettronica interno a un’impresa e non la registrazione di una dichiarazione raccolta dalla Commissione e inficiata da una violazione dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004.

141

Pertanto, il principio del libero apprezzamento delle prove non può essere invocato per sfuggire alle norme in materia di forma applicabili alla registrazione delle dichiarazioni raccolte dalla Commissione ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003. A questo proposito, occorre rilevare che la conseguenza di un’irregolarità nella raccolta di indizi, alla luce dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, risiede nell’impossibilità per la Commissione di usare tali indizi nel prosieguo del procedimento (v., per analogia, sentenza del 18 giugno 2015, Deutsche Bahn e a./Commissione, C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

142

Nel caso di specie, dal momento che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 208 delle conclusioni nella causa Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (C‑682/20 P, EU:C:2022:578), le informazioni emerse dai colloqui con i fornitori costituivano la parte essenziale degli indizi sui quali si è basata la decisione controversa e che essa è viziata da un’irregolarità formale a motivo dell’inosservanza dell’obbligo di registrazione di cui all’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, si deve concludere che la Commissione non era in possesso, alla data di adozione della decisione controversa, di indizi sufficientemente seri che essa potesse legittimamente utilizzare e che giustificassero le presunzioni enunciate all’articolo 1, lettera a), di tale decisione. Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre annullare integralmente detta decisione.

Sulle spese

143

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

144

L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ha chiesto la condanna della Commissione alle spese, quest’ultima, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente nell’ambito della presente impugnazione. Inoltre, dato che la decisione controversa è annullata, la Commissione è condannata a sopportare la totalità delle spese sostenute dalla ricorrente nell’ambito del procedimento di primo grado.

145

A norma dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura della Corte, una parte interveniente in primo grado, che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, può essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. In tal caso, la Corte può decidere che le spese da essa sostenute restino a suo carico. Poiché il Consiglio, interveniente in primo grado, ha partecipato alla fase scritta e alla fase orale del procedimento dinanzi alla Corte, si deve disporre che esso sopporterà le proprie spese relative sia al procedimento di impugnazione sia al procedimento di primo grado.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il punto 2 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 ottobre 2020, Intermarché Casino Achats/Commissione (T‑254/17, non pubblicata, EU:T:2020:459), è annullato.

 

2)

Il punto 3 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 ottobre 2020, Intermarché Casino Achats/Commissione (T‑254/17, non pubblicata, EU:T:2020:459), è annullato nella parte in cui ha statuito sulle spese.

 

3)

La decisione C(2017) 1056 final della Commissione, del 9 febbraio 2017, che ordina alla Intermarché Casino Achats nonché a tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate di sottoporsi ad un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1), è annullata.

 

4)

La Commissione europea è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Intermarché Casino Achats SARL, relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione.

 

5)

Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.