Causa C‑570/20
Procedimento penale
a carico di
BV
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia)]
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 5 maggio 2022
«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Dissimulazione fraudolenta dell’imposta dovuta – Sanzioni – Normativa nazionale che prevede una sanzione amministrativa e una sanzione penale per i medesimi fatti – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 49 – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Articolo 52, paragrafo 1 – Limitazioni apportate al principio del ne bis in idem – Requisito della previsione di norme chiare e precise – Possibilità di prendere in considerazione l’interpretazione della legislazione nazionale da parte dei giudici nazionali – Necessaria previsione di norme che assicurino la proporzionalità dell’insieme delle sanzioni inflitte – Sanzioni di diversa natura»
Diritti fondamentali – Principio del ne bis in idem – Presupposti d’applicazione – Esistenza di uno stesso reato – Criterio di valutazione – Identità dei fatti materiali – Limitazione dell’applicazione del principio – Giustificazione – Presupposti – Rispetto dei principi di legalità e di proporzionalità dei reati e delle pene – Portata
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 49, §§ 1 e 3, 50 e 52, § 1)
(v. punti 28-36, 38-44, 50-52)
Diritti fondamentali – Principio del ne bis in idem – Cumulo delle sanzioni penali e amministrative per uno stesso illecito – Evasione fiscale – Normativa nazionale che prevede una limitazione del cumulo ai casi più gravi – Limitazione che risulta soltanto da una giurisprudenza consolidata – Ammissibilità – Presupposti – Cumulo ragionevolmente prevedibile – Necessità di prevedere norme che assicurino la proporzionalità dell’insieme delle sanzioni inflitte, anche in caso di sanzioni di natura diversa
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 50 e 52, § 1)
(v. punto 55 e dispositivo)
Sintesi
BV, persona fisica con residenza fiscale in Francia, ha esercitato la professione di esperto contabile sotto forma di ditta individuale fino al 14 giugno 2011. A tale titolo, egli era assoggettato ipso iure all’imposta sul valore aggiunto (IVA). A seguito di operazioni di verifica contabile, l’amministrazione tributaria ha presentato una denuncia nei suoi confronti al procureur de la République d’Annecy (procuratore della Repubblica di Annecy, Francia), contestandogli, in particolare, di aver evaso, mediante contabilità e dichiarazioni irregolari, un importo di EUR 82507 a titolo di IVA. Rinviato dinanzi al tribunal correctionnel d’Annecy (Tribunale penale di Annecy, Francia) per essere processato per reati di evasione fiscale, BV è stato condannato a 12 mesi di reclusione nonché alla pubblicazione della decisione a sue spese.
BV ha proposto appello contro tale sentenza facendo valere che la sua condanna penale contrasta con il principio secondo cui nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge (ne bis in idem), garantito dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 1 ). Egli considera di essere già stato assoggettato ad un procedimento di rettifica fiscale che ha dato luogo, per gli stessi fatti, all’applicazione di sanzioni fiscali definitive, pari al 40% delle imposte evase. Dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), giudice del rinvio nella presente causa, BV sostiene che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non soddisfa il requisito di chiarezza e di prevedibilità che un cumulo di procedimenti e sanzioni di natura penale deve rispettare. Inoltre, esso considera che la detta normativa non prevede norme che consentano di garantire che la severità del complesso delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità dell’infrazione accertata.
Tale giudice rileva che, in applicazione delle riserve di interpretazione previste dalla giurisprudenza costituzionale ( 2 ), la normativa francese limita i procedimenti penali ai reati che presentano una certa gravità, per i quali il legislatore nazionale ha previsto, oltre ad una multa, una pena detentiva. Esso sottolinea inoltre che la facoltà di cumulare sanzioni è limitata dall’impossibilità di superare l’importo più elevato di una delle sanzioni irrogate. Tuttavia, tale limitazione riguarda solo le sanzioni della stessa natura, vale a dire le sanzioni pecuniarie, di modo che essa non si applicherebbe in caso di cumulo di sanzioni pecuniarie fiscali e di una pena detentiva.
Investito della presente causa, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare se la normativa di cui trattasi, come interpretata dai giudici nazionali, soddisfi il requisito, previsto dal diritto dell’Unione, di chiarezza e di prevedibilità delle circostanze in cui le dissimulazioni fraudolente o le omissioni dichiarative in materia di IVA possono essere oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni penali, e se il requisito della necessità e della proporzionalità del cumulo di siffatte sanzioni sia soddisfatto dalla suddetta normativa.
Con la sua sentenza, la Corte dichiara che il diritto fondamentale garantito dall’articolo 50 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 52, paragrafo 1, della stessa ( 3 ), non osta a che la limitazione del cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale prevista per i casi più gravi di dissimulazioni fraudolente o di omissioni dichiarative in materia di IVA, risulti soltanto da una giurisprudenza consolidata, purché tale cumulo sia ragionevolmente prevedibile nel momento in cui il reato è stato commesso. Per contro, detti articoli della Carta ostano ad una normativa nazionale che, in caso di cumulo di una sanzione pecuniaria e di una pena detentiva, non garantisce con norme chiare e precise, eventualmente quali interpretate dai giudici nazionali, che l’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità del reato accertato.
Giudizio della Corte
La Corte ricorda anzitutto che, secondo una giurisprudenza costante, la Carta e, in particolare, il principio del ne bis in idem previsto dal suo articolo 50, si applica a sanzioni amministrative inflitte dalle autorità tributarie nazionali e a procedimenti penali avviati per reati in materia di IVA. A tal riguardo, la Corte constata che, nel caso di specie, il cumulo di un procedimento penale e di una sanzione amministrativa definitiva di natura penale costituisce una limitazione del diritto fondamentale sancito da tale principio.
La Corte verifica allora se tale limitazione del diritto fondamentale di cui trattasi possa essere giustificata. Essa constata che, nella fattispecie in esame, la possibilità di cumulare procedimenti e sanzioni penali così come procedimenti e sanzioni amministrative di natura penale è prevista dalla legge. In tale contesto, il principio di proporzionalità esige che tale legge sia strettamente necessaria, che preveda norme sufficientemente chiare e precise che consentano al singolo di prevedere le conseguenze giuridiche del suo comportamento.
Inoltre, qualsiasi disposizione che autorizzi una doppia repressione deve rispettare le esigenze connesse al principio di legalità dei reati e delle pene sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta, per evitare che il carico repressivo derivante dal cumulo di sanzioni di natura penale ecceda quello previsto dalla legge per il comportamento incriminato. Ciò premesso, tale principio è compatibile con il fatto che le condizioni richieste per il cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale non derivano esclusivamente da disposizioni legislative, ma anche dalla loro interpretazione da parte dei giudici nazionali. Un siffatto graduale chiarimento delle norme sulla responsabilità penale mediante l’interpretazione giurisprudenziale non è quindi escluso, purché il risultato sia ragionevolmente prevedibile nel momento in cui l’infrazione è stata commessa. La portata della prevedibilità così richiesta dipende in larga parte dal contenuto del testo di cui trattasi, dal settore interessato nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari.
A tal riguardo, il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) francese ha dichiarato che il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsti dal diritto francese può applicarsi solo nei casi più gravi di dissimulazione fraudolenta o di omissioni dichiarative, precisando al contempo che tale gravità può risultare dall’importo delle imposte evase, dalla natura dei comportamenti della persona perseguita o dalle circostanze in cui sono intervenuti. La Corte constata che tale interpretazione non appare, di per sé, imprevedibile, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare nel caso di specie. Tuttavia, la Corte ricorda che il requisito di proporzionalità non è rispettato da una normativa che prevede, per il cumulo di una sanzione penale e di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, che il recupero della prima sia limitato alla parte eccedente l’importo della seconda, senza prevedere una regola siffatta anche per il cumulo di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale e di una pena detentiva.
( 1 ) In prosieguo: la «Carta».
( 2 ) Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale, Francia), decisioni del 24 giugno 2016, n. 2016-545 QPC e n. 2016-546 QPC, del 22 luglio 2016, n. 2016-556 QPC, nonché del 23 novembre 2018, n. 2018-745 QPC.
( 3 ) In forza dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta: «Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla (…) Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».