SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

12 maggio 2022 ( *1 )

«Impugnazione – Articolo 265 TFUE – Ricorso per carenza – Direttiva 93/42/CEE – Dispositivi medici – Articolo 8, paragrafi 1 e 2 – Procedimento di clausola di salvaguardia – Notifica da parte di uno Stato membro di una decisione di divieto d’immissione in commercio di un dispositivo medico – Prolungata inerzia da parte della Commissione europea – Insussistenza di una decisione – Ricevibilità – Legittimazione ad agire – Termine di ricorso – Invito ad agire entro un termine ragionevole – Principio di buona amministrazione – Obbligo di motivazione incombente al Tribunale dell’Unione europea»

Nella causa C‑430/20 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta l’11 settembre 2020,

Christoph Klein, residente in Großgmain (Austria), rappresentato da H.-J. Ahlt, Rechtsanwalt,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata inizialmente da C. Hermes, F. Thiran e M. Jáuregui Gómez, successivamente da C. Hermes e F. Thiran, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, I. Ziemele (relatrice), T. von Danwitz, P.G. Xuereb e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, il sig. Christoph Klein chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 2 luglio 2020, Klein/Commissione (T‑562/19, non pubblicata; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata», EU:T:2020:300), con la quale quest’ultimo ha respinto in quanto irricevibile il suo ricorso fondato sull’articolo 265 TFUE e diretto a far dichiarare che la Commissione europea ha illegittimamente omesso di agire nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia avviato il 7 gennaio 1998 dalla Repubblica federale di Germania e di adottare una decisione ai sensi della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (GU 1993, L 169, pag. 1), riguardo al suo dispositivo di agevolazione dell’inalazione (in prosieguo: il «dispositivo Inhaler»).

Contesto normativo

2

L’articolo 8 della direttiva 93/42, intitolato «Clausola di salvaguardia», dispone come segue:

«1.   Qualsiasi Stato membro, qualora constati che un dispositivo di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, secondo trattino, installato ed utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, può compromettere la salute e/o la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o eventualmente di terzi, prende le misure provvisorie necessarie per ritirare tale dispositivo dal mercato, vietarne o ridurne l’immissione in commercio o la messa in servizio. Lo Stato membro comunica immediatamente tali misure alla Commissione, indicando i motivi della sua decisione e in particolare se la non conformità alla presente direttiva derivi:

a)

dal mancato rispetto dei requisiti essenziali di cui all’articolo 3;

b)

da una scorretta applicazione delle norme di cui all’articolo 5, sempreché sia prevista l’applicazione di dette norme;

c)

da una lacuna nelle norme stesse.

2.   La Commissione procede nel minor tempo possibile a consultazioni con le parti interessate. Se dopo tali consultazioni essa ritiene:

che il provvedimento è giustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura e gli altri Stati membri. Qualora la decisione di cui al paragrafo 1 sia motivata da carenze esistenti nelle norme, la Commissione, dopo aver consultato le parti interessate, adisce il comitato di cui all’articolo 6, entro un termine di 2 mesi, se lo Stato membro che ha adottato il provvedimento intende mantenerlo in vigore, ed avvia la procedura prevista all’articolo 6;

che il provvedimento è ingiustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura nonché il fabbricante o il suo mandatario stabilito [nell’Unione europea].

3.   Se un dispositivo non conforme è munito della marcatura CE, lo Stato membro competente adotta nei confronti di chi abbia apposto il marchio al dispositivo le misure del caso e ne informa la Commissione e gli altri Stati membri.

4.   La Commissione provvede affinché gli Stati membri siano informati dello svolgimento e dei risultati di questo procedimento».

3

L’articolo 18 della direttiva in parola, intitolato «Indebita marcatura CE», prevede quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 8:

a)

ogni constatazione, da parte di uno Stato membro, di indebita marcatura CE, comporta per il fabbricante o il suo mandatario stabilito [nell’Unione europea] l’obbligo di far cessare l’infrazione alle condizioni fissate dallo Stato membro;

b)

qualora l’infrazione si protragga, lo Stato membro deve adottare tutte le misure atte a limitare o vietare l’immissione in commercio del prodotto in questione o a garantirne il ritiro dal commercio, secondo la procedura prevista all’articolo 8.

(...)».

Fatti

4

I fatti sono esposti ai punti da 1 a 30 della ordinanza impugnata nei seguenti termini:

«1

Il ricorrente (...) è il direttore dell’atmed AG, una società per azioni di diritto tedesco attualmente in stato di insolvenza. Egli è altresì l’inventore di un dispositivo medico di agevolazione dell’inalazione per asmatici che ha brevettato all’inizio degli anni ’90.

Decisione di divieto del dispositivo Inhaler

2

Fra il 1996 e il 2001 la fabbricazione del [dispositivo medico Inhaler] era stata affidata alla Primed Halberstadt GmbH per conto della Broncho-Air Medizintechnik AG. Quest’ultima società era anche il distributore di tale dispositivo, sotto il nome di Inhaler Broncho Air® (...). In occasione della sua immissione in commercio sul mercato tedesco, detto dispositivo recava la marcatura CE, al fine di designare la sua conformità ai requisiti essenziali della direttiva [93/42].

3

Nel 1996 le autorità tedesche trasmettevano alla Broncho-Air Medizintechnik un progetto di decisione intesa al divieto di distribuzione del dispositivo Inhaler. In tale progetto, dette autorità spiegavano che, in ragione dell’assenza di una valutazione clinica esauriente, esse nutrivano dubbi quanto alla conformità di tale dispositivo ai requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42. Esse esprimevano inoltre l’intenzione di procedere al richiamo degli esemplari di tale dispositivo già messi in circolazione.

4

Il 22 maggio 1997 la Broncho-Air Medizintechnik inviava alle autorità tedesche una lettera con cui le informava che il dispositivo Inhaler non era più stato commercializzato dal 1o gennaio 1997 e che la sua distribuzione sarebbe stata sospesa fino a che non fossero stati disponibili studi e sperimentazioni ulteriori sulla conformità di tale prodotto alla direttiva 93/42. Essa faceva inoltre sapere alle autorità tedesche che il dispositivo in questione non era stato distribuito all’estero.

5

Il 23 settembre 1997 le autorità tedesche adottavano una decisione che vietava alla Primed Halberstadt l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler. In tale decisione le autorità tedesche constatavano sostanzialmente che, conformemente al parere del Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (Istituto federale per i medicinali e i dispositivi medici, Germania), il dispositivo Inhaler non soddisfaceva i requisiti essenziali di cui all’allegato I alla direttiva 93/42, poiché la sua innocuità non era stata dimostrata a sufficienza a livello scientifico alla luce degli elementi messi a disposizione dal fabbricante. Avverso tale decisione di divieto veniva avviato un procedimento amministrativo di opposizione conformemente alla [Verwaltungsgerichtsordnung (legge sull’organizzazione della giustizia amministrativa), del 21 gennaio 1960 (BGBl. 1960 I, pag. 17), nella versione applicabile al presente procedimento].

6

Il 7 gennaio 1998 le autorità tedesche trasmettevano alla Commissione (...) una lettera, intitolata «Procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42 relativo [al dispositivo Inhaler]», nella quale le comunicavano la decisione di divieto del 23 settembre 1997.

7

In seguito alla notifica da parte delle autorità tedesche, la Commissione non adottava alcuna decisione.

Decisione di divieto del dispositivo effecto

8

Il 16 giugno 2000 i diritti di sfruttamento esclusivo del dispositivo medico del ricorrente venivano ceduti all’atmed. A seguito di tale cessione, il dispositivo, a partire dal 2002, era distribuito in modo esclusivo dall’atmed con il nome «effecto®» (in prosieguo: il «dispositivo effecto»). Nel 2003 detta società si faceva altresì carico della sua fabbricazione. Quando è stato immesso in commercio sul mercato tedesco, tale dispositivo era munito della marcatura CE, che designava la sua conformità ai requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42.

9

Il 18 maggio 2005 le autorità tedesche adottavano una decisione che vietava all’atmed di immettere in commercio il dispositivo effecto. Esse ritenevano, in sostanza, che il procedimento di valutazione della conformità, segnatamente la valutazione clinica, non fosse stato effettuato in modo adeguato e che, per tale ragione, detto dispositivo non potesse essere ritenuto soddisfare i requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42. Tale decisione non veniva notificata alla Commissione dalle autorità tedesche ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 93/42.

10

Il 16 gennaio e il 17 agosto 2006 l’atmed contattava i servizi della Commissione per denunciare il fatto che le autorità tedesche non avevano notificato loro la decisione di divieto del 18 maggio 2005. A suo avviso, doveva essere avviato un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42.

11

Il 6 ottobre 2006, tenuto conto delle informazioni ricevute dall’atmed, la Commissione chiedeva alle autorità tedesche se, a loro avviso, fossero state rispettate le condizioni per un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 93/42.

12

Il 12 dicembre 2006 la Repubblica federale di Germania spiegava alla Commissione che, a suo avviso, il procedimento avviato con l’invio della lettera del 7 gennaio 1998 relativo al dispositivo Inhaler costituiva un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi di detta disposizione e che un nuovo procedimento, per un medesimo dispositivo con un altro nome, non era giustificato. Inoltre, le autorità tedesche informavano la Commissione del persistere dei loro dubbi quanto alla conformità del dispositivo effecto ai requisiti essenziali di cui alla direttiva 93/42 e chiedevano, pertanto, alla Commissione di confermare la decisione di divieto del 18 maggio 2005. Il 13 dicembre 2006 la Commissione informava l’atmed della risposta delle autorità tedesche.

13

Il 18 dicembre 2006 l’atmed domandava alla Commissione di avviare un procedimento d’inadempimento ai sensi dell’articolo 226 CE contro la Repubblica federale di Germania, nonché di proseguire il procedimento di clausola di salvaguardia che, a suo parere, era stato avviato nel 1998.

14

Il 27 gennaio 2007 il ricorrente e la Broncho-Air Medizintechnik hanno firmato un accordo in forza del quale quest’ultima società cedeva al ricorrente i suoi diritti relativi al dispositivo Inhaler.

15

Il 22 febbraio 2007 la Commissione proponeva alle autorità tedesche di valutare la decisione del 18 maggio 2005 nel contesto del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998 e di trattarla sulla base delle nuove informazioni. Secondo la Commissione, tale approccio avrebbe permesso di evitare una nuova notifica e avrebbe garantito una maggiore efficacia.

16

Il 18 luglio 2007 la Commissione comunicava alle autorità tedesche la sua conclusione secondo la quale la presente fattispecie costituiva in realtà un caso di indebita marcatura CE e, per tale ragione, doveva essere trattata ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 93/42. Al riguardo, la Commissione metteva in dubbio il fatto che il dispositivo effecto non potesse soddisfare i requisiti essenziali previsti da tale direttiva. Per contro, essa riteneva che fossero necessari ulteriori dati clinici al fine di dimostrare che il dispositivo effecto fosse conforme a detti requisiti e invitava le autorità tedesche a cooperare strettamente con l’atmed al fine di stabilire quali fossero i dati mancanti. La Commissione rimetteva al ricorrente copia della lettera indirizzata alle autorità tedesche a tale scopo.

17

Nel 2008 il ricorrente presentava una petizione al Parlamento europeo sul mancato intervento della Commissione con riferimento al suo caso. Il 19 gennaio 2011 il Parlamento adottava la risoluzione P7_TA (2011) 0017.

18

Il 9 marzo 2011 il ricorrente chiedeva alla Commissione il pagamento di un’indennità di EUR 170 milioni per l’atmed e di EUR 130 milioni per sé stesso. L’11 marzo 2011 la Commissione respingeva la domanda di risarcimento del ricorrente.

Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

19

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2011, il ricorrente ha proposto un ricorso per risarcimento danni basato sul combinato disposto dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE.

20

Con sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), il Tribunale ha respinto tale ricorso sostanzialmente a motivo del fatto che non esisteva un comportamento illecito della Commissione ai sensi della direttiva 93/42, sia per quanto riguarda il divieto relativo al dispositivo Inhaler sia per quanto riguarda il divieto relativo al dispositivo effecto.

21

Con sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), la Corte ha annullato parzialmente la sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), e ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale. Da un lato, per quanto riguarda il divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, la Corte ha ritenuto che il Tribunale fosse incorso in un errore di diritto dichiarando che la Commissione non era tenuta ad adottare una decisione conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 a seguito del ricevimento della lettera del 7 gennaio 1998. Dall’altro lato, quanto al divieto relativo al dispositivo effecto, la Corte ha respinto in quanto irricevibile il motivo del ricorrente diretto a far constatare errori del Tribunale in tale parte della sentenza.

22

Nell’ambito del rinvio, il Tribunale, con sentenza del 28 settembre 2016, Klein/Commissione (T‑309/10 RENV, non pubblicata, EU:T:2016:570), ha esaminato le restanti condizioni per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, conformemente alla giurisprudenza costante (...) e ha nuovamente respinto il ricorso del ricorrente.

23

Anzitutto, il Tribunale ha respinto in quanto irricevibile il capo della domanda sollevato dal ricorrente con il quale quest’ultimo chiedeva un risarcimento in ragione della carenza della Commissione per quanto concerne il dispositivo effecto. A tal riguardo, il Tribunale si è basato sul carattere definitivo conferito dalla sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), alla constatazione secondo cui nessuna carenza poteva essere contestata alla Commissione per quanto riguarda detto dispositivo. Il Tribunale ha poi dichiarato che la violazione del diritto dell’Unione commessa, secondo la Corte, dalla Commissione, per quanto riguarda il divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, doveva essere considerata sufficientemente qualificata. Inoltre, riguardo alla questione se l’articolo 8 della direttiva 93/42 costituisse una disposizione che conferisce diritti al ricorrente, come richiesto da consolidata giurisprudenza, il Tribunale ha dichiarato che il ricorrente poteva far valere unicamente i diritti al risarcimento ceduti dalla Broncho-Air Medizintechnik, in forza dell’accordo del 27 gennaio 2007, e che non poteva invocare i diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale o all’atmed, poiché questi ultimi non rientravano nella norma di protezione di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42. Infine, quanto al nesso di causalità, il Tribunale ha rilevato che, anche supponendo che l’esistenza di tutti i danni lamentati dal ricorrente fosse dimostrata, un nesso di causalità diretto non può, in ogni caso, essere stabilito tra detti danni e il comportamento illecito della Commissione.

24

A seguito dell’impugnazione del ricorrente, la Corte, con sentenza del 6 settembre 2018, Klein/Commissione (C‑346/17 P, EU:C:2018:679), ha annullato parzialmente la sentenza del 28 settembre 2016, Klein/Commissione (T‑309/10 RENV, non pubblicata, EU:T:2016:570), nella parte in cui il Tribunale aveva respinto il ricorso con la motivazione che il ricorrente non aveva dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità diretto e sufficiente idoneo a far sussistere la responsabilità dell’Unione. Per contro, la Corte ha respinto i motivi del ricorrente diretti a contestare le altre conclusioni del Tribunale, in particolare, da un lato, quella secondo cui l’assenza di comportamento illecito della Commissione per quanto riguarda il dispositivo effecto aveva carattere definitivo e, dall’altro, quella secondo cui il ricorrente non poteva far valere diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale, poiché egli non rientrava nella norma di protezione di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42. Infine, conformemente all’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha deciso di statuire definitivamente sulla controversia e ha respinto il ricorso. A tal riguardo, essa ha dichiarato, in sostanza, che il ricorrente non aveva rispettato l’obbligo ad esso incombente di fornire prove concludenti dell’entità del danno lamentato.

Fasi successive alla sentenza del 6 settembre 2018, Klein/Commissione (C‑346/17 P)

25

Il 28 settembre 2018 il ricorrente ha inviato una lettera alla Commissione, rinviando alla sentenza del 6 settembre 2018, Klein/Commissione (C‑346/17 P, EU:C:2018:679). In tale lettera, egli invitava detta istituzione, da un lato, ad adottare senza indugio una decisione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, per quanto riguarda il divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler e, dall’altro, ad avviare un procedimento per infrazione nei confronti della Repubblica federale di Germania, in quanto essa non aveva avviato un procedimento di clausola di salvaguardia, conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva, per quanto riguarda il divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto.

26

Il 21 novembre e il 18 dicembre 2018 la Commissione ha risposto al ricorrente con due lettere. Nella prima lettera, la Commissione lo ha informato che, per quanto riguarda la sua prima domanda, essa era in corso di analisi e che sarebbe stato informato se la Commissione avesse ripreso l’esame del procedimento di clausola di salvaguardia avviato il 7 gennaio 1998 dalle autorità tedesche e se, a tal fine, essa avesse avviato consultazioni con le parti interessate, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42. Per quanto riguarda la sua seconda domanda, la Commissione ha comunicato al ricorrente che non avrebbe intrapreso alcuna azione nei confronti della Repubblica federale di Germania. Nella seconda lettera, la Commissione ha trasmesso al ricorrente un questionario dettagliato sugli aspetti di fatto e di diritto relativi al divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler e al procedimento di clausola di salvaguardia avviato dalle autorità tedesche. Il ricorrente ha risposto a tale questionario della Commissione il 14 gennaio 2019.

27

Il 6 febbraio 2019 il ricorrente ha contattato la Commissione chiedendo un incontro personale con il membro della Commissione competente in materia di mercato interno, nonché con il segretario generale dell’istituzione. Una siffatta domanda è stata respinta dalla Commissione il 21 febbraio 2019.

28

Il 4 aprile 2019 il ricorrente ha inviato al segretario generale della Commissione una nuova lettera chiedendogli, in sostanza, di comunicargli se fosse adottata una decisione, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, per quanto riguarda il dispositivo Inhaler. In tale lettera egli ha dichiarato altresì che, in mancanza di una risposta da parte della Commissione prima del 12 aprile 2019, avrebbe proposto un ricorso al Tribunale.

29

Il 29 aprile 2019 il ricorrente ha contattato il presidente della Commissione con messaggio di posta elettronica, mettendo in copia il segretario generale del Consiglio dell’Unione europea e il presidente del Parlamento. In tale messaggio di posta elettronica egli chiedeva al presidente della Commissione di agire contro il comportamento di rifiuto del membro della Commissione competente per quanto riguarda il dispositivo Inhaler, al fine di porre fine alle persistenti violazioni del diritto dell’Unione. Il 13 maggio 2019 il ricorrente ha contattato l’ultima volta il presidente della Commissione, questa volta chiedendo il risarcimento dei danni dovuti all’assenza di decisione relativa al dispositivo Inhaler.

30

Il 26 luglio 2019 la Commissione ha inviato al ricorrente una lettera che reiterava, in sostanza, il contenuto esposto nella sua lettera del 21 novembre 2018.

Ricorso dinanzi al Tribunale e ordinanza impugnata

5

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 agosto 2019, il ricorrente ha proposto un ricorso fondato sull’articolo 265 TFUE e diretto a far dichiarare che la Commissione ha illegittimamente omesso di agire nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia avviato il 7 gennaio 1998 dalla Repubblica federale di Germania e di adottare una decisione conformemente alla direttiva 93/42, riguardo al dispositivo Inhaler.

6

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 ottobre 2019, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura del Tribunale, vertente, in primo luogo, sulla parziale mancanza di legittimazione ad agire del ricorrente; in secondo luogo, sull’irragionevolezza del termine entro il quale il ricorrente le ha rivolto il suo invito ad agire e, in terzo luogo, sulla tardività del ricorso di primo grado.

7

Nell’ordinanza impugnata, in primo luogo, il Tribunale ha considerato che il ricorso per carenza proposto dal ricorrente doveva essere dichiarato irricevibile essendo stato proposto per far valere diritti connessi alla sua «condizione personale». Il Tribunale ha invece constatato che il ricorrente era legittimato ad agire in quanto aveva proposto detto ricorso in qualità di beneficiario della cessione dei diritti intervenuta tra lo stesso e la Broncho-Air Medizintechnik.

8

In secondo luogo, il Tribunale ha dichiarato che, poiché, da un lato, il termine per proporre ricorso ai sensi dell’articolo 265 TFUE, a seguito dell’invito ad agire, rivolto dal ricorrente con la lettera del 28 settembre 2018, scadeva il 13 febbraio 2019 e, dall’altro, tale ricorso era stato proposto il 14 agosto 2019, detto ricorso era stato proposto tardivamente e doveva, pertanto, essere respinto in quanto irricevibile.

9

In terzo luogo, per quanto riguarda l’irragionevolezza del termine entro il quale il ricorrente aveva rivolto il suo invito ad agire alla Commissione ai sensi dell’articolo 265, secondo comma, TFUE, il Tribunale ha altresì accolto, ad abundantiam, la censura sollevata da tale istituzione, cosicché il Tribunale ha dichiarato che il ricorso di primo grado doveva, in ogni caso, essere respinto in quanto irricevibile per tale motivo.

Conclusioni delle parti nel procedimento di impugnazione

10

Il ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare l’ordinanza impugnata;

dichiarare che il ricorso di primo grado è ricevibile e che la Commissione viola il Trattato FUE rimanendo inattiva nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia riguardante il dispositivo Inhaler, avviato dalla Repubblica federale di Germania il 7 gennaio 1998, e omettendo di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, o, in subordine, rinviare la causa al Tribunale;

condannare la Commissione alle spese.

11

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere integralmente l’impugnazione, e

condannare il ricorrente alle spese.

Sull’impugnazione

12

Nell’ambito dell’impugnazione, il ricorrente contesta i motivi con cui il Tribunale ha respinto il suo ricorso in quanto irricevibile.

13

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’assenza parziale di legittimazione ad agire del ricorrente, quest’ultimo solleva tre motivi vertenti, il primo, sullo snaturamento delle prove e dei fatti nonché sull’interpretazione erronea in diritto per quanto riguarda il diritto rivendicato; il secondo, sullo snaturamento delle prove e dei fatti per quanto riguarda la sua posizione in qualità di mandatario generale e, il terzo, sulla qualificazione giuridica erronea del suo diritto e sulla violazione del diritto dell’Unione.

14

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la tardività del ricorso di primo grado, il ricorrente deduce due motivi vertenti, il primo, sull’erronea determinazione del dies a quo del termine di ricorso previsto dall’articolo 265 TFUE e, il secondo, sullo snaturamento dei fatti e sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

15

Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’irragionevolezza del termine trascorso prima che il ricorrente invitasse la Commissione ad agire, quest’ultimo solleva tre motivi, vertenti, il primo, sullo snaturamento delle prove e dei fatti nonché sull’interpretazione erronea in diritto; il secondo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione e, il terzo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, degli articoli 28 e seguenti e dell’articolo 265 TFUE nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

Sulla parziale assenza di legittimazione ad agire del ricorrente

Sul primo motivo, vertente sullo snaturamento delle prove e dei fatti nonché sull’interpretazione erronea in diritto per quanto riguarda il diritto rivendicato

– Argomenti delle parti

16

Il ricorrente contesta la conclusione contenuta al punto 53 dell’ordinanza impugnata, secondo cui il ricorso deve essere dichiarato irricevibile in quanto sarebbe stato proposto per far valere diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale. A tal riguardo, da detto ricorso, dall’argomento dedotto in primo grado e dai documenti prodotti risulterebbe direttamente che il ricorrente non ha proposto ricorso per far valere diritti al risarcimento. Ne conseguirebbe che il Tribunale ha snaturato le prove nonché i fatti e ha compiuto un’erronea interpretazione in punto di diritto per quanto riguarda il diritto rivendicato.

17

La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

– Giudizio della Corte

18

Si deve constatare che il punto 53 dell’ordinanza impugnata contiene, nella lingua processuale, un lapsus calami in quanto in esso si afferma che il ricorrente ha proposto il ricorso «per far valere diritti al risarcimento connessi alla sua qualità personale». Tuttavia, dalla motivazione dell’ordinanza impugnata, in particolare dai punti da 41 a 52 della stessa, risulta chiaramente che il Tribunale non ha affatto considerato che il ricorrente intendesse far valere siffatti diritti al risarcimento nell’ambito del presente procedimento.

19

È vero che, al punto 44 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha fatto riferimento a talune constatazioni, effettuate nella sentenza del 28 settembre 2016, Klein/Commissione (T‑309/10 RENV, EU:T:2016:570), secondo le quali il ricorrente non poteva far valere diritti «al risarcimento» connessi alla sua «condizione personale». Tuttavia, il Tribunale ha precisato, a tal riguardo, al punto 45 di tale ordinanza, che, sebbene esse si iscrivessero nel contesto di un’azione per responsabilità extracontrattuale fondata su una lettura combinata degli articoli 268 e 340 TFUE, tali considerazioni erano pertinenti per quanto riguarda i soggetti di diritto la cui situazione giuridica doveva essere considerata interessata dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 ed erano, pertanto, integralmente applicabili al caso di specie.

20

Alla luce di tali rilievi, il primo motivo dev’essere respinto.

Sul secondo motivo, vertente sullo snaturamento delle prove e dei fatti per quanto riguarda la posizione del ricorrente in qualità di mandatario generale

– Argomenti delle parti

21

Il ricorrente fa valere che, al punto 50 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha snaturato le prove e i fatti per quanto riguarda la sua posizione in qualità di mandatario generale. Il Tribunale, infatti, non avrebbe tenuto conto del fatto che il ricorrente era il mandatario generale della Broncho-Air Medizintechnik, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, in quanto tale, il ricorrente sarebbe direttamente interessato dalla carenza della Commissione e vedrebbe la sua situazione giuridica pregiudicata a titolo personale.

22

La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

– Giudizio della Corte

23

Da una giurisprudenza costante risulta che, qualora un ricorrente alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, in forza dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura di quest’ultima, egli deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento. Peraltro, sempre secondo costante giurisprudenza della Corte, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

24

Nel caso di specie, occorre constatare che il Tribunale ha rilevato, al punto 40 dell’ordinanza impugnata, che, al fine di dimostrare di essere direttamente e individualmente interessato dalla carenza della Commissione, il ricorrente aveva «fatto valere, in particolare, la sua condizione di inventore del dispositivo Inhaler, nonché la sua condizione di licenziante nei confronti della Broncho-Air Medizintechnik e di azionista principale della atmed» e che era «interessato più di ogni altro sul piano economico».

25

Da un lato, una tale constatazione non risulta viziata da snaturamento. Infatti, nell’atto introduttivo del ricorso depositato al Tribunale, il ricorrente si è limitato, da un lato, a sostenere di essere legittimato ad agire ai sensi dell’articolo 265, terzo comma, TFUE «in forza della procura allegata», procura che dimostra la sua qualità di mandatario generale della Broncho-Air Medizintechnik. Dall’altro lato, nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità di tale ricorso, detto ricorrente ha aggiunto che era «anche personalmente, direttamente interessato dalla carenza della [Commissione]». A suo avviso, egli «non è soltanto l’inventore del dispositivo “Inhaler” di cui trattasi nel caso di specie, è altresì licenziante nei confronti della Broncho-Air Medizintechnik (...) nonché azionista principale dell’atmed AG (in liquidazione)». Egli sarebbe pertanto «interessato più di ogni altro sul piano economico», e «[tale] approccio economico [dovrebbe] essere preso in considerazione». Non risulta quindi che il ricorrente avesse specificamente fatto valere, dinanzi al Tribunale, un’incidenza diretta che risulterebbe dalla sua situazione giuridica personale, nella sua qualità di mandatario generale della Broncho-Air Medizintechnik.

26

Dall’altro lato, correttamente il Tribunale ha ricordato, al punto 47 dell’ordinanza impugnata, che da una giurisprudenza costante relativa all’articolo 263, quarto comma, TFUE, applicabile mutatis mutandis all’articolo 265 TFUE, risulta che un atto può riguardare direttamente un ricorrente se incide sulla sua situazione giuridica. Orbene, come fatto valere dalla Commissione, nella sua qualità di mandatario generale e, di conseguenza, di rappresentante della Broncho-Air Medizintechnik, non vi è incidenza sulla situazione giuridica personale del ricorrente, a differenza di quanto avviene per quella del produttore rappresentato. Inoltre, come sottolineato dal Tribunale al punto 49 dell’ordinanza impugnata, il semplice fatto che un atto possa avere un’influenza sulla situazione economica di un ricorrente non è sufficiente perché si possa ritenere che quest’ultimo ne sia direttamente interessato (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2019, Consiglio/Marquis Energy, C‑466/16 P, EU:C:2019:156, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

27

Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto.

Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto in quanto il Tribunale ha considerato che l’atto che la Commissione ha omesso di adottare risulta esclusivamente dall’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42

– Argomenti delle parti

28

Il ricorrente afferma che il Tribunale ha erroneamente indicato, al punto 50 dell’ordinanza impugnata, che l’atto che la Commissione ha omesso di adottare risulta esclusivamente dall’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42. La carenza della Commissione violerebbe, infatti, non solo detto articolo 8, ma anche gli articoli 28 e seguenti TFUE nonché la Carta. Inoltre, la conclusione del Tribunale secondo cui tale direttiva, in quanto diritto derivato, impedisce l’applicazione del diritto primario dell’Unione sarebbe errata. A tal riguardo, la Broncho-Air Medizintechnik manterrebbe l’interesse a voler immettere in commercio il dispositivo Inhaler e tale immissione in commercio sarebbe ostacolata dalla mancata adozione di una decisione da parte della Commissione. Ne deriverebbe una lesione della libertà professionale della Broncho-Air Medizintechnik, una discriminazione nei confronti dei potenziali concorrenti e un ostacolo, per tale società, all’immissione in commercio del suo dispositivo.

29

La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

– Giudizio della Corte

30

Dalle constatazioni del Tribunale contenute al punto 50 dell’ordinanza impugnata risulta quanto segue:

«(...) [I]l ricorrente fa valere che la carenza addebitata alla Commissione non si basa soltanto sull’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, ma anche sugli articoli 28 e seguenti TFUE, e sugli articoli 15, 17, 20, 21, 41 e 47 della [Carta], di cui sarebbe beneficiario a titolo personale in quanto cittadino dell’Unione. Tuttavia, oltre al fatto che tale affermazione non è suffragata e, pertanto, dovrebbe essere respinta in quanto irricevibile ai sensi dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura [del Tribunale] (…), occorre constatare che l’atto che la Commissione avrebbe omesso di adottare deriverebbe unicamente dall’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42. (...)».

31

A tal riguardo, si deve constatare che il ricorrente non contesta la constatazione del Tribunale secondo cui la sua affermazione non era in alcun modo suffragata e doveva pertanto essere respinta in quanto irricevibile. Peraltro, è solo ad abundantiam che il Tribunale ha aggiunto che l’atto che la Commissione avrebbe omesso di adottare deriverebbe solo dall’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42.

32

Orbene, secondo costante giurisprudenza, i motivi sviluppati contro elementi della motivazione della sentenza impugnata formulati ad abundantiam non possono, in quanto tali, determinare l’annullamento di tale sentenza e sono quindi inoperanti (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2022, Commissione/Freistaat Bayern e a., C‑167/19 P e C‑171/19 P, EU:C:2022:176, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

33

Ne consegue che, nella parte in cui il terzo motivo è diretto contro un elemento della motivazione dell’ordinanza impugnata formulato ad abundantiam, tale motivo deve essere respinto in quanto inoperante.

34

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, tutti i motivi relativi all’assenza parziale di legittimazione ad agire del ricorrente devono essere respinti.

Sulla tardività del ricorso di primo grado

Argomenti delle parti

35

Il ricorrente contesta la conclusione, contenuta al punto 79 dell’ordinanza impugnata, secondo cui il termine per proporre il ricorso previsto all’articolo 265 TFUE è iniziato a decorrere il 28 settembre 2018, data della lettera inviata dal ricorrente alla Commissione, ed è scaduto il 13 febbraio 2019.

36

In primo luogo, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti, avrebbe proceduto a una qualificazione giuridica erronea di tali fatti e avrebbe violato l’articolo 265 TFUE. A tal riguardo, sarebbe solo con la «minaccia di proporre ricorso» che sarebbe possibile esercitare una pressione, cosicché dovrebbe necessariamente esserne fatta menzione nell’invito ad agire, affinché la data di quest’ultimo possa costituire il dies a quo del termine per proporre il ricorso previsto dall’articolo 265 TFUE. Nel considerare accertato il carattere vincolante della lettera del 28 settembre 2018, inviata dal ricorrente alla Commissione, senza che da tale lettera risulti che, in caso di scadenza di un termine di due mesi senza reazione da parte di tale istituzione, il ricorrente avrebbe proposto un ricorso per carenza, il Tribunale ha violato l’articolo 265 TFUE. Inoltre, tale carattere vincolante dovrebbe essere valutato in modo obiettivo, cosicché la circostanza, menzionata al punto 70 dell’ordinanza impugnata, che la Commissione non ha asseritamente potuto escludere che il ricorrente avrebbe proposto un ricorso per carenza non può essere determinante. Infine, la Commissione si sarebbe adoperata affinché il ricorrente, sulla base delle indicazioni che essa gli ha fornito nelle sue lettere del 21 novembre e del 18 dicembre 2018, rinunciasse a proporre un ricorso per carenza.

37

Contrariamente a quanto sosterrebbe la Commissione, il primo motivo non sarebbe irricevibile. Infatti, la valutazione di detto «carattere vincolante» costituirebbe una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione.

38

La Commissione sostiene che il Tribunale non è incorso negli errori di diritto fatti valere dal ricorrente. L’articolo 265 TFUE presupporrebbe, secondo una giurisprudenza costante, un «carattere manifestamente vincolante della diffida». Se, come sostiene il ricorrente, fosse necessaria una «minaccia» esplicita di proporre un ricorso per carenza, un formalismo siffatto ritarderebbe indebitamente il procedimento previsto all’articolo 265 TFUE e sarebbe contrario all’interesse della certezza del diritto. Inoltre, nella parte in cui il ricorrente contesta la qualificazione della lettera del 28 settembre 2018 operata dal Tribunale, il suo argomento sarebbe irricevibile in quanto, con quest’ultimo, il ricorrente mirerebbe, in sostanza, a rimettere in discussione la valutazione dei fatti operata dal Tribunale. Del resto, tale qualificazione apparirebbe corretta, in quanto il Tribunale ha accertato il carattere vincolante della lettera del 28 settembre 2018 sulla base del contenuto e del contesto di quest’ultima.

Giudizio della Corte

39

Per quanto riguarda, in primo luogo, la ricevibilità del primo motivo, occorre ricordare che dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo che gli sono stati sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Detta valutazione, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi di detto articolo 256 TFUE, a esercitare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (sentenze del 23 novembre 2017, Bionorica e Diapharm/Commissione, C‑596/15 P e C‑597/15 P, EU:C:2017:886, punto 55, nonché del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 47).

40

Nel caso di specie, dall’atto d’impugnazione risulta che, con il primo motivo, che riguarda specificamente la valutazione di cui ai punti 62, 68, 70 e 79 dell’ordinanza impugnata, il ricorrente rimette in discussione, da un lato, il criterio giuridico applicato dal Tribunale a tale punto 62, in quanto la giurisprudenza citata nell’ordinanza impugnata non riguarda, a suo avviso, in nessun caso una situazione analoga a quella di cui trattasi nel caso di specie e il «carattere vincolante» di una lettera deve essere valutato in modo obiettivo. Dall’altro, il ricorrente fa valere che un siffatto carattere vincolante non risulta dalla lettera del 28 settembre 2018.

41

A tale riguardo, occorre ricordare che la qualificazione giuridica di un fatto o di un atto, effettuata dal Tribunale, è una questione di diritto che può essere sollevata nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 23 novembre 2017, Bionorica e Diapharm/Commissione, C‑596/15 P e C‑597/15 P, EU:C:2017:886, punto 55 e giurisprudenza ivi citata). È il caso della questione se una lettera, come quella inviata dal ricorrente alla Commissione il 28 settembre 2018, sia «vincolante» e debba, quindi, essere considerata come un invito ad agire da cui decorre il termine previsto all’articolo 265 TFUE [v. per analogia, sentenza del 1o giugno 2006, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, C‑442/03 P e C‑471/03 P, EU:C:2006:356, punto 90 e giurisprudenza ivi citata].

42

Ne consegue che il primo motivo è ricevibile.

43

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la fondatezza di tale motivo, si deve rilevare che, ai punti 61 e 66 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale, dopo aver ricordato che un ricorso per carenza può essere proposto solo entro due mesi dalla scadenza di un primo termine di due mesi decorrente da tale invito ad agire, ha dichiarato che il ricorso proposto dal ricorrente era irricevibile, dal momento che, alla luce tanto del suo titolo quanto del suo contenuto, la lettera che quest’ultimo ha inviato alla Commissione il 28 settembre 2018 doveva essere considerata come un «invito ad agire», ai sensi dell’articolo 265 TFUE, formulato sia a titolo personale che a nome della Broncho-Air Medizintechnik.

44

A tal riguardo, il Tribunale ha sottolineato, da un lato, al punto 67 dell’ordinanza impugnata, che la lettera del 28 settembre 2018 era sufficientemente esplicita e precisa per consentire alla Commissione di conoscere concretamente il contenuto della decisione che le veniva chiesto di adottare, vale a dire una decisione che era tenuta ad adottare, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, in relazione alla misura, decisa dalle autorità tedesche, di vietare l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler.

45

Dall’altro lato, il Tribunale ha considerato, al punto 68 dell’ordinanza impugnata, che l’uso, in tale lettera, di espressioni quali «senza indugio» o «qualsiasi persistenza della Commissione nel suo rifiuto [sarebbe considerato dal ricorrente] come un’ulteriore prevaricazione intenzionale» era tale da rendere tale istituzione consapevole del carattere vincolante della domanda del ricorrente. Esso ha aggiunto che, nelle lettere inviate successivamente al ricorrente, tra cui quelle del 21 novembre e del 18 dicembre 2018, la Commissione ha sempre fatto riferimento alla lettera del 28 settembre 2018 facendo riferimento e individuando concretamente le «domande» del ricorrente, il che evidenzia la natura vincolante di queste ultime agli occhi di detta istituzione. Il Tribunale ha inoltre precisato che il carattere vincolante della lettera del 28 settembre 2018 per la Commissione poteva essere dedotto dal fatto che tale istituzione, nella sua lettera del 18 novembre 2018, ha fornito una risposta definitiva alla domanda del ricorrente diretta all’avvio di un procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica federale di Germania, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, negandoglielo.

46

Sebbene il ricorrente non contesti il carattere sufficientemente esplicito e preciso della sua lettera del 28 settembre 2018, egli fa valere che la valutazione del Tribunale, contenuta al punto 68 dell’ordinanza impugnata ed esposta al punto 45 della presente sentenza, secondo cui tale lettera aveva carattere vincolante, è viziata da errori di diritto.

47

Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 265, secondo comma, TFUE, il ricorso per carenza è ricevibile solo quando l’istituzione, l’organo o l’organismo in causa siano stati preventivamente richiesti di agire. Se, allo scadere di un termine di due mesi da tale richiesta, l’istituzione, l’organo o l’organismo non hanno preso posizione, il ricorso può essere proposto entro un nuovo termine di due mesi. Pertanto, un ricorso per carenza può essere proposto solo se detta istituzione, detto organo o detto organismo siano stati «richiesti di agire» e a condizione che la stessa istituzione, lo stesso organo o lo stesso organismo non abbiano «preso posizione» entro un certo termine. La necessità che il ricorrente si rivolga preventivamente all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato costituisce una formalità essenziale, non solo perché costituisce il dies a quo dei termini impartiti all’interessato, ma anche perché, contestando l’inerzia, costringe tale istituzione, tale organo o tale organismo a prendere posizione entro un termine limitato sulla legittimità della sua inerzia (v., in tal senso, sentenza del 4 febbraio 1959, De Gezamenlijke Steenkolmijnen in Limburg/Alta Autorità, 17/57, EU:C:1959:3, pag. 26)

48

Per quanto riguarda le caratteristiche che una domanda deve presentare per poter essere qualificata come «invito ad agire» ai fini dell’articolo 265 TFUE, dalla giurisprudenza risulta che se un riferimento esplicito a tale articolo è sufficiente ad esprimere il carattere comminatorio di un invito ad agire (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 1985, Parlamento/Consiglio, 13/83, EU:C:1985:220, punto 24), un siffatto riferimento non è indispensabile, purché da tale domanda emerga che essa mira a obbligare l’istituzione, l’organo o l’organismo in questione a prendere posizione (ordinanza del 18 novembre 1999, Pescados Congelados Jogamar/Commissione, C‑249/99 P, EU:C:1999:571, punto 18; sentenza del 23 novembre 2017, Bionorica e Diapharm/Commissione, C‑596/15 P e C‑597/15 P, EU:C:2017:886, punto 54 e giurisprudenza ivi citata) o ad adottare una decisione formale entro un termine perentorio (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 1986, Usinor/Commissione, 81/85 e 119/85, EU:C:1986:234, punto 16)

49

Detta domanda deve quindi, da un lato, avere un carattere «perentorio o comminatorio» (sentenza del 13 luglio 1961, Elz/Alta Autorità, 22/60 e 23/60, EU:C:1961:17, pag. 375) e, dall’altro, esprimere chiaramente l’eventualità di un contenzioso in caso di persistente astensione. Ne consegue che, se non è possibile dedurre chiaramente dalla stessa domanda l’intenzione del suo autore di proporre un ricorso ai sensi dell’articolo 265 TFUE, in caso di mancato soddisfacimento delle sue «domande», quest’ultima non può essere considerata come una diffida ai sensi di tale disposizione.

50

Nel caso di specie, occorre constatare che, sebbene la lettera del 28 settembre 2018 fosse sufficientemente chiara e precisa per consentire alla Commissione di conoscere concretamente il contenuto della decisione che le veniva chiesto di adottare, gli elementi presi in considerazione dal Tribunale per qualificare tale lettera come «invito ad agire» non consentono di ritenere che il ricorrente abbia annunciato, in quest’ultima, la sua intenzione di proporre un ricorso in caso di mancato soddisfacimento delle sue «domande».

51

In primo luogo, occorre considerare che il carattere vincolante di un invito ad agire deve essere valutato in modo obiettivo. Pertanto, tale carattere deve risultare dal testo stesso della domanda dell’interessato o, in altri termini, deve evincersi dal testo di quest’ultima (v., in tal senso, ordinanza del 18 novembre 1999, Pescados Congelados Jogamar/Commissione, C‑249/99 P, EU:C:1999:571, punto 19).

52

Orbene, anzitutto, dai punti 68 e 70 dell’ordinanza impugnata risulta che, per qualificare la lettera del 28 settembre 2018 come «invito ad agire», il Tribunale si è basato in particolare su elementi che non emergono dal testo di tale lettera, né, del resto, dal comportamento del ricorrente nei confronti dell’istituzione in questione. Infatti, in tali punti, il Tribunale ha considerato che detta lettera «poteva indurre la Commissione a prendere coscienza del carattere vincolante della domanda del ricorrente» e che «la Commissione non poteva in alcun caso escludere la presentazione da parte del ricorrente di un ricorso per carenza quale strumento procedurale a sua disposizione». Così facendo, il Tribunale non ha dedotto il carattere vincolante della stessa lettera dai termini di quest’ultima, bensì da un’interpretazione soggettiva che l’istituzione in questione poteva farne, e pertanto ha disatteso la giurisprudenza ricordata ai punti 48, 49 e 51 della presente sentenza.

53

Inoltre, al punto 68 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale si è altresì basato, al fine di dimostrare il carattere vincolante della lettera del 28 settembre 2018, sul contenuto di lettere inviate successivamente dalla Commissione al ricorrente, nelle quali tale istituzione avrebbe fatto riferimento alla lettera del 28 settembre 2018 identificando in modo concreto le «domande» del ricorrente, evidenziando così la natura vincolante di queste ultime «agli occhi di detta istituzione». Tuttavia, oltre al fatto che, come ricordato al punto 51 della presente sentenza, il carattere vincolante della domanda deve derivare dalla domanda stessa, si deve necessariamente constatare, in ogni caso, che la circostanza che tali «domande» siano state identificate in modo concreto dalla Commissione consente soltanto di dedurre che la lettera del 28 settembre 2018 era sufficientemente esplicita e precisa da consentire alla Commissione di conoscere il contenuto della decisione che le veniva chiesto di adottare, ma non che un ricorso sarebbe stato proposto dal ricorrente in caso di mancato soddisfacimento di dette «domande».

54

Infine, il Tribunale ha considerato che il carattere vincolante della lettera del 28 settembre 2018 per la Commissione poteva essere dedotto dal fatto che tale istituzione, nella sua lettera del 18 novembre 2018, aveva fornito una risposta definitiva alla domanda del ricorrente di avviare un procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica federale di Germania, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, opponendole un rifiuto. Una siffatta circostanza è tuttavia irrilevante, poiché la presa di posizione dell’istituzione in questione nei confronti della prima domanda del ricorrente non consente di dimostrare il carattere vincolante della seconda delle sue domande.

55

Ciò premesso, si deve considerare che il carattere vincolante della lettera del 28 settembre 2018 non risulta in modo obiettivo dalla motivazione dell’ordinanza impugnata, richiamata ai punti da 52 a 54 della presente sentenza.

56

In secondo luogo e nonostante le considerazioni che precedono, occorre rilevare che, al punto 68 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale si è fondato, al fine di dimostrare il carattere vincolante della lettera del 28 settembre 2018, sull’«uso di espressioni come “senza indugio” o “qualsiasi persistenza della Commissione nel suo rifiuto [sarebbe considerato dal ricorrente] come un’ulteriore prevaricazione intenzionale”».

57

Da un lato, lo stesso Tribunale ha rilevato, al punto 64 dell’ordinanza impugnata, che la richiesta rivolta alla Commissione di adottare «senza indugio» una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 si inserisce nel contesto delle sentenze del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252, punto 79) e del 6 settembre 2018, Klein/Commissione (C‑346/17 P, EU:C:2018:679, punto 63), nelle quali la Corte ha constatato che la Commissione era tenuta ad agire a seguito della ricezione della lettera delle autorità tedesche del 7 gennaio 1998. Il carattere vincolante dell’invito ad agire non risulterebbe quindi dall’uso da parte del ricorrente, nella sua domanda di agire rivolta alla Commissione, dell’espressione «senza indugio».

58

Dall’altro, nel suo significato corrente, il termine «prevaricazione» designa una grave inosservanza da parte di un funzionario dei doveri connessi alle sue funzioni. Orbene, il riferimento effettuato dal ricorrente a una siffatta inosservanza non può essere interpretato nel senso che esso annuncia la sua intenzione di proporre un ricorso in caso di mancato soddisfacimento delle sue «domande».

59

Pertanto, non si può ritenere che le espressioni di cui al punto 56 della presente sentenza rivelino l’intenzione del ricorrente di proporre un ricorso per carenza in caso di mancato soddisfacimento delle sue «domande», cosicché il loro uso non può, di per sé, consentire di qualificare quest’ultima come invito ad agire, ai sensi dell’articolo 265 TFUE.

60

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve considerare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando, al punto 69 dell’ordinanza impugnata, che la Commissione era legittimata a sostenere che il termine per proporre ricorso ai sensi dell’articolo 265 TFUE, a seguito dell’invito ad agire ricevuto dal ricorrente con lettera del 28 settembre 2018, scadeva il 13 febbraio 2019.

61

Ne consegue che il primo motivo, vertente sullo snaturamento dei fatti, sulla qualificazione giuridica erronea dei fatti e sulla violazione dell’articolo 265 TFUE, deve essere accolto, senza che sia necessario esaminare il secondo motivo, vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

62

Ciò premesso, dal momento che il Tribunale, ad abundantiam, al punto 102 dell’ordinanza impugnata, ha respinto il ricorso del ricorrente, in quanto quest’ultimo aveva inviato il suo invito ad agire alla Commissione entro un termine irragionevole, occorre altresì esaminare la legittimità di tale motivo.

Sull’irragionevolezza del termine trascorso prima che il ricorrente invitasse la Commissione ad agire

63

Poiché il secondo motivo, vertente sull’irragionevolezza del termine trascorso prima che il ricorrente invitasse la Commissione ad agire, concerne in particolare la motivazione dell’ordinanza impugnata, tale motivo è esaminato in primo luogo.

Argomenti delle parti

64

Il ricorrente fa valere che il Tribunale ha violato l’articolo 265 TFUE, l’obbligo di motivazione e il suo diritto di essere ascoltato, in quanto il Tribunale non ha affatto tenuto conto dei procedimenti e del contenuto della sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), nonché delle sentenze del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), e del 6 settembre 2018, Klein/Commissione (C‑346/17 P, EU:C:2018:679). In particolare, il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione, da un lato, il fatto che il ricorrente ha condotto tali procedimenti non solo a proprio nome e a nome dell’atmed, ma anche a nome della Broncho-Air Medizintechnik, società titolare originaria dei diritti di commercializzazione del dispositivo Inhaler, e, dall’altro, la circostanza che, sebbene, conformemente alle constatazioni della Corte, la Commissione fosse tenuta ad adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42, essa finora non l’aveva ancora fatto. Il Tribunale non avrebbe neppure tenuto conto del fatto che il ricorrente si adopera da 20 anni al fine di commercializzare il suo dispositivo e che la Commissione è l’unica che potrebbe rendere possibile tale commercializzazione adottando una decisione ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42.

65

La Commissione contesta le affermazioni del ricorrente. A tal riguardo, il Tribunale avrebbe fatto più volte riferimento alla sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), e, in particolare, alla constatazione secondo cui la Commissione era tenuta ad adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 a seguito della lettera delle autorità tedesche del 7 gennaio 1998. Il Tribunale non avrebbe neppure ignorato l’esistenza di un siffatto obbligo nell’ambito dell’esame dell’eccezione di irricevibilità vertente sull’irragionevolezza del termine trascorso prima che l’interessato avesse invitato la Commissione ad agire, ma si sarebbe piuttosto basato su tale punto nell’ambito della valutazione di tale irragionevolezza, ai punti 94 e 95 dell’ordinanza impugnata.

Giudizio della Corte

66

Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito di un ricorso di impugnazione, il controllo della Corte è volto, in particolare, ad accertare se il Tribunale abbia risposto in modo giuridicamente adeguato a tutti gli argomenti dedotti dal ricorrente. A tal riguardo, la Corte non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. È sufficiente che la motivazione del Tribunale consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (ordinanza del 10 dicembre 2020, AL/Commissione, C‑356/20 P, non pubblicata, EU:C:2020:1021, punti 3839, nonché giurisprudenza ivi citata).

67

Occorre rilevare che, al punto 99 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha considerato che, tenuto conto del tempo durante il quale non è stato inviato alla Commissione alcun invito formale ad agire conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, per quanto riguarda il dispositivo Inhaler, l’invito del 28 settembre 2018 doveva essere considerato come rivolto alla Commissione oltre un termine ragionevole.

68

Per giungere a tale conclusione, il Tribunale ha anzitutto rilevato, ai punti 94 e 95 dell’ordinanza impugnata, che il procedimento di clausola di salvaguardia era stato avviato dalle autorità tedesche il 7 gennaio 1998 e che, sebbene l’obbligo di agire della Commissione fosse stato constatato dalla Corte solo nella sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), tale obbligo esisteva già il 7 gennaio 1998.

69

Al punto 96 di tale ordinanza, il Tribunale ha poi sottolineato che la Broncho-Air Medizintechnik, in quanto società titolare originaria dei diritti di commercializzazione del dispositivo Inhaler, non si è mai rivolta alla Commissione al fine di ottenere informazioni sul trattamento della clausola di salvaguardia relativa al divieto di immissione in commercio di tale dispositivo, e neppure al fine di chiedere formalmente l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42.

70

Infine, ai punti 97 e 98 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che, al momento dell’accordo di cessione tra il ricorrente e la Broncho-Air Medizintechnik, intervenuto circa nove anni dopo la notifica del 7 gennaio 1998, sebbene questi ultimi fossero consapevoli del fatto che la Commissione non avesse agito a seguito della notifica da parte delle autorità tedesche della clausola di salvaguardia, non era stata intrapresa alcuna iniziativa al fine di invitarla formalmente ad agire conformemente all’articolo 265 TFUE. Solo dopo il rigetto definitivo del ricorso per risarcimento danni proposto dal ricorrente, ossia oltre 20 anni dopo detta notifica, il ricorrente, agendo segnatamente a nome della società Broncho-Air Medizintechnik, ha invitato la Commissione ad agire.

71

In tale contesto, al punto 100 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento, asseritamente invocato dal ricorrente, secondo il quale il periodo precedente l’accordo di cessione del 27 gennaio 2007 non doveva essere preso in considerazione ai fini della valutazione della ragionevolezza del termine entro il quale la Commissione era stata invitata ad agire, tenuto conto del fatto che il ricorrente era legittimato ad agire per carenza solo in quanto beneficiario della cessione dei diritti effettuata dalla Broncho-Air Medizintechnik. Il Tribunale ha aggiunto, al punto 101 di tale ordinanza, che, sebbene il ricorrente affermasse di aver indotto la Commissione a «riesumare» a partire dal 2007 il procedimento di clausola di salvaguardia avviato nel 1998, occorreva constatare che le azioni dell’interessato erano dirette a che la Commissione adottasse una decisione per quanto riguarda il divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto e non quello del dispositivo Inhaler.

72

Occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il carattere ragionevole di un termine deve essere valutato in funzione dell’insieme delle circostanze proprie di ciascuna causa e, segnatamente, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità della causa e delle diverse fasi procedurali seguite dall’istituzione dell’Unione, nonché del comportamento delle parti durante il procedimento (v., in tal senso, sentenze del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punti 99100, nonché giurisprudenza ivi citata).

73

A tal riguardo, nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità nella causa T‑562/19, il ricorrente ha specificamente menzionato diverse circostanze idonee a caratterizzare il comportamento della Commissione alla luce della summenzionata giurisprudenza, tra le quali figuravano la prosecuzione, da parte della Commissione stessa, nel 2007, del procedimento di clausola di salvaguardia avviato nel 1998, la circostanza che la Corte aveva constatato, sin dal 2015, l’obbligo di agire di tale istituzione, il fatto che la Commissione stessa, nella sua lettera del 16 novembre 2018, si era espressamente riferita alla «notifica tedesca del 7 gennaio 1998», pur sollevando questioni di fatto e di diritto sul dispositivo stesso, la lettera della Commissione del 26 luglio 2019, in cui quest’ultima informava il ricorrente che le informazioni così fornite erano utili, o il carattere intenzionale del comportamento della Commissione.

74

Orbene, è giocoforza constatare che la motivazione fornita dal Tribunale ai punti da 94 a 98 dell’ordinanza impugnata è insufficiente alla luce delle circostanze della presente causa e degli argomenti addotti dal ricorrente. In particolare, spettava al Tribunale indicare specificamente in che misura tali circostanze potessero incidere sulla ragionevolezza del termine entro il quale quest’ultimo ha invitato la Commissione ad agire.

75

Ciò premesso, il secondo motivo deve essere accolto nella parte in cui verte su una violazione dell’obbligo di motivazione e, pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario esaminare il primo e il terzo motivo.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

76

Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

77

Nel caso di specie, la Corte dispone degli elementi necessari per statuire definitivamente sulla ricevibilità del ricorso proposto dal ricorrente.

78

Nell’ambito della sua eccezione di irricevibilità sollevata dinanzi al Tribunale, la Commissione ha opposto tre motivi di irricevibilità del ricorso di primo grado, che sono stati accolti dal Tribunale, vertenti, il primo, sull’assenza parziale di legittimazione ad agire del ricorrente; il secondo, sul carattere tardivo di tale ricorso e, il terzo, sull’irragionevolezza del tempo trascorso prima che il ricorrente invitasse la Commissione ad agire.

79

Poiché tutti i motivi relativi all’assenza parziale di legittimazione ad agire del ricorrente devono essere respinti, come constatato al punto 34 della presente sentenza, occorre unicamente esaminare, da un lato, il motivo di irricevibilità fondato sulla tardività del ricorso di primo grado e, dall’altro, quello relativo all’irragionevolezza del termine trascorso prima che il ricorrente invitasse la Commissione ad agire.

80

Per quanto riguarda, in primo luogo, il motivo di irricevibilità opposto dalla Commissione secondo cui il ricorrente non avrebbe osservato il termine previsto all’articolo 265, secondo comma, TFUE, per proporre un ricorso per carenza, la Commissione fa valere che non è la lettera del 4 aprile 2019 che deve essere considerata come la lettera di diffida inviatale, ai sensi dell’articolo 265, secondo comma, TFUE, bensì la lettera del 28 settembre 2018, tenuto conto del titolo e del contenuto di quest’ultima.

81

Tuttavia, come risulta dalle considerazioni di cui ai punti da 43 a 61 della presente sentenza, la lettera del 28 settembre 2018 non può essere considerata, alla luce del suo tenore letterale, come un invito ad agire che abbia fatto decorrere il termine per proporre il ricorso fondato sull’articolo 265 TFUE.

82

Per contro, come risulta dal punto 28 dell’ordinanza impugnata, il ricorrente, nella lettera del 4 aprile 2019, ha chiesto esplicitamente alla Commissione di comunicargli se conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, sarebbe stata adottata una decisione riguardo al dispositivo Inhaler e ha dichiarato che, in assenza di risposta di tale istituzione prima del 12 aprile 2019, avrebbe proposto un ricorso dinanzi al Tribunale. Pertanto, occorre constatare che tale lettera era sufficientemente esplicita e precisa non solo per consentire all’istituzione convenuta di conoscere in concreto il contenuto della decisione che le veniva chiesto di adottare, ma anche per mettere in risalto che essa era intesa a costringere quest’ultima a prendere posizione.

83

Nel caso di specie, il ricorso è stato proposto il 14 agosto 2019, ossia entro il termine di due mesi decorrente dalla scadenza di un primo termine di due mesi a decorrere dall’invito ad agire del 4 aprile 2019, aumentato del termine forfettario fissato in ragione della distanza, pari a dieci giorni, previsto all’articolo 60 del regolamento di procedura del Tribunale.

84

Di conseguenza, il motivo di irricevibilità vertente sulla tardività del ricorso di primo grado deve essere respinto.

85

Per quanto riguarda, in secondo luogo, il motivo di irricevibilità vertente sull’irragionevolezza del termine entro il quale il ricorrente ha inviato il suo invito ad agire alla Commissione, quest’ultima afferma, in sostanza, che è stato il 7 gennaio 1998 che le autorità tedesche le hanno trasmesso l’avviso di notifica del procedimento di clausola di salvaguardia riguardante il dispositivo Inhaler, cosicché, anche supponendo che essa fosse stata constatata dalla Corte solo nel 2015, l’obbligo di agire sarebbe stato imposto alla Commissione da più di 21 anni, cosicché il ricorso di primo grado sarebbe stato in ogni caso proposto al di fuori di un termine ragionevole.

86

Come il Tribunale ha giustamente ricordato, in sostanza, al punto 93 dell’ordinanza impugnata, la ragionevolezza della durata del procedimento non può essere stabilita facendo riferimento a un limite massimo preciso, determinato in astratto. Essa deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, segnatamente, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità della controversia e delle varie fasi procedurali espletate dall’istituzione dell’Unione, nonché del comportamento delle parti nel corso del procedimento. A tal riguardo, l’elencazione dei criteri pertinenti non è esaustiva e la valutazione della ragionevolezza di detto termine non richiede un esame sistematico, da parte del giudice dell’Unione, delle circostanze del caso di cui trattasi alla luce di ciascuno dei detti criteri (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punti 8586, nonché del 5 giugno 2018, Kolev e a., C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 72).

87

Per quanto riguarda, in particolare, il comportamento dell’istituzione interessata, occorre ricordare l’obbligo ad essa incombente di esercitare le proprie competenze in conformità con i principi generali del diritto dell’Unione, in particolare il principio di buona amministrazione (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 73), ormai espressamente sancito all’articolo 41 della Carta, il cui paragrafo 1 dispone specificamente che ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

88

Come la Corte ha già avuto occasione di rilevare, tale principio richiede che l’autorità amministrativa proceda ad un esame diligente e imparziale di tutti gli aspetti pertinenti delle domande ad essa presentate, in modo da assicurarsi di disporre, al momento dell’adozione di una decisione, degli elementi il più possibile completi e affidabili a tal fine. Peraltro, tale obbligo di diligenza, che ha come corollario il diritto conferito a chiunque a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle autorità amministrative, richiede, in sostanza, che, in qualunque procedimento amministrativo, l’autorità amministrativa esamini, con cura e imparzialità, tutti gli elementi pertinenti del caso di specie (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 10 dicembre 1957, Société des usines à tubes de la Sarre/Alta Autorità, 1/57 e 14/57, EU:C:1957:13, pag. 220; del 4 aprile 2017, Mediatore/Staelen, C‑337/15 P, EU:C:2017:256, punto 34, nonché del 14 maggio 2020, Agrobet CZ, C‑446/18, EU:C:2020:369, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

89

In tale contesto, spetta in particolare all’autorità amministrativa interessata prendere posizione, quando si suppone sia tenuta a farlo, e concludere un procedimento avviato entro un termine ragionevole.

90

Nel caso di specie, nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, il ricorrente ha fatto valere, in primo luogo, che la giurisprudenza invocata dalla Commissione e risultante dalla sentenza del 25 settembre 2003, Schlüsselverlag J.S. Moser e a./Commissione (C‑170/02 P, EU:C:2003:501, punto 36), per considerare che l’invito ad agire le era stato rivolto oltre un termine irragionevole, non è pertinente, dato che quest’ultima riguardava l’applicazione del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU 1989, L 395, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 1310/97 del Consiglio, del 30 giugno 1997 (GU 1997, L 180, pag. 1), che prevedeva termini rigorosi volti a limitare la durata dei procedimenti in questione. Per contro, la direttiva 93/42 non prevedrebbe siffatti termini rigorosi.

91

Un tale argomento deve essere respinto, in quanto risulta da una giurisprudenza costante, correttamente richiamata al punto 91 dell’ordinanza impugnata, che il rispetto di un termine ragionevole è richiesto in tutti i casi in cui, nel silenzio normativo, i principi della certezza del diritto o della tutela del legittimo affidamento ostano a che le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, nonché le persone fisiche o giuridiche agiscano senza alcun limite di tempo, rischiando così, in particolare, di mettere a repentaglio la stabilità di situazioni giuridiche consolidate (v. altresì, in tal senso, sentenza del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

92

In secondo luogo, il ricorrente invoca la prosecuzione del procedimento di salvaguardia da parte della Commissione stessa. In particolare, la stessa istituzione, in una lettera del 22 febbraio 2007, avrebbe proposto al ricorrente nonché alle autorità tedesche di valutare il dispositivo di quest’ultimo «nel contesto del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998 e di trattarla sulla base delle nuove informazioni», di modo che gli eventi anteriori al 2007 per quanto riguarda tale procedimento di clausola di salvaguardia sarebbero irrilevanti. Il ricorrente sottolinea altresì, nelle sue osservazioni, che la Commissione stessa, nella sua lettera del 16 novembre 2018, ha fatto espresso riferimento alla notifica delle autorità tedesche del 7 gennaio 1998, dichiarando che tale istituzione stava esaminando la prima domanda del ricorrente. Inoltre, il 18 dicembre 2018, la Commissione avrebbe trasmesso al ricorrente un questionario dettagliato concernente aspetti tanto di fatto quanto di diritto relativi al divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler e al procedimento di clausola di salvaguardia avviato dalle autorità tedesche.

93

A tal riguardo, come ricordato ai punti da 86 a 89 della presente sentenza, la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascuna causa e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità della causa e delle varie fasi procedurali espletate dall’istituzione dell’Unione, nonché del comportamento delle parti nel corso del procedimento.

94

Per quanto riguarda, anzitutto, la rilevanza della controversia per l’interessato, occorre rilevare che il dispositivo Inhaler è stato oggetto di una decisione di divieto di immissione in commercio adottata dalle autorità tedesche, avendo queste ultime avviato il procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42. Orbene, ad oggi, la Commissione non ha adottato una decisione in seguito a tale comunicazione delle autorità tedesche, escludendo pertanto l’immissione in commercio di tale dispositivo.

95

Per quanto riguarda, poi, le diverse fasi procedurali seguite dalla Commissione, occorre anzitutto rilevare che è tale istituzione stessa ad aver proposto, il 22 febbraio 2007, di proseguire il procedimento relativo al dispositivo Inhaler avviato dalle autorità tedesche nel 1998, di modo che correttamente il ricorrente fa valere che non si deve tener conto del periodo anteriore al 22 febbraio 2007 al fine di valutare la ragionevolezza del termine entro il quale l’invito ad agire è stato rivolto alla Commissione.

96

Inoltre, è stata anche la Commissione che, nella sua lettera del 16 novembre 2018 al ricorrente, ha fatto espressamente riferimento alla notifica delle autorità tedesche del 7 gennaio 1998, dichiarando che essa stava esaminando la prima domanda del ricorrente, nei seguenti termini:

«Stiamo esaminando la Vostra prima domanda. Entro la fine di novembre 2018, vi informeremo se la Commissione riprenderà l’esame della notifica delle autorità tedesche del 7 gennaio 1998 e se, a tal fine, avvierà consultazioni con le parti interessate».

97

Inoltre, il 18 dicembre 2018 è ancora la Commissione che, riferendosi alla notifica summenzionata, ha trasmesso al ricorrente un questionario dettagliato concernente aspetti di fatto e di diritto relativi al divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler e al procedimento di clausola di salvaguardia avviato dalle autorità tedesche.

98

Per quanto riguarda, infine, il comportamento della Commissione nel corso del procedimento, oltre al fatto che tale istituzione, in violazione dei principi ricordati ai punti da 87 a 89 della presente sentenza, ha omesso di adottare una qualsiasi decisione a seguito della notifica delle autorità tedesche del 7 gennaio 1998, e ciò nonostante, da un lato, l’invito in tal senso del Parlamento europeo contenuto nella sua risoluzione P7_TA (2011) 0017, di cui al punto 17 dell’ordinanza impugnata e, dall’altro, la constatazione della Corte nella sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), secondo cui la Commissione era tenuta ad adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 a seguito di tale notifica, è specificamente opportuno tenere conto delle dichiarazioni rese dalla Commissione al ricorrente successivamente alla sentenza del 6 settembre 2018, Klein/Commissione (C‑346/17 P, EU:C:2018:67), e alla lettera di quest’ultimo del 28 settembre 2018.

99

Risulta infatti dalle lettere della Commissione del 16 novembre e del 18 dicembre 2018, il cui contenuto è ricordato ai punti 96 e 97 della presente sentenza, che tale istituzione non escludeva affatto di adottare la decisione richiesta nonostante il tempo trascorso dal momento del deferimento alla stessa, e tali documenti non esprimevano, del resto, la minima riserva sull’irragionevolezza del termine entro il quale era stata invitata ad agire.

100

In tali circostanze, occorre respingere il motivo di irricevibilità, opposto dalla Commissione, vertente sull’irragionevolezza del termine trascorso prima che il ricorrente l’abbia invitata ad agire.

101

Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, il ricorso proposto dal ricorrente dinanzi al Tribunale sulla base dell’articolo 265 TFUE e diretto a far dichiarare che la Commissione ha illegittimamente omesso di agire nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia avviato il 7 gennaio 1998 dalla Repubblica federale di Germania nonché di adottare una decisione conformemente alla direttiva 93/42, riguardo al dispositivo Inhaler, è ricevibile in quanto il ricorrente ha proposto tale ricorso in qualità di beneficiario della cessione dei diritti intervenuta tra il ricorrente stesso e la Broncho-Air Medizinteznik.

102

Tuttavia, dal momento che, nel merito, lo stato degli atti non consente di statuire sulla controversia, la causa deve essere rinviata al Tribunale.

Sulle spese

103

Dato che la causa è stata rinviata dinanzi al Tribunale, occorre riservare la decisione sulle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 2 luglio 2020, Klein/Commissione (T‑562/19, EU:T:2020:300), è annullata nella parte in cui il Tribunale ha respinto in quanto irricevibile il ricorso del sig. Christoph Klein, fondato sull’articolo 265 TFUE e diretto a far dichiarare che la Commissione europea ha illegittimamente omesso di agire nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia avviato il 7 gennaio 1998 dalla Repubblica federale di Germania nonché di adottare una decisione ai sensi della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici, riguardo al dispositivo Inhaler Broncho Air®.

 

2)

La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea affinché si pronunci sul merito.

 

3)

Le spese sono riservate.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.