SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

17 novembre 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 34 e 36 TFUE – Libera circolazione delle merci – Proprietà intellettuale – Marchi – Regolamento (UE) 2017/1001 – Marchio dell’Unione europea – Articolo 9, paragrafo 2 – Articolo 15 – Direttiva (UE) 2015/2436 – Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi – Articolo 10, paragrafo 2 – Articolo 15 – Diritto conferito dal marchio – Esaurimento del diritto conferito dal marchio – Importazione parallela di medicinali – Riconfezionamento del prodotto recante il marchio – Nuovo imballaggio esterno – Sostituzione del marchio figurante sull’imballaggio esterno d’origine con un altro nome di prodotto – Riapposizione del marchio del titolare specifico del prodotto, ad esclusione degli altri marchi o segni distintivi figuranti su questo imballaggio esterno d’origine – Opposizione del titolare del marchio – Compartimentazione artificiosa dei mercati tra Stati membri – Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Articolo 47 bis – Caratteristiche di sicurezza – Sostituzione – Caratteristiche di sicurezza equivalenti – Regolamento delegato (UE) 2016/161 – Articolo 3, paragrafo 2 – Sistema di prevenzione delle manomissioni»

Nella causa C‑224/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sø- og Handelsretten (Tribunale marittimo e commerciale, Danimarca), con decisione del 3 aprile 2020, pervenuta in cancelleria il 29 maggio 2020, nei procedimenti

Merck Sharp & Dohme BV,

Merck Sharp & Dohme Corp.,

MSD Danmark ApS

contro

Abacus Medicine A/S,

e

Novartis AG

contro

Abacus Medicine A/S,

e

Novartis AG

contro

Abacus Medicine A/S,

e

Novartis AG

contro

Paranova Danmark A/S,

e

H. Lundbeck A/S

contro

Paranova Danmark A/S,

e

MSD Danmark ApS,

MSD Sharp & Dohme GmbH,

Merck Sharp & Dohme Corp.

contro

2CARE4 ApS,

e

Ferring Lægemidler A/S

contro

Paranova Danmark A/S,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, D. Gratsias, M. Ilešič (relatore), I. Jarukaitis e Z. Csehi, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Merck Sharp & Dohme BV, la Merck Sharp & Dohme Corp., la MSD Danmark ApS, la MSD Sharp & Dohme GmbH, da M. Bruus, advokat;

per la Novartis AG e la Ferring Lægemidler A/S, da C. Friis Bach Ryhl e T. Ryhl, advokater;

per la H. Lundbeck A/S, da J. Brinck‑Jensen e M. Vittrup, advokater;

per la Abacus Medicine A/S, da J.J. Bugge, advokat;

per la Paranova Danmark A/S, da E. Pfeiffer;

per la 2CARE4 ApS, da K.E. Madsen, advokat;

per il governo danese, da M. Jespersen, J. Nymann‑Lindegren e M. Søndahl Wolff, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da É. Gippini Fournier, L. Haasbeek, K. Rasmussen e H. Støvlbæk, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 gennaio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 34 e 36 TFUE, dell’articolo 9, paragrafo 2, e dell’articolo 15 del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1), dell’articolo 10, paragrafo 2, e dell’articolo 15 della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1), dell’articolo 47 bis e dell’articolo 54, lettera o), della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (GU 2012, L 299, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»), nonché dell’articolo 16 del regolamento delegato (UE) 2016/161 della Commissione, del 2 ottobre 2015, che integra la direttiva 2001/83 (GU 2016, L 32, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di sette cause che vedono alcuni produttori di medicinali – vale a dire la Merck Sharp & Dohme BV, la Merck Sharp & Dohme Corp., la MSD Danmark ApS, la Novartis AG, la H. Lundbeck A/S, la MSD Sharp & Dohme GmbH e la Ferring Lægemidler A/S, titolari dei marchi con i quali i medicinali da essi prodotti vengono venduti – in lite con alcuni importatori paralleli di prodotti farmaceutici, ossia la Abacus Medicine A/S, la Paranova Danmark A/S e la 2CARE4 ApS, in merito all’importazione in Danimarca di medicinali immessi in commercio in altri Stati membri dai suddetti produttori.

Contesto giuridico

Diritto dell’Unione

Direttiva 2015/2436

3

Il considerando 28 della direttiva 2015/2436 enuncia quanto segue:

«Discende dal principio della libera circolazione delle merci che il titolare di un marchio d’impresa non dovrebbe poterne vietare l’uso a terzi in relazione a prodotti che sono stati messi in circolazione nell’Unione [europea] con il marchio dal titolare stesso o con il suo consenso, salvo che il titolare abbia motivi legittimi per opporsi all’ulteriore commercializzazione dei prodotti».

4

L’articolo 10 di tale direttiva, intitolato «Diritti conferiti dal marchio d’impresa», recita:

«1.   La registrazione di un marchio d’impresa conferisce al titolare diritti esclusivi.

2.   Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio registrato, il titolare di tale marchio registrato ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno che:

a)

sia identico al marchio d’impresa ed è utilizzato per prodotti o servizi identici a quelli per cui [tale marchio] è stato registrato;

b)

sia identico o simile al marchio d’impresa ed è utilizzato in relazione a prodotti o servizi che sono identici o simili ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio d’impresa è registrato, se può dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un’associazione tra il segno e il marchio d’impresa;

c)

sia identico o simile al marchio d’impresa a prescindere dal fatto che sia utilizzato per prodotti o servizi che sono identici, simili o non simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio d’impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d’impresa o reca pregiudizio agli stessi.

3.   Si può in particolare vietare a norma del paragrafo 2:

a)

di apporre il segno sui prodotti o sul loro imballaggio;

b)

di offrire o immettere in commercio o stoccare a tali fini i prodotti ovvero offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;

c)

di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;

(…)».

5

L’articolo 15 di detta direttiva, dal titolo «Esaurimento dei diritti conferiti dal marchio d’impresa», così dispone:

«1.   Un marchio d’impresa non dà diritto al titolare dello stesso di vietarne l’uso per prodotti immessi in commercio nell’Unione con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2.   Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

Regolamento 2017/1001

6

Il considerando 22 del regolamento 2017/1001 enuncia quanto segue:

«Dal principio della libera circolazione delle merci deriva che è essenziale che il titolare di un marchio UE non possa vietarne l’uso a un terzo, per prodotti contraddistinti dal marchio immessi in commercio nello Spazio economico europeo dal titolare stesso o con il suo consenso, salvo che sussistano motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti».

7

L’articolo 9 di detto regolamento, intitolato «Diritti conferiti dal marchio UE», ha il seguente tenore:

«1.   La registrazione del marchio UE conferisce al titolare un diritto esclusivo.

2.   Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio UE, il titolare del marchio UE ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno quando:

a)

il segno è identico al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e servizi identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato;

b)

il segno è identico o simile al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e a servizi identici o simili ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato, se vi è rischio di confusione da parte del pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio;

c)

il segno è identico o simile al marchio UE, a prescindere dal fatto che sia usato per prodotti o servizi identici, simili o non simili a quelli per i quali il marchio UE è stato registrato, se il marchio UE gode di notorietà nell’Unione e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio UE o reca pregiudizio agli stessi.

3.   Possono essere in particolare vietati, a norma del paragrafo 2:

a)

l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro imballaggio;

b)

l’offerta, l’immissione in commercio o lo stoccaggio dei prodotti a tali fini oppure l’offerta o la fornitura di servizi sotto la copertura del segno;

c)

l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura del segno;

(…)».

8

L’articolo 15 di detto regolamento, intitolato «Esaurimento del diritto conferito dal marchio UE», così dispone:

«1.   Il diritto conferito dal marchio UE non permette al titolare di impedirne l’uso per prodotti immessi in commercio nello Spazio economico europeo con tale marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2.   Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga alla successiva immissione in commercio dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

Direttiva 2001/83

9

I considerando da 2 a 5, 14, 40 e 41 della direttiva 2001/83 enunciano quanto segue:

«(2)

Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.

(3)

Tuttavia questo scopo deve essere raggiunto avvalendosi di mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali nella Comunità.

(4)

Le disparità fra talune disposizioni nazionali e, in particolare, fra le disposizioni relative ai medicinali, eccettuate le sostanze o composizioni che sono derrate alimentari, alimenti destinati agli animali o prodotti d’igiene[,] hanno per effetto di ostacolare gli scambi dei medicinali nella Comunità, e esse hanno, pertanto, un’incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.

(5)

Occorre, di conseguenza, eliminare questi ostacoli e per conseguire tale obiettivo si rende necessario un ravvicinamento delle suddette disposizioni.

(…)

(14)

La presente direttiva costituisce una tappa importante nella realizzazione della libera circolazione dei medicinali; tuttavia tenuto conto dell’esperienza acquisita, in particolare in seno al [Comitato per le specialità medicinali facente parte dell’Agenzia europea di valutazione dei medicinali istituita dal regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU 1993, L 214, pag. 1)], potrebbero rivelarsi necessarie nuove misure per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione ancora esistenti.

(…)

(40)

Le disposizioni relative alle informazioni da fornire ai pazienti devono garantire un livello elevato di tutela dei consumatori, così da permettere un impiego corretto dei medicinali sulla base di informazioni complete e comprensibili.

(41)

L’immissione in commercio dei medicinali la cui etichettatura ed il cui foglietto illustrativo siano realizzati conformemente alla presente direttiva non deve essere vietata od impedita per motivi connessi all’etichettatura o al foglietto illustrativo».

10

L’articolo 40 di detta direttiva recita:

«1.   Gli Stati membri prendono tutte le opportune disposizioni affinché la fabbricazione dei medicinali sul loro territorio sia subordinata al possesso di un’autorizzazione. L’autorizzazione deve essere richiesta anche se i medicinali fabbricati sono destinati all’esportazione.

2.   L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è richiesta sia per la fabbricazione totale o parziale sia per le operazioni di divisione, di confezionamento o di presentazione.

(…)».

11

L’articolo 47 bis, paragrafo 1, della direttiva suddetta dispone quanto segue:

«Le caratteristiche di sicurezza di cui all’articolo 54, lettera o), non sono rimosse od occultate, completamente o parzialmente, salvo che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

il titolare dell’autorizzazione di fabbricazione verifica, prima di rimuovere od occultare completamente o parzialmente tali caratteristiche di sicurezza, che il medicinale in questione sia autentico e non sia stato manomesso;

b)

il titolare dell’autorizzazione di fabbricazione si conforma all’articolo 54, lettera o), sostituendo tali caratteristiche di sicurezza con caratteristiche di sicurezza equivalenti per quanto concerne la possibilità di verificare l’autenticità, l’identificazione e di fornire la prova della manomissione del medicinale. Tale sostituzione è effettuata senza aprire il confezionamento primario quale definito all’articolo 1, punto 23.

Le caratteristiche di sicurezza si considerano equivalenti se:

i)

sono conformi ai requisiti stabiliti negli atti delegati adottati ai sensi dell’articolo 54 bis, paragrafo 2; e

ii)

sono parimenti efficaci per consentire la verifica di autenticità e l’identificazione del medicinale, nonché per fornire la prova della manomissione del medicinale;

c)

la sostituzione delle caratteristiche di sicurezza è effettuata in conformità con le buone prassi di fabbricazione dei medicinali applicabili; e

d)

la sostituzione delle caratteristiche di sicurezza è soggetta alla supervisione dell’autorità competente».

12

L’articolo 54 della medesima direttiva così dispone:

«L’imballaggio esterno o, in mancanza dello stesso, il confezionamento primario dei medicinali reca le indicazioni seguenti:

a)

la denominazione del medicinale, seguita dal dosaggio e dalla forma farmaceutica, ed eventualmente se esso sia indicato per neonati, bambini o adulti; quando il medicinale contiene fino a tre sostanze attive, deve figurare la denominazione comune internazionale (DCI) o, ove non esista, la denominazione comune;

(…)

o)

per i medicinali diversi dai radiofarmaci di cui all’articolo 54 bis, paragrafo 1, le caratteristiche di sicurezza che consentano ai distributori all’ingrosso e ai soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico di:

verificare l’autenticità del medicinale, e

identificare le singole confezioni,

nonché un dispositivo che consenta di verificare se l’imballaggio esterno sia stato manomesso».

13

L’articolo 54 bis della direttiva 2001/83 prevede quanto segue:

«1.   I medicinali soggetti a prescrizione presentano le caratteristiche di sicurezza di cui all’articolo 54, lettera o), a meno che non figurino nell’elenco compilato secondo la procedura di cui al paragrafo 2, lettera b), del presente articolo.

(…)

2.   La Commissione [europea] adotta, mediante atti delegati ai sensi dell’articolo 121 bis e alle condizioni stabilite agli articoli 121 ter e 121 quater, misure intese a completare l’articolo 54, lettera o), allo scopo di stabilire le norme dettagliate sulle caratteristiche di sicurezza di cui all’articolo 54, lettera o).

(…)

5.   Ai fini del rimborso o della farmacovigilanza, gli Stati membri possono estendere l’ambito di applicazione dell’identificativo univoco di cui all’articolo 54, lettera o), a qualsiasi medicinale soggetto a prescrizione medica o a rimborso.

Ai fini del rimborso, della farmacovigilanza o della farmacoepidemiologia, gli Stati membri possono avvalersi delle informazioni contenute nel sistema di archivi di cui al paragrafo 2, lettera e), del presente articolo.

Ai fini della sicurezza del paziente, gli Stati membri possono estendere l’ambito di applicazione del sistema di prevenzione delle manomissioni di cui all’articolo 54, lettera o), a qualsiasi medicinale».

14

L’articolo 57 della medesima direttiva così dispone:

«In deroga all’articolo 60, gli Stati membri possono esigere il ricorso a determinate modalità di etichettatura del medicinale che consentano quanto segue:

l’indicazione del prezzo,

l’indicazione delle condizioni di rimborso da parte degli organismi di previdenza sociale,

l’indicazione della disciplina della fornitura al paziente, in conformità del titolo VI,

l’autenticità e l’identificazione ai sensi dell’articolo 54 bis, paragrafo 5.

Quanto ai medicinali autorizzati secondo le disposizioni del regolamento (CE) n. 726/2004 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1)], nell’applicazione del presente articolo gli Stati membri rispettano le indicazioni dettagliate di cui all’articolo 65 della presente direttiva».

15

L’articolo 59 della citata direttiva elenca le informazioni che devono figurare sul foglietto illustrativo che accompagna il medicinale.

16

L’articolo 60 della medesima direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri non possono vietare o impedire che un dato medicinale venga immesso in commercio nel loro territorio per motivi connessi all’etichettatura o al foglietto illustrativo qualora questi ultimi risultino conformi alle prescrizioni del presente titolo».

17

L’articolo 63, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/83 è così formulato:

«Le indicazioni di cui agli articoli 54, 59 e 62 relative all’etichettatura sono redatte in una lingua ufficiale o in più lingue ufficiali dello Stato membro in cui il medicinale è immesso in commercio come specificato, ai fini della presente direttiva, da tale Stato membro».

18

A mente dell’articolo 69, paragrafo 2, di detta direttiva:

«In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono esigere l’applicazione di talune modalità di etichettatura che consentano l’indicazione di quanto segue:

prezzo del medicinale,

condizioni di rimborso da parte degli organismi di sicurezza sociale».

Direttiva 2011/62/UE

19

I considerando 2, 3, 11, 12, 29 e 33 della direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, che modifica la direttiva 2001/83 (GU 2011, L 174, pag. 74), enunciano quanto segue:

«(2)

Nell’Unione aumentano in misura allarmante i ritrovamenti di medicinali falsificati sotto i profili dell’identità, della storia o dell’origine. Tali prodotti generalmente contengono componenti di qualità inferiore alla norma o falsificati, o non contengono taluni componenti o contengono componenti, comprese le sostanze attive, in un dosaggio sbagliato, il che rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica.

(3)

L’esperienza acquisita dimostra che tali medicinali falsificati arrivano ai pazienti non solo attraverso canali illegali, ma anche attraverso la catena di fornitura legale. Ciò rappresenta una particolare minaccia per la salute umana e può determinare una mancanza di fiducia del paziente anche nella catena di fornitura legale. È opportuno modificare la direttiva [2001/83] per far fronte a questa crescente minaccia.

(…)

(11)

Le caratteristiche di sicurezza dei medicinali dovrebbero essere armonizzate all’interno dell’Unione al fine di tenere conto dei nuovi profili di rischio, garantendo nel contempo il funzionamento del mercato interno dei medicinali. Tali caratteristiche di sicurezza dovrebbero consentire la verifica dell’autenticità e l’identificazione delle singole confezioni e fornire la prova di manomissioni. (…)

(12)

Ogni soggetto della catena di fornitura che confezioni medicinali deve essere titolare di un’autorizzazione di fabbricazione. Per garantire l’efficacia delle caratteristiche di sicurezza, al titolare dell’autorizzazione di fabbricazione che non sia anche il fabbricante iniziale del medicinale dovrebbe essere consentito rimuoverle, sostituirle od occultarle solo nel rispetto di rigorose condizioni. In particolare, le caratteristiche di sicurezza dovrebbero essere sostituite in caso di riconfezionamento con caratteristiche di sicurezza equivalenti. A tal fine, il significato del termine “equivalente” dovrebbe essere chiaramente specificato. Tali condizioni rigorose dovrebbero fornire tutela adeguata contro l’immissione di medicinali falsificati nella catena di fornitura, al fine di proteggere tanto i pazienti quanto gli interessi dei titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio e dei fabbricanti.

(…)

(29)

La presente direttiva fa salve le disposizioni relative ai diritti di proprietà intellettuale. È specificamente volta a evitare l’ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale.

(…)

(33)

Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire garantire il funzionamento del mercato interno dei medicinali assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute pubblica dai medicinali falsificati, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata dell’azione, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 [TUE]. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».

Regolamento delegato 2016/161

20

I considerando 1, 11, 12 e 15 del regolamento delegato 2016/161 enunciano quanto segue:

«(1)

La direttiva [2001/83], quale modificata, prevede misure volte a impedire l’introduzione dei medicinali falsificati nella catena di fornitura legale mediante l’apposizione di caratteristiche di sicurezza, costituite da un identificativo univoco e da un sistema di prevenzione delle manomissioni, sull’imballaggio di determinati medicinali per uso umano al fine di consentirne l’identificazione e l’autenticazione.

(…)

(11)

Per agevolare la verifica dell’autenticità e la disattivazione di un identificativo univoco da parte dei grossisti e dei soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico, è necessario provvedere affinché la struttura e la qualità della stampa del codice a barre bidimensionale che codifica l’identificativo univoco consenta una lettura estremamente veloce e riduca al minimo gli errori di lettura.

(12)

È opportuno che i dati dell’identificativo univoco siano stampati sull’imballaggio in un formato leggibile dall’uomo, in modo da consentire la verifica dell’autenticità dell’identificativo univoco e la sua disattivazione qualora il codice a barre bidimensionale sia illeggibile.

(…)

(15)

La verifica delle due caratteristiche di sicurezza è necessaria per garantire l’autenticità di un medicinale in un sistema di verifica a monte e a valle. La verifica dell’autenticità dell’identificativo univoco mira a garantire che il medicinale proviene dal legittimo fabbricante. La verifica dell’integrità del sistema di prevenzione delle manomissioni indica se l’imballaggio è stato aperto o alterato da quando ha lasciato il fabbricante, garantendo in tal modo che il contenuto dell’imballaggio è autentico».

21

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento delegato 2016/161:

«Si intende per:

a)

“identificativo univoco”: le caratteristiche di sicurezza che consentono la verifica dell’autenticità e l’identificazione di una singola confezione di un medicinale;

b)

“sistema di prevenzione delle manomissioni”: le caratteristiche di sicurezza che consentono di verificare se l’imballaggio di un medicinale è stato oggetto di manomissione;

(…)».

22

L’articolo 10 di detto regolamento delegato, intitolato «Verifica delle caratteristiche di sicurezza», è così formulato:

«Quando procedono alla verifica delle caratteristiche di sicurezza i fabbricanti, i grossisti e i soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico esaminano i seguenti aspetti:

a)

l’autenticità dell’identificativo univoco;

b)

l’integrità del sistema di prevenzione delle manomissioni».

23

L’articolo 16, paragrafo 1, del citato regolamento delegato così dispone:

«Prima di rimuovere o occultare, completamente o parzialmente, le caratteristiche di sicurezza a norma dell’articolo 47 bis della direttiva [2001/83], il fabbricante verifica quanto segue:

a)

l’integrità del sistema di prevenzione delle manomissioni;

b)

l’autenticità dell’identificativo univoco e lo disattiva se è sostituito».

24

L’articolo 24 del medesimo regolamento delegato, intitolato «Misure da prendere da parte dei grossisti in caso di manomissione o sospetta falsificazione», è così redatto:

«I grossisti non forniscono né esportano un medicinale se hanno motivo di ritenere che l’imballaggio sia stato manomesso, o se la verifica delle caratteristiche di sicurezza del medicinale indica che il prodotto può non essere autentico. Ne informano immediatamente le autorità competenti».

25

L’articolo 25 del regolamento delegato 2016/161, dal titolo «Obblighi dei soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico», dispone, ai paragrafi 1 e 3, quanto segue:

«1.   I soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico verificano le caratteristiche di sicurezza e disattivano l’identificativo univoco dei medicinali da fornire al pubblico che presentano le caratteristiche di sicurezza al momento della fornitura dei prodotti al pubblico.

(…)

3.   Al fine di verificare l’autenticità dell’identificativo univoco di un medicinale e di disattivarlo, i soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico si collegano al sistema di archivi di cui all’articolo 31 attraverso l’archivio nazionale o sovranazionale utilizzato sul territorio dello Stato membro nel quale sono autorizzati o legittimati».

26

L’articolo 30 di detto regolamento delegato, intitolato «Misure da prendere da parte dei soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico in caso di sospetta falsificazione», recita:

«Qualora i soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico abbiano motivo di ritenere che la confezione del medicinale è stata manomessa, o se la verifica delle caratteristiche di sicurezza del medicinale indica che il prodotto può non essere autentico, tali soggetti non forniscono il prodotto e informano immediatamente le autorità competenti».

27

L’articolo 34, paragrafo 4, del regolamento delegato 2016/161 così dispone:

«Quando riceve le informazioni di cui all’articolo 35, paragrafo 4, la piattaforma garantisce la connessione elettronica dei numeri di lotto prima e dopo le operazioni di riconfezionamento o rietichettatura con la serie di identificativi univoci disattivati e con l’insieme degli identificativi univoci equivalenti apposti».

28

L’articolo 35, paragrafo 4, del medesimo regolamento delegato detta le seguenti prescrizioni:

«Per ciascun lotto di confezioni di medicinali riconfezionate o rietichettate sulle quali sono stati apposti identificativi univoci equivalenti al fine di conformarsi all’articolo 47 bis della direttiva [2001/83], il soggetto responsabile dell’immissione del medicinale sul mercato notifica alla piattaforma il numero di lotto o il numero di confezioni da riconfezionare o rietichettare e gli identificativi univoci su tali confezioni. Tale soggetto comunica inoltre alla piattaforma il numero del lotto risultante dalle operazioni di riconfezionamento o rietichettatura e gli identificativi univoci equivalenti contenuti in tale lotto».

29

A norma del suo articolo 50, secondo comma, il regolamento delegato 2016/161 è divenuto applicabile a partire dal 9 febbraio 2019.

Diritto danese

30

La direttiva 2015/2436 è stata trasposta nell’ordinamento giuridico danese dalla varemærkeloven (legge sui marchi), il cui articolo 10a corrisponde, in sostanza, all’articolo 15 di tale direttiva.

31

In conformità delle disposizioni del capo 3 della lov om lægemidler (legge sui medicinali), nel testo applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sui medicinali»), gli importatori paralleli di medicinali che, per conformarsi alle condizioni di commercializzazione in Danimarca, procedono ad una rietichettatura o ad un riconfezionamento in nuovi imballaggi esterni devono essere titolari, oltre che di una autorizzazione all’immissione in commercio, anche di un’autorizzazione di fabbricazione.

32

L’articolo 59a, paragrafi 2 e 5, della legge sui medicinali dispone quanto segue:

«2.   I fabbricanti di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica devono dotare i medicinali di caratteristiche di sicurezza. (…)

(…)

5.   Il Sundheds- og Ældreministerie [Ministero della Salute e della Terza Età] adotta le misure necessarie a sostegno dello scopo e della funzione delle caratteristiche di sicurezza».

33

In virtù dell’articolo 62, paragrafo 1, del bekendtgørelse nr. 1297 om recepter og dosisdispensering af lægemidler (decreto n. 1297, relativo alla prescrizione e al dosaggio di medicinali), del 28 novembre 2019, le farmacie sono tenute, in linea di principio, a fornire il medicinale meno costoso nell’ambito della categoria dei medicinali autorizzati che possono sostituire il medicinale prescritto dal medico (principio della sostituzione generica).

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

34

Le ricorrenti nei procedimenti principali sono fabbricanti di medicinali, titolari dei marchi con i quali i medicinali da esse prodotti vengono venduti.

35

Le convenute nei procedimenti principali importano in Danimarca medicinali immessi in commercio in altri Stati membri dai suddetti fabbricanti.

36

Prima di essere immessi in commercio in Danimarca, tali medicinali vengono riconfezionati in nuovi imballaggi esterni. Nei procedimenti principali, le fattispecie all’esame si differenziano per il fatto che in alcuni casi il marchio di detti fabbricanti viene apposto su questo nuovo imballaggio esterno, mentre in altri viene sostituito con un nuovo nome di prodotto. In quest’ultima ipotesi, il nuovo imballaggio esterno indica però che il medicinale in esso contenuto corrisponde al medicinale commercializzato dal titolare con il suo marchio e che sui blister termoformati che si trovano all’interno di questo nuovo imballaggio esterno è apposto tale marchio. Il nuovo foglietto illustrativo che accompagna il medicinale in questione indica altresì che tale medicinale corrisponde a quello venduto dal titolare con il proprio marchio.

37

Le ricorrenti di cui ai procedimenti principali fanno valere che, in circostanze quali quelle caratterizzanti le controversie oggetto di questi ultimi, la normativa sui marchi conferisce loro il diritto di opporsi al riconfezionamento dei medicinali in questione in nuovi imballaggi esterni.

38

Le convenute nei procedimenti principali sostengono invece che tale riconfezionamento è necessario e, di conseguenza, lecito.

39

Secondo il giudice del rinvio, la questione che si pone nei procedimenti principali è di sapere se le ricorrenti in tali procedimenti possano opporsi al suddetto riconfezionamento, costringendo così le convenute di cui ai procedimenti principali a commercializzare in Danimarca i medicinali in questione nel loro imballaggio esterno d’origine rietichettato, dopo aver sostituito il foglietto illustrativo accluso a tali medicinali e apposto su tale imballaggio un nuovo identificativo univoco nonché un sistema di prevenzione delle manomissioni sostitutivo.

40

A questo proposito, detto giudice riferisce che, il 18 dicembre 2018, il Lægemiddelstyrelsen (Agenzia per i medicinali, Danimarca) ha pubblicato un documento contenente una serie di domande e risposte relative alle caratteristiche di sicurezza apposte sugli imballaggi dei medicinali. Nella versione aggiornata il 20 gennaio 2020, tale documento contiene, sotto la rubrica intitolata «Importazioni parallele», il seguente quesito: «È contrario al regolamento il fatto che un importatore parallelo sostituisca un sistema di prevenzione delle manomissioni con un altro sistema?».

41

In risposta a tale quesito, l’Agenzia per i medicinali dichiara quanto segue:

«Sì. L’Agenzia danese per i medicinali ritiene che per regola generale gli importatori paralleli debbano riconfezionare i medicinali in nuovi imballaggi secondo le nuove disposizioni del regolamento. Ciò discende anche dalla finalità delle nuove disposizioni del regolamento, tra cui l’obbligo di progettare un sistema di prevenzione delle manomissioni in modo tale da poter identificare qualsiasi apertura o manomissione dell’imballaggio. Gli importatori paralleli che aprono l’imballaggio dei medicinali e violano il sistema di prevenzione delle manomissioni allo scopo di inserire un foglietto illustrativo danese ecc. nell’imballaggio devono quindi, in conformità alle nuove disposizioni del regolamento, riconfezionare i medicinali in un nuovo imballaggio e applicare un nuovo identificativo univoco e un nuovo sistema di prevenzione delle manomissioni sull’imballaggio, nonché caricare informazioni, ecc.

Nel [documento intitolato «Safety features for medicinal products for human use – Questions and answers – version 18» (Caratteristiche di sicurezza per i medicinali ad uso umano – Domande e risposte – Versione 18), elaborato dalla Commissione], tale istituzione ha dichiarato che, a determinate condizioni specifiche, è possibile per gli importatori paralleli aprire “legittimamente” l’imballaggio dei medicinali al fine, tra l’altro, di inserire un nuovo foglietto illustrativo nell’imballaggio e poi sostituire il sistema di prevenzione delle manomissioni originale con un nuovo sistema, purché ciò avvenga sotto la supervisione delle autorità competenti e purché il nuovo sistema di prevenzione delle manomissioni sigilli completamente l’imballaggio e copra tutti i segni visibili dell’apertura legittima. Inoltre, la sostituzione del sistema di prevenzione delle manomissioni deve essere effettuata conformemente alle buone prassi di fabbricazione (…) per i medicinali e un importatore parallelo che apra legittimamente l’imballaggio dei medicinali e applichi un nuovo sistema di prevenzione delle manomissioni deve verificare preventivamente l’autenticità dell’identificativo univoco e l’integrità del sistema di prevenzione delle manomissioni sull’imballaggio originale, conformemente all’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/83.

Poiché, come già detto, secondo la regola generale gli importatori paralleli devono, in base alle nuove disposizioni del regolamento, riconfezionare i medicinali in nuovi imballaggi, l’Agenzia danese per i medicinali ritiene che l’eccezione descritta dalla Commissione possa essere applicata solo in situazioni straordinarie, tra cui, ad esempio, quando vi sia un rischio per la fornitura dei medicinali.

In Danimarca, in linea di principio, l’eccezione non può essere utilizzata in relazione a una nuova domanda di autorizzazione all’immissione in commercio per delle importazioni parallele. Tali domande dovranno soddisfare i requisiti generali, compresa la regola generale secondo cui i medicinali devono essere riconfezionati in nuovi imballaggi.

L’eccezione, così come illustrata dalla Commissione, significherà che, qualora sia stata rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio per l’importazione parallela di un medicinale specifico, il medicinale sia commercializzato e un importatore parallelo, in una situazione specifica e limitata, desideri avvalersi dell’eccezione alla regola generale del riconfezionamento, l’importatore parallelo può farne richiesta presentando una domanda di esenzione dal decreto sull’etichettatura. (...) Oltre a seguire tali indicazioni, gli importatori paralleli devono descrivere adeguatamente come intendono sostituire il sistema di prevenzione delle manomissioni, presentando altresì illustrazioni sia del sistema originale che del nuovo sistema di prevenzione delle manomissioni. Deve anche essere dimostrato che la sostituzione del sistema di prevenzione delle manomissioni sarà effettuata in conformità alle [buone prassi di fabbricazione] e in modo tale che il nuovo sistema di prevenzione delle manomissioni sigilli completamente l’imballaggio e copra tutti i segni visibili dell’apertura legittima. Inoltre, l’esenzione dovrebbe riguardare tutti i medicinali in questione, comprese la forma e il dosaggio e i relativi paesi di esportazione».

42

Ritenendo, alla luce di tali circostanze, che le controversie di cui ai procedimenti principali sollevino questioni di interpretazione del diritto dell’Unione, il Sø- og Handelsretten (Tribunale marittimo e commerciale, Danimarca) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 15, paragrafo 2, della [direttiva 2015/2436] e l’articolo 15, paragrafo 2, del [regolamento 2017/1001] debbano essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può opporsi all’ulteriore commercializzazione di un medicinale che un importatore parallelo ha riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale il marchio è stato riapposto, qualora:

a)

l’importatore sia in grado di realizzare un imballaggio che possa essere commercializzato sul mercato dello Stato membro di importazione e ottenere un accesso effettivo [a tale mercato] manomettendo l’imballaggio esterno originale per apporre nuove etichette sull’imballaggio interno e/o sostituire il foglietto illustrativo e poi risigillando l’imballaggio esterno originale con un nuovo sistema per verificare se l’imballaggio sia stato manomesso, ai sensi dell’articolo 47 bis della [direttiva 2001/83] e dell’articolo 16 del [regolamento delegato 2016/161];

b)

l’importatore non sia in grado di realizzare un imballaggio che possa essere commercializzato sul mercato dello Stato membro di importazione e ottenere un accesso effettivo [a tale mercato] manomettendo l’imballaggio esterno originale per apporre nuove etichette sull’imballaggio interno e/o sostituire il foglietto illustrativo e poi risigillando l’imballaggio esterno originale con un nuovo sistema per verificare se l’imballaggio sia stato manomesso, ai sensi dell’articolo 47 bis della [direttiva 2001/83] e dell’articolo 16 del [regolamento delegato 2016/161].

2)

Se la direttiva [2001/83], e, in particolare, gli articoli 47 bis e 54, lettera o), debbano essere interpretati nel senso che un nuovo sistema per verificare se l’imballaggio sia stato manomesso (sistema di prevenzione delle manomissioni), apposto sull’imballaggio originale dei medicinali (nell’ambito di una rietichettatura dopo l’apertura dell’imballaggio originale tale per cui il sistema di prevenzione delle manomissioni originale è stato completamente o parzialmente occultato e/o rimosso), “[è] equivalent[e] per quanto concerne la possibilità di verificare l’autenticità, l’identificazione e di fornire la prova della manomissione del medicinale”, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), ed “[è] parimenti efficac[e] per consentire la verifica di autenticità e l’identificazione del medicinale, nonché per fornire la prova della manomissione del medicinale”, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), ii), qualora l’imballaggio dei medicinali presenti segni visibili di manomissione del sistema di prevenzione delle manomissioni originale, o la manomissione possa essere constatata toccando il prodotto, in particolare

a)

all’atto della verifica obbligatoria dell’integrità del sistema di prevenzione delle manomissioni da parte dei fabbricanti, dei grossisti, dei farmacisti e dei soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico[, ai sensi dell’articolo 54 bis, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2001/83 nonché dell’articolo 10, lettera b), e degli articoli 25 e 30 del regolamento delegato 2016/161], oppure

b)

dopo che la confezione dei medicinali è stata aperta, ad esempio da un paziente.

3)

In caso di risposta negativa alla seconda questione:

Se l’articolo 15 della direttiva 2015/2436, l’articolo 15 del regolamento 2017/1001 e gli articoli 34 e 36 TFUE debbano essere interpretati nel senso che il riconfezionamento in un nuovo imballaggio esterno è oggettivamente necessario per ottenere un accesso effettivo al mercato dello Stato membro di importazione, qualora non sia possibile per l’importatore parallelo procedere a una rietichettatura e risigillare l’imballaggio originale in conformità dell’articolo 47 bis della [direttiva 2001/83], vale a dire senza che l’imballaggio dei medicinali presenti segni visibili di manomissione del sistema di prevenzione delle manomissioni originale o senza che la manomissione possa essere constatata toccando il prodotto, come descritto nella seconda questione, in modo non conforme all’articolo 47 bis.

4)

Se la direttiva 2001/83 e il regolamento delegato 2016/161, in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE e con l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436 e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro (in Danimarca, l’Agenzia per i medicinali) è legittimato a dettare linee guida conformemente alle quali, per regola generale, occorre procedere al riconfezionamento in un nuovo imballaggio esterno, e solo in casi eccezionali (ad esempio in caso di rischio per gli approvigionamenti del medicinale) è possibile, su domanda, consentire la rietichettatura e la risigillatura mediante apposizione di nuove caratteristiche di sicurezza sull’imballaggio esterno originale, oppure se l’adozione e l’esecuzione da parte di uno Stato membro di tali linee guida sia incompatibile con gli articoli 34 e 36 TFUE e/o con l’articolo 47 bis della direttiva 2001/83 e con l’articolo 16 del regolamento delegato 2016/161.

5)

Se l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436 e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE, debbano essere interpretati nel senso che il riconfezionamento in un nuovo imballaggio esterno effettuato da un importatore parallelo in conformità alle linee guida stabilite da uno Stato membro, come indicato nella quarta questione, dev’essere considerato necessario ai sensi della giurisprudenza della Corte,

a)

qualora tali linee guida siano compatibili con gli articoli 34 e 36 TFUE e con la giurisprudenza della Corte sulle importazioni parallele di medicinali, o

b)

qualora tali linee guida siano incompatibili con gli articoli 34 e 36 TFUE e con la giurisprudenza della Corte sulle importazioni parallele di medicinali.

6)

Se gli articoli 34 e 36 TFUE debbano essere interpretati nel senso che il riconfezionamento di un medicinale in un nuovo imballaggio esterno deve essere oggettivamente necessario per ottenere un accesso effettivo al mercato dello Stato di importazione, anche se l’importatore parallelo non ha riapposto il marchio originale (nome di prodotto), ma ha invece applicato sul nuovo imballaggio esterno un nome di prodotto che non contiene il marchio del prodotto del titolare del marchio (“debranding”).

7)

Se l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436 e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 debbano essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può opporsi all’ulteriore commercializzazione di un medicinale che un importatore parallelo ha riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno, sul quale l’importatore parallelo ha riapposto soltanto il marchio specifico del prodotto del titolare del marchio, ma non ha riapposto gli altri marchi e/o gli altri segni distintivi commerciali che il titolare del marchio aveva apposto sull’imballaggio esterno originale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni prima, seconda e terza

43

Con le sue questioni prima, seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15 del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15 della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE, debbano essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio è legittimato ad opporsi alla commercializzazione, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale è apposto tale marchio, nel caso in cui la sostituzione del sistema di prevenzione delle manomissioni sull’imballaggio esterno originario, effettuata in conformità dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, lasci tracce visibili, o percepibili al tatto, dell’apertura di quest’ultimo imballaggio.

44

A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 e dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2015/2436, la registrazione di un marchio conferisce al suo titolare un diritto esclusivo che, in base all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento e all’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva sopra citata, legittima tale titolare a vietare ai terzi di usare nel commercio, senza il suo consenso, un segno identico a tale marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali quest’ultimo è stato registrato.

45

Questo diritto esclusivo del titolare del marchio è stato concesso al fine di permettere a quest’ultimo di proteggere i propri interessi specifici in quanto titolare del marchio, ossia al fine di garantire che tale marchio possa adempiere le proprie funzioni. Pertanto, l’esercizio del diritto suddetto deve essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio. Tra tali funzioni occorre annoverare non solo la funzione essenziale del marchio, che è di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto o del servizio, ma anche le altre funzioni del marchio, come, segnatamente, quella consistente nel garantire la qualità del prodotto o del servizio in questione, o quelle di comunicazione, di investimento o di pubblicità (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C‑129/17, EU:C:2018:594, punto 34 nonché la giurisprudenza ivi citata).

46

Orbene, risulta da una consolidata giurisprudenza che un riconfezionamento del prodotto provvisto del marchio effettuato da un terzo senza l’autorizzazione del titolare di tale marchio è suscettibile di creare rischi reali per la garanzia di provenienza di tale prodotto (sentenza del 17 maggio 2018, Junek Europ‑Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata), con la precisazione che la nozione di «riconfezionamento», ai sensi di tale giurisprudenza, include la rietichettatura (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Junek Europ‑Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).

47

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 e dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2015/2436, il diritto conferito dal marchio non permette al suo titolare di vietare l’uso di quest’ultimo per prodotti che siano stati immessi in commercio nell’Unione con tale marchio dal titolare o con il suo consenso. Tali disposizioni mirano a conciliare gli interessi fondamentali della tutela dei diritti di marchio, da un lato, e quelli della libera circolazione delle merci nel mercato interno, dall’altro [v., per analogia, in relazione all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25), sentenza del 20 dicembre 2017, Schweppes, C‑291/16, EU:C:2017:990, punto 35].

48

A questo proposito, occorre ricordare che, se certo l’articolo 15 del regolamento 2017/1001 e l’articolo 15 della direttiva 2015/2436, formulati in termini generali, disciplinano in maniera completa la questione dell’esaurimento del diritto conferito dal marchio, e se invero, qualora sia prevista un’armonizzazione di misure necessarie per garantire la protezione degli interessi contemplati dall’articolo 36 TFUE, qualsiasi misura nazionale relativa a tale materia deve essere valutata alla luce delle disposizioni di detto regolamento o di detta direttiva, e non degli articoli da 34 a 36 TFUE, il regolamento e la direttiva di cui sopra devono, al pari di qualsiasi normativa di diritto derivato dell’Unione, essere interpretati alla luce delle norme del Trattato FUE relative alla libera circolazione delle merci, e segnatamente dell’articolo 36 TFUE (v., per analogia, relativamente all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, sentenza del 20 dicembre 2017, Schweppes, C‑291/16, EU:C:2017:990, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).

49

Più in particolare, discende dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 e dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436 che l’opposizione del titolare del marchio al riconfezionamento, costituendo una deroga alla libera circolazione delle merci, non può essere ammessa nel caso in cui l’esercizio, da parte del titolare, del diritto conferito dal marchio costituisca una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 36, seconda frase, TFUE (v., per analogia, sentenza del 17 maggio 2018, Junek Europ‑Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata). Infatti, la finalità della normativa sui marchi non è di permettere ai titolari di compartimentare i mercati nazionali e di favorire così il mantenimento delle differenze di prezzo che possono esistere tra gli Stati membri (sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol‑Myers Squibb e a., C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282, punto 46).

50

Costituisce una tale restrizione dissimulata, ai sensi dell’articolo 36, seconda frase, TFUE, l’esercizio, da parte del titolare di un marchio, del proprio diritto di opporsi al riconfezionamento, qualora tale esercizio contribuisca a compartimentare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri e qualora, inoltre, il riconfezionamento abbia luogo in modo tale che i legittimi interessi del titolare siano rispettati, il che implica segnatamente che il riconfezionamento non alteri lo stato originario del medicinale o non sia idoneo a nuocere alla reputazione del marchio (v., in tal senso, sentenze del 10 novembre 2016, Ferring Lægemidler, C‑297/15, EU:C:2016:857, punto 16 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 maggio 2018, Junek Europ‑Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).

51

Tuttavia, l’impossibilità per il titolare di avvalersi del proprio diritto di marchio al fine di opporsi alla commercializzazione, con il suo marchio, dei prodotti riconfezionati da un importatore equivale a riconoscere a quest’ultimo una certa facoltà che, in circostanze normali, è riservata al titolare stesso. Di conseguenza, nell’interesse del titolare in quanto proprietario del marchio e per proteggerlo contro qualsiasi abuso, occorre ammettere tale facoltà soltanto a condizione che l’importatore in questione rispetti certi altri requisiti (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Orifarm e a., C‑400/09 e C‑207/10, EU:C:2011:519, punto 26 nonché la giurisprudenza ivi citata).

52

Più specificamente, in virtù di una consolidata giurisprudenza, il titolare di un marchio può legittimamente opporsi alla successiva commercializzazione in uno Stato membro di un prodotto farmaceutico recante il suo marchio e importato da un altro Stato membro, qualora l’importatore di tale prodotto lo abbia riconfezionato e vi abbia riapposto il marchio suddetto, a meno che:

sia provato che l’esercizio del diritto di marchio da parte del suo titolare per opporsi alla commercializzazione del prodotto riconfezionato con tale marchio contribuirebbe a compartimentare artificiosamente i mercati tra Stati membri;

sia provato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione;

siano indicati chiaramente sulla nuova confezione l’autore del riconfezionamento del prodotto e il nome del fabbricante di quest’ultimo;

la presentazione del prodotto riconfezionato non sia tale da poter nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare, e

l’importatore, prima di mettere in vendita il prodotto riconfezionato, ne dia avviso al titolare del marchio e gli fornisca, a sua richiesta, un campione del prodotto riconfezionato (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1996, Bristol‑Myers Squibb e a., C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282, punto 79, nonché del 17 maggio 2018, Junek Europ‑Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).

53

Per quanto riguarda, in particolare, la prima delle condizioni elencate al punto precedente della presente sentenza, la Corte ha statuito che contribuisce ad una compartimentazione artificiosa dei mercati tra gli Stati membri l’opposizione del titolare del marchio al riconfezionamento di medicinali qualora quest’ultimo sia necessario perché il prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello Stato membro di importazione (sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 18).

54

Tale requisito di necessità è soddisfatto, segnatamente, quando le circostanze esistenti al momento della commercializzazione nello Stato membro di importazione ostano all’immissione in commercio del medicinale nello stesso confezionamento nel quale tale prodotto viene commercializzato nello Stato membro di esportazione, rendendo così il riconfezionamento oggettivamente necessario affinché il medicinale in questione possa essere commercializzato in detto Stato membro dall’importatore parallelo (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2016, Ferring Lægemidler, C‑297/15, EU:C:2016:857, punto 20 e la giurisprudenza ivi citata).

55

Per contro, la condizione suddetta non è soddisfatta qualora il riconfezionamento del prodotto si spieghi esclusivamente con la ricerca, da parte dell’importatore parallelo, di un vantaggio commerciale (sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 37).

56

Secondo la giurisprudenza della Corte, il requisito di necessità in questione concerne tanto il fatto stesso di procedere al riconfezionamento del prodotto, quanto la scelta tra un nuovo imballaggio ed una rietichettatura (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 38). Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 118 delle sue conclusioni, poiché il riconoscimento del diritto di un commerciante parallelo di commercializzare in un nuovo imballaggio un prodotto munito di un marchio senza l’autorizzazione del titolare di quest’ultimo equivale a riconoscere a detto commerciante una facoltà normalmente riservata a tale titolare, ossia quella di apporre tale marchio su questo nuovo imballaggio, un siffatto riconfezionamento in un nuovo imballaggio costituisce un’ingerenza nelle prerogative di detto titolare più profonda di quella derivante dalla commercializzazione del prodotto nel suo imballaggio originario rietichettato.

57

La Corte ha così statuito che il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento mediante sostituzione dell’imballaggio qualora l’importatore parallelo sia in grado di riutilizzare l’imballaggio originario ai fini di una commercializzazione nello Stato membro di importazione apponendo delle etichette su tale imballaggio (sentenza del 23 aprile 2002, Boehringer Ingelheim e a., C‑143/00, EU:C:2002:246, punto 49 nonché la giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, il titolare di un marchio è legittimato ad opporsi a che l’importatore parallelo proceda a tale riconfezionamento soltanto a condizione che il medicinale rietichettato possa effettivamente accedere al mercato in questione (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2002, Boehringer Ingelheim e a., C‑143/00, EU:C:2002:246, punto 50).

58

A questo proposito, occorre ricordare che, come risulta dai considerando 2 e 3 della direttiva 2011/62, letti in combinato disposto con il considerando 1 del regolamento delegato 2016/161, il legislatore dell’Unione ha adottato tale direttiva al fine di far fronte alla crescente minaccia che i medicinali contraffatti costituiscono per la salute umana, inserendo, nella direttiva 2001/83, misure destinate ad impedire l’introduzione di medicinali falsificati nella catena di approvvigionamento legale.

59

La direttiva 2011/62 ha così inserito, all’articolo 54 della direttiva 2001/83, una disposizione alla lettera o), in virtù della quale l’imballaggio esterno o, in mancanza di questo, il confezionamento primario dei medicinali diversi dai radiofarmaci contemplati dall’articolo 54 bis, paragrafo 1, di tale direttiva devono essere muniti di caratteristiche di sicurezza che consentano ai grossisti e ai soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico di verificare l’autenticità del medicinale in questione, di identificare le singole confezioni di medicinali, nonché di verificare se l’imballaggio esterno sia stato manomesso.

60

In applicazione di detto articolo 54 bis, paragrafo 2, il regolamento delegato 2016/161 stabilisce norme dettagliate riguardanti tali caratteristiche di sicurezza. Il considerando 1 di tale regolamento delegato identifica due tipi di caratteristiche di sicurezza, vale a dire, da un lato, un identificativo univoco e, dall’altro, un sistema di prevenzione delle manomissioni. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di detto regolamento delegato, tale sistema di prevenzione delle manomissioni è costituito dalle caratteristiche di sicurezza che consentono di verificare se l’imballaggio di un medicinale sia stato oggetto di manomissione.

61

Più in particolare, l’articolo 25, paragrafo 1, del regolamento delegato 2016/161 impone ai soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico di verificare tali caratteristiche di sicurezza. Inoltre, gli articoli 24 e 30 di detto regolamento delegato vietano ai grossisti e ai soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico di fornire un medicinale qualora abbiano motivo di ritenere che la confezione del medicinale sia stata manomessa.

62

Peraltro, l’articolo 47 bis, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 prevede che le suddette caratteristiche di sicurezza possano essere rimosse o ricoperte soltanto a condizioni rigorose, destinate a garantire l’autenticità del medicinale e l’assenza di qualsiasi manomissione illecita.

63

In particolare, risulta da detto articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), che, tra tali condizioni, rientra quella secondo cui le caratteristiche di sicurezza in questione devono essere sostituite con caratteristiche di sicurezza «equivalenti». In virtù di tale disposizione, per poter essere considerate equivalenti, le caratteristiche di sicurezza devono, in particolare, permettere di verificare l’autenticità dei medicinali in questione e di identificarli, con la medesima efficacia, nonché di fornire la prova di una loro manomissione illecita.

64

Discende così dalla disposizione sopra citata, letta alla luce del considerando 12 della direttiva 2011/62, che il legislatore dell’Unione, il quale ha espressamente previsto la possibilità di procedere alla «sostituzione» delle caratteristiche di sicurezza contemplate al punto 60 della presente sentenza, non ha inteso impedire la riutilizzazione degli imballaggi esterni d’origine, quand’anche questi ultimi siano muniti di tali caratteristiche di sicurezza. Questa interpretazione è corroborata dall’articolo 34, paragrafo 4, e dall’articolo 35, paragrafo 4, del regolamento delegato 2016/161, in virtù dei quali un identificativo univoco equivalente può essere apposto tanto su una scatola riconfezionata, in un nuovo imballaggio, quanto su una scatola rietichettata.

65

Ciò premesso, risulta dall’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/83 che una tale riutilizzazione è possibile soltanto a condizione che le caratteristiche di sicurezza originarie possano essere sostituite con caratteristiche che permettano, con uguale efficacia, di verificare l’autenticità dei medicinali in questione, di identificarli e di accertare l’esistenza di una manomissione illecita di questi ultimi, conformemente alla finalità della direttiva 2011/62, che, come risulta dal suo considerando 29, consiste nel prevenire l’introduzione di medicinali falsificati nella catena di approvvigionamento legale.

66

A questo proposito, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/83, il titolare di un’autorizzazione di fabbricazione – autorizzazione che, come risulta dall’articolo 40, paragrafo 2, di detta direttiva, ogni soggetto della catena di approvvigionamento che confeziona medicinali deve possedere – è tenuto a verificare, prima di rimuovere o di ricoprire parzialmente o totalmente le caratteristiche di sicurezza contemplate al punto 60 della presente sentenza, che il medicinale in questione sia autentico e non abbia subito alcuna manomissione illecita.

67

Così, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/83, un sistema di prevenzione delle manomissioni sostitutivo deve permettere di verificare, con la stessa efficacia di un sistema di prevenzione delle manomissioni originario, che l’imballaggio esterno del medicinale non sia stato aperto illecitamente tra il momento del riconfezionamento di tale medicinale e quello in cui quest’ultimo viene fornito al pubblico.

68

Di conseguenza, la presenza, sull’imballaggio esterno di un medicinale, di eventuali tracce di apertura non può, di per sé stessa, essere sufficiente per ritenere che il sistema di prevenzione delle manomissioni sostitutivo non sia equivalente, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), secondo comma, della direttiva 2001/83, qualora, per i grossisti ed i soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico, non vi sia alcun dubbio che queste tracce di apertura sono imputabili al riconfezionamento di tale medicinale ad opera di un importatore parallelo. A questo proposito, la menzione, su tale imballaggio esterno, dell’autore del riconfezionamento permette di informare i soggetti a valle della catena di approvvigionamento in merito alla possibile origine delle suddette tracce di apertura. Infatti, tale menzione, abbinata al sistema di prevenzione delle manomissioni e all’identificativo univoco sostitutivo, permette a tali soggetti di assicurarsi che la presenza di tracce siffatte sia dovuta ad una manomissione lecita.

69

Del resto, poiché la funzione del sistema di prevenzione delle manomissioni è per l’appunto quella di evidenziare qualsiasi apertura dell’imballaggio sul quale detto sistema è apposto, la presenza di tracce del genere è inevitabile. Pertanto, un’interpretazione differente da quella accolta al punto precedente avrebbe come conseguenza di rendere impossibile, in pratica, la rietichettatura di un medicinale, privando così di effetto utile l’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/83, letto alla luce del considerando 12 della direttiva 2011/62, nonché l’articolo 34, paragrafo 4, e l’articolo 35, paragrafo 4, del regolamento delegato 2016/161, che, come si è constatato al punto 64 della presente sentenza, lo permettono espressamente.

70

Risulta dalle considerazioni sopra esposte che la circostanza che la sostituzione del sistema di prevenzione delle manomissioni dell’imballaggio d’origine di un medicinale lasci tracce visibili di apertura su tale imballaggio non impedisce di ritenere che il nuovo sistema sia equivalente, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/83, e dunque che tale sostituzione sia stata effettuata in conformità di tale articolo 47 bis, paragrafo 1.

71

Infatti, in primo luogo, alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 58 a 70 della presente sentenza, il riconfezionamento in un nuovo imballaggio deve essere considerato oggettivamente necessario qualora il sistema di prevenzione delle manomissioni di cui è provvisto l’imballaggio esterno del medicinale in questione non possa oggettivamente essere sostituito da un sistema equivalente, ai sensi dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/83, tenendo presente che, come si è ricordato al punto 68 della presente sentenza, la presenza di tracce di apertura non può, di per sé stessa, essere sufficiente per ritenere che il requisito di equivalenza non sia soddisfatto.

72

Date tali circostanze, l’esercizio, da parte del titolare di un marchio, del diritto conferito da quest’ultimo per opporsi a tale riconfezionamento costituirebbe una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 36, seconda frase, TFUE, in quanto esso contribuirebbe, in contrasto con la finalità della normativa sui marchi, a compartimentare artificiosamente i mercati nazionali in seno all’Unione e a favorire così il mantenimento delle differenze di prezzo che possono esistere tra gli Stati membri.

73

Tale interpretazione è corroborata dalla funzione essenziale del marchio, che è di garantire al consumatore o all’utente finale l’identità di origine del prodotto provvisto di un marchio, permettendo loro di distinguerlo senza possibilità di confusione da quelli aventi una diversa provenienza. Tale garanzia di provenienza implica che il consumatore o l’utente finale possa essere certo del fatto che un prodotto contraddistinto da un marchio non è stato oggetto, in una precedente fase della sua commercializzazione, di un intervento operato da un terzo senza l’autorizzazione del titolare del marchio, che ha alterato il prodotto nel suo stato originario (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol‑Myers Squibb e a., C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282, punto 47).

74

Orbene, qualora non vi sia alcun dubbio, nella mente dei consumatori, che le tracce di apertura dell’imballaggio esterno di un medicinale sono imputabili al riconfezionamento di quest’ultimo ad opera di un importatore parallelo, la garanzia di provenienza di tale medicinale è assicurata.

75

In secondo luogo, la Corte ha statuito che costituisce del pari un ostacolo all’accesso effettivo di un medicinale rietichettato al mercato dello Stato membro di importazione, tale da rendere necessario un riconfezionamento mediante sostituzione dell’imballaggio, l’esistenza, su tale mercato o su una parte rilevante di esso, di una resistenza da parte di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati talmente forte che l’accesso effettivo a tale mercato debba ritenersi ostacolato. Infatti, in questo caso, il riconfezionamento dei medicinali in un nuovo imballaggio non si spiegherebbe esclusivamente con la ricerca di un vantaggio commerciale, ma avrebbe come scopo di ottenere un accesso effettivo al mercato in questione (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2002, Boehringer Ingelheim e a., C‑143/00, EU:C:2002:246, punto 52).

76

Allo stesso modo, se una percentuale significativa dei consumatori dello Stato membro di importazione è contraria all’idea di acquistare un medicinale il cui imballaggio esterno presenti tracce visibili di apertura causate dalla sostituzione del sistema di prevenzione delle manomissioni esistente con un dispositivo equivalente, effettuata in conformità dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, l’accesso effettivo di tale medicinale al mercato di questo Stato membro deve ritenersi ostacolato e, pertanto, il suo riconfezionamento in un nuovo imballaggio esterno deve essere considerato necessario ai fini della sua commercializzazione in detto Stato membro.

77

Nelle circostanze descritte al punto precedente, l’opposizione del titolare del marchio a tale riconfezionamento non può essere ammessa in quanto contribuirebbe ad una compartimentazione artificiosa dei mercati tra gli Stati membri.

78

Tuttavia, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 139 delle sue conclusioni, un importatore parallelo non può fondarsi su una presunzione generale di resistenza dei consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati il cui sistema di prevenzione delle manomissioni sia stato sostituito. Infatti, alla luce delle considerazioni esposte ai punti 51 e 54 della presente sentenza, l’eventuale esistenza di una tale resistenza nonché la sua entità devono essere valutate in concreto, tenendo conto, segnatamente, delle circostanze esistenti nello Stato membro di importazione al momento della commercializzazione del medicinale in questione, nonché del fatto che le tracce di apertura siano visibili o, al contrario, siano individuabili soltanto all’esito di una verifica approfondita da parte di grossisti o di soggetti autorizzati o legittimati a fornire medicinali al pubblico in esecuzione dell’obbligo di verifica che incombe loro in forza degli articoli 10, 24 e 30 del regolamento delegato 2016/161.

79

Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alle questioni prima, seconda e terza dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15 del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15 della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE, devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio è legittimato ad opporsi alla commercializzazione, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale è apposto tale marchio, nel caso in cui la sostituzione del sistema di prevenzione delle manomissioni sull’imballaggio esterno originario, effettuata in conformità dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, lasci tracce visibili, o percepibili al tatto, dell’apertura di quest’ultimo imballaggio, a condizione che:

non vi sia alcun dubbio che queste tracce di apertura sono imputabili al riconfezionamento di tale medicinale da parte del suddetto importatore parallelo, e

tali tracce non provochino, sul mercato dello Stato membro di importazione o su una parte rilevante di esso, una resistenza di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali così riconfezionati talmente forte da costituire un ostacolo all’accesso effettivo a tale mercato.

Sulla quarta questione

80

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2001/83 e il regolamento delegato 2016/161, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE nonché con l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436, debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro può stabilire che i medicinali importati parallelamente devono, in linea di principio, essere oggetto di un riconfezionamento in un nuovo imballaggio e che si può fare ricorso alla rietichettatura nonché all’apposizione di nuove caratteristiche di sicurezza sull’imballaggio esterno originario di tali medicinali soltanto su richiesta e in circostanze eccezionali, come, segnatamente, un rischio di crisi di approvvigionamento del medicinale in questione.

81

In via preliminare, occorre ricordare che, come risulta dai punti 64 e 65 della presente sentenza, la direttiva 2001/83 permette, ai fini del riconfezionamento, la riutilizzazione degli imballaggi esterni originari, purché le caratteristiche di sicurezza originarie possano essere sostituite con caratteristiche di sicurezza che permettano, con la medesima efficacia, di verificare l’autenticità dei medicinali in questione, di identificarli e di accertare l’esistenza di una manomissione illecita di questi ultimi.

82

In assenza, nella direttiva 2001/83 e nel regolamento delegato 2016/161, di una disposizione che stabilisca che una forma di riconfezionamento debba essere privilegiata rispetto all’altra, occorre considerare che, purché siano soddisfatte tutte le condizioni previste dall’articolo 47 bis di detta direttiva, il riconfezionamento in un nuovo imballaggio e la rietichettatura di medicinali importati parallelamente costituiscono forme di riconfezionamento equivalenti per quanto riguarda l’efficacia delle caratteristiche di sicurezza.

83

Date tali circostanze, occorre esaminare se gli Stati membri dispongano di un margine di discrezionalità che permetta loro di imporre agli importatori paralleli di ricorrere al riconfezionamento in un nuovo imballaggio piuttosto che alla rietichettatura dei medicinali da essi importati.

84

A questo proposito, occorre ricordare che, come risulta dal considerando 12 della direttiva 2011/62, questa direttiva ha introdotto nella direttiva 2001/83 delle disposizioni che prevedono garanzie adeguate contro l’introduzione di medicinali falsificati nella catena di approvvigionamento al fine di tutelare i pazienti nonché gli interessi dei titolari di un’autorizzazione alla messa in commercio e dei fabbricanti.

85

In particolare, al fine di garantire l’efficacia delle caratteristiche di sicurezza, l’articolo 47 bis della direttiva 2001/83 stabilisce le condizioni rigorose alle quali le caratteristiche di sicurezza contemplate al punto 60 della presente sentenza possono essere rimosse, ricoperte e sostituite in occasione di un riconfezionamento di medicinali.

86

Come si è rilevato al punto 66 della presente sentenza, a norma dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva, il titolare di un’autorizzazione di fabbricazione – autorizzazione che, come risulta dall’articolo 40, paragrafo 2, della medesima direttiva, ogni soggetto della catena di approvvigionamento che confeziona dei medicinali deve possedere – è tenuto a verificare, prima di rimuovere o di ricoprire parzialmente o totalmente le summenzionate caratteristiche di sicurezza, che il medicinale in questione è autentico e che non ha subito manomissioni. Inoltre, l’articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva impone al titolare di un’autorizzazione di fabbricazione di sostituire le suddette caratteristiche di sicurezza con caratteristiche di sicurezza equivalenti per quello che riguarda la possibilità di verificare l’autenticità dei medicinali, di identificare questi ultimi e di fornire la prova della manomissione di un medicinale, senza aprire il confezionamento primario di quest’ultimo. In applicazione del citato articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera b), i), il regolamento delegato 2016/161 precisa i requisiti che le caratteristiche di sicurezza sostitutive devono soddisfare e, ai sensi del citato articolo 47 bis, paragrafo 1, lettera c) e d), la sostituzione delle caratteristiche di sicurezza deve essere effettuata nel rispetto delle buone prassi di fabbricazione applicabili ai medicinali e soggetta al controllo dell’autorità competente.

87

Alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 84 a 86 della presente sentenza, è giocoforza constatare che la direttiva 2001/83 e il regolamento delegato 2016/161 prevedono regole esaustive per quanto riguarda le condizioni alle quali si può procedere alla sostituzione delle caratteristiche di sicurezza contemplate al punto 60 della presente sentenza.

88

Inoltre, l’analisi delle disposizioni del titolo V della direttiva 2001/83, intitolato «Etichettatura e foglietto illustrativo», permette di affermare che il legislatore dell’Unione ha proceduto ad un’armonizzazione completa per quanto riguarda tali caratteristiche di sicurezza, le quali sono contemplate dall’articolo 54, lettera o), di tale direttiva, contenuto nel citato titolo V.

89

Infatti, da un lato, l’articolo 60 della direttiva 2001/83 prevede che gli Stati membri non possano vietare o impedire l’immissione in commercio di medicinali nel loro territorio per motivi connessi all’etichettatura o al foglietto illustrativo, qualora questi ultimi risultino conformi alle prescrizioni del titolo V di tale direttiva.

90

Dall’altro lato, i casi nei quali gli Stati membri possono adottare disposizioni in deroga alle norme fissate dal titolo V della suddetta direttiva sono esplicitamente elencati all’articolo 54 bis, paragrafo 5, all’articolo 57 e all’articolo 69, paragrafo 2, della medesima direttiva.

91

Date tali circostanze, qualora la facoltà di prevedere regole differenti non sia stata loro riconosciuta in maniera esplicita, i soli requisiti ai quali gli Stati membri possono assoggettare l’etichettatura dei medicinali, la quale include, come risulta dal punto 88 della presente sentenza, le caratteristiche di sicurezza, sono quelli stabiliti dalla direttiva 2001/83.

92

Di conseguenza, per quanto riguarda la sostituzione delle caratteristiche di sicurezza contemplate al punto 60 della presente sentenza, gli Stati membri non hanno la facoltà di prevedere requisiti differenti da quelli previsti dalla direttiva 2001/83 e dal regolamento delegato 2016/161.

93

Tale interpretazione è corroborata dagli obiettivi perseguiti dalle direttive 2001/83 e 2011/62.

94

Infatti, sebbene la direttiva 2001/83 abbia come obiettivo essenziale, come risulta dal suo considerando 2, la tutela della sanità pubblica, il considerando 3 della medesima direttiva precisa che tale finalità non può essere raggiunta con mezzi che ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi di medicinali nell’Unione. Più specificamente, risulta dai considerando 4, 5 e 14 della direttiva 2001/83 che quest’ultima mira ad eliminare gli ostacoli agli scambi di medicinali in seno all’Unione al fine di realizzare l’obiettivo della libera circolazione di questi ultimi (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, ratiopharm, C‑786/18, EU:C:2020:459, punti 3132).

95

Per quanto riguarda, più in particolare, le caratteristiche di sicurezza, risulta dai considerando 11 e 33 della direttiva 2011/62 che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che, al fine di garantire un livello di protezione elevato della sanità pubblica contro i medicinali falsificati assicurando al tempo stesso il funzionamento del mercato interno dei medicinali, occorreva armonizzare, a livello dell’Unione, le norme applicabili a tali caratteristiche di sicurezza.

96

Orbene, la realizzazione dell’obiettivo della direttiva 2001/83 consistente nell’assicurare la libera circolazione dei medicinali in seno all’Unione sarebbe compromesso se gli Stati membri avessero la possibilità di imporre requisiti supplementari rispetto a quelli previsti dal diritto dell’Unione, limitando maggiormente la possibilità di rietichettare l’imballaggio esterno d’origine di un medicinale nel caso in cui sia necessario un riconfezionamento, malgrado che, come si è ricordato al punto 81 della presente sentenza, tale facoltà sia stata espressamente prevista dal legislatore dell’Unione.

97

Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 156 delle sue conclusioni, anche se, nelle controversie di cui ai procedimenti principali, i commercianti paralleli reclamano il diritto di riconfezionare i medicinali in nuovi imballaggi, la stessa cosa potrebbe non verificarsi in altre situazioni, nelle quali un tale riconfezionamento sarebbe percepito come un onere supplementare avente l’effetto di ostacolare la libera circolazione delle merci.

98

Risulta infatti da un’interpretazione sistematica dell’articolo 47 bis della direttiva 2001/83, letto alla luce delle finalità di tale direttiva e della direttiva 2011/62, che detto articolo procede ad un’armonizzazione esaustiva per quanto riguarda le condizioni alle quali le caratteristiche di sicurezza possono essere sostituite. Pertanto, gli Stati membri non possono ostacolare la commercializzazione dei medicinali, riconfezionati o meno, provvisti di tali caratteristiche di sicurezza imponendo il rispetto di condizioni supplementari.

99

Tale interpretazione non viene rimessa in discussione dal fatto che, nel considerando 14 della direttiva 2001/83, si dichiara che tale direttiva costituisce «una tappa importante nella realizzazione della libera circolazione dei medicinali» e che «potrebbero rivelarsi necessarie nuove misure per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione ancora esistenti». Infatti, il carattere esaustivo dell’armonizzazione in un settore particolare non è incompatibile con il carattere evolutivo della stessa. Pertanto, il fatto che la direttiva 2001/83 preveda un sistema esaustivo di norme in materia di caratteristiche di sicurezza per i medicinali non implica in alcun modo che il legislatore dell’Unione non possa modificare o adattare tali norme e, se necessario, introdurne di nuove al fine di meglio perseguire gli obiettivi di eliminazione degli ostacoli agli scambi tra Stati membri nonché di tutela della sanità pubblica (v., per analogia, sentenza dell’8 novembre 2007, Gintec, C‑374/05, EU:C:2007:654, punto 29).

100

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che la direttiva 2001/83 e il regolamento delegato 2016/161 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato membro stabilisca che i medicinali importati parallelamente devono, in linea di principio, essere oggetto di un riconfezionamento in un nuovo imballaggio e che si può fare ricorso alla rietichettatura nonché all’apposizione di nuove caratteristiche di sicurezza sull’imballaggio esterno originario di tali medicinali soltanto su richiesta e in circostanze eccezionali, come, segnatamente, un rischio di crisi di approvvigionamento del medicinale in questione.

Sulla quinta questione

101

Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE, debbano essere interpretati nel senso che una normativa di uno Stato membro, la quale stabilisca che i medicinali importati parallelamente devono, in linea di principio, essere oggetto di un riconfezionamento in un nuovo imballaggio e che si può fare ricorso alla rietichettatura nonché all’apposizione di nuove caratteristiche di sicurezza sull’imballaggio esterno originario di tali medicinali soltanto su richiesta e in circostanze eccezionali, costituisce un ostacolo all’esercizio, da parte del titolare di un marchio, del suo diritto di opporsi alla commercializzazione, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale tale marchio viene apposto.

102

Come si è constatato al punto 57 della presente sentenza, il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento di un medicinale effettuato mediante sostituzione del suo imballaggio esterno nel caso in cui l’importatore parallelo sia in grado di riutilizzare l’imballaggio d’origine di tale medicinale ai fini di una commercializzazione nello Stato membro di importazione apponendo delle etichette su tale imballaggio, a condizione che il medicinale rietichettato possa effettivamente accedere al mercato in questione.

103

Per contro, qualora le circostanze esistenti al momento della commercializzazione nello Stato membro di importazione rendano il riconfezionamento di un medicinale in un nuovo imballaggio oggettivamente necessario in quanto esse ostacolano la commercializzazione di tale medicinale nel suo imballaggio esterno d’origine rietichettato sul mercato di questo Stato membro, il titolare del marchio non dispone della facoltà suddetta. Infatti, in simili circostanze, l’opposizione del titolare del marchio al riconfezionamento di detto medicinale mediante sostituzione del suo imballaggio esterno contribuirebbe ad una compartimentazione artificiosa dei mercati tra gli Stati membri.

104

A questo proposito, la Corte ha invero statuito, al punto 36 della sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a. (C‑348/04, EU:C:2007:249), che il requisito di necessità sopra descritto è soddisfatto, segnatamente, qualora una normativa o una prassi esistente nello Stato membro di importazione impedisca la commercializzazione di un medicinale sul mercato di tale Stato membro nello stesso confezionamento in cui tale medicinale viene commercializzato nello Stato membro di esportazione.

105

Tuttavia, una normativa o una prassi siffatta può permettere di giustificare una restrizione dell’esercizio dei diritti del titolare del marchio soltanto a condizione che essa rispetti il diritto dell’Unione.

106

Infatti, qualora una normativa di uno Stato membro o una prassi delle autorità di quest’ultimo violi il diritto dell’Unione, l’ostacolo all’accesso effettivo del medicinale in questione al mercato di tale Stato membro è dovuto non già all’opposizione del titolare del marchio, bensì alla normativa o alla prassi suddetta.

107

Pertanto, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15 del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15 della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE, devono essere interpretati nel senso che una normativa di uno Stato membro, la quale stabilisca che i medicinali importati parallelamente devono, in linea di principio, essere oggetto di un riconfezionamento in un nuovo imballaggio e che si può fare ricorso alla rietichettatura nonché all’apposizione di nuove caratteristiche di sicurezza sull’imballaggio esterno originario di tali medicinali soltanto su richiesta e in circostanze eccezionali, non costituisce un ostacolo all’esercizio, da parte del titolare di un marchio, del suo diritto di opporsi alla commercializzazione, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale tale marchio viene apposto.

Sulla sesta questione

108

Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE, debbano essere interpretati nel senso che la prima delle cinque condizioni enunciate al punto 79 della sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol‑Myers Squibb e a. (C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282; in prosieguo, in riferimento a questa condizione: la «condizione Bristol‑Myers Squibb») – secondo la quale il titolare di un marchio può legittimamente opporsi alla successiva commercializzazione in uno Stato membro di un medicinale provvisto di tale marchio e importato da un altro Stato membro, qualora l’importatore di tale medicinale abbia riconfezionato quest’ultimo e vi abbia riapposto il marchio suddetto e un tale riconfezionamento del medicinale in questione in un nuovo imballaggio esterno non sia oggettivamente necessario ai fini della sua commercializzazione nello Stato membro di importazione – deve essere soddisfatta nel caso in cui il marchio che figurava sull’imballaggio esterno originario del medicinale in questione sia stato sostituito con un nome di prodotto differente sul nuovo imballaggio esterno di questo medesimo medicinale.

109

Alla luce del citato punto 79, ricordato al punto 52 della presente sentenza, questa sesta questione deve essere intesa nel senso che, attraverso di essa, il giudice del rinvio chiede se la condizione Bristol‑Myers Squibb sia applicabile nell’ipotesi in cui il suddetto importatore non riapponga il marchio del titolare sul nuovo imballaggio esterno del medicinale riconfezionato.

110

A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 e dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2015/2436, la registrazione di un marchio conferisce al suo titolare un diritto esclusivo, il quale, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento e dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva, legittima tale titolare a vietare ai terzi di usare nel commercio, senza il suo consenso, un segno identico a tale marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali quest’ultimo è stato registrato.

111

Di conseguenza, occorre verificare se, in circostanze quali quelle descritte dal giudice del rinvio, ossia nel caso in cui il marchio che figurava sull’imballaggio esterno d’origine di un medicinale venga sostituito con un nome di prodotto differente sul nuovo imballaggio esterno di tale medicinale, l’importatore parallelo faccia uso, nel commercio, di un segno identico a tale marchio, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), sopra citati, per i medicinali importati che esso intende commercializzare sul mercato di uno Stato membro.

112

L’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001 e l’articolo 10, paragrafo 3, della direttiva 2015/2436 elencano, in maniera non esaustiva, vari tipi di uso che il titolare del marchio può vietare [v., per analogia, riguardo alla direttiva 2008/95 e al regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C‑129/17, EU:C:2018:594, punto 38 nonché la giurisprudenza ivi citata].

113

In particolare, tale articolo 9, paragrafo 3, lettera a), e tale articolo 10, paragrafo 3, lettera a), prevedono che il titolare possa vietare ai terzi di apporre il segno in questione sui prodotti o sul loro confezionamento.

114

Orbene, nel caso in cui, in circostanze quali quelle descritte al punto 36 della presente sentenza, un importatore parallelo indichi sul nuovo imballaggio esterno di un medicinale importato che quest’ultimo corrisponde al medicinale commercializzato dal titolare con il proprio marchio e i blister termoformati che si trovano all’interno di questo nuovo imballaggio esterno siano muniti di tale marchio, egli appone un segno identico a quest’ultimo sul confezionamento del prodotto, ai sensi delle disposizioni sopra citate.

115

Inoltre, qualora questo importatore parallelo commercializzi, sul mercato di uno Stato membro, un medicinale che egli ha importato da un altro Stato membro e il cui confezionamento primario, vale a dire, nel caso di specie, i suddetti blister termoformati, è munito del marchio del titolare, egli immette tale medicinale sul mercato del suddetto primo Stato membro con questo segno, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, lettera b), del regolamento 2017/1001 e dell’articolo 10, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2436.

116

Pertanto, occorre constatare, in linea con quanto osservato dall’avvocato generale al paragrafo 176 delle sue conclusioni, che, in circostanze quali quelle descritte ai punti 114 e 115 della presente sentenza, il suddetto importatore parallelo fa uso nel commercio di un segno identico al marchio del titolare, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento 2017/1001 e dell’articolo 10 della direttiva 2015/2436, per i medicinali in questione.

117

Alla luce degli elementi esposti ai punti da 45 a 51 della presente sentenza, il riconfezionamento di tali medicinali in un nuovo imballaggio esterno è suscettibile di pregiudicare le funzioni del marchio e, pertanto, il titolare può avere un legittimo interesse ad opporsi.

118

Tenuto conto delle considerazioni di cui sopra, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE, devono essere interpretati nel senso che la condizione Bristol‑Myers Squibb – secondo la quale il titolare di un marchio può legittimamente opporsi alla successiva commercializzazione in uno Stato membro di un medicinale provvisto di tale marchio e importato da un altro Stato membro, qualora l’importatore di tale medicinale abbia riconfezionato quest’ultimo e vi abbia riapposto il marchio suddetto e un tale riconfezionamento del medicinale in questione in un nuovo imballaggio esterno non sia oggettivamente necessario ai fini della sua commercializzazione nello Stato membro di importazione – deve essere soddisfatta nel caso in cui il marchio che figurava sull’imballaggio esterno originario del medicinale in questione sia stato sostituito con un nome di prodotto differente sul nuovo imballaggio esterno di questo medesimo medicinale, qualora il confezionamento primario di quest’ultimo sia provvisto di tale marchio e/o questo nuovo imballaggio esterno vi faccia riferimento.

Sulla settima questione

119

Con la sua settima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436 debbano essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può opporsi alla commercializzazione in uno Stato membro, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale, importato da un altro Stato membro, che tale importatore ha riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale ha riapposto il marchio del titolare, specifico di questo prodotto, ma non gli altri marchi e/o gli altri segni distintivi che figuravano sull’imballaggio esterno originario di tale medicinale.

120

In primo luogo, occorre ricordare che la protezione del titolare di un marchio con riguardo al modo di presentazione del nuovo imballaggio esterno nel quale un medicinale è stato riconfezionato dall’importatore parallelo di tale medicinale è, in linea di principio, garantita dal rispetto della condizione secondo cui la presentazione del prodotto riconfezionato non deve essere tale da poter nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2008, The Wellcome Foundation, C‑276/05, EU:C:2008:756, punto 29).

121

In proposito, risulta infatti dal punto 52 della presente sentenza che l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436 devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può legittimamente opporsi alla successiva commercializzazione in uno Stato membro di un medicinale munito di tale marchio e importato da un altro Stato membro, qualora l’importatore parallelo di tale medicinale abbia o riconfezionato quest’ultimo in un nuovo imballaggio esterno sul quale ha riapposto il marchio suddetto, o apposto un’etichetta sull’imballaggio esterno originario, a meno che non siano soddisfatte cinque condizioni, tra le quali figura quella secondo cui la presentazione del prodotto riconfezionato non deve essere tale da poter nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare [v., per analogia, in riferimento all’articolo 7, paragrafo 2, della Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1998, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 40].

122

Pertanto, questo nuovo imballaggio esterno o quest’etichetta non devono essere difettosi, di scarsa qualità o grossolani. Inoltre, un prodotto farmaceutico riconfezionato potrebbe presentarsi in maniera inadeguata e, di conseguenza, nuocere alla notorietà del marchio, segnatamente nel caso in cui l’imballaggio o l’etichetta, senza essere difettosi, di scarsa qualità o grossolani, siano idonei a pregiudicare il valore del marchio danneggiando l’immagine di serietà e di qualità che si ricollega a tale prodotto, nonché la fiducia che esso è capace di ispirare nel pubblico interessato (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punti 4043).

123

La Corte ha così statuito che, in linea di principio, è idoneo a nuocere alla reputazione del marchio il fatto che l’importatore parallelo non apponga il marchio sulla nuova confezione esterna, o che vi apponga il proprio logo o segno, o che adotti una propria e particolare modalità di presentazione del prodotto oppure una presentazione utilizzata per più prodotti differenti, come pure il fatto che esso applichi un’etichetta aggiuntiva in modo da occultare in tutto o in parte il marchio del titolare, o che ometta di precisare sull’etichetta aggiuntiva che il marchio di cui trattasi appartiene a quest’ultimo, o ancora che stampi il nome dell’importatore parallelo in lettere maiuscole (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 45).

124

Allo stesso modo, è idoneo a pregiudicare la reputazione del marchio anche il fatto che l’importatore parallelo riapponga, sul nuovo imballaggio esterno, il marchio del titolare, specifico di questo prodotto, senza riprodurre gli altri marchi e/o gli altri segni distintivi che figuravano sull’imballaggio esterno originario.

125

Tuttavia, la questione se le circostanze menzionate al punto precedente siano effettivamente idonee a nuocere alla reputazione del marchio di cui trattasi è una questione di fatto la cui valutazione è riservata al giudice del rinvio tenendo conto delle circostanze peculiari di ciascun caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 46).

126

In secondo luogo, il fatto di riapporre il marchio specifico di un prodotto in combinazione con marchi e/o segni distintivi dell’importatore parallelo è suscettibile di compromettere la funzione di indicazione d’origine di questo marchio.

127

In particolare, discende dalla giurisprudenza della Corte che la funzione di indicazione d’origine di un marchio subisce pregiudizio per effetto di una presentazione di un prodotto che non permetta o permetta soltanto con difficoltà al consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se tale prodotto proviene dal titolare del marchio ovvero da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2010, Portakabin, C‑558/08, EU:C:2010:416, punto 34).

128

A questo proposito, occorre però sottolineare che la funzione di indicazione d’origine del marchio è, in linea di principio, garantita dal rispetto della terza delle cinque condizioni enunciate al punto 52 della presente sentenza, secondo cui l’autore del riconfezionamento di un prodotto e il nome del fabbricante di quest’ultimo devono essere indicati chiaramente sull’imballaggio di tale prodotto.

129

È alla luce di tali elementi e tenendo conto delle circostanze peculiari di ciascun caso di specie che spetta al giudice del rinvio valutare se il fatto di riapporre, sul nuovo imballaggio esterno di un medicinale, il marchio del titolare, specifico di questo prodotto, senza riprodurre sul medesimo imballaggio gli altri marchi e/o gli altri segni distintivi che figuravano sull’imballaggio originario di tale medicinale, pregiudichi la funzione di indicazione d’origine del marchio.

130

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla settima questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436 devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può opporsi alla commercializzazione in uno Stato membro, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale, importato da un altro Stato membro, che tale importatore ha riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale ha riapposto il marchio del titolare, specifico di questo prodotto, ma non gli altri marchi e/o gli altri segni distintivi che figuravano sull’imballaggio esterno originario di tale medicinale, qualora la presentazione di questo nuovo imballaggio esterno sia effettivamente idonea a nuocere alla reputazione del marchio o qualora tale presentazione non permetta o permetta soltanto con difficoltà al consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se detto medicinale proviene dal titolare del marchio ovvero da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo, pregiudicando così la funzione di indicazione d’origine del marchio.

Sulle spese

131

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15 del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15 della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE,

devono essere interpretati nel senso che:

il titolare di un marchio è legittimato ad opporsi alla commercializzazione, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale è apposto tale marchio, nel caso in cui la sostituzione del sistema di prevenzione delle manomissioni sull’imballaggio esterno originario, effettuata in conformità dell’articolo 47 bis, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, lasci tracce visibili, o percepibili al tatto, dell’apertura di quest’ultimo imballaggio, a condizione che:

non vi sia alcun dubbio che queste tracce di apertura sono imputabili al riconfezionamento di tale medicinale da parte del suddetto importatore parallelo, e

tali tracce non provochino, sul mercato dello Stato membro di importazione o su una parte rilevante di esso, una resistenza di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali così riconfezionati talmente forte da costituire un ostacolo all’accesso effettivo a tale mercato.

 

2)

La direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26, e il regolamento delegato (UE) 2016/161 della Commissione, del 2 ottobre 2015, che integra la direttiva 2001/83,

devono essere interpretati nel senso che:

essi ostano a che uno Stato membro stabilisca che i medicinali importati parallelamente devono, in linea di principio, essere oggetto di un riconfezionamento in un nuovo imballaggio e che si può fare ricorso alla rietichettatura nonché all’apposizione di nuove caratteristiche di sicurezza sull’imballaggio esterno originario di tali medicinali soltanto su richiesta e in circostanze eccezionali, come, segnatamente, un rischio di crisi di approvvigionamento del medicinale in questione.

 

3)

L’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15 del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15 della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE,

devono essere interpretati nel senso che:

una normativa di uno Stato membro, la quale stabilisca che i medicinali importati parallelamente devono, in linea di principio, essere oggetto di un riconfezionamento in un nuovo imballaggio e che si può fare ricorso alla rietichettatura nonché all’apposizione di nuove caratteristiche di sicurezza sull’imballaggio esterno originario di tali medicinali soltanto su richiesta e in circostanze eccezionali, non costituisce un ostacolo all’esercizio, da parte del titolare di un marchio, del suo diritto di opporsi alla commercializzazione, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale tale marchio viene apposto.

 

4)

L’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436, letti in combinato disposto con gli articoli 34 e 36 TFUE,

devono essere interpretati nel senso che:

la prima delle cinque condizioni enunciate al punto 79 della sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol‑Myers Squibb e a. (C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282) – secondo la quale il titolare di un marchio può legittimamente opporsi alla successiva commercializzazione in uno Stato membro di un medicinale provvisto di tale marchio e importato da un altro Stato membro, qualora l’importatore di tale medicinale abbia riconfezionato quest’ultimo e vi abbia riapposto il marchio suddetto e un tale riconfezionamento del medicinale in questione in un nuovo imballaggio esterno non sia oggettivamente necessario ai fini della sua commercializzazione nello Stato membro di importazione – deve essere soddisfatta nel caso in cui il marchio che figurava sull’imballaggio esterno originario del medicinale in questione sia stato sostituito con un nome di prodotto differente sul nuovo imballaggio esterno di questo medesimo medicinale, qualora il confezionamento primario di quest’ultimo sia provvisto di tale marchio e/o questo nuovo imballaggio esterno vi faccia riferimento.

 

5)

L’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2015/2436,

devono essere interpretati nel senso che:

il titolare di un marchio può opporsi alla commercializzazione in uno Stato membro, ad opera di un importatore parallelo, di un medicinale, importato da un altro Stato membro, che tale importatore ha riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale ha riapposto il marchio del titolare, specifico di questo prodotto, ma non gli altri marchi e/o gli altri segni distintivi che figuravano sull’imballaggio esterno originario di tale medicinale, qualora la presentazione di questo nuovo imballaggio esterno sia effettivamente idonea a nuocere alla reputazione del marchio o qualora tale presentazione non permetta o permetta soltanto con difficoltà al consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se detto medicinale proviene dal titolare del marchio ovvero da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo, pregiudicando così la funzione di indicazione d’origine del marchio.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il danese.