SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

11 novembre 2021° ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 2 – Nozione di “orario di lavoro” – Vigile del fuoco discontinuo – Servizio di guardia in regime di reperibilità – Esercizio, durante il periodo di guardia, di un’attività professionale indipendente – Vincoli derivanti dal regime di reperibilità»

Nella causa C‑214/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Labour Court (Tribunale del lavoro, Irlanda), con decisione del 6 maggio 2020, pervenuta in cancelleria il 20 maggio 2020, nel procedimento

MG

contro

Dublin City Council,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Quinta Sezione, C. Lycourgos (relatore), presidente della Quarta Sezione, I. Jarukaitis e M. Ilešič, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per MG, da B.°O’Brien;

per il Dublin City Council, da E. Hunt, in qualità di agente;

per il governo belga, da L. Van den Broeck e M. Van Regemorter, in qualità di agenti;

per il governo francese, da E.°de Moustier e N. Vincent, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, C.S. Schillemans e M.H.S. Gijzen, in qualità di agenti;

per il governo finlandese, inizialmente da S. Hartikainen e A. Laine, successivamente da H. Leppo e A. Laine, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, inizialmente da D. Recchia, C. Valero e M. Wilderspin, successivamente da D. Recchia e C. Valero, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra MG e il Dublin City Council (Consiglio comunale di Dublino, Irlanda) in merito al calcolo delle ore di lavoro prestate per quest’ultimo durante i periodi di guardia in regime di reperibilità.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 89/391/CEE

3

L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU 1989, L 183, pag. 1), prevede quanto segue:

«Il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro».

4

L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«Nel quadro delle proprie responsabilità il datore di lavoro prende le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, comprese le attività di prevenzione dei rischi professionali, d’informazione e di formazione, nonché l’approntamento di un’organizzazione e dei mezzi necessari.

(...)».

Direttiva 2003/88

5

L’articolo 1 della direttiva 2003/88, intitolato «Oggetto e campo di applicazione», dispone:

«1.   La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

2.   La presente direttiva si applica:

a)

ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro; e

b)

a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

(...)».

6

L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», così recita:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1.

“orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

2.

“periodo di riposo”: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;

(...)».

7

Ai sensi dell’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Riposo giornaliero»:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive».

8

Sotto il titolo «Riposo settimanale», l’articolo 5 della medesima direttiva prevede:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3.

(...)».

9

L’articolo 6 della direttiva 2003/88, rubricato «Durata massima settimanale del lavoro», così dispone:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:

a)

la durata settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali;

b)

la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario».

Diritto irlandese

10

L’Organisation of Working Time Act 1997 (legge del 1997 sull’organizzazione dell’orario di lavoro) ha attuato nel diritto irlandese la direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 1993, L 307, pag. 18), che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2003/88.

11

L’articolo 2, paragrafo 1, di tale legge così dispone:

«(...)

[P]er “orario di lavoro” si intende ogni periodo durante il quale il lavoratore:

a)

è sul posto di lavoro o a disposizione del datore di lavoro, e

b)

svolge o esegue attività o mansioni del proprio lavoro

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12

MG è un vigile del fuoco discontinuo, impiegato a tempo parziale dal consiglio comunale di Dublino. In forza di un sistema di guardia in regime di reperibilità, egli è a disposizione della brigata della caserma per la quale è stato formato.

13

MG è tenuto a partecipare al 75% degli interventi di tale brigata, e ha la facoltà di astenersi per quanto riguarda gli interventi restanti. Pur non essendo obbligato, durante i periodi di guardia, ad essere presente in un luogo determinato, quando riceve una convocazione di emergenza per partecipare a un intervento egli deve cercare di arrivare in caserma nei cinque minuti successivi alla convocazione e, in ogni caso, deve rispettare un termine di arrivo massimo di dieci minuti.

14

Tale periodo di guardia in regime di reperibilità è, in linea di principio, di 7 giorni su 7 e di 24 ore su 24. Esso è interrotto soltanto dai periodi di congedo e dai periodi per i quali MG ha comunicato anticipatamente la propria indisponibilità, purché il consiglio comunale di Dublino autorizzi questi ultimi periodi.

15

MG riceve uno stipendio base, corrisposto mensilmente, volto a retribuire la guardia in regime di reperibilità, oltre ad una retribuzione supplementare per ciascun intervento.

16

Egli è autorizzato a esercitare un’attività professionale autonoma o per un secondo datore di lavoro, purché tale attività non superi in media le 48 ore settimanali. Per contro, a MG non è consentito esercitare tale attività durante le «ore di lavoro attive» in qualità di vigile del fuoco discontinuo, con la precisazione che tali ore non sono soltanto quelle trascorse a intervenire in caso di sinistro, ma anche quelle dedicate alle altre attività della brigata, ad esempio gli addestramenti.

17

MG deve abitare ed esercitare le sue attività professionali a una «distanza ragionevole» dalla caserma della sua brigata, onde poter essere in grado di rispettare il termine di arrivo in tale caserma.

18

Ritenendo che le ore durante le quali egli è di guardia per il consiglio comunale di Dublino debbano essere qualificate come «orario di lavoro», ai sensi della legge del 1997 sull’organizzazione dell’orario di lavoro e della direttiva 2003/88, MG ha presentato un reclamo in tal senso dinanzi alla Workplace Relations Commission (commissione per i rapporti professionali, Irlanda).

19

In seguito al rigetto di tale reclamo, egli ha proposto un ricorso dinanzi al Labour Court (Tribunale del lavoro, Irlanda), il giudice del rinvio.

20

Dinanzi a tale giudice MG osserva che egli deve essere costantemente in grado di rispondere rapidamente a una convocazione di emergenza. Ciò gli impedirebbe di dedicarsi liberamente alle sue attività familiari e sociali nonché alla sua attività professionale di conducente di taxi. Egli precisa che il fatto di non rispettare i suoi obblighi nei confronti del consiglio comunale di Dublino può comportare l’adozione di provvedimenti disciplinari, o addirittura il licenziamento. Imponendo una guardia di 7 giorni su 7 e di 24 ore su 24, e rifiutando di riconoscere che le ore di guardia costituiscono orario di lavoro, il consiglio comunale di Dublino violerebbe le norme in materia di riposo giornaliero, di riposo settimanale e di durata massima settimanale del lavoro.

21

Il consiglio comunale di Dublino ribatte che i vigili del fuoco discontinui non sono obbligati a rimanere in un luogo determinato quando sono di guardia. Inoltre, se un vigile del fuoco discontinuo non arriva in caserma entro il termine massimo di arrivo, la conseguenza sarebbe semplicemente che egli non viene retribuito. Tenuto conto della flessibilità del regime di reperibilità di cui trattasi, non sarebbe giustificato qualificare le ore di guardia come «orario di lavoro».

22

Il giudice del rinvio constata che l’interpretazione della nozione di «orario di lavoro» è determinante per la soluzione della controversia principale, in quanto il consiglio comunale di Dublino è convinto di rispettare le norme in materia di riposo giornaliero, di riposo settimanale e di durata massima settimanale del lavoro, mentre MG sostiene che il consiglio comunale di Dublino viola tali norme.

23

Tale giudice ricorda che, nella sentenza del 21 febbraio 2018, Matzak (C‑518/15, EU:C:2018:82), la Corte ha dichiarato che le ore di guardia che un vigile del fuoco deve trascorrere al proprio domicilio con l’obbligo di rispondere alle convocazioni del suo datore di lavoro entro otto minuti, obbligo che limita molto fortemente le possibilità per tale lavoratore di svolgere altre attività, devono quindi essere qualificate come «orario di lavoro», ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2003/88.

24

La situazione che ha portato a tale sentenza dovrebbe tuttavia essere distinta da quella di cui al procedimento principale, dal momento che il consiglio comunale di Dublino non esige che MG si trovi in un luogo determinato quando è di guardia e lo autorizza, inoltre, a svolgere un’attività lavorativa autonoma, cosa che egli fa in qualità di conducente di taxi, o a lavorare per un altro datore di lavoro.

25

In tale contesto, il Labour Court (Tribunale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 2 della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che un lavoratore, quando è “di guardia” in uno o più luoghi di sua scelta senza mai essere soggetto, durante il periodo di guardia, all’obbligo di informare il datore di lavoro del luogo in cui si trova, ma soltanto all’obbligo di essere in grado di rispondere a una “convocazione” entro un termine di arrivo preferibile di 5 minuti ed entro un termine di arrivo massimo di 10 minuti, è occupato in orario di lavoro mentre è “di guardia”.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se un lavoratore limitato soltanto dall’obbligo di rispondere a una convocazione entro un termine di arrivo preferibile di 5 minuti ed entro un termine di arrivo massimo di 10 minuti e che può, senza restrizioni, essere assunto contemporaneamente da un altro datore di lavoro o svolgere un’attività professionale autonoma mentre è “di guardia”, possa considerarsi come occupato in “orario di lavoro” per conto del datore di lavoro per il quale è “di guardia”.

3)

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, qualora il lavoratore sia effettivamente impiegato da un secondo datore di lavoro mentre è “di guardia”, alla sola condizione che il secondo datore di lavoro debba liberare il lavoratore quando egli viene convocato dal primo datore di lavoro, se ciò significhi che il tempo trascorso dal lavoratore in periodo “di guardia” e al servizio del secondo datore di lavoro debba essere considerato come orario di lavoro nell’ambito del suo rapporto con il primo datore di lavoro.

4)

In caso di risposta affermativa alla terza questione, se un lavoratore che lavora per un secondo datore di lavoro mentre è di guardia per il primo datore di lavoro accumuli contemporaneamente orario di lavoro nei confronti del primo e del secondo datore di lavoro».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

26

Occorre ricordare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C‑709/20, EU:C:2021:602, punto 54 e giurisprudenza citata).

27

La Corte non può però statuire su una questione sollevata da un giudice nazionale qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione chiesta dal giudice nazionale non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure ancora qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 13 dicembre 2018, Rittinger e a., C‑492/17, EU:C:2018:1019, punto 37 e giurisprudenza citata).

28

A tale proposito, occorre ricordare che la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale e indicati in maniera esplicita all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte. In tal senso è indispensabile, segnatamente, come enunciato all’articolo 94, lettere a) e c), di tale regolamento, che la decisione di rinvio stessa contenga l’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni e dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione (sentenza del 13 dicembre 2018, Rittinger e a., C‑492/17, EU:C:2018:1019, punti 3839 e giurisprudenza citata).

29

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che MG è un vigile del fuoco discontinuo e che esercita, durante il periodo di guardia garantito in forza di tale impiego, un’attività professionale autonoma in qualità di conducente di taxi.

30

Essendo quindi pacifico che l’attività professionale esercitata da MG durante il servizio di guardia che egli effettua per il consiglio comunale di Dublino è svolta a titolo indipendente, dalla decisione di rinvio non emerge alcun rapporto tra la terza e la quarta questione e la realtà o l’oggetto del procedimento principale.

31

Infatti, con tali questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, come debba essere interpretata la nozione di «orario di lavoro», ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88, qualora un lavoratore eserciti, durante il periodo di guardia svolto per un primo datore di lavoro, un’attività professionale per un secondo datore di lavoro. Orbene, in assenza di un’esposizione delle circostanze di fatto che consenta di comprendere in che modo una situazione del genere si presenti nel procedimento principale, la Corte non dispone degli elementi necessari per rispondere in modo utile alle suddette questioni.

32

Ne consegue che le questioni terza e quarta sono irricevibili.

33

Per contro, la prima e la seconda questione, che occorrerà esaminare congiuntamente, sono ricevibili, nei limiti in cui riguardano l’ipotesi, espressamente contemplata dalla seconda questione, in cui un vigile del fuoco discontinuo svolga, durante il servizio di guardia in regime di reperibilità, un’attività professionale indipendente.

Nel merito

34

Con le questioni prima e seconda, il cui trattamento deve essere limitato nel modo indicato al punto 33 della presente sentenza, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che un periodo di guardia in regime di reperibilità effettuato da un vigile del fuoco discontinuo, durante il quale tale lavoratore esercita, con l’autorizzazione del suo datore di lavoro, un’attività professionale autonoma, ma deve, in caso di convocazione di emergenza, raggiungere la caserma alla quale è assegnato entro un termine massimo di dieci minuti, costituisce «orario di lavoro» ai sensi di tale disposizione.

35

L’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88 definisce la nozione di «orario di lavoro» come «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni». All’articolo 2, punto 2, di tale direttiva, la nozione di «periodo di riposo» è definita negativamente come qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro. Dato che ciascuna di queste due nozioni esclude l’altra, il periodo di guardia di un lavoratore deve essere qualificato o come «orario di lavoro» o come «periodo di riposo» ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/88, posto che quest’ultima non prevede alcuna categoria intermedia (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2021, Dopravní podnik hl. m. Prahy, C‑107/19, EU:C:2021:722, punto 28 e giurisprudenza citata).

36

Se spetta, in definitiva, al giudice del rinvio verificare se il periodo di guardia in regime di reperibilità in discussione nel procedimento principale debba essere qualificato come «orario di lavoro» o come «periodo di riposo», resta comunque il fatto che è competenza della Corte fornirgli indicazioni quanto ai criteri da prendere in considerazione nello svolgimento del suddetto esame [v., in tal senso sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183, punto 25 e giurisprudenza citata].

37

A tale proposito, occorre ricordare che l’obiettivo della direttiva 2003/88 consiste nel fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante un ravvicinamento delle normative nazionali riguardanti, in particolare, la durata dell’orario di lavoro. Tali prescrizioni costituiscono norme di diritto sociale dell’Unione che rivestono un’importanza particolare di cui ogni lavoratore deve beneficiare. In particolare, istituendo il diritto di ciascun lavoratore a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornaliero e settimanale, tale direttiva precisa il diritto fondamentale espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e deve conseguentemente essere interpretata alla luce di tale articolo 31, paragrafo 2. Le disposizioni di tale direttiva non possono quindi essere oggetto di un’interpretazione restrittiva a discapito dei diritti spettanti al lavoratore in forza di tale direttiva [sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183, punti da 26 a 28 e giurisprudenza citata].

38

Per quanto riguarda la qualificazione dei periodi di guardia, la Corte ha dichiarato che rientra nella nozione di «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 2003/88, l’integralità dei periodi di guardia, ivi compresi quelli in regime di reperibilità, nel corso dei quali i vincoli imposti al lavoratore sono tali da incidere oggettivamente e in maniera molto significativa sulla facoltà, per quest’ultimo, di gestire liberamente, durante i suddetti periodi, il tempo in cui la sua attività professionale non è richiesta e di dedicare tale tempo ai propri interessi [sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183, punto 38].

39

Al contrario, quando i vincoli imposti al lavoratore nel corso di un periodo di guardia determinato non raggiungono un tale grado di intensità e gli consentono di gestire il suo tempo e di dedicarsi ai propri interessi senza grossi vincoli, soltanto il tempo connesso alla prestazione di lavoro che, eventualmente, sia effettivamente realizzata durante un periodo del genere costituisce «orario di lavoro», ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/88 [sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183, punto 39 e giurisprudenza citata].

40

Per valutare se il servizio di guardia in regime di reperibilità generi obiettivamente vincoli rilevanti che incidono in maniera molto significativa sulla gestione, da parte del lavoratore interessato, del tempo durante il quale le sue prestazioni professionali non sono richieste, occorre prendere in considerazione, più in particolare, il termine di cui dispone tale lavoratore per riprendere la sua attività professionale presso il datore di lavoro per il quale egli svolge tale servizio di guardia a partire dal momento in cui quest’ultimo lo richiede, combinato, eventualmente, con la frequenza media degli interventi che detto lavoratore sarà effettivamente chiamato a svolgere durante tale periodo [v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183, punto 45].

41

A tale proposito, la Corte ha precisato che, quando tale termine, durante un periodo di guardia, è limitato a qualche minuto, tale periodo deve, in linea di principio, essere considerato, nella sua integralità, come «orario di lavoro». È tuttavia necessario, come parimenti precisato dalla Corte, stimare l’impatto di tale termine di reazione in esito a una valutazione concreta che tenga conto, eventualmente, degli altri vincoli imposti al lavoratore, nonché delle agevolazioni che gli sono accordate durante tale medesimo periodo [sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183, punti 4748 e giurisprudenza citata].

42

Spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie e in base alle indicazioni ricordate ai punti da 38 a 41 della presente sentenza, se MG sia soggetto, durante i periodi di guardia in regime di reperibilità, a vincoli di intensità tale da incidere, obiettivamente e in maniera molto significativa, sulla sua facoltà di gestire liberamente, nel corso di tali periodi, il tempo durante il quale le sue prestazioni professionali come vigile del fuoco discontinuo non sono richieste.

43

A tale riguardo, la possibilità offerta a MG di esercitare un’altra attività professionale durante i suoi periodi di guardia costituisce un’indicazione importante del fatto che le modalità del regime di reperibilità non assoggettano tale lavoratore a vincoli rilevanti aventi un impatto molto significativo sulla gestione del suo tempo, purché risulti che i suoi diritti e obblighi derivanti dal suo contratto di lavoro, dai contratti collettivi e dalla normativa dello Stato membro interessato sono strutturati in modo tale da consentire l’esercizio effettivo di tale attività durante una parte considerevole di tali periodi.

44

Le circostanze che MG non debba in nessun momento trovarsi in un luogo preciso durante i suoi periodi di guardia in regime di reperibilità, che non sia tenuto a partecipare a tutti gli interventi effettuati a partire dalla caserma alla quale è assegnato, dato che un quarto di tali interventi può se del caso avere luogo in sua assenza, e che gli sia consentito di esercitare un’altra attività professionale che non superi le 48 ore settimanali in media, potrebbero costituire elementi oggettivi che consentano di ritenere che egli sia in grado di sviluppare, in base ai propri interessi, tale altra attività professionale durante tali periodi e di dedicarvi una parte notevole del tempo di questi ultimi, a meno che la frequenza media delle convocazioni di emergenza e la durata media degli interventi non impediscano l’esercizio effettivo di un’attività professionale idonea ad essere combinata con l’impiego di vigile del fuoco discontinuo, circostanza la cui valutazione spetta al giudice del rinvio.

45

Occorre inoltre precisare che le difficoltà organizzative che possono derivare dalle scelte effettuate dal lavoratore di cui trattasi, come la scelta del domicilio o dei luoghi per l’esercizio di un’altra attività professionale che si trovino più o meno distanti dal luogo che egli dev’essere in grado di raggiungere entro il termine impartito nell’ambito del suo impiego di vigile del fuoco discontinuo, non possono essere prese in considerazione [v., per analogia, sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183, punti 4142 e giurisprudenza citata].

46

Se dovesse risultare, alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti nel procedimento principale, che detti periodi di guardia non soddisfano le condizioni per essere qualificati come «orario di lavoro», ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88, ne conseguirebbe, come risulta dal punto 35 della presente sentenza, che questi stessi periodi dovrebbero essere considerati, ad eccezione del tempo connesso alle prestazioni di lavoro effettivamente svolte, come «periodi di riposo», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, di tale direttiva.

47

Stanti tali premesse, la qualificazione di un periodo di guardia come «periodo di riposo», ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/88, lascia impregiudicato il dovere per i datori di lavoro di rispettare gli obblighi specifici ad essi incombenti, in forza degli articoli 5 e 6 della direttiva 89/391, al fine di tutelare la sicurezza e la salute dei loro dipendenti. Ne consegue che i datori di lavoro non possono istituire periodi di guardia talmente lunghi o frequenti da costituire un rischio per la sicurezza o la salute del lavoratore, a prescindere dal fatto che tali periodi siano qualificati come «periodi di riposo», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/88. Spetta agli Stati membri definire, nel loro diritto nazionale, le modalità di applicazione del suddetto obbligo [sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco), C‑580/19, EU:C:2021:183 punto 60 e giurisprudenza citata].

48

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che un periodo di guardia in regime di reperibilità effettuato da un vigile del fuoco discontinuo, durante il quale tale lavoratore esercita, con l’autorizzazione del suo datore di lavoro, un’attività professionale autonoma ma deve, in caso di convocazione di emergenza, raggiungere la caserma alla quale è assegnato entro un termine massimo di dieci minuti, non costituisce «orario di lavoro», ai sensi di tale disposizione, se da una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie, in particolare dall’ampiezza e dalle modalità di tale facoltà di esercitare un’altra attività professionale nonché dall’assenza di un obbligo di partecipare a tutti gli interventi effettuati a partire da tale caserma, risulta che i vincoli imposti a detto lavoratore durante tale periodo non sono tali da incidere obiettivamente e in maniera molto significativa sulla facoltà di quest’ultimo di gestire liberamente, nel corso di detto periodo, il tempo durante il quale le sue prestazioni professionali come vigile del fuoco non sono richieste.

Sulle spese

49

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che un periodo di guardia in regime di reperibilità effettuato da un vigile del fuoco discontinuo, durante il quale tale lavoratore esercita, con l’autorizzazione del suo datore di lavoro, un’attività professionale autonoma ma deve, in caso di convocazione di emergenza, raggiungere la caserma alla quale è assegnato entro un termine massimo di dieci minuti, non costituisce «orario di lavoro», ai sensi di tale disposizione, se da una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie, in particolare dall’ampiezza e dalle modalità di tale facoltà di esercitare un’altra attività professionale nonché dall’assenza di un obbligo di partecipare a tutti gli interventi effettuati a partire da tale caserma, risulta che i vincoli imposti a detto lavoratore durante tale periodo non sono tali da incidere obiettivamente e in maniera molto significativa sulla facoltà di quest’ultimo di gestire liberamente, nel corso di detto periodo, il tempo durante il quale le sue prestazioni professionali come vigile del fuoco non sono richieste.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.