Causa C‑83/20

BPC Lux 2 Sàrl e a.

contro

Banco de Portugal,
Novo Banco SA
e
Banco Espírito Santo SA

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo)

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 5 maggio 2022

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2014/59/UE – Unione bancaria – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento – Articoli 36, 73 e 74 – Tutela degli azionisti e dei creditori – Attuazione parziale prima della scadenza del termine per il recepimento – Recepimento in fasi – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 17, paragrafo 1 – Diritto di proprietà»

  1. Politica economica e monetaria – Politica economica – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi – Direttiva 2014/59 – Adozione di una normativa nazionale relativa alla risoluzione degli enti creditizi – Termine di trasposizione della direttiva non ancora scaduto alla data di adozione di tale normativa – Inapplicabilità di tale direttiva alla controversia vertente su detta normativa

    (Art. 4, § 3, TUE; art. 288, comma 3, TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/59)

    (v. punti 20‑24)

  2. Diritti fondamentali – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto di proprietà – Privazione della proprietà – Regolamentazione dell’uso dei beni – Restrizioni – Normativa nazionale applicabile nel contesto di un’azione di risoluzione che consente, in linea di principio, di garantire la neutralità economica di tale azione, ma che non contiene disposizioni espresse che garantiscano la tutela degli azionisti e dei creditori – Ammissibilità – Presupposti – Verifica incombente al giudice nazionale

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 17, § 1, e 52, § 1)

    (v. punti 39‑45, 47‑62, dispositivo 1)

  3. Atti delle istituzioni – Direttive – Attuazione da parte degli Stati membri – Obblighi degli Stati membri in pendenza del termine per la trasposizione – Obbligo di non adottare disposizioni che possano compromettere il risultato prescritto dalla direttiva – Obbligo per i giudici nazionali, dall’entrata in vigore della direttiva e ove possibile, di interpretare il diritto interno in modo tale da non compromettere il raggiungimento dell’obiettivo perseguito

    (Art. 4, § 3, TUE; art. 288, comma 3, TFUE)

    (v. punti 65, 66)

  4. Atti delle istituzioni – Direttive – Attuazione da parte degli Stati membri – Obblighi degli Stati membri in pendenza del termine per la trasposizione – Obbligo di non adottare disposizioni che possano compromettere il risultato prescritto dalla direttiva – Valutazione da parte del giudice nazionale – Criteri

    (Art. 4, § 3, TUE; art. 288, comma 3, TFUE)

    (v. punto 68)

  5. Politica economica e monetaria – Politica economica – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi – Direttiva 2014/59 – Trasposizione parziale da parte di uno Stato membro di alcune disposizioni di tale direttiva prima della scadenza del termine di trasposizione – Misura a priori idonea a compromettere seriamente il risultato prescritto da detta direttiva – Insussistenza

    (Art. 4, § 3, TUE; art. 288, comma 3, TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/59)

    (v. punti 69‑74, dispositivo 2)

Sintesi

La normativa portoghese che costituisce la base per l’azione di risoluzione del Banco Espírito Santo è compatibile con il diritto di proprietà.

Recependo soltanto parzialmente la direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi prima della scadenza del termine per il recepimento, il Portogallo non ha compromesso la realizzazione del risultato prescritto dalla stessa

Il Banco Espírito Santo SA (in prosieguo: il «BES») era uno dei principali enti creditizi del sistema bancario portoghese. A causa della sua situazione finanziaria e del rischio serio e grave di inadempimento delle sue obbligazioni, tale ente creditizio è stato oggetto di una decisione di risoluzione adottata dal Banco de Portugal (Banca del Portogallo) il 3 agosto 2014 (in prosieguo: l’«azione di risoluzione»). Tale azione, adottata sulla base della normativa nazionale in materia di risoluzione degli enti creditizi ( 1 ), come modificata da un decreto-legge del 1o agosto 2014 ( 2 ), ha comportato la creazione di una banca-ponte, il Novo Banco SA, a cui sono state cedute talune attività, passività, elementi fuori dal bilancio e attività affidate in gestione al BES.

Le ricorrenti nel procedimento principale (in prosieguo: la «BPC Lux 2 e a.») sono titolari di obbligazioni subordinate emesse dal BES. La Massa Insolvente deteneva, direttamente e indirettamente, partecipazioni nel capitale sociale del BES. Dinanzi ai giudici amministrativi nazionali, la BPC Lux 2 e a. nonché la Massa Insolvente hanno contestato l’azione di risoluzione e, in tale contesto, hanno sostenuto, in particolare, che detta azione è stata adottata in violazione del diritto dell’Unione.

Investito di due impugnazioni proposte da queste ultime, il supremo giudice amministrativo portoghese nutriva dubbi relativamente alla compatibilità della normativa nazionale, sulla base della quale è stata adottata l’azione di risoluzione del BES, con il diritto dell’Unione, in particolare con la direttiva 2014/59 ( 3 ) e con l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») ( 4 ), a causa dell’omesso recepimento di una serie di prescrizioni enunciate in tale direttiva.

Inoltre, tale giudice si chiedeva se il legislatore portoghese potesse aver seriamente compromesso il risultato prescritto dalla direttiva 2014/59 ( 5 ) mediante l’adozione del decreto-legge del 1o agosto 2014, recependo soltanto parzialmente tale direttiva, prima della scadenza del termine per il recepimento di quest’ultima fissato al 31 dicembre 2014.

Con la sua sentenza, la Corte dichiara che la normativa nazionale, sulla base della quale è stata adottata l’azione di risoluzione del BES, è compatibile con l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta. La Corte dichiara, inoltre, che il recepimento, soltanto parziale, da parte di uno Stato membro, di talune disposizioni di una direttiva prima della scadenza del termine per il recepimento di quest’ultima, non è, a priori, tale da compromettere seriamente la realizzazione del risultato prescritto da detta direttiva.

Giudizio della Corte

In via preliminare, la Corte esamina l’applicabilità al procedimento principale delle disposizioni della direttiva 2014/59 ( 6 ) invocate. Al riguardo, essa rileva che il termine per il recepimento di tale direttiva è scaduto il 31 dicembre 2014. Ne consegue che, alla data di adozione dell’azione di risoluzione di cui trattasi, il 3 agosto 2014, tale termine per il recepimento non era scaduto. Dopo aver ricordato la sua costante giurisprudenza in materia ( 7 ), la Corte rileva che le ricorrenti nel procedimento principale non possono avvalersi dinanzi al giudice del rinvio delle disposizioni della direttiva 2014/59, non essendo queste ultime applicabili al procedimento principale.

Per quanto riguarda l’applicabilità dell’articolo 17 della Carta, la Corte ricorda che, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della stessa, le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Dopo aver rilevato, da un lato, che il decreto-legge del 10 febbraio 2012 era volto all’attuazione di uno degli impegni assunti dalla Repubblica portoghese nell’ambito di un memorandum d’intesa, concluso con la missione congiunta della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea, sulle condizioni di politica economica e, dall’altro, che il decreto-legge del 1o agosto 2014 costituisce una misura di recepimento parziale della direttiva 2014/59, la Corte considera che vi è, al riguardo, attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché le disposizioni di quest’ultima sono applicabili al procedimento principale.

A tal proposito, la Corte rileva che l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta contiene tre norme distinte. La prima, che si esprime nella prima frase e riveste carattere generale, concretizza il principio del rispetto della proprietà. La seconda, contenuta nella seconda frase di tale paragrafo, riguarda la privazione della proprietà e la subordina a talune condizioni. Quanto alla terza, contenuta nella terza frase di detto paragrafo, essa riconosce agli Stati il potere, tra l’altro, di regolamentare l’uso dei beni nei limiti imposti dall’interesse generale. La Corte aggiunge che non si tratta tuttavia di norme scollegate tra loro, giacché la seconda e la terza norma riguardano esempi particolari di violazione del diritto di proprietà, e devono essere interpretate alla luce del principio sancito dalla prima di tali norme.

In detto contesto, la Corte affronta, in primo luogo, la questione se l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta ( 8 ) sia applicabile a restrizioni al diritto di proprietà di azioni o obbligazioni negoziabili sui mercati di capitali come quelle del caso di specie. Dopo aver rilevato, da un lato, che la tutela conferita da tale disposizione verte su diritti aventi valore patrimoniale da cui deriva, con riguardo all’ordinamento giuridico interessato, una posizione giuridica acquisita che consente l’esercizio autonomo di tali diritti da parte e a favore del loro titolare, la Corte considera che è quanto avviene nel caso di tali azioni o obbligazioni negoziabili sui mercati di capitali. Dall’altro lato, la Corte constata che le suddette azioni o obbligazioni sono state acquisite legalmente. Ne consegue che esse rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

In secondo luogo, la Corte considera che un’azione di risoluzione adottata conformemente a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel caso di specie non costituisce una privazione della proprietà, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, seconda frase, della Carta. Infatti, la Corte constata che tale azione di risoluzione non ha previsto uno spossessamento o un’espropriazione formale delle azioni o delle obbligazioni in questione. In particolare, detta azione non ha privato, in modo coatto, integrale e definitivo i loro titolari dei diritti derivanti da tali azioni o da tali obbligazioni.

In terzo luogo, resta il fatto che l’adozione di un’azione di risoluzione conformemente alla normativa di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prevede, in particolare, la cessione di elementi del patrimonio di un ente creditizio a una banca-ponte, costituisce una regolamentazione dell’uso dei beni, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, terza frase, della Carta, atta a violare il diritto di proprietà degli azionisti dell’ente creditizio, la cui posizione economica è pregiudicata, e quello dei creditori, quali i detentori di obbligazioni, i cui crediti non sono stati ceduti all’ente-ponte.

Come risulta dal tenore letterale di tale disposizione, l’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale. Dopo aver esaminato in successione le condizioni previste da tale disposizione, la Corte dichiara che, tenuto conto del margine discrezionale di cui dispongono gli Stati membri quando adottano decisioni in materia economica, l’articolo 17, paragrafo 1, terza frase, della Carta non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che non contiene alcuna disposizione espressa che garantisca che gli azionisti non subiscano perdite superiori a quelle che avrebbero subito se l’ente fosse stato liquidato alla data in cui è stata adottata l’azione di risoluzione (principio «no creditor worse off»).

In quarto e ultimo luogo, la Corte esamina la questione se il recepimento parziale da parte di uno Stato membro, in una normativa nazionale relativa alla risoluzione degli enti creditizi, di talune disposizioni della direttiva 2014/59 prima della scadenza del termine per il recepimento di quest’ultima, sia tale da compromettere seriamente la realizzazione del risultato prescritto da detta direttiva, ai sensi della sentenza Inter-Environnement Wallonie.

A tal fine, la Corte rileva che il termine per il recepimento della direttiva 2014/59 è scaduto il 31 dicembre 2014, cosicché non si può contestare alla Repubblica portoghese di non aver adottato le misure di attuazione di tale direttiva nel suo ordinamento giuridico alla data di adozione dell’azione di risoluzione, vale a dire il 3 agosto 2014. Resta il fatto che, in pendenza del termine per il recepimento di una direttiva, gli Stati membri, destinatari di quest’ultima, devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere seriamente il risultato prescritto dalla direttiva stessa. Un siffatto obbligo di astensione a carico di tutte le autorità nazionali deve intendersi, da un lato, come riferito all’adozione di qualsiasi misura, generale o particolare, atta a produrre un simile effetto negativo. Dall’altro lato, dalla data in cui una direttiva è entrata in vigore, i giudici degli Stati membri devono astenersi, per quanto possibile, dall’interpretare il diritto interno in un modo che rischi di compromettere seriamente, dopo la scadenza del termine di recepimento, la realizzazione del risultato perseguito da tale direttiva.

Al riguardo, la Corte ricorda, certamente, che spetta al giudice nazionale valutare se le disposizioni nazionali di cui si contesta la legittimità possano compromettere seriamente il risultato prescritto da una direttiva, e una tale verifica deve essere necessariamente condotta in base ad una valutazione globale, tenendo conto del complesso delle politiche e delle misure adottate nel territorio nazionale interessato. Tuttavia, la Corte è competente a pronunciarsi sulla questione se il recepimento parziale, da parte di uno Stato membro, di talune disposizioni di una direttiva prima della scadenza del termine per il recepimento di quest’ultima sia, a priori, tale da compromettere seriamente la realizzazione del risultato prescritto da detta direttiva.

A tal proposito, la Corte sottolinea, anzitutto, di aver già dichiarato che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare disposizioni provvisorie o di attuare una direttiva in varie fasi. In ipotesi del genere, la difformità di disposizioni transitorie del diritto nazionale rispetto a tale direttiva o l’omesso recepimento di alcune disposizioni di quest’ultima non comprometterebbe necessariamente il risultato da essa prescritto. La Corte considera, infatti, in una simile ipotesi, che un risultato del genere potrebbe sempre essere raggiunto mediante il recepimento definitivo e completo di detta direttiva entro i termini stabiliti.

Poi, l’obbligo di astensione cui la Corte ha fatto riferimento, in particolare al punto 45 della sentenza Inter-Environnement Wallonie, deve essere inteso nel senso che esso riguarda l’adozione di qualsiasi misura, generale o particolare, che sia tale da compromettere seriamente il risultato prescritto dalla direttiva di cui trattasi. Orbene, laddove l’adozione, da parte di uno Stato membro, di una misura sia intesa a recepire, foss’anche parzialmente, una direttiva dell’Unione, e tale recepimento sia corretto, l’adozione di una siffatta misura di recepimento parziale non può essere considerata atta a produrre un effetto negativo del genere, dato che la medesima opera necessariamente un ravvicinamento tra la normativa nazionale e la direttiva che tale normativa recepisce, e contribuisce, pertanto, alla realizzazione degli obiettivi di detta direttiva.


( 1 ) Regime Geral das Instituições de Crédito e Sociedades Financeiras (regime generale degli enti creditizi e delle società finanziarie), quale risulta dal decreto-legge n. 31-A/2012, del 10 febbraio 2012.

( 2 ) Decreto-legge n. 114-A/2014, del 1o agosto 2014.

( 3 ) Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190).

( 4 ) L’articolo 17 della Carta garantisce la tutela del diritto di proprietà.

( 5 ) In applicazione del principio stabilito nella giurisprudenza riconducibile alla sentenza del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie (C‑129/96, EU:C:1997:628), riguardante gli obblighi degli Stati membri in pendenza del termine per il recepimento di una direttiva.

( 6 ) Vale a dire, gli articoli 36, 73 e 74 della direttiva 2014/59.

( 7 ) Sentenze del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie (C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 43), del 17 gennaio 2008, Velasco Navarro (C‑246/06, EU:C:2008:19, punto 25 e giurisprudenza ivi citata), nonché del 27 ottobre 2016, Milev (C‑439/16 PPU, EU:C:2016:818, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 8 ) Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento, in tempo utile, di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale.