SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

21 ottobre 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli da 167 a 171 e articolo 178, lettera a) – Diritto a detrazione dell’IVA – Rimborso dell’IVA ai soggetti passivi stabiliti in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di rimborso – Possesso di una fattura – Direttiva 2008/9/CE – Rifiuto della richiesta di rimborso – “Storno” della fattura da parte del fornitore – Emissione di una nuova fattura – Nuova richiesta di rimborso – Rifiuto»

Nella causa C‑80/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest, Romania), con decisione del 19 dicembre 2019, pervenuta in cancelleria il 12 febbraio 2020, nel procedimento

Wilo Salmson France SAS

contro

Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Bucureşti,

Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Bucureşti – Administraţia Fiscală pentru Contribuabili Nerezidenţi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, C. Lycourgos e I. Jarukaitis (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Wilo Salmson France SAS, da C. Apostu, avocată;

per il governo rumeno, da E. Gane e R.I. Haţieganu, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da A. Armenia e R. Lyal, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 aprile 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 167 e 178 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), e dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro (GU 2008, L 44, pag. 23).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Wilo Salmson France SAS (in prosieguo: la «Wilo Salmson») e, dall’altro, l’Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Bucureşti (Agenzia nazionale dell’amministrazione tributaria – Direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Bucarest, Romania) e l’Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Bucureşti – Administraţia Fiscală pentru Contribuabili Nerezidenţi (Agenzia nazionale dell’amministrazione tributaria – Direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Bucarest – Amministrazione tributaria per i contribuenti non residenti, Romania) (in prosieguo, congiuntamente: le «autorità fiscali»), in merito a una decisione di rifiuto di una richiesta di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) presentata da tale società nel 2015, in relazione ad acquisti di beni effettuati nel 2012.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva IVA

3

L’articolo 62 della direttiva IVA definisce, ai fini di quest’ultima, il «fatto generatore dell’imposta» come «il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta» e l’«esigibilità dell’imposta» come riguardante «il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito».

4

L’articolo 63 di tale direttiva precisa che «[i]l fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

5

L’articolo 167 della direttiva in parola prevede che «[i]l diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

6

L’articolo 168 della medesima direttiva così recita:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(...)».

7

Ai sensi dell’articolo 169 della direttiva IVA:

«Oltre alla detrazione di cui all’articolo 168, il soggetto passivo ha il diritto di detrarre l’IVA ivi prevista nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini delle operazioni seguenti:

a)

sue operazioni relative alle attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, effettuate fuori dello Stato membro in cui l’imposta è dovuta o assolta, che darebbero diritto a detrazione se fossero effettuate in tale Stato membro;

(...)».

8

L’articolo 170 di tale direttiva così dispone:

«Il soggetto passivo che (...) non è stabilito nello Stato membro in cui effettua acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da IVA ha il diritto al rimborso di tale imposta nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini delle operazioni seguenti:

a)

le operazioni di cui all’articolo 169;

(...)».

9

L’articolo 171 di detta direttiva prevede, al suo paragrafo 1, che «[i]l rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi che non sono stabiliti nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta ma che sono stabiliti in un altro Stato membro è effettuato secondo le modalità d’applicazione previste dalla direttiva [2008/9]».

10

L’articolo 178, lettera a), della medesima direttiva precisa che:

«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

a)

per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente al titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6 (...)».

11

Prima della sua modifica da parte della direttiva 2010/45, l’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112 prevedeva quanto segue:

«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

a)

per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240 (...)».

12

L’articolo 179 della direttiva IVA, al suo primo comma, prevede quanto segue:

«Il soggetto passivo opera la detrazione globalmente, sottraendo dall’importo dell’imposta dovuta per un periodo d’imposta l’ammontare dell’IVA per la quale il diritto a detrazione è sorto, nello stesso periodo, ed è esercitato secondo quanto previsto all’articolo 178».

13

Il titolo X di tale direttiva, intitolato «Detrazioni», contiene un capo 5 relativo alla rettifica delle detrazioni. All’interno di quest’ultimo, l’articolo 185 di detta direttiva precisa, al suo paragrafo 1:

«La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo».

14

Nello stesso capo, l’articolo 186 della medesima direttiva precisa che «[g]li Stati membri determinano le modalità di applicazione degli articoli 184 e 185».

15

L’articolo 218 della direttiva IVA, contenuto nel capo 3, intitolato «Fatturazione», del titolo XI della direttiva IVA, relativo agli obblighi dei soggetti passivi e di determinate persone prive di tale qualità, prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva gli Stati membri accettano come fattura ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico che soddisfa le condizioni stabilite dal presente capo».

16

Ai sensi dell’articolo 219 di tale direttiva:

«Sono assimilati a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale».

Direttiva 2008/9

17

L’articolo 1 della direttiva 2008/9 precisa che essa «stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’[IVA] di cui all’articolo 170 della [direttiva IVA] ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 3» di quest’ultima.

18

L’articolo 2 di tale direttiva contiene le seguenti definizioni:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

3)

“periodo di riferimento” il periodo di cui all’articolo 16 coperto dalla richiesta di rimborso;

(...)

5)

“richiedente” il soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso che formula la richiesta di rimborso».

19

L’articolo 3 della direttiva in parola precisa che essa si applica ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le condizioni elencate da tale articolo.

20

L’articolo 5 della medesima direttiva così recita:

«Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso l’IVA a lui addebitata in relazione a beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale Stato membro (...), nella misura in cui i beni e servizi in questione siano impiegati ai fini delle seguenti operazioni:

a)

operazioni di cui all’articolo 169, lettere a) e b), della [direttiva IVA];

(...)

Fatto salvo l’articolo 6, ai fini della presente direttiva il diritto al rimborso dell’IVA a monte è determinato secondo la [direttiva IVA] quale applicata dallo Stato membro di rimborso».

21

L’articolo 8 della direttiva 2008/9, al suo paragrafo 2, precisa che:

«Oltre alle informazioni di cui al paragrafo 1, la richiesta contiene, per ciascuno Stato membro di rimborso e per ciascuna fattura o documento d’importazione, le seguenti indicazioni:

(...)

d) la data e il numero della fattura o del documento d’importazione;

(...)».

22

L’articolo 10 di tale direttiva così dispone:

«Fatte salve le richieste di informazioni di cui all’articolo 20, lo Stato membro di rimborso può esigere che il richiedente presenti per via elettronica una copia della fattura o del documento d’importazione insieme alla richiesta di rimborso, qualora la base imponibile su una fattura o un documento d’importazione sia pari o superiore a [EUR]°1 000 o al controvalore in moneta nazionale. Tuttavia, qualora la fattura riguardi acquisto di carburante, tale soglia è pari a [EUR]°250 o al controvalore in moneta nazionale».

23

Ai sensi dell’articolo 13, primo comma, della suddetta direttiva:

«Se successivamente alla presentazione della richiesta di rimborso il prorata detraibile dichiarato è adattato a norma dell’articolo 175 della [direttiva IVA], il richiedente effettua una correzione dell’importo richiesto o già rimborsato».

24

L’articolo 14 della medesima direttiva, al paragrafo 1, lettera a), prevede quanto segue:

«La richiesta di rimborso riguarda:

a)

l’acquisto di beni o di servizi fatturato durante il periodo di riferimento, purché l’imposta sia divenuta esigibile prima o al momento della fatturazione, o per il quale l’imposta è divenuta esigibile durante il periodo di riferimento, purché l’acquisto sia stato fatturato prima che l’imposta divenisse esigibile (…)».

25

L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9 così dispone:

«La richiesta di rimborso è presentata allo Stato membro di stabilimento al più tardi il 30 settembre dell’anno civile successivo al periodo di riferimento. La richiesta di rimborso si considera presentata solo se il richiedente ha fornito tutte le informazioni previste dagli articoli 8, 9 e 11».

26

L’articolo 20 di tale direttiva 2008/9 così recita:

«1.   Nei casi in cui lo Stato membro di rimborso ritiene di non disporre di tutte le informazioni pertinenti su cui basare la decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa, può chiedere (...) informazioni aggiuntive, in particolare al richiedente o alle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento (...)

Se necessario, lo Stato membro di rimborso può chiedere ulteriori informazioni aggiuntive.

(...)

2.   Le informazioni richieste ai sensi del paragrafo 1 sono fornite allo Stato membro di rimborso entro un mese dal giorno in cui la richiesta è pervenuta alla persona a cui è indirizzata».

27

Ai sensi dell’articolo 23 di detta direttiva:

«1.   Qualora la richiesta di rimborso sia rifiutata del tutto o in parte, i motivi del rifiuto sono notificati al richiedente dallo Stato membro di rimborso unitamente alla decisione.

2.   Il richiedente può presentare ricorso presso le autorità competenti dello Stato membro di rimborso contro una decisione di rifiuto di una richiesta di rimborso nella forma ed entro i termini prescritti per i ricorsi riguardanti le richieste di rimborso presentate dalle persone stabilite in tale Stato membro.

(...)».

Diritto rumeno

28

La Legea nr.°571/2003 privind Codul fiscal (legge n. 571/2003, che istituisce il codice tributario) (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 927, del 23 dicembre 2003), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «codice tributario»), all’articolo 145, paragrafo 2, così disponeva:

«(2)   Ogni soggetto passivo ha diritto di detrarre l’imposta relativa agli acquisti se questi ultimi sono usati ai fini delle operazioni seguenti:

a)

le operazioni soggette a imposta;

b)

le operazioni risultanti da attività economiche per le quali si considera che il luogo di cessione/prestazione è all’estero, nel caso in cui l’imposta sarebbe detraibile se tali operazioni fossero effettuate in Romania;

(...)».

29

L’articolo 146 del codice tributario, al suo paragrafo 1, lettera a), prevedeva quanto segue:

«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

a)

per l’imposta dovuta o assolta sui beni che gli sono stati o gli saranno ceduti o sui servizi che gli sono stati o gli saranno forniti da un soggetto passivo, essere in possesso di una fattura redatta conformemente alle disposizioni dell’articolo 155 (...)».

30

L’articolo 147 ter, paragrafo 1, lettera a), di tale codice precisava che «un soggetto passivo non stabilito in Romania, bensì in un altro Stato membro, che non è identificato e che non è tenuto all’identificazione ai fini dell’IVA in Romania, può beneficiare del rimborso dell’[IVA] assolta per le importazioni e gli acquisti di beni o servizi effettuati in Romania».

31

La Hotărârea Guvernului nr.°44/2004 (decreto del governo n. 44/2004) (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 112, del 6 febbraio 2004) approva le modalità di applicazione del codice tributario, che figurano nell’allegato a tale decreto. Nella loro versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, tali modalità (in prosieguo: le «modalità di applicazione») fanno riferimento, nel punto 49, all’articolo 147 ter del codice tributario all’epoca vigente. Tale punto 49, al suo paragrafo 1, precisa che:

«A norma dell’articolo 147 ter, paragrafo 1, lettera a), del codice tributario, ogni soggetto passivo che non è stabilito in Romania, bensì in un altro Stato membro, può beneficiare del rimborso dell’[IVA] assolta per le importazioni e gli acquisti di beni o servizi effettuati in Romania».

32

Detto punto 49, al suo paragrafo 15, lettera a), precisa che la richiesta di rimborso riguarda «gli acquisti di beni o servizi che sono stati fatturati nel periodo di riferimento, pagati prima della data della richiesta di rimborso» e che «[l] e fatture che non sono state assolte prima della data della richiesta di rimborso sono comprese nelle richieste di rimborso corrispondenti ai periodi nel corso dei quali queste ultime sono pagate».

33

Il punto 49, paragrafo 16, delle modalità di applicazione precisa che, «[i]n aggiunta alle operazioni menzionate al paragrafo 15, la richiesta di rimborso può riguardare fatture o documenti d’importazione che non sono stati oggetto di richieste di rimborso anteriori e relativi ad operazioni eseguite nel corso dell’anno civile in questione».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

34

Nel corso del 2012 la Pompes Salmson SAS, la cui attività economica ha sede in Francia, ha acquistato attrezzature di produzione presso la ZES Zollner Electronic SRL (in prosieguo: la «Zollner»), stabilita e identificata ai fini IVA in Romania. Poiché la Pompes Salmson aveva messo tali attrezzature a disposizione della Zollner affinché essa le utilizzasse per fabbricare beni che dovevano esserle consegnati successivamente, queste ultime non sono uscite dal territorio rumeno.

35

Nel corso dello stesso anno la Zollner ha emesso fatture corrispondenti a tali acquisti, comprensive dell’IVA. Sulla base di esse, la Pompes Salmson ha chiesto il rimborso dell’IVA assolta in Romania per il periodo compreso tra il 1o gennaio e il 31 dicembre 2012, conformemente alla direttiva 2008/9 nonché all’articolo 147 ter, paragrafo 1, lettera a), del codice tributario, in combinato disposto con il punto 49 delle modalità di applicazione. Tale richiesta è stata respinta con decisione del 14 gennaio 2014«per motivi riguardanti i documenti allegati alla richiesta e la non conformità delle fatture allegate» (in prosieguo: la «decisione del 14 gennaio 2014»). La Zollner ha quindi effettuato lo storno delle fatture inizialmente emesse nel 2012. Essa ha emesso nuove fatture nel 2015, per gli stessi acquisti.

36

Nel corso del 2014 la Pompes Salmson si è fusa con la Wilo France SAS. Poiché il nuovo ente risultante da tale fusione, denominato Wilo Salmson France, ha assunto tutti i diritti e gli obblighi della Pompes Salmson, esso ha presentato, nel corso del 2015 e sulla base delle nuove fatture emesse dalla Zollner, una nuova richiesta di rimborso dell’IVA che era stata assolta in Romania al momento dell’acquisto delle attrezzature in questione, facente riferimento al periodo compreso tra il 1o agosto e il 31 ottobre 2015. Tale richiesta è stata respinta dalle autorità rumene con decisione del 12 maggio 2016, per il motivo che la Wilo Salmson non aveva rispettato il punto 49, paragrafo 16, delle modalità di applicazione e aveva già chiesto il rimborso dell’IVA indicata in tali fatture.

37

La Wilo Salmson ha presentato un reclamo avverso tale decisione dinanzi alla Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Bucureşti – Administraţia Fiscală pentru Contribuabili Nerezidenţi (Direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Bucarest – Amministrazione tributaria per i contribuenti non residenti, Romania). Con decisione del 2 settembre 2016 tale reclamo è stato respinto per il motivo che l’IVA di cui si chiedeva il rimborso era stata oggetto di una precedente richiesta di rimborso e che le operazioni di cui si chiedeva il rimborso rientravano non già nell’anno 2015, ma nell’anno 2012.

38

Tale società ha quindi adito il Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest, Romania), giudice del rinvio, proponendo un ricorso diretto all’annullamento di tale decisione del 2 settembre 2016 nonché all’annullamento della decisione del 12 maggio 2016, che respingeva la richiesta di rimborso della somma di 449538,38 lei rumeni (RON) (EUR°91 310 circa), che rappresentava l’IVA di cui si chiedeva il rimborso per il periodo compreso tra il 1o agosto 2015 e il 31 ottobre 2015.

39

Il giudice del rinvio precisa di dover determinare se è possibile ottenere nel 2015 il rimborso dell’IVA addebitata su acquisti effettuati nel 2012, per i quali sono state emesse fatture fiscali valide solo nel 2015. Esso ritiene che la situazione della Wilo Salmson sia atipica rispetto alle ipotesi previste dalla direttiva 2008/9 o già esaminate dalla Corte, dato che: le fatture emesse dalla Zollner nel 2012 sono state annullate attraverso il loro storno, tenuto conto della loro irregolarità che sarebbe stata accertata dalle autorità fiscali rumene; per gli stessi acquisti, fatture valide sono state emesse solo nel corso del 2015; la Wilo Salmson ha esercitato il suo diritto al rimborso mediante la richiesta di rimborso presentata nel 2015, che conteneva le fatture emesse nel 2015; quest’ultima società non aveva fino ad allora ottenuto il rimborso richiesto.

40

Esso sostiene che la direttiva IVA non disciplina il termine per l’esercizio del diritto a detrazione e che si deve pertanto chiarire se la data a partire dalla quale decorre tale termine possa essere determinata esclusivamente rispetto alla data della cessione dei beni in questione, ignorando qualsiasi altra circostanza rilevante. Alla luce degli articoli 167 e 178 di tale direttiva e del fatto che l’emissione di una fattura sfugge al controllo del titolare di tale diritto, sarebbe necessario che la Corte precisi se, alla luce dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima ipotesi, della direttiva 2008/9, una richiesta di rimborso dell’IVA possa riguardare acquisti di beni o servizi che sono stati fatturati durante il periodo di riferimento, indipendentemente dalla questione se l’IVA ad essi relativa sia divenuta esigibile nel corso di tale periodo o anteriormente.

41

Per quanto attiene alle sue prime due questioni, esso rileva che le autorità fiscali rumene non hanno effettuato una distinzione tra la data di emissione delle fatture come elemento procedurale e la data di esigibilità dell’IVA come elemento sostanziale, sebbene tali due date dovrebbero produrre effetti distinti sul piano fiscale e sebbene il diritto alla detrazione non possa essere esercitato in mancanza di fattura emessa conformemente ai requisiti di legge. Se è vero, certamente, che sarebbe necessario che l’IVA sia divenuta esigibile prima dell’emissione della fattura, o al momento della fatturazione, è tuttavia il momento dell’emissione della fattura che dovrebbe essere rilevante trattandosi della presentazione di una richiesta di rimborso.

42

Per quanto attiene alla sua terza e alla sua quarta questione, esso osserva che le autorità fiscali rumene hanno considerato che le fatture emesse nel 2015 per gli acquisti effettuati nel 2012 non potessero essere oggetto di una richiesta di rimborso relativa all’anno 2015 a causa dell’esistenza di fatture anteriori. Tuttavia, queste ultime sarebbero state, unilateralmente, oggetto di uno storno da parte della Zollner, il che avrebbe l’effetto di un annullamento, e il titolare del diritto a detrazione non disporrebbe di alcun mezzo giuridico per obbligare il fornitore ad emettere una nuova fattura.

43

Inoltre, alla luce degli articoli 169 e 178 della direttiva IVA, dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima ipotesi, della direttiva 2008/9 nonché della necessità di possedere una fattura valida per poter esercitare il diritto al rimborso, una richiesta di rimborso dell’IVA dovrebbe essere esclusivamente basata sulle fatture emesse durante il «periodo di riferimento», poiché la sola condizione imposta è che l’IVA sia divenuta esigibile anteriormente o simultaneamente alla fatturazione.

44

Di conseguenza, poiché le fatture emesse nel 2012 sono state eliminate dalla Zollner, solo le nuove fatture emesse nel 2015 potevano fornire la prova degli acquisti e suffragare la richiesta di rimborso di cui al procedimento principale. Pertanto, solo queste ultime fatture dovrebbero, secondo il giudice del rinvio, costituire il «riferimento procedurale» che consenta di presentare una richiesta di rimborso conformemente alla direttiva 2008/9.

45

In tali circostanze, il Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 167 [della direttiva IVA], in combinato disposto con l’articolo 178 [di tale] direttiva: se esista una distinzione tra il momento in cui sorge e il momento in cui viene esercitato il diritto a detrazione in relazione al modo in cui funziona il sistema dell’IVA.

A tal fine, è necessario chiarire se il diritto a detrazione dell’IVA possa essere esercitato in assenza di una fattura fiscale (valida) emessa per gli acquisti di beni effettuati.

2)

Per quanto riguarda l’interpretazione delle medesime disposizioni in combinato disposto con le disposizioni dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima [ipotesi], della direttiva 2008/9: quale sia il punto di riferimento procedurale per valutare la regolarità dell’esercizio del diritto al rimborso dell’IVA.

A tal fine, è necessario chiarire se si possa presentare una richiesta di rimborso dell’IVA divenuta esigibile prima del “periodo di riferimento”, ma la cui fatturazione è avvenuta nel corso del periodo di riferimento.

3)

Per quanto riguarda l’interpretazione delle medesime disposizioni dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima [ipotesi], della direttiva 2008/9, in combinato disposto con gli articoli 167 e 178 della [direttiva IVA]: quali siano gli effetti dell’annullamento e dell’emissione di nuove fatture per gli acquisti di beni precedenti al “periodo di riferimento” sull’esercizio del diritto al rimborso dell’IVA relativa a tali acquisti.

A tal fine è necessario chiarire se, nel caso di annullamento da parte del fornitore delle fatture iniziali emesse per acquisti di beni e di emissione di nuove fatture in un momento successivo, l’esercizio del diritto del beneficiario di chiedere il rimborso dell’IVA relativa agli acquisti debba essere riferito alla data delle nuove fatture. Ciò in una situazione in cui l’annullamento delle fatture iniziali e l’emissione delle nuove fatture non rientrano nella sfera di controllo del beneficiario, ma esclusivamente nel potere discrezionale del fornitore.

4)

Se la legislazione nazionale possa subordinare il rimborso dell’IVA concesso conformemente alla direttiva [2008/9] a una condizione di esigibilità, in una situazione in cui la fattura corretta sia emessa nel periodo della richiesta».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

46

Il governo rumeno sostiene che le questioni sollevate sarebbero irricevibili. Da un lato, esse si baserebbero su una presentazione errata e incompleta dei fatti all’origine della controversia di cui al procedimento principale cosicché, se essi fossero rettificati e presi in considerazione nel loro insieme, le questioni diventerebbero prive di utilità e di rilevanza per la sua soluzione. Dall’altro lato, tale presentazione si limiterebbe a riprodurre il punto di vista di una sola delle parti in causa, sicché il giudice del rinvio avrebbe omesso di adempiere il suo obbligo di chiarire i fatti prima di adire la Corte, nonché di indicare i motivi per cui esso chiede lumi sull’interpretazione del diritto dell’Unione e ritiene necessaria una risposta della Corte per dirimere la controversia di cui è investito.

47

Si deve rammentare, in primo luogo, che l’articolo 267 TFUE istituisce una procedura di cooperazione diretta tra la Corte e i giudici degli Stati membri. Nell’ambito di tale procedura, fondata su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, qualsiasi constatazione e valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale, cui spetta valutare, alla luce delle particolarità del caso, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte, mentre quest’ultima è unicamente legittimata a pronunciarsi sull’interpretazione o sulla validità di un atto giuridico dell’Unione alla luce della situazione di fatto e di diritto descritta dal giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenze del 20 dicembre 2017, Schweppes, C‑291/16, EU:C:2017:990, punto 21 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

48

Di conseguenza, una volta che le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 24 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C‑709/20, EU:C:2021:602, punto 54 nonché giurisprudenza ivi citata).

49

Poiché le questioni che vertono sul diritto dell’Unione beneficiano pertanto di una presunzione di rilevanza, il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione o la valutazione della validità di una norma del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa di cui al procedimento principale, qualora il problema sia di natura teorica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in tal senso, sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C‑709/20, EU:C:2021:602, punto 55 nonché giurisprudenza ivi citata).

50

Nel caso di specie, l’argomento dedotto dal governo rumeno per dimostrare l’inutilità delle questioni sollevate per risolvere la controversia di cui al procedimento principale si basa su una critica alla valutazione dei fatti effettuata dal giudice del rinvio, che sarebbe errata e lacunosa. Orbene, non spetta alla Corte rimettere in discussione tale valutazione che, nell’ambito del presente procedimento, rientra nella competenza del giudice nazionale. Tale argomento non può, di conseguenza, essere sufficiente a invalidare la presunzione di rilevanza evocata al punto precedente (v., per analogia, sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 26 nonché giurisprudenza ivi citata).

51

In secondo luogo, nella misura in cui il governo rumeno rileva che i fatti esposti dal giudice del rinvio consistono in una riproduzione delle allegazioni di una delle parti nel procedimento principale, occorre rilevare che questa sola circostanza, anche supponendola accertata, non dimostra che, procedendo in tal modo, detto giudice sia venuto meno al suo obbligo di indicare nella decisione di rinvio, conformemente all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, i dati di fatto sui quali si fondano le questioni e le ragioni che l’hanno portato a interrogarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui alle questioni sollevate, o per le quali esso ritiene che una risposta della Corte sia necessaria per dirimere la controversia di cui è investito.

52

Al contrario, come emerge dai punti da 39 a 44 della presente sentenza, la decisione di rinvio consente di comprendere le ragioni per cui il giudice del rinvio si interroga sulla portata di diverse disposizioni della direttiva IVA e della direttiva 2008/9, e contiene indicazioni sufficienti per consentire alla Corte di fornirgli gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che gli sono necessari per dirimere la controversia di cui è investito.

53

A tale riguardo, occorre altresì ricordare che né l’articolo 267 TFUE né alcun’altra disposizione del diritto dell’Unione richiedono o vietano a un giudice del rinvio, in seguito alla pronuncia della sentenza in via pregiudiziale, di modificare gli accertamenti di fatto e di diritto da esso effettuati nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale, purché tale giudice dia piena attuazione all’interpretazione del diritto dell’Unione adottata dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C‑614/14, EU:C:2016:514, punti da 28 a 30).

54

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che le questioni sollevate sono ricevibili.

Nel merito

Osservazioni preliminari

55

In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio, che è il solo a disporre di tutti gli elementi di fatto e di diritto nazionale rilevanti, interroga la Corte sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2006/112 nella loro versione risultante dalle modifiche introdotte dalla direttiva 2010/45 le quali, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, di quest’ultima, erano applicabili a partire dal 1o gennaio 2013.

56

Orbene, dalla decisione di rinvio emerge che: le cessioni di beni all’origine della controversia di cui al procedimento principale sono state effettuate durante il 2012; documenti considerati come fatture relative a tali cessioni sono stati emessi nel 2012, sono poi stati considerati «non conformi» dalla decisione del 14 gennaio 2014 e sono stati successivamente oggetto di uno storno nel 2014 o nel 2015; infine, nuovi documenti considerati come fatture relative a queste stesse cessioni sono stati emessi nel 2015.

57

Inoltre, da un lato, conformemente all’articolo 63 della direttiva IVA, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi. Dall’altro lato, il diritto a detrazione previsto dalla direttiva IVA, il cui diritto al rimborso costituisce il corrispondente (sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 36 e giurisprudenza ivi citata), è, sul piano sia sostanziale sia temporale, direttamente collegato all’esigibilità dell’IVA dovuta o assolta per i beni e servizi a monte (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2018, Varna Holideis, C‑364/17, EU:C:2018:500, punto 22), poiché l’articolo 167 di tale direttiva prevede che il diritto a detrazione sorga nel momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile.

58

Gli articoli 64 e 65 della direttiva IVA prevedono, inoltre, regole di esigibilità diverse, applicabili nelle circostanze precisate in tali articoli, mentre l’articolo 66 di tale direttiva consente agli Stati membri, in deroga agli articoli da 63 a 65, di prevedere che l’imposta diventi esigibile per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi in uno dei momenti specificati da tale articolo 66.

59

Spetterà pertanto al giudice del rinvio, alla luce di tutti gli elementi di fatto e di diritto nazionale di cui dispone, verificare se le disposizioni della direttiva 2006/112, che risultano dalle modifiche introdotte dalla direttiva 2010/45, siano effettivamente quelle applicabili per risolvere ciascuno dei diversi aspetti della controversia di cui è investito.

60

Occorre tuttavia precisare, a tal riguardo, che l’unica modifica apportata dalla direttiva 2010/45 a una disposizione della direttiva 2006/112 ad essere rilevante ai fini dell’analisi della presente causa da parte della Corte riguarda l’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112, disposizione che, prima di tale modifica, faceva riferimento non al possesso di una fattura «redatta conformemente al titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6», della direttiva IVA, ma al possesso di una fattura redatta «conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240» della direttiva 2006/112.

61

Se è vero, certamente, che si tratta in tali due casi di rinvii alle disposizioni di tali rispettive direttive che prevedono, in sostanza, le circostanze e condizioni in cui le fatture devono essere emesse, il contenuto di queste ultime, la possibilità di emettere o trasmettere fatture elettroniche nonché la possibilità per gli Stati membri di adottare, in determinate condizioni, misure di semplificazione, tali disposizioni non sono, tuttavia, identiche. Le loro differenze di contenuto non incidono, ciò nonostante, sull’analisi che la Corte è chiamata a effettuare nella presente causa, cosicché le risposte che saranno fornite nella presente sentenza saranno applicabili anche se il giudice del rinvio dovesse alla fine considerare che uno o più punti controversi che esso deve dirimere non rientrano nell’ambito di applicazione temporale delle disposizioni della direttiva IVA, ma della versione della direttiva 2006/112 anteriore alle modifiche ad essa apportate dalla direttiva 2010/45.

Sulla prima questione

62

Per quanto attiene alla prima questione sollevata, occorre osservare innanzitutto che è in discussione nel procedimento principale la situazione di un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stati effettuati gli acquisti di beni di cui trattasi. La causa di cui al procedimento principale riguarda pertanto non il diritto alla detrazione dell’IVA in quanto tale, di cui all’articolo 168 della direttiva IVA, ma il diritto al rimborso di tale imposta, quale previsto dall’articolo 170 della direttiva in parola, che rinvia esso stesso alle operazioni di cui all’articolo 169 di quest’ultima.

63

Si deve altresì rammentare che l’articolo 171 di detta direttiva, al paragrafo 1, prevede che il rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi che non sono stabiliti nello Stato membro in cui effettuano in particolare acquisti di beni e servizi gravati da imposta, ma che sono stabiliti in un altro Stato membro, è effettuato secondo le modalità previste dalla direttiva 2008/9. Quest’ultima non ha, tuttavia, lo scopo di determinare le condizioni di esercizio né la portata del diritto al rimborso. L’articolo 5, secondo comma, di tale direttiva precisa, infatti, che, fatto salvo l’articolo 6 di quest’ultima e ai fini di essa, il diritto al rimborso dell’IVA assolta a monte è determinato in forza della direttiva IVA quale applicata nello Stato membro di rimborso (sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 35).

64

In tali circostanze, occorre comprendere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva IVA, nonché la direttiva 2008/9, debbano essere interpretati nel senso che il diritto al rimborso dell’IVA addebitata in relazione a una cessione di beni può essere esercitato da un soggetto passivo stabilito non nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, quando tale soggetto passivo non sia in possesso di una fattura, ai sensi della direttiva IVA, relativa all’acquisto dei beni interessati.

65

Secondo il suo articolo 1, la direttiva 2008/9 ha lo scopo di stabilire norme dettagliate per il rimborso dell’IVA, di cui all’articolo 170 della direttiva IVA, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 3 di tale prima direttiva, fermo restando che, conformemente alle disposizioni di tale direttiva e come già ricordato al punto 63 della presente sentenza, le condizioni di esercizio e la portata del diritto al rimborso sono tuttavia determinate in forza della direttiva IVA quale applicata nello Stato membro di rimborso.

66

Pertanto, il diritto, per un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro, di ottenere il rimborso dell’IVA assolta in un altro Stato membro, quale disciplinato dalla direttiva 2008/9, trova il corrispondente nel diritto, istituito a suo favore dalla direttiva IVA, di detrarre l’IVA assolta a monte nel proprio Stato membro (sentenza del 21 marzo 2018,Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 36 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern, C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

67

Inoltre, il diritto al rimborso, al pari del diritto a detrazione, costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione, inteso a esonerare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, soggette esse stesse all’IVA (sentenze del 2 maggio 2019, Sea Chefs Cruise Services, C‑133/18, EU:C:2019:354, punto 35 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern, C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 45).

68

Il diritto a detrazione e, conseguentemente, al rimborso costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. In particolare, tale diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato le operazioni effettuate a monte (sentenze del 2 maggio 2019, Sea Chefs Cruise Services, C‑133/18, EU:C:2019:354, punto 36 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern, C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 46).

69

Il diritto al rimborso dell’IVA, al pari del diritto a detrazione di quest’ultima, è tuttavia subordinato al rispetto di requisiti o di condizioni tanto sostanziali quanto formali (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

70

Per quanto attiene ai requisiti o alle condizioni materiali che disciplinano l’esercizio di tale diritto al rimborso, dall’articolo 169, lettera a), e dall’articolo 170 di tale direttiva risulta che, per poter beneficiare del diritto al rimborso, occorre, da un lato, che l’interessato sia un «soggetto passivo» ai sensi di tale direttiva, non stabilito nello Stato membro in cui effettua acquisti di beni o servizi o importazioni di beni gravati da IVA e, dall’altro, che i beni o i servizi invocati per giustificare il diritto al rimborso dell’IVA siano utilizzati a valle da tale soggetto passivo per le sue operazioni effettuate al di fuori dello Stato membro in cui tale imposta è dovuta o assolta, che darebbero diritto a detrazione se fossero effettuate nello Stato membro medesimo (v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 2019, Sea Chefs Cruise Services, C‑133/18, EU:C:2019:354, punto 33). Tale soggetto passivo deve, inoltre, soddisfare le condizioni cumulative di cui all’articolo 3 della direttiva 2008/9 (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, CHEP Equipment Pooling, C‑242/19, EU:C:2020:466, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

71

Per quanto concerne le modalità di esercizio del diritto al rimborso, che sono assimilabili a requisiti o a condizioni di natura formale, occorre rilevare che, per quanto riguarda il diritto alla detrazione dell’IVA, l’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA prevede che, per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), della stessa, il soggetto passivo deve essere in possesso di una fattura redatta conformemente alle disposizioni del titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6, di tale direttiva (v., per analogia, sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

72

La Corte ne ha dedotto che, sebbene, in forza dell’articolo 167 della direttiva IVA, il diritto a detrazione dell’IVA sorga alla data in cui l’imposta diviene esigibile, in linea di principio l’esercizio di tale diritto è possibile, ai sensi dell’articolo 178 di tale direttiva, solo a partire dal momento in cui il soggetto passivo è in possesso di una fattura (sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 43 e giurisprudenza ivi citata). Essa ha inoltre giudicato che lo stesso vale per l’esercizio del diritto al rimborso (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punti 4950).

73

Per quanto attiene alle norme dettagliate per il rimborso dell’IVA, si deve innanzitutto ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2008/9, per ciascuno Stato membro di rimborso e per ciascuna fattura o documento d’importazione, la richiesta di rimborso dell’IVA contiene «la data e il numero della fattura o del documento d’importazione». Inoltre, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, seconda frase, di tale direttiva, la richiesta di rimborso si considera presentata solo se il richiedente ha fornito tutte le informazioni previste segnatamente da tale articolo 8. Infine, in forza dell’articolo 10, prima frase, di detta direttiva, lo Stato membro di rimborso può esigere che il richiedente, ai sensi della medesima direttiva, presenti per via elettronica una copia della fattura o del documento d’importazione insieme alla richiesta di rimborso, qualora la base imponibile su quest’ultima o su quest’ultimo sia pari o superiore a EUR 1000 o al controvalore in moneta nazionale.

74

Tali elementi chiariscono altresì che, per poter esercitare il diritto al rimborso dell’IVA, come previsto dagli articoli 170 e 171 della direttiva IVA, e le cui modalità sono disciplinate dalla direttiva 2008/9, è necessario che il soggetto passivo, stabilito non nello Stato membro di rimborso ma in un altro Stato membro, sia in possesso della fattura relativa agli acquisti dei beni o servizi interessati.

75

A tal riguardo, come emerge già, in sostanza, dai punti 71 e 72 della presente sentenza, l’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA precisa che, per operare la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), di quest’ultima, il soggetto passivo deve, per quanto riguarda le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente alle disposizioni del titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6, di tale direttiva, requisito che, ai sensi dell’articolo 5, ultimo comma, della direttiva 2008/9, vale anche per il diritto al rimborso di cui all’articolo 170 della direttiva IVA. Gli articoli 218 e 219 di quest’ultima direttiva precisano inoltre, rispettivamente, che gli Stati membri accettano come fattura ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico che soddisfa le condizioni stabilite dal capo 3 del titolo XI di detta direttiva, e che tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale sono assimilati a una fattura.

76

Occorre tuttavia rammentare che il principio fondamentale di neutralità dell’IVA esige che la detrazione o il rimborso dell’IVA a monte sia concesso se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi [sentenza del 18 novembre 2020, Commissione/Germania (Rimborso dell’IVA – Fatture), C‑371/19, non pubblicata, EU:C:2020:936, punto 80 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern, C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 47].

77

Tuttavia, la soluzione può essere diversa se la violazione di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali [sentenze del 18 novembre 2020, Commissione/Germania (Rimborso dell’IVA – Fatture), C‑371/19, non pubblicata, EU:C:2020:936, punto 81 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern, C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 48].

78

Se l’amministrazione dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo è debitore dell’IVA, essa non può imporre condizioni supplementari che possano avere l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto alla detrazione o al rimborso di quest’ultima [sentenze del 18 novembre 2020, Commissione/Germania (Rimborso dell’IVA – Fatture), C‑371/19, non pubblicata, EU:C:2020:936, punto 82 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern, C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 53].

79

A tal riguardo, occorre sottolineare che l’articolo 20 della direttiva 2008/9 offre allo Stato membro di rimborso, nei casi in cui questo ritenga di non disporre delle informazioni su cui basare la decisione in merito a tutta detta richiesta o parte di essa, la possibilità di chiedere, segnatamente al soggetto passivo o alle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento, informazioni aggiuntive, che devono essere fornite entro un mese dal giorno in cui la richiesta è pervenuta alla persona a cui è indirizzata.

80

Si deve altresì rammentare che la lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli eventuali abusi è, certamente, un obiettivo riconosciuto e promosso dalle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di IVA. Tuttavia, le misure adottate dagli Stati membri non devono eccedere quanto necessario per raggiungere tali obiettivi. Esse non possono, pertanto, essere utilizzate in modo tale da rimettere sistematicamente in questione il diritto al rimborso dell’IVA e, di conseguenza, la neutralità dell’IVA [v., per analogia, sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, nonché sentenza del 18 novembre 2020, Commissione/Germania (Rimborso dell’IVA – Fatture), C‑371/19, non pubblicata, EU:C:2020:936, punto 83].

81

Di conseguenza, solo se un documento è inficiato da vizi tali da privare l’amministrazione fiscale nazionale dei dati necessari per giustificare una richiesta di rimborso si può considerare che un siffatto documento non costituisca una «fattura», ai sensi della direttiva IVA, cosicché non sarebbe stato possibile esercitare il diritto al rimborso quando il soggetto passivo ne è venuto in possesso.

82

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva IVA, nonché la direttiva 2008/9, devono essere interpretati nel senso che il diritto al rimborso dell’IVA addebitata in relazione a una cessione di beni non può essere esercitato da un soggetto passivo stabilito non nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, quando tale soggetto passivo non sia in possesso di una fattura, ai sensi della direttiva IVA, relativa all’acquisto dei beni interessati. Solo se un documento è inficiato da vizi tali da privare l’amministrazione fiscale nazionale dei dati necessari per giustificare una richiesta di rimborso si può considerare che un siffatto documento non costituisca una «fattura», ai sensi della direttiva IVA.

Sulla seconda e sulla quarta questione

83

Con la sua seconda e la sua quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva IVA, nonché l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima ipotesi, della direttiva 2008/9, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che una richiesta di rimborso dell’IVA relativa a un determinato periodo di riferimento dell’IVA sia respinta per il motivo che tale IVA è divenuta esigibile durante un periodo di riferimento anteriore, mentre essa è stata fatturata soltanto durante tale determinato periodo.

84

Come è già stato rammentato al punto 57 della presente sentenza, dall’articolo 63 della direttiva IVA risulta che il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diventa esigibile, al momento in cui la cessione dei beni o la prestazione dei servizi è effettuata. Inoltre, ai sensi dell’articolo 167 e dell’articolo 179, primo comma, di tale direttiva, il diritto a detrazione dell’IVA va esercitato, in linea di principio, nel corso dello stesso periodo in cui tale diritto è sorto, ossia nel momento in cui l’imposta diviene esigibile (sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C‑533/16, EU:C:2018:204, punto 44).

85

Tuttavia, da un lato, come risulta dal punto 82 della presente sentenza, affinché un soggetto passivo stabilito non nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, possa esercitare il diritto al rimborso dell’IVA addebitata in relazione a una cessione di beni o a una prestazione di servizi, come previsto dagli articoli 170 e 171 della direttiva IVA e dalla direttiva 2008/9, è necessario che tale soggetto passivo sia in possesso di una fattura, ai sensi della direttiva IVA, relativa all’acquisto dei beni o dei servizi interessati.

86

Dall’altro lato, l’articolo 14 della direttiva 2008/9, al suo paragrafo 1, lettera a), prevede che la richiesta di rimborso riguarda l’acquisto di beni o di servizi fatturato durante il periodo di riferimento, purché l’imposta sia divenuta esigibile prima o al momento della fatturazione, o per il quale l’imposta è divenuta esigibile durante il periodo di riferimento, purché l’acquisto sia stato fatturato prima che l’imposta diventasse esigibile.

87

Da tali elementi discende che, nel caso di soggetti passivi stabiliti non nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, e purché l’imposta sia divenuta esigibile prima o al momento della fatturazione, è la data in cui il soggetto passivo è entrato in possesso di una fattura, ai sensi della direttiva IVA, relativa all’acquisto dei beni o dei servizi in questione, a determinare gli acquisti che possono essere interessati da una richiesta di rimborso. Di conseguenza, una richiesta di rimborso dell’IVA non può essere respinta per il solo motivo che l’IVA gravante su una cessione di beni o una prestazione di servizi e di cui si chiede il rimborso è diventata esigibile durante un determinato periodo di riferimento, mentre tale acquisto è stato fatturato solo in un periodo di riferimento successivo.

88

Alla luce di tutti gli elementi che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla quarta questione dichiarando che gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva IVA, nonché l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima ipotesi, della direttiva 2008/9, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che una richiesta di rimborso dell’IVA relativa a un determinato periodo di riferimento sia respinta per il solo motivo che tale IVA è divenuta esigibile durante un periodo di riferimento anteriore, mentre essa è stata fatturata soltanto durante tale determinato periodo.

Sulla terza questione

89

In via preliminare, occorre rilevare, innanzitutto, che la terza questione si basa implicitamente sulla premessa secondo cui i documenti detenuti dal soggetto passivo di cui trattasi nel procedimento principale nel corso del 2012, e sulla base dei quali è stata presentata la richiesta di rimborso che è stata respinta dalla decisione del 14 gennaio 2014, costituivano effettivamente fatture, ai sensi della direttiva IVA. Infatti, se così non fosse, dalle risposte alla prima, alla seconda e alla quarta questione, illustrate ai punti 82 e 88 della presente sentenza, risulterebbe che tale soggetto passivo non avrebbe potuto, prima del 2015, esercitare il suo diritto al rimborso, dato che solo nel corso di tale anno sarebbe entrato in possesso di siffatte fatture. Orbene, in una circostanza del genere, questa terza questione sarebbe priva di utilità per la soluzione della controversia di cui al procedimento principale.

90

Dalla decisione di rinvio si evince poi che lo storno di una fattura da parte di un fornitore produce, nel diritto nazionale, gli stessi effetti del suo annullamento. Tuttavia, da tale decisione non emerge che tale storno sia stato effettuato in modo consensuale e non emerge neppure che le operazioni a cui si riferiscono le fatture emesse nel 2015, effettuate nel 2012, siano state esse stesse annullate né che un rimborso del prezzo versato sia stato eseguito in conseguenza.

91

Infine, dalla decisione di rinvio non risulta che la decisione del 14 gennaio 2014 sia stata impugnata dal soggetto passivo, circostanza che la Wilo Salmson non rivendica peraltro nemmeno nelle osservazioni che ha presentato alla Corte. Pertanto, fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, occorre muovere parimenti dalla premessa secondo cui, al momento in cui la Zollner ha effettuato lo storno di cui al procedimento principale e l’emissione di nuove fatture, tale decisione era diventata definitiva, come sostiene peraltro il governo rumeno nelle osservazioni da esso depositate dinanzi alla Corte.

92

In tali circostanze, occorre comprendere che, con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva IVA, nonché la direttiva 2008/9, debbano essere interpretati nel senso che l’annullamento unilaterale di una fattura da parte di un fornitore, successivamente all’adozione da parte dello Stato membro di rimborso di una decisione che rifiuta la richiesta di rimborso che era basata su di essa, e quando tale decisione è già divenuta definitiva, seguita dall’emissione da parte di tale fornitore, durante un periodo di riferimento successivo, di una nuova fattura relativa alle stesse cessioni, senza che esse siano rimesse in discussione, incide sull’esistenza del diritto al rimborso dell’IVA che è già stato esercitato e sul periodo per il quale esso deve esserlo.

93

Occorre rilevare che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9 prevede che la richiesta di rimborso è presentata allo Stato membro di stabilimento «al più tardi il 30 settembre dell’anno civile successivo al periodo di riferimento». Tale termine è un termine di decadenza, la cui inosservanza comporta la decadenza dal diritto al rimborso dell’IVA (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Elsacom, C‑294/11, EU:C:2012:382, punti 2633, nonché del 2 maggio 2019, Sea Chefs Cruise Services, C‑133/18, EU:C:2019:354, punto 39). Infatti, la facoltà di presentare una richiesta di rimborso dell’IVA senza nessuna limitazione temporale sarebbe contraria al principio di certezza del diritto, che esige che la posizione fiscale del soggetto passivo, per quanto riguarda i suoi diritti e i suoi obblighi nei confronti dell’amministrazione fiscale, non debba costituire un possibile oggetto di controversia all’infinito (v., per analogia, sentenza del 21 giugno 2012, Elsacom, C‑294/11, EU:C:2012:382, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

94

Inoltre, conformemente al paragrafo 1 dell’articolo 23 della direttiva 2008/9, qualora la richiesta di rimborso sia rifiutata del tutto o in parte, i motivi del rifiuto sono notificati al richiedente, ai sensi di tale direttiva, dallo Stato membro di rimborso unitamente alla decisione di rifiuto e, conformemente al paragrafo 2 di tale articolo, il richiedente può presentare ricorso, presso le autorità competenti dello Stato membro di rimborso, contro una decisione di rifiuto di una richiesta di rimborso nella forma ed entro i termini prescritti per i ricorsi riguardanti le richieste di rimborso presentate dalle persone stabilite in tale Stato membro.

95

A tal riguardo, la Corte ha riconosciuto compatibile con il diritto dell’Unione la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dell’amministrazione interessata. Siffatti termini non sono infatti tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione anche se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto, totale o parziale, dell’azione esperita (sentenze del 14 giugno 2017, Compass Contract Services, C‑38/16, EU:C:2017:454, punto 42 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 2 luglio 2020, Terracult, C‑835/18, EU:C:2020:520, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

96

Orbene, come rilevato anche dall’avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi 100 e 101 delle sue conclusioni, ammettere che, in circostanze come quelle descritte al punto 92 della presente sentenza, l’annullamento unilaterale di una fattura da parte di un fornitore, dopo che una decisione di rifiuto di una prima richiesta di rimborso basata su di essa è divenuta definitiva, seguita dalla sua sostituzione mediante l’emissione di una nuova fattura relativa agli stessi acquisti, consenta al soggetto passivo, sulla base di quest’ultima, di presentare nuovamente una richiesta di rimborso dell’IVA relativa agli stessi acquisti in relazione a un periodo di riferimento successivo, avrebbe l’effetto di consentire di aggirare tanto il termine di decadenza previsto dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9 per presentare una richiesta di rimborso quanto il termine di ricorso avverso tale decisione di rifiuto, previsto dallo Stato membro interessato ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, di tale direttiva, il che svuoterebbe tali disposizioni di qualsiasi efficacia pratica e pregiudicherebbe la certezza del diritto.

97

Inoltre, certamente, da un lato, la direttiva IVA prevede la possibilità di rettificare le detrazioni inizialmente operate quando sono superiori o inferiori a quelle che il soggetto passivo aveva diritto di operare, conformemente alle disposizioni del titolo X, capo 5, di quest’ultima. L’articolo 185 di tale direttiva concerne in tal senso, segnatamente, i casi di annullamento di acquisti; la determinazione delle modalità di applicazione di tale articolo è di competenza degli Stati membri, conformemente all’articolo 186 di detta direttiva. Inoltre, come emerge dal suo articolo 219, la stessa direttiva prevede la possibilità di rettificare una fattura, in particolare quando è errata o quando sono state omesse su di essa alcune indicazioni obbligatorie (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Senatex, C‑518/14, EU:C:2016:691, punti 3234 nonché giurisprudenza ivi citata). Dall’altro lato, l’articolo 13 della direttiva 2008/9 permette di correggere una richiesta di rimborso quando, successivamente alla presentazione di quest’ultima, il prorata detraibile è corretto ai sensi dell’articolo 175 della direttiva IVA.

98

Tuttavia, si deve constatare che circostanze come quelle descritte al punto 92 della presente sentenza non dimostrano in alcun modo che sarebbe in discussione una regolarizzazione del diritto al rimborso in conseguenza della quale sarebbe stata presentata una nuova richiesta di rimborso, e neppure una rettifica delle fatture emesse nel corso di un periodo di riferimento anteriore, poiché peraltro, nel caso di specie, non è stata fornita alcuna indicazione in tal senso dal giudice del rinvio e poiché la terza questione sollevata si basa, al contrario e come ciò è già stato constatato al punto 89 della presente sentenza, sulla premessa secondo cui è stato possibile esercitare efficacemente il diritto al rimborso sulla base delle fatture iniziali.

99

In tali circostanze, la giurisprudenza della Corte relativa alla rettifica delle detrazioni o all’eventuale effetto retroattivo di fatture rettificate non può confutare la constatazione effettuata al punto 96 della presente sentenza.

100

Di conseguenza, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla terza questione dichiarando che gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva IVA, nonché la direttiva 2008/9, devono essere interpretati nel senso che l’annullamento unilaterale di una fattura da parte di un fornitore, successivamente all’adozione da parte dello Stato membro di rimborso di una decisione che rifiuta la richiesta di rimborso dell’IVA che era basata su di essa, e quando tale decisione è già divenuta definitiva, seguita dall’emissione da parte di tale fornitore, durante un periodo di riferimento successivo, di una nuova fattura relativa alle stesse cessioni, senza che esse siano rimesse in discussione, non ha alcuna incidenza sull’esistenza del diritto al rimborso dell’IVA che è già stato esercitato né sul periodo per il quale esso deve esserlo.

Sulle spese

101

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

1)

Gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, nonché la direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, devono essere interpretati nel senso che il diritto al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) addebitata in relazione a una cessione di beni non può essere esercitato da un soggetto passivo stabilito non nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, quando tale soggetto passivo non sia in possesso di una fattura, ai sensi della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45, relativa all’acquisto dei beni interessati. Solo se un documento è inficiato da vizi tali da privare l’amministrazione fiscale nazionale dei dati necessari per giustificare una richiesta di rimborso, si può considerare che un siffatto documento non costituisca una «fattura», ai sensi della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45.

 

2)

Gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45, nonché l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), prima ipotesi, della direttiva 2008/9, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che una richiesta di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa a un determinato periodo di riferimento sia respinta per il solo motivo che tale IVA è divenuta esigibile durante un periodo di riferimento anteriore, mentre essa è stata fatturata soltanto durante tale determinato periodo.

 

3)

Gli articoli da 167 a 171 e 178 della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45, nonché la direttiva 2008/9, devono essere interpretati nel senso che l’annullamento unilaterale di una fattura da parte di un fornitore, successivamente all’adozione da parte dello Stato membro di rimborso di una decisione che rifiuta la richiesta di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che era basata su di essa, e quando tale decisione è già divenuta definitiva, seguita dall’emissione da parte di tale fornitore, durante un periodo di riferimento successivo, di una nuova fattura relativa alle stesse cessioni, senza che esse siano rimesse in discussione, non ha alcuna incidenza sull’esistenza del diritto al rimborso dell’IVA che è già stato esercitato né sul periodo per il quale esso deve esserlo.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il rumeno.