SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

28 aprile 2022 ( *1 )

Indice

 

Contesto normativo

 

Il diritto dell’OMC

 

Diritto dell’Unione

 

Fatti

 

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

 

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

 

Sull’impugnazione

 

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base

 

Argomenti delle parti

 

– Sulla prima parte

 

– Sulla seconda parte

 

Giudizio della Corte

 

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio della Corte

 

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio della Corte

 

Sulle spese

«Impugnazione – Dumping – Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1429 – Importazioni di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan – Dazio antidumping definitivo – Regolamento (CE) n. 1225/2009 – Articolo 2 – Calcolo del valore normale – Calcolo del costo di produzione – Perdite di produzione – Rifiuto di detrazione del valore dei rottami riciclati – Determinazione del valore normale sulla base delle vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno del paese esportatore – Esclusione dalla base di calcolo per la determinazione del valore normale delle vendite realizzate nel mercato interno del paese esportatore quando queste riguardano prodotti destinati all’esportazione»

Nella causa C‑79/20 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 14 febbraio 2020,

Yieh United Steel Corp., con sede in Kaohsiung City (Taiwan), rappresentata da D. Luff, avocat,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata inizialmente da J.-F. Brakeland, M. França e A. Demeneix, successivamente da J.-F. Brakeland e G. Luengo, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Eurofer, Association européenne de l’acier, ASBL, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo), rappresentata da J. Killick e G. Forwood, avocats, nonché da G. Papaconstantinou, dikigoros,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, J. Passer, F. Biltgen, N. Wahl e M.L. Arastey Sahún, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 novembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Yieh United Steel Corp. (in prosieguo: la «Yieh») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 3 dicembre 2019, Yieh United Steel/Commissione (T‑607/15; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2019:831), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso di annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2015/1429 della Commissione, del 26 agosto 2015, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan (GU 2015, L 224, pag. 10; in prosieguo: il «regolamento controverso»).

Contesto normativo

Il diritto dell’OMC

2

Con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, e gli accordi di cui agli allegati da 1 a 3 di detto accordo, tra i quali figura l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GU 1994, L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping»).

3

L’articolo 2 dell’accordo antidumping, intitolato «Determinazione del dumping», prevede quanto segue:

«2.1   Ai fini del presente accordo, un prodotto è da considerarsi oggetto di dumping, cioè immesso in commercio da un paese in un altro a prezzo inferiore al suo valore normale, se il prezzo di esportazione di tale prodotto, esportato da un paese all’altro, è inferiore a quello comparabile, praticato nell’ambito di normali operazioni commerciali, per un prodotto simile destinato al consumo nel paese di esportazione.

2.2   Se nel corso delle normali operazioni commerciali sul mercato interno del paese esportatore non avvengono vendite di un prodotto simile, o se, a causa della particolare situazione di mercato o del basso volume di vendite su tale mercato interno (…), tali vendite non permettono un valido confronto, il margine di dumping è determinato in rapporto al prezzo comparabile del prodotto simile esportato in un paese terzo, sempreché tale prezzo sia rappresentativo, ovvero in rapporto al costo di produzione nel paese di origine, maggiorato di un equo importo per spese di vendita, amministrative e altre e per gli utili.

2.2.1

Le vendite del prodotto simile sul mercato interno del paese esportatore o a un paese terzo a prezzi inferiori ai costi unitari (fissi e variabili) di produzione, maggiorati delle spese di vendita, amministrative e generali possono essere trattate come non rientranti nell’ambito di normali operazioni commerciali e quindi non considerate ai fini della determinazione del valore normale soltanto se le autorità (…) accertano che si sono verificate nell’arco di un periodo prolungato (…), in quantitativi consistenti (…) e a prezzi che non consentono il rientro di tutti i costi entro un congruo periodo di tempo. Si riterrà che i prezzi inferiori ai costi unitari all’epoca della vendita consentano il rientro dei costi entro un termine congruo se sono comunque superiori alla media ponderata dei costi unitari nel periodo dell’inchiesta.

2.2.1.1

Ai fini del paragrafo 2, i costi sono di norma calcolati sulla base delle scritture tenute dall’esportatore o dal produttore oggetto dell’inchiesta, fermo restando che tali scritture devono essere conformi ai principi contabili generalmente accettati nel paese esportatore e devono dare una visione corretta dei costi di produzione e delle spese di vendita del prodotto in esame. (...)

(...)».

Diritto dell’Unione

4

Alla data di adozione del regolamento controverso, le disposizioni che disciplinavano l’adozione di misure antidumping da parte dell’Unione europea figuravano nel regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51, e rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22), come modificato dal regolamento (UE) n. 765/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2012 (GU 2012, L 237, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento di base»).

5

L’articolo 1 del regolamento di base, intitolato «Principi», ai paragrafi 1 e 2 disponeva quanto segue:

«1.   Un dazio antidumping può essere imposto su qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nella Comunità causi un pregiudizio.

2.   Un prodotto è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all’esportazione nella Comunità è inferiore ad un prezzo comparabile del prodotto simile, applicato nel paese esportatore nell’ambito di normali operazioni commerciali».

6

Ai sensi dell’articolo 2 di detto regolamento, intitolato «Determinazione del dumping»:

«A. Valore normale

1.   Il valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore.

(...)

2.   Le vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno sono di norma utilizzate per determinare il valore normale se il volume di tali vendite corrisponde ad almeno il 5% del volume delle vendite del prodotto alla Comunità. (...)

3.   Quando, nel corso di normali operazioni commerciali, non vi sono vendite del prodotto simile, oppure se tali vendite riguardano quantitativi insufficienti oppure se tali vendite, a causa di una particolare situazione di mercato, non permettono un valido confronto, il valore normale del prodotto è calcolato in base al costo di produzione nel paese d’origine, maggiorato di un congruo importo per le spese generali, amministrative e di vendita e per i profitti oppure in base ai prezzi all’esportazione, nel corso di normali operazioni commerciali, ad un paese terzo appropriato, purché tali prezzi siano rappresentativi.

Ai sensi del primo comma, si ritiene che una particolare situazione di mercato per il prodotto interessato sussista, tra l’altro, in presenza di prezzi artificialmente bassi, di accordi di compensazione e di altri regimi di perfezionamento non commerciali.

4.   Le vendite del prodotto simile sul mercato interno del paese esportatore, oppure destinate ad un paese terzo, che sono effettuate a prezzi inferiori ai costi di produzione unitari (fissi e variabili), maggiorati delle spese generali, amministrative e di vendita, possono essere considerate come non eseguite nell’ambito di normali operazioni commerciali a causa del prezzo e quindi si può non tenerne conto ai fini della determinazione del valore normale soltanto se tali vendite sono avvenute in un periodo di tempo prolungato, in quantitativi consistenti e a prezzi che non consentono di coprire tutti i costi entro un congruo termine.

(...)

5.   I costi sono di norma calcolati in base ai documenti contabili tenuti dalla parte sottoposta all’inchiesta, a condizione che tali documenti siano conformi ai principi contabili generalmente riconosciuti nel paese interessato e che sia dimostrato che essi esprimono adeguatamente i costi di produzione e le spese di vendita del prodotto in esame.

Se i costi di produzione e le spese di vendita del prodotto in esame non si riflettono adeguatamente nei documenti contabili della parte interessata, saranno adeguati o calcolati sulla base dei costi di altri produttori o esportatori dello stesso paese oppure, qualora tali informazioni non fossero disponibili o utilizzabili, di qualsiasi altro riferimento ragionevole, comprese le informazioni tratte da altri mercati rappresentativi.

Sono presi in considerazione gli elementi di prova comunicati sulla corretta ripartizione dei costi, a condizione che sia dimostrato che tali metodi sono tradizionalmente utilizzati. In mancanza di un metodo più appropriato, la ripartizione dei costi è fatta di preferenza in funzione del volume d’affari. Se l’adeguamento non è già previsto nel sistema di ripartizione di cui al presente comma, i costi sono opportunamente adeguati per tener conto delle voci di spesa straordinarie attinenti alla produzione attuale e/o futura.

(...)».

7

L’articolo 6 del regolamento di base, intitolato «Inchiesta», al paragrafo 8 prevedeva quanto segue:

«Salvo nei casi di cui all’articolo 18, l’esattezza delle informazioni comunicate dalle parti interessate e sulle quali si basano le risultanze deve essere accertata con la massima accuratezza».

8

L’articolo 10 di tale regolamento, intitolato «Retroattività», al paragrafo 4 così prevedeva:

«Può essere riscosso un dazio antidumping definitivo sui prodotti immessi in consumo non oltre novanta giorni prima della data di applicazione delle misure provvisorie e non prima dell’apertura dell’inchiesta, a condizione che le importazioni siano state registrate a norma dell’articolo 14, paragrafo 5, che la Commissione [europea] abbia dato agli importatori interessati la possibilità di presentare le osservazioni e in presenza delle seguenti ulteriori condizioni:

a)

che il prodotto di cui trattasi è stato oggetto nel passato di pratiche di dumping per un periodo prolungato o l’importatore è oppure dovrebbe essere informato delle pratiche di dumping per quanto riguarda la loro portata e il pregiudizio addotto o accertato; (...)

(...)».

Fatti

9

Ai punti da 1 a 11 della sentenza impugnata, i fatti della controversia sono sintetizzati come segue:

«1

La [Yieh] è una società con sede in Taiwan che opera, in particolare, nella fabbricazione e nella distribuzione di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo (in prosieguo: il “prodotto di cui trattasi”).

2

Ai fini della fabbricazione del prodotto di cui trattasi, la [Yieh] utilizza come materia prima arrotolati laminati a caldo che essa stessa produce direttamente o che acquista dalla Lianzhong Stainless Steel Co. Ltd (...), società collegata produttrice di arrotolati laminati a caldo, avente sede in Cina. Il prodotto di cui trattasi è venduto dalla [Yieh] a clienti dell’Unione (...) e a clienti nazionali, i quali comprendono produttori e distributori a valle indipendenti del prodotto di cui trattasi e il suo produttore a valle collegato, la società Yieh Mau.

3

A seguito di una denuncia depositata (...) dalla Eurofer, Association européenne de l’acier, ASBL (in prosieguo: la “Eurofer”), la Commissione (…) pubblicava il 26 giugno 2014 un avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni [del prodotto di cui trattasi] originari[o] della Repubblica popolare cinese e di Taiwan (...) conformemente [al regolamento di base].

(...)

6

Il 24 marzo 2015 la Commissione adottava il regolamento di esecuzione (UE) 2015/501, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan (GU 2015, L 79, pag. 23; in prosieguo: il “regolamento provvisorio”). Il regolamento provvisorio istituiva un dazio antidumping provvisorio del 10,9% sul prodotto in questione [fabbricato dalla] [Yieh].

7

Con lettera del 25 marzo 2015, la Commissione trasmetteva alla [Yieh] le sue conclusioni provvisorie, esponendo le considerazioni e i fatti essenziali sulla base dei quali era stato deciso di istituire un dazio antidumping provvisorio (in prosieguo: le “conclusioni provvisorie”).

8

Nelle conclusioni provvisorie, la Commissione affrontava, in particolare, la questione del suo rifiuto di detrarre il valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto di cui trattasi e la questione del suo rifiuto di prendere in considerazione, ai fini della determinazione del valore normale, talune vendite della [Yieh] nel paese esportatore.

9

Il 20 aprile 2015 la [Yieh] presentava le proprie osservazioni sulle conclusioni provvisorie.

10

Il 23 giugno 2015 la Commissione inviava alla [Yieh] le sue conclusioni definitive. Il 3 luglio 2015 la [Yieh] presentava le proprie osservazioni su tali conclusioni.

11

Il 26 agosto 2015 la Commissione adottava il regolamento [controverso], che modificava il regolamento provvisorio e istituiva un dazio antidumping del 6,8% sulle importazioni nell’Unione del prodotto in esame fabbricato, in particolare, dalla [Yieh]».

10

Il regolamento controverso non è più in vigore dal 16 settembre 2021.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

11

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 ottobre 2015, la Yieh ha proposto un ricorso volto all’annullamento del regolamento controverso.

12

A sostegno del suo ricorso, la Yieh ha invocato due motivi vertenti, rispettivamente, su una violazione dell’articolo 2, paragrafi 3 e 5, del regolamento di base nonché su uno sviamento di potere e su una violazione dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento.

13

Con il suo primo motivo, relativo a una violazione dell’articolo 2, paragrafi 3 e 5, del regolamento di base e a uno sviamento di potere, la Yieh ha fatto valere che, respingendo la sua domanda di detrazione del valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto in esame, la Commissione era incorsa in un errore manifesto nella valutazione dei fatti.

14

Nell’ambito di tale motivo, la Yieh ha contestato alla Commissione di aver violato l’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base, avendo rifiutato di prendere in considerazione i suoi registri contabili nonché il metodo di ripartizione dei costi che avrebbe applicato alle perdite degli arrotolati laminati a caldo constatate durante la produzione del prodotto di cui trattasi.

15

A causa di tale violazione, la Commissione sarebbe giunta alla conclusione manifestamente erronea secondo cui la Yieh non avrebbe pienamente integrato la perdita di produzione degli arrotolati laminati a caldo nel costo di produzione del prodotto di cui trattasi, cosicché la Commissione avrebbe parimenti errato nel rifiutare di conseguenza la detrazione del valore dei rottami riciclati dal costo di produzione di tale prodotto, il che avrebbe aumentato artificialmente il valore normale in violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base.

16

Infine, detto rifiuto della Commissione di detrarre il valore dei rottami riciclati ha costituito, secondo la Yieh, uno sviamento di potere.

17

Con il suo secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base, la Yieh ha fatto valere che la Commissione, da un lato, aveva violato l’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento, rifiutando, senza adeguata giustificazione, di prendere in considerazione, ai fini della determinazione del valore normale, le vendite del prodotto di cui trattasi al suo cliente indipendente a Taiwan effettuate nel corso di normali operazioni commerciali e, dall’altro, aveva violato l’articolo 2, paragrafo 2, di detto regolamento, respingendo le vendite in questione per il solo motivo che il prodotto in esame sarebbe stato esportato da tale cliente successivamente a dette vendite, sebbene la Commissione non avesse dimostrato che la Yieh aveva l’intenzione di non destinare detto prodotto al consumo interno.

18

Con ordinanza del 20 luglio 2016, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha autorizzato l’intervento della Eurofer a sostegno delle conclusioni della Commissione.

19

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto i due motivi dedotti dalla Yieh e, pertanto, il ricorso nel suo insieme.

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

20

Con la sua impugnazione, la Yieh chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

accogliere il ricorso in primo grado e annullare, di conseguenza, il regolamento controverso nella parte in cui la riguarda, e

condannare la Commissione e l’interveniente alle spese sostenute ai fini del procedimento di primo grado e di impugnazione.

21

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione e

condannare la Yieh alle spese.

22

La Eurofer chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

in subordine, respingere il ricorso proposto in primo grado;

in ulteriore subordine, rinviare la causa al Tribunale e

condannare la Yieh alle spese, tra cui quelle sostenute dall’interveniente, comprese le spese relative al procedimento di primo grado.

Sull’impugnazione

23

A sostegno della sua impugnazione, la Yieh deduce tre motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente escluso l’applicazione di tale disposizione, il secondo, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 5, di tale regolamento, dato che il Tribunale non avrebbe proceduto in modo adeguato alla ponderazione delle esigenze di verifica della Commissione nell’ambito della sua inchiesta e degli interessi della Yieh e, il terzo, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 2, di detto regolamento, poiché il Tribunale avrebbe dichiarato che la Commissione poteva escludere le vendite realizzate sul mercato interno del paese esportatore (in prosieguo: le «vendite interne») dal calcolo del valore normale senza dover dimostrare un’intenzione o una conoscenza specifica del venditore in merito all’esportazione finale del prodotto di cui trattasi.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base

Argomenti delle parti

24

Il primo motivo, che riguarda i punti 60 e 61 della sentenza impugnata, si suddivide in due parti.

– Sulla prima parte

25

Con la prima parte del primo motivo, la Yieh contesta al Tribunale di aver commesso un errore manifesto nell’interpretazione del suo argomento fondato sull’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, il che l’avrebbe indotto ad escludere erroneamente l’applicazione di tale disposizione.

26

Il punto 60 della sentenza impugnata sarebbe quindi viziato da un errore manifesto, in quanto il Tribunale avrebbe richiesto la dimostrazione di una violazione dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di base prima di invocare una violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, di detto regolamento.

27

Infatti, secondo la Yieh, l’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di base non è pertinente nel caso di specie.

28

Il Tribunale avrebbe inoltre erroneamente ritenuto, nello stesso punto 60 della sentenza impugnata, che il carattere non redditizio delle vendite di cui trattasi fosse stata l’unica ragione ad aver indotto la Commissione a calcolare il valore normale.

29

Orbene, dal considerando 74 del regolamento provvisorio risulterebbe, in particolare, da un lato, che il valore normale è stato calcolato per i tipi di prodotti per i quali le vendite erano insufficienti o inesistenti, o addirittura inesistenti nel corso di normali operazioni commerciali e, dall’altro, che la Commissione ha utilizzato non già un valore normale costruito per i tipi di prodotti per i quali sono state constatate vendite non redditizie, ma piuttosto un prezzo di vendita medio ponderato.

30

La Yieh contesta inoltre l’affermazione, esposta al punto 61 della sentenza impugnata, secondo cui «la [Yieh] non contesta, nell’ambito del presente ricorso, il metodo seguito dalla Commissione per l’elaborazione del valore normale, quale indicato all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base».

31

Infatti, la Yieh sostiene di aver espressamente contestato, al punto 44 del suo ricorso dinanzi al Tribunale, il metodo di calcolo del valore normale quale applicato dalla Commissione, avendo quest’ultima rifiutato di accogliere la sua domanda di detrarre il valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto di cui trattasi, sul fondamento dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base.

32

La Commissione sostiene che, in assenza di elementi di prova sufficienti, non ha avuto altra scelta se non quella di rifiutare di detrarre il valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto di cui trattasi, non potendo dimostrare in modo affidabile, sulla base delle verifiche imposte dall’articolo 6, paragrafo 8, del regolamento di base, se la perdita dichiarata comprendesse i costi materiali rivendicati, né l’importo della detrazione del valore dei rottami riciclati.

33

Inoltre, la Commissione contesta l’interpretazione della Yieh dei punti 60 e 61 della sentenza impugnata.

34

La Eurofer eccepisce l’irricevibilità della prima parte del primo motivo, in quanto, come avrebbe giustamente constatato il Tribunale al punto 61 della sentenza impugnata, l’argomento della Yieh basato sull’erroneità del calcolo del valore normale non era stato dedotto in primo grado.

35

Essa sottolinea, inoltre, che la Yieh non ha fornito argomenti idonei a dimostrare un errore manifesto del Tribunale nell’esame nel merito di tale argomento. Essa ricorda quindi che il rifiuto della Commissione di detrarre il valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto in esame ai fini del calcolo del valore normale costruito è giustificato dal rischio di una doppia detrazione e di una riduzione artificiale dei costi.

– Sulla seconda parte

36

Con la seconda parte del primo motivo, la Yieh sostiene che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base non abbia carattere autonomo. Pertanto, al punto 60 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe subordinato la constatazione di una violazione di detta disposizione ad accertamenti precedentemente effettuati ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, o dell’articolo 2, paragrafo 5, di tale regolamento.

37

Orbene, tale negazione della natura autonoma dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base non solo contrasterebbe con la prassi decisionale dell’OMC relativa alla disposizione corrispondente dell’articolo 2, paragrafo 2, dell’accordo antidumping, ma, inoltre, non consentirebbe alla Yieh di contestare unicamente il metodo di calcolo utilizzato dalla Commissione per determinare il valore normale costruito.

38

Per di più, la portata dell’esame da parte della Commissione della questione della detrazione del valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto di cui trattasi dovrebbe essere diversa a seconda che tale esame sia effettuato nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base o in quello dell’articolo 2, paragrafo 4, di detto regolamento. Quest’ultima disposizione non sarebbe pertinente nel caso di specie a causa della redditività delle vendite interne. Pertanto, il compito della Commissione nel contesto dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base non può essere identico a quello relativo all’articolo 2, paragrafo 4, di detto regolamento, proposto dal Tribunale ai punti da 78 a 80 della sentenza impugnata.

39

La Commissione e la Eurofer contestano l’interpretazione adottata dalla Yieh del punto 60 della sentenza impugnata. Il Tribunale avrebbe dichiarato non già che l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base non è una disposizione autonoma, ma piuttosto che la costruzione del valore normale era la conseguenza dell’applicazione da parte della Commissione dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di base.

Giudizio della Corte

40

Con il suo primo motivo, che riguarda i punti 60 e 61 della sentenza impugnata e che è articolato in due parti che si sovrappongono in gran parte e che possono quindi essere esaminate congiuntamente, la Yieh contesta al Tribunale di aver violato l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base.

41

Va constatato, in proposito, che, come sostiene altresì la Commissione, le diverse critiche mosse dalla Yieh, nell’ambito del suo primo motivo, contro i punti 60 e 61 della sentenza impugnata si basano ampiamente su un’erronea interpretazione di tali punti. Orbene, poiché, in detti punti, il Tribunale, in risposta all’argomento particolare sviluppato dalla Yieh, ha correttamente articolato l’interazione tra le disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 3, e quelle dell’articolo 2, paragrafi 4 e 5, del regolamento di base, si deve ritenere che questi stessi punti non siano viziati da un errore di diritto.

42

Infatti, contrariamente a quanto fa valere la Yieh con la prima parte del suo primo motivo, dai punti 60 e 61 della sentenza impugnata non si può dedurre che il Tribunale avrebbe «escluso l’applicazione» dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base.

43

Inoltre, contrariamente a quanto afferma la Yieh con la seconda parte del suo primo motivo, dai suddetti punti 60 e 61 non si può nemmeno dedurre che il Tribunale avrebbe considerato che l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base non ha «carattere autonomo» in quanto avrebbe subordinato la constatazione di una violazione di tale disposizione ad accertamenti precedentemente effettuati ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, o dell’articolo 2, paragrafo 5, di detto regolamento, che consentono di concludere che esiste una violazione di queste ultime disposizioni, il che, secondo la Yieh, non le avrebbe consentito di contestare unicamente il metodo di calcolo utilizzato dalla Commissione per determinare il valore normale costruito, sebbene essa avesse sollevato tale censura dinanzi al Tribunale.

44

In proposito, i punti 60 e 61 della sentenza impugnata devono essere situati nel contesto in cui il Tribunale ha esaminato il primo motivo di ricorso, vale a dire, essenzialmente, come risulta dai punti 29, 48, 49 e 56 della sentenza impugnata, alla luce dell’argomento della Yieh secondo cui il rifiuto della Commissione, in violazione dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base, di detrarre il valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto in questione ha avuto la conseguenza di «aumentare artificialmente» il valore normale, in violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, di detto regolamento, il che avrebbe comportato un aumento della quota dei tipi di prodotti per i quali il valore normale è stato costruito sulla base delle vendite effettuate a prezzi inferiori ai costi di fabbricazione.

45

Orbene, ai punti da 52 a 55 della sentenza impugnata, il Tribunale richiama giustamente la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina (C‑393/13 P, EU:C:2014:2245), vertente sull’interazione tra, in particolare, le disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base e quelle dell’articolo 2, paragrafo 4, del medesimo regolamento.

46

In un caso come quello della fattispecie, tale interazione si manifesta come segue.

47

Se, nel corso dell’inchiesta, la Commissione constata che alcune vendite interne non sono redditizie poiché sono state effettuate a prezzi inferiori al «costo di produzione», ossia i costi di produzione unitari (fissi e variabili), con l’aggiunta delle spese generali, amministrative e di vendita, in un periodo di tempo prolungato, in quantitativi consistenti e a prezzi che non consentono di coprire tutti i costi entro un congruo termine, tali vendite sono considerate come non eseguite nell’ambito di «normali operazioni commerciali» e devono quindi essere escluse dalla base di calcolo per la determinazione del valore normale a norma dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di base. In tal caso, era applicabile l’articolo 2, paragrafo 3, di tale regolamento, il quale prevedeva che, per i tipi di prodotto in questione, fosse calcolato un altro valore normale, denominato «costruito», sulla base di detto costo di produzione maggiorato di un congruo margine di profitto.

48

In tale contesto, al punto 60 della sentenza impugnata, il Tribunale afferma che il ricorso della Commissione, per alcune vendite interne, ad un valore normale costruito non scaturisce dalla constatazione di una «particolare situazione di mercato» relativa al fatto che i prezzi sarebbero «artificialmente bassi», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base. Tale constatazione, di natura essenzialmente fattuale, non è contestata dalla Yieh in sede di impugnazione.

49

Occorre rilevare che, nel medesimo punto 60, per quanto riguarda, in particolare, l’interazione richiamata al punto 47 della presente sentenza, il Tribunale afferma giustamente che tale ricorso ad un valore normale costruito «è la conseguenza diretta» della constatazione da parte della Commissione che alcune vendite interne sono state effettuate a prezzi inferiori ai costi di produzione, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di base, «a seguito del rigetto da parte della Commissione della richiesta di detrazione dei rottami presentata dalla ricorrente».

50

Come conferma il punto 56 della sentenza impugnata, al punto 60 di tale sentenza, il Tribunale ha proceduto ad una constatazione di fatto, vale a dire che, nel caso di specie, l’utilizzo da parte della Commissione, per una «minoranza» delle vendite interne, di un valore normale costruito, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, discende direttamente dal fatto che, a seguito del rigetto da parte della Commissione della richiesta di detrazione del valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto in questione formulata dalla Yieh, tali vendite interne sono state considerate come eseguite a prezzi inferiori al costo di produzione, a norma dell’articolo 2, paragrafo 4, di detto regolamento, anche se sarebbero state redditizie e non sarebbero quindi state escluse in forza di quest’ultima disposizione se la Commissione avesse accolto detta richiesta di detrazione e avesse conseguentemente ridotto detto costo di produzione per gli importi richiesti e, pertanto, il valore normale.

51

Tale constatazione di fatto, poiché riguarda solo un «certo numero di operazioni commerciali dichiarate dalla [Yieh]», non può, contrariamente a quanto afferma quest’ultima, essere interpretata nel senso che un valore normale sarebbe stato calcolato nei soli casi di vendite non redditizie. Non vi è quindi alcuna contraddizione tra il punto 60 della sentenza impugnata e il considerando 74 del regolamento provvisorio, il quale afferma che è stato utilizzato un valore costruito anche nel caso di vendite interne insufficienti, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base.

52

Sebbene, con il suo primo motivo, la Yieh rimetta in discussione questa stessa constatazione di fatto, occorre ricordare in via preliminare, in primo luogo, che, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è l’unico competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo sottopostogli e, dall’altro, a valutare tali fatti nonché gli elementi di prova. Pertanto, la valutazione di tali fatti ed elementi di prova, salvo il caso di un loro snaturamento, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 2018, Philips e Philips France/Commissione, C‑98/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:774, punto 40, nonché dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia, C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punti 9293 e giurisprudenza ivi citata).

53

Inoltre, il ricorrente che alleghi uno snaturamento dei fatti o degli elementi di prova da parte del Tribunale deve, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte, indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a compiere tale snaturamento. Peraltro, secondo costante giurisprudenza, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia, C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

54

La Corte ne ha dedotto di non essere competente a constatare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove che il Tribunale ha assunto a sostegno di tali fatti. Una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali di diritto nonché le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Tale valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte (sentenza del 2 giugno 2016, Photo USA Electronic Graphic/Consiglio, C‑31/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:390, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

55

In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, nel settore della politica commerciale comune e specialmente in materia di misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche e politiche che devono esaminare (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

56

Sempre secondo costante giurisprudenza, il controllo giurisdizionale di tale ampio potere discrezionale deve essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati, dell’assenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

57

Come affermato dal Tribunale al punto 68 della sentenza impugnata, tale limitato controllo giurisdizionale si estende in particolare alla scelta fra i diversi metodi di calcolo del margine di dumping e alla determinazione del valore normale di un prodotto.

58

La Corte ha altresì dichiarato a più riprese che il controllo da parte del Tribunale degli elementi di prova sui quali le istituzioni dell’Unione fondano le proprie constatazioni non costituisce una nuova valutazione dei fatti che sostituisce quella di tali istituzioni. Tale controllo non incide sull’ampio potere discrezionale di dette istituzioni nell’ambito della politica commerciale, ma si limita a rilevare se i suddetti elementi siano idonei a suffragare le conclusioni cui sono giunte le istituzioni. Il Tribunale è quindi tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

59

Alla luce di tale giurisprudenza, la constatazione di fatto operata dal Tribunale al punto 60 della sentenza impugnata potrebbe essere rimessa in discussione solo se fosse dimostrato che la sua inesattezza materiale risulti dai documenti del fascicolo sottoposti al Tribunale. Orbene, nella fattispecie, la Yieh non ha dimostrato che questo sia il caso.

60

Inoltre, la Yieh non deduce né dimostra uno snaturamento dei fatti da parte del Tribunale nella valutazione di questi ultimi.

61

Essa non dimostra nemmeno che potrebbe contestarsi al Tribunale di non aver constatato che, in applicazione della giurisprudenza ricordata al punto 56 della presente sentenza, la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione di tali fatti.

62

Inoltre, dal considerando 74 del regolamento provvisorio non risulta che, come sostiene la Yieh, la Commissione abbia utilizzato non già un valore normale costruito per i tipi di prodotti per i quali sono state constatate vendite non redditizie, ma piuttosto un prezzo di vendita medio ponderato. Infatti, tale considerando si limita ad indicare che un valore normale costruito è stato utilizzato anche tenendo conto «[dell’assenza di] vendite nel corso di normali operazioni commerciali».

63

Infine, contrariamente a quanto sostiene la Yieh, il Tribunale, al punto 61 della sentenza impugnata, ha effettivamente esaminato il suo argomento vertente su una violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base.

64

Infatti, in tale punto, il Tribunale, dall’esclusione, nel regolamento controverso, di alcune vendite interne dalla determinazione del valore normale, in ragione della constatazione del loro carattere non redditizio ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di base, ha dedotto che «una violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, [di tale regolamento], nella parte in cui elenca le differenti situazioni che determinano l’obbligo dell’autorità incaricata dell’inchiesta di calcolare il valore normale del prodotto in questione del produttore-esportatore, non può, in ogni caso, essere accertata ai fini dell’annullamento del regolamento [controverso], indipendentemente dalla constatazione di una violazione dell’articolo 2, paragrafo 4, dello stesso regolamento». Esso ha aggiunto che, «per il resto, la [Yieh] non contesta, nell’ambito del [presente ricorso in primo grado], il metodo seguito dalla Commissione per l’elaborazione del valore normale, quale indicato all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base».

65

Sebbene il Tribunale, al punto 61 della sentenza impugnata, non concluda per il rigetto della censura relativa alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, tale rigetto è enunciato chiaramente al punto 111 di tale sentenza dopo che, ai punti da 62 a 110 della medesima sentenza, il Tribunale ha proceduto all’esame esaustivo e al rigetto della censura vertente sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 5, di tale regolamento.

66

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il primo motivo.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base

Argomenti delle parti

67

Con il suo secondo motivo, la Yieh fa valere che il Tribunale non ha adeguatamente ponderato i suoi interessi e le esigenze di verifica della Commissione nell’ambito della sua inchiesta, il che costituirebbe una violazione dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base.

68

Il Tribunale avrebbe tuttavia esso stesso riconosciuto, conformemente all’allegato II dell’accordo antidumping e alla relativa prassi decisionale, la necessità di un siffatto equilibrio tra le esigenze di verifica della Commissione e i diritti della Yieh derivanti dall’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base.

69

Nel caso di specie, secondo la Yieh, il Tribunale ha accordato preferenza alle esigenze di verifica della Commissione, concludendo che, vista l’importanza della questione della redditività delle vendite interne nell’ambito dell’inchiesta antidumping, la Commissione aveva il diritto di ottenere informazioni molto precise sui costi della Yieh e aveva potuto giustamente escludere il metodo di contabilizzazione dei costi utilizzato da quest’ultima per contabilizzare la perdita di produzione dei rottami.

70

Inoltre, il Tribunale, respingendo, al punto 94 della sentenza impugnata, l’argomento secondo cui la raccolta di dati precisi relativi ai volumi degli arrotolati laminati a caldo avrebbe comportato un carico di lavoro sproporzionato in capo alla Yieh, avrebbe omesso di procedere a una valutazione di fatto di tale carico di lavoro e non avrebbe ponderato quest’ultimo con le esigenze dell’inchiesta.

71

La Commissione e la Eurofer contestano la ricevibilità di alcuni degli argomenti dedotti dalla Yieh nell’ambito del suo secondo motivo e sostengono che, in ogni caso, tale motivo è infondato.

Giudizio della Corte

72

Con il suo secondo motivo, la Yieh censura l’esame, effettuato dal Tribunale ai punti da 69 a 111 della sentenza impugnata, del suo motivo relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base e diretto contro il rifiuto della Commissione di accogliere la sua richiesta di detrarre dai costi di produzione del prodotto di cui trattasi un valore determinato di rottami riciclati.

73

In proposito, la Yieh contesta al Tribunale, da un lato, di non aver ponderato adeguatamente i suoi interessi e le esigenze di verifica della Commissione nell’ambito della sua inchiesta, il che costituirebbe una violazione di detta disposizione.

74

Dall’altro lato, la Yieh sostiene che, quando il Tribunale, al punto 94 della sentenza impugnata, ha respinto il suo argomento secondo cui la raccolta di dati sul volume esatto degli arrotolati laminati a caldo acquistati per fabbricare proprio il prodotto di cui trattasi avrebbe comportato per essa un carico di lavoro sproporzionato, ha omesso di procedere ad una valutazione di fatto di tale carico di lavoro e non ha ponderato quest’ultimo con le esigenze dell’inchiesta.

75

Al riguardo, è giocoforza anzitutto constatare che questo secondo motivo, ad eccezione del punto 94 della sentenza impugnata, non concerne alcun punto particolare di detta sentenza.

76

Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura emerge che l’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. A tale proposito, l’articolo 169, paragrafo 2, di detto regolamento richiede che i motivi e gli argomenti di diritto dedotti individuino con precisione i punti della motivazione della decisione del Tribunale oggetto di contestazione (sentenza del 28 febbraio 2018, mobile.de/EUIPO, C‑418/16 P, EU:C:2018:128, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

77

Il rispetto di quest’ultimo requisito è tanto più importante nel caso di specie in quanto il motivo in questione riguarda potenzialmente un ampio complesso di valutazioni di natura essenzialmente fattuale, realizzate alla luce delle disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento di base e contenute nei punti da 69 a 111 della sentenza impugnata nell’ambito di un ragionamento dettagliato.

78

Ne consegue che il secondo motivo è irricevibile, nella misura in cui non riguarda alcun altro punto della sentenza impugnata diverso dal punto 94 della medesima.

79

Inoltre, nella misura in cui si riferisce a tale punto 94, dalla stessa formulazione di quest’ultimo risulta che, in detto punto, il Tribunale ha esaminato e poi respinto l’argomento, sollevato dalla Yieh in risposta a un quesito scritto del Tribunale nonché in udienza, secondo cui, da un lato, la ricerca di informazioni sul volume esatto di arrotolati laminati a caldo acquistati per fabbricare proprio il prodotto di cui trattasi avrebbe comportato un carico di lavoro sproporzionato e, dall’altro, in assenza di solleciti da parte della Commissione, la Yieh poteva legittimamente ritenere che tali informazioni non fossero più necessarie.

80

In proposito il Tribunale ha constatato, nel suddetto punto 94, che, da un lato, la Commissione non aveva mai espresso la benché minima intenzione di rinunciare ad ottenere detta informazione e, dall’altro, la ricorrente non aveva diligentemente chiesto a detta istituzione se confermasse la presunta rinuncia all’informazione richiesta. Esso ha anche aggiunto, al medesimo punto 94, che la Commissione aveva giustamente rilevato di non essere ritornata su detta richiesta di informazioni nel suo questionario complementare elaborato dopo la visita di verifica, dal momento che quest’ultimo riguardava unicamente le vendite all’esportazione e non aveva alcuna incidenza sulla richiesta di cui trattasi.

81

Il punto 94 della sentenza impugnata deve essere interpretato inoltre nel contesto del ragionamento dettagliato svolto ai punti da 69 a 111 di tale sentenza, con il quale il Tribunale ha evidenziato che, secondo la sua valutazione degli elementi di prova, la Commissione non poteva essere censurata per aver respinto la domanda di detrazione del valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto in esame, in quanto, in mancanza di informazioni complete e affidabili sui volumi degli arrotolati laminati a caldo acquistati per fabbricare il prodotto in questione, informazioni che aveva peraltro richiesto, non era stata in grado di verificare l’esattezza di tale detrazione.

82

Al punto 105 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sintetizzato la sua valutazione inerente ai vari argomenti della Yieh diretti a contestare il rifiuto della Commissione di accogliere la sua domanda di detrazione del valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto in esame, sottolineando che, sebbene la Yieh avesse effettivamente fornito alcune informazioni supplementari, anche dopo la visita di verifica in loco nonché dopo l’adozione del regolamento provvisorio, essa, per contro, non aveva mai fornito le informazioni sul quantitativo esatto di arrotolati laminati a caldo consumati per la fabbricazione del prodotto in questione che la Commissione poteva considerare indispensabili per lo svolgimento dei suoi compiti di verifica, in particolare poiché la domanda di detrazione del valore dei rottami riciclati dal costo di produzione del prodotto di cui trattasi era collegata al volume di arrotolati laminati a caldo consumati nell’ambito della fabbricazione del medesimo prodotto.

83

Tuttavia, tali diverse valutazioni di natura essenzialmente fattuale svolte dal Tribunale, anche nel punto 94 della sentenza impugnata, non possono essere rimesse in discussione dalla Yieh sulla base di una censura vertente su una ponderazione asseritamente inadeguata degli interessi in gioco.

84

Infatti, come ricordato al punto 52 della presente sentenza, la valutazione dei fatti da parte del Tribunale non costituisce, salvo il caso di un loro snaturamento, una questione di diritto soggetta, come tale, al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione

85

Orbene, nel caso di specie, poiché la Yieh non ha dimostrato tale snaturamento, il suo motivo inerente ad una ponderazione inadeguata da parte del Tribunale, nel punto 94 della sentenza impugnata, degli interessi in gioco è irricevibile in sede di impugnazione.

86

Alla luce di quanto precede, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto irricevibile nel suo insieme.

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base

Argomenti delle parti

87

Con il suo terzo motivo, la Yieh sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base dichiarando, in sostanza, ai punti da 129 a 135 della sentenza impugnata, che la Commissione poteva rifiutarsi di prendere in considerazione, ai fini della determinazione del valore normale, le vendite interne in quanto i prodotti in esame non erano destinati al consumo su tale mercato ma erano destinati all’esportazione, senza che tale istituzione fosse tenuta a dimostrare un’intenzione o una conoscenza specifica da parte del produttore-esportatore in merito a detta destinazione al momento della vendita.

88

In primo luogo, la Yieh contesta che l’analisi delle diverse versioni linguistiche dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, effettuata ai punti 129 e 130 della sentenza impugnata, possa confermare la conclusione del Tribunale secondo cui tale disposizione non impone alla Commissione di dimostrare la conoscenza o l’intenzione del produttore-esportatore in merito alla destinazione finale dei prodotti di cui trattasi al momento della vendita.

89

In secondo luogo, la Yieh si oppone all’interpretazione contestuale e teleologica del regolamento di base adottata dal Tribunale ai punti 132 e 135 della sentenza impugnata. Essa ritiene che, sebbene dal regolamento di base risulti che il dumping, il pregiudizio e l’elusione ai sensi di tale regolamento possono essere accertati indipendentemente dall’intenzione del produttore-esportatore, resti cionondimeno il fatto che esiste un elemento soggettivo nell’applicazione di una misura antidumping, dato che si tratta di sanzionare un comportamento «sleale» dei produttori-esportatori interessati. Inoltre, altre disposizioni del regolamento di base e altri strumenti di difesa commerciale, in particolare le «norme anti-sovvenzioni», imporrebbero all’autorità incaricata dell’inchiesta di verificare la conoscenza soggettiva e l’intenzione dei produttori-esportatori.

90

In terzo luogo, sarebbe circolare il ragionamento seguito dal Tribunale, al punto 134 della sentenza impugnata, secondo cui la necessità di dimostrare l’intenzione o la conoscenza effettiva del venditore, al momento della vendita, in merito alla destinazione finale del prodotto in questione equivarrebbe a consentire di tener conto, ai fini della determinazione del valore normale, dei prezzi dei prodotti esportati che possono falsare quest’ultima.

91

La Commissione e la Eurofer contestano gli argomenti della Yieh e sostengono che il terzo motivo deve essere respinto, in quanto l’analisi effettuata dal Tribunale non è viziata da alcun errore di diritto.

Giudizio della Corte

92

In via preliminare si deve sottolineare che dalla norma, prevista all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base, secondo cui «[i]l valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore», e da quella, enunciata all’articolo 2, paragrafo 2, di tale regolamento, secondo cui «[l]e vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno sono di norma utilizzate per determinare il valore normale» risulta che non sono prese in considerazione ai fini della determinazione del valore normale le vendite interne qualora i prodotti oggetto di tali vendite siano destinati non già al consumo su tale mercato, ma ad un’altra finalità come la loro esportazione.

93

Si pone dunque la questione se, come fa valere la Yieh, l’espressione «destinato al consumo», a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, implichi l’esistenza di un elemento soggettivo.

94

In base all’approccio «soggettivo», quale sostenuto dalla Yieh nell’ambito del suo terzo motivo, tale espressione deve essere intesa nel senso che le vendite interne potrebbero essere escluse dalla base di calcolo per la determinazione del valore normale solo se la Commissione dimostra che, al momento della loro conclusione, il venditore aveva l’intenzione o la conoscenza effettiva della successiva esportazione del prodotto di cui trattasi.

95

Al contrario, secondo l’approccio «oggettivo», adottato, in sostanza, dal Tribunale ai punti da 136 a 142 della sentenza impugnata, per poter escludere talune vendite interne dalla base di calcolo per la determinazione del valore normale, basterebbe che la Commissione disponga di sufficienti elementi di prova oggettivi che attestino che le vendite di cui trattasi sono in realtà vendite all’esportazione.

96

In proposito, ai punti 128 e 129 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente preso come punto di partenza del suo ragionamento la constatazione che la versione in lingua inglese dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, nella misura in cui contiene i termini «intended for consumption», è formulata in modo tale da suggerire che l’intenzione del venditore è il criterio rilevante, il che sembra poter deporre a favore dell’approccio soggettivo evocato al punto 94 della presente sentenza. Si può aggiungere che la versione in lingua svedese, nella misura in cui utilizza la nozione «avsedd», corrisponde al riguardo alla parola «intended» utilizzata nella versione in lingua inglese.

97

Per contro, depone piuttosto per l’approccio oggettivo, richiamato al punto 95 della presente sentenza, il fatto che, nella maggior parte delle versioni linguistiche, in particolare nelle otto versioni, tra cui la versione in lingua francese, alle quali fa riferimento il Tribunale e alle quali si possono aggiungere le versioni in lingua portoghese e rumena che utilizzano, rispettivamente, i termini «destinado» e «destinat», siano utilizzate nozioni che si riferiscono alla destinazione del prodotto e non, o non necessariamente, all’intenzione o alla conoscenza del produttore-esportatore.

98

In proposito, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, l’espressione «destinato al consumo sul mercato interno», utilizzata all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, significa, secondo la comune accezione, che, affinché le vendite nel paese esportatore possano essere incluse nella base di calcolo per la determinazione del valore normale, i prodotti oggetto di tali vendite devono essere «assegnati», «riservati» o «finalizzati» al consumo interno.

99

In presenza di simili difformità tra diverse versioni linguistiche dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, per quanto concerne in particolare l’espressione «destinato al consumo», detta disposizione, secondo la giurisprudenza costante della Corte, deve essere intesa in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui fa parte (v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2021, Banco de Portugal e a., C‑504/19, EU:C:2021:335, punto 41).

100

Occorre quindi esaminare i vari elementi contestuali e teleologici presentati dal Tribunale ai punti da 130 a 135 della sentenza impugnata a sostegno di un’interpretazione oggettiva dell’espressione «destinato al consumo», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, alcuni dei quali sono censurati dalla Yieh.

101

Tuttavia, va ricordato in via preliminare che, secondo una giurisprudenza costante, la prevalenza degli accordi internazionali conclusi dall’Unione sulle norme di diritto derivato impone di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme agli accordi (v., in particolare, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

102

Inoltre, la Corte ha già fatto riferimento a relazioni di un gruppo speciale dell’OMC o dell’organo di appello istituito all’interno di quest’ultimo a sostegno della sua interpretazione di disposizioni di accordi contenuti nell’allegato all’accordo OMC, firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 (v., in particolare, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

103

Ciò precisato, occorre constatare, in primo luogo, che, come osserva giustamente il Tribunale al punto 130 della sentenza impugnata, l’articolo 2.1 dell’accordo antidumping, i cui termini corrispondono a quelli dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, utilizza, nelle tre lingue ufficiali del segretariato dell’OMC, le espressioni, rispettivamente, «destined for consumption» nella versione in lingua inglese, «destiné à la consommation» nella versione in lingua francese e «destinado al consumo» nella versione in lingua spagnola.

104

In secondo luogo, sempre giustamente, il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, al punto 131 della sentenza impugnata, che, sebbene la prova dell’intenzione o della conoscenza effettiva del produttore-esportatore in merito alla successiva esportazione del prodotto in questione sia sufficiente per concludere che la vendita non può essere qualificata come vendita destinata al consumo interno e non può quindi essere inclusa nella base di calcolo utilizzata per la determinazione del valore normale, da ciò non si può dedurre che la mancata conoscenza effettiva da parte sua del fatto che il prodotto in esame è destinato all’esportazione conduce necessariamente a ritenere che la vendita in questione sia destinata al consumo interno e debba pertanto essere inclusa in detta base di calcolo, laddove tale prodotto è stato esportato.

105

Pertanto, contrariamente all’approccio soggettivo sostenuto dalla Yieh, la prova dell’intenzione o della conoscenza effettiva in capo al produttore-esportatore, al momento della vendita, in merito alla successiva esportazione del prodotto di cui trattasi non costituisce una condizione che deve necessariamente essere soddisfatta affinché la Commissione escluda la vendita in esame dalla base di calcolo utilizzata per la determinazione del valore normale.

106

In tale contesto, come risulta, in sostanza, dal punto 131 della sentenza impugnata, non può avvalorare l’approccio soggettivo sostenuto dalla Yieh la sola osservazione emessa dal gruppo speciale dell’OMC nella nota a piè di pagina n. 339 della sua relazione, del 16 novembre 2007, redatta nell’ambito della controversia «Comunità europee – Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia» (WT/DS 337/R), secondo cui, qualora un produttore vendesse un prodotto ad un esportatore o ad un negoziante indipendente, «sapendo che tale prodotto [sarebbe] esportato», tale vendita non potrebbe essere qualificata come vendita destinata al consumo interno.

107

È vero che, come parimenti rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, da detta osservazione emerge che la conoscenza effettiva da parte dell’esportatore-produttore della destinazione all’esportazione del prodotto di cui trattasi non è priva di rilevanza ai fini dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, poiché tale conoscenza deve, di per sé, condurre necessariamente ad escludere le vendite in questione dalla base di calcolo utilizzata per determinare il valore normale.

108

Tuttavia, come parimenti osservato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, da detta osservazione, che ha carattere preciso e fattuale, non si può dedurre che la prova di tale conoscenza effettiva riguardo all’esportazione del prodotto di cui trattasi sia una condizione che deve essere comunque soddisfatta affinché l’autorità incaricata dell’inchiesta sia tenuta ad escludere una vendita dalla determinazione della base di calcolo utilizzata per la determinazione del valore normale in ragione del fatto che il prodotto in questione è destinato all’esportazione.

109

In terzo luogo, come giustamente osservato dal Tribunale al punto 132 della sentenza impugnata, le nozioni di «dumping», di «pregiudizio» e di «elusione», quali definite nel regolamento di base, richiedono il soddisfacimento di condizioni oggettive che sono, in linea di principio, indipendenti da un’intenzione o da una conoscenza specifica dell’operatore.

110

In particolare, per quanto concerne il calcolo del margine di dumping, l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, relativo alla determinazione del valore normale, al pari dell’articolo 2, paragrafo 8, di tale regolamento, inerente alla determinazione del prezzo all’esportazione, non si riferiscono in alcun modo alla conoscenza da parte dell’interessato della destinazione del prodotto di cui trattasi.

111

Se è vero che, come rilevato dalla Yieh e constatato dal Tribunale al punto 132 della sentenza impugnata, l’articolo 10, paragrafo 4, del regolamento di base conteneva un criterio di natura soggettiva, in quanto l’applicazione retroattiva di un dazio antidumping richiedeva che «l’importatore [era] oppure [avrebbe dovuto] essere informato delle pratiche di dumping per quanto riguarda la loro portata e il pregiudizio addotto o accertato», si tratta piuttosto, come sostiene giustamente la Commissione, di un’eccezione prevista espressamente dal regolamento di base, che conferma la natura oggettiva di un’inchiesta antidumping.

112

In ogni caso, anche tale disposizione, essendo applicabile anche quando l’importatore «[avrebbe dovuto] essere informato» degli elementi in essa menzionati, non richiede necessariamente una conoscenza effettiva da parte del produttore-esportatore e non corrobora quindi la tesi soggettiva sostenuta dalla Yieh.

113

Inoltre, contrariamente a quanto fa valere la Yieh, l’interpretazione soggettiva sostenuta da quest’ultima non può nemmeno fondarsi sulla circostanza che la Commissione è tenuta a prendere in considerazione il comportamento individuale degli esportatori che collaborano all’inchiesta.

114

Infatti, sebbene la necessità di una valutazione individuale per ciascun produttore-esportatore delle importazioni oggetto di dumping comporti, in particolare, che debba calcolarsi un margine di dumping individuale per ciascun esportatore, purché abbia collaborato all’inchiesta, ciò non implica tuttavia che tali importazioni debbano essere valutate su base soggettiva.

115

In quarto luogo, al punto 133 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato giustamente che un’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base secondo cui non è necessario ricercare un’intenzione o una conoscenza specifica o effettiva del venditore in merito alla destinazione finale del prodotto in questione è anche conforme alla finalità dell’inchiesta antidumping.

116

Infatti, quest’ultima mira essenzialmente a che, sulla base delle risposte fornite al questionario antidumping dagli operatori che hanno collaborato, delle eventuali verifiche in loco e delle osservazioni degli interessati, la Commissione possa stabilire in modo obiettivo un insieme di elementi prima di poter imporre un dazio antidumping, in particolare l’esistenza di un dumping dopo aver determinato il valore normale del prodotto in esame conformemente all’articolo 2 del regolamento di base.

117

Orbene, come osservato dal Tribunale al punto 134 della sentenza impugnata, tale finalità rischierebbe di essere compromessa se, come sostiene la Yieh, l’esistenza di un’intenzione o di una conoscenza specifica o effettiva del venditore in merito alla destinazione finale del prodotto in questione dovesse essere sistematicamente dimostrata dalla Commissione.

118

Infatti, potrebbe spesso risultare impossibile, in pratica, fornire tale prova, il che equivarrebbe in definitiva a consentire di tener conto, ai fini della determinazione del valore normale conformemente all’articolo 2 del regolamento di base, dei prezzi di prodotti esportati che possono falsare e compromettere la corretta determinazione di detto valore normale.

119

Contrariamente a quanto sostiene la Yieh, il ragionamento seguito dal Tribunale al punto 134 della sentenza impugnata non può essere considerato circolare.

120

Va rilevato, al riguardo, che l’interpretazione del regolamento di base adottata dalla Yieh rischia, in pratica, di rendere difficile, se non impossibile, la prosecuzione efficace di un’inchiesta antidumping.

121

Inoltre, un’analisi della finalità dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base conferma anch’essa che l’interpretazione soggettiva dell’espressione «destinato al consumo» che figura nel medesimo, quale sostenuta dalla Yieh, non può essere accolta.

122

Infatti, l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base mira a garantire che il valore normale di un prodotto corrisponda il più possibile al prezzo normale del prodotto simile sul mercato interno del paese esportatore. Orbene, se una vendita è conclusa a termini e condizioni che non corrispondono alla prassi commerciale relativa alle vendite del prodotto simile in detto mercato al momento rilevante per la determinazione dell’esistenza del dumping, essa non costituisce una base adeguata per determinare il valore normale del prodotto simile nel suddetto mercato (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina, C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 28).

123

In quinto e ultimo luogo, al punto 135 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente dichiarato che un’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base secondo cui non è necessario ricercare un’intenzione o una conoscenza specifica o effettiva del venditore in merito alla destinazione finale del prodotto di cui trattasi è compatibile con i principi di prevedibilità e di certezza del diritto invocati dalla Yieh, mentre l’interpretazione soggettiva suggerita da quest’ultima richiederebbe la prova dell’esistenza di un elemento soggettivo che rischierebbe, in pratica, di rivelarsi aleatorio, o addirittura, come rilevato al punto 120 della presente sentenza, impossibile da stabilire.

124

Ciò detto, un approccio basato su un’interpretazione puramente oggettiva della nozione di «vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, implica che la mera prova che, in qualsiasi momento dopo la vendita iniziale dei prodotti di cui trattasi da parte del produttore-esportatore sul mercato interno, un operatore a valle della catena di distribuzione abbia esportato tali prodotti sarebbe sufficiente affinché la Commissione possa ritenere che questi ultimi fossero, al momento della loro vendita iniziale, «destinati» all’esportazione e quindi, come affermato dal Tribunale al punto 143 della sentenza impugnata, costituissero vendite con un’«effettiva destinazione all’esportazione» che dovevano pertanto essere escluse dalla base di calcolo utilizzata per la determinazione del valore normale.

125

Orbene, siffatta interpretazione puramente oggettiva, nella misura in cui non attribuisce alcuna importanza all’esistenza di un collegamento tra le caratteristiche della vendita iniziale da parte dell’esportatore-produttore, tra cui, innanzitutto, il prezzo e la successiva esportazione da parte del suo cliente o di un altro operatore a valle della catena di distribuzione del prodotto di cui trattasi, comporta, come sostiene la Yieh, che i principi di prevedibilità e di certezza del diritto non siano pienamente rispettati, dal momento che tale interpretazione consentirebbe alla Commissione di imporre dazi antidumping indipendentemente dalla politica dei prezzi del produttore-esportatore e obbligherebbe quest’ultimo a rispondere delle politiche di marketing dei suoi clienti indipendenti che, in linea di principio, non è in grado di controllare.

126

Al riguardo, sebbene, per le ragioni esposte ai punti da 103 a 123 della presente sentenza, l’interpretazione puramente soggettiva della nozione di «vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno [del paese esportatore]», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, non possa essere accolta, da ciò non deriva tuttavia che occorra necessariamente adottare un’interpretazione puramente oggettiva di detta nozione.

127

Infatti, al fine di garantire, in particolare, che i principi di prevedibilità e di certezza del diritto siano pienamente rispettati, la nozione di «vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno[del paese esportatore]», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, deve essere interpretata nel senso che, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, la Commissione può escludere una vendita interna dalla base di calcolo utilizzata per la determinazione del valore normale solo se prova l’esistenza di un fattore di connessione oggettivo tra tale vendita e una destinazione del prodotto in questione diversa dal consumo interno.

128

Come parimenti rilevato dall’avvocato generale nello stesso paragrafo 58 delle sue conclusioni, una siffatta interpretazione di tale disposizione si impone anche in ragione della finalità di quest’ultima che, come ricordato al punto 122 della presente sentenza, mira a garantire che il valore normale di un prodotto corrisponda il più possibile al prezzo normale del prodotto simile sul mercato interno del paese esportatore.

129

Ne consegue che la Commissione può legittimamente escludere una vendita dalla base di calcolo utilizzata per la determinazione del valore normale a motivo dell’esportazione del prodotto di cui trattasi solo se dimostra che dalle circostanze oggettive che accompagnano tale vendita, tra le quali, innanzitutto, il prezzo, discende che i prodotti oggetto di detta vendita hanno una destinazione diversa dal consumo sul mercato interno del paese esportatore, quale l’esportazione.

130

Infatti, se la Commissione dimostra l’esistenza di circostanze simili connesse alla vendita iniziale, si può ritenere che il produttore-esportatore in questione dovesse ragionevolmente sapere, al momento della conclusione della vendita, che, con ogni probabilità, la destinazione finale del prodotto in esame era l’esportazione e non il consumo sul mercato interno del paese esportatore.

131

Una siffatta conoscenza di natura «presunta», concetto di cui occorre sottolineare il carattere sostanzialmente diverso da quello di intenzione o di conoscenza effettiva, può essere dedotta, ad esempio, da elementi di prova oggettivi che dimostrino che l’esportatore ha venduto i prodotti di cui trattasi sulla base del suo listino prezzi all’esportazione o che il produttore-esportatore sapeva o avrebbe dovuto ragionevolmente sapere che il suo cliente operava esclusivamente o principalmente nel commercio all’esportazione dei prodotti in questione.

132

Pertanto, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 53 delle sue conclusioni, è ben possibile che, indipendentemente dalla prova di una volontà o di una conoscenza effettiva in capo al produttore-esportatore in merito al fatto che i prodotti di cui trattasi sono destinati all’esportazione, possa desumersi da alcuni elementi oggettivi relativi alle vendite o all’acquirente che acquista tali prodotti la conclusione che questi ultimi siano destinati, vale a dire «assegnati» o «finalizzati», all’esportazione.

133

Orbene, ciò è proprio quanto avviene nel caso di specie, come risulta dai punti da 136 a 142 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha esaminato l’approccio preciso adottato dalla Commissione nel regolamento controverso e che l’ha portata ad escludere dalla base di calcolo per la determinazione del valore normale le vendite effettuate dalla Yieh, a Taiwan, al suo cliente indipendente, pari a 120000 tonnellate del prodotto in questione.

134

Infatti, come rilevato dal Tribunale al punto 136 della sentenza impugnata, nel regolamento provvisorio la Commissione aveva inizialmente adottato un approccio «prudente», consistente nell’escludere da tale base di calcolo la totalità delle vendite della Yieh del prodotto di cui trattasi ad alcuni distributori stabiliti in Taiwan.

135

Tuttavia, come emerge dal punto 137 della sentenza impugnata, successivamente, la Commissione, come indicato al considerando 59 del regolamento controverso, ha sostituito tale approccio «globale» con un approccio consistente nell’escludere dalla base di calcolo utilizzata per la determinazione del valore normale solo le vendite interne per le quali disponeva di «sufficienti prove oggettive della loro esportazione effettiva». Per contro, secondo tale punto 137 della sentenza impugnata, dallo stesso considerando 59 del regolamento controverso risulta anche che «elementi soggettivi quali l’intenzione o la conoscenza, o la mancata conoscenza [da parte del produttore-esportatore], non hanno minimamente influito, nel caso di specie, sulla valutazione oggettiva effettuata dalla Commissione, contrariamente all’esistenza di sconti orientati all’esportazione, che è stata utilizzata, in particolare, come elemento di prova rilevante».

136

A quest’ultimo riguardo, come indicato, in sostanza, dal Tribunale ai punti 138 e 140 della sentenza impugnata con riferimento al considerando 64 del regolamento provvisorio, l’inchiesta della Commissione ha rivelato che, nel caso di specie, un numero rilevante di vendite dichiarate dalla Yieh come interne era stato oggetto di uno sconto all’esportazione destinato ad incentivare i distributori ad esportare i prodotti di cui trattasi dopo la loro trasformazione, che implicava, tutt’al più, operazioni minori, senza che il prodotto che ne risultava fosse modificato in misura tale da non rientrare più nella definizione del prodotto di cui trattasi.

137

Al punto 141 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto, in particolare, che dai documenti del fascicolo risultava che detto sconto riguardava, a titolo esemplificativo, il 40% delle vendite della Yieh al suo maggior cliente in Taiwan effettuate nel mese di dicembre del 2013.

138

Al punto 142 della sentenza impugnata, il Tribunale ha inoltre sottolineato che, come risulta dal considerando 59 del regolamento controverso, è stato possibile raccogliere «ulteriori prove oggettive dell’effettiva esportazione di prodotti di vendite dichiarate come vendite interne».

139

In particolare, in detto punto 142, il Tribunale ha rilevato che l’inchiesta aveva dimostrato che il cliente più importante della Yieh a Taiwan «aveva venduto unicamente una [parte] trascurabile del prodotto in questione sul mercato interno» del paese esportatore, da cui si può dedurre, come osservato anche dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, che tale cliente operava principalmente nel settore dell’esportazione del prodotto di cui trattasi, circostanza che la Yieh non poteva ragionevolmente ignorare.

140

Il Tribunale ne ha concluso, al punto 143 della sentenza impugnata, che la Yieh non aveva dimostrato che la Commissione fosse incorsa in un errore di diritto o in un errore manifesto di valutazione dei fatti, avendo rifiutando di prendere in considerazione le vendite della Yieh al suo cliente indipendente ai fini della determinazione del valore normale per il motivo che esistevano «prove oggettive dell’effettiva destinazione all’esportazione di dette vendite, soprattutto quando è accertato che una parte delle vendite in questione è stata oggetto di un sistema di sconti all’esportazione, come quello applicato dalla [Yieh], ed è stata, pertanto, conclusa a prezzi inferiori al prezzo del prodotto di cui trattasi destinato al consumo sul mercato interno, sapendo che tali prezzi incoraggiavano l’esportazione del prodotto in esame».

141

In proposito, alla luce dell’interpretazione della nozione di «vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno [del paese esportatore]», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, accolta al punto 129 della presente sentenza, occorre constatare che la circostanza secondo cui una parte delle vendite interne della Yieh sia stata oggetto di un sistema di sconti all’esportazione costituisce una circostanza oggettiva relativa a tali vendite e inerente, in particolare, al loro prezzo, da cui discende che i prodotti oggetto di dette vendite erano destinati all’esportazione e non al consumo sul mercato interno.

142

Pertanto, conformemente a quanto risulta dal punto 130 della presente sentenza, la Yieh doveva ragionevolmente sapere, al momento della conclusione di queste stesse vendite, che la destinazione finale del prodotto in esame era, con ogni probabilità, l’esportazione, e non il consumo sul mercato interno del paese esportatore.

143

Del pari, alla luce dei punti 129 e 130 della presente sentenza, dalla circostanza oggettiva rilevata al punto 142 della sentenza impugnata e ricordata al punto 139 della presente sentenza, secondo cui il cliente più importante della Yieh a Taiwan operava principalmente nel settore dell’esportazione del prodotto di cui trattasi, discende che le vendite della Yieh a tale cliente riguardavano, in linea generale, prodotti destinati all’esportazione, e non al consumo sul mercato interno, e che, pertanto, la Yieh doveva ragionevolmente conoscere, al momento della conclusione delle vendite in questione, la destinazione finale del prodotto in esame, vale a dire, con ogni probabilità, l’esportazione.

144

Di conseguenza, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nel dichiarare, al punto 144 della sentenza impugnata, che «la Commissione poteva legittimamente e senza incorrere in un errore manifesto di valutazione escludere le vendite in questione dalla [base di calcolo per la] determinazione del valore normale ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base».

145

Alla luce di quanto precede, occorre respingere il terzo motivo e, pertanto, l’impugnazione nel suo insieme.

Sulle spese

146

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Corte, quando l’impugnazione è respinta, statuisce sulle spese. A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

147

Poiché la Yieh è rimasta soccombente, occorre condannarla a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione e dalla Eurofer, conformemente alla domanda di queste ultime.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Yieh United Steel Corp. è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea e dalla Eurofer, Association européenne de l’acier, ASBL.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.