SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

9 settembre 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 40 – Domanda reiterata – Elementi o risultanze nuovi – Nozione – Circostanze già esistenti prima della chiusura definitiva di un procedimento avente ad oggetto una precedente domanda di protezione internazionale – Principio dell’autorità di cosa giudicata – Colpa del richiedente»

Nella causa C‑18/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 18 dicembre 2019, pervenuta in cancelleria il 16 gennaio 2020, nel procedimento

XY

con l’intervento di:

Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, N. Wahl, F. Biltgen, L.S. Rossi (relatrice) e J. Passer, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll e C. Drexel, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e A. Pagáčová, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

per il governo francese, da E. de Moustier e D. Dubois, in qualità di agenti;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e M.M. Tátrai, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. Condou-Durande, H. Leupold e J. Tomkin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 aprile 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 40 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra XY e il Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Ufficio federale per il diritto degli stranieri e il diritto di asilo, Austria) (in prosieguo: il «Bundesamt») in merito al rigetto da parte di quest’ultimo di una domanda di protezione internazionale presentata da XY.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2005/85/CE

3

La direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU 2005, L 326, pag. 13), è stata abrogata dalla direttiva 2013/32, con effetto dal 21 luglio 2015. L’articolo 34, paragrafo 2, della direttiva 2005/85 così disponeva:

«Gli Stati membri possono stabilire nella legislazione nazionale norme che disciplinino l’esame preliminare di cui all’articolo 32. Queste disposizioni possono in particolare:

(...)

b)

obbligare il richiedente a presentare le nuove informazioni entro un determinato termine dopo che è venuto in possesso di tale informazione;

(...)».

Direttiva 2013/32

4

I considerando 3, 18 e 36 della direttiva 2013/32 recitano come segue:

«(3)

Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull’applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 (...), affermando in questo modo il principio di “non-refoulement” (non respingimento) e garantendo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione.

(...)

(18)

È nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo.

(...)

(36)

Qualora il richiedente esprima l’intenzione di presentare una domanda reiterata senza addurre prove o argomenti nuovi, sarebbe sproporzionato imporre agli Stati membri l’obbligo di esperire una nuova procedura di esame completa. In tali casi gli Stati membri dovrebbero poter respingere una domanda in quanto inammissibile conformemente al principio della cosa giudicata».

5

L’articolo 5 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore criteri più favorevoli in ordine alle procedure di riconoscimento e revoca dello status di protezione internazionale, purché tali criteri siano compatibili con la presente direttiva».

6

L’articolo 28, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva così prevede:

«1.   Qualora vi siano ragionevoli motivi per ritenere che il richiedente abbia implicitamente ritirato la domanda o rinunciato ad essa, gli Stati membri provvedono affinché l’autorità accertante prenda la decisione di sospendere l’esame ovvero, se l’autorità accertante giudica la domanda infondata in base a un adeguato esame del merito della stessa in linea con l’articolo 4 della [direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9)], respingere la domanda.

Gli Stati membri possono presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato la domanda di protezione internazionale o rinunciato a essa, in particolare quando è accertato che:

a)

il richiedente non ha risposto alla richiesta di fornire informazioni essenziali per la sua domanda a norma dell’articolo 4 della [direttiva 2011/95] né è comparso al colloquio personale di cui agli articoli da 14 a 17 della presente direttiva, a meno che dimostri, entro un ragionevole periodo di tempo, di non aver potuto per cause di forza maggiore;

b)

è fuggito o si è allontanato senza autorizzazione dal luogo in cui viveva o era trattenuto, senza contattare l’autorità competente in tempi ragionevoli oppure, trascorso un termine ragionevole, non ha ottemperato al dovere di presentarsi o ad altri obblighi di comunicazione, a meno che il richiedente dimostri che ciò era dovuto a circostanze che sfuggono al suo controllo.

Per l’attuazione delle presenti disposizioni gli Stati membri possono fissare termini od orientamenti.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché un richiedente che si ripresenta all’autorità competente dopo che è stata presa la decisione di sospendere l’esame di cui al paragrafo 1 del presente articolo, abbia il diritto di chiedere la riapertura del suo caso o di presentare una nuova domanda che non sarà sottoposta alla procedura di cui agli articoli 40 e 41.

Gli Stati membri possono prevedere un termine di almeno nove mesi dopo il quale un caso non può più essere riaperto oppure la nuova domanda può essere trattata come domanda reiterata e sottoposta alla procedura di cui agli articoli 40 e 41. Gli Stati membri possono prevedere che il caso del richiedente sia riaperto solo una volta.

Gli Stati membri garantiscono che quella persona non sia allontanata in violazione del principio di “non-refoulement”.

Gli Stati membri possono autorizzare l’autorità accertante a riprendere l’esame della domanda dal momento in cui è stato sospeso».

7

Ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, della stessa direttiva:

«Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

(...)

d)

la domanda è una domanda reiterata, qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare se al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della [direttiva 2011/95]; o

(...)».

8

L’articolo 40 della direttiva 2013/32, intitolato «Domande reiterate», ai paragrafi da 1 a 5 così prevede:

«1.   Se una persona che ha chiesto protezione internazionale in uno Stato membro rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello stesso Stato membro, questi esamina le ulteriori dichiarazioni o gli elementi della domanda reiterata nell’ambito dell’esame della precedente domanda o dell’esame della decisione in fase di revisione o di ricorso, nella misura in cui le autorità competenti possano tenere conto e prendere in considerazione tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata in tale ambito.

2.   Per decidere dell’ammissibilità di una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), una domanda di protezione internazionale reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95].

3.   Se l’esame preliminare di cui al paragrafo 2, permette di concludere che sono emersi o sono stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della [direttiva 2011/95], la domanda è sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda reiterata sia sottoposta a ulteriore esame anche per altre ragioni.

4.   Gli Stati membri possono stabilire che la domanda sia sottoposta a ulteriore esame solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, in particolare esercitando il suo diritto a un ricorso effettivo a norma dell’articolo 46.

5.   Se una domanda reiterata non è sottoposta a ulteriore esame ai sensi del presente articolo, essa è considerata inammissibile ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d)».

9

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, della direttiva 2013/32:

«Gli Stati membri possono stabilire nel diritto nazionale norme che disciplinino l’esame preliminare di cui all’articolo 40. Queste disposizioni possono in particolare:

a)

obbligare il richiedente a indicare i fatti e a produrre le prove che giustificano una nuova procedura;

b)

fare in modo che l’esame preliminare si basi unicamente su osservazioni scritte e non comporti alcun colloquio personale, a esclusione dei casi di cui all’articolo 40, paragrafo 6.

Queste disposizioni non rendono impossibile l’accesso del richiedente a una nuova procedura, né impediscono di fatto o limitano seriamente tale accesso».

Diritto austriaco

10

L’articolo 68, paragrafo 1, dell’Allgemeines Verwaltungsverfahrensgesetz (legge generale sul procedimento amministrativo, BGBl. 51/1991) (in prosieguo: l’«AVG»), prevede quanto segue:

«Le domande di interessati che, salvo le fattispecie di cui agli articoli 69 e 71, sono dirette alla modifica di una decisione non o non più impugnabile devono essere respinte a motivo dell’autorità di cosa giudicata, qualora l’amministrazione non veda motivo per adottare un’ordinanza ai sensi dei paragrafi da 2 a 4 del presente articolo».

11

L’articolo 69 dell’AVG così dispone:

«(1)   Viene accolta la domanda di un interessato diretta alla riapertura di un procedimento concluso mediante decisione, qualora tale decisione non sia o non sia più impugnabile e:

(...)

2.

qualora emergano fatti o prove nuovi che, senza colpa imputabile all’interessato, non abbiano potuto essere invocati nel procedimento precedente e che, considerati isolatamente o in relazione alle altre risultanze di tale procedimento avrebbero probabilmente condotto ad una decisione dal dispositivo di tenore diverso; o

(…).

(2)   La domanda di riapertura dev’essere presentata, entro un termine di due settimane, dinanzi all’amministrazione che ha emesso la decisione. Il termine decorre dal momento in cui il richiedente è venuto a conoscenza del motivo di riapertura; tuttavia, qualora tale momento sia successivo alla comunicazione orale della decisione ma anteriore alla notifica della versione scritta della decisione, il termine decorre solo a partire da tale notifica. Dopo un periodo di tre anni dall’adozione della decisione, la domanda di riapertura non può più essere presentata. Spetta al richiedente fornire la prova delle circostanze che dimostrano l’osservanza del termine di legge.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12

Il 18 luglio 2015 XY, cittadino iracheno di confessione musulmana sciita, ha presentato una domanda di protezione internazionale presso il Bundesamt, che è stata respinta con decisione del 29 gennaio 2018. A seguito del rigetto, con ordinanza 25 settembre 2018 del Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria), dell’ultimo ricorso giurisdizionale proposto da XY avverso tale decisione, quest’ultima è divenuta definitiva.

13

XY ha fondato sia la sua domanda di protezione internazionale sia i ricorsi da lui proposti avverso la decisione del 29 gennaio 2018, recante rigetto di tale domanda, sul fatto che egli temeva per la sua vita in caso di rientro in Iraq in quanto aveva rifiutato di combattere per le milizie sciite e tale paese era ancora in guerra.

14

Il 4 dicembre 2018 XY ha presentato una domanda reiterata di protezione internazionale.

15

A sostegno di tale domanda, egli ha addotto di non aver fornito, nel corso del procedimento avente ad oggetto la sua precedente domanda, il motivo reale per il quale chiede il beneficio della protezione internazionale, motivo attinente alla sua omosessualità. Egli ha asserito di temere per la sua vita in Iraq a causa del suo orientamento sessuale, essendo quest’ultimo vietato dal suo paese e «dalla sua religione». Ha indicato che, solo a seguito del suo arrivo in Austria e grazie al sostegno di un’associazione con la quale sarebbe stato in contatto a partire dal mese di giugno 2018, egli avrebbe preso coscienza del fatto che non sarebbe stato personalmente esposto rivelando la sua omosessualità.

16

Con decisione del 28 gennaio 2019 il Bundesamt ha respinto la domanda reiterata di XY in quanto inammissibile, per il fatto che, in applicazione dell’articolo 68, paragrafo 1, dell’AVG, tale domanda mirava a rimettere in discussione una precedente decisione di diniego che aveva autorità di cosa giudicata. Esso ha altresì ordinato il rientro dell’interessato in Iraq, accompagnato da un divieto d’ingresso nel territorio austriaco per una durata limitata a due anni.

17

XY ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria). Con sentenza del 18 marzo 2019 tale giudice ha accolto il ricorso unicamente nella parte in cui riguardava il divieto d’ingresso nel territorio austriaco e lo ha respinto quanto al resto.

18

Secondo il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale), dal momento che XY ha omesso di menzionare la propria omosessualità in sede di istruzione della prima domanda di protezione internazionale, l’autorità di cosa giudicata di cui è rivestita la decisione di rigetto di tale prima domanda osta alla presa in considerazione di tale elemento di fatto.

19

XY ha proposto un ricorso per cassazione (Revision) dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con il quale contesta l’inammissibilità che è stata opposta alla sua domanda reiterata. A suo avviso, egli ha menzionato un fatto nuovo che avrebbe dovuto permettere di constatare l’ammissibilità di tale domanda e che consisterebbe non nel fatto che egli è omosessuale, bensì nella capacità che egli ha ora acquisito, da quando è in Austria, di esprimere tale omosessualità.

20

Il giudice del rinvio rileva che, poiché il diritto austriaco non contiene disposizioni speciali in materia, è alla luce delle disposizioni generali che disciplinano il procedimento amministrativo che occorre valutare l’ammissibilità di una domanda reiterata di protezione internazionale, in particolare al fine di garantire il rispetto dell’autorità di cosa giudicata acquisita da una decisione relativa a una domanda precedente.

21

Ora, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 1, dell’AVG, le domande dirette alla modifica di una decisione che non è o non è più impugnabile devono, in linea di principio, essere respinte a motivo dell’autorità di cosa giudicata.

22

Il giudice del rinvio precisa, al riguardo, che, per quanto riguarda domande ripetute di protezione internazionale, solo eventuali circostanze che emergano solamente dopo l’adozione della decisione definitiva che chiude il procedimento precedente e che modificherebbero in modo sostanziale la situazione del richiedente potrebbero, secondo la giurisprudenza nazionale, giustificare l’apertura di un nuovo procedimento.

23

Per contro, come risulta dall’articolo 69, paragrafo 1, punto 2, dell’AVG, qualsiasi domanda reiterata fondata su una situazione che si sarebbe verificata prima dell’adozione di tale decisione potrebbe comportare solo la riapertura del procedimento precedente, e ciò soltanto se il fatto che il richiedente abbia omesso di invocare tale situazione durante il procedimento precedente non costituiva una colpa ad esso imputabile.

24

È in tale contesto che il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, se la nozione di elementi o di risultanze nuovi emersi o presentati dal richiedente, di cui all’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32, debba essere intesa nel senso che essa riguarda solo elementi o risultanze che si sono prodotti recentemente o nel senso che essa comprende anche l’allegazione, da parte di un richiedente, di elementi o di risultanze già esistenti prima della conclusione definitiva di un procedimento precedente.

25

Esso precisa che il diritto amministrativo austriaco adotta la prima di tali interpretazioni. Di conseguenza, un richiedente protezione internazionale potrebbe, sulla base di elementi o di risultanze esistenti prima della conclusione del procedimento avente ad oggetto la domanda precedente, ottenere unicamente, in forza del diritto austriaco, la riapertura del procedimento precedente, a condizione che il fatto di non aver invocato, nel corso di tale precedente procedimento, detti elementi o dette risultanze non costituisca una colpa ad esso imputabile.

26

Il giudice del rinvio ritiene che, tenuto conto dell’imprecisa formulazione dell’articolo 40 della direttiva 2013/32, potrebbe essere accolta la seconda delle interpretazioni di quest’ultimo menzionate al punto 24 della presente sentenza, sulla quale si basa XY nel caso di specie. In tale ipotesi, il giudice del rinvio si chiede, in secondo luogo, se, in assenza di disposizioni nazionali che traspongono l’articolo 40 della direttiva 2013/32 e disciplinano in modo specifico l’esame delle domande reiterate, la riapertura del procedimento precedente sia sufficiente per attuare, in particolare, l’articolo 40, paragrafo 3, di tale direttiva, il quale prevede che, se l’esame preliminare di cui all’articolo 40, paragrafi 2 e 3, di detta direttiva porta alla conclusione che elementi o risultanze nuovi sono emersi o sono stati presentati dal richiedente e che essi aumentano in modo significativo la probabilità che esso soddisfi i requisiti per richiedere lo status di beneficiario di una protezione internazionale in forza della direttiva 2011/95, l’esame della domanda reiterata prosegue conformemente al capo II della direttiva 2013/32.

27

In terzo luogo, detto giudice – che presuppone, da un lato, che elementi o risultanze nuovi, che non sono stati dedotti nel corso del procedimento che ha avuto ad oggetto una domanda precedente e che esistevano già prima della decisione che conclude definitivamente tale procedimento, possano essere invocati a sostegno di una domanda reiterata e, dall’altro, che la riapertura di detto procedimento non garantisca una trasposizione corretta dell’articolo 40 della direttiva 2013/32 – rileva che, così interpretata, tale disposizione imporrebbe di disapplicare l’articolo 68 dell’AVG. Infatti, tale articolo 68 prevede che il rispetto dell’autorità di cosa giudicata osta a che un richiedente protezione internazionale invochi, nell’ambito di una nuova domanda di protezione, elementi o risultanze «nuovi» già esistenti al momento dell’adozione della decisione definitiva di rigetto della sua prima domanda di protezione.

28

Tuttavia, l’inapplicabilità dell’articolo 68 dell’AVG a qualsiasi nuova domanda di protezione internazionale conferirebbe ai richiedenti la facoltà di far valere, a sostegno della loro domanda, elementi o risultanze «nuovi» senza alcun limite temporale. Infatti, l’articolo 69 dell’AVG, che limita tale facoltà alla sola ipotesi in cui non è per colpa del richiedente che tali elementi o risultanze non sono stati dedotti nel corso del procedimento precedente, è applicabile solo alla riapertura di tale procedimento e non a una nuova domanda di protezione internazionale.

29

In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se, nonostante il fatto che il diritto austriaco non preveda disposizioni specifiche di trasposizione dell’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32, tale disposizione possa limitare la facoltà per un richiedente di invocare elementi o risultanze nuovi a sostegno di una domanda reiterata alla sola ipotesi in cui l’omessa menzione di simili elementi o risultanze nel procedimento avente ad oggetto la domanda precedente non fosse imputabile alla colpa del richiedente. Al riguardo, i dubbi del giudice del rinvio sono altresì legati alla circostanza che una risposta affermativa a tale questione implicherebbe che una disposizione non trasposta di una direttiva abbia un effetto diretto a danno di un singolo, mentre invece un simile effetto diretto è escluso dalla giurisprudenza nazionale e da quella della Corte.

30

Alla luce di tali considerazioni, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’espressione “sono emersi o sono stati adotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi” contenuta nell’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della [direttiva 2013/32] comprenda anche circostanze che esistevano prima della conclusione definitiva della precedente procedura di asilo.

2)

Se, qualora emergano nuovi fatti o prove che lo straniero, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere nel procedimento precedente, ciò sia sufficiente per consentire al richiedente asilo di chiedere la riapertura di un precedente procedimento concluso in via definitiva.

3)

Se, nel caso in cui il richiedente, per propria colpa, non abbia presentato nella precedente procedura di asilo gli argomenti relativi ai nuovi motivi dedotti, l’autorità possa rifiutare di esaminare nel merito una domanda reiterata sulla base di una norma nazionale che stabilisce un principio generalmente applicabile nella procedura amministrativa, sebbene lo Stato membro, non avendo adottato norme specifiche, non abbia recepito correttamente le disposizioni dell’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 e, di conseguenza, non si sia neanche avvalso espressamente della facoltà, concessa dall’articolo 40, paragrafo 4, di tale direttiva, di poter prevedere un’eccezione all’esame nel merito della domanda reiterata».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

31

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «elementi o [di] risultanze nuovi» che «sono emersi o sono stati addotti dal richiedente», ai sensi di tale disposizione, comprende unicamente gli elementi o le risultanze sopravvenuti dopo la conclusione definitiva del procedimento che ha avuto ad oggetto una precedente domanda di protezione internazionale o se detta nozione comprenda anche gli elementi o le risultanze che già esistevano prima della conclusione di tale procedimento, ma che non sono stati invocati dal richiedente.

32

Per rispondere a tale questione, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto non solo dei termini della medesima, ma anche del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 28 e giurisprudenza ivi citata].

33

Occorre pertanto, in primo luogo, rilevare che l’articolo 40, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 dispone che, per decidere in merito all’ammissibilità di una domanda di protezione internazionale in forza dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), di tale direttiva, una domanda reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95 [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 36].

34

È solo se sussistono effettivamente simili elementi o risultanze nuovi rispetto alla prima domanda di protezione internazionale che l’esame dell’ammissibilità della domanda reiterata prosegue, ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 3, di tale direttiva, al fine di verificare se tali elementi e risultanze nuovi aumentano in modo significativo la probabilità che a detto richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 37].

35

Pertanto, sebbene la formulazione dell’articolo 40 della direttiva 2013/32 non precisi la nozione di «elementi o [di] risultanze nuovi» idonei a suffragare una domanda reiterata [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 29], tale articolo 40 prevede tuttavia, ai suoi paragrafi 2 e 3, che detti elementi o risultanze nuovi sui quali una simile domanda può essere fondata devono essere «emersi» o essere «stati addotti dal richiedente».

36

Tali disposizioni precisano quindi chiaramente che una domanda reiterata può essere fondata sia su elementi o risultanze nuovi, in quanto emersi dopo l’adozione di una decisione relativa alla domanda precedente, sia su elementi o risultanze nuovi in quanto presentati per la prima volta dal richiedente.

37

Pertanto, da una simile formulazione risulta che un elemento o una risultanza deve essere considerato nuovo ai sensi dell’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 qualora la decisione relativa alla domanda precedente sia stata adottata senza che tale elemento o tale risultanza sia stato portato a conoscenza dell’autorità responsabile di accertare lo status del richiedente. Tale disposizione non opera alcuna distinzione a seconda che gli elementi o le risultanze invocati a sostegno di una domanda reiterata siano emersi prima o dopo l’adozione di tale decisione.

38

Tale interpretazione dell’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 è, in secondo luogo, confermata dal contesto nel quale detta disposizione si inserisce.

39

Come infatti sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, l’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 autorizza gli Stati membri a prevedere di procedere all’esame della domanda solo se il richiedente in questione, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, gli elementi o le risultanze di cui ai paragrafi 2 e 3 di tale articolo 40. Ne risulta che, se gli Stati membri non si avvalgono della facoltà che il suddetto articolo 40, paragrafo 4, conferisce loro, l’esame della domanda prosegue, essendo quest’ultima ritenuta ammissibile, anche se il richiedente ha presentato a sostegno della domanda reiterata solo elementi o risultanze che avrebbe potuto presentare al momento dell’esame della domanda precedente e che, necessariamente, esistevano già prima della chiusura definitiva del procedimento precedente.

40

In terzo luogo, tale interpretazione dell’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 è altresì confermata dall’obiettivo di tale disposizione.

41

Occorre infatti ricordare che la procedura di verifica dell’ammissibilità di una domanda reiterata mira, come risulta dal considerando 36 della direttiva 2013/32, a consentire agli Stati membri di respingere in quanto inammissibile ogni domanda reiterata presentata in assenza di un qualsiasi elemento o risultanza nuovo al fine di rispettare il principio dell’autorità di cosa giudicata connesso a una decisione precedente [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 49].

42

Ne consegue che l’esame della questione di stabilire se una domanda reiterata si basi su elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95 debba essere limitato alla verifica dell’esistenza, a sostegno di tale domanda, di elementi o risultanze che non sono stati esaminati nell’ambito della decisione adottata relativamente alla domanda precedente e sui quali tale decisione, avente autorità di cosa giudicata, non ha potuto basarsi [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 50].

43

Qualsiasi diversa interpretazione dell’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32, che implicherebbe che l’autorità responsabile dell’accertamento dello status del richiedente debba considerare ammissibile ogni domanda reiterata per il solo motivo che essa è fondata su elementi o risultanze che il richiedente avrebbe potuto presentare a sostegno della sua domanda precedente eccederebbe quanto necessario per garantire il rispetto del principio dell’autorità di cosa giudicata e pregiudicherebbe un esame adeguato ed esaustivo della situazione del richiedente.

44

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «elementi o [di] risultanze nuovi» che «sono emersi o sono stati addotti dal richiedente», ai sensi di tale disposizione, comprende gli elementi o le risultanze sopravvenuti dopo la conclusione definitiva del procedimento che ha avuto ad oggetto la precedente domanda di protezione internazionale nonché gli elementi o le risultanze che già esistevano prima della conclusione del procedimento, ma che non sono stati invocati dal richiedente.

Sulla seconda questione

45

Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 40, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che l’esame di una domanda reiterata di protezione internazionale può essere condotto nell’ambito della riapertura del procedimento che ha avuto ad oggetto la domanda precedente o se debba essere avviato un nuovo procedimento.

46

Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare che l’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 prevede un trattamento in due fasi delle domande reiterate. La prima fase, di carattere preliminare, mira a verificare l’ammissibilità di tali domande, mentre la seconda fase riguarda l’esame di dette domande nel merito [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 34].

47

Ora, sebbene l’articolo 40, paragrafi da 2 a 4, e l’articolo 42, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 fissino talune norme procedurali concernenti la prima fase del trattamento delle domande reiterate relativo all’ammissibilità delle medesime, tale direttiva non fissa alcun quadro procedurale specifico per quanto concerne il trattamento nel merito di dette domande. Infatti l’articolo 40, paragrafo 3, della suddetta direttiva si limita a richiedere che l’esame nel merito delle domande reiterate ammissibili prosegua conformemente al capo II della stessa direttiva, il quale prevede i principi e le garanzie fondamentali che, nel quadro procedurale da essi stabilito, gli Stati membri devono rispettare.

48

In tali circostanze, gli Stati membri restano liberi di prevedere le disposizioni procedurali che disciplinano il trattamento delle domande reiterate, purché, da un lato, siano rispettate le condizioni di ammissibilità stabilite dalla direttiva 2013/32, in particolare quelle di cui al suo articolo 33, paragrafo 2, lettera d), in combinato disposto con il suo articolo 40, e, dall’altro, il trattamento nel merito sia effettuato conformemente ai suddetti principi di base e alle suddette garanzie fondamentali.

49

Spetta al giudice del rinvio valutare se le disposizioni di diritto austriaco applicabili alla riapertura del procedimento concluso con una decisione che statuisce su una domanda precedente garantiscano il rispetto di tali condizioni e siano conformi a detti principi e garanzie fondamentali.

50

Tuttavia la Corte può fornire a tale giudice elementi di valutazione sulla base delle informazioni contenute nel fascicolo ad essa sottoposto.

51

Al riguardo, per quanto concerne in particolare le condizioni di ammissibilità, risulta da tale fascicolo che la riapertura di un procedimento amministrativo nel diritto austriaco è disciplinata dall’articolo 69 dell’AVG e che tale articolo subordina la riapertura di tale procedimento al rispetto di tre condizioni: in primo luogo, i fatti o le prove nuovi forniti a sostegno della domanda reiterata, considerati isolatamente o in relazione agli altri risultati del procedimento, sono tali che avrebbero probabilmente consentito di giungere a una decisione il cui dispositivo avrebbe avuto un contenuto diverso da quello della decisione precedente; in secondo luogo, simili fatti e prove, senza colpa imputabile all’interessato, non hanno potuto essere invocati nel procedimento avente ad oggetto la domanda precedente e, in terzo luogo, la domanda reiterata è presentata entro un termine di due settimane a decorrere, in sostanza, dal momento in cui il richiedente è venuto a conoscenza del motivo di riapertura e, in ogni caso, di tre anni a decorrere dall’adozione della decisione che statuisce sulla domanda precedente.

52

Ora, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, la prima di tali condizioni corrisponde, in sostanza, alla seconda condizione posta all’articolo 40, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, secondo la quale gli elementi o le risultanze nuovi «aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95», mentre la seconda condizione posta all’articolo 69 dell’AVG corrisponde alla possibilità offerta agli Stati membri dall’articolo 40, paragrafo 4, di tale direttiva, consistente nello «stabilire che la domanda sia sottoposta a ulteriore esame solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 2 e 3» del suddetto articolo 40.

53

Le prime due condizioni poste dall’articolo 69 dell’AVG sembrano pertanto rispettare le due condizioni di ammissibilità delle domande reiterate di cui al punto 52 della presente sentenza.

54

Per quanto riguarda la terza condizione prevista al suddetto articolo 69, riguardante i termini ai quali è subordinata la presentazione di una domanda reiterata nel diritto austriaco, occorre constatare che l’articolo 40 della direttiva 2013/32 non prevede simili termini né autorizza espressamente gli Stati membri a prevederne.

55

Dal contesto in cui tale articolo 40 si inserisce risulta che la circostanza che esso non autorizzi gli Stati membri a fissare termini di decadenza per la presentazione di una domanda reiterata implica che esso vieta la fissazione di simili termini.

56

Al riguardo, occorre rilevare, da un lato, che la direttiva 2013/32 non fissa alcun termine per quanto riguarda l’esercizio, da parte del richiedente, dei diritti che essa conferisce a quest’ultimo nell’ambito del procedimento amministrativo avente ad oggetto una domanda di protezione internazionale.

57

Inoltre, quando il legislatore ha voluto conferire agli Stati membri la facoltà di fissare termini entro i quali il richiedente è tenuto ad agire, lo ha fatto espressamente, come attesta l’articolo 28 di tale direttiva.

58

Dall’altro lato, come rileva l’avvocato generale ai paragrafi da 75 a 78 delle sue conclusioni, dal raffronto tra la direttiva 2013/32 e la direttiva 2005/85, cui essa è succeduta, in particolare dall’articolo 42 della direttiva 2013/32 e dall’articolo 34 della direttiva 2005/85, relativi alle norme procedurali applicabili alle domande reiterate, rispettivamente, di protezione internazionale e di asilo, risulta che il legislatore dell’Unione non ha inteso subordinare l’ammissibilità delle domande reiterate di protezione internazionale al rispetto di un termine per la presentazione di elementi o di risultanze nuovi. Infatti il testo dell’articolo 42, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 non corrisponde a quello dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2005/85, che conferisce agli Stati membri la facoltà di esigere dal richiedente la presentazione di nuove informazioni entro un termine prestabilito decorrente dal momento in cui aveva ottenuto tali informazioni. La soppressione di tale facoltà, nella direttiva 2013/32, implica che gli Stati membri non possono più prevedere un simile termine.

59

Tale interpretazione è inoltre confermata dall’articolo 5 della direttiva 2013/32, in forza del quale gli Stati membri possono derogare al contenuto normativo di tale direttiva per quanto riguarda le procedure di riconoscimento e di revoca della protezione internazionale solo nei limiti in cui prevedano o mantengano in vigore disposizioni più favorevoli per il richiedente, escludendo qualsiasi possibilità di applicare norme meno favorevoli. Ciò vale in particolare per la fissazione di termini di decadenza a danno del richiedente.

60

L’articolo 42, paragrafo 2, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), e dell’articolo 40, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva, vieta pertanto agli Stati membri di subordinare la presentazione di una domanda reiterata al rispetto di termini di decadenza.

61

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 40, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che l’esame nel merito di una domanda reiterata di protezione internazionale può essere condotto nell’ambito della riapertura del procedimento che ha avuto ad oggetto la prima domanda, purché le norme applicabili a tale riapertura siano conformi al capo II della direttiva 2013/32 e la presentazione di tale domanda non sia subordinata al rispetto di termini di decadenza.

Sulla terza questione

62

Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che esso consente a uno Stato membro che non ha adottato specifici atti di trasposizione di tale disposizione, di rifiutare, in applicazione delle norme generali di procedura amministrativa nazionale, di esaminare il merito di una domanda reiterata, qualora gli elementi o le risultanze nuovi invocati a sostegno di tale domanda esistessero all’epoca del procedimento che ha avuto ad oggetto la domanda precedente e non siano stati presentati nell’ambito di tale procedimento a motivo di una colpa imputabile al richiedente.

63

Occorre precisare che il giudice del rinvio solleva tale questione per l’ipotesi in cui dovesse ritenere, al termine dell’esame che è chiamato a effettuare conformemente al punto 49 della presente sentenza, che le disposizioni di diritto austriaco applicabili alla riapertura del procedimento che ha avuto ad oggetto la domanda precedente al fine di esaminare una domanda reiterata non garantiscano il rispetto delle condizioni di ammissibilità di quest’ultima o non siano conformi ai principi e alle garanzie fondamentali previsti al capo II della direttiva 2013/32.

64

Infatti, in un simile caso, la domanda reiterata di XY dovrebbe essere esaminata nell’ambito di un nuovo procedimento amministrativo che, in assenza di qualsiasi misura di trasposizione nel diritto austriaco dell’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32, sarebbe disciplinato dall’articolo 68 dell’AVG. Ora, quest’ultimo, contrariamente all’articolo 69 dell’AVG applicabile alla riapertura di un precedente procedimento amministrativo, non subordina la possibilità di avviare un nuovo procedimento alla condizione che il richiedente non abbia colpevolmente omesso di invocare, nell’ambito del procedimento che ha avuto ad oggetto la domanda precedente, gli elementi e le risultanze da esso fatti valere a sostegno della domanda reiterata, qualora essi esistessero già durante quest’ultimo procedimento.

65

Per rispondere a questa terza questione occorre rilevare, come sostanzialmente evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, che l’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 è una disposizione facoltativa, nel senso che essa consente agli Stati membri di prevedere di procedere all’esame della domanda solo se il richiedente di cui trattasi è stato, senza alcuna colpa, impossibilitato a far valere, nel procedimento precedente, le situazioni esposte ai paragrafi 2 e 3 di tale articolo 40. Di conseguenza, dato che gli effetti del suddetto articolo 40, paragrafo 4, dipendono dall’adozione, da parte degli Stati membri, di disposizioni specifiche di trasposizione, tale disposizione non è incondizionata ed è pertanto priva di effetto diretto.

66

In ogni caso, secondo costante giurisprudenza, una disposizione di una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti dinanzi a un giudice nazionale (sentenze del 26 febbraio 1986, Marshall, 152/84, EU:C:1986:84, punto 48, e del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 65).

67

Ora, ciò si verificherebbe qualora l’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 dovesse essere interpretato nel senso che, anche in assenza di qualsiasi misura di trasposizione nazionale, l’ammissibilità di una domanda reiterata fosse subordinata alla condizione che il richiedente abbia omesso di far valere, nell’ambito del procedimento che ha avuto ad oggetto la domanda precedente, gli elementi o le risultanze nuovi presentati a sostegno della domanda reiterata già esistenti all’epoca del suddetto procedimento e che tale omissione non costituisca una colpa imputabile al richiedente medesimo.

68

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che esso non consente a uno Stato membro che non ha adottato specifici atti di trasposizione di tale disposizione di rifiutare, in applicazione delle norme generali di procedura amministrativa nazionale, di esaminare il merito di una domanda reiterata, qualora gli elementi o le risultanze nuovi invocati a sostegno di tale domanda esistessero all’epoca del procedimento che ha avuto ad oggetto la domanda precedente e non siano stati presentati nell’ambito di tale procedimento a motivo di una colpa imputabile al richiedente.

Sulle spese

69

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 40, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «elementi o [di] risultanze nuovi» che «sono emersi o sono stati addotti dal richiedente», ai sensi di tale disposizione, comprende gli elementi o le risultanze sopravvenuti dopo la conclusione definitiva del procedimento che ha avuto ad oggetto la precedente domanda di protezione internazionale nonché gli elementi o le risultanze che già esistevano prima della conclusione di tale procedimento, ma che non sono stati invocati dal richiedente.

 

2)

L’articolo 40, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che l’esame nel merito di una domanda reiterata di protezione internazionale può essere condotto nell’ambito della riapertura del procedimento che ha avuto ad oggetto la prima domanda, purché le norme applicabili a tale riapertura siano conformi al capo II della direttiva 2013/32 e la presentazione di tale domanda non sia subordinata al rispetto di termini di decadenza.

 

3)

L’articolo 40, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che esso non consente a uno Stato membro che non ha adottato specifici atti di trasposizione di tale disposizione, di rifiutare, in applicazione delle norme generali di procedura amministrativa nazionale, di esaminare il merito di una domanda reiterata, qualora gli elementi o le risultanze nuovi invocati a sostegno di tale domanda esistessero all’epoca del procedimento che ha avuto ad oggetto la domanda precedente e non siano stati presentati nell’ambito di tale procedimento a motivo di una colpa imputabile al richiedente.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.