CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
GIOVANNI PITRUZZELLA
presentate il 9 novembre 2023 ( 1 )
Causa C‑465/20 P
Commissione europea
contro
Irlanda,
Apple Sales International,
Apple Operations International, già Apple Operations Europe,
Granducato di Lussemburgo,
Repubblica di Polonia,
Autorità di vigilanza EFTA
«Impugnazione – Aiuti di Stato – Decisioni anticipate in materia fiscale (tax ruling) – Vantaggi fiscali selettivi»
I. Introduzione
1. |
La presente causa si inserisce in un filone ormai piuttosto nutrito, avente ad oggetto l’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE a «ruling fiscali». Come noto, il «ruling fiscale» consente alle imprese di sollecitare dall’amministrazione tributaria una «decisione anticipata» relativa all’imposta alla quale saranno assoggettate e di ottenere pertanto da tale amministrazione una posizione ufficiale sull’applicazione delle regole fiscali nazionali e assicurazioni quanto al trattamento fiscale che sarà loro applicato. È indubbio che la disciplina sugli aiuti di Stato non può essere utilizzata per realizzare surrettiziamente un’armonizzazione fiscale che trova ostacoli politici o per lottare contro la concorrenza fiscale dannosa. Sfruttare i vantaggi delle disparità tra sistemi fiscali non implica infatti la concessione di un aiuto e la concorrenza fiscale tra Stati non è di per sé vietata. La Commissione deve tuttavia poter verificare se, attraverso una misura fiscale, come una decisione anticipata, uno Stato membro conceda un vantaggio selettivo ad una determinata impresa. In tal caso, imprese già di per sé dotate di un notevole potere di mercato, come è il caso di Apple, anche in relazione alle dinamiche dei mercati digitali, che tendono alla concentrazione di tale potere, potrebbero trovarsi avvantaggiate rispetto ai competitori, pregiudicando il level playing field tra imprese. Ad evitare queste conseguenze, dannose per la concorrenza e pregiudizievoli per l’innovazione e i consumatori, servono le regole sugli aiuti di Stato. |
2. |
La Commissione chiede l’annullamento della sentenza del 15 luglio 2020, Irlanda e a./Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata» ( 2 ), con cui il Tribunale ha annullato la decisione (UE) 2017/1283 della Commissione, del 30 agosto 2016 ( 3 ) (in prosieguo: la «decisione contestata»), avente ad oggetto due decisioni anticipate in materia fiscale adottate dalle autorità tributarie irlandesi nei confronti di Apple Sales International (ASI) e di Apple Operations Europe (AOE), due società appartenenti al gruppo Apple (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni anticipate»). |
II. Fatti e antecedenti della controversia
3. |
Fondato nel 1976 e con sede in Cupertino, California (Stati Uniti), il gruppo Apple è composto da Apple Inc. e da tutte le società da essa controllate. La sua attività mondiale è articolata in aree funzionali principali, gestite e dirette a livello centrale dagli Stati Uniti (punto 1 della sentenza impugnata). Apple Operations International (AOI) è una controllata al 100% di Apple Inc. AOI detiene al 100% la controllata AOE, che a sua volta detiene al 100% la controllata ASI. ASI e AOE sono entrambe costituite come società di diritto irlandese, ma non sono residenti fiscalmente in Irlanda (punto 3 della sentenza impugnata) ( 4 ). ASI e AOE hanno costituito succursali irlandesi (in prosieguo, congiuntamente: le «succursali irlandesi»). La succursale irlandese di ASI è responsabile, in particolare, dello svolgimento delle attività di approvvigionamento, vendita e distribuzione, associate alla vendita di prodotti recanti il marchio Apple a parti correlate e a clienti terzi nelle regioni comprendenti l’Europa, il Medio Oriente, l’India e l’Africa (EMEIA) nonché l’Asia‑Pacifico (APAC). Le principali funzioni svolte nell’ambito di tale succursale includono l’acquisto di prodotti finiti di marca Apple presso fabbricanti terzi e collegati, le attività di distribuzione associate alla vendita di prodotti a parti correlate nelle regioni EMEIA e APAC nonché alla vendita di prodotti a clienti terzi nella regione EMEIA, la vendita online, le operazioni logistiche e la gestione del servizio di assistenza post‑vendita. La succursale irlandese di AOE è responsabile della fabbricazione e dell’assemblaggio, in Irlanda, di una gamma specializzata di prodotti informatici, quali desktop iMac, laptop MacBook e altri accessori per computer, che essa fornisce a parti correlate per la regione EMEIA. Le principali funzioni svolte nell’ambito di tale succursale includono la pianificazione e la programmazione della produzione, l’ingegneria di processo, la produzione e la gestione, l’assicurazione e il controllo della qualità e le operazioni di ricondizionamento (punti 9 e 10 della sentenza impugnata). |
4. |
Nel periodo preso in considerazione dalla decisione contestata, vale a dire dal 1991 al 2014 (in prosieguo: il «periodo pertinente»), Apple Inc., da un lato, e ASI e AOE, dall’altro, erano vincolate da un accordo di ripartizione dei costi (in prosieguo: l’«accordo di ripartizione dei costi»). I costi ripartiti riguardavano in particolare la ricerca e lo sviluppo (R&S) delle tecnologie incorporate nei prodotti del gruppo Apple. In forza di tale accordo, da un lato, le parti hanno accettato di ripartire i costi e i rischi collegati all’R&S dei beni immateriali in seguito alle attività di sviluppo riguardanti i prodotti e i servizi del gruppo Apple. Dall’altro, esse hanno convenuto che Apple Inc. rimanesse proprietaria dei beni immateriali a costi ripartiti, ivi compresi i diritti di proprietà intellettuale (in prosieguo: la «PI»). Inoltre, Apple Inc. ha concesso ad ASI e AOE una licenza senza royalties, che consentiva loro di produrre e di vendere i prodotti Apple di cui trattasi nel territorio che era stato loro assegnato, vale a dire il mondo escluso il continente americano (in prosieguo: le «licenze di PI») ( 5 ). Le parti dell’accordo erano tenute ad assumersi i rischi derivanti dallo stesso. Il principale rischio era costituito dall’obbligo di pagare i costi di sviluppo dei diritti di PI. Nel periodo pertinente, sono state apportate diverse modifiche all’accordo di ripartizione dei costi al fine, in particolare, di tener conto dei cambiamenti nella normativa applicabile (punti 5 e 6 della sentenza impugnata). |
5. |
Nel 2008, ASI ha concluso con Apple Inc. un contratto di servizi di marketing (in prosieguo: l’«accordo relativo ai servizi di commercializzazione») nell’ambito del quale quest’ultima si impegnava a fornire alla prima servizi di commercializzazione, comprendenti in particolare la creazione, lo sviluppo e l’attuazione di strategie di marketing, di programmi e di campagne promozionali. ASI si impegnava a remunerare Apple Inc. per tali servizi mediante il pagamento di un corrispettivo corrispondente ad una percentuale dei «costi ragionevoli sostenuti» per tali servizi, aumentato di un margine (punto 7 della sentenza impugnata). |
A. Sulle decisioni anticipate
6. |
Con lettera del 12 ottobre 1990, indirizzata alle autorità tributarie irlandesi, i consulenti fiscali del gruppo Apple hanno descritto le attività di Apple Computer Ltd (ACL), predecessore di AOE, in Irlanda, indicando le funzioni che sarebbero state esercitate dalla succursale irlandese di tale società con sede a Cork (Irlanda). Essi hanno precisato che tale succursale sarebbe stata proprietaria degli attivi inerenti alle attività di produzione, ma che l’AOE avrebbe conservato la proprietà dei materiali utilizzati, dei prodotti in corso di lavorazione e dei prodotti finiti. Con lettera del 2 gennaio 1991, le autorità tributarie irlandesi sono state informate dell’esistenza di una nuova società, la Apple Computer Accessories Ltd (ACAL), predecessore di ASI, la cui succursale in Irlanda era descritta come responsabile dell’approvvigionamento, presso produttori irlandesi, dei prodotti destinati all’esportazione. Con lettera del 29 gennaio 1991 (in prosieguo: la «decisione anticipata del 1991»), le autorità tributarie irlandesi hanno confermato i termini proposti dal gruppo Apple in merito al calcolo dell’utile imponibile di ACL e di ACAL in Irlanda. L’utile imponibile di ACL era calcolato sulla base di una percentuale dei costi operativi della sua succursale irlandese, fissata al 65% di tali costi fino a concorrenza di un importo annuo pari a [riservato] e al 20% oltre tale importo [riservato]. Nel caso l’utile complessivo fosse inferiore all’importo risultante da tale formula, per determinare l’utile netto sarebbe stato utilizzato tale importo inferiore. I costi operativi da prendere in considerazione per tale calcolo comprendevano tutte le spese di esercizio, ad esclusione del materiale destinato alla rivendita e dell’elemento dei costi relativo ai beni immateriali fatturati dalle società affiliate al gruppo Apple. L’utile imponibile di ACAL era calcolato sulla base di un margine del 12,5% dei costi operativi della sua succursale irlandese (materiali per la rivendita esclusi) (punti da 11 a 16 della sentenza impugnata). Con lettera del 16 maggio 2007 indirizzata alle autorità tributarie irlandesi, i consulenti fiscali del gruppo Apple hanno riassunto la loro proposta per rivedere il metodo di determinazione della base imponibile delle succursali irlandesi di ASI e di AOE. In entrambi i casi si proponeva che l’utile imponibile corrispondesse ad una percentuale dei costi operativi, ad esclusione dei costi quali le somme fatturate dalle società affiliate all’interno del gruppo Apple e i costi del materiale. Nel caso della succursale irlandese di AOE si proponeva di sommare un importo corrispondente al rendimento sulla PI per le tecnologie del processo di produzione elaborate da tale succursale, pari ad una percentuale del suo volume d’affari. Si proponeva altresì che l’accordo entrasse in vigore per entrambe le succursali dal 1o ottobre 2007, che fosse applicabile per cinque anni, che fosse in seguito rinnovato su base annua e che fosse applicabile a nuove entità create o trasformate all’interno del gruppo Apple, purché le loro attività corrispondessero a quelle effettuate da AOE e da ASI. Con lettera del 23 maggio 2007 (in prosieguo: la «decisione anticipata del 2007»), le autorità tributarie irlandesi hanno confermato il loro accordo su tutte le proposte. Tale accordo è stato applicato fino all’esercizio fiscale 2014 (punti da 17 a 21 della sentenza impugnata). |
B. Sulla decisione contestata
7. |
Nella decisione contestata la Commissione ha concluso che le decisioni anticipate, determinando una riduzione degli oneri fiscali che ASI e AOE avrebbero dovuto sostenere, avevano concesso a queste società, nel periodo pertinente, un aiuto al funzionamento di cui aveva beneficiato il gruppo Apple nel suo complesso (considerando 417 e 418). Essa ha dichiarato tale aiuto illegale e incompatibile con il mercato interno in forza dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE (articolo 1 della decisione contestata) e ne ha ordinato il recupero (articolo 2 della decisione contestata). |
8. |
Alla sezione 8.2 di tale decisione, al fine di dimostrare l’esistenza di un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha seguito l’analisi in tre fasi risultante dalla giurisprudenza ( 6 ). |
9. |
Per quanto riguarda la prima fase, relativa all’identificazione del sistema di riferimento, essa ha ritenuto che tale sistema fosse costituito dal regime di tassazione ordinario degli utili delle società in Irlanda, il cui obiettivo era la tassazione degli utili di tutte le società soggette ad imposizione fiscale in tale paese. Alla luce di questo obiettivo, la Commissione ha considerato che tutte le società soggette a tassazione in Irlanda, che fossero residenti o non residenti, integrate o non integrate, si trovassero in una situazione di diritto e di fatto comparabile. Essa ha conseguentemente ritenuto che le disposizioni dell’articolo 25 del Taxes Consolidation Act del 1997 (in prosieguo: il «TCA 97»), relative alla tassazione delle società non residenti, costituissero parte integrante del sistema di riferimento e non un quadro di riferimento distinto (considerando da 227 a 243 della decisione contestata). Ai sensi di tale articolo, una società non residente rientra nell’ambito di applicazione dell’imposta sulle società solo se svolge attività commerciali in Irlanda tramite una succursale o un’agenzia. In tale ipotesi, detta società è tassata «sull’insieme dei suoi redditi commerciali derivanti direttamente o indirettamente dalla succursale o dall’agenzia e da proprietà o da diritti utilizzati o detenuti dalla succursale o dall’agenzia o per conto della stessa (…)» (v. punto 158 della sentenza impugnata). |
10. |
Per quanto riguarda la seconda fase, volta a valutare l’esistenza di un vantaggio selettivo derivante da una deroga al sistema di riferimento, la Commissione ha anzitutto precisato che, tenuto conto del suo tenore letterale e della sua finalità, l’articolo 25 del TCA 97 doveva essere applicato in combinazione con un metodo di attribuzione degli utili che consentisse di pervenire ad un utile imponibile conforme a «un’approssimazione affidabile di un risultato basato sul mercato, in linea con il principio di libera concorrenza» (considerando 253). Tale principio, «che mira a garantire che transazioni effettuate tra società integrate di uno stesso gruppo siano trattate a fini fiscali tenendo conto dell’importo di utile che sarebbe risultato se le stesse transazioni fossero state effettuate da imprese autonome non integrate», si applica infatti «alle operazioni interne tra parti diverse della stessa società integrata, ad esempio transazioni effettuate da una filiale con altre componenti della società alla quale appartiene» (considerando da 252 e 253). In tale contesto, la Commissione ha altresì precisato che essa non avrebbe applicato direttamente i principi elaborati nell’ambito dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), quali emergevano in particolare dagli articoli 7, paragrafo 2, e 9 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE e dal rapporto del 2010 sull’attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni, approvato dal Consiglio dell’OCSE il 22 luglio 2010, che descrive l’approccio autorizzato dell’OCSE all’applicazione del principio di libera concorrenza quale definito nelle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali ( 7 ) nel contesto dell’attribuzione degli utili a una stabile organizzazione (in prosieguo: l’«approccio autorizzato dell’OCSE») ( 8 ), ma che ne avrebbe tenuto conto quali orientamenti utili su come garantire che i meccanismi relativi all’attribuzione di utili e alla fissazione dei prezzi di trasferimento producessero risultati conformi alle condizioni di mercato (considerando 255). La Commissione ha poi condotto la sua analisi fondandosi su tre distinti ragionamenti, ciascuno dei quali consentiva di concludere all’esistenza, nella specie, di un vantaggio selettivo. Ai fini della presente causa, vengono in rilievo solo i primi due ragionamenti, in via principale e in via subordinata. In base al ragionamento in via principale (considerando da 265 a 321 della decisione contestata), la Commissione ha ritenuto che il fatto che, nelle decisioni anticipate, le autorità tributarie irlandesi avessero accettato l’assunto indimostrato secondo cui le licenze di PI dovevano essere attribuite a fini fiscali al di fuori dell’Irlanda – e quindi alle sedi di ASI e AOE (in prosieguo: le «sedi») e non alle loro succursali irlandesi – avesse comportato utili annui imponibili di dette società che si discostavano da un’approssimazione affidabile di un risultato basato sul mercato secondo il principio di libera concorrenza. In base al ragionamento in via subordinata (considerando da 325 a 360 della decisione contestata), la Commissione ha considerato che, anche ove le autorità tributarie irlandesi avessero avuto ragione ad accettare tale assunto, il risultato sarebbe stato lo stesso poiché i metodi di attribuzione degli utili avallati dalle decisioni anticipate erano basati su scelte metodologiche inadeguate, che avevano comunque condotto a una riduzione dell’importo dell’imposta che ASI e AOE dovevano pagare rispetto alle società non integrate il cui utile imponibile era determinato dai prezzi negoziati sul mercato secondo il principio di libera concorrenza. |
11. |
Infine, nell’ambito della terza fase della sua analisi, la Commissione ha constatato che né l’Irlanda né Apple avevano dedotto argomenti relativi alla giustificazione del vantaggio selettivo conferito dalle decisioni anticipate (considerando da 404 a 411 della decisione contestata). |
III. La procedura dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata
12. |
L’Irlanda (causa T‑778/16) e ASI e AOE (causa T‑892/16) hanno proposto ricorso contro la decisione contestata. Nella causa T‑778/16 sono stati ammessi ad intervenire il Granducato di Lussemburgo, a sostegno delle conclusioni dell’Irlanda, e la Repubblica di Polonia, a sostegno delle conclusioni della Commissione. Nella causa T‑892/16 sono stati ammessi a intervenire l’Autorità di vigilanza EFTA, a sostegno delle conclusioni della Commissione, e l’Irlanda, a sostegno delle conclusioni di ASI e AOE. Le cause sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento. A sostegno del loro ricorso, l’Irlanda, da un lato, e ASI e AOE, dall’altro, hanno dedotto, rispettivamente, nove e quattordici motivi, in gran parte sovrapponibili, che il Tribunale ha esaminato congiuntamente. |
13. |
Nella sentenza impugnata, per quanto rileva ai fini della presente causa, il Tribunale ha, in primo luogo, respinto i motivi avanzati dall’Irlanda e da ASI e AOE relativi al travalicamento, da parte della Commissione, delle sue competenze e alla violazione del principio di autonomia fiscale degli Stati membri (punti da 103 a 124). In secondo luogo, esso ha esaminato i motivi relativi agli errori commessi dalla Commissione nell’ambito del suo ragionamento in via principale. In tale contesto, esso ha, anzitutto, respinto la censura fatta valere dall’Irlanda vertente sull’esame congiunto dei criteri del vantaggio e della selettività. Esso ha, successivamente, esaminato le censure relative ad errori nell’individuazione del sistema di riferimento e sull’imposizione ordinaria in forza del diritto tributario irlandese. Al termine di tale esame, il Tribunale ha concluso che il ragionamento in via principale della Commissione era fondato su «valutazioni errate relative all’imposizione normale in forza del diritto tributario irlandese applicabile nel caso di specie» (punto 249 della sentenza impugnata). Infine, il Tribunale ha esaminato «per completezza» le censure dirette contro le valutazioni di fatto della Commissione riguardanti le attività all’interno del gruppo Apple, concludendo che la Commissione non era riuscita a dimostrare che, tenuto conto, da un lato, delle attività e delle funzioni effettivamente esercitate dalle succursali irlandesi di ASI e di AOE e, dall’altro, delle decisioni strategiche adottate e attuate al di fuori di tali succursali, le licenze di PI avrebbero dovuto essere attribuite a dette succursali ai fini della determinazione degli utili annuali imponibili di ASI e di AOE in Irlanda (punto 310 della sentenza impugnata). Infine, il Tribunale ha esaminato i motivi vertenti sulle valutazioni effettuate dalla Commissione nell’ambito del suo ragionamento in via subordinata. Al termine della sua analisi, pur riconoscendo che «le carenze nei metodi di calcolo degli utili imponibili [di ASI] e [di AOE] dimostrano il carattere lacunoso e talvolta incoerente [delle decisioni anticipate]» (punto 479 della sentenza impugnata), esso ha ritenuto tali carenze insufficienti a provare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. |
14. |
Il Tribunale ha dunque annullato la decisione contestata nel suo insieme, senza esaminare gli altri motivi dedotti dall’Irlanda e da ASI e AOE, ha condannato la Commissione alle spese sostenute dalle ricorrenti nelle cause T‑778/16 e T‑892/16 e ha dichiarato che l’Irlanda, nella causa T‑892/16, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Polonia e l’Autorità di vigilanza EFTA avrebbero sopportato ciascuna le proprie spese. |
IV. La procedura dinanzi alla Corte e le conclusioni delle parti
15. |
Con atto introduttivo d’istanza depositato alla cancelleria della Corte il 25 settembre 2020, la Commissione ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata. L’Irlanda, ASI e AOE, il Granducato di Lussemburgo e l’Autorità di vigilanza EFTA hanno presentato le loro osservazioni scritte. Con lettera del 4 aprile 2023, gli avvocati di ASI e AOE hanno informato la Corte che, in seguito a fusione in base al diritto irlandese, AOE è stata, a partire dal 2 aprile 2023, assorbita da AOI. Il nome di AOI è stato dunque sostituito a quello di AOE in quanto parte nella presente causa. Le parti sono state sentite all’udienza del 23 maggio 2023. La Commissione chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, respingere il primo, il secondo, il terzo, il quarto e l’ottavo motivo nella causa T‑778/16 nonché il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, l’ottavo e il quattordicesimo motivo nella causa T‑892/16, rinviare la causa al Tribunale per l’esame dei restanti motivi e riservare le spese dinanzi al Tribunale e alla Corte. ASI e AOI chiedono alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la Commissione alle spese. L’Irlanda chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la Commissione alle spese. L’Autorità di vigilanza EFTA chiede alla Corte di accogliere integralmente l’impugnazione, di rinviare la causa al Tribunale per l’esame dei motivi restanti e di riservare le spese dinanzi al Tribunale e alla Corte. Il Granducato del Lussemburgo chiede alla Corte di respingere integralmente l’impugnazione e di condannare la Commissione alle spese da esso esposte. |
V. Sull’impugnazione
16. |
La Commissione solleva due motivi a sostegno della sua impugnazione, ciascuno suddiviso in diverse parti. Il primo motivo verte sui punti della sentenza impugnata con cui il Tribunale ha censurato il ragionamento in via principale. Il secondo è diretto contro la parte di tale sentenza in cui il Tribunale ha infirmato il ragionamento in via subordinata. |
A. Osservazioni preliminari
17. |
Come si è visto, in base all’accordo di ripartizione dei costi, nel periodo pertinente, ASI e AOE detenevano le licenze di PI e provvedevano al pagamento ad Apple Inc. di una somma destinata a finanziare l’attività di R&S del gruppo. Gli accordi di cost sharing rispondono alla logica di evitare che, nell’incertezza dei risultati dell’investimento in R&S, non sia possibile recuperare la perdita eventualmente subita dalla società che ha effettuato l’investimento. I costi di R&S vengono ripartiti tra società del gruppo così come gli eventuali rendimenti sono allocati in percentuale rispondente alla percentuale di costi attribuiti alla società. Questa è la giustificazione dell’accordo, ma va tenuto presente che, nella prassi delle multinazionali, un accordo di cost sharing infragruppo può permettere di allocare i costi e i relativi profitti nelle giurisdizioni dove la tassazione è minore. Nel caso in esame, scollegando l’attribuzione di una parte dei costi e dei profitti relativi alla PI di Apple dal luogo in cui si svolgeva prevalentemente l’attività di R&S del gruppo, cioè in California, sede di Apple Inc., tali costi e profitti sono stati spostati verso ASI e AOE. Come già detto, pur essendo costituite in Irlanda, queste società non erano, nel periodo pertinente, fiscalmente residenti in Irlanda, né in altre giurisdizioni fiscali. In Irlanda la loro responsabilità fiscale era limitata, in base all’articolo 25 del TCA del 1997, agli utili imputabili alle loro succursali irlandesi, con la conseguenza che gli utili non attribuiti a tali succursali non sarebbero, in sostanza, stati di fatto tassati da nessuna parte ( 9 ). Il cuore della questione verte pertanto sul metodo con cui, nel silenzio dell’articolo 25 del TCA 97, andavano determinati gli utili imputabili alle succursali irlandesi. Poiché la maggior parte degli utili di ASI e AOE derivava dalle licenze di PI, ai fini di una tale determinazione, si poneva preliminarmente la questione di come queste licenze dovessero essere attribuite all’interno di tali società, tenendo conto delle loro diverse articolazioni, vale a dire le sedi, da un lato, e le succursali irlandesi, dall’altro. Su questi punti si sviluppa, in sostanza, la divergenza tra l’Irlanda e la Commissione. Le decisioni anticipate, infatti, avevano approvato il metodo di determinazione della base imponibile di ASI e AOE proposto da Apple, che comportava, di fatto, l’attribuzione delle licenze di PI e della maggior parte degli utili di tali società al di fuori delle succursali irlandesi. Secondo la Commissione, una tale attribuzione di utili, riducendo la responsabilità fiscale di ASI e AOE, conferiva a queste ultime un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e comportava un aiuto fiscale per l’intero gruppo Apple. |
B. Sul primo motivo d’impugnazione
18. |
Il primo motivo d’impugnazione si suddivide in tre parti. |
1. Sulla prima parte del primo motivo d’impugnazione
19. |
Con la prima parte del primo motivo d’impugnazione, la Commissione fa valere che il Tribunale ha erroneamente interpretato la decisione contestata, ha commesso un’irregolarità procedurale ed è incorso in una contraddizione di motivi, laddove, ai punti 125, da 183 a 187, 228, 242 e 243 della sentenza impugnata, ha affermato che, nel ritenere che le licenze di PI avrebbero dovuto essere attribuite a fini fiscali alle succursali irlandesi, poiché le sedi di ASI e di AOE non avevano dipendenti né presenza fisica per garantirne il controllo e la gestione, essa aveva proceduto a un’attribuzione di utili «per esclusione» non conforme all’articolo 25 del TCA 97, al principio di libera concorrenza e all’approccio autorizzato dell’OCSE. ASI e AOI, l’Irlanda e il Granducato di Lussemburgo sostengono che le censure sollevate dalla Commissione sono irricevibili, inconferenti e, in ogni caso, infondate. |
a) Analisi
1) Sulla ricevibilità
20. |
Ricordo che, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Solo il Tribunale è competente ad accertare i fatti, salvo nei casi in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti che gli sono stati sottoposti, e a valutare gli elementi di prova ammessi ( 10 ). La constatazione di tali fatti e la valutazione di tali elementi non costituiscono quindi, salvo il caso di un loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte ( 11 ). |
21. |
ASI e AOI fanno valere che l’allegazione di un errore d’interpretazione dell’atto impugnato dinanzi al Tribunale non costituisce invocazione di un errore di diritto, salvo il caso di snaturamento di tale atto derivante da una lettura manifestamente errata di quest’ultimo da parte del Tribunale. Esse richiamano a sostegno della loro eccezione le sentenze del 27 gennaio 2000, DIR International Film e a./Commissione ( 12 ) e del 30 novembre 2016, Commissione/Francia e Orange ( 13 ). Nella prima di tali sentenze, la Corte ha precisato che se, nell’ambito di un ricorso di annullamento, il Tribunale può essere indotto ad interpretare la motivazione dell’atto impugnato in maniera diversa dal suo autore, o addirittura, in taluni casi, persino a respingere la motivazione formale adottata da quest’ultimo, esso non può farlo quando nessun elemento materiale lo giustifichi, poiché in tal caso sostituirebbe la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto, commettendo un errore di diritto censurabile dinanzi alla Corte ( 14 ). Ora, se è vero che in tale sentenza la Corte ha concluso all’esistenza di uno snaturamento del contenuto della decisione in causa ( 15 ), da tale circostanza non è tuttavia possibile inferire, come vorrebbero ASI e AOI, la conclusione secondo cui solo una lettura manifestamente inesatta dell’atto impugnato da parte del Tribunale sia invocabile in sede d’impugnazione. Una tale inferenza si scontrerebbe peraltro con l’applicazione di segno opposto che la Corte ha fatto di tale precedente ( 16 ). Per quanto riguarda la sentenza Commissione/Francia e Orange, è sufficiente rilevare che, al punto 102 di tale sentenza, su cui si fondano ASI e AOI, la Corte si è limitata a constatare l’assenza di argomentazioni avanzate dalla Commissione a sostegno della sua allegazione di snaturamento della decisione impugnata dinanzi al Tribunale. Tale punto non apporta pertanto alcun elemento a supporto dell’eccezione d’irricevibilità sollevata da ASI e AOE. Rilevo poi che la Corte ha già avuto modo di respingere esplicitamente un’eccezione analoga nella sentenza del 10 marzo 2022, Commissione/Freistaat Bayern e a. ( 17 ), in cui essa ha affermato che costituisce una questione di diritto ricevibile in sede d’impugnazione la correttezza dell’interpretazione data dal Tribunale alla decisione di cui è stato chiamato a valutare la legittimità nell’ambito di un ricorso per annullamento ( 18 ). Più in generale, la questione della corretta interpretazione di una decisone della Commissione adottata in base all’articolo 108, paragrafo 2, primo comma, TFUE, non può essere sottratta al sindacato della Corte in sede d’impugnazione, su pretesto che costituisca una «questione di fatto». Se non escludo che vi siano casi in cui l’invocazione di un errore d’interpretazione di un tale atto possa in realtà tendere ad ottenere dalla Corte un riesame delle valutazioni in fatto svolte dal Tribunale, questo non è, a mio avviso, manifestamente il caso della censura in esame, che verte sulla corretta comprensione dell’iter logico seguito dalla Commissione e del criterio giuridico da essa applicato. Nella specie, invocando una non corretta interpretazione della decisione contestata, la Commissione ha dunque sollevato un errore di diritto censurabile in sede d’impugnazione. |
22. |
L’Irlanda sostiene che la prima parte del primo motivo d’impugnazione è inconferente poiché, anche a supporre che il Tribunale abbia erroneamente interpretato la decisione contestata, la non attribuzione alle succursali irlandesi degli utili generati dalle licenze di PI resterebbe confermata sulla base delle sole constatazioni fattuali sulle attività di tali succursali contenute nel resto della sentenza impugnata. Al riguardo, ricordo che risulta da una giurisprudenza costante che un motivo diretto contro punti della motivazione di una sentenza impugnata che sono ininfluenti rispetto al dispositivo della stessa è inconferente e deve essere respinto ( 19 ). Nella sentenza impugnata il Tribunale non si è limitato a constatare che il ragionamento in via principale era fondato su valutazioni errate relative all’imposizione normale in forza del diritto tributario irlandese applicabile, ma ha altresì esaminato, accogliendole, le censure dedotte dall’Irlanda nonché da ASI e da AOE contro le valutazioni in fatto svolte dalla Commissione relativamente alle attività del gruppo Apple. Ne consegue che, per contestare utilmente le constatazioni del Tribunale relative alle carenze del ragionamento in via principale, constatazioni fondate su due distinti ed autonomi ordini di motivi, incombeva alla Commissione avanzare censure contro entrambi tali ordini di motivi. Ora, il primo motivo d’impugnazione è strutturato esattamente in tal senso. La prima parte di tale motivo è diretta a criticare la conclusione del Tribunale secondo cui, nel quadro del suo ragionamento in via principale, la Commissione ha applicato un approccio «per esclusione», mentre la seconda e la terza parte sono dirette a contestare i motivi con i quali il Tribunale ha infirmato le suddette valutazioni in fatto. La circostanza che le censure sviluppate nel quadro di ciascuna di queste parti, considerate separatamente, non siano di per sé sufficienti, ove accolte, ad ottenere l’annullamento della sentenza impugnata non consente di concludere al loro carattere inconferente, poiché esse vanno considerate nell’ambito del primo motivo d’impugnazione nel suo complesso. L’eccezione dell’Irlanda va dunque, a mio avviso, respinta. |
2) Nel merito
i) Sulla prima censura: errore d’interpretazione della decisione contestata
23. |
È bene rilevare a titolo preliminare che la Commissione non contesta l’incompatibilità di un ragionamento «per esclusione» con l’articolo 25 del TCA 97, con il principio di libera concorrenza o con l’approccio autorizzato dell’OCSE. Essa afferma tuttavia di non aver applicato un tale ragionamento. Ciò precisato, ritengo necessario richiamare brevemente i punti salienti del ragionamento in via principale della Commissione. Seguendo la struttura della decisione contestata tale ragionamento consta di quattro parti. |
24. |
Nella prima parte, contenuta nella sezione 8.2.2.1 di tale decisione, la Commissione ha enunciato le due premesse su cui si è fondata nel seguito della sua analisi. Essa ha affermato, da un lato, che l’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97 richiedeva la previa determinazione di un metodo di attribuzione degli utili, non definito in tale disposizione, e, dall’altro, che tale metodo doveva pervenire a un risultato conforme al principio di libera concorrenza. La correttezza di entrambe queste premesse è stata esplicitamente riconosciuta dal Tribunale – la prima al punto 113 della sentenza impugnata e la seconda ai punti 211 e 212 – e non è stata contestata né nel quadro di un’impugnazione autonoma nei confronti della sentenza impugnata né, in via incidentale, nell’ambito della presente causa. Malgrado l’assenza di contestazioni al riguardo, è in ogni caso bene precisare che le conclusioni del Tribunale circa l’applicazione del principio di libera concorrenza nel contesto dell’articolo 25 del TCA 97 è pienamente in linea con la sentenza Fiat Chrysler, in cui la Corte ha affermato che la Commissione è autorizzata a fondarsi su tale principio solo se e nella misura in cui la sua applicazione è prevista dalla legislazione fiscale dello Stato membro interessato ( 20 ). In effetti, da un lato, al punto 221 della sentenza impugnata, il Tribunale ha espressamente respinto la tesi della Commissione secondo cui dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE discende per gli Stati membri un obbligo autonomo di applicazione di detto principio. Dall’altro, emerge in particolare dai punti 210, 211, da 218 a 220 e 247 di tale sentenza che l’applicazione nella specie del principio di libera concorrenza si fonda sulle norme tributarie del diritto irlandese relative alla tassazione delle società e trova la sua giustificazione all’interno del sistema di riferimento identificato dalla Commissione e convalidato dal Tribunale. Inoltre, non risulta che fossero stati fissati nella prassi amministrativa delle autorità tributarie irlandesi metodi o criteri di applicazione del principio di libera concorrenza che la Commissione abbia di fatto disapplicato a favore di parametri e regole esterni al sistema tributario nazionale. Per contro, al punto 239 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che l’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97, quale descritta dall’Irlanda, e l’analisi funzionale e fattuale nell’ambito della prima fase dell’analisi proposta dall’approccio autorizzato dell’OCSE si sovrapponevano ( 21 ). Infine, come constatato dal Tribunale, in particolare al punto 433 di tale sentenza, la stessa Irlanda non ha saputo spiegare in modo sufficiente quale fosse la giustificazione esatta dei parametri presi in considerazione nelle decisioni anticipate per il calcolo degli utili imponibili di ASI e di AOE. |
25. |
Nella seconda parte del suo ragionamento in via principale, contenuta alla sezione 8.2.2.2, sub a), della decisione contestata, la Commissione ha precisato il metodo di attribuzione degli utili basato sul principio di libera concorrenza che le autorità fiscali irlandesi avrebbero a suo avviso dovuto seguire in forza dell’articolo 25 del TCA 97. Al considerando 272 di tale decisione, essa ha affermato che dovevano considerarsi utili da attribuire alla succursale di una società non residente in applicazione di detto articolo gli utili che tale succursale «avrebbe realizzato secondo il principio di libera concorrenza, in particolare nelle operazioni con altre parti della società, se fosse stata un'impresa distinta e indipendente impegnata in attività uguali o similari, a condizioni uguali o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, delle risorse utilizzate e dei rischi assunti dalla società attraverso la sua filiale e le altre parti della società». Pertanto, secondo la Commissione, incombeva nella specie alle autorità irlandesi, prima di approvare il metodo di ripartizione degli utili proposto da Apple, verificare se, come affermato da quest’ultima, le licenze di PI e i relativi utili dovevano essere attribuiti al di fuori dell’Irlanda, e per fare ciò esse avrebbero dovuto comparare le funzioni svolte, i beni utilizzati e i rischi assunti da ASI e da AOE attraverso, rispettivamente, le loro sedi e le loro succursali irlandesi (considerando 273). |
26. |
Nella terza parte del suo ragionamento in via principale, la Commissione ha proceduto essa stessa a tale verifica, seguendo lo schema annunciato al considerando 275 di tale decisione, che implicava l’analisi dei due diversi scenari invocati dall’Irlanda e da Apple per giustificare l’attribuzione delle licenze di PI al di fuori dell’Irlanda. Tali scenari, basati, il primo, sulle funzioni assunte dalle sedi e, il secondo, su quelle svolte da Apple Inc. sono stati esaminati rispettivamente alla sezione 8.2.2.2, sub b) della decisione contestata (considerando da 276 a 307) e alla sezione 8.2.2.2, sub c) di tale decisione (considerando da 308 a 318). È nel quadro dell’esame del primo di tali scenari che la Commissione avrebbe proceduto attraverso l’approccio «per esclusione» censurato dal Tribunale. Occorre dunque rievocare brevemente le due distinte tappe di tale esame. Nella prima tappa, ai considerando da 281 a 293, la Commissione ha esaminato la situazione delle sedi. Essa ha osservato dapprima che, nel periodo pertinente, tali sedi esistevano unicamente «sulla carta», non avendo né impiegati, né presenza fisica al di fuori dell’Irlanda e che le funzioni ad esse attribuite potevano essere svolte unicamente dai membri dei rispettivi consigli di amministrazione (considerando 281). Tuttavia, le uniche prove messe a sua disposizione di attività svolte da tali consigli non avrebbero fornito alcuna indicazione di attività correlate alle licenze di PI, né alcuna discussione o decisione relativa alla conclusione o alla modifica dell’accordo di ripartizione dei costi, quanto meno fino alla fine del 2014 (considerando da 282 a 285). In tale contesto, essa ha respinto come vaga e indimostrata l’allegazione di Apple secondo cui le attività dei consigli di amministrazione di ASI e AOE sarebbero state assicurate in una «miriade di modi», osservando che, del resto, ove tali attività fossero state realmente sostanziali, ASI e AOE sarebbero state considerate come aventi uno stabilimento permanente negli Stati Uniti, dato che la maggior parte dei membri di tali consigli erano ivi stabiliti (considerando 287). Ai considerando 288 e 289, su cui si fonda in particolare il Tribunale, la Commissione ha poi precisato, da un lato, che non solo non vi erano prove di attività svolte dalle sedi in relazione alle licenze di PI ma che tali sedi non disponevano neanche della capacità di svolgere funzioni di gestione attiva in tale ambito e, dall’altro, che, data l’assenza di personale delle sedi, tali funzioni, incluse quelle attribuite ad ASI e AOE dall’accordo di ripartizione dei costi, avrebbero potuto essere svolte unicamente dalle succursali irlandesi ( 22 ). La Commissione ha dunque concluso, al considerando 293 della decisione contestata, che le sedi «non controllavano, né gestivano, e non erano nella posizione di controllare o gestire, le licenze di PI (…) in maniera tale da realizzare il tipo di reddito registrato dalle due società». Nella seconda tappa del suo esame, la Commissione ha preso in considerazione la situazione delle succursali irlandesi al fine di dimostrare che un’analisi condotta tenendo conto unicamente delle funzioni svolte, dei beni utilizzati e dei rischi assunti da tali succursali avrebbe portato allo stesso risultato. Ai considerando da 296 a 303 della decisione contestata, essa ha pertanto enumerato le funzioni svolte da dette succursali che, a suo avviso, avrebbero dovuto condurre le autorità fiscali irlandesi a non accettare senza ulteriori controlli l’affermazione infondata di Apple secondo cui le licenze di PI e i relativi utili dovevano essere in toto attribuiti al di fuori dell’Irlanda. Al considerando 305 della decisione contestata, la Commissione ha concluso, da un lato, che una siffatta attribuzione di utili non rifletteva una distribuzione che sarebbe stata accettata dalle succursali irlandesi ove queste ultime fossero state imprese distinte e autonome operanti in normali condizioni di mercato e, dall’altro, che, data l’assenza di funzioni svolte dalle sedi e/o date le funzioni svolte dalle succursali irlandesi, le licenze di PI avrebbero dovuto essere attribuite a queste ultime a fini fiscali. |
27. |
Infine, nella quarta parte del suo ragionamento in via principale, contenuta nella sezione 8.2.2.2, sub c), la Commissione ha tirato le fila della sua precedente analisi, constatando che, dato il metodo di attribuzione delle licenze di PI e dei relativi utili utilizzato dalle autorità tributarie irlandesi, le decisioni anticipate avevano condotto a ridurre sensibilmente gli utili di ASI e AOE tassabili in Irlanda e avevano pertanto concesso a tali società un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. |
28. |
Da quanto sopra esposto si possono trarre le seguenti conclusioni riguardo all’approccio seguito dalla Commissione nel suo ragionamento in via principale. In primo luogo, essa ha ritenuto applicabile – in virtù dell’articolo 25 del TCA 97 e al fine di assicurare, conformemente a tale articolo, una determinazione degli utili imponibili di ASI e di AOE in linea con il principio di libera concorrenza – un criterio giuridico consistente nel comparare le funzioni svolte rispettivamente dalle sedi e dalle succursali irlandesi con riferimento alle licenze di PI. In secondo luogo, in applicazione di tale criterio, essa ha proceduto ad un esame distinto del ruolo assunto da ciascuna di queste entità in relazione a tali licenze. In terzo luogo, al termine di tale esame, essa ha constatato, da un lato, una totale assenza di funzioni in relazione alle licenze di PI per quanto riguarda le sedi e, dall’altro, un ruolo attivo, risultante dall’assunzione di una serie di funzioni – alcune delle quali considerate «cruciali» – e di rischi collegati alla gestione e all’utilizzazione di tali licenze per quanto riguarda le succursali irlandesi. In quarto luogo, la constatazione dell’assenza di funzioni rilevanti svolte dalle sedi è basata sulla mancanza di prove apportate da Apple in senso contrario, congiuntamente al riscontro della mancanza di capacità effettiva di tali sedi ad assumere dette funzioni. In quinto luogo, il ragionamento della Commissione non si basa né esclusivamente, né principalmente, sulla constatazione dell’assenza di personale e di presenza fisica delle sedi, nonostante tale constatazione ricorra ripetutamente nei considerando della decisione contestata, quanto piuttosto sull’assenza di funzioni svolte da queste ultime in relazione alle licenze di PI. |
29. |
Ne consegue che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale ai punti contestati della sentenza impugnata, non è la constatazione in sé del fatto che le sedi non avevano né dipendenti né presenza fisica che ha condotto la Commissione a concludere che le licenze di PI, e i relativi utili, dovevano essere attribuiti alle succursali irlandesi, quanto piuttosto la messa in relazione di due distinte constatazioni – vale a dire, da un lato, la totale assenza di funzioni e di rischi assunti dalle sedi e, dall’altro, la molteplicità e centralità di quelli assunti dalle succursali – operata nel quadro dell’applicazione del criterio giuridico enunciato al considerando 272 della decisione contestata, che richiedeva, appunto, la comparazione tra le funzioni svolte, i beni utilizzati e i rischi assunti dalle diverse parti che componevano ASI e AOE. |
30. |
Sulla base dell’insieme delle considerazioni che precedono, ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto, laddove ha concluso, interpretando erroneamente la decisione contestata, che, nel suo ragionamento in via principale, la Commissione aveva adottato un approccio «per esclusione». Tale errore vizia non solo le conclusioni cui il Tribunale è pervenuto ai punti 187 e 188 della sentenza impugnata con riferimento all’articolo 25 del TCA 97, ma altresì i motivi di tale sentenza con cui il Tribunale ha censurato le altre valutazioni della Commissione relative alla tassazione normale degli utili ai sensi del diritto tributario irlandese, vertenti rispettivamente sul principio di libera concorrenza (punti 228 e 229) e sull’approccio autorizzato dell’OCSE (punti 243 e 244). È infatti in base allo stesso errore d’interpretazione che il Tribunale ha concluso che il metodo seguito dalla Commissione nella decisione contestata non era conforme né a tale principio né a tale approccio. |
ii) Seconda censura: irregolarità procedurale
31. |
Nel quadro della seconda censura della prima parte del suo primo motivo d’impugnazione, richiamando la sentenza del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione ( 23 ), la Commissione fa valere in sostanza che il Tribunale ha commesso un’irregolarità procedurale ignorando l’analisi delle funzioni svolte dalle succursali irlandesi contenuta ai considerando da 296 a 303 della decisione contestata, nonché le osservazioni da essa presentate in prima istanza, in cui si spiegavano più nel dettaglio tali funzioni. |
32. |
Tale censura non può a mio avviso essere accolta. Senza che sia necessario attardarsi sulla scarsa pertinenza del precedente richiamato dalla Commissione – in cui la Corte ha rilevato l’omesso esame da parte del Tribunale di argomentazioni contenute in nuce nell’atto introduttivo d’istanza e sviluppate solo successivamente dalla parte ricorrente nel corso della procedura – basti rilevare che la Commissione intende in sostanza far censurare come irregolarità procedurale il fatto che il Tribunale ha adottato un’interpretazione della decisione contestata diversa rispetto a quella da essa sostenuta. Ora, come ricordato al paragrafo 18 delle presenti conclusioni, non solo spettava al Tribunale interpretare tale decisione, ma quest’ultimo era altresì legittimato a discostarsi dall’interpretazione sostenuta in corso di causa dalla Commissione, ove ciò fosse giustificato. Nella specie, emerge da una lettura d’insieme della sentenza impugnata che, laddove ha concluso che la Commissione si era basata su un approccio «per esclusione», il Tribunale non ha omesso di prendere in considerazione nessuno degli elementi della decisione contestata, inclusa l’analisi delle funzioni svolte dalle succursali irlandesi, ma si è limitato ad interpretare in modo diverso dalla Commissione il peso di questi distinti elementi e la loro articolazione nell’economia di tale decisione. In tali circostanze, la censura della Commissione è dunque priva di autonomia e si confonde con l’invocazione di un errore d’interpretazione. |
iii) Sulla terza censura: contraddizione e insufficienza di motivi
33. |
Con la terza censura della prima parte del suo primo motivo d’impugnazione, la Commissione contesta al Tribunale un duplice vizio di motivazione. |
34. |
In primo luogo, basandosi sugli stessi argomenti fatti valere a sostegno della censura d’irregolarità procedurale appena esaminata, la Commissione fa valere che la sentenza impugnata non è sufficientemente motivata nella parte in cui conclude che il ragionamento principale si basa su un approccio per «per esclusione», non essendo indicate le ragioni dell’omessa presa in considerazione, da parte del Tribunale, dell’analisi delle funzioni delle succursali irlandesi svolta dalla Commissione. Al riguardo, ritengo, in sostanza per gli stessi motivi esposti al paragrafo 28 delle presenti conclusioni, che la critica mossa dalla Commissione debba essere respinta come infondata. |
35. |
In secondo luogo, la Commissione fa valere che la motivazione della sentenza impugnata è viziata di contraddittorietà. Al riguardo, è giocoforza constatare che esiste una chiara tensione tra, da un lato, le conclusioni cui il Tribunale è giunto ai punti 186, 228 e 243 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione non aveva cercato di dimostrare che l’attribuzione delle licenze di PI alle succursali irlandesi derivava dalle attività effettivamente svolte da queste ultime e, dall’altro, i punti 283, 284 e 295 di tale sentenza, in cui il Tribunale ha, invece, considerato che la Commissione avesse identificato le funzioni svolte da dette succursali che, a suo avviso, giustificavano una tale attribuzione. Una tale tensione non si spiega, come suggeriscono ASI e AOI, interpretando la sentenza impugnata nel senso che il Tribunale avrebbe in realtà imputato alla Commissione di aver proceduto non mediante un approccio «per esclusione», ma mediante un approccio «misto». Si oppone, in effetti, a una tale interpretazione oltre al testo chiaro di detta sentenza, l’articolazione tra le diverse parti della stessa in cui si collocano i punti da cui origina la contraddizione di motivi invocata dalla Commissione. In effetti, i punti da 255 a 295 della sentenza impugnata si inseriscono nella terza parte dei motivi relativi all’analisi del ragionamento in via principale. Ora, emerge dal punto 250 di tale sentenza che le valutazioni contenute in questa parte sono svolte «per completezza» («for the sake of completeness»), il Tribunale avendo già concluso, al termine della seconda parte della sua analisi, che il ragionamento in via principale era «fondato su valutazioni errate relative all’imposizione normale in forza del diritto tributario irlandese applicabile nel caso di specie». In altri termini, i punti da 255 a 295 della sentenza impugnata assumono, nell’economia del ragionamento del Tribunale, un carattere sovrabbondante. La conclusione contenuta al suddetto punto 249 non appare in effetti dotata di un carattere intermedio né richiedere il surplus di analisi contenuta ai punti da 255 a 295 di tale sentenza, che viene svolta dal Tribunale unicamente a fini di esaustività. La terza censura della prima parte del primo motivo d’impugnazione, nella parte in cui fa valere l’esistenza di una contraddizione di motivi, deve pertanto essere, a mio avviso, accolta. |
b) Conclusioni sulla prima parte del primo motivo
36. |
In base all’insieme delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di accogliere la prima parte del primo motivo d’impugnazione. |
2. Sulla seconda parte del primo motivo d’impugnazione
37. |
La seconda parte del primo motivo d’impugnazione è diretta contro i punti da 251 a 311 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha esaminato le valutazioni della Commissione relative alle attività all’interno del gruppo Apple, passando in rassegna in successione le attività della succursale irlandese di ASI (punti da 255 a 284), le attività della succursale irlandese di AOE (punti da 285 a 295) e le attività al di fuori di tali succursali (punti da 296 a 309). La Commissione contesta l’implicita accettazione da parte del Tribunale della pertinenza delle funzioni svolte da Apple Inc, al fine di determinare gli utili di ASI e AOE imponibili in Irlanda. Essa fa valere che, poiché Apple Inc. è un’entità distinta rispetto ad ASI e AOE, le funzioni da essa svolte con riguardo alla PI del gruppo Apple nella sua qualità di capogruppo o in attuazione di accordi infragruppo, che sia «a beneficio» del gruppo nel suo complesso o specificamente di tali società, ovvero «per conto» delle stesse, non hanno alcuna incidenza sulla questione di sapere a chi, tra le succursali irlandesi o le sedi, dovevano essere attribuite a fini fiscali le licenze territorialmente limitate detenute da dette società. La Commissione solleva due distinte censure. La prima è relativa a un’irregolarità procedurale e a un’insufficienza e contraddittorietà di motivi, la seconda a una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, a uno snaturamento del diritto irlandese e ad un’irregolarità procedurale. Con argomentazioni in gran parte sovrapponibili, ASI e AOE nonché l’Irlanda e il Granducato di Lussemburgo fanno valere che le censure solevate dalla Commissione sono parzialmente irricevibili, nonché inconferenti e, in ogni caso, infondate. Invertendo l’ordine di presentazione seguito dalla Commissione, comincerò con l’esame della seconda censura. |
a) Sulla seconda censura
38. |
La Commissione fa valere, a titolo principale, che, basandosi sulle funzioni di Apple Inc., il Tribunale ha violato l’approccio dell’entità distinta e il principio di libera concorrenza sui quali si fonda l’articolo 25 del TCA 97. Dal momento che, conformemente alla sentenza del 28 giugno 2018, Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione (in prosieguo: la «sentenza Andres») ( 24 ), un errore d’interpretazione e di applicazione del diritto nazionale costituisce un errore d’interpretazione e di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, il Tribunale avrebbe altresì violato tale disposizione. Più precisamente, il Tribunale avrebbe correttamente interpretato il diritto irlandese, affermando, al punto 248 della sentenza impugnata, che «ai fini dell’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97, l’attribuzione degli utili alla succursale irlandese di una società non residente doveva prendere in considerazione la ripartizione dei beni, delle funzioni e dei rischi tra la succursale e le altre parti di tale società». Tuttavia, ai punti da 255 a 302 di tale sentenza, esso avrebbe applicato un diverso ed erroneo «criterio giuridico», comparando le funzioni svolte dalle succursali irlandesi a quelle svolte da Apple Inc. piuttosto che a quelle effettate dalle sedi. A titolo subordinato, la Commissione fa valere che la violazione del principio di libera concorrenza e dell’approccio dell’entità distinta costituisce un manifesto snaturamento del diritto nazionale. Infine, la Commissione contesta al Tribunale un’irregolarità procedurale consistente nell’essersi fondato su elementi di prova irricevibili. |
1) Sulla ricevibilità
39. |
ASI e AOI nonché l’Irlanda e il Granducato di Lussemburgo sostengono che la censura in esame è irricevibile in quanto mira a contestare la valutazione dei fatti e degli elementi di prova effettuata dal Tribunale. |
40. |
Ho già avuto modo di ricordare che la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove che il Tribunale ha assunto a sostegno di tali fatti, fatta salva l’inesattezza materiale degli accertamenti di fatto da esso operati e lo snaturamento degli elementi di prova dinanzi ad esso prodotti ( 25 ). La Corte ha tuttavia precisato che, qualora il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, essa è competente, in forza dell’articolo 256 TFUE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica degli stessi e sulle conseguenze di diritto che ne sono state tratte. Il potere di controllo della Corte si estende, in particolare, alla questione del rispetto delle norme in materia di onere e di produzione della prova e a quella dell’applicazione, da parte del Tribunale, di criteri giuridici corretti nella sua valutazione dei fatti e degli elementi di prova ( 26 ). Nella specie, come si è detto, la Commissione fa valere che, prendendo in considerazione le funzioni di Apple Inc., il Tribunale ha commesso un errore che vizia l’analisi fattuale da esso condotta ai punti da 251 a 311 della sentenza impugnata e i risultati cui tale analisi perviene, dando luogo a un’erronea applicazione del diritto nazionale e a una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, gli argomenti della Commissione vertono sulla conformità con il diritto irlandese del parametro in base al quale il Tribunale ha qualificato i fatti (il «criterio giuridico» applicato dal Tribunale) e sulle conseguenze giuridiche che ne discendono. In tali circostanze, mi sembra chiaro che la censura in esame non è volta nel suo complesso a contestare l’accertamento dei fatti o la valutazione degli elementi di prova da parte del Tribunale. Ciò non esclude che alcune delle critiche mosse dalla Commissione su singoli elementi dell’analisi fattuale svolta dal Tribunale possano, prese isolatamente, rivelarsi a questo titolo irricevibili. Una tale eventualità sarà verificata nel corso dell’analisi. |
41. |
ASI e AOI nonché l’Irlanda e il Granducato di Lussemburgo fanno valere altresì che la censura in esame è irricevibile poiché volta a contestare le valutazioni del Tribunale in merito al diritto irlandese, senza invocare uno snaturamento di tale diritto. In particolare, l’Irlanda sostiene che la Commissione si fonda su una non corretta interpretazione della sentenza Andres, laddove afferma in sostanza che ogni errore d’interpretazione e di applicazione del diritto nazionale costituisce un errore d’interpretazione e di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. |
42. |
Ricordo che, secondo una giurisprudenza costante, «riguardo all’esame, nell’ambito di un’impugnazione, delle valutazioni del Tribunale in merito al diritto nazionale, che, nel settore degli aiuti di Stato, costituiscono valutazioni di fatto, la Corte è competente solamente a verificare se vi sia stato uno snaturamento di tale diritto». Per contro, «dato che l’esame, nell’ambito di un’impugnazione, della qualificazione giuridica sulla base di una disposizione del diritto dell’Unione che è stata data a tale diritto nazionale dal Tribunale costituisce una questione di diritto, esso rientra nella competenza della Corte» ( 27 ). Ai punti da 79 a 81 della sentenza Andres, richiamati dalla Commissione, la Corte ha precisato che, se il «contenuto e la portata del diritto nazionale» quali accertati dal Tribunale non sono, in linea di principio e salvo snaturamento di tale diritto, censurabili in sede d’impugnazione, la qualificazione «come quadro di riferimento» attribuita alle norme di detto diritto, e quindi la corretta delimitazione da parte del Tribunale del sistema di riferimento pertinente, invece lo è. Nella sentenza Fiat Chrysler, la Corte ha ulteriormente chiarito che la questione di sapere se, nell’operare tale delimitazione, il Tribunale abbia applicato in maniera corretta un criterio giuridico, come il principio di libera concorrenza, costituisce, «per estensione», una questione di diritto che può formare oggetto di sindacato da parte della Corte nella fase dell’impugnazione ( 28 ). |
43. |
Alla luce dei principi suesposti, e allo stato attuale della giurisprudenza, l’interpretazione della sentenza Andres suggerita dalla Commissione appare criticabile. L’automatismo su cui si basa finisce infatti per cancellare di fatto la distinzione, confermata nella sentenza Fiat Chrysler, tra, da un lato, constatazioni del Tribunale tese a precisare il contenuto e la portata del diritto nazionale nonché la sua applicazione nel caso di specie e, dall’altro, constatazioni relative a tale diritto da cui dipende la corretta delimitazione del sistema di riferimento ai fini dell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e dunque l’identificazione delle disposizioni del diritto nazionale che rientrano in tale sistema di riferimento ( 29 ). |
44. |
In realtà, il dibattito tra le parti solleva la delicata questione del confine tra accertamento dei fatti e qualificazione giuridica degli stessi con riguardo alle valutazioni del Tribunale relative al diritto nazionale in materia di aiuti di Stato. La seconda consiste come noto nell’operazione di riconduzione dei fatti pertinenti previamente accertati ad una determinata categoria giuridica o a un determinato concetto giuridico, da cui discende l’identificazione delle regole di diritto applicabili alla fattispecie. Trattandosi di un processo essenzialmente cognitivo, essa si differenzia dal semplice accertamento dei fatti e, data l’importanza primordiale che riveste nell’ambito del ragionamento giuridico, è, come si è visto, suscettibile di revisione in sede d’impugnazione. Orbene, ove si consideri che l’errore riguardo alla definizione del significato e della portata di una disposizione del diritto nazionale o alla sua applicazione, invocato in sede d’impugnazione, è suscettibile, perché influisce sulla delimitazione o sull’applicazione del sistema di riferimento, di incidere sulla riconduzione della fattispecie alla nozione di vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, tale errore dovrebbe, a mio avviso, poter essere suscettibile di sindacato da parte della Corte, in quanto errore sulla qualificazione giuridica del diritto nazionale sulla base di una disposizione del diritto dell’Unione ( 30 ). |
45. |
L’effettiva portata dei principi esposti al punto 37 delle presenti conclusioni resta, comunque, ancora da chiarire da parte della Corte e la linea di confine tra contestazioni ricevibili in sede d’impugnazione e contestazioni non ricevibili, trattandosi delle valutazioni del Tribunale relative al diritto nazionale, permane fluida. |
46. |
Quanto fin qui detto non incide tuttavia, a mio avviso, sulla ricevibilità delle argomentazioni sviluppate dalla Commissione nella censura in esame. In effetti, per un verso, la Commissione approva senza riserve il criterio giuridico che, a suo avviso, il Tribunale ha ritenuto applicabile nella specie in virtù del diritto irlandese ai fini dell’analisi dell’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Per altro verso, se la Commissione fa valere un’erronea applicazione del diritto nazionale alle circostanze del caso di specie, ciò è solo nella misura in cui, secondo tale istituzione, il Tribunale avrebbe, di fatto, applicato un criterio giuridico diverso da quello correttamente identificato. La contestazione sollevata dalla Commissione mi sembra dunque porsi fra quelle che, al punto 85 della sentenza Fiat Chrysler, la Corte ha considerato ricevibili «per estensione», in quanto volte in fin dei conti a rimettere in discussione la scelta del sistema di riferimento nell’ambito della prima fase dell’analisi dell’esistenza di un vantaggio selettivo. |
47. |
In ogni caso, contrariamente a quanto sostengono ASI e AOI nonché l’Irlanda, la Commissione invoca esplicitamente anche uno snaturamento del diritto irlandese, il che deve condurre necessariamente la Corte a valutare il merito dell’argomentazione della Commissione, quanto meno per verificare se un siffatto snaturamento risulti sufficientemente provato. |
48. |
In base a quanto precede, anche i motivi d’irricevibilità fatti valere dall’Irlanda e da ASI e AOI, tratti dall’allegata contestazione da parte della Commissione di valutazioni inerenti al diritto irlandese, vanno, a mio avviso, respinti. |
2) Nel merito
i) Sulla presa in considerazione di elementi di prova irricevibili
49. |
Ritengo necessario esaminare prioritariamente la contestazione vertente su un’irregolarità procedurale risultante dalla presa in considerazione di elementi di prova irricevibili, in quanto incide sulla validità della base probatoria su cui si è fondato il Tribunale. La Commissione eccepisce l’irricevibilità degli elementi menzionati al punto 301 della sentenza impugnata dai quali risultava, secondo il Tribunale, che i contratti con i produttori terzi (Original Equipment Manufacturers o «OEM»), responsabili della fabbricazione di gran parte dei prodotti venduti da ASI, e i contratti con clienti quali gli operatori di telecomunicazioni, erano stati negoziati da amministratori del gruppo Apple, e firmati da Apple Inc., e da ASI, tramite i rispettivi amministratori, direttamente o mediante procura. Secondo la Commissione, tali elementi, che consistono, da un lato, in diversi scambi di email tra amministratori di Apple Inc. riguardanti contatti con OEM e operatori di telecomunicazione e, dall’altro, in quattro procure rilasciate da ASI a amministratori di Apple Inc. (in prosieguo: «le procure relative alla firma dei contratti con gli OEM e con gli operatori di telecomunicazione» ( 31 )), non potevano essere presi in considerazione dal Tribunale, in quanto non prodotti nel corso del procedimento amministrativo e, per tre delle menzionate procure, anche in quanto prodotte tardivamente dinanzi al Tribunale, unicamente allo stadio della replica. ASI e AOI non contestano il fatto che i suddetti elementi di prova sono stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale. Esse affermano tuttavia che la Commissione era al corrente delle attività dei dirigenti di ASI e AOE con base negli Stati Uniti nonché dell’esistenza e dell’importanza delle sopramenzionate procure e che, se la Commissione avesse condotto un’inchiesta appropriata, essa avrebbe potuto ottenere tutti gli elementi di prova pertinenti. |
50. |
In proposito rilevo che secondo una giurisprudenza costante, la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato deve essere valutata dal giudice dell’Unione alla luce delle informazioni di cui la Commissione poteva disporre quando l’ha adottata ( 32 ). Nella sentenza del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice ( 33 ), la Corte ha precisato che gli elementi d’informazione di cui la Commissione «poteva disporre» includono quelli che risultavano pertinenti ai fini della valutazione da compiere e di cui essa avrebbe potuto, su richiesta, ottenere la produzione in sede di procedimento amministrativo ( 34 ). Nella specie, per quanto concerne, in primo luogo, gli scambi di email tra amministratori di Apple Inc. riguardanti contatti con gli OEM e gli operatori di telecomunicazione, osservo che risulta dal fascicolo dinanzi al Tribunale che tali scambi si limitano, nella quasi totalità, a dare conto di attività svolte da dipendenti di Apple Inc. nel quadro dell’accordo di ripartizione dei costi e che essi non contengono nessun riferimento implicito o esplicito ad ASI. Si tratta pertanto di documenti che la Commissione considerava estranei all’oggetto del procedimento amministrativo, in quanto relativi ad attività di un’entità distinta rispetto ad ASI e a relazioni intra gruppo estranee all’oggetto delle decisioni anticipate. Non si può perciò, a mio avviso, affermare che essa, anche a supporre che potesse ipotizzarne l’esistenza, fosse tenuta a chiedere la produzione di tali elementi di prova nel corso del procedimento amministrativo. Per contro, incombeva ad Apple, in particolare alla luce della posizione assunta dalla Commissione, apportare tutti gli elementi a sua disposizione al fine di dimostrare che le suddette trattative erano in realtà svolte per conto delle sedi di ASI e non del gruppo Apple nel suo complesso. Per quanto riguarda, in secondo luogo, le procure relative alla firma dei contratti con gli OEM e con gli operatori di telecomunicazione, rilevo anzitutto che non è contestato che si tratta degli elementi di prova principali se non gli unici sui quali il Tribunale si è fondato al punto 301 della sentenza impugnata. È altresì pacifico che la lista completa delle procure rilasciate dagli amministratori di ASI e di AOE è stata fornita solo in allegato al ricorso di queste ultime in prima istanza e che il testo di tre di tali procure è stato prodotto solo in sede di replica, mentre la quarta, secondo quanto affermato dalla Commissione senza essere contraddetta da ASI e AOI, non è mai stata prodotta ( 35 ). Non è neanche contestato che i verbali delle riunioni dei consigli di amministrazione di ASI e AOE presentati nel corso del procedimento amministrativo (in prosieguo: i «verbali esaminati dalla Commissione») non menzionavano le procure relative alla firma dei contratti con gli OEM, ma solo quella relativa alla firma dei contratti con gli operatori di telecomunicazione, che tuttavia, come si è detto, non è mai stata prodotta. Quanto agli elementi portati a conoscenza della Commissione nel corso del procedimento amministrativo, rilevo che le osservazioni di Apple del 7 settembre 2015, prodotte in allegato al ricorso di ASI e AOE dinanzi al Tribunale, menzionano l’esistenza di un sistema di procure rilasciate dai consigli di amministrazione di ASI e di AOE, in particolare, in vista delle trattative e della firma dei contratti con gli OEM e con gli operatori di telecomunicazioni. Tuttavia, tali osservazioni si limitano a un riferimento vago e non circostanziato ( 36 ). In tali circostanze, ritengo che non si possa addebitare alla Commissione la mancata acquisizione delle procure in questione nel corso del procedimento amministrativo, in particolare considerato che essa aveva comunque richiesto ed esaminato tutti i verbali delle riunioni dei consigli di amministrazione di ASI e AOE nel periodo pertinente, senza trovare praticamente alcuna traccia di tali procure. Incombeva invece a mio avviso ad Apple, al fine di sostanziare la sua ricostruzione dei fatti, produrre tali procure a uno stadio quanto più precoce possibile, senza aspettare per fare ciò l’ultima occasione a sua disposizione nel quadro del procedimento dinanzi al Tribunale. |
51. |
Gli argomenti della Commissione relativi a un’irregolarità procedurale risultante dalla presa in considerazione di elementi di prova irricevibili vanno pertanto a mio avviso accolti. |
ii) Sul criterio giuridico applicabile in base al diritto irlandese
52. |
La Commissione ritiene che il criterio giuridico applicabile in diritto irlandese ai fini di determinare gli utili imponibili in Irlanda di una società non residente sia stato correttamente identificato dal Tribunale al punto 248 della sentenza impugnata e debba prendere in considerazione la «ripartizione dei beni, delle funzioni e dei rischi tra la succursale e le altre parti di tale società». L’Irlanda ritiene invece che l’analisi pertinente ai fini dell’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97 deve riguardare, come affermato dal Tribunale, segnatamente al punto 227 della sentenza impugnata, e confermato in diversi altri punti di tale sentenza, le «attività reali [delle succursali irlandesi di una società non residente] e il valore di mercato» di tali attività. Dal canto loro, ASI e AOI fanno valere che, ai punti da 182 a 186 della sentenza impugnata, il Tribunale ha chiarito che, in base al diritto irlandese, gli utili derivanti dalla PI possono essere attribuiti alla succursale irlandese di una società non residente solo se la PI che li genera è controllata dalla succursale. Come l’Irlanda, ASI e AOI ritengono che le attività svolte dalle sedi non abbiano alcun rilievo ai fini dell’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97. Infine, sia l’Irlanda che ASI e AOI fanno valere in sostanza che il punto 248 della sentenza impugnata su cui si fonda la Commissione riguarda l’applicazione dell’approccio autorizzato dell’OCSE, non dell’articolo 25 del TCA 97 e, in ogni caso, che emerge in particolare dal punto 242 di tale sentenza che tale approccio non avalla l’analisi comparativa su cui si basa la Commissione, analisi che sarebbe contraria al diritto irlandese. |
53. |
La breve presentazione dei principali argomenti delle parti che precede consente di formulare due considerazioni preliminari. La prima è che tutte le tesi sopra esposte escludono la rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97, delle funzioni svolte da un’entità distinta dalla società non residente di cui si deve valutare l’utile imponibile in Irlanda, anche se ad essa associata, quale è nella specie Apple Inc. Un criterio di attribuzione degli utili quale quello propugnato dall’Irlanda e da ASI e AOI, che tiene conto in via esclusiva delle attività effettivamente svolte dalle succursali irlandesi, conduce infatti necessariamente e in tutta logicità al risultato di estromettere dall’analisi pertinente in base a tale articolo le funzioni svolte da Apple Inc. La seconda considerazione è che la sentenza impugnata manca di chiarezza quanto alla definizione del metodo di attribuzione degli utili che presiede all’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97. Eppure si tratta di un punto di cruciale importanza ai fini dell’analisi da condurre in base all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, poiché incide sulla definizione dell’imposizione «normale» ai sensi del diritto irlandese in base alla quale deve essere valutata l’esistenza di un vantaggio ai sensi di tale disposizione. Fondandosi su diversi punti della sentenza impugnata, le parti hanno identificato tre criteri di attribuzione degli utili alla succursale irlandese di una società non residente, il primo richiede la prova del controllo da parte della succursale del bene da cui derivano gli utili da attribuire («criterio del controllo», punti da 182 a 185 della sentenza impugnata), il secondo è basato sulle attività realmente svolte dalla succursale e la valutazione del loro valore di mercato («criterio delle attività reali», essenzialmente punti 179, 218, 219 e 227 della sentenza impugnata), il terzo implica la ripartizione dei beni, delle funzioni e dei rischi tra la succursale e le altre parti della società («criterio del riparto di funzioni all’interno della società», punti 240, 242 e 248 della sentenza impugnata). |
54. |
In tali circostanze, occorre, per quanto possibile, ricercare una lettura coerente della sentenza impugnata sul punto, partendo dalla premessa non contestata da cui muove tale sentenza secondo cui, al fine di determinare gli utili imponibili in Irlanda di una società non residente, è necessario condurre un’«analisi funzionale» volta a determinare le attività svolte, gli asset utilizzati e i rischi assunti dalla sua succursale in Irlanda. Tale analisi è richiesta sia dall’articolo 25 del TCA 97, sia dal principio di libera concorrenza, sia dall’approccio autorizzato dell’OCSE ( 37 ). Le contrapposte posizioni delle parti si differenziano tra loro per quanto riguarda l’oggetto di tale analisi nel caso di specie. |
55. |
Orbene, ritengo che una lettura coerente della sentenza impugnata non consenta di ritenere che il Tribunale abbia considerato applicabile in base al diritto irlandese un criterio esclusivamente focalizzato sulle attività delle succursali irlandesi delle società non residenti. Certo, come affermato al punto 177 della sentenza impugnata, l’articolo 25 del TCA 97 «riguarda unicamente gli utili derivanti dalle attività che le stesse succursali irlandesi hanno svolto, dovendosi escludere quelli derivanti dalle attività svolte da altre parti della società non residente di cui trattasi». Tuttavia, la Commissione non ha torto nel ritenere che una tale affermazione si limiti in sostanza a richiamare il principio di territorialità fiscale e non costituisca in sé l’enucleazione di un metodo di attribuzione degli utili ai sensi dell’articolo 25 del TCA 97 – e ancora meno di un metodo di attribuzione di un bene generatore di utili – che escluda di prendere in considerazione le funzioni assunte dalle altre parti della società non residente. Al riguardo, concordo con la Commissione nel ritenere che una tale preclusione non emerge in nessun punto della sentenza impugnata. In particolare, essa non può essere inferita, come sostengono l’Irlanda e ASI e AOI, dai punti da 179 a 184 di tale sentenza, in cui il Tribunale ha richiamato la sentenza della High Court (Alta Corte, Irlanda) nella causa S. Murphy (Inspector of Taxes) v. Dataproducts (Dub.) Ltd. ( 38 ). In effetti, in tale pronuncia, la High Court ha effettuato un’analisi estensiva delle funzioni svolte rispettivamente dalla succursale irlandese della società Dataproducts, residente nei Paesi Bassi, e dai dirigenti della stessa al di fuori dell’Irlanda, nonché una comparazione di tali funzioni e dei rischi assunti da tale società attraverso le differenti parti della stessa prima di concludere che il bene in questione, un conto svizzero i cui frutti erano stati in parte messi a disposizione della succursale irlandese, non era controllato da quest’ultima, ma dalla sede olandese di Dataproducts e che, pertanto, le somme controverse non potevano costituire utili tassabili in Irlanda. Tale sentenza è dunque piuttosto l’illustrazione di un metodo di attribuzione degli utili quale quello fatto valere dalla Commissione. |
56. |
A fronte di quanto appena esposto, è giocoforza constatare che il Tribunale ha, per un verso, ammesso esplicitamente, al punto 240 della sentenza impugnata, che, per determinare quali siano le funzioni effettivamente assunte dalla succursale irlandese di una società non residente ai fini dell’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97, era necessario prendere in considerazione «la ripartizione degli attivi, delle funzioni e dei rischi tra la succursale e le altre parti di tale società». Per altro verso, esso ha affermato, al punto 242 di tale sentenza, che l’analisi volta ad individuare gli attivi, le funzioni e i rischi che devono essere attribuiti alla stabile organizzazione di una società, in base alle attività effettivamente svolte da quest’ultima, non poteva «essere effettuata in maniera astratta, ignorando le attività e le funzioni esercitate all’interno della società nel suo insieme». |
57. |
D’altro canto, lo stesso testo dell’articolo 25 del TCA 97 milita in tal senso, nella misura in cui richiede di identificare i «redditi commerciali derivanti direttamente o indirettamente» dalla succursale e da proprietà o diritti «utilizzati o detenuti dalla succursale (…) o per conto della stessa». Non si vede infatti come sia possibile effettuare una tale operazione che implica, in particolare, di determinare la proprietà economica dei beni detenuti dalla società di cui trattasi, senza prendere in considerazione, comparandole, le attività svolte con riferimento a detti beni dalle diverse parti di detta società. Una siffatta comparazione consente di verificare se la suddivisione degli utili all’interno della società non residente, accettata dalle autorità tributarie come base per la determinazione degli utili imponibili in Irlanda, è coerente con l’effettiva ripartizione delle funzioni, dei beni e dei rischi tra le diverse parti di detta società. |
58. |
In base a quanto precede ritengo che la Commissione interpreti correttamente la sentenza impugnata, laddove afferma che il criterio di determinazione degli utili di una società non residente, ritenuto applicabile dal Tribunale in forza dell’articolo 25 del TCA 97, richiede di prendere in considerazione la ripartizione degli attivi, delle funzioni e dei rischi tra la succursale e le altre parti di tale società ed esclude la presa in considerazione del ruolo svolto da entità distinte. |
59. |
Aggiungo che, nella specie, la necessità di limitare l’analisi ai rapporti tra le sedi e le succursali irlandesi deriva peraltro dalla scelta, fatta da Apple Inc. nella sua autonomia imprenditoriale, di spostare, con l’accordo di ripartizione dei costi, una parte dei suoi profitti verso ASI e AOE. Si tratta pertanto di operare la ripartizione di tali profitti tra le diverse articolazioni di queste società, cui Apple Inc. resta estranea. Applicare un diverso criterio, come correttamente sottolineato dalla Commissione, ha come conseguenza di non tener conto della realtà di detto accordo e della struttura fiscale del gruppo Apple, elementi che le autorità tributarie irlandesi non potevano ignorare nel quadro di una valutazione complessiva del metodo di determinazione dell’utile imponibile di ASI e AOE proposto dal gruppo. Diversamente si giungerebbe peraltro all’esito paradossale per cui gli assets legittimamente spostati da Apple Inc. fuori dagli Stati Uniti nonché i relativi profitti, quando si tratta di determinare l’imposta dovuta in Irlanda, ritornerebbero, ma solo virtualmente, negli Stati Uniti, riducendo ulteriormente la responsabilità fiscale del gruppo. |
iii) Sulla presa in considerazione delle funzioni di Apple Inc. da parte del Tribunale
60. |
Occorre a questo punto verificare se, come sostiene la Commissione, il Tribunale si è effettivamente fondato sulle funzioni svolte da Apple Inc. in relazione alla PI del gruppo Apple o se, come fanno valere l’Irlanda nonché ASI e AOI, l’argomentazione della Commissione snatura sul punto i motivi della sentenza impugnata. |
61. |
In primo luogo, la Commissione fa valere che il Tribunale si è riferito alle funzioni svolte da Apple Inc. ai punti da 259 a 267 e al punto 288 della sentenza impugnata, laddove ha esaminato i considerando da 289 a 295 della decisione contestata che attribuivano alle succursali irlandesi l’esercizio di funzioni di controllo di qualità, di gestione delle infrastrutture di R&S e di gestione dei rischi d’impresa. Al riguardo, osservo che, ai punti da 260 a 267 della sentenza impugnata, il Tribunale si è riferito in generale all’insieme delle funzioni e dei rischi elencati nell’allegato B dell’accordo di ripartizione dei costi e relativi ai beni immateriali oggetto di tale accordo ( 39 ), «vale a dire, in sostanza, tutta la PI del gruppo Apple» (punto 261) che, in virtù del medesimo accordo, ASI e AOE erano autorizzate a esercitare o potevano essere chiamate ad assumere. Ai punti 263 e 264 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che la Commissione non aveva fornito alcun elemento di prova per dimostrare che tali funzioni erano state effettivamente esercitate da ASI e da AOE, e ancor meno dalle loro succursali irlandesi o che il personale di tali succursali avesse effettivamente gestito tali rischi. Al punto 266 di tale sentenza, esso ha ribadito che la Commissione non aveva cercato di dimostrare che «gli organi di gestione delle succursali irlandesi (…) avessero effettivamente esercitato la gestione quotidiana attiva di tutte le funzioni e di tutti i rischi inerenti alla PI del gruppo Apple elencati nell’allegato B dell’accordo di ripartizione dei costi». Ora, come correttamente fatto valere dalla Commissione, le funzioni e i rischi elencati ai punti 261 e 262 della sentenza impugnata sono di norma riservati, in una multinazionale, alla holding del gruppo. Nella specie, peraltro, come sottolineato dal Tribunale al punto 267 di tale sentenza, si tratta, in sostanza, «di tutte le funzioni costituenti il fulcro del modello economico (…) del gruppo Apple, incentrato sullo sviluppo di prodotti tecnologici» nonché dei «rischi chiave, inerenti a tale modello economico». Emerge peraltro dal fascicolo dinanzi al Tribunale, oltre che dalla decisione contestata, che sia la Commissione sia l’Irlanda sia ASI e AOE concordavano sul fatto che tali funzioni e tali rischi, attinenti all’intera PI del gruppo Apple, al suo sviluppo e alla sua gestione, erano in massima parte assunti da Apple Inc., in qualità di holding del gruppo o nel quadro dell’accordo di ripartizione dei costi, e da questa centralizzati a Cupertino. La Commissione non ha dunque torto laddove afferma che, nei punti della sentenza impugnata appena esaminati, il Tribunale ha incluso nella sua valutazione dei fatti funzioni e rischi assunti da Apple Inc. |
62. |
In secondo luogo, la Commissione sostiene che il Tribunale abbia impropriamente richiamato le funzioni di Apple Inc. ai punti da 268 a 295 della sentenza impugnata. In tali punti, il Tribunale ha esaminato le attività e le funzioni elencate ai considerando da 296 a 300 della decisione contestata come effettivamente esercitate dalla succursale irlandese di ASI e ha concluso che tali attività e funzioni, considerate separatamente o nel loro complesso, non giustificavano l’attribuzione delle licenze di PI a tale succursale. Le attività e funzioni esaminate dal Tribunale includevano il controllo di qualità, diverse attività di R&S e la gestione dei costi di marketing a livello locale. |
63. |
Al riguardo, per quanto concerne il controllo di qualità, osservo che tale funzione rientrava tra quelle elencate nell’accordo di ripartizione dei costi ed associate sia a Apple Inc. che ad ASI e AOE. In tali circostanze, è giocoforza constatare che, laddove, al punto 269 della sentenza impugnata, il Tribunale richiama l’affermazione di ASI e AOE secondo cui «migliaia di persone erano occupate, in tutto il mondo, nella funzione del controllo di qualità, mentre una sola persona era impiegata in tale funzione in Irlanda», esso si riferisce ad attività svolte da entità distinte da tale società e in particolare ad attività svolte da Apple Inc. ( 40 ) Lo stesso avviene, a mio avviso, al punto 274 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha affermato che il fatto che la succursale di ASI abbia sostenuto i costi di marketing a livello locale «non implica che tale succursale sia responsabile dell’elaborazione della strategia di marketing in quanto tale». In base all’accordo relativo ai servizi di commercializzazione, l’elaborazione di tale strategia è infatti compito di Apple Inc. |
64. |
Quanto ai punti 273 e 275 della sentenza impugnata, laddove afferma che le funzioni di R&S e le attività di raccolta e di analisi dei dati regionali svolte dai dipendenti della succursale di ASI hanno carattere «ausiliario», il Tribunale parametra ancora una volta tali attività a quelle svolte a livello globale da soggetti esterni ad ASI. Un riferimento esplicito a politiche e strategie di gruppo elaborate da Apple Inc. figura, infine, al punto 277 della sentenza impugnata, per quanto riguarda le attività della succursale di ASI relative al servizio AppleCare, che viene qualificato come attività di «esecuzione»«secondo gli orientamenti e la direzione strategica definiti negli Stati Uniti», nonché ai punti 281 e 283 di tale sentenza, che contengono un giudizio globale del Tribunale relativamente al carattere «ausiliario» ed «esecutivo» delle attività di tale succursale. |
65. |
In terzo luogo, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia fatto riferimento alle attività di Apple Inc. nell’esaminare le funzioni svolte dalla succursale irlandese di AOE identificate al considerando 301 della decisione contestata. Al punto 290 della sentenza impugnata il Tribunale afferma, per quanto concerne le competenze di processo e produzione specifiche sviluppate da tale succursale nell’ambito delle sue attività di produzione, che quand’anche tali competenze beneficiassero della tutela di taluni diritti di proprietà intellettuale, «si tratta di un settore ristretto e specifico delle attività di tale succursale», che non giustifica l’attribuzione a quest’ultima di tutte le licenze di PI. Ora, è, a mio avviso, chiaro che una tale valutazione «quantitativa» è possibile solo nella misura in cui le competenze sviluppate dalla succursale irlandese di AOE sono, come afferma correttamente la Commissione, comparate all’insieme delle funzioni di R&S relative alla PI del gruppo Apple. Va invece respinta, in quanto volta a contestare una valutazione in fatto svolta dal Tribunale, l’argomentazione della Commissione diretta contro i punti da 291 a 294 della sentenza impugnata, secondo cui la PI sviluppata dalla succursale irlandese di AOE rappresentava un contributo unico e di valore, non conciliabile con una limitata remunerazione quale quella prevista dalle decisioni anticipate. |
66. |
Infine, la Commissione fa valere che il Tribunale ha preso in considerazione le funzioni svolte da Apple Inc. ai punti da 298 a 302 della sentenza impugnata, nell’esaminare le attività svolte al di fuori delle succursali di ASI e di AOE. Al riguardo, è indubbio che, in particolare ai punti 299 e 300 di tale sentenza, il Tribunale, ha richiamato le funzioni di Apple Inc. e il suo ruolo di capogruppo laddove, da un lato, ha constatato, in generale, il «carattere centralizzato delle decisioni strategiche all’interno del gruppo Apple, adottate da dirigenti, a Cupertino» e, dall’altro, nello specifico, per quanto riguarda le decisioni nel settore R&S all’origine della PI del gruppo Apple, ha richiamato il fatto che «le decisioni relative ai prodotti da sviluppare (…) e alla strategia di R&S (…) erano state adottate e attuate da dirigenti del gruppo stabiliti a Cupertino». Del pari, il Tribunale ha constatato che «le strategie di lancio dei nuovi prodotti, e, in particolare, l’organizzazione della distribuzione sui mercati europei (…) [erano] stabilite a livello del gruppo Apple, in particolare dal personale dirigenziale del gruppo (Executive Team) sotto la direzione dell’amministratore delegato del gruppo, a Cupertino» ( 41 ). |
67. |
Emerge dall’analisi che precede che, in tutti i punti della sentenza impugnata contestati dalla Commissione, il Tribunale si è fondato in modo più o meno implicito, ma comunque chiaro, sulle funzioni svolte da Apple Inc. con riguardo alla PI del gruppo Apple nel quadro dell’accordo di ripartizione dei costi o dell’accordo relativo ai servizi di commercializzazione o nel suo ruolo di capogruppo, comparando a tali funzioni quelle svolte dalle succursali irlandesi relativamente alle licenze di PI. Pertanto, contrariamente a quanto fatto valere dall’Irlanda e da ASI e AOI, la censura in esame non muove da una lettura erronea della sentenza impugnata e ancor meno da un suo snaturamento. |
iv) Incidenza della presa in considerazione delle attività di Apple Inc. sulla qualificazione giuridica dei fatti
68. |
L’Irlanda nonché ASI e AOI fanno valere in sostanza che la censura in esame è in ogni caso inconferente poiché, anche a supporre che il Tribunale abbia preso in considerazione le funzioni di Apple Inc., le conclusioni cui è giunto al termine del suo esame dei fatti sono fondate su un’analisi dell’attività delle succursali irlandesi e delle sedi e sulla constatazione del carattere «rutinario» delle funzioni svolte da dette succursali, insufficiente, secondo il Tribunale, a giustificare l’attribuzione a queste ultime delle licenze di PI e dei relativi utili. |
69. |
Al riguardo, osservo che risulta dall’insieme delle constatazioni di fatto svolte dal Tribunale, quali riepilogate al punto 310 della sentenza impugnata, che la conclusione enunciata in tale punto, secondo cui la Commissione non era riuscita a dimostrare che le licenze di PI avrebbero dovuto essere attribuite alle succursali irlandesi ai fini della determinazione degli utili annuali imponibili di ASI e AOE in Irlanda, è fondata, da un lato, sulla valutazione delle attività realmente svolte da tali succursali e, dall’altro, sulle «decisioni strategiche adottate e attuate al di fuori di tali succursali». |
70. |
A supporre che quest’ultimo elemento includa un riferimento alle funzioni svolte dalle sedi, occorre analizzare più da vicino le valutazioni contenute ai punti da 298 a 309 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha esaminato gli argomenti dell’Irlanda nonché di ASI e di AOE, secondo cui queste ultime, tramite i loro organi direttivi, avevano dato esecuzione alle decisioni strategiche relative alla progettazione e allo sviluppo dei prodotti del gruppo Apple adottate in modo centralizzato per l’insieme del gruppo a Cupertino. |
71. |
In tali punti, il Tribunale ha, in un primo momento, constatato che ASI e AOE avevano apportato elementi di prova sul carattere centralizzato di tali decisioni e, per quanto riguarda in particolare le decisioni nel settore R&S, elementi che dimostravano, da un lato, che le decisioni relative ai prodotti da sviluppare e alla strategia di R&S erano state adottate e attuate da dirigenti del gruppo stabiliti a Cupertino e, dall’altro, che le strategie di lancio dei nuovi prodotti e l’organizzazione della distribuzione sui mercati europei, erano stabilite a livello del gruppo Apple, in particolare dal personale dirigenziale del gruppo sotto la direzione dell’amministratore delegato del gruppo, a Cupertino (punti da 298 a 301). Osservo che, in questa parte delle sue valutazioni – se si eccettua il punto 301, di cui si è discusso ai paragrafi da 42 a 43 delle presenti conclusioni –, il Tribunale non ha in alcun modo accennato a una partecipazione né diretta né indiretta delle sedi all’adozione delle decisioni in materia di R&S e all’elaborazione delle strategie di marketing e di distribuzione al livello del gruppo Apple menzionate sopra. |
72. |
In un secondo momento, il Tribunale ha considerato il ruolo decisionale svolto dalle sedi. Esso ha anzitutto rilevato, per quanto riguarda la capacità di ASI e AOE di adottare decisioni che incidono sulle loro funzioni essenziali tramite i loro organi direttivi, che la stessa Commissione aveva preso atto dell’esistenza dei consigli di amministrazione e delle loro riunioni periodiche durante il periodo pertinente, presentando, in tabelle incluse nella decisione contestata, estratti dei verbali di dette riunioni. Il Tribunale ha poi precisato che «le delibere dei consigli di amministrazione, iscritte in tali verbali, vertevano, in particolare, regolarmente (e più volte durante l’anno), sul versamento di dividendi, sull’approvazione delle relazioni degli amministratori nonché sulla nomina e sulle dimissioni di amministratori» e, più occasionalmente, riguardavano «la procura che autorizzava taluni amministratori a svolgere diverse attività quali la gestione dei conti bancari, i rapporti con i governi e gli organismi pubblici, gli audit, l’assunzione di assicurazioni, le locazioni, l’acquisto e la vendita di attivi, la ricezione di merci e i contratti commerciali». Il Tribunale ha altresì rilevato che risultava da tali verbali che «poteri molto ampi di gestione [erano] stati delegati a favore di singoli amministratori» (punto 306) e ha concluso che la Commissione aveva erroneamente ritenuto che ASI e AOE, tramite i loro organi direttivi, in particolare i loro consigli di amministrazione, non avessero le capacità di esercitare le funzioni essenziali di tali società, se del caso, delegando i loro poteri a singoli dirigenti, al di fuori del personale delle succursali irlandesi (punto 309). Al riguardo, rilevo che né tale conclusione, né gli elementi tratti dai verbali esaminati dalla Commissione e richiamati ai punti 305 e 306 della sentenza impugnata forniscono indicazioni su un’effettiva implicazione dei consigli d’amministrazione delle sedi nell’adozione di decisioni relative alla gestione delle licenze di PI. In proposito, al punto 304 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato ad affermare che il fatto che tali verbali «non mostrino dettagli sulle decisioni relative alla gestione delle licenze di PI (…), sull’accordo di ripartizione dei costi e sulle decisioni commerciali importanti non può escludere l’esistenza di queste stesse decisioni». Ritornerò più tardi su tale punto, contestato dalla Commissione nel quadro della terza parte del suo primo motivo d’impugnazione. |
73. |
Da quanto precede emerge che, ai punti da 298 a 309 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato, da un lato, l’esistenza di un sistema decisionale centralizzato all’interno del gruppo Apple, facente capo a Apple Inc., incluso per quanto riguarda la gestione e lo sviluppo della PI del gruppo e, dall’altro, la capacità delle sedi di adottare, tramite i rispettivi consigli di amministrazione, «le decisioni fondamentali per la società (…), quali l’approvazione dei conti annuali», anche attraverso un sistema di delegazione dei poteri a singoli membri del consiglio. Tuttavia, esso non ha constatato né la partecipazione delle sedi all’adozione delle decisioni strategiche adottate da Apple Inc. né il loro effettivo coinvolgimento nell’esecuzione di tali decisioni o nella gestione attiva delle licenze di PI. La sola constatazione al riguardo, contenuta al punto 307 della sentenza impugnata, secondo cui ASI e AOE avevano fornito informazioni da cui risultava che le diverse versioni dell’accordo di ripartizione dei costi erano state firmate da membri dei loro consigli di amministrazione a Cupertino, è contestata dalla Commissione nel quadro della terza parte del suo primo motivo d’impugnazione, all’analisi della quale rinvio. Ne consegue che l’eccezione di ASI e AOI e dell’Irlanda, secondo cui la censura in esame è inconferente va respinta. |
3) Conclusioni sulla seconda censura
74. |
In base alle considerazioni che precedono ritengo che la Commissione abbia ragione quando sostiene che il Tribunale è giunto alla conclusione che non esistevano prove sufficienti ad attribuire le licenze di PI alle succursali comparando erroneamente le funzioni esercitate da queste ultime con riferimento a tali licenze a quelle esercitate da Apple Inc. con riguardo alla PI del gruppo Apple, piuttosto che a quelle svolte dalle sedi in relazione alle suddette licenze. Ciò emerge in modo particolarmente evidente dalle conclusioni intermedie cui è giunto il Tribunale nelle diverse fasi della sua analisi dei fatti e, segnatamente, ai punti 266 e 302 della sentenza impugnata, nei quali esso ha affermato, da un lato, che la Commissione non aveva cercato di dimostrare che le succursali irlandesi avevano effettivamente esercitato la gestione quotidiana attiva «di tutte le funzioni e di tutti i rischi inerenti alla PI del gruppo Apple elencati nell’allegato B dell’accordo di ripartizione dei costi» e, dall’altro, che, poiché le decisioni strategiche per quanto riguarda lo sviluppo dei prodotti all’origine della PI del gruppo Apple erano state adottate per tutto il gruppo a Cupertino, la Commissione aveva erroneamente ritenuto che la gestione di tale PI era stata necessariamente assunta dalle loro succursali irlandesi. La seconda censura della seconda parte del primo motivo d’impugnazione è dunque, a mio avviso, fondata. |
b) Sulla prima censura
75. |
Nel quadro della prima censura della seconda parte del suo primo motivo d’impugnazione, la Commissione fa valere che, pur invocando, ai punti da 255 a 302 della sentenza impugnata, diverse importanti funzioni svolte dagli amministratori o dai dipendenti di Apple Inc. con riguardo alla PI di Apple, il Tribunale non avrebbe preso posizione sui considerando da 308 a 318 della decisione contestata, in cui essa ha esposto i motivi per cui riteneva che tali funzioni fossero irrilevanti ai fini di valutare le decisioni anticipate in base all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Del pari, il Tribunale non avrebbe considerato gli argomenti esposti dalla Commissione in prima istanza relativi all’irrilevanza delle funzioni svolte da Apple Inc. «a beneficio» di ASI e AOE o «per conto» delle sedi. La sentenza sarebbe pertanto viziata da un’insufficienza di motivazione. |
76. |
Al riguardo, osservo, in primo luogo, che l’irrilevanza delle funzioni svolte da Apple Inc. con riguardo alla PI del gruppo Apple ai fini della determinazione degli utili imponibili di ASI e AOE in Irlanda è stata esplicitamente e iterativamente sostenuta dalla Commissione sia nel corso del procedimento amministrativo sia dinanzi al Tribunale e alla Corte ( 42 ). Rilevo, in secondo luogo, che risulta in modo chiaro sia dalla decisione contestata che dal fascicolo dinanzi al Tribunale e dalla sentenza impugnata che la posizione di ASI e AOE (e ora di ASI e AOI) nonché dell’Irlanda si è, fin dalle prime tappe del procedimento amministrativo, fondata sull’affermazione secondo cui la gestione della PI di Apple, incluse le licenze detenute da dette società, avveniva in modo centralizzato a partire dal quartier generale di Apple a Cupertino. Ricordo, in terzo luogo, che, ai paragrafi da 50 a 55 delle presenti conclusioni, ho constatato che, nell’analisi fattuale condotta ai punti da 255 a 302 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, a più riprese, implicitamente o esplicitamente, direttamente o indirettamente comparato le funzioni svolte dalle succursali irlandesi relativamente alle licenze di PI con quelle assunte da Apple Inc. con riguardo alla PI del gruppo Apple nel quadro di accordi infragruppo o nella sua qualità di capogruppo. Infine, osservo che, nonostante gli argomenti in senso contrario fatti valere da ASI e da AOI nonché dall’Irlanda, risulta, a mio avviso, chiaramente da una lettura dei punti pertinenti della sentenza impugnata che il Tribunale non ha in alcun modo preso posizione sugli argomenti fatti valere dalla Commissione nei considerando da 308 a 318 della decisione contestata, né sugli argomenti da quest’ultima fatti valere nel corso del procedimento in prima istanza circa la possibilità che le funzioni di Apple Inc. entrino in linea di conto nella determinazione degli utili imponibili di ASI e AOE in Irlanda in quanto svolte «a beneficio» o «per conto» delle sedi. In particolare, non costituiscono una presa di posizione su tali argomenti, contrariamente a quanto fatto valere dall’Irlanda, i punti da 298 a 309 della sentenza impugnata. In effetti, a supporre anche che in tali punti il Tribunale abbia implicitamente ammesso la pertinenza, ai fini dell’analisi funzionale e fattuale da condurre ai sensi dell’articolo 25 del TCA 97, delle funzioni svolte da impiegati di entità distinte dalla società non residente «a beneficio» o «per conto» di quest’ultima o di parti della stessa, è giocoforza constatare che esso non ha in alcun modo giustificato tale pertinenza né ha risposto agli argomenti avanzati dalla Commissione in senso contrario. |
77. |
Ora, è certo vero, come fanno valere sia ASI e AOI che l’Irlanda, che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia e che la motivazione può pertanto anche essere implicita ( 43 ). Tuttavia, nella specie, data la centralità della questione del rilievo delle funzioni svolte da Apple Inc. nel quadro del ragionamento in via principale della Commissione e nell’economia della motivazione che ha condotto il Tribunale ad accogliere i ricorsi di ASI e AOE e dell’Irlanda sul punto, ritengo che l’omissione da parte di quest’ultimo di prendere esplicitamente posizione su tale questione dia luogo a un difetto di motivazione che impedisce alla Corte di conoscere le ragioni del rigetto di uno degli argomenti fondamentali dell’analisi della Commissione nell’ambito del suo ragionamento in via principale e nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale e interferisce con l’esercizio del controllo che la Corte è chiamata a effettuare nell’ambito della presente impugnazione. |
78. |
I motivi della sentenza impugnata sono altresì viziati di contraddittorietà, come pure fatto valere dalla Commissione, poiché il Tribunale, da un lato, ha ritenuto, ai punti 240, 242 e 248 della sentenza impugnata che, per determinare se una decisione fiscale di attribuzione degli utili alla succursale irlandese di una società non residente fosse conforme al regime di tassazione «normale» in Irlanda, fosse necessario prendere in considerazione la ripartizione dei beni, delle funzioni e dei rischi tra la succursale e le altre parti di tale società e, dall’altro, ai punti da 255 a 302 di detta sentenza, si è ampiamente basato sulle funzioni svolte da un’entità distinta rispetto ad ASI e AOE. |
79. |
La prima censura della seconda parte del primo motivo d’impugnazione va dunque, a mio avviso, accolta. |
c) Conclusioni sulla seconda parte del primo motivo d’impugnazione
80. |
In base all’insieme delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di accogliere la seconda parte del primo motivo d’impugnazione. |
3. Sulla terza parte del primo motivo d’impugnazione
81. |
Con la terza parte del suo primo motivo d’impugnazione, diretta contro i punti 301 e da 303 a 309 della sentenza impugnata, la Commissione contesta più in particolare le valutazioni del Tribunale relative alle attività svolte dalle sedi. Essa solleva due distinte censure che conviene esaminare congiuntamente. Con la prima censura, la Commissione lamenta un’irregolarità procedurale consistente nel non aver il Tribunale preso in considerazione gli argomenti difensivi da essa sollevati in prima istanza, nell’aver adottato una motivazione difettosa e contraddittoria e nell’essersi fondato su elementi di prova irricevibili. Con la seconda censura, essa fa valere una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e/o uno snaturamento del diritto nazionale. L’Irlanda, ASI e AOI nonché il Granducato di Lussemburgo considerano tali censure irricevibili e/o inconferenti e, in ogni caso, infondate. |
82. |
La Commissione fa valere in primo luogo che il Tribunale non ha risposto all’argomento da essa avanzato nel controricorso secondo cui i verbali esaminati dalla Commissione erano le uniche prove prodotte da Apple e dall’Irlanda nel corso del procedimento amministrativo al fine di dimostrare l’esistenza di funzioni svolte dalle sedi. |
83. |
In proposito ricordo che, secondo una giurisprudenza costante già ricordata nelle presenti conclusioni, da un lato, in sede d’impugnazione la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove che il Tribunale ha assunto a sostegno di tali fatti e, dall’altro, l’obbligo di motivare le sentenze che incombe al Tribunale non impone allo stesso di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. Nella specie, al punto 305 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di valutazione delle prove, che, malgrado il loro carattere sommario, gli estratti dei verbali esaminati dalla Commissione fossero sufficienti a «comprendere come le decisioni fondamentali per la società [fossero] adottate e iscritte [in tali verbali]». Ora, una tale valutazione – che consente alla Commissione di comprendere le ragioni dell’importanza che il Tribunale ha riconosciuto a detti verbali, quand’anche si fosse trattato dell’unico elemento di prova fornito nel corso del procedimento amministrativo relativo alle funzioni delle sedi – non è censurabile dinanzi alla Corte, salvo caso di snaturamento, non invocato sul punto dalla Commissione. |
84. |
In secondo luogo, la Commissione sostiene che, al punto 304, della sentenza impugnata, il Tribunale ha posto a suo carico un onere della prova impossibile da assolvere. In tale punto, come si è già avuto modo di esporre, il Tribunale ha affermato che «il fatto che i verbali [esaminati dalla Commissione] non mostrino dettagli sulle decisioni relative alla gestione delle licenze di PI del gruppo Apple, sull’accordo di ripartizione dei costi e sulle decisioni commerciali importanti non può escludere l’esistenza di queste stesse decisioni». |
85. |
Al riguardo, concordo con la Commissione. Non vedo infatti come sia possibile, come sembra fare il Tribunale ai punti 305 e 306 della sentenza impugnata, inferire dai verbali del consiglio di amministrazione di una società elementi in favore dell’avvenuta adozione di decisioni aventi uno specifico oggetto in assenza di indicazioni esplicite o implicite in tal senso. Per contro, è invece, a mio avviso, possibile, come ha fatto la Commissione nella decisione contestata, trarre da una tale assenza di indicazioni, e in mancanza di prove in senso contrario, elementi che militano in favore dell’inesistenza di siffatte decisioni, in particolare laddove risulti che detta società, per prassi se non per obbligo legale, procede di norma all’iscrizione delle decisioni rilevanti adottate dal suo consiglio di amministrazione nei verbali delle riunioni dello stesso. Nella misura in cui non permette alla Commissione di fondarsi su detti elementi, laddove si tratti di provare l’esistenza di fatti negativi che, per natura, non possono essere dimostrati ma solo desunti attraverso presunzioni tratte da fatti positivi accertati o attraverso la prova di un fatto positivo contrario, il punto 304 della sentenza impugnata pone, a mio avviso, alla Commissione un onere probatorio ingiustificatamente eccessivo. |
86. |
In terzo luogo, la Commissione contesta il punto 306 della sentenza impugnata, laddove, in particolare, il Tribunale afferma che, dai verbali da essa esaminati «risulta che poteri molto ampi di gestione [erano] stati delegati a favore di singoli amministratori». Essa fa valere che, se è vero che i verbali in questione riportavano occasionalmente il conferimento di deleghe da parte del consiglio di amministrazione, tuttavia, solo una di tali procure riguardava la conclusione di contratti con gli OEM e gli operatori di telecomunicazione. |
87. |
Al riguardo, nella misura in cui la Commissione intende con tale argomentazione rimettere in discussione la valutazione del valore probatorio dell’iscrizione a verbale della sopramenzionata procura, ricordo, da un lato, che tale valutazione rientra in linea di principio nella competenza esclusiva del Tribunale e, dall’altro, che nessuna regola né nessun principio del diritto dell’Unione vieta, in linea di principio, al Tribunale di fondarsi su un solo elemento di prova per accertare i fatti pertinenti ( 44 ). La censura va dunque a mio avviso respinta. Ricordo, tuttavia, che la Commissione contesta anche la ricevibilità come elemento di prova della procura in questione, in quanto non prodotta nel corso del procedimento amministrativo. In proposito, rinvio all’analisi svolta ai paragrafi 42 e 43 delle presenti conclusioni. Come ho osservato in tale sede, la suddetta procura, pur essendo menzionata nel processo verbale della riunione del consiglio di amministrazione di ASI del 27 luglio 2011, secondo quanto affermato dalla Commissione senza essere contestata da ASI ed AOI, non è stata a tutt’oggi prodotta. Ne consegue che il Tribunale non può essersi fondato che sull’iscrizione a verbale del conferimento di tale procura e non sul testo della stessa. |
88. |
In quarto luogo, la Commissione contesta la conclusione del Tribunale, contenuta in particolare ai punti 301, 306 e 307 della sentenza impugnata, secondo cui «atti formali», quali il rilascio di una procura ai fini della negoziazione di un accordo o la firma dello stesso (nella specie i diversi emendamenti all’accordo di ripartizione dei costi apportati nel periodo pertinente), costituiscono funzioni effettivamente svolte dalle sedi in relazione alle licenze di PI. La Commissione ammette che, in particolare, lo svolgimento di trattative per la conclusione di contratti commerciali, quali quelli con gli OEM e con gli operatori di telecomunicazione, sono suscettibili di costituire «funzioni umane significative» ai fini dell’analisi funzionale e fattuale da svolgere in base all’articolo 25 del TCA 97. Tuttavia, nella specie, tali funzioni sarebbero state svolte da impiegati di Apple Inc., per conto dell’intero gruppo Apple o a beneficio di ASI e AOE, e non dalle sedi. I suddetti punti sarebbero altresì viziati da un difetto e da una contraddittorietà di motivazione. |
89. |
In proposito, occorre rilevare che, nell’economia del ragionamento svolto dal Tribunale ai punti da 251 a 311 della sentenza impugnata, le valutazioni contenute nei punti da 303 a 309 di tale sentenza sono dirette a dimostrare che le sedi di ASI e AOE – attraverso delibere adottate dai rispettivi consigli di amministrazione e, in particolare, attraverso un sistema di deleghe rilasciate a singoli amministratori o a singoli dirigenti al di fuori del personale delle succursali – avevano la capacità di svolgere le «funzioni essenziali» di tali società. Ciò emerge in particolare dal punto 303 della sentenza impugnata, che inquadra l’oggetto dell’analisi svolta dal Tribunale, nonché dal punto 305 e dal punto 309 della stessa, che enuncia la conclusione di tale analisi, secondo cui la Commissione aveva erroneamente constatato, nella decisione contestata, che, in mancanza di dipendenti e di una presenza fisica, le sedi non avevano la capacità di svolgere funzioni per conto di dette società. Per contro, non si ritrova nei punti da 303 a 309 della sentenza impugnata nessuna affermazione esplicita di un coinvolgimento delle sedi nell’adozione di decisioni relative alla gestione delle licenze di PI, se si eccettuano il punto 304 – in cui, come si è visto, il Tribunale si limita ad affermare, con un’argomentazione a mio avviso censurabile, che l’assenza di tracce di siffatte decisioni nei verbali esaminati dalla Commissione non esclude che queste siano state effettivamente adottate – e il punto 307 relativo alla firma dell’accordo di ripartizione dei costi, che riguarda tuttavia un accordo infragruppo in linea di principio escluso dall’oggetto delle decisioni anticipate. Quanto, infine, al punto 301 di detta sentenza, esso è inserito nell’analisi consacrata alla modalità centralizzata di adozione delle decisioni strategiche all’interno del gruppo Apple. |
90. |
Non sono pertanto convinto che sia corretto interpretare i punti 301, 306 e 307 della sentenza impugnata nel senso suggerito dalla Commissione. Mi sembra in effetti che, laddove ha constatato la partecipazione di amministratori di ASI e di AOE, direttamente o mediante procura, a trattative con gli OEM e con gli operatori di telecomunicazione o ancora alla conclusione di contratti commerciali o di accordi infragruppo, il Tribunale non abbia inteso affermare che le sedi avevano svolto «funzioni umane significative» in relazione alle licenze di PI quanto, piuttosto, constatare che la decisione contestata aveva erroneamente concluso che la gestione della PI del gruppo Apple era stata necessariamente assunta dalle succursali irlandesi poiché le sedi non avevano la capacità di adottare decisioni relative alla gestione delle licenze di PI (v., in particolare, punti 302 e 309 della sentenza impugnata). |
91. |
In tali condizioni, l’argomentazione della Commissione appare da respingere in quanto basata su un’erronea lettura della sentenza impugnata. Per gli stessi motivi vanno respinti i contro argomenti fatti valere dall’Irlanda e da ASI e AOI secondo cui la firma degli emendamenti dell’accordo di ripartizione dei costi e le procure aventi ad oggetto le trattative e la conclusione dei contratti con gli OEM e gli operatori di telecomunicazione proverebbero che decisioni relative alla gestione delle licenze di PI sarebbero state adottate dalle sedi. Una tale constatazione non si ritrova in effetti nella sentenza impugnata. |
92. |
Ciò detto, rilevo che la difficoltà di attribuire un senso univoco alle constatazioni contenute ai suddetti punti 301 e 307 della sentenza impugnata e di definirne la portata in modo chiaro è, ancora una volta, da imputare all’assenza di una presa di posizione da parte del Tribunale sulla questione di sapere se, e a quali condizioni, nell’operazione di attribuzione a fini fiscali della proprietà economica di un bene che genera profitti detenuto da una società non residente di cui si debba definire l’utile imponibile in Irlanda ai sensi dell’articolo 25 del TCA 97, possano essere prese in considerazione «funzioni umane significative» svolte dalla capogruppo per conto o a favore di tale società fuori dall’Irlanda. In proposito rinvio a quanto detto al paragrafo 61 delle presenti conclusioni. |
93. |
In realtà, l’analisi delle attività al di fuori delle succursali irlandesi contenuta ai punti da 296 a 309 della sentenza impugnata, appare influenzata dalla premessa, come si è visto errata, da cui muove l’esame da parte del Tribunale delle censure contro il ragionamento in via principale della Commissione, vale a dire che quest’ultima avesse proceduto mediante un approccio «per esclusione». Partendo da una tale premessa, infatti, non era necessario, per infirmare il ragionamento in via principale nel suo complesso, dimostrare che le sedi avevano effettivamente svolto funzioni significative con riferimento alle licenze di PI, ma era sufficiente provare che avessero la capacità di assumere tali decisioni o, ancora più genericamente, la capacità di adottare «decisioni fondamentali per la società» (punto 305 della sentenza impugnata) ovvero decisioni che «incidono sulle (…) funzioni essenziali» di ASI e di AOE (punto 303 della sentenza impugnata). |
94. |
In ogni caso, ove la Corte dovesse ritenere che il Tribunale abbia implicitamente ritenuto, ai punti 301 e 307 della sentenza impugnata, che, rilasciando a dirigenti di Apple Inc. – che si trattasse o meno di membri dei consigli di amministrazione di ASI e di AOE – deleghe per la firma di contratti o accordi infragruppo, le sedi avevano effettivamente svolto, con riguardo alle licenze di PI, funzioni rilevanti ai fini dell’analisi da svolgere ai sensi dell’articolo 25 del TCA 97, concordo con la Commissione che il carattere meramente formale di tali atti e l’amalgama tra funzioni svolte dalla holding del gruppo e funzioni attribuibili alle sedi cui un tale sistema di deleghe dà luogo non consentono di avallare una siffatta conclusione. |
95. |
In base a quanto precede, ritengo che la terza parte del primo motivo d’impugnazione sia parzialmente ricevibile e fondata, come indicato in esito all’esame delle singole censure sollevate. |
4. Conclusioni sul primo motivo d’impugnazione
96. |
In base all’insieme delle considerazioni che precedono, il primo motivo d’impugnazione è, a mio avviso, fondato. Dando rilievo alle funzioni e ai rischi assunti da Apple Inc. con riferimento alla PI del gruppo Apple, invece di focalizzarsi unicamente sulle attività svolte rispettivamente dalle succursali e dalle sedi con riferimento alla gestione e allo sfruttamento delle licenze di PI, il Tribunale ha proceduto ad un’analisi fattuale e a una qualificazione dei fatti esaminati alla luce di un criterio giuridico diverso da quello da esso stesso ritenuto applicabile in forza dell’articolo 25 del TCA 97, che richiede di prendere in considerazione la ripartizione degli attivi, delle funzioni e dei rischi tra la succursale e le altre parti di tale società e, in applicazione del principio di libera concorrenza, esclude la presa in considerazione del ruolo svolto da entità distinte. |
C. Sul secondo motivo d’impugnazione
97. |
Il secondo motivo d’impugnazione è diretto contro i motivi della sentenza impugnata con cui il Tribunale ha accolto le censure avanzate dall’Irlanda e da ASI e AOE contro il ragionamento della Commissione in via subordinata. Ricordo che, nell’ambito di tale ragionamento, esposto ai considerando da 325 a 360 della decisione contestata, la Commissione ha sostenuto che, anche ammettendo che le licenze di PI dovessero essere attribuite fuori dall’Irlanda, i metodi di attribuzione degli utili approvati nelle decisioni anticipate avevano comunque condotto a sottostimare l’utile annuo imponibile di ASI e di AOE in Irlanda in quanto si fondavano su scelte inappropriate, che avevano prodotto un risultato discostantesi da un’approssimazione affidabile di un risultato basato sul mercato conforme al principio di libera concorrenza. Più precisamente, dopo aver constatato che le decisioni anticipate avevano adottato metodi unilaterali di attribuzione di utili simili al metodo del margine netto della transazione (in prosieguo: il «TNMM») previsto dalle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento ( 45 ), la Commissione ha concluso che le autorità fiscali irlandesi avevano avallato tre scelte metodologiche errate, relative all’identificazione delle succursali irlandesi come «parti sottoposte a test» – vale a dire come parti sulle cui attività si focalizzava l’analisi condotta nell’ambito del metodo unilaterale di attribuzione degli utili prescelto (considerando da 328 a 333 della decisione contestata) – alla scelta dei costi operativi come indicatore del livello degli utili (considerando da 334 a 345 della decisione contestata) e ai livelli di rendimento accettati (considerando da 346 a 359 della decisione contestata). |
98. |
Il secondo motivo d’impugnazione si suddivide in tre parti. La prima è relativa a un errore nella determinazione del livello della prova che deve essere apportata per dimostrare l’esistenza di un vantaggio nel caso di decisioni anticipate aventi ad oggetto l’attribuzione di utili, la seconda, ad un’irregolarità procedurale e, la terza, ad una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e/o a uno snaturamento del diritto nazionale. |
1. Sulla prima parte del secondo motivo d’impugnazione
99. |
Con la prima parte del suo secondo motivo d’impugnazione, diretta contro i punti 349, 416, 434 e 435 della sentenza impugnata (che rinviano ai punti 319 e 332 della stessa), la Commissione fa valere che il Tribunale ha adottato un livello della prova errato nel considerare che le incombesse dimostrare che l’attribuzione di utili contenuta nelle decisioni anticipate aveva condotto ad una riduzione dell’onere fiscale di ASI e AOE rispetto a quello che tali società avrebbero sopportato in applicazione delle normali regole d’imposizione e che la constatazione di errori metodologici non fosse sufficiente ( 46 ). Essa sostiene che quando valuta, alla luce del principio di libera concorrenza, se una decisione anticipata, quale quella controversa, dà luogo a un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, il livello della prova applicabile è lo stesso che nel caso di ricorso al criterio dell’operatore privato in economia di mercato e che, pertanto, ad essa spetterebbe solo provare la «plausibilità» di un tale vantaggio, mentre incomberebbe allo Stato membro interessato dimostrare che un siffatto vantaggio è giustificato. La Commissione rinvia altresì alla sentenza dell’8 dicembre 2011, France Télécom/Commissione ( 47 ), in cui, al di fuori delle ipotesi di applicazione del criterio dell’investitore privato, la Corte avrebbe affermato che, per dimostrare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è sufficiente apportare la prova che la misura nazionale di cui trattasi è inerentemente idonea a ridurre il carico fiscale delle imprese beneficiarie. |
100. |
ASI e AOI nonché l’Irlanda fanno valere che la prima parte del secondo motivo d’impugnazione è inconferente poiché, anche a supporre che, come afferma la Commissione, spettasse all’Irlanda e ad Apple dimostrare l’inesistenza di un vantaggio, queste ultime avrebbero assolto tale onere probatorio presentando delle relazioni ad hoc sull’attribuzione di utili alle succursali irlandesi, redatte dai rispettivi consulenti fiscali, da cui emergeva che la base imponibile di tali società era stata determinata conformemente all’articolo 25 del TCA 97 e al principio di libera concorrenza (in prosieguo: le «relazioni ad hoc»). |
101. |
Al riguardo, è certo vero che, nella sua analisi relativa ai livelli dei rendimenti accettati nelle decisioni anticipate (punti da 418 a 478 della sentenza impugnata), il Tribunale, da un lato, ha confermato l’affidabilità dello studio di comparabilità contenuto nelle relazioni ad hoc che convalidavano ex post detti rendimenti (punti da 450 a 464 della sentenza impugnata) e, dall’altro, ha constatato che l’analisi di comparabilità rettificata effettuata dalla Commissione ai considerando da 353 a 356 della decisione contestata (in prosieguo: l’«analisi di comparabilità rettificata») non era suscettibile di inficiare le conclusioni contenute in tali relazioni (punti 469 e 477 della sentenza impugnata). Tuttavia, nell’ambito della terza parte del suo secondo motivo d’impugnazione, la Commissione ha criticato i punti della sentenza impugnata in cui il Tribunale ha in sostanza approvato la metodologia di calcolo adottata nelle relazioni ad hoc e ha constatato l’inidoneità dell’analisi di comparabilità rettificata a rimettere in discussione le conclusioni di tali relazioni. La questione di sapere se la censura in esame è inconferente dipende dunque dall’esito dell’analisi di tali critiche. |
102. |
Nel merito, ASI e AOI nonché l’Irlanda e il Granducato di Lussemburgo fanno valere che la Commissione mira, in sostanza, ad ottenere un’inversione dell’onere della prova. ASI e AOI fanno altresì valere che la censura della Commissione manca in fatto, poiché il Tribunale avrebbe concluso che nessuno dei tre errori metodologici constatati dalla Commissione nella decisione contestata era stato dimostrato. |
103. |
Ricordo che, secondo una costante giurisprudenza, spetta alla Commissione fornire la prova dell’esistenza di un «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e, pertanto, anche la prova della sussistenza della concessione di un vantaggio ( 48 ). In particolare, la Commissione è tenuta, nell’interesse di una corretta applicazione delle norme fondamentali del Trattato FUE relative agli aiuti di Stato, a condurre il procedimento di esame delle misure sotto inchiesta in modo diligente ed imparziale, per poter disporre, all’atto dell’adozione della decisione finale, degli elementi il più possibile completi e attendibili a tale scopo ( 49 ). La Corte ha inoltre già dichiarato che la Commissione non può stabilire che un’impresa ha beneficiato di un vantaggio che costituisce un aiuto di Stato basandosi semplicemente su una presunzione negativa, fondata sull’assenza di informazioni che le consentano di giungere alla conclusione contraria, in mancanza di altri elementi atti a dimostrare positivamente l’esistenza di un siffatto vantaggio ( 50 ). Tali principi valgono anche quando la Commissione applica il criterio dell’operatore privato. È su quest’ultima infatti che grava l’onere di provare che le condizioni di applicazione di detto criterio non sono soddisfatte ( 51 ) e di valutare, alla luce degli elementi pertinenti, se l’impresa beneficiaria non avrebbe manifestamente ottenuto agevolazioni analoghe da un operatore privato ( 52 ). Pertanto, la Commissione non può basarsi, anche ove applichi il principio dell’operatore privato, su mere affermazioni «plausibili», di cui non sarebbe tenuta a dimostrare la veridicità ( 53 ). Quanto alla sentenza France Telecom, rilevo che emerge in particolare dal punto 19 della stessa che, sebbene le caratteristiche del regime fiscale in causa non avessero permesso di determinare anticipatamente e per ogni esercizio fiscale il livello preciso di imposizione correlato al medesimo, era tuttavia pacifico che tale regime poteva condurre, ed aveva effettivamente condotto, ad un’imposizione minore a carico della beneficiaria rispetto a quella risultante dall’applicazione del regime di diritto comune. |
104. |
Ciò detto, osservo che, nella specie, la constatazione dell’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, cui la Commissione è giunta al termine del suo ragionamento in via subordinata, non si basa su «una mera ipotesi, non confermata né confutata dalle informazioni di cui disponeva» ( 54 ), né su semplici «affermazioni plausibili», ma sulla constatazione di precisi errori che inficiano, a dire della Commissione, il metodo di attribuzione degli utili accettato nelle decisioni anticipate e incidono sui diversi elementi del calcolo che ha condotto alla determinazione degli utili imponibili di ASI e AOE. Orbene, non è, a mio avviso, da escludere che, come sostiene la Commissione, errori fondamentali nella determinazione della metodologia applicabile all’operazione di attribuzione di utili ai fini del calcolo della base imponibile di una società non residente che opera tramite una succursale siano tali da condurre necessariamente ad una sottovalutazione di tali utili rispetto a un risultato di libera concorrenza e siano pertanto intrinsecamente o manifestamente suscettibili di ridurre il carico fiscale di tale società rispetto a un’imposizione considerata normale. In tali casi, la Commissione può, a mio avviso, essere autorizzata a basarsi, al fine di provare l’esistenza di un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, sulla prova dell’esistenza di un siffatto errore e sull’assenza di dimostrazione da parte dello Stato membro interessato della non incidenza dello stesso sulla corrispondenza del livello degli utili così calcolato a un valore di libera concorrenza ( 55 ). Il Tribunale ha dunque, a mio avviso, erroneamente valutato il livello della prova nel caso di decisioni quali quella contestata. |
105. |
Nella specie, tuttavia, occorre constatare che, al termine di un’analisi dettagliata, contestata dalla Commissione sia nel merito sia sotto il profilo del rispetto dei limiti del sindacato giurisdizionale, il Tribunale ha ritenuto che gli errori metodologici identificati nella decisione contestata non fossero stati dimostrati e si è limitato, in sostanza, a constatare l’assenza di dati contemporanei che permettessero di giustificare le scelte relative al metodo di calcolo accettato nelle decisioni anticipate. Pertanto, l’errore per quanto riguarda il livello della prova non avrebbe una reale incidenza sulla correttezza delle conclusioni cui esso giunge ove le censure avanzate dalla Commissione nella seconda e nella terza parte di tale motivo risultassero non fondate. È dunque necessario esaminare dette censure. |
2. Sulla seconda e la terza parte del secondo motivo d’impugnazione
106. |
Con la seconda parte del suo secondo motivo d’impugnazione, la Commissione fa valere che, in diversi punti della sua analisi, il Tribunale si è fondato su argomenti che non figuravano nei ricorsi introdotti da ASI e AOE e dall’Irlanda, ma erano tratti da documenti allegati agli stessi, e in particolare dalle relazioni ad hoc, ai quali le ricorrenti avevano fatto solo generici riferimenti. La Commissione non sarebbe pertanto stata messa nelle condizioni di prendere posizione su alcuni dei motivi che hanno condotto all’annullamento della decisione contestata. Il Tribunale avrebbe peraltro sollevato d’ufficio alcune delle censure esaminate. |
107. |
Tali contestazioni saranno esaminate nel corso dell’analisi relativa alle censure sollevate nel quadro della terza parte del secondo motivo d’impugnazione. A questo stadio, mi limito a ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, onde garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia, l’esposizione sommaria dei motivi, che deve essere contenuta nel ricorso, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, di tale Statuto, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, deve essere sufficientemente chiara e precisa da consentire al convenuto di preparare la propria difesa e al giudice competente di pronunciarsi ( 56 ). Se è vero che il contenuto del ricorso può essere suffragato e completato, su punti specifici, mediante rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono figurare nel ricorso. Non spetta, infatti, al Tribunale cercare e identificare, negli allegati, i motivi e gli argomenti che avrebbe potuto considerare come costituenti il fondamento del ricorso ( 57 ). Requisiti analoghi vanno rispettati quando viene formulato un argomento a sostegno di un motivo sollevato dinanzi al Tribunale ( 58 ). Ne consegue che la parte ricorrente è tenuta ad esporre in modo sufficientemente sistematico gli sviluppi relativi a ciascun motivo, senza che il Tribunale sia tenuto a ricostruire l’articolazione giuridica reputata sostenere tale motivo ( 59 ). |
108. |
Con la terza parte del suo secondo motivo d’impugnazione, la Commissione fa valere che il Tribunale ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e/o snaturato il diritto nazionale, laddove, al termine della sua analisi fattuale, ha concluso che il ragionamento in via subordinata non permetteva di dimostrare l’esistenza di un vantaggio ai sensi di tale disposizione. In particolare, la Commissione contesta la qualificazione giuridica dei fatti operata dal Tribunale, che, a suo avviso, viola l’approccio dell’entità distinta e il principio di libera concorrenza. Essa solleva tre censure, relative, la prima, ad errori commessi dal Tribunale nell’analisi relativa alla scelta delle succursali irlandesi come «parti sottoposte a test» ai fini dell’applicazione del metodo di attribuzione degli utili prescelto (punti da 328 a 351 della sentenza impugnata), la seconda, alla scelta dei costi operativi come indicatore del livello degli utili (punti da 352 a 417 della sentenza impugnata) e la terza, ai livelli di rendimento accettati (punti da 418 a 478 della sentenza impugnata). L’Irlanda nonché ASI e AOI sostengono che le censure sollevate nel quadro di questa parte del secondo motivo d’impugnazione sono globalmente irricevibili, in quanto volte a contestare valutazioni in fatto e inconferenti, oltre che infondate. |
a) Sulla prima censura
109. |
Con la prima censura della terza parte del secondo motivo d’impugnazione, diretta contro i punti da 337 a 343 della sentenza impugnata, la Commissione contesta, in primo luogo, la qualificazione delle funzioni svolte dalle succursali irlandesi come «meno complesse» ai fini della scelta della parte da sottoporre a test. Tale qualificazione sarebbe la conseguenza di un’erronea valutazione di tali funzioni con riferimento alla PI del gruppo Apple e non alle licenze di PI detenute da ASI e AOE. Poiché mira a contestare l’erronea qualificazione giuridica delle funzioni svolte dalle succursali irlandesi, tale censura è, a mio avviso, ricevibile. Rinvio al riguardo a quanto esposto al paragrafo 39 delle presenti conclusioni. |
110. |
Nel merito, ricordo che, nel quadro dell’analisi del primo motivo di ricorso, sono giunto alla conclusione che l’affermazione del Tribunale secondo cui le succursali irlandesi svolgevano funzioni «rutinarie» con riguardo alle licenze di PI è fondata su una comparazione tra tali funzioni e quelle svolte da Apple Inc. con riferimento alla PI del gruppo Apple e che, procedendo a tale comparazione, il Tribunale ha violato il principio di libera concorrenza che, secondo quanto constatato nella sentenza impugnata, presiede all’applicazione dell’articolo 25 del TCA 97. Orbene, tale errore incide altresì sulla valutazione che ha condotto il Tribunale ad approvare la scelta delle succursali irlandesi come parti sottoposte a test, come emerge in particolare dal punto 341 della sentenza impugnata che rinvia alle conclusioni dell’analisi fattuale svolta nel quadro dell’esame dei motivi di ricorso contro il ragionamento in via principale. |
111. |
Certo, come fatto valere in particolare dall’Irlanda, al punto 340 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che, poiché il ragionamento in via subordinata era fondato sulla premessa secondo cui «la PI del gruppo Apple era [stata] correttamente attribuita alle sedi», la Commissione non poteva sostenere, allo stesso tempo, che erano le succursali irlandesi «ad aver esercitato le funzioni più complesse riguardo a tale PI». Tale affermazione si fonda tuttavia su un errore logico. Se è vero, infatti, che, nell’ambito del suo ragionamento in via subordinata, la Commissione ha accettato la premessa secondo cui le licenze di PI dovevano essere attribuite alle sedi, ciò non vuol dire, come sembra invece ritenere il Tribunale, che quest’ultima abbia altresì dato per assodati gli elementi suscettibili di giustificare una tale attribuzione – che essa contestava – e, in particolare, l’esercizio, da parte delle sedi, di funzioni umane significative rispetto a tali licenze. |
112. |
Più in generale, contrariamente a quanto sostengono in particolare ASI e AOI, il Tribunale non ha, in alcun passaggio dei motivi della sentenza impugnata relativi alla scelta delle succursali irlandesi come «parti sottoposte a test», concluso che nel rapporto tra le succursali irlandesi e le sedi le prime fossero le entità meno complesse ( 60 ). Ora, emerge dai punti 3.18 e 3.19 della versione del 2010 delle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento che la scelta della parte da sottoporre a test dev’essere coerente con l’analisi funzionale della transazione e richiede di considerare il ruolo rispettivamente svolto dalle diverse parti che vi hanno partecipato (v. anche punto 2.59, in fine). Ne consegue che i motivi avanzati dal Tribunale ai punti da 333 a 336 della sentenza impugnata, come anche ai punti 342 e 343 della stessa, non consentono di per sé soli, nella misura in cui prendono in considerazione unicamente la situazione delle succursali irlandesi, di infirmare la premessa su cui si è fondata la Commissione nel suo ragionamento in via subordinata, vale a dire che le sedi, in quanto parti alla transazione che svolgevano le funzioni meno complesse, avrebbero dovuto essere sottoposte a test. |
113. |
In secondo luogo, la Commissione contesta il punto 335 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha affermato che le linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento non impongono necessariamente la scelta dell’entità che esercita le funzioni meno complesse, quale parte da sottoporre a test nell’ambito del TNMM, ma si limitano a consigliare la scelta dell’entità per la quale esiste la maggiore quantità di dati affidabili. Essa fa valere che, in tale punto, il Tribunale ha constatato d’ufficio un errore d’interpretazione delle suddette linee guida dell’OCSE, che non sarebbe stato sollevato dalle ricorrenti in prima istanza. Tale argomento è, a mio avviso, fondato su un’erronea interpretazione della sentenza impugnata e va pertanto respinto. Il punto 335 della sentenza impugnata, infatti, ove letto nel contesto del ragionamento svolto dal Tribunale ai punti da 334 a 336 di tale sentenza, non muove alcuna specifica censura nei confronti della decisione contestata, ma si limita a motivare la conclusione, anticipata al punto 334 e confermata al punto 336, secondo cui, «a condizione che le funzioni della parte sottoposta a test siano state correttamente individuate, e che la remunerazione di tali funzioni sia stata correttamente calcolata, il fatto che una parte o un’altra sia stata scelta come parte sottoposta a test è irrilevante». |
114. |
In terzo luogo, la Commissione contesta la validità della suddetta conclusione. Essa fa valere che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 336 della sentenza impugnata, la scelta della parte da sottoporre a test costituisce una tappa fondamentale dell’applicazione del TNMM. Tale contestazione è, a mio avviso, ricevibile sebbene sia diretta contro l’interpretazione delle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento accolta dal Tribunale. Rinvio in proposito alle considerazioni esposte al paragrafo 39 delle presenti conclusioni. |
115. |
Nel merito, concordo con la Commissione circa l’importanza che, nell’ambito di tali linee guida, è attribuita alla scelta della parte da sottoporre a test in caso di applicazione della TNMM. In effetti, emerge in particolare dai punti 3.18 e 3.19 della versione del 2010 di dette linee guida, – sui quali con tutta probabilità si è fondato il Tribunale al punto 335 della sentenza impugnata –, che da tale scelta dipende la possibilità di condurre un’analisi comparativa basata su dati affidabili, che permetta di identificare correttamente il prezzo di trasferimento da attribuire alla transazione in questione in conformità al principio di libera concorrenza. La Commissione ha dunque ragione quando afferma che tale scelta non è neutra, ma condiziona in modo determinante l’affidabilità del risultato dell’analisi condotta in applicazione del TNMM. |
116. |
In base a quanto precede e nei limiti sopra esposti, ritengo che la prima censura della terza parte del secondo motivo d’impugnazione sia fondata. |
b) Sulla seconda censura
117. |
Con la seconda censura della terza parte del suo secondo motivo d’impugnazione, la Commissione contesta i punti da 352 a 417 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha infirmato le conclusioni contenute nella decisione contestata, secondo cui, anche a supporre corretta la scelta delle succursali irlandesi come parti sottoposte a test, la scelta di assumere i costi operativi di ASI e di AOE quale indicatore del livello degli utili aveva condotto ad utili imponibili di tali società in Irlanda che non riflettevano un’approssimazione affidabile di un risultato fondato sul mercato, secondo il principio di libera concorrenza. |
1) Sulla scelta dei costi operativi quale indicatore del livello degli utili della succursale irlandese di ASI
118. |
Ai considerando da 336 a 342 della decisione contestata, la Commissione ha ritenuto che la scelta dei costi operativi della succursale irlandese di ASI quale indicatore del livello degli utili non riflettesse adeguatamente i rischi assunti e le attività svolte da tale succursale e quindi il suo contributo al fatturato di ASI. Per gli stessi motivi, essa ha considerato che il Berry ratio, un indicatore di livello di profitto basato sul rapporto tra utile lordo e spese operative utilizzato nelle relazioni ad hoc, non permettesse di determinare una remunerazione di libera concorrenza per le funzioni svolte da detta succursale. Secondo la Commissione, le vendite di ASI sarebbero state un indicatore più appropriato. La validità di tale conclusione è stata respinta dal Tribunale ai punti da 359 a 407 della sentenza impugnata. |
119. |
In primo luogo, la Commissione fa valere che il Tribunale non ha tenuto conto dell’analisi funzionale contenuta nella decisione contestata, laddove, al punto 360 della sentenza impugnata, ha affermato che essa aveva fondato le proprie constatazioni circa il carattere inappropriato dei costi operativi a riflettere le funzioni svolte dalla succursale irlandese di ASI su un approccio per esclusione. Al riguardo, rinvio alla discussione svolta nell’ambito dell’esame della prima parte del primo motivo di ricorso. Lo stesso errore vizia anche il punto 365 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha concluso che la Commissione si era in sostanza limitata ad affermare che le vendite di ASI sarebbero state un indicatore del livello degli utili appropriato. Concordo infatti con la Commissione nel ritenere che, in tale punto, il Tribunale ha proceduto ad una lettura della decisione contestata per compartimenti stagni, non tenendo conto dell’analisi contenuta in altre parti della stessa e, in particolare, ai considerando da 294 a 305, in cui sono elencati le funzioni e i rischi che la Commissione ha ritenuto fossero stati assunti in particolare dalla succursale irlandese di ASI. |
120. |
In secondo luogo, la Commissione contesta i punti da 366 a 372 della sentenza impugnata in cui il Tribunale ha censurato il rigetto, al considerando 340 della decisione contestata, del Berry ratio quale indice finanziario idoneo a stimare la remunerazione di libera concorrenza nel caso di specie. La Commissione fa valere, anzitutto, che, nei rispettivi ricorsi, ASI e AOE nonché l’Irlanda si sono limitate sul punto a semplici rinvii al contenuto delle relazioni ad hoc. L’esame del fascicolo del Tribunale, incluse le risposte ai quesiti scritti posti dal Tribunale, conferma tale allegazione per quanto riguarda l’Irlanda. ASI e AOE hanno consacrato alla questione sviluppi più consistenti, limitando tuttavia la loro analisi ad una sola delle condizioni richieste per l’applicazione di detto indicatore. La Commissione non ha dunque torto quando afferma che l’esame svolto dal Tribunale con riguardo al Berry ratio è in larga parte svincolato dalle argomentazioni sollevate dalle ricorrenti e dibattute in prima istanza. |
121. |
La Commissione avanza poi una serie di argomenti volti a dimostrare che il Tribunale avrebbe commesso errori di diritto nella valutazione svolta nei suddetti punti da 366 a 372 della sentenza impugnata. Essa fa valere, in sostanza, che la conclusione del Tribunale si fonda su un’erronea qualificazione della succursale irlandese di ASI quale distributore che fornisce semplici servizi logistici, senza assumere rischi. ASI e AOI nonché l’Irlanda replicano che una tale qualificazione non può essere rimessa in discussione in sede d’impugnazione. Tale eccezione va, a mio avviso, respinta. In effetti, nella misura in cui da detta qualificazione dipende la corretta applicazione dei principi stabiliti nelle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento su cui si sono fondate Apple e l’Irlanda per giustificare ex post le decisioni anticipate nonché l’appropriatezza dei costi operativi quale indicatore del livello degli utili della succursale di ASI, gli argomenti sollevati dalla Commissione non incorrono nel limite posto al riesame dei fatti da parte della Corte in sede d’impugnazione. In proposito rinvio a quanto esposto al paragrafo 39 delle presenti conclusioni. |
122. |
Nel merito, gli argomenti sollevati dalla Commissione contro le valutazioni del Tribunale relative all’applicazione del Berry ratio vanno considerati congiuntamente alle censure dirette contro i punti da 375 a 407 della sentenza impugnata. In tali punti il Tribunale, dopo aver esaminato i rischi che, secondo la Commissione, dovevano essere attribuiti alla succursale irlandese di ASI e che giustificavano un indicatore del livello degli utili di tale succursale fondato sulle vendite e non sui costi operativi, ha concluso che nessuno di tali rischi era stato realmente assunto da detta succursale. In effetti, ove tali censure risultassero fondate, esse dimostrerebbero che il Tribunale si è basato su un’erronea qualificazione della succursale di ASI quale «distributore a basso rischio» ai fini dell’applicazione delle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento. È vero che, dal punto 374 della sentenza impugnata, sembra risultare che l’analisi contenuta ai successivi punti da 375 a 407 riveste carattere sovrabbondante, data l’interpretazione del punto 2.87 delle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento accolta dal Tribunale al punto 357 di tale sentenza ( 61 ). Tuttavia, le censure mosse dalla Commissione non sono per tale sola ragione inconferenti. In effetti, allo stesso punto 357 nonché al punto 364 della sentenza impugnata, il Tribunale riconosce che, in base al menzionato punto 2.87, la capacità dell’indicatore degli utili prescelto a riflettere correttamente il valore delle funzioni svolte dalla parte sottoposta a test dipende, tra l’altro, dai rischi da essa assunti. |
123. |
La Commissione contesta, in successione, i punti da 375 a 390 della sentenza impugnata, relativi al rischio connesso al fatturato (considerando 337 della decisione contestata, in cui tale rischio viene definito come «rischio di inventario»), i punti da 391 a 400 di tale sentenza, relativi al rischio connesso alla garanzia dei prodotti Apple (considerando 338 della decisione contestata) e i punti da 401 a 407 della medesima sentenza, relativi al rischio connesso alle relazioni con terzi contraenti (considerando 339 della decisione contestata). Come nel quadro del primo motivo di ricorso, la Commissione fa valere, in sostanza, che il Tribunale ha applicato un criterio giuridico erroneo e contrario al principio di libera concorrenza nel qualificare come distributore a basso rischio la succursale irlandese di ASI comparando i rischi assunti da tale succursale alle politiche di rischio di Apple Inc. |
124. |
Orbene, l’analisi dei motivi della sentenza impugnata conferma l’approccio contestato dalla Commissione. Anzitutto, per quanto riguarda il rischio legato al fatturato, da un lato, gli elementi di prova menzionati dal Tribunale ai punti 381, 382 e 383 della sentenza impugnata si riferiscono alla conclusione a livello centralizzato da parte di Apple Inc. di accordi quadro con gli OEM e i principali acquirenti dei prodotti Apple e alla definizione, sempre a livello centralizzato, della tariffazione internazionale dei prodotti Apple. Dall’altro, ai punti 385 e 386 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso, sulla base dell’insieme degli elementi di prova apportati, incluse le relazioni ad hoc, che i rischi inerenti a prodotti rimasti invenduti o ad un crollo della domanda, non potevano essere attribuiti alla succursale irlandese di ASI in quanto sia l’offerta che la domanda erano «determinate in modo centralizzato, al di fuori di detta succursale» (punto 386). Per quanto riguarda poi il rischio connesso alle garanzie dei prodotti, la conclusione cui il Tribunale è giunto al punto 400 della sentenza impugnata, secondo cui dalla gestione del servizio AppleCare da parte della succursale irlandese di ASI non si può dedurre che quest’ultima abbia assunto le conseguenze economiche connesse alle garanzie dei prodotti Apple, si basa sulla constatazione del carattere ausiliario delle funzioni svolte da tale succursale, constatazione che, come ho già avuto modo di chiarire al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, discende dalla messa in relazione delle funzioni svolte da quest’ultima con quelle svolte da Apple Inc. e non con quelle assunte dalle sedi. Infine, con riguardo ai rischi connessi alle attività degli appaltatori terzi, rilevo che in sostanza il Tribunale si limita a un rinvio alle considerazioni svolte ai punti da 376 a 390 della sentenza impugnata con riguardo al rischio connesso alla possibilità di un calo nella domanda e all’eventualità di prodotti invenduti, al quale viene assimilato il rischio relativo ai prodotti non gestiti in Irlanda perché subappaltati al di fuori di tale Stato membro. Nella discussione relativa al primo motivo d’impugnazione, cui rinvio, sono giunto alla conclusione che l’attribuzione di utili a una società non residente in virtù dell’articolo 25 del TCA 97 e del principio di libera concorrenza che esso incorpora deve limitarsi a prendere in considerazione la situazione delle diverse parti che compongono tale società nella loro relazione reciproca. Orbene, nella decisione contestata, la Commissione, pur non negando le politiche relative alla gestione centralizzata dei rischi messe in atto da Apple Inc., ha dimostrato, senza essere stata sul punto sconfessata dal Tribunale e senza limitarsi, come si è visto, a un approccio per esclusione, che, rispetto alle sedi, la succursale irlandese di ASI aveva assunto un certo livello di rischi. Per contro, come si è visto, per escludere l’assunzione da parte della succursale irlandese di ASI dei rischi menzionati ai considerando 337, 338, 339 della decisione contestata e qualificare tale succursale come «distributore a basso rischio» i cui utili potevano essere correttamente riflessi tramite un indicatore fondato sulle spese operative, il Tribunale si è fondato sulle funzioni svolte da Apple Inc. e sulla gestione centralizzata da parte di quest’ultima di tutti i rischi considerati e quindi, ancora una volta, su un criterio giuridico erroneo. |
2) Sulla scelta dei costi operativi quale indicatore del livello degli utili della succursale irlandese di AOE
125. |
La Commissione contesta i punti da 408 a 412 della sentenza impugnata in cui il Tribunale ha concluso che essa non era riuscita a dimostrare che, come indicato ai considerando da 343 a 345 della decisione impugnata, l’indicatore del livello degli utili basato sui costi totali fosse più appropriato al fine di determinare gli utili di libera concorrenza per la succursale irlandese dell’AOE. |
126. |
Essa fa valere, anzitutto, che né ASI e AOE né l’Irlanda avevano sollevato censure nei confronti di detti considerando della decisione contestata. Oltre a non essere contestata, questa circostanza risulta confermata dal fascicolo del Tribunale ed è coerente, peraltro, con il fatto che, come emerge in particolare dai considerando 167 e 343 della decisione contestata, le stesse relazioni ad hoc proponevano un indicatore basato sui costi totali per la succursale di AOE. In tali circostanze, il Tribunale ha, a mio avviso, oltrepassato i limiti del suo sindacato, sollevando d’ufficio e accogliendo censure che non erano state mosse dalle ricorrenti e che vertevano su punti della decisione contestata che queste ultime avevano, almeno implicitamente, approvato. Ricordo inoltre che, secondo una giurisprudenza costante, non spetta al giudice dell’Unione, nell’ambito del controllo che esercita sulle valutazioni economiche complesse effettuate da quest’ultima nel settore degli aiuti di Stato – quali sono quelle relative alla definizione dell’indicatore di utili più appropriato nell’ambito dell’applicazione del TNMM – sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione ( 62 ). Tale giudice esercita, infatti, in questo ambito, un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, all’esattezza materiale dei fatti, all’assenza di manifesti errori di valutazione e di sviamento di potere ( 63 ). Nella specie, osservo che, ai punti 409 e 410 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che le linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento su cui si è basata la Commissione ai suddetti considerando 343 e 344 della decisione contestata «non raccomandano l’utilizzo di un [particolare indicatore del livello degli utili], come i costi totali, e non ostano all’utilizzo dei costi operativi (…)». Senza che sia necessario prendere posizione sulla lettura fatta dal Tribunale delle sopramenzionate linee guida, che la Commissione non contesta esplicitamente, mi limito a rilevare che, anche a supporre che tale lettura sia corretta, il solo fatto che «non [sia] escluso, in linea di principio, che i costi operativi possano costituire un indicatore del livello degli utili appropriato» (punto 410 della sentenza impugnata) non costituisce di per sé un elemento su cui il Tribunale poteva fondarsi, senza sostituire la propria discrezionalità a quella della Commissione, oltre che i propri argomenti a quelli delle parti. |
127. |
È certo vero che, in base alla giurisprudenza appena richiamata, nel controllo che esercita sulle valutazioni economiche complesse effettuate dalla Commissione, il giudice dell’Unione è tenuto a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte. Ora, nella specie, al termine del suo esame, il Tribunale non ha constatato un errore di valutazione, bensì un’insufficienza di elementi che consentissero di suffragare la tesi della Commissione. Tuttavia, questa sola qualificazione non consente, a mio parere, di superare la sostanza del ragionamento del Tribunale, il quale afferma in sostanza la maggiore adeguatezza di uno degli indicatori a suo avviso ammessi dalle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento rispetto a quello designato dalla Commissione. |
128. |
È altresì vero che, al punto 95 della sentenza Fiat Chrysler, la Corte ha affermato che, in assenza di armonizzazione al riguardo, l’eventuale fissazione dei metodi e dei criteri che consentono di determinare un risultato di «libera concorrenza» rientra nel potere discrezionale degli Stati membri. Tuttavia, la presente fattispecie si distingue, come ho già detto al paragrafo 21 delle presenti conclusioni, da quella che ha dato luogo a tale sentenza. In ogni caso, è giocoforza constatare che, come fatto valere dalla Commissione, il Tribunale non ha tenuto conto dell’argomento da essa fatto valere nella decisione contestata e in prima istanza, secondo cui, tenuto conto delle funzioni e dei rischi effettivamente assunti dalla succursale irlandese di AOE, in particolare ove raffrontati a quelli assunti dalla sede di tale società, la circostanza, su cui si fonda il Tribunale al punto 411 della sentenza impugnata, che detta succursale non detenesse la proprietà della materia prima, dei prodotti semilavorati e dei prodotti finiti, non permetteva di per sé di considerare inapplicabili i costi totali quale indicatore degli utili e in ogni caso non permetteva di considerare manifestamente erronea l’applicazione di un siffatto indicatore, accolto peraltro dagli stessi consulenti di Apple e dell’Irlanda. |
3) Conclusioni sulla seconda censura
129. |
Sulla base dell’insieme delle considerazioni che precedono ritengo che anche la seconda censura della terza parte del secondo motivo d’impugnazione sia fondata. |
c) Sulla terza censura
130. |
Con l’ultima censura della terza parte del secondo motivo d’impugnazione, la Commissione contesta i punti da 418 a 478 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha infirmato il ragionamento che l’ha condotta a respingere, ai considerando da 346 a 359 della decisione contestata, i livelli di rendimento delle succursali irlandesi di ASI e di AOE accettati nelle decisioni anticipate. |
131. |
Per quanto riguarda la decisione anticipata del 1991, la Commissione aveva fatto valere, da un lato, che i livelli di rendimento accettati non erano giustificati e, dall’altro, che la soglia prevista per AOE, oltre la quale i suoi utili imponibili non erano più calcolati sulla base della percentuale del 65% dei costi operativi della succursale irlandese di tale società, costituiva uno sgravio fiscale che sarebbe stato concesso in base a criteri estranei al sistema di imposizione, quali considerazioni relative all’occupazione (considerando 347 della decisione contestata). Il Tribunale ha infirmato tali valutazioni, in sostanza, per due motivi. In primo luogo, ai punti 440 e 441 della sentenza impugnata – sulla base della propria valutazione delle prove, che non può essere rimessa in discussione in sede d’impugnazione e che non è peraltro contestata dalla Commissione – il Tribunale ha considerato come non dimostrata la circostanza secondo cui la sopramenzionata soglia del 65% era stata accettata dalle autorità irlandesi in base a considerazioni di carattere occupazionale. Al punto 444 della sentenza impugnata, esso ha inoltre affermato che il fatto che detta soglia non fosse mai stata raggiunta, e dunque il meccanismo di plafond previsto dalla decisione anticipata del 1991 non fosse mai stato attuato, escludeva la presenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. |
132. |
La Commissione fa valere che, con tale affermazione, il Tribunale è incorso in un errore di diritto, confondendo la condizione relativa all’esistenza di un vantaggio ai sensi di tale disposizione e la quantificazione delle somme da restituire che può anche essere pari a zero. Essa rinvia a sostegno della sua argomentazione alla sentenza del 13 febbraio 2014, Mediaset ( 64 ). In proposito, rilevo che i fatti della causa che ha dato origine a tale sentenza, in cui si trattava di identificare i beneficiari di un regime di aiuti fiscali e di quantificare per ciascuno di essi l’ammontare da restituire, differiscono da quelli che caratterizzano il presente procedimento, in cui si deve invece stabilire se la previsione, in una decisione anticipata, di un metodo di calcolo individualizzato che non è stato mai concretamente applicato possa dar luogo ad un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Ora, quanto meno nella misura in cui il vantaggio identificato dalla Commissione nella decisione contestata corrisponde all’entità dello sgravio fiscale che sarebbe derivato dall’applicazione della soglia sopramenzionata, le circostanze della presente causa appaiono più assimilabili ad una situazione in cui l’aiuto è stato deciso ma non versato. L’argomento della Commissione mi sembra dunque da respingere. |
133. |
In secondo luogo, ai punti da 445 a 447 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, in sostanza, affermato che, nella misura in cui la Commissione contestava i livelli di rendimento accettati dalle autorità tributarie irlandesi in quanto troppo bassi per le funzioni esercitate dalle succursali irlandesi, tenuto conto degli attivi e dei rischi inerenti a tali funzioni, essa non aveva dimostrato che le succursali avessero svolto funzioni tali da essere remunerate da livelli di rendimento più alti. Il Tribunale rinvia al riguardo alle conclusioni esposte ai punti 348 e 407 della sentenza impugnata. Sul punto rinvio pertanto alle considerazioni già svolte nell’analisi della prima e della seconda censura della terza parte del secondo motivo d’impugnazione. |
134. |
Per quanto riguarda i livelli di rendimento accettati nella decisione anticipata del 2007, la Commissione aveva anzitutto messo in discussione l’affidabilità degli studi di comparabilità su cui erano fondate le relazioni ad hoc, in quanto le società selezionate da tali studi non erano a suo avviso comparabili ad ASI e AOE. Ai punti da 450 a 464 della sentenza impugnata, che non costituiscono oggetto di censura, il Tribunale ha concluso che la Commissione non era riuscita a dimostrare gli errori contestati. La Commissione aveva poi effettuato l’analisi di comparabilità rettificata richiamata al paragrafo 72 delle presenti conclusioni, utilizzando le società selezionate nelle suddette relazioni ad hoc e adottando quale indicatore del livello degli utili, per ASI, le vendite e, per AOE, i costi totali. Il Tribunale, pur riconoscendo che una tale analisi avrebbe permesso alla Commissione di dimostrare l’esistenza di un vantaggio selettivo (punto 468 della sentenza impugnata), ne ha tuttavia respinto la validità per tre motivi, che sono tutti contestati dalla Commissione. In primo luogo, il Tribunale, rinviando ai punti da 402 a 412 della sentenza impugnata, ha rilevato che la Commissione non aveva dimostrato che l’utilizzo dei costi operativi quale indicatore del livello degli utili fosse inappropriato nel caso di specie (punto 470 della sentenza impugnata). Sul punto, rinvio a quanto già esposto nell’esame della seconda censura della terza parte del secondo motivo d’impugnazione. In secondo luogo, il Tribunale, rinviando ai punti da 348 a 407 della sentenza impugnata, ha ricordato che l’analisi effettuata dalla Commissione nell’ambito del suo ragionamento in subordine si fondava sulla premessa secondo cui la succursale irlandese di ASI aveva svolto funzioni complesse e aveva assunto rischi significativi, ma che tale premessa non era stata dimostrata. |
135. |
La Commissione fa valere che il Tribunale ha mal interpretato la decisione contestata e che l’analisi di comparabilità rettificata si fondava sì sulla premessa secondo cui ASI non poteva essere considerata come un fornitore di semplici servizi logistici, il che giustificava l’assunzione delle vendite come indicatore del livello degli utili, ma non sulla premessa che quest’ultima avesse svolto funzioni «di natura complessa e determinanti per il successo del marchio Apple» (punto 471 della sentenza impugnata). In proposito, è pacifico che l’analisi di comparabilità rettificata è stata svolta assumendo come premessa la comparabilità della situazione di ASI con quella delle società selezionate nelle relazioni ad hoc, poiché si basa sui dati di queste società (considerando 354 della decisione contestata). Ora, se è vero che le critiche sollevate dalla Commissione con riguardo a tale comparabilità al considerando 351 della decisione contestata si fondavano, in particolare, sul carattere «non trascurabile» o anche «notevole» dei rischi assunti da ASI rispetto a dette società, è giocoforza riconoscere che, nella misura in cui utilizza i dati di queste ultime, la relazione di comparabilità rettificata prescinde necessariamente da dette critiche. La Commissione afferma peraltro esplicitamente, al considerando 353 della decisione contestata, che l’analisi di comparabilità rettificata è svolta «malgrado [le] perplessità generali e specifiche in merito agli studi di comparabilità condotti nelle relazioni ad hoc». Pertanto, indipendentemente da ogni altra considerazione, il Tribunale non interpreta, a mio avviso, correttamente la decisione contestata, laddove, al punto 471 della sentenza impugnata, lascia intendere che tale relazione di comparabilità è basata sulla premessa non dimostrata secondo cui ASI avrebbe svolto funzioni «di natura complessa e determinanti per il successo del marchio Apple». Infine, ai punti 473 e 474 della sentenza impugnata, il Tribunale richiama i motivi già esposti in precedenza in base ai quali ha invalidato il ragionamento della Commissione sul carattere inappropriato della scelta delle vendite quale indicatore del livello degli utili di ASI. Al riguardo, mi limito a rinviare pertanto a quanto già detto nell’analisi della seconda censura della terza parte del secondo motivo d’impugnazione. |
136. |
In base all’insieme delle considerazioni che precedono, ritengo che anche la censura in esame debba, nei limiti che risultano da quanto esposto, essere accolta. |
3. Conclusioni sul secondo motivo d’impugnazione
137. |
Emerge dall’analisi congiunta della seconda e della terza parte del secondo motivo d’impugnazione che il Tribunale ha commesso un errore nella definizione del livello della prova che incombe alla Commissione. Risulta inoltre che esso ha commesso una serie di errori di diritto nell’analisi che l’ha condotto a concludere che la Commissione non aveva dimostrato gli errori metodologici identificati nel quadro del suo ragionamento in via subordinata. In tali circostanze, il secondo motivo d’impugnazione deve a mio avviso essere considerato fondato nella sua integralità. |
D. Sul rinvio della causa al Tribunale
138. |
In conformità all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa nuovamente da quest’ultimo. Risulta da quanto precede che l’impugnazione è fondata e che la sentenza deve essere annullata in toto. Le censure sollevate dall’Irlanda nonché da ASI e AOE in prima istanza, relative al presunto approccio «per esclusione», devono definitivamente essere respinte. Per il resto, ritengo che, alla luce degli errori di diritto commessi dal Tribunale, che inficiano le valutazioni da esso svolte per quanto concerne sia il ragionamento in via principale sia il ragionamento in via sussidiaria, la Corte non disponga degli elementi che le consentono di statuire definitivamente sui ricorsi in prima istanza e che le cause debbano essere rinviate al Tribunale, riservando le spese, affinché quest’ultimo effettui una nuova analisi e statuisca sui motivi non esaminati. |
VI. Conclusione
139. |
Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di annullare la sentenza impugnata, rinviare le cause al Tribunale e riservare le spese. |
( 1 ) Lingua originale: l’italiano.
( 2 ) T‑778/16 e T‑892/16, EU:T:2020:338.
( 3 ) Relativa all’aiuto di Stato SA.38373 (2014/C) (ex 2014/NN) (ex 2014/CP) al quale l’Irlanda ha dato esecuzione a favore di Apple (GU 2017, L 187, pag. 1).
( 4 ) Ai considerando da 49 a 52 della decisione contestata, la Commissione ha esposto che, in base al diritto irlandese applicabile durante il periodo pertinente, ASI e AOE, pur essendo incorporate in Irlanda e pur svolgendo un’attività commerciale in tale paese, non erano considerate fiscalmente residenti in Irlanda, poiché direttamente o indirettamente controllate da una società residente negli Stati Uniti (Apple Inc.). Poiché tuttavia, al di là delle succursali irlandesi, ASI e AOE non avevano alcuna presenza fiscale né negli Stati Uniti né altrove, la Commissione ne ha dedotto che esse fossero «apolidi ai fini della residenza fiscale».
( 5 ) Nella sentenza impugnata, il Tribunale designa tali licenze come «licenze di PI del gruppo Apple». Tale designazione, che manterrò inalterata nelle citazioni di passaggi della sentenza impugnata, è contestata dalla Commissione, che la considera imprecisa in quanto non rifletterebbe la circostanza che si tratta di licenze territorialmente limitate conferite ad ASI e AOE.
( 6 ) V., inter alia, sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 68; in prosieguo: la «sentenza Fiat Chrysler»).
( 7 ) Luglio 2010, OECD Publishing, Parigi, https://doi.org/10.1787/9789264189904-it (in prosieguo: le «linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento»).
( 8 ) Ai considerando da 87 a 89 della decisione contestata, la Commissione ha spiegato che l’approccio autorizzato dell’OCSE è costituito da un’analisi in due fasi, in base alla quale si attribuisce il reddito alla stabile organizzazione. Nella prima fase si ipotizza che la stabile organizzazione sia un’impresa distinta e indipendente «impegnata in attività uguali o similari, a condizioni uguali o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, delle risorse utilizzate e dei rischi assunti dall’impresa attraverso la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa». È in questo contesto che si introduce la nozione di «funzioni significative svolte dal personale». Nell’ambito della prima fase, l’approccio autorizzato dell’OCSE attribuisce alla stabile organizzazione la proprietà economica dei beni per i quali il suo personale svolge le funzioni significative pertinenti. Nella seconda fase, le linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento si applicano per analogia alle operazioni della stabile organizzazione con altre parti della società per garantire che lo svolgimento di tutte le sue funzioni in relazione a tali operazioni sia remunerato secondo il principio di libera concorrenza.
( 9 ) Dinanzi al Tribunale e nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte, la Commissione ha valutato le imposte effettivamente pagate sugli utili prodotti da ASI e AOE all’1%, nel 2003, allo 0,005% nel 2004. ASI e AOI sostengono che gli utili di tali società erano nel periodo pertinente sottoposti negli Stati Uniti a un’imposta differita sui redditi esteri.
( 10 ) V. sentenza del 27 aprile 2023, Casa Regina Apostolorum della Pia Società delle Figlie di San Paolo/Commissione (C‑492/21 P, EU:C:2023:354, punto 106).
( 11 ) V. sentenza del 22 giugno 2023, Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia-Kosakowo/Commissione (C‑163/22 P, EU:C:2023:515, punto 99).
( 12 ) C‑164/98 P, EU:C:2000:48 (in prosieguo: la «sentenza DIR International»).
( 13 ) C‑486/15 P, EU:C:2016:912 (in prosieguo: la «sentenza Commissione/Francia e Orange»).
( 14 ) V. sentenza DIR International, punto 42.
( 15 ) V. sentenza DIR International, punto 48.
( 16 ) V. sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione (C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punti da 142 a 144). V. anche sentenza del 6 ottobre 2021, World Duty Free Group e Spagna/Commissione (C‑51/19 P e C‑64/19 P, EU:C:2021:793, punti da 70 a 79).
( 17 ) C‑167/19 P e C‑171/19 P, EU:C:2022:176, punto 47. V. altresì la sentenza dell’11 marzo 2020, Commissione/Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia Kosakowo, (C‑56/18 P, EU:C:2020:192, punto 121).
( 18 ) V., altresì, implicitamente, sentenze del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice (C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punti da 35 a 37); del 14 novembre 2019, Silec Cable e General Cable/Commissione (C‑599/18 P, EU:C:2019:966, punto 82), e del 31 gennaio 2019, Pandalis/EUIPO (C‑194/17 P, EU:C:2019:80, 102 a 109), e ordinanza del 7 settembre 2017, Natural Instinct/M.I. Industries (C‑218/17 P, EU:C:2017:655, punto 4).
( 19 ) V. sentenza del 27 aprile 2023, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a./Commissione (C‑549/21 P, EU:C:2023:340, punto 80 e giurisprudenza citata).
( 20 ) V., in particolare, punti 73 e 74 e da 96 a 105 della sentenza Fiat Chrysler.
( 21 ) In forza dell’approccio autorizzato dell’OCSE, l’analisi nella prima fase mira ad individuare gli attivi, le funzioni e i rischi che devono essere attribuiti alla stabile organizzazione di una società.
( 22 ) Un’argomentazione simile si ritrova ai considerando 290 e 323 della decisione contestata, mentre un riferimento più generico all’assenza di presenza fisica e personale delle sedi figura in numerosi considerando nonché nell’intitolazione della sezione 8.2.2.2, sub b), di detta decisione.
( 23 ) C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682, punto 112.
( 24 ) C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punti da 77 a 81.
( 25 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2023, Severstal e NLMK/Commissione (C‑747/21 P e C‑748/21 P, EU:C:2023:459, punti 45 e 46 e giurisprudenza citata).
( 26 ) V. sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154, punto 53).
( 27 ) V. sentenza Andres, punto 78.
( 28 ) Sentenza Fiat Chrysler, punto 85.
( 29 ) Secondo una giurisprudenza costante, la determinazione dell’ambito di riferimento deve risultare da un esame obiettivo «del contenuto, dell’articolazione e degli effetti concreti delle norme applicabili in forza del diritto nazionale» dello Stato membro interessato (v. sentenza Fiat Chrysler, punto 72 e giurisprudenza citata).
( 30 ) In questo senso v. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Lussemburgo e a. (C‑457/21 P, EU:C:2023:466, punto 88).
( 31 ) Emerge dal fascicolo che si tratta in particolare di procure rilasciate al CEO e al vicepresidente di Apple Inc.
( 32 ) V. sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Scott (C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 91 e giurisprudenza citata).
( 33 ) C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punto 71 (in prosieguo: la «sentenza Commissione/Frucona Košice»).
( 34 ) V., altresì, sentenza del 29 giugno 2023, TUIfly/Commissione (C‑763/21 P, EU:C:2023:528, punto 47).
( 35 ) ASI e AOI si limitano ad affermare di aver fornito alla Commissione il verbale del consiglio di amministrazione di ASI del 27 luglio 2011 in cui è menzionata la procura in questione, ma non prendono posizione sull’affermazione della Commissione secondo cui il testo di tale procura (che dal verbale risulta inclusa allo stesso sotto forma di allegato) non sarebbe mai stato prodotto.
( 36 ) Le osservazioni del 14 aprile 2015, cui ASI e AOI hanno altresì rinviato, si limitano ad affermare che i termini dei contratti con gli OEM e gli operatori di telecomunicazione sono definiti in modo centralizzato da dirigenti a Cupertino e che prima del 2013 dirigenti negli Stati Uniti firmavano tali contratti per conto di ASI sulla base di procure. Esse precisano altresì che, una volta formalizzati, tali contratti venivano eseguiti dalla succursale irlandese di ASI tramite l’emissione di ordini di acquisto. Allo stesso modo, le osservazioni dell’Irlanda del 29 gennaio 2016 si limitano ad affermare che i contratti con gli OEM sono firmati e eseguiti da dirigenti di ASI. Dinanzi al Tribunale, ASI e AOE hanno prodotto un documento in cui spiegavano le modalità di negoziazione e firma congiunta (Apple Inc. e ASI) dei contratti con gli OEM. Essi hanno altresì prodotto uno di tali contratti che recava, per ASI, la firma di un dipendente di Apple Inc., designato amministratore di ASI nell’anno finanziario di riferimento.
( 37 ) Al punto 1.42 delle linee guida sui prezzi di trasferimento si precisa che l’analisi funzionale ha per obiettivo di «identificare e confrontare le attività e le responsabilità economicamente significative, i beni utilizzati e i rischi assunti dalle parti che realizzano le transazioni».
( 38 ) [1988] I.R. 10 nota 4507 (in prosieguo: la «sentenza Dataproducts»).
( 39 ) L’allegato B dell’accordo sulla ripartizione dei costi, come modificato nel 2009, includeva due tabelle riguardanti le funzioni pertinenti relative ai beni immateriali oggetto dell’accordo e i relativi rischi. Ciascuna di tali funzioni e ciascuno di tali rischi era associato da una «x», rispettivamente, a Apple Inc. (identificata come «Apple») e ad ASI e AOE (identificate collettivamente come «International Participants»), ad eccezione della registrazione e della tutela della PI, che era associata unicamente alla Apple Inc. (v. punto 260 della sentenza impugnata).
( 40 ) Se è vero che, al punto 269 della sentenza impugnata, è indicato che il controllo di qualità poteva essere anche esternalizzato nell’ambito di accordi con produttori terzi, non vi sono tuttavia nella sentenza impugnata ulteriori indicazioni sull’esistenza di tali accordi conclusi da ASI e AOE.
( 41 ) Senza essere contestata sul punto da ASI e AOI, la Commissione ha precisato che l’«Executive Team» e l’amministratore delegato del gruppo cui si riferisce il Tribunale sono rispettivamente i dirigenti e il CEO di Apple Inc.
( 42 ) Nella sua impugnazione, la Commissione esordisce con l’affermazione che la questione al cuore della stessa verte proprio sulla legittimità della presa in conto da parte del Tribunale delle funzioni svolte da Apple Inc.
( 43 ) V. sentenza del 22 giugno 2023, Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia-Kosakowo/Commissione (C‑163/22 P, EU:C:2023:515, punto 85).
( 44 ) V. ordinanza dell’11 settembre 2019, Camomilla/EUIPO (C‑68/19 P, EU:C:2019:711, punto 10 e giurisprudenza citata).
( 45 ) Il TNMM, descritto ai punti 2.58 e ss. delle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento, esamina il margine dell’utile netto relativo ad una base adeguata (ad esempio, costi, vendite, attivi) che un contribuente realizza da un’operazione controllata. Esso si applica solo a una delle imprese che partecipano all’operazione, la cosiddetta parte «sottoposta a test».
( 46 ) Rilevo che il Tribunale ha enunciato lo stesso livello della prova nella sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15, EU:T:2019:669).
( 47 ) C‑81/10 P, EU:C:2011:811 (in prosieguo: la «sentenza France Telecom», punti da 24 a 27).
( 48 ) V. sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona (C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 62).
( 49 ) V. sentenza dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia (C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 114 e giurisprudenza citata).
( 50 ) V. sentenza del 17 settembre 2009, Commissione/MTU Friedrichshafen (C‑520/07 P, EU:C:2009:557, punti 55 e 58).
( 51 ) V. sentenza dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia (C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 108 e giurisprudenza citata).
( 52 ) V., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2023, TUIfly/Commissione (C‑763/21 P, EU:C:2023:528, punto 79 e giurisprudenza citata).
( 53 ) V., in tal senso, sentenza del 7 maggio 2020, BTB Holding Investments e Duferco Participations Holding/Commissione (C‑148/19 P, EU:C:2020:354, punto 53).
( 54 ) V. sentenza del 17 settembre 2009, Commissione/MTU Friedrichshafen (C‑520/07 P, EU:C:2009:557, punto 52).
( 55 ) In questo senso, interpretando il punto 211 della sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15, EU:T:2019:669), v. sentenza del 12 maggio 2021, Lussemburgo e Amazon/Commissione (T‑816/17 e T‑318/18, EU:T:2021:252, punti da 309 a 311). Tale ultima sentenza costituisce oggetto di impugnazione della Commissione nella causa C‑457/21 P, attualmente in fase di deliberazione.
( 56 ) V., in questo senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione (C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 41).
( 57 ) V., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2023, GABO:mi/Commissione (C‑696/21 P, EU:C:2023:217 punti 47 e 48 e giurisprudenza citata).
( 58 ) V. sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione (C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 41).
( 59 ) V., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2023, GABO:mi/Commissione (C‑696/21 P, EU:C:2023:217, punto 49 e giurisprudenza citata).
( 60 ) I punti 342, 343 e 371, cui rinviano ASI e AOI, si limitano a sottolineare il «carattere facilmente individuabile e non complesso» delle funzioni svolte dalle succursali irlandesi, ma non operano nessun raffronto con quelle svolte dalle sedi.
( 61 ) Al punto 357 della sentenza impugnata, il Tribunale conclude che dal punto 2.87 delle linee guida sui prezzi di trasferimento risulta che «la scelta dell’indicatore del livello degli utili non è fissata per un qualsiasi tipo di funzioni, a condizione che tale indicatore rifletta il valore delle funzioni in questione» e che pertanto «tanto le vendite quanto i costi operativi possono costituire un indicatore del livello degli utili adeguato» (v. punto 363 della sentenza impugnata, che rinvia al punto 357 della stessa).
( 62 ) V., in tal senso sentenza del 29 giugno 2023, TUIfly/Commissione (C‑763/21 P, EU:C:2023:528, punto 76 e giurisprudenza citata).
( 63 ) V. sentenza del 7 maggio 2020, BTB Holding Investments e Duferco Participations Holding/Commissione (C‑148/19 P, EU:C:2020:354, punto 56 e giurisprudenza citata).
( 64 ) C‑69/13, EU:C:2014:71, punti 36 e 37. V., nello stesso senso e in circostanze analoghe, sentenza del 15 settembre 2022, Fossil (Gibraltar) (C‑705/20, EU:C:2022:680, punto 41).