CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 6 ottobre 2021 ( 1 )

Causa C‑349/20

NB,

AB

contro

Secretary of State for the Home Department,

con l’intervento di:

Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) (United Kingdom) (Tribunale di primo grado, sezione immigrazione e asilo, Regno Unito)]

«Rinvio pregiudiziale – Norme minime sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale – Direttiva 2004/83/CE – Articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase – Esclusione dallo status di rifugiato – Apolide di origine palestinese registrato presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) – Articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 – Condizioni per essere ammessi ipso facto ai benefici della direttiva 2004/83 – Cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA – Valutazione individuale di tutti i fattori pertinenti – Inclusione di un esame ex nunc nell’ambito della valutazione – Articolo 4 – Assenza della necessità dell’inflizione intenzionale di un danno o della privazione di assistenza da parte dell’UNRWA o dello Stato in cui essa opera – Protezione o assistenza di componenti della società civile che operano sotto l’egida dell’UNRWA o dello Stato in cui quest’ultima opera»

I. Introduzione

1.

La domanda di pronuncia pregiudiziale in oggetto verte sull’interpretazione degli articoli 11 e 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta ( 2 ).

2.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito del procedimento tra NB e AB, madre e figlio minore, e il Secretary of State for the Home Department (Ministro dell’Interno del Regno Unito; in prosieguo: il «Secretary of State»). NB e AB sono apolidi di origine palestinese precedentemente residenti in Libano e registrati come rifugiati dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (in prosieguo: l’«UNRWA»). Occorre osservare che, come se la vita non avesse già messo a dura prova detta famiglia, lo stesso AB è gravemente disabile e presenta necessità mediche e sociali molto complesse.

3.

Il procedimento ha ad oggetto il ricorso avverso la decisione del Secretary of State con la quale a NB e AB veniva negato l’asilo o la protezione umanitaria che avevano richiesto. Poiché NB e AB sono apolidi di origine palestinese registrati presso l’UNRWA, essi hanno titolo a beneficiare della protezione e dell’assistenza di tale agenzia e dunque, in linea di principio, conformemente all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2004/83, sono esclusi dallo status di rifugiato a meno che siffatta protezione o assistenza sia cessata ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83.

4.

La causa dinanzi al giudice del rinvio riguarda quindi la questione, in particolare, se vi sia stata una cessazione della protezione o dell’assistenza fornita dall’UNRWA nei confronti di AB ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83. Nel caso in cui tale protezione o assistenza risulti cessata, AB sarebbe ipso facto ammesso ai benefici della direttiva 2004/83 per via del suo status di rifugiato palestinese apolide senza dover necessariamente dimostrare, ad esempio, il suo timore fondato di essere perseguitato, ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della medesima direttiva ( 3 ).

5.

Prima di esaminare le questioni sollevate, è tuttavia necessario precisare anzitutto le disposizioni giuridiche pertinenti.

II. Contesto normativo

A.   Diritto internazionale

1. La Convenzione relativa allo status dei rifugiati

6.

La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata integrata e modificata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).

7.

L’articolo 1D della Convenzione di Ginevra, che introduce uno status giuridico eccezionale per taluni gruppi di persone, è formulato come segue:

«La presente Convenzione non è applicabile alle persone che fruiscono attualmente della protezione o dell’assistenza di un’organizzazione o di un’istituzione delle Nazioni Unite che non sia l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati [HCR].

Se tale protezione o tale assistenza cessa per un motivo qualsiasi senza che la sorte di queste persone sia stata definitivamente regolata conformemente alle risoluzioni prese in merito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, esse fruiscono di tutti i diritti derivanti dalla presente Convenzione».

2. Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente

8.

L’UNRWA è stata istituita in forza della risoluzione n. 302 (IV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dell’8 dicembre 1949, relativa all’aiuto ai rifugiati della Palestina ed ha il compito di favorire il benessere e lo sviluppo umano dei rifugiati palestinesi. La zona operativa dell’UNRWA comprende il Libano, la Siria, la Giordania, la Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e la Striscia di Gaza. Il mandato dell’UNRWA è stato prorogato fino al 30 giugno 2023 dalla risoluzione A/RES/74/83 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2019.

9.

Attualmente, l’UNRWA costituisce l’unico organo o agenzia delle Nazioni Unite (diverso dall’HCR) a cui fanno riferimento l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2004/83 e l’articolo 1D, primo comma, della Convenzione di Ginevra.

B.   Diritto dell’Unione – Direttiva 2004/83

10.

Il considerando 3 della direttiva 2004/83 prevede che la Convenzione di Ginevra costituisca la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati.

11.

Come risulta dal considerando 10 della direttiva 2004/83, letto alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, TUE, tale direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Essa mira in particolare ad assicurare, sulla base degli articoli 1 e 18 della Carta, il pieno rispetto della dignità umana e il diritto di asilo dei richiedenti asilo.

12.

I considerando 16 e 17 della direttiva 2004/83 sono formulati come segue:

«(16)

Dovrebbero essere stabilite norme minime per la definizione ed il contenuto dello status di rifugiato, al fine di orientare le competenti autorità nazionali degli Stati membri nell’applicazione della convenzione di Ginevra.

(17)

È necessario introdurre dei criteri comuni per l’attribuzione ai richiedenti asilo, della qualifica di rifugiati ai sensi dell’articolo 1 della convenzione di Ginevra».

13.

Il considerando 38 della direttiva 2004/83 dispone che «[a] norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 28 gennaio 2002, la propria volontà di partecipare all’adozione ed applicazione della presente direttiva».

14.

L’articolo 11, che si trova nel capo III della direttiva («Requisiti per essere considerato rifugiato»), è intitolato «Cessazione» ed è formulato come segue:

«1.   Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di essere un rifugiato qualora:

(…)

f)

se trattasi di un apolide, sia in grado di tornare nel paese nel quale aveva la dimora abituale, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato.

(…)».

15.

L’articolo 12 della direttiva 2004/83, anch’esso contenuto nel capo III, è intitolato «Esclusione» e al paragrafo 1, lettera a), della stessa direttiva – disposizione composta da due periodi che rispecchiano i due commi dell’articolo 1D della Convenzione di Ginevra – stabilisce quanto segue:

«Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:

a)

rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1D della convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni unite diversi dall’Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall’assemblea generale delle Nazioni unite, queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva».

16.

L’articolo 13 della direttiva 2004/83, al capo IV («Status di rifugiato»), è intitolato «Riconoscimento dello status di rifugiato» ed è formulato come segue:

«Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III».

17.

La direttiva 2004/83 è stata abrogata, con effetto dal 21 dicembre 2013, dalla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta ( 4 ). Tuttavia, conformemente al considerando 50 di quest’ultima direttiva, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord non ha partecipato all’adozione di tale direttiva, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.

18.

La direttiva 2004/83 ha tuttavia continuato ad essere applicata al Regno Unito nonostante fosse stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2011/95.

C.   Diritto nazionale

19.

Le principali disposizioni del diritto del Regno Unito che recepiscono la direttiva 2004/83 sono contenute nel Refugee or Person in Need of International Protection (Qualification) Regulations 2006 ( 5 ) e nelle Immigration Rules [regolamento del 2006 sui rifugiati o sulle persone bisognose di protezione internazionale (qualifiche) e norme in materia di immigrazione (in prosieguo: il «regolamento del 2006»)] ( 6 ).

20.

In base all’articolo 2 del regolamento del 2006, per «rifugiato» si intende ogni persona che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1A della Convenzione di Ginevra e alla quale non si applica l’articolo 7. L’articolo 7, paragrafo 1, dispone che «non è un rifugiato chi rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1D, 1E o 1F della Convenzione di Ginevra».

21.

L’articolo 339AA delle norme in materia di immigrazione è intitolato «Esclusione dalla Convenzione sui rifugiati» e così recita:

«Il presente articolo si applica quando il Secretary of State ritiene che la persona avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato a norma dell’articolo 7 del regolamento del 2006 sui rifugiati o sulle persone bisognose di protezione internazionale (qualifiche).

(…)».

III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

22.

NB, suo marito e quattro figli (compreso il figlio AB) sono arrivati nel Regno Unito l’11 ottobre 2015. Il loro quinto figlio, H, è nato in seguito nel Regno Unito. Tutti tranne H sono rifugiati palestinesi registrati dall’UNRWA. Essi hanno vissuto nel campo profughi di Al Bass nel sud del Libano fino a quando hanno lasciato il Libano nel 2015.

23.

Come ho già precisato, AB è un ragazzo disabile con gravi e complesse necessità. Egli è affetto da idrocefalia, paralisi cerebrale che ne compromette tronco, gambe e braccio sinistro, per cui non è in grado di camminare, scoliosi, gravi difficoltà di apprendimento, atrofia ottica e nistagmo ad entrambi gli occhi (rientra nella categoria degli ipovedenti), episodi saltuari di convulsioni (trattati con farmaci di emergenza) e doppia incontinenza.

24.

Nel 2019 NB e AB hanno presentato nel Regno Unito una domanda di asilo che è stata respinta con decisione del Secretary of State del 3 settembre 2019. NB e AB hanno impugnato la decisione di cui trattasi dinanzi al giudice del rinvio. Secondo quest’ultimo, è pacifico che l’esito della loro impugnazione dipenda principalmente dalla situazione di AB e dal fatto che «si possa dimostrare che il motivo per cui è cessata la protezione o l’assistenza dell’UNRWA è dovuto a ragioni indipendenti dalla sua volontà». In caso affermativo, NB e AB possono beneficiare delle disposizioni di inclusione («ipso facto») di cui all’articolo 1D, secondo comma, della Convenzione di Ginevra e all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83.

25.

Occorre ricordare che, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, spetta al giudice nazionale accertare i fatti. Il giudice del rinvio ha tuttavia indicato di non essere giunto a conclusioni definitive in relazione a molti dei fatti cruciali della causa di cui è investito per quanto riguarda il trattamento di NB e AB in Libano. Lo stesso ha invece ritenuto più opportuno anzitutto sospendere la causa per proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte.

26.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che NB e AB sostengono di rientrare nell’ambito di applicazione della clausola di inclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 sulla base del fatto che la loro partenza dal campo di Al Bass in Libano era giustificata da ragioni obiettive che esulavano dalla loro sfera di controllo e prescindevano dalla loro volontà, perché «l’UNRWA non è in grado di soddisfare le condizioni del suo mandato per quanto riguarda i minori gravemente disabili» e perché AB ha dovuto affrontare (e tuttora affronta) «gravi discriminazioni» a causa della sua disabilità ( 7 ). Il Secretary of State sostiene che l’argomentazione di NB e AB non può essere accettata perché AB ha ricevuto un’assistenza sufficiente per quanto riguarda la sua disabilità quando viveva in Libano e riceverebbe un’assistenza sufficiente anche al suo ritorno in detto paese ( 8 ).

27.

Inoltre, NB e AB affermano che nella sua sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826), la Corte ha lasciato in sospeso la questione se una grave discriminazione possa costituire un motivo per essere costretti a lasciare il territorio dell’UNRWA. A tale proposito, gli stessi sostengono che nel sud del Libano le autorità libanesi discriminano i palestinesi apolidi in vari ambiti, tra cui istruzione, occupazione, servizi sociali e assistenza alle persone disabili.

28.

La posizione del Secretary of State è in larga parte simile, sebbene non riconosca l’esistenza di una grave discriminazione.

29.

Nonostante il giudice del rinvio non abbia effettuato accertamenti né per quanto riguarda la situazione generale dei palestinesi apolidi registrati dall’UNRWA nel sud del Libano, né, del resto, per quanto riguarda la situazione particolare di NB e AB, esso ha tuttavia osservato che «dopo le dimissioni del primo ministro Hariri nell’ottobre 2019, continuano le proteste di massa a Tyre, Saida e Beirut e la situazione è instabile. Nel 2019 il governo libanese ha realizzato forti tagli al bilancio per le politiche sociali, con conseguenze negative sui servizi alle persone disabili. Nel luglio 2019 il governo libanese ha introdotto restrizioni all’occupazione che incidono negativamente su tutti i cittadini non libanesi, compresi i rifugiati palestinesi registrati dall’UNRWA». Inoltre, il giudice del rinvio ha dichiarato che, allo stato attuale delle cose, NB e AB non hanno dimostrato che la famiglia non fosse in condizione, per validi motivi, di usufruire in misura sufficiente di istruzione e assistenza da parte di ONG come l’Early Intervention Centre.

30.

Secondo il giudice del rinvio, non è chiaro se quella prevista dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 sia una valutazione puramente storica (o ex tunc), implicante l’esame delle circostanze che hanno costretto l’interessato ad abbandonare la sfera operativa dell’UNRWA al momento in cui ciò si è verificato oppure se si tratti di una valutazione che comporta, in aggiunta o in alternativa, un esame ex nunc.

31.

A tale riguardo, il giudice del rinvio rileva che la formulazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 e dell’articolo 1D, secondo comma, della Convenzione di Ginevra è al passato, il che suggerisce una verifica puramente storica. Inoltre, nella sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826) vi sono vari passaggi che ricorrono a una valutazione retrospettiva ( 9 ). Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, è altresì possibile interpretare l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, come interpretato dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826), nel senso che esso applica un esame ex nunc. Inoltre, «dal punto di vista dell’oggetto e dello scopo, è possibile sostenere che non applicare l’esame ex tunc creerebbe un vuoto in materia di protezione in quanto significherebbe che le persone che avevano volontariamente lasciato la zona operativa ma che al momento si trovino di fronte ad un diniego di protezione o di assistenza subirebbero l’esclusione».

32.

Il giudice del rinvio ritiene inoltre che occorra chiedere indicazioni alla Corte circa la rilevanza del quadro territoriale statale in cui l’UNRWA svolge le sue operazioni. Secondo detto giudice, se è in questione la qualità della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA, ciò potrebbe richiedere la valutazione non soltanto delle operazioni dell’UNRWA in modo isolato, ma anche di come essa sia in grado di operare nel quadro più ampio dello Stato interessato (nella fattispecie, il Libano).

33.

Inoltre, il giudice del rinvio non indica chiaramente, nel valutare se la protezione e l’assistenza dell’UNRWA siano cessate e quindi se la protezione e l’assistenza di cui trattasi siano o meno effettive, se si possa tenere conto delle funzioni di protezione svolte dai componenti della società civile. Pertanto, se le funzioni di protezione di siffatti componenti della società civile sono rilevanti rispetto all’effettività dell’UNRWA quale attore che offre protezione, è possibile che il giudice del rinvio possa decidere che NB e AB non riescono a dimostrare che la protezione e l’assistenza siano o sarebbero cessate per ragioni obiettive. Invece, se il ruolo di tali componenti fosse irrilevante rispetto all’effettività della protezione e dell’assistenza dell’UNRWA, il giudice del rinvio potrebbe ben concludere che la protezione e l’assistenza in oggetto, nel caso di NB e AB, non siano effettive (soprattutto alla luce del fatto che le osservazioni del Secretary of State si sono concentrate sull’esistenza di fonti di assistenza delle ONG nel campo di Al Bass).

34.

In tali circostanze, il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo), Regno Unito] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Nel valutare se sia cessata la protezione o l’assistenza fornite dall’UNRWA, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva [2004/83], a un [p]alestinese apolide registrato presso l’UNRWA per quanto riguarda l’assistenza ai disabili

1.

Se la valutazione consista in un mero esercizio storico, che prende in considerazione le circostanze che hanno asseritamente costretto un richiedente ad abbandonare la zona operativa dell’UNRWA al momento in cui ciò si è verificato, o consista anche in un esame ex nunc, che consideri elementi successivi per stabilire se il richiedente possa attualmente avvalersi di tale protezione o assistenza.

2.

Qualora la risposta alla prima questione sia nel senso che tale valutazione comprende anche un esame di elementi successivi, se sia legittimo invocare per analogia la clausola di cessazione di cui all’articolo 11, in modo che – laddove il richiedente possa storicamente dimostrare un motivo qualificante per cui ha abbandonato la zona operativa dell’UNRWA – l’onere della prova che tale motivo non è più valido ricade sullo Stato membro.

3.

Affinché vi siano ragioni obiettive giustificabili per l’allontanamento di tale persona in relazione alla prestazione di protezione o assistenza da parte dell’UNRW[A], se sia necessario dimostrare l’inflizione intenzionale di un danno o la privazione di assistenza (per azione o omissione) da parte dell’UNRWA o dello Stato in cui essa opera.

4.

Se sia pertinente tener conto dell’assistenza fornita a queste persone da attori della società civile come le organizzazioni non governative (ONG)».

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

35.

Il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020 a mezzanotte (CET). Ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (in prosieguo: l’«accordo sul recesso»), la Corte resta competente a statuire sulle domande di pronuncia pregiudiziale presentate dagli organi giurisdizionali del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione, come definito all’articolo 126 di detto accordo, il 31 dicembre 2020.

36.

Inoltre, in forza dell’articolo 89 dell’accordo sul recesso, ogni sentenza della Corte pronunciata in futuro avrà efficacia vincolante nella sua totalità per il Regno Unito e nel Regno Unito.

37.

La domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 29 luglio 2020. La Corte rimane competente a statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale in oggetto e il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo)] è vincolato dalla sentenza che la Corte pronuncerà nel presente procedimento.

38.

NB e AB, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito), interveniente nel ricorso dinanzi al giudice del rinvio, il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte sulle questioni sollevate dal First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo)].

39.

Il 25 maggio 2021, la Corte ha rivolto alle parti e agli altri interessati, ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, un quesito in cui essi erano invitati a esporre la loro posizione sull’eventuale effetto della sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3) ai fini della risposta, in particolare, alla prima questione pregiudiziale sollevata. NB e AB, il Secretary of State, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito) e la Commissione hanno presentato risposte a tale quesito. Il 25 maggio 2021, la Corte ha altresì rivolto un quesito all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito) in merito agli obblighi giuridici dell’UNRWA per quanto riguarda l’assistenza ai minori disabili e le misure effettivamente messe in atto, in particolare in Libano ( 10 ). L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito), NB e AB hanno risposto a tale quesito.

V. Analisi

A.   Osservazioni preliminari

40.

Occorre rilevare che, sebbene la domanda di pronuncia pregiudiziale faccia anche riferimento alle domande formulate da NB e AB in base all’articolo 1A, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra ( 11 ) e agli articoli 3 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) ( 12 ), il giudice del rinvio dichiara chiaramente di chiedere un’interpretazione dei soli articoli 11 e 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83. A tale riguardo, come correttamente sottolineato dalla Commissione, il giudice del rinvio non ha sollevato alcuna questione di interpretazione degli articoli 4 e 7 della Carta o del principio di non respingimento. Come ha inoltre osservato la Commissione, il giudice del rinvio non ha chiesto alla Corte indicazioni in merito alla gravità delle difficoltà incontrate da un minore disabile come AB, in modo da consentire allo stesso di constatare che tale minore è ipso facto ammesso allo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 a causa della cessata protezione o assistenza dell’UNRWA.

41.

Nella sua risposta a un quesito rivolto dalla Corte in merito agli obblighi giuridici dell’UNRWA in relazione all’assistenza ai minori disabili, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito) ha allegato una lettera dell’UNRWA ( 13 ) in cui quest’ultima indicava, tra l’altro, i suoi obblighi giuridici relativi all’assistenza ai rifugiati palestinesi minori e disabili e le misure effettivamente messe in atto per i minori disabili in Libano. In detta lettera, l’UNRWA ha affermato di «[avere] l’obbligo di agire in buona fede per valutare, nell’ambito del suo processo di pianificazione, come realizzare progressi nell’affrontare le esigenze, i diritti e la protezione delle persone disabili, anche minorenni. Tuttavia, essa non è tenuta ad adempiere alcun elemento del suo mandato a determinati livelli o standard. Come indicato in precedenza, la misura in cui l’UNRWA è in grado di fornire tali servizi è in larga parte determinata dall’entità dei finanziamenti che riceve ( 14 )».

42.

Sebbene alla Corte non sia stata sottoposta alcuna questione sul livello specifico dell’assistenza da fornire ai minori disabili come AB e anche se il giudice del rinvio non ha specificamente affrontato alcuna questione relativa agli articoli 4 e 7 della Carta, non significa che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 non debba essere interpretato alla luce di tali disposizioni e, soprattutto, dell’articolo 1 della Carta, che prevede l’inviolabilità della dignità umana.

43.

Dai considerando 16 e 17 della direttiva 2004/83 risulta che la Convenzione di Ginevra costituisce il fondamento della disciplina giuridica internazionale in materia di protezione dei rifugiati e che le disposizioni della stessa direttiva per stabilire chi ha diritto allo status di rifugiato e il relativo contenuto sono state adottate al fine di orientare le autorità competenti degli Stati membri nell’applicazione di detta convenzione sulla base di concetti e criteri comuni. La direttiva 2004/83 deve, per tale motivo, essere interpretata alla luce dell’impianto sistematico e della finalità di quest’ultima, nel rispetto della Convenzione di Ginevra e degli altri trattati pertinenti di cui all’articolo 78, paragrafo 1, TFUE, anche se la convenzione in oggetto non fa, di per sé, parte del diritto dell’Unione. Tale interpretazione deve pertanto essere effettuata, come emerge dal considerando 10 della direttiva 2004/83, nel rispetto dei diritti riconosciuti dalla Carta ( 15 ).

44.

Inoltre, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 corrisponde, in sostanza, all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, cosicché la giurisprudenza relativa a questa seconda disposizione è rilevante ai fini dell’interpretazione della prima ( 16 ).

B.   Prima questione

45.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede quale momento o quali momenti siano rilevanti sotto il profilo temporale per valutare se richiedenti come NB e AB siano «ipso facto» ammessi allo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 a causa della cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA. Lo stesso giudice chiede pertanto se possano essere valutate solo circostanze passate o storiche, vale a dire, le circostanze esistenti al momento in cui i richiedenti come NB e AB hanno effettivamente abbandonato la sfera operativa nel 2015 o se debbano essere prese in considerazione, in aggiunta o in alternativa, le circostanze attualmente esistenti in Libano ( 17 ). A tale riguardo, il giudice del rinvio chiede se debba essere effettuato (anche) un esame ex nunc ( 18 ).

46.

Il giudice del rinvio non ha indicato se la questione che ha sollevato riguardi il livello di valutazione applicabile dinanzi alle autorità nazionali competenti ( 19 ) e/o il livello di revisione dinanzi ad un organo giurisdizionale come lo stesso giudice del rinvio. A mio avviso, poiché né l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83, né, di fatto, l’articolo 1D della Convenzione di Ginevra operano alcuna distinzione sul punto, il criterio che preciserò ora è applicabile in entrambi i casi ( 20 ).

47.

Occorre inoltre rilevare che la questione sembra porsi alla luce dell’asserito deterioramento della situazione in cui versano i palestinesi apolidi registrati dall’UNRWA nel sud del Libano in generale e quella in cui versano i richiedenti disabili in particolare. A tale proposito, nessun elemento nel fascicolo di cui dispone la Corte indica che tali circostanze possano essere migliorate da quando NB e AB hanno lasciato il Libano. Inoltre, se la situazione in Libano si è nel frattempo deteriorata, si tratterebbe di circostanze che prescindono dalla sfera del controllo o dalla volontà di NB e AB ( 21 ). Propongo quindi di rispondere alla questione di cui trattasi tenendo presente tale contesto.

48.

L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2004/83 prevede che un cittadino di un paese terzo o un apolide sia escluso dallo status di rifugiato se «rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1D della convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni unite diversi dall’[HCR]».

49.

L’articolo 1D della Convenzione di Ginevra, a cui fa riferimento l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2004/83, esclude dall’ambito di applicazione di detta convenzione le persone che «fruiscono attualmente» della protezione o dell’assistenza di un’organizzazione o di un’istituzione delle Nazioni Unite che non sia l’UNHCR ( 22 ). L’articolo 1D dispone inoltre che se detta protezione o assistenza «cessa per un motivo qualsiasi» ( 23 ), tali persone fruiscono di tutti i diritti derivanti dalla convenzione in oggetto ( 24 ). Ciò corrisponde in sostanza all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83.

50.

Le parole [nella versione in lingua inglese] «at present receiving» rappresentano l’uso del tempo «present continuous» che, nell’uso comune dell’inglese, indica azioni che si stanno verificando o proprio adesso (come in «sta adesso ricevendo un ospite dall’estero») oppure in un lasso di tempo attuale, ossia nel passato, nel presente o nel futuro immediato (come in «sta adesso ricevendo molte lettere di congratulazioni»). È pertanto chiaro che l’uso del tempo «present continuous» comprende tanto fatti immediatamente passati quanto fatti presenti.

51.

Tuttavia, indipendentemente da raffinate esegesi linguistiche o grammaticali, è altresì evidente, nello specifico contesto di cui trattasi, che l’uso del tempo «present continuous» mirava a indicare tanto fatti immediatamente passati quanto fatti presenti, sottolineando così la duplice legittimità sia dell’approccio ex tunc che dell’approccio ex nunc ( 25 ).

52.

Ad essere determinante è, in ogni caso, se la protezione o l’assistenza in oggetto sia per qualsiasi motivo effettivamente cessata ( 26 ). Anche se l’articolo 1D della Convenzione di Ginevra – e, di fatto, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 – non indica in modo specifico quale sia il momento rilevante ai fini della valutazione della cessazione da parte delle autorità amministrative o giudiziarie competenti, l’uso della locuzione «fruiscono attualmente» ( 27 ) al primo comma della medesima disposizione e del termine «cessa» al secondo comma ( 28 ) depone a favore di una valutazione dinamica che prenda in considerazione la situazione nella sfera operativa dell’UNRWA al momento della partenza del richiedente ( 29 ) e imponga in aggiunta un esame ex nunc. Detto approccio è confermato dalla giurisprudenza della Corte.

53.

A tale riguardo, dalla sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punti 61, 63, 6465), risulta chiaramente che la Corte ha ritenuto che, per stabilire se l’assistenza o la protezione sono effettivamente cessate ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83, spetti alle autorità e ai giudici nazionali competenti verificare se la partenza della persona interessata è giustificata da motivi che esulano dalla sfera del suo controllo e prescindono dalla sua volontà, i quali la obbligano a lasciare tale area, impedendole pertanto di beneficiare della protezione o dell’assistenza accordata dall’UNRWA ( 30 ).

54.

La Corte ha pertanto affermato la rilevanza della situazione esistente nel territorio in oggetto al momento in cui la persona di cui trattasi è partita ( 31 ). Rimane, tuttavia, la questione se tutti i fatti necessari per una valutazione aggiornata del caso in esame – in particolare, eventuali elementi o fattori nuovi che possano essere emersi da quando i richiedenti come NB e AB hanno lasciato la zona operativa dell’UNRWA – possano/debbano essere parimenti presi in considerazione da parte delle autorità nazionali competenti o, in ultima analisi, da un organo giurisdizionale in sede di impugnazione.

55.

Dalla recente sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punti da 51 a 67) risulta che la questione della cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 deve basarsi su una valutazione individuale di tutti gli elementi o fattori pertinenti della situazione di cui trattasi al momento della partenza dei ricorrenti dalla zona operativa dell’UNRWA e al momento in cui il giudice statuisce sul ricorso diretto contro una decisione di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato. Pertanto, al punto 59 della citata sentenza, la Corte fa specifico riferimento al momento della partenza dalla zona operativa dell’UNRWA e al punto 56 della medesima la Corte ha precisato che le autorità amministrative o giudiziarie competenti sono tenute a verificare se un apolide di origine palestinese sia in grado di beneficiare della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA ( 32 ).

56.

Anche se la causa che ha dato origine alla sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3) riguardava l’ambito geografico della zona operativa dell’UNRWA piuttosto che il momento in cui deve essere valutata la cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA, non vedo alcun valido motivo per discostarsi dall’approccio adottato in tale sentenza nel caso di specie. Infatti, una diversa conclusione potrebbe portare all’adozione di decisioni e pronunce non corrispondenti alla realtà esistente con cui si confrontano i richiedenti. Come ha osservato l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito), un simile approccio sarebbe artificioso.

57.

Spetta dunque alle autorità e agli organi giurisdizionali nazionali competenti procedere a una valutazione individuale di tutti i fattori pertinenti al fine di verificare non solo se la partenza dalla zona operativa dell’UNRWA da parte dei richiedenti lo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 possa essere giustificata da motivi che esulano dalla sfera del loro controllo e prescindono dalla loro volontà (e che quindi hanno impedito loro di beneficiare dell’assistenza o della protezione dell’UNRWA), ma anche se essi non possano attualmente ricevere tale protezione o assistenza a causa dell’asserito deterioramento della situazione nella zona operativa in oggetto per motivi che esulano dalla sfera del loro controllo e prescindono dalla loro volontà.

58.

Alla luce di quanto precede, ritengo che debba essere effettuata una valutazione individuale di tutti i fattori pertinenti della situazione di cui trattasi per accertare se vi sia stata una cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83. Ciò implica una valutazione delle circostanze che hanno asseritamente costretto un richiedente ad abbandonare la sfera operativa dell’UNRWA al momento in cui ciò si è verificato e anche un esame ex nunc, che consideri elementi successivi per stabilire se il richiedente possa attualmente avvalersi di tale protezione o assistenza.

C.   Seconda questione

59.

Con la seconda questione – rilevante solo nel caso in cui la Corte ritenga che la questione se vi sia stata una cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 imponga una valutazione delle circostanze che hanno asseritamente costretto un richiedente ad abbandonare la sfera operativa dell’UNRWA al momento in cui ciò si è verificato e anche un esame ex nunc, che consideri elementi successivi per stabilire se il richiedente possa attualmente avvalersi di tale protezione o assistenza – il giudice del rinvio chiede se l’onere della prova ricada sullo Stato membro che è tenuto a dimostrare che il motivo per il quale il richiedente ha abbandonato la sfera operativa dell’UNRWA non è più valido.

60.

A tale riguardo, il giudice del rinvio chiede se sia legittimo invocare per analogia la clausola di cessazione di cui all’articolo 11, della direttiva 2004/83 in modo che, laddove il richiedente possa storicamente dimostrare un motivo qualificante per cui ha abbandonato la sfera operativa dell’UNRWA, l’onere della prova ricada sullo Stato membro che è tenuto a dimostrare che tale motivo non è più valido ( 33 ).

61.

Nella sua sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punti 7677), la Corte ha dichiarato che la persona avente diritto a essere ipso facto ammessa ai benefici della direttiva 2004/83 deve presentare una domanda diretta a ottenere lo status di rifugiato che deve essere esaminata dalle autorità competenti dello Stato membro responsabile. Nel contesto di tale esame, questi ultimi devono verificare non solo che il richiedente si sia effettivamente avvalso dell’assistenza dell’UNRWA e che tale assistenza sia cessata, ma anche che a tale richiedente non sia applicabile alcuna delle cause di esclusione indicate all’articolo 12, paragrafi 1, lettera b), o 2 e 3, della direttiva medesima. Inoltre, la Corte ha affermato che l’articolo 11, lettera f), della direttiva 2004/83, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che l’interessato cessa di essere un rifugiato qualora sia in grado di ritornare in un’area di operazioni dell’UNRWA, in cui aveva la sua residenza abituale, ove le circostanze a seguito delle quali è stato riconosciuto come rifugiato siano venute meno.

62.

Dal punto 71 di detta sentenza risulta in ogni caso che, secondo quanto affermato dalla Corte, una volontaria rinuncia all’assistenza fornita dall’UNRWA non potrebbe determinare l’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), secondo periodo, della direttiva 2004/83 (e, per estensione, dell’articolo 1D, primo comma, della Convenzione di Ginevra), che consentirebbe a tale persona di essere ipso facto ammessa allo status di rifugiato. Infatti, l’articolo 1D di detta Convenzione mirava ad escludere dal regime della Convenzione di Ginevra tutti coloro che erano in condizione di beneficiare dell’assistenza dell’UNRWA. La tesi opposta – che è almeno implicita nella sentenza di cui trattasi – è che coloro che «per qualsiasi motivo» non sono più in grado di fruire dell’assistenza dell’UNRWA (cioè, in circostanze diverse dalla rinuncia volontaria) hanno diritto a essere ipso facto considerati rifugiati ai sensi di dette disposizioni.

63.

Dalla sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 42) risulta che l’articolo 14 della direttiva 2004/83 (e, implicitamente, l’articolo 11 della stessa) sulla cessazione dello status di rifugiato presuppone specificatamente che tale status sia stato già riconosciuto. Dal momento che ai richiedenti NB e AB non è ancora stato concesso lo status di rifugiati in forza della legge nazionale che recepisce la direttiva 2004/83 e al momento è in corso di valutazione il possibile riconoscimento di tale status, né l’articolo 11 né l’articolo 14 della direttiva 2004/83 sono pertinenti.

64.

Per quanto riguarda la natura della valutazione della richiesta dello status di rifugiato avanzata da NB e AB, l’articolo 13 della direttiva 2004/83, intitolato «Riconoscimento dello status di rifugiato», prevede che «[g]li Stati membri riconosc[a]no lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III». Pertanto, per poter essere ammesso allo status di rifugiato conformemente all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 (contenuto nel capo III della medesima direttiva) si deve effettuare un esame dei fatti e delle circostanze ai sensi dell’articolo 4 (contenuto nel capo II) della stessa.

65.

A norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83, gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda ( 34 ).

66.

Secondo una giurisprudenza costante, in base all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83, sebbene spetti generalmente al richiedente produrre tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, resta il fatto che lo Stato membro è tenuto a cooperare con il richiedente nella fase di determinazione degli elementi significativi di detta domanda ( 35 ). Tale obbligo di cooperazione in capo allo Stato membro implica pertanto concretamente che, se, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente una protezione internazionale non sono esaustivi, attuali o pertinenti, è necessario che lo Stato membro interessato cooperi attivamente con il richiedente, in tale fase della procedura, per consentire di riunire tutti gli elementi atti a sostenere la domanda. Peraltro, uno Stato membro riveste una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati tipi di documenti ( 36 ).

67.

In effetti, ai richiedenti come NB e AB può essere solo richiesta, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83, la produzione di elementi a loro ragionevolmente accessibili. Vi possono dunque essere informazioni, dati, documenti, ecc., riguardanti, in particolare, le circostanze esistenti dopo la loro partenza da una sfera operativa dell’UNRWA a cui essi non possono ragionevolmente avere accesso o che non possono produrre. In casi del genere, lo Stato membro in oggetto è tenuto a cooperare attivamente con i richiedenti per ottenere ed esaminare tali informazioni, dati, documenti, ecc. aggiornati sulla situazione ivi esistente.

68.

Ritengo pertanto che la valutazione per stabilire se un richiedente sia ammesso allo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 debba essere effettuata conformemente all’articolo 4 della medesima direttiva e alla giurisprudenza su tale articolo. Sebbene spetti generalmente al richiedente produrre tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, lo Stato membro è tenuto a cooperare con il richiedente nella fase di determinazione degli elementi significativi di detta domanda. Se, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente una protezione internazionale non sono esaustivi, attuali o pertinenti, è necessario che lo Stato membro interessato cooperi attivamente con il richiedente, in tale fase della procedura, per consentire di riunire tutti gli elementi atti a sostenere la domanda.

D.   Terza questione

69.

Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, per stabilire se i richiedenti lo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 siano costretti ad abbandonare la sfera di protezione dell’UNRWA, sia necessario dimostrare l’inflizione intenzionale di un danno o la privazione di assistenza (per azione o omissione) da parte dell’UNRWA o dello Stato in cui essa opera, nella fattispecie, il Libano.

70.

A tale riguardo, il giudice del rinvio cita le sentenze del 18 dicembre 2014, M’Bodj (C‑542/13, EU:C:2014:2452) e del 24 aprile 2018, MP (Protezione sussidiaria di una persona in passato vittima di tortura) (C‑353/16, EU:C:2018:276), entrambe riguardanti i criteri per la concessione della protezione sussidiaria e la nozione di danno grave in base all’articolo 15, lettera b), della direttiva 2004/83 in relazione a persone gravemente malate. In dette cause, la Corte ha di fatto dichiarato che, conformemente all’articolo 15, lettera b), della direttiva 2004/83, una persona può invocare l’assenza di terapie o di infrastrutture mediche adeguate nel suo paese di origine per dimostrare il danno grave soltanto se si configura una privazione di assistenza sanitaria inflitta intenzionalmente a tale persona. Non sono sufficienti limiti o carenze generali.

71.

Ritengo, in via preliminare, che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 – che riguarda le circostanze specifiche in cui alle persone che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 1D della Convenzione di Ginevra può essere riconosciuto lo status di rifugiato in base a detta direttiva – non sia collegato alle circostanze in cui può essere concessa la protezione sussidiaria ai sensi dell’articolo 15, lettera b), della medesima direttiva.

72.

Peraltro, a mio avviso, si deve dare alla terza questione una risposta negativa, poiché un’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), seconda frase, della direttiva 2004/83 che richiedesse l’inflizione intenzionale di un danno o la privazione di assistenza da parte dell’UNRWA o dello Stato in cui essa opera sarebbe contra legem, in quanto in contrasto con la formulazione chiara e vincolante di tale disposizione e, in effetti, con quella dell’articolo 1D della Convenzione di Ginevra. Entrambe le disposizioni prevedono inequivocabilmente che quando la protezione o l’assistenza dell’UNRWA cessi per qualsiasi motivo, le persone di cui trattasi siano ipso facto ammesse ai benefici di tale direttiva e della Convenzione.

73.

Inoltre, nella sua sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 65), la Corte ha confermato che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), secondo periodo, della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che la cessazione della protezione o dell’assistenza da parte dell’UNRWA «per qualsiasi motivo» riguarda altresì la situazione di una persona che, dopo essere ricorsa effettivamente a tale protezione o assistenza, non vi è più ammessa per un motivo che esula dalla sua sfera di controllo e prescinde dalla sua volontà. Come correttamente osserva la Commissione, non è affatto necessario che l’UNRWA o, di fatto, lo Stato in cui essa opera ( 37 ) agisca in modo intenzionale o discriminatorio. Si richiede soltanto che le persone abbiano cessato di beneficiare dell’assistenza o della protezione dell’UNRWA per motivi che esulano dalla sfera del loro controllo e prescindono dalla loro volontà ( 38 ).

74.

Se fosse accertato che l’UNWRA o lo Stato in cui essa opera ha inflitto intenzionalmente un danno o privato di assistenza (per azione o omissione) una persona, tali elementi sarebbero naturalmente molto pertinenti. Non è, tuttavia, necessario dimostrare un’intenzione di tale natura ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83. Come la Corte ha affermato nella sua sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 67), occorre prendere in considerazione tutti gli elementi pertinenti.

75.

Ritengo pertanto che per stabilire se i richiedenti lo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 siano costretti ad abbandonare la sfera di protezione dell’UNRWA, non sia necessario dimostrare l’inflizione intenzionale di un danno o la privazione di assistenza (per azione o omissione) da parte dell’UNRWA o dello Stato in cui essa opera. Occorre invece accertare se, come osservato dalla Corte nella sua sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 65), detti richiedenti non siano più ammessi alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA per motivi che esulano dalla loro sfera di controllo e prescindono dalla loro volontà. Inoltre, tale assistenza o protezione deve essere effettiva.

E.   Quarta questione

76.

Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede se sia pertinente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 l’assistenza fornita a persone come i ricorrenti da parte di componenti della società civile come le ONG. Nel contesto di cui trattasi, deve essere esaminato anche il ruolo dello Stato in cui opera l’UNRWA.

77.

Dalla formulazione di dette disposizioni emerge chiaramente che sia l’articolo 1D della Convenzione di Ginevra sia l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 prevedono attualmente un unico attore che offre protezione o assistenza, ossia l’UNRWA ( 39 ).

78.

Secondo una consolidata giurisprudenza, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 si applica qualora consti, sulla base di una valutazione individuale di tutti gli elementi pertinenti, che l’apolide di origine palestinese interessato si trova in uno stato personale di grave insicurezza e che l’UNRWA, la cui assistenza è stata richiesta dall’interessato, versa nell’impossibilità di assicurargli condizioni di vita conformi alla propria missione, sicché tale apolide è costretto, per circostanze indipendenti dalla sua volontà, a lasciare la zona operativa dell’UNRWA ( 40 ). La Corte ha altresì precisato che la protezione o assistenza effettiva dell’UNRWA in una zona che rientra nel mandato di detta agenzia deve consentire alla persona di cui trattasi di soggiornarvi in sicurezza, in «condizioni di vita dignitose» ( 41 ).

79.

Se è vero che l’articolo 1D della Convenzione di Ginevra, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 e la giurisprudenza della Corte si riferiscono di fatto soltanto alla protezione o all’assistenza fornita dall’UNRWA, ritengo che il ruolo dello Stato in cui l’UNRWA opera non possa essere ignorato nel contesto in oggetto. È evidente che l’UNRWA non opera nel vuoto e che lo Stato di cui trattasi ha un ruolo decisivo nel consentire all’UNRWA di adempiere efficacemente il suo mandato e di garantire che le persone in questione vivano in condizioni dignitose ( 42 ). Ciò significa che in ogni valutazione complessiva di tutte le circostanze pertinenti effettuata ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 si deve tenere conto sia dell’impatto positivo che dell’impatto negativo delle azioni di tale Stato e delle condizioni generali di sicurezza e di vita dei rifugiati palestinesi (come i ricorrenti) che soggiornano in Libano.

80.

Pertanto, ad esempio, se i rifugiati palestinesi sono realmente legittimati ad accedere in via permanente all’istruzione e all’assistenza medica fornite dallo Stato interessato, ritengo che detta situazione dovrebbe essere presa in considerazione nell’ambito di una valutazione complessiva di tutte le circostanze pertinenti ai fini dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83. Sarebbe naturalmente artificioso concentrarsi esclusivamente sulla protezione o assistenza fornita dall’UNRWA, poiché l’adeguatezza della portata della concreta protezione o assistenza dipende dal contesto in cui opera l’agenzia di cui trattasi.

81.

A tale riguardo, dal fascicolo di cui dispone la Corte (e fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio) risulterebbe, tuttavia, che i rifugiati palestinesi in Libano siano soggetti a restrizioni di carattere giuridico o altre restrizioni di fatto nell’accesso ai servizi pubblici, quali le cure mediche e l’istruzione. Se il giudice del rinvio dovesse effettivamente accertarlo, in tali circostanze sarebbe irrealistico supporre che eventuali asserite carenze nella portata di tale protezione o assistenza non avrebbero sui rifugiati palestinesi un impatto maggiore che sul resto della popolazione.

82.

Inoltre, ritengo che (come ho già indicato) se la missione dell’UNRWA è ostacolata o compromessa a causa del deterioramento della situazione politica ed economica dello Stato di cui trattasi piuttosto che dall’azione diretta dello Stato, tali circostanze sono parimenti molto pertinenti ai fini della valutazione dell’applicabilità dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83.

83.

In tale contesto, inoltre, non può essere ignorato l’importante ruolo di componenti della società civile come le ONG ( 43 ). Pertanto, ad esempio, quando le ONG agiscono sotto l’egida dell’UNRWA o quando l’UNRWA attribuisce loro legittimamente un subappalto per fornire protezione o assistenza per conto della stessa, tale azione può essere presa in considerazione per valutare l’efficacia della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA. In dette circostanze, le ONG agiscono a tutti gli effetti in qualità di agenti dell’UNRWA.

84.

Inoltre, ritengo che si debba tenere conto anche dell’assistenza fornita dalle ONG che agiscono sotto l’egida dello Stato in cui opera l’UNRWA quando lo Stato in oggetto attribuisce legittimamente un subappalto alle ONG per fornire tale assistenza, purché – ed ecco la condizione cruciale – i rifugiati palestinesi beneficino del diritto di accedere legalmente alla protezione o all’assistenza fornita dalle ONG in oggetto e tale protezione o assistenza sia effettiva e permanente. Non è sufficiente una mera protezione o assistenza ad hoc o temporanea.

85.

Ogni altra assistenza fornita a persone come i ricorrenti da parte di ONG che non agiscono sotto l’egida dell’UNRWA/dello Stato in cui opera l’UNRWA o a cui l’UNRWA/lo Stato in cui opera l’UNRWA non ha attribuito legalmente un subappalto per fornire protezione o assistenza per conto degli stessi, non è pertinente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, in quanto l’accessibilità, l’effettività e il carattere permanente di tale assistenza non possono essere garantiti o, di fatto, valutati validamente. Una siffatta assistenza, pur essendo indubbiamente preziosa, è per sua stessa natura instabile e precaria. In quanto tale, essa non può determinare i diritti di una persona ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83.

86.

Ritengo dunque che la protezione o l’assistenza fornita ai rifugiati palestinesi da parte di componenti della società civile come le organizzazioni non governative (ONG) sia pertinente ai fini dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 quando esse agiscono sotto l’egida dell’UNRWA o quando l’UNRWA attribuisce loro legittimamente un subappalto per fornire protezione o assistenza per conto della stessa. La protezione o l’assistenza fornita ai rifugiati palestinesi da componenti della società civile quando agiscono sotto l’egida dello Stato in cui opera l’UNRWA o a cui tale Stato ha attribuito legalmente un subappalto per fornire protezione o assistenza per conto del medesimo, è altresì pertinente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, purché i rifugiati di cui trattasi beneficino del diritto di accedere legalmente alla protezione o all’assistenza fornita da detti attori, le ONG, e tale protezione o assistenza sia effettiva e permanente. D’altronde, non saranno sufficienti una protezione meramente ad hoc o temporanea né un’assistenza di tipo caritativo. Ogni altra assistenza fornita da componenti della società civile non è pertinente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, in quanto l’accessibilità, l’effettività e il carattere permanente di tale assistenza non possono essere garantiti né, peraltro, valutati validamente.

VI. Conclusione

87.

Propongo quindi di rispondere alle questioni sollevate dal First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) (United Kingdom) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo), Regno Unito] come segue:

1)

Deve essere effettuata una valutazione individuale di tutti i fattori pertinenti della situazione di cui trattasi per accertare se vi sia stata una cessazione della protezione o dell’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. Ciò implica una valutazione delle circostanze che hanno asseritamente costretto un richiedente ad abbandonare la sfera operativa dell’UNRWA al momento in cui ciò si è verificato e anche un esame ex nunc, che consideri elementi successivi per stabilire se il richiedente possa attualmente avvalersi di tale protezione o assistenza.

2)

La valutazione per stabilire se un richiedente sia ammesso allo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 deve essere effettuata conformemente all’articolo 4 della medesima direttiva e alla giurisprudenza su tale articolo. Sebbene spetti generalmente al richiedente produrre tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, lo Stato membro è tenuto a cooperare con il richiedente nella fase di determinazione degli elementi significativi di detta domanda. Se, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente una protezione internazionale non sono esaustivi, attuali o pertinenti, è necessario che lo Stato membro interessato cooperi attivamente con il richiedente, in tale fase della procedura, per consentire di riunire tutti gli elementi atti a sostenere la domanda.

3)

Per stabilire se i richiedenti lo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 siano costretti ad abbandonare la sfera di protezione dell’UNRWA, non è necessario dimostrare l’inflizione intenzionale di un danno o la privazione di assistenza (per azione o omissione) da parte dell’UNRWA o dello Stato in cui essa opera. Occorre invece accertare se detti richiedenti non siano più ammessi alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA per motivi che esulano dalla loro sfera di controllo e prescindono dalla loro volontà. Inoltre, tale assistenza o protezione deve essere effettiva.

4)

La protezione o l’assistenza fornita ai rifugiati palestinesi da parte di componenti della società civile come le organizzazioni non governative (ONG) è pertinente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 quando esse agiscono sotto l’egida dell’UNRWA o quando l’UNRWA attribuisce loro legittimamente un subappalto per fornire protezione o assistenza per conto della stessa. La protezione o l’assistenza fornita ai rifugiati palestinesi da componenti della società civile quando agiscono sotto l’egida dello Stato in cui opera l’UNRWA o a cui tale Stato ha attribuito legalmente un subappalto per fornire protezione o assistenza per conto del medesimo, è altresì pertinente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, purché i rifugiati di cui trattasi beneficino del diritto di accedere legalmente alla protezione o all’assistenza fornita da detti attori, le ONG, e tale protezione o assistenza sia effettiva e permanente. D’altronde, non saranno sufficienti una protezione meramente ad hoc o temporanea né un’assistenza di tipo caritativo. Ogni altra assistenza fornita da componenti della società civile non è pertinente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, in quanto l’accessibilità, l’effettività e il carattere permanente di tale assistenza non possono essere garantiti né, peraltro, valutati validamente.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 2004, L 304, pag. 12.

( 3 ) Sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). Al punto 81 della sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826), la Corte ha dichiarato che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), secondo periodo, della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che, ove le autorità competenti dello Stato membro responsabile dell’esame della domanda di asilo abbiano accertato che, per quanto riguarda il richiedente, ricorre il presupposto relativo alla cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA, il fatto di essere ipso facto «ammesso ai benefici [di tale] direttiva» implica il riconoscimento, da parte di detto Stato membro, della qualifica di rifugiato ai sensi dell’articolo 2, lettera c), di detta direttiva e la concessione automatica dello status di rifugiato al richiedente, sempre che tuttavia a quest’ultimo non siano applicabili i paragrafi 1, lettera b), o 2 e 3 di tale articolo 12. Al punto 101 della sentenza del 25 luglio 2018, Alheto (C‑585/16, EU:C:2018:584), la Corte ha affermato che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), secondo periodo, della direttiva 2004/83 ha efficacia diretta. Alla luce della specifica situazione che li caratterizza, i rifugiati palestinesi beneficiano pertanto del trattamento particolare e sui generis previsto dall’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra (v. la citazione completa relativa a detta convenzione al paragrafo 6 delle presenti conclusioni) e dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83. Sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 80).

( 4 ) GU 2011, L 337, pag. 9.

( 5 ) UK Statutory Instrument 2006/2525.

( 6 ) HC 395 (come modificato).

( 7 ) NB e AB affermano, in particolare, dinanzi al giudice del rinvio, che «in Libano AB era per la maggior parte del tempo immobile, costretto a casa e oggetto di abusi da parte della comunità circostante, che reagiva alla sua presenza gridando. Egli non era in grado di camminare, né di spostarsi carponi, né di stare seduto autonomamente. La mancanza di assistenza specialistica nella sua vita in Libano avrebbe conseguenze durature. Tuttavia, da quando frequenta la scuola nel Regno Unito (una scuola secondaria, sita in Bolton, per studenti tra gli 11 e i 19 anni con gravi ed estese difficoltà di apprendimento), il ragazzo ha fatto sensibili miglioramenti. Oltre alla scuola, egli beneficia di una rete di sostegno composta da più enti, che comprende un chirurgo ortopedico, un chirurgo spinale e un neurologo pediatrico in funzione di consulenti, un neurochirurgo, uno psicoterapeuta pediatrico, un pediatra in funzione di consulente, un logopedista, ed altri. Egli continua a soffrire di doppia incontinenza. Se la famiglia dovesse rientrare, AB regredirebbe e probabilmente ricomincerebbero le sue crisi convulsive. L’intera famiglia ha sofferto in Libano a causa delle difficoltà nello sviluppo di AB e i fratelli e le sorelle dello stesso hanno subito abusi, discriminazione e derisione da parte di amici e vicini. L’atmosfera in famiglia era triste e depressa. Se dovessero rientrare, si deteriorerebbe la salute mentale dell’intera famiglia. (…) In Libano [NB] soffriva di depressione e ciò si ripercuoteva su suo marito e sui suoi figli. Ora la medesima ha fatto progressi ed è più felice, sebbene sia ancora in cura per la depressione. Ciò ha migliorato anche la salute mentale di suo marito. Gli altri figli presentavano, in conseguenza della storia familiare collegata alle condizioni di AB, un livello significativo di vulnerabilità emotiva, ma ora, nel nuovo ambiente, hanno un atteggiamento più positivo verso AB, anziché provarne vergogna».

( 8 ) Il Secretary of State sostiene dinanzi al giudice del rinvio che NB e suo marito erano al corrente del fatto che l’organizzazione non governativa (in prosieguo: l’«ONG») «Early Intervention Centre» operava nel campo di Al Bass, fornendo assistenza a bambini con disabilità e non hanno prodotto prove documentali per dimostrare che detto centro aveva dichiarato di non poter essere loro d’aiuto.

( 9 ) V. punto 65 in particolare e punti 61, 63 e 64.

( 10 ) Ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, anche alle parti e agli altri interessati è stato consentito, a loro discrezione, di rispondere a tale quesito.

( 11 ) L’articolo 1A, paragrafo 2, primo comma, della Convenzione di Ginevra prevede che il termine «rifugiato» si applichi a chiunque «nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio (…), non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi».

( 12 ) Sulla proibizione della tortura e sul diritto al rispetto della vita privata e familiare.

( 13 ) La lettera è stata presentata dall’UNRWA su richiesta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito) nello specifico contesto dell’attuale procedimento di rinvio pregiudiziale. Spetta al giudice del rinvio verificare e valutare i contenuti della lettera di cui trattasi.

( 14 ) Il corsivo è mio.

( 15 ) V., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punti 4243). In particolare, la direttiva 2004/83 mira ad assicurare, in base agli articoli 1 e 18 della Carta, il pieno rispetto della dignità umana e il diritto di asilo dei richiedenti asilo. Sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 12).

( 16 ) V., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 37).

( 17 ) Nelle sue conclusioni nella causa Bolbol (C‑31/09, EU:C:2010:119), l’avvocato generale Sharpston ha ritenuto che la locuzione «persone che fruiscono attualmente [di] protezione o [di] assistenza» fosse ambigua da un punto di vista sia geografico che temporale.

( 18 ) Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta chiaramente che il giudice del rinvio intende accertare se, in aggiunta o in alternativa ad una valutazione ex tunc, debba essere effettuato un esame ex nunc.

( 19 ) Nella fattispecie, il Secretary of State.

( 20 ) V., per analogia, sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 66).

( 21 ) Tuttavia, tale questione rientra, in ultima analisi, nella competenza del giudice del rinvio. V., per contrasto, sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 80), in cui la Corte ha affermato che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA non può essere considerata cessata quando un apolide di origine palestinese si è sottratto alla protezione dell’UNRWA e si è volontariamente esposto a uno stato di grave insicurezza. Inoltre, nella sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 59), la Corte ha dichiarato che una mera assenza da un’area di protezione dell’UNRWA o la volontaria decisione di lasciarla non può essere qualificata come cessazione dell’assistenza.

( 22 ) V. articolo 1D, primo comma, della Convenzione di Ginevra. La Corte ha dichiarato che tale causa di esclusione dall’ambito di applicazione della Convenzione di Ginevra e, a fortiori, della direttiva 2004/83, va interpretata restrittivamente. Sentenza del 17 giugno 2010, Bolbol (C‑31/09, EU:C:2010:351, punto 51). V. inoltre conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Bolbol (C‑31/09, EU:C:2010:119, paragrafi 7475). In tale causa, si affermava che la sig.ra Bolbol non fosse ricorsa all’assistenza dell’UNRWA prima di lasciare l’area di operazioni di tale agenzia per chiedere asilo in Ungheria. La Corte ha pertanto dichiarato che non era necessario anzitutto esaminare le circostanze in cui si può dire che tale assistenza sia venuta a cessare «per un qualunque motivo» o la natura del regime di cui la stessa può avere pieno diritto di usufruire ai sensi della direttiva 2004/83 in conseguenza della cessazione dell’assistenza in oggetto.

( 23 ) Senza che la situazione degli interessati sia stata definitivamente regolata conformemente alle risoluzioni prese in merito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

( 24 ) V. articolo 1D, secondo comma, della Convenzione di Ginevra.

( 25 ) Ciò avviene effettivamente anche nella versione in lingua francese della Convenzione di Ginevra, che utilizza i tempi del presente, del futuro e soprattutto del futuro anteriore («futur antérieur»). Infatti, l’articolo 1D, primo comma, così dispone «Cette Convention ne sera pas applicable aux personnes qui bénéficient actuellement d’une protection ou d’une assistance (…)», mentre il secondo comma così recita: «Lorsque cette protection ou cette assistance aura cessé pour une raison quelconque, (…)». L’uso delle parole «aura cessé» al futuro anteriore implica che la protezione o l’assistenza non sia più fornita.

( 26 ) V. altresì sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 65). La Corte ha affermato, nella sua sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 56), che le autorità amministrative o giudiziarie competenti sono tenute, in particolare, a verificare se la persona interessata sia effettivamente in grado di beneficiare di tale protezione o di tale assistenza.

( 27 ) La quale non individua con precisione un momento specifico.

( 28 ) Ritengo che la locuzione «fruiscono attualmente» di cui all’articolo 1D, primo comma, della Convenzione di Ginevra e il termine «cessa» di cui al secondo comma della stessa siano intimamente collegati, essendo in effetti contrapposti.

( 29 ) Nella sua sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 52), la Corte ha dichiarato che si deve interpretare l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), primo periodo, della direttiva 2004/83 nel senso che la causa di esclusione dello status di rifugiato prevista in tale disposizione è applicabile non solo alle persone che ricorrono attualmente all’assistenza fornita dall’UNRWA, ma anche a quelle che si sono effettivamente avvalse di tale assistenza poco prima della presentazione di una domanda di asilo in uno Stato membro, tuttavia nei limiti in cui detta assistenza non sia cessata ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), secondo periodo, della direttiva.

( 30 ) Al punto 65 di detta sentenza, la Corte ha affermato che spetta alle autorità nazionali competenti accertare, con una valutazione su base individuale della domanda, che tale soggetto è stato obbligato a lasciare l’area di operazioni di detto organo o agenzia, il che si verifica qualora si sia trovato in uno stato di grave insicurezza e l’organo o l’agenzia di cui trattasi non sia stato in grado di garantirgli, in detta area, condizioni di vita conformi ai compiti spettanti a tale organo o agenzia.

( 31 ) V. altresì sentenza del 25 luglio 2018, Alheto (C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 86).

( 32 ) V. anche punto 57 di detta sentenza.

( 33 ) Anche se la clausola di cessazione è contenuta nell’articolo 11 della direttiva 2004/83, è l’articolo 14, paragrafo 2, della medesima a stabilire che «[f]atto salvo l’obbligo del rifugiato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato dimostra su base individuale che l’interessato ha cessato di essere o non è mai stato un rifugiato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo».

( 34 ) Le autorità competenti devono adeguare le loro modalità di valutazione delle dichiarazioni e degli elementi di prova documentali o di altro tipo in funzione delle caratteristiche proprie di ciascuna categoria di richiesta d’asilo nel rispetto dei diritti garantiti dalla Carta. Inoltre, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/83, tale valutazione deve essere individuale e tener conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l’estrazione, il sesso e l’età [sentenza del 2 dicembre 2014, A e a. (da C‑148/13 a C‑150/13, EU:C:2014:2406, punti 5457)]. Nella sua sentenza del 24 aprile 2018, MP (Protezione sussidiaria di una persona in passato vittima di tortura) (C‑353/16, EU:C:2018:276, punto 33), la Corte ha dichiarato che se è vero che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2004/83, l’esistenza di un danno grave anteriore costituisce un serio indizio del rischio effettivo per il richiedente di subire nuovi danni gravi, la medesima disposizione precisa tuttavia che ciò non avviene quando vi sono fondati motivi di ritenere che i danni gravi subiti in passato non si ripeteranno o non proseguiranno. L’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2004/83, che ritengo sia di particolare rilevanza nell’ambito del procedimento principale, precisa le condizioni nelle quali uno Stato membro, che applica il principio secondo cui spetta al richiedente motivare la domanda, deve considerare che taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non richiedono conferma. Tali condizioni comprendono, in particolare, il fatto che le dichiarazioni del richiedente siano ritenute coerenti e plausibili e non siano in contraddizione con le informazioni generali e specifiche note e pertinenti alla sua domanda, e la circostanza che abbia potuto essere accertata la generale credibilità del richiedente. V., per analogia, sentenze del 25 gennaio 2018, F (C‑473/16, EU:C:2018:36, punto 33), del 19 novembre 2020, Bundesamt für Migration und Flüchtlinge (Servizio militare e asilo) (C‑238/19, EU:C:2020:945, punto 55) e del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuove) (C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 43) in relazione all’articolo 4 della direttiva 2011/95, la cui formulazione è simile a quella dell’articolo 4 della direttiva 2004/83.

( 35 ) Le dichiarazioni di un richiedente una protezione internazionale costituiscono soltanto il punto di partenza nel processo di esame dei fatti e delle circostanze condotto dalle autorità competenti. V., per analogia in riferimento all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, sentenza del 25 gennaio 2018, F (C‑473/16, EU:C:2018:36, punto 28).

( 36 ) Sentenze del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 6566) e del 2 dicembre 2014, A e a. (da C‑148/13 a C‑150/13, EU:C:2014:2406, punti da 54 a 57).

( 37 ) V. altresì la mia risposta alla quarta questione sollevata dal giudice del rinvio per quanto riguarda il ruolo di detto Stato quale attore che offre protezione o assistenza.

( 38 ) Inoltre, la Corte ha espressamente affermato che l’assistenza o protezione deve essere «effettiva». La mera esistenza di un organo o di un’agenzia incaricata di fornire tale assistenza o protezione non è sufficiente. Sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 60).

( 39 ) Sebbene l’UNRWA non sia specificamente indicata col suo nome.

( 40 ) Sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 51).

( 41 ) V., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 54).

( 42 ) Nella sua risposta a un quesito posto dalla Corte, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Regno Unito) ha allegato una lettera dell’UNRWA in cui quest’ultima dichiarava che «non gestisce campi profughi e non è responsabile della protezione dell’integrità fisica o della sicurezza dei rifugiati palestinesi né del mantenimento dell’ordine pubblico nelle cinque zone operative dell’UNRWA. La responsabilità di garantire l’integrità fisica dei rifugiati palestinesi che soggiornano in una delle cinque zone operative dell’UNRWA rientra nell’ambito della sovranità e della responsabilità del relativo governo ospitante».

( 43 ) Per brevità mi riferirò ad esse come ONG.