CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 9 settembre 2021 ( 1 )

Causa C‑238/20

«Sātiņi-S» SIA

contro

Dabas aizsardzības pārvalde

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Aiuti di Stato – Nozione di “vantaggio” – Indennizzo per i danni causati all’acquacoltura da uccelli protetti in una zona Natura 2000 – Regolamento (UE) n. 717/2014 – Principio de minimis – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 17 – Diritto di proprietà»

Introduzione

1.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la società lettone «Sātiņi-S» SIA e il Dabas aizsardzības pārvalde (Autorità per la tutela dell’ambiente, Lettonia).

2.

Tale domanda verte sull’interpretazione dell’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), degli articoli 107 e 108 TFUE nonché dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 717/2014 ( 2 ), e riguarda la questione di stabilire se i pagamenti concessi per i danni causati all’acquacoltura da uccelli selvatici in una zona Natura 2000 ai sensi della direttiva 2009/147/CE ( 3 ), da un lato, possano essere di importo inferiore alle perdite subìte e, dall’altro, costituiscano aiuti di Stato e ricadano, in caso affermativo, nell’ambito di applicazione del regolamento «de minimis pesca».

I. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Carta

3.

L’articolo 17 della Carta, intitolato «Diritto di proprietà», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

4.

Ai sensi dell’articolo 51 della Carta, intitolato «Ambito di applicazione»:

«1.   Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati.

2.   La presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati».

2. Direttiva «habitat»

5.

L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE ( 4 ) dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva».

3. Direttiva «uccelli»

6.

L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva «uccelli» così recita:

«Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative in considerazione degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercano inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione».

7.

A norma dell’articolo 5 di tale direttiva:

«Fatti salvi gli articoli 7 e 9, gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, che comprenda in particolare il divieto:

a)

di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo;

b)

di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi;

c)

di raccogliere le uova nell’ambiente naturale e di detenerle anche vuote;

d)

di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;

e)

di detenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura».

8.

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, di detta direttiva:

«Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:

a)

nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,

nell’interesse della sicurezza aerea,

per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,

per la protezione della flora e della fauna;

b)

ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;

c)

per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità».

4. Regolamento «de minimis pesca»

9.

A termini del considerando 15 del regolamento «de minimis pesca»:

«A fini di trasparenza, di parità di trattamento e di controllo efficace, è opportuno che il presente regolamento si applichi solo agli aiuti “de minimis” per i quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante, senza che sia necessario effettuare una valutazione dei rischi (“aiuti trasparenti”). Ciò vale, ad esempio, per le sovvenzioni, i contributi in conto interessi e le esenzioni fiscali limitate o altri strumenti che prevedano un limite in grado di garantire che il massimale pertinente non sia superato. L’introduzione di un limite significa che, finché non si conosce l’importo preciso dell’aiuto, lo Stato membro deve supporre che l’aiuto sia pari al limite onde evitare che l’insieme delle misure di aiuto superi il massimale fissato nel presente regolamento ed è tenuto ad applicare le norme sul cumulo».

10.

L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Campo di applicazione», così dispone:

«1.   Il presente regolamento si applica agli aiuti concessi alle imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura, ad eccezione dei seguenti aiuti:

a)

aiuti il cui importo è fissato in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti acquistati o commercializzati;

b)

aiuti per attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione;

c)

aiuti subordinati all’impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d’importazione;

d)

aiuti per l’acquisto di pescherecci;

e)

aiuti per la sostituzione o l’ammodernamento di motori principali o ausiliari dei pescherecci;

f)

aiuti a favore di operazioni dirette ad aumentare la capacità di pesca di un peschereccio o a favore di attrezzature atte ad aumentarne la capacità di ricerca del pesce;

g)

aiuti per la costruzione di nuovi pescherecci o per l’importazione di pescherecci;

h)

aiuti a favore dell’arresto temporaneo o definitivo delle attività di pesca, tranne quando siano espressamente previsti dal regolamento (UE) n. 508/2014 [ ( 5 )];

i)

aiuti alle attività di pesca sperimentale;

j)

aiuti al trasferimento di proprietà di un’impresa;

k)

aiuti al ripopolamento diretto, salvo se esplicitamente previsto come misura di conservazione da un atto giuridico dell’Unione o nel caso di ripopolamento sperimentale.

2.   Se un’impresa operante nel settore della pesca e dell’acquacoltura opera anche in uno o più dei settori o svolge anche altre attività che rientrano nel campo di applicazione regolamento (UE) n. 1407/2013 [ ( 6 )], detto regolamento si applica agli aiuti concessi in relazione a questi ultimi settori o attività, a condizione che lo Stato membro interessato garantisca, con mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi, che le attività esercitate nel settore della pesca e dell’acquacoltura non beneficiano di aiuti “de minimis” concessi a norma del medesimo regolamento.

3.   Se un’impresa opera sia nel settore della pesca e dell’acquacoltura sia in quello della produzione primaria di prodotti agricoli che rientra nel campo di applicazione del [regolamento (UE) n. 1408/2013 ( 7 )], il presente regolamento si applica agli aiuti concessi in relazione al primo settore, a condizione che lo Stato membro interessato garantisca, con mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi, che la produzione primaria di prodotti agricoli non beneficia di aiuti “de minimis” concessi a norma del presente regolamento».

11.

L’articolo 3 del regolamento «de minimis pesca», rubricato «Aiuti “de minimis”», ai suoi paragrafi da 1 a 3, prevede quanto segue:

«1.   Le misure di aiuto che soddisfano le condizioni di cui al presente regolamento sono considerate misure che non rispettano tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1, [TFUE] e pertanto sono esenti dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, [TFUE].

2.   L’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi da uno Stato membro a un’impresa unica nel settore della pesca e dell’acquacoltura non può superare [EUR] 30000 nell’arco di tre esercizi finanziari.

3.   L’importo cumulativo degli aiuti “de minimis” concessi da uno Stato membro alle imprese che operano nel settore della pesca e dell’acquacoltura nell’arco di tre esercizi finanziari non può superare il limite nazionale stabilito nell’allegato».

12.

L’articolo 4 di tale regolamento, rubricato «Calcolo dell’equivalente sovvenzione lordo», così dispone:

«1.   Il presente regolamento si applica solo agli aiuti riguardo ai quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare una valutazione dei rischi (“aiuti trasparenti”).

2.   Gli aiuti concessi sotto forma di sovvenzioni o di contributi in conto interessi sono considerati aiuti “de minimis” trasparenti.

(…)

7.   Gli aiuti concessi sotto forma di altri strumenti sono considerati aiuti “de minimis” trasparenti se lo strumento prevede un limite volto a garantire che non sia superato il massimale pertinente».

B.   Diritto lettone

13.

L’articolo 4 del Sugu un biotopu aizsardzības likums (legge sulla conservazione delle specie e degli habitat), del 16 marzo 2000 ( 8 ), intitolato «Attribuzioni del Consiglio dei Ministri», al suo punto 6 così dispone:

«Il Consiglio dei Ministri stabilisce:

(…)

6)

le procedure di quantificazione delle perdite subìte dai conduttori dei terreni a seguito di gravi danni provocati da animali appartenenti a specie migratrici o a specie non cacciabili oggetto di specifica protezione, nonché i requisiti minimi cui devono conformarsi le misure di protezione necessarie per prevenire i danni».

14.

A norma dell’articolo 10 di tale legge, intitolato «Diritto dei proprietari o dei conduttori dei terreni a un indennizzo»:

«1.   I proprietari o i conduttori di terreni hanno diritto a un indennizzo a carico dei fondi del bilancio dello Stato istituiti a tal fine per i gravi danni provocati da animali appartenenti a specie migratrici o a specie non cacciabili oggetto di specifica protezione, purché abbiano adottato le necessarie misure di protezione e introdotto, impiegando le proprie conoscenze, competenze e capacità pratiche, metodi rispettosi dell’ambiente per prevenire o ridurre i danni. I proprietari o i conduttori di terreni non hanno diritto di ricevere l’indennizzo se hanno contribuito dolosamente a causare il danno o ad aumentarne l’entità per ottenere l’indennizzo.

(…)

3.   L’indennizzo dei gravi danni provocati da animali appartenenti a specie migratrici o a specie non cacciabili oggetto di specifica protezione non sarà corrisposto se il proprietario o il conduttore del terreno ha ricevuto altri pagamenti statali, comunali o dell’Unione europea, direttamente o indirettamente, per gli stessi vincoli all’attività economica o per gli stessi danni provocati da animali appartenenti a specie migratrici o a specie non cacciabili oggetto di specifica protezione per i quali le norme di legge prevedono un indennizzo, o se il richiedente riceve un aiuto ai sensi del [regolamento n. 508/2014]».

15.

L’articolo 5 del Lauksaimniecības un lauku attīstības likums (legge sull’agricoltura e sullo sviluppo rurale), del 7 aprile 2004 ( 9 ), intitolato «Sostegno dello Stato e dell’Unione europea», al suo paragrafo 7 così dispone:

«Il Consiglio dei Ministri stabilisce le procedure per la gestione e il controllo degli aiuti dello Stato e dell’Unione europea all’agricoltura, nonché le procedure per la gestione e il controllo degli aiuti dello Stato e dell’Unione europea allo sviluppo rurale e alla pesca».

16.

I Ministru kabineta noteikumi Nr. 558 «De minimis atbalsta uzskaites un piešķiršanas kārtība zvejniecības un akvakultūras nozarē» (decreto del Consiglio dei Ministri n. 558, sulle modalità di contabilizzazione e di concessione degli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell’acquacoltura), del 29 settembre 2015 ( 10 ), recitano come segue:

«1. Il presente decreto stabilisce le modalità di contabilizzazione e di concessione degli aiuti “de minimis” nel settore della pesca e dell’acquacoltura, conformemente al regolamento [“de minimis pesca”].

2. Per ottenere un aiuto “de minimis” ai sensi degli articoli 3, 4 e 5 del regolamento [“de minimis pesca”], il richiedente deve presentare al concedente una domanda di aiuto “de minimis” (allegato 1) (in prosieguo: la “domanda”). La domanda indica l’aiuto “de minimis” percepito dal richiedente nell’anno in corso e nei due esercizi finanziari precedenti, nonché l’aiuto “de minimis” previsto, indipendentemente dalle modalità di concessione dell’aiuto e da chi ne sarà il concedente. In caso di cumulo di aiuti “de minimis”, il richiedente fornisce parimenti informazioni sugli altri aiuti ricevuti nell’ambito del progetto in questione per gli stessi costi ammissibili. Nel fornire informazioni sugli aiuti “de minimis” e su altri aiuti di Stato previsti, il richiedente deve indicare le misure di aiuto per le quali ha presentato domanda, ma sulle quali il concedente non si è ancora pronunciato. Se il richiedente l’aiuto “de minimis” non ha mai ricevuto questo tipo di aiuto in precedenza, dovrà indicare le informazioni pertinenti nella domanda».

17.

I Ministru kabineta noteikumi Nr. 353 «Kārtība, kādā zemes īpašniekiem vai lietotājiem nosakāmi to zaudējumu apmēri, kas saistīti ar īpaši aizsargājamo nemedījamo sugu un migrējošo sugu dzīvnieku nodarītajiem būtiskiem postījumiem, un minimālās aizsardzības pasākumu prasības postījumu novēršanai» (decreto del Consiglio dei Ministri n. 353, sulla procedura di quantificazione delle perdite subìte dai proprietari o dai conduttori dei terreni a seguito di gravi danni provocati da animali appartenenti a specie migratrici o a specie non cacciabili oggetto di specifica protezione, nonché sui requisiti minimi cui devono conformarsi le misure di protezione per prevenire i danni), del 7 giugno 2016 ( 11 ), così dispongono:

«1. Il presente decreto stabilisce:

1.1.

La procedura per quantificare le perdite subìte dai proprietari o dai conduttori di terreni a seguito di gravi danni provocati da animali appartenenti a specie migratrici o a specie non cacciabili oggetto di specifica protezione (in prosieguo: le “perdite”);

(…)

39. Nel decidere sulla concessione dell’indennizzo, l’Amministrazione deve soddisfare le seguenti condizioni:

39.1.

concedere l’indennizzo rispettando le limitazioni di settore e di attività menzionate all’articolo 1, paragrafo 1, del [regolamento n. 1408/2013] o all’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento [“de minimis pesca”] (…);

39.2.

verificare che l’importo dell’indennizzo non aumenti l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” ricevuti durante l’esercizio finanziario in questione e i due esercizi finanziari precedenti fino a un livello superiore al massimale dell’aiuto “de minimis” di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/2013 della Commissione (imprese che operano nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli) o all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento [“de minimis pesca”] [imprese che operano nel settore della pesca e dell’acquacoltura ai sensi del regolamento (UE) n. 1379/2013 ( 12 )]. Nel determinare l’importo dell’indennizzo, l’aiuto “de minimis” ricevuto sarà valutato in relazione ad un’impresa unica. S’intende per “impresa unica” qualsiasi impresa soddisfi i criteri stabiliti all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/2013 e all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento [“de minimis pesca”].

40. Entro due mesi dalla quantificazione delle perdite, il funzionario [competente] adotta una decisione favorevole alla concessione dell’indennizzo, fissandone l’importo, oppure una decisione di rigetto».

II. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

18.

Nel corso del 2002, la Sātiņi-S acquistava 600,70 ettari di stagni in un’area protetta della rete Natura 2000 in Lettonia.

19.

Nel corso del 2017, la Sātiņi-S presentava al Dabas aizsardzības pārvalde (Autorità per la tutela dell’ambiente) una domanda di indennizzo per i danni causati all’acquacoltura da uccelli e altri animali protetti. Detta Autorità respingeva la domanda per il motivo che alla Sātiņi-S era già stato concesso un aiuto «de minimis» dell’importo di EUR 30000 nell’arco di tre esercizi finanziari.

20.

La Sātiņi-S proponeva ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice competente, facendo valere che l’indennizzo per i danni causati all’acquacoltura da animali protetti, avendo carattere compensativo, non costituiva un aiuto di Stato. Essendo stata respinta la sua domanda in primo come in secondo grado, la Sātiņi-S ha proposto ricorso per cassazione dinanzi all’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia), la quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il diritto a una giusta indennità in ragione della limitazione del diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della [Carta] osti a che l’indennizzo concesso da uno Stato per le perdite causate all’acquacoltura in una zona Natura 2000 da uccelli protetti ai sensi della [direttiva “uccelli”] sia significativamente inferiore alle perdite effettivamente subìte.

2)

Se l’indennizzo concesso da uno Stato per le perdite causate all’acquacoltura in una zona Natura 2000 da uccelli protetti ai sensi della [direttiva “uccelli”] costituisca un aiuto di Stato ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE.

3)

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se il tetto di EUR 30000 dell’aiuto “de minimis” di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del [regolamento “de minimis pesca”] si applichi a un indennizzo come quello controverso nel procedimento principale».

21.

La Sātiņi-S, i governi lettone e irlandese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

22.

All’udienza tenutasi il 3 giugno 2021 hanno presentato osservazioni orali i governi lettone, irlandese e dei Paesi Bassi, nonché la Commissione.

III. Analisi

A.   Sulla prima questione pregiudiziale

23.

Con la sua prima questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 17 della Carta debba essere interpretato nel senso che esso osta alla concessione da parte di uno Stato membro di un indennizzo per le perdite causate all’acquacoltura in una zona Natura 2000 da uccelli protetti ai sensi della direttiva «uccelli» (in prosieguo: l’«indennizzo controverso») di importo inferiore alle perdite effettivamente subìte dall’impresa interessata.

24.

Tale giudice rileva che l’indennità per la limitazione del diritto di proprietà, a norma dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, deve essere reale ed effettiva, mentre, nel caso di specie, l’importo dell’indennizzo controverso è calcolato principalmente in rapporto alla superficie dei vivai e non tiene conto di quanti pesci vengono predati dagli uccelli protetti, tale che non copre tutte le perdite in concreto subìte. Il medesimo giudice aggiunge che la direttiva «uccelli» consente agli Stati membri di derogare alle sue disposizioni per prevenire gravi danni alla pesca.

25.

La Sātiņi-S afferma che, in base alla normativa nazionale, essa è costretta a sopportare l’88% delle proprie perdite, circostanza che l’ha resa meno competitiva, laddove le piccole imprese acquicole situate al di fuori delle zone Natura 2000 sono coperte al 100% per le perdite loro, circostanza che determina una concorrenza sleale.

26.

I governi lettone e irlandese fanno valere che non sussiste alcun obbligo per uno Stato membro di compensare la totalità dei danni causati da uccelli protetti all’acquacoltura in una zona Natura 2000. Gli obblighi derivanti dalle direttive «uccelli» e «habitat» non costituirebbero una privazione del diritto di proprietà, ma piuttosto una regolamentazione del suo esercizio. Nella specie, la limitazione del diritto di proprietà discenderebbe dalla direttiva «uccelli» e perseguirebbe un obiettivo di interesse generale, vale a dire la tutela dell’ambiente. Peraltro, tale direttiva non contemplerebbe alcun indennizzo. Il governo lettone precisa, inoltre, che l’importo delle perdite indennizzate è calcolato in base a una formula che non copre necessariamente tutte le perdite subìte; esso osserva che la procedura di calcolo dell’indennizzo controverso sarà rivista in tal senso dal legislatore lettone e che la nuova misura di compensazione sarà notificata alla Commissione come «aiuto di Stato».

27.

La Commissione propone di non rispondere alla prima questione pregiudiziale, per mancanza di competenza della Corte ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Il pagamento dell’indennizzo controverso, infatti, non costituirebbe un’attuazione del diritto dell’Unione a norma di tale disposizione, poiché né la direttiva «uccelli» né la direttiva «habitat» prevedono indennizzi per i danni arrecati alle proprietà private, segnatamente alle vasche per l’acquacoltura, nel contesto della loro attuazione. Il diritto dell’Unione contemplerebbe unicamente la possibilità di erogare aiuti di Stato, nell’ambito del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) ( 13 ), del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) ( 14 ), degli orientamenti dell’Unione europea per gli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali 2014-2020 ( 15 ) e degli orientamenti per l’esame degli aiuti di Stato nel settore della pesca e dell’acquacoltura ( 16 ).

28.

Rilevo anzitutto che le disposizioni della Carta, ai sensi del suo articolo 51, paragrafo 1, il quale ne disciplina l’ambito di applicazione, si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Detta disposizione conferma la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse. Ove una situazione giuridica non rientri nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, la Corte non è competente al riguardo e le disposizioni della Carta eventualmente richiamate non possono giustificare, di per sé, tale competenza ( 17 ).

29.

Orbene, le direttive «uccelli» e «habitat» non contengono alcuna disposizione volta a istituire un regime di indennizzo per i danni arrecati ai privati da misure di attuazione di dette direttive. Mi sembra, peraltro, che l’articolo 9 della direttiva «uccelli», menzionato dal giudice del rinvio, stabilendo che gli Stati membri possono derogare ai requisiti di tale direttiva, segnatamente per prevenire gravi danni alla pesca, non possa costituire il fondamento del diritto a un indennizzo. In tal senso la Corte ha già statuito che, se è vero che il legislatore dell’Unione, in determinati settori in cui dispone di un ampio potere discrezionale, come in materia di politica agricola, può ritenere opportuno erogare indennizzi, non può dedursi da tale constatazione l’esistenza, nel diritto dell’Unione, di un principio generale che imponga la concessione di un indennizzo in ogni caso ( 18 ).

30.

Ne consegue che, siccome un obbligo di riparazione non può essere basato sul diritto dell’Unione, una misura nazionale che prevede il versamento da parte dello Stato interessato di un indennizzo, fosse anche parziale, per i danni provocati all’acquacoltura in una zona Natura 2000 da uccelli protetti in forza della direttiva «uccelli» non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ma dipende solo dalla scelta del legislatore nazionale. Orbene, nel contesto del rinvio pregiudiziale, previsto all’articolo 267 TFUE, non spetta alla Corte né pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni di diritto nazionale né stabilire se l’interpretazione datane dal giudice nazionale sia corretta ( 19 ).

31.

In conclusione, ritengo che il pagamento dell’indennizzo controverso, in ragione della limitazione del diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della Carta, non costituisca, nelle circostanze di specie, un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta stessa.

32.

Di conseguenza, propongo di rispondere al giudice del rinvio che la Corte non è competente a rispondere alla prima questione pregiudiziale.

B.   Sulla seconda questione pregiudiziale

33.

Con la sua seconda questione il giudice del rinvio domanda se l’indennizzo controverso costituisca un aiuto di Stato.

34.

Tale giudice dubita che gli indennizzi accordati in ragione dell’adempimento degli obblighi di diritto pubblico derivanti dalla direttiva «uccelli» configurino aiuti di Stato. A suo avviso, si tratta piuttosto di indennità per subìte perdite ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

35.

Secondo il governo lettone e la Commissione, l’indennizzo controverso costituisce un aiuto di Stato. Essi fanno notare, in particolare, che i vincoli che discendono dal diritto dell’Unione, segnatamente l’obbligo legale di tutelare gli animali selvatici e di sopportare i danni che questi possono arrecare, costituiscono un normale rischio d’impresa per un acquacoltore e che, mediante l’indennizzo controverso, lo Stato membro allevia un onere che normalmente grava su certi operatori economici. Inoltre, l’indennizzo controverso non rientrerebbe in nessuna delle situazioni evidenziate dalla Commissione nelle quali la giurisprudenza della Corte ha escluso l’esistenza di un vantaggio, bensì corrisponderebbe, al contrario, a una tipologia di aiuti accordati in conformità degli orientamenti nei settori agricolo e forestale o degli orientamenti nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

36.

Per contro, il governo irlandese sostiene che l’indennizzo controverso costituisce una compensazione per il danno subìto o il corrispettivo per un servizio fornito nell’interesse generale dal proprietario di un sito protetto, investito di una responsabilità ambientale aggiuntiva, e che, pertanto, non conferisce un vantaggio che possa integrare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE. Tale indennizzo, inoltre, non sarebbe neanche selettivo, in quanto i beneficiari non si troverebbero in una situazione analoga a quella delle persone le cui proprietà non sono state designate come siti protetti. Il governo dei Paesi Bassi, intervenuto all’udienza, si è parimenti espresso nel senso dell’assenza di un aiuto di Stato nel procedimento principale, poiché lo Stato membro, in base all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, sarebbe tenuto a pagare una compensazione per i danni derivanti dall’osservanza di obblighi di diritto pubblico, in applicazione delle direttive «uccelli» e «habitat», che comportino un onere sproporzionato ed eccessivo per il proprietario.

37.

In via preliminare, rilevo che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, la qualificazione di una misura nazionale come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, richiede che siano soddisfatti tutti i requisiti seguenti. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o attraverso risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza ( 20 ). Inoltre, la nozione di «aiuto di Stato» è una nozione giuridica oggettiva. Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non distingue gli interventi statali a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti ( 21 ).

38.

La questione sollevata dal giudice del rinvio è intesa principalmente ad accertare se l’indennizzo controverso conferisca un vantaggio al suo beneficiario, tenuto conto del suo carattere asseritamente compensativo.

39.

A tale riguardo, risulta parimenti da una costante giurisprudenza della Corte che sono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, siano atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che debbano ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato ( 22 ). Così, sono considerati aiuti di Stato, in particolare, gli interventi che, sotto varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni nel senso stretto del termine, hanno rispetto a queste uguale natura e producono identici effetti ( 23 ). A tale proposito, la nozione di «oneri che gravano normalmente sul bilancio di un’impresa» include, segnatamente, i costi supplementari che le imprese devono sopportare in ragione degli obblighi legali, regolamentari o contrattuali che si applicano a un’attività economica ( 24 ).

40.

Ne consegue che l’esistenza di un vantaggio non è rimessa in discussione dal carattere asseritamente «compensativo» di una misura destinata a porre rimedio alle perdite subìte da un operatore economico a seguito dell’applicazione di un obbligo derivante da una normativa dell’Unione o a indennizzare i danni dovuti al verificarsi di eventi naturali connessi alle normali condizioni di svolgimento dell’attività economica di cui trattasi.

41.

Infatti, da una parte, i costi associati al rispetto degli obblighi regolamentari in materia di tutela ambientale rientrano nei normali costi di esercizio di un’impresa nel settore dell’acquacoltura ( 25 ). Di conseguenza, le misure di compensazione di tali costi costituiscono interventi che alleviano gli oneri normalmente gravanti sul bilancio di un’impresa e che vanno considerati un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato.

42.

Dall’altra parte, dal testo stesso dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), TFUE risulta che gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali sono compatibili con il mercato interno. Ne consegue che, in base al trattato FUE, misure di questo tipo, pur avendo uno scopo «compensativo», sono considerate aiuti di Stato ai sensi del paragrafo 1 di detto articolo. Ciò è vero, a maggior ragione, per i danni provocati da eventi naturali assolutamente comuni e prevedibili, come il passaggio di uccelli selvatici. D’altronde, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, le misure destinate a indennizzare i danni causati da animali protetti, assai frequenti nei settori agricolo, della pesca e dell’acquacoltura, sono regolarmente qualificate come «aiuti di Stato» e sottoposte a un esame di compatibilità ai sensi degli orientamenti nei settori agricolo e forestale ( 26 ) o degli orientamenti nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

43.

Inoltre, l’indennizzo controverso non rientra nell’ambito delle ipotesi per le quali la Corte ha dichiarato che un contributo statale aveva una natura giuridica fondamentalmente diversa da quella di un aiuto e ha quindi escluso che costituisse un vantaggio atto a configurare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

44.

Infatti, anzitutto, la circostanza – evidenziata dal giudice del rinvio – che l’indennizzo controverso sia stato concesso in applicazione delle direttive «uccelli» e «habitat», quod non, non prova che esso soddisfi le condizioni, sancite dalla giurisprudenza «Altmark» ( 27 ), secondo le quali una misura a favore di un’impresa incaricata di obblighi di servizio pubblico non costituisce un vantaggio che possa configurare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

45.

Da una parte, infatti, la semplice circostanza che gli obblighi statali relativi alla zona Natura 2000 siano imposti in applicazione del diritto dell’Unione, segnatamente della direttiva «uccelli», non è di per sé sufficiente a dimostrare che la Sātiņi-S sia stata incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico chiaramente definiti ai sensi del primo dei quattro presupposti cumulativi enunciati da detta giurisprudenza ( 28 ). Al contrario, le autorità lettoni, durante il procedimento amministrativo, e il governo lettone, dinanzi alla Corte, lungi dal qualificare l’indennizzo controverso come «compensazione per costi di servizio pubblico», lo hanno qualificato come aiuto («de minimis»).

46.

Dall’altra parte, dal fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che ricorrano gli altri presupposti elencati da detta giurisprudenza. Al contrario, fermo restando che spetta al giudice del rinvio verificare il loro adempimento nella specie, mi sembra a prima vista che non sia questo il caso ( 29 ).

47.

È vero poi che, nella sentenza Asteris e a./Grecia e CEE ( 30 ), la Corte ha statuito che il risarcimento che le autorità nazionali siano condannate a pagare ad imprese per il danno loro arrecato non costituisce un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. La Corte ha precisato che gli aiuti pubblici, costituendo misure delle pubbliche autorità che favoriscono talune imprese o taluni prodotti, hanno natura giuridica del tutto diversa dal risarcimento che le autorità nazionali siano eventualmente condannate a corrispondere ai singoli per un danno da esse causato e che tale risarcimento non costituisce pertanto un aiuto ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE.

48.

Tuttavia, ritengo che l’interpretazione adottata nella sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a./Grecia e CEE (da 106 a 120/87, EU:C:1988:457), non sia pertinente ai fini del procedimento principale, dal momento che esso non riguarda somme dovute o corrisposte sulla base della responsabilità extracontrattuale dello Stato membro interessato, bensì l’indennizzo per i costi – derivanti da obblighi normativi o da eventi naturali – normalmente sostenuti dalle imprese interessate nell’ambito della loro attività economica ( 31 ).

49.

Infine, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, è chiaro che l’indennizzo controverso non rientra nella fattispecie del recupero di tasse non dovute ( 32 ) né in quella dell’indennità di espropriazione ( 33 ). In tali due fattispecie lo Stato membro era obbligato a rimborsare somme indebitamente riscosse o a pagare il controvalore di un bene del quale il proprietario era stato spossessato. Contrariamente all’indennizzo controverso, quei pagamenti concernevano oneri che non potevano qualificarsi come «oneri che, in condizioni normali di mercato, gravano sul bilancio di un’impresa» ai sensi della giurisprudenza citata al paragrafo 39 delle presenti conclusioni.

50.

Pertanto, benché, in linea di principio, non si possa escludere che, in altre situazioni particolari, la compensazione di un onere eccezionale rispetto alle normali condizioni di mercato possa sfuggire alla qualificazione come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE ( 34 ), nel caso di specie la situazione è differente.

51.

Propongo quindi di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’indennizzo controverso costituisce un vantaggio atto a configurare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, qualora siano soddisfatti gli altri presupposti, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare ( 35 ).

C.   Sulla terza questione pregiudiziale

52.

Con la sua terza e ultima questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se, nel caso in cui l’indennizzo controverso costituisca un aiuto di Stato, debba applicarsi il limite «de minimis» di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento «de minimis pesca».

53.

Secondo detto giudice, dall’articolo 1 di tale regolamento, letto alla luce del suo considerando 15, risulta che il regolamento non è prima facie applicabile al suddetto indennizzo.

54.

Secondo il governo lettone e la Commissione, l’indennizzo controverso ricade nella sfera di applicazione del regolamento «de minimis pesca», alla luce del fatto che la Repubblica di Lettonia ha scelto di applicare il regolamento medesimo.

55.

Per rispondere alla questione sollevata, mi sembra utile distinguere tra, da un lato, l’applicabilità del regolamento «de minimis pesca» a una situazione come quella del caso di specie e, dall’altro, l’applicazione concreta di tale regolamento da parte delle autorità lettoni.

56.

Riguardo al primo argomento, ritengo che, nell’ipotesi in cui l’indennizzo controverso costituisca un «aiuto di Stato», il regolamento «de minimis pesca» sia applicabile, nella misura in cui nessuna delle eccezioni relative all’ambito di applicazione di tale regolamento, elencate al suo articolo 1, trova spazio nella specie.

57.

Inoltre, il suo considerando 15, citato dal giudice del rinvio, e il suo articolo 4 indicano espressamente che il regolamento «de minimis pesca» si applica solo agli aiuti dei quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare una valutazione dei rischi («aiuti trasparenti»), quali, ad esempio, le sovvenzioni. Orbene, l’indennizzo controverso, poiché consiste in una compensazione ex post, corrisponde, in sostanza, a una sovvenzione, in quanto consente di calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante. A mio avviso, esso configura pertanto un «aiuto trasparente» ai sensi del medesimo regolamento.

58.

Riguardo al secondo argomento, rilevo che, una volta stabilita l’applicabilità del regolamento «de minimis pesca», lo Stato membro può o notificare l’indennizzo controverso alla Commissione, in vista della sua approvazione come aiuto compatibile con il mercato interno, o limitarsi a qualificarlo come «aiuto de minimis». Ne consegue che, nella fattispecie, le autorità lettoni potevano legittimamente qualificare detto indennizzo come «aiuto de minimis».

59.

Propongo pertanto di rispondere alla terza questione pregiudiziale dichiarando che uno Stato membro può applicare il tetto di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento «de minimis pesca» ai pagamenti concessi per i danni causati all’acquacoltura da uccelli selvatici protetti in una zona Natura 2000 ai sensi della direttiva «uccelli».

IV. Conclusione

60.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dall’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia) nei seguenti termini:

1)

La Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente a rispondere alla prima questione pregiudiziale.

2)

L’indennizzo concesso da uno Stato membro per le perdite causate all’acquacoltura in una zona Natura 2000 da uccelli protetti ai sensi della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, costituisce un vantaggio atto a configurare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, qualora siano soddisfatti gli altri presupposti.

3)

Uno Stato membro può applicare il tetto di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell’acquacoltura, ai pagamenti concessi per i danni causati all’acquacoltura da uccelli selvatici protetti in una zona Natura 2000 ai sensi della direttiva 2009/147.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Regolamento della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell’acquacoltura (GU 2014, L 190, pag. 45; in prosieguo: il «regolamento “de minimis pesca”»).

( 3 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva “uccelli”»).

( 4 ) Direttiva del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva “habitat”»).

( 5 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e che abroga i regolamenti (CE) n. 2328/2003, (CE) n. 861/2006, (CE) n. 1198/2006 e (CE) n. 791/2007 del Consiglio e il regolamento (UE) n. 1255/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 149, pag. 1).

( 6 ) Regolamento della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 [TFUE] agli aiuti «de minimis» (GU 2013, L 352, pag. 1).

( 7 ) Regolamento della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 [TFUE] agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo (GU 2013, L 352, pag. 9).

( 8 ) Latvijas Vēstnesis, 2000, n. 121/122.

( 9 ) Latvijas Vēstnesis, 2004, n. 64.

( 10 ) Latvijas Vēstnesis, 2015, n. 199.

( 11 ) Latvijas Vēstnesis, 2016, n. 111.

( 12 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, recante modifica ai regolamenti (CE) n. 1184/2006 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga il regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio (GU 2013, L 354, pag. 1).

( 13 ) In particolare, articolo 30 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 487).

( 14 ) In particolare, articolo 54 del regolamento n. 508/2014.

( 15 ) GU 2014, C 204, pag. 1 (in prosieguo: gli «orientamenti nei settori agricolo e forestale»).

( 16 ) GU 2015, C 217, pag. 1 (in prosieguo: gli «orientamenti nel settore della pesca e dell’acquacoltura»).

( 17 ) V., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia (C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 37 e giurisprudenza citata).

( 18 ) V., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2014, Érsekcsanádi Mezőgazdasági (C‑56/13, EU:C:2014:352, punto 48 e giurisprudenza citata).

( 19 ) V., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2014, Érsekcsanádi Mezőgazdasági (C‑56/13, EU:C:2014:352, punto 53 e giurisprudenza citata).

( 20 ) V. sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia (C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punto 27 e giurisprudenza citata), e Commissione/Ungheria (C‑596/19 P, EU:C:2021:202, punto 33 e giurisprudenza citata).

( 21 ) V. sentenze del 9 giugno 2011, Comitato Venezia vuole vivere e a./Commissione (C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 94), e del 26 ottobre 2016, Orange/Commissione (C‑211/15 P, EU:C:2016:798, punto 38).

( 22 ) V. sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona (C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 58 e giurisprudenza citata).

( 23 ) V. sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 66 e giurisprudenza citata), nonché conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Polonia (C‑562/19 P, EU:C:2020:834, paragrafo 32) e nella causa Commissione/Ungheria (C‑596/19 P, EU:C:2020:835, paragrafo 39).

( 24 ) V. sentenza del Tribunale del 25 marzo 2015, Belgio/Commissione (T‑538/11, EU:T:2015:188, punto 76 e giurisprudenza citata), confermata, in sede di impugnazione, con sentenza del 30 giugno 2016, Belgio/Commissione (C‑270/15 P, EU:C:2016:489, punti 3637).

( 25 ) Sottolineo, peraltro, che gli obblighi derivanti in particolare dall’applicazione della direttiva «uccelli» costituiscono soltanto la causa indiretta dei danni richiesti dalla Sātiņi-S, la cui causa diretta risiede invece nel passaggio degli uccelli protetti. Se è poi vero che la direttiva «uccelli» vieta l’abbattimento di tali animali, tale estremo rimedio sarebbe comunque solo una delle possibili misure – e probabilmente nemmeno la più efficace – per proteggere gli stock ittici di allevamento.

( 26 ) V., in particolare, punti da 390 a 392 dei suddetti orientamenti.

( 27 ) Sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415). Sottolineo, per inciso, che la compensazione per i costi degli obblighi di servizio pubblico, secondo i presupposti stabiliti dalla giurisprudenza «Altmark», non costituisce una fattispecie in cui la constatazione della concessione di un vantaggio economico non comporta la qualificazione della misura in discussione come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (come rileva la sentenza del 26 ottobre 2016, Orange/Commissione, C‑211/15 P, EU:C:2016:798, punto 44), ma piuttosto una fattispecie in cui l’impresa incaricata di obblighi di servizio pubblico non trae, in realtà, un vantaggio finanziario (v. sentenza del 9 giugno 2011, Comitato Venezia vuole vivere e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punti da 90 a 92).

( 28 ) V. sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 89).

( 29 ) V. sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415, punti da 90 a 93). Infatti, nel procedimento principale nulla lascia intendere, in primo luogo, che i parametri in base ai quali viene calcolata la compensazione siano stati previamente definiti in modo obiettivo e trasparente; in secondo luogo, che la compensazione non ecceda quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico e, infine, che l’impresa sia stata selezionata tramite una procedura di appalto pubblico che consentisse di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore per la collettività, o che il livello della necessaria compensazione sia stato determinato sulla base di un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata al fine di poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico avanzate, avrebbe dovuto sopportare per adempiere tali obblighi, tenendo conto dei relativi introiti nonché di un margine di utile ragionevole per l’adempimento di detti obblighi. Al contrario, il giudice del rinvio e il governo lettone hanno precisato che l’indennizzo controverso non era strettamente associato – e poteva essere superiore – all’importo dei danni realmente arrecati all’acquacoltura.

( 30 ) V. sentenza del 27 settembre 1988 (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2324).

( 31 ) A tacere del fatto che, come è stato precisato dal giudice del rinvio e dal governo lettone, il metodo di calcolo dell’indennizzo controverso teneva principalmente conto della superficie dei vivai e non corrispondeva quindi alle perdite effettivamente subìte dai proprietari, ragion per cui detto indennizzo non era strettamente associato – e poteva essere superiore – all’importo dei danni realmente arrecati all’acquacoltura.

( 32 ) V. sentenze del 27 marzo 1980, Amministrazione delle finanze dello Stato/Denkavit italiana (61/79, EU:C:1980:100, punti da 29 a 32), nonché del 10 luglio 1980, Amministrazione delle finanze dello Stato/Ariete (811/79, EU:C:1980:195, punto 15).

( 33 ) V. sentenza del Tribunale del 1o luglio 2010, Nuova Terni Industrie Chimiche/Commissione (T‑64/08, non pubblicata, EU:T:2010:270, punti da 59 a 63, 140141).

( 34 ) A titolo di esempio, nella sentenza del 23 marzo 2006, Enirisorse (C‑237/04, EU:C:2006:197, punti da 46 a 48), la Corte ha considerato che una normativa nazionale che si limiti a evitare che sul bilancio di un’impresa gravi un onere che, in circostanze normali, non sarebbe esistito non conferisce a tale impresa un vantaggio atto a configurare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Nella specie, si trattava di un regime «doppiamente derogatorio» che, alla luce di una prima deroga al regime di diritto comune (la facoltà eccezionale di recesso di taluni soci), prevedeva una seconda deroga finalizzata a neutralizzare il vantaggio concesso con la prima (l’esenzione dal rimborso delle azioni detenute dai soci che si erano avvalsi della facoltà eccezionale di recesso).

( 35 ) Senza voler interferire con le competenze del giudice del rinvio, mi limiterò a precisare che, sulla base degli elementi forniti da tale giudice, detti presupposti sembrano prima facie soddisfatti nel caso di specie. In primo luogo, l’indennizzo controverso è stato direttamente concesso da autorità dello Stato utilizzando risorse pubbliche; in secondo luogo, contrariamente a quanto sostiene il governo irlandese, riguarda solo le imprese che, alla stregua della Sātiņi-S, hanno subìto danni all’acquacoltura in una zona Natura 2000 da uccelli protetti in forza della direttiva «uccelli»; in terzo luogo, infine, è molto probabile che sia in grado di falsare la concorrenza e di incidere sul commercio interstatale, poiché il mercato dell’acquacoltura è aperto alla concorrenza e agli scambi tra Stati membri. Se tali constatazioni fossero confermate dal giudice del rinvio, si dovrebbe concludere che l’indennizzo controverso costituisce un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.