CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MICHAL BOBEK
presentate il 2 settembre 2021 ( 1 )
Causa C‑151/20
Bundeswettbewerbsbehörde
contro
Nordzucker AG,
Südzucker AG,
Agrana Zucker GmbH
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria)]
(Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Condotta oggetto di indagine da parte di due autorità nazionali garanti della concorrenza – Principio del ne bis in idem – Simultanea applicazione del diritto dell’Unione e del diritto nazionale in materia di concorrenza – Identità dell’interesse giuridico tutelato – Effetti sul territorio della decisione di una autorità nazionale garante della concorrenza – Programma di clemenza)
I. Introduzione
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1. |
Nordzucker e Südzucker sono due produttori di zucchero. L’autorità nazionale tedesca garante della concorrenza ha accertato che tali due imprese hanno violato l’articolo 101 TFUE e il diritto tedesco in materia di concorrenza. Nel procedimento principale, l’autorità nazionale austriaca garante della concorrenza chiede di dichiarare che tali imprese hanno violato l’articolo 101 TFUE e il diritto austriaco in materia di concorrenza, apparentemente sulla base degli stessi fatti già contenuti nella decisione tedesca. |
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2. |
È in questo contesto che l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria) solleva le questioni sulla portata del principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Si chiede, in sostanza, se tale principio precluda procedimenti paralleli o successivi in materia di concorrenza in altri Stati membri per quella che sembra essere, almeno in parte, la medesima condotta. |
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3. |
Il presente caso fa sorgere in particolare a due questioni. La prima pone l’interrogativo sui criteri che dovrebbero guidare l’interpretazione dell’idem, ai fini del ne bis in idem nel diritto della concorrenza e, in generale, ai sensi dell’articolo 50 della Carta. Affronto tali questioni in dettaglio nelle mie conclusioni nella causa bpost ( 2 ). Al riguardo, quindi, le presenti conclusioni si basano sull’analisi già svolta in quella sede. La seconda riguarda la specificità del presente caso, che risiede nella necessità di riaffermare ciò che costituisce l’identità dei fatti rilevanti ai fini del principio del ne bis in idem ( 3 ). Ma soprattutto, la Corte è invitata inoltre, ancora una volta, si potrebbe aggiungere, a chiarire la propria concezione di identità dell’interesse giuridico tutelato. Ci si chiede se sussista il medesimo interesse giuridico tutelato in due procedimenti nazionali in cui due autorità nazionali garanti della concorrenza hanno applicato (la stessa) disposizione del diritto della concorrenza dell’UE, nonché le loro rispettive norme nazionali in materia concorrenza. |
II. Contesto normativo
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4. |
L’articolo 50 della Carta, intitolato «Diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato», prevede che «Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge». |
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5. |
L’articolo 101 TFUE vieta, in quanto incompatibili con il mercato interno, «tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno». |
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6. |
L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1/2003 ( 4 ), intitolato «Rapporto fra gli articoli 81 e 82 e le legislazioni nazionali in materia di concorrenza», così recita: «1. Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, del trattato che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l’articolo 81 del trattato a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall’articolo 82 del trattato, esse applicano anche l’articolo 82 del trattato. 2. Dall’applicazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza non può scaturire il divieto di accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri che non impongono restrizioni alla concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, del trattato, che soddisfano le condizioni dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato o che sono disciplinati da un regolamento per l’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato. Il presente regolamento non impedisce agli Stati membri di adottare e applicare nel loro territorio norme nazionali più rigorose che vietino o sanzionino le condotte unilaterali delle imprese. 3. Fatti salvi i principi generali ed altre disposizioni di diritto comunitario, i paragrafi 1 e 2 non si applicano quando le autorità garanti della concorrenza e le giurisdizioni degli Stati membri applicano la legislazione nazionale in materia di controllo delle fusioni, né precludono l’applicazione di norme nazionali che perseguono principalmente un obiettivo differente rispetto a quello degli articoli 81 e 82 del trattato». |
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7. |
L’articolo 5, intitolato «Competenze delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri», così recita: «Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli articoli 81 e 82 del trattato in casi individuali. A tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono adottare le seguenti decisioni:
Qualora, in base alle informazioni di cui dispongono, non sussistono le condizioni per un divieto, possono anche decidere di non avere motivo di intervenire». |
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8. |
L’articolo 13 riguarda la «Sospensione o chiusura del procedimento»: «1. Quando le autorità garanti della concorrenza di due o più Stati membri hanno ricevuto una denuncia o agiscono d’ufficio ai sensi dell’articolo 81 o dell’articolo 82 del trattato riguardo al medesimo accordo, alla medesima decisione di un’associazione o alla medesima pratica, il fatto che un’autorità garante della concorrenza stia esaminando il caso costituisce, per le altre autorità, un motivo sufficiente per sospendere il procedimento o per respingere la denuncia. La Commissione può analogamente respingere una denuncia qualora questa sia all’esame dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro. 2. Qualora un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro o la Commissione abbiano ricevuto una denuncia contro un accordo, una decisione di un’associazione o una pratica già trattata da un’altra autorità garante della concorrenza, tale denuncia può essere respinta». |
III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali
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9. |
Nordzucker e Südzucker sono due produttori di zucchero tedeschi. Agrana è controllata da Südzucker. Essa gestisce stabilimenti di produzione di zucchero in Austria e nell’Europa dell’est. |
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10. |
Per ragioni storiche e anche in considerazione dell’omogeneità del prodotto e degli elevati costi di trasporto, il mercato tedesco dello zucchero era ripartito nei mercati centrali dei grandi produttori tedeschi. In risposta ai tentativi di alcuni produttori di zucchero stranieri di entrare nel mercato tedesco, quantomeno dal 2004 si tenevano una serie di incontri tra i direttori commerciali di Nordzucker e Südzucker. Nel corso degli incontri veniva sottolineata l’importanza di contrastare la nuova pressione concorrenziale evitando che le imprese tedesche si facessero concorrenza l’un l’altra, intervenendo nei rispettivi mercati centrali tradizionali. |
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11. |
Verso la fine del 2005 e l’inizio del 2006, Agrana rilevava che alcuni dei suoi clienti austriaci acquistavano zucchero da una controllata slovacca di Nordzucker. Il 22 febbraio 2006, nel corso di un colloquio telefonico, l’amministratore di Agrana informava il direttore commerciale di Südzucker di dette forniture e gli chiedeva se conoscesse qualcuno presso Nordzucker con cui poterne parlare. Il direttore commerciale di Südzucker chiamava quindi il direttore commerciale di Nordzucker, lamentandosi delle forniture verso l’Austria e alludendo a possibili conseguenze per il mercato tedesco. Il direttore commerciale di Nordzucker riceveva l’istruzione di non reagire espressamente a tale richiesta. Tuttavia, manifestava poi al direttore commerciale della controllata slovacca di Nordzucker che un incremento delle esportazioni verso l’Austria non era di suo auspicio. |
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12. |
Con decisione del 18 febbraio 2014, il Bundeskartellamt (in prosieguo: il «BKA»), l’autorità nazionale tedesca garante della concorrenza (in prosieguo: la «ANC»), ha irrogato a Südzucker un’ammenda di EUR 195500000, sostanzialmente per non aver quest’ultima osservato, nella Repubblica federale di Germania, il divieto di accordi tra imprese concorrenti che potessero pregiudicare il commercio tra Stati membri e che avessero per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno. Il BKA ha riscontrato una collusione tra Nordzucker, Südzucker e una terza impresa tedesca consistente nel rispetto delle proprie aree centrali di vendita per lo zucchero industriale e al dettaglio. La decisione del BKA riproduceva anche il contenuto della sopra descritta conversazione telefonica del 22 febbraio 2006 riguardante l’Austria. |
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13. |
Il procedimento principale è stato avviato dopo che Nordzucker aveva depositato la domanda di trattamento di clemenza in Austria. La Bundeswettbewerbsbehörde (in prosieguo: la «BWB»), autorità nazionale austriaca garante della concorrenza, ha proposto ricorso dinanzi ai competenti giudici austriaci chiedendo, nei confronti di Nordzucker, l’accertamento della violazione da parte di quest’ultima dell’articolo 101 TFUE e delle disposizioni nazionali in materia di diritto della concorrenza. Nei confronti di Südzucker, la BWB ha chiesto l’irrogazione di un’ammenda pari a EUR 12460000 per il periodo dal 1o gennaio 2005 al 21 settembre 2006. La BWB ha chiesto inoltre l’irrogazione di un’ulteriore sanzione pari ad EUR 15390000, facendo valere la responsabilità solidale di Südzucker e di Agrana, per il periodo dal 22 settembre 2006 al 31 ottobre 2008. |
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14. |
Il giudice nazionale di primo grado ha respinto il citato ricorso. Ha ritenuto che la BWB non avesse un interesse legittimo a chiedere un accertamento nei confronti di Nordzucker. Infatti, Nordzucker è un’impresa interessata dal programma di clemenza per il quale la BWB si era astenuta dal chiedere un’ammenda. Per il periodo fino al 22 febbraio 2006, non vi era alcuna indicazione, nemmeno implicita, che l’Austria fosse coinvolta nell’intesa di base volta al rispetto delle tradizionali aree di vendita tedesche. |
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15. |
Tuttavia, il giudice di primo grado ha anche osservato che la richiesta formulata nella telefonata del 22 febbraio 2006 avrebbe potuto avere quanto meno un effetto frenante sulle forniture effettuate in Austria dalla controllata slovacca della Nordzucker. Pertanto, la successiva attuazione di tale richiesta ha costituito un accordo tra Nordzucker e Südzucker che ha violato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, tale giudice ha ritenuto che se un determinato aspetto della condotta è preso in considerazione nel quadro di una sanzione già inflitta da un’altra ANC, una nuova sanzione violerebbe il principio del ne bis in idem. Secondo tale giudice, ciò è proprio quanto accade nel caso dell’accordo del 22 febbraio 2006. |
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16. |
La BWB ha proposto impugnazione dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte suprema), giudice del rinvio. Essa chiede a tale giudice di dichiarare, sulla base dell’accordo concluso nella conversazione telefonica del 22 febbraio 2006, che Nordzucker ha violato l’articolo 101 TFUE e le pertinenti disposizioni di diritto nazionale. Nei confronti di Südzucker, la BWB chiede parimenti l’irrogazione di un’ammenda per la stessa infrazione. La BWB contesta l’applicazione del principio del ne bis in idem operata dal giudice di primo grado. Essa sostiene che tale valutazione non ha tenuto conto dei territori in relazione ai quali sono state stabilite le ammende basate sul fatturato ivi generato. Secondo la BWB, la decisione di primo grado è altresì contraria all’applicazione decentralizzata del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, disciplinata dal regolamento n. 1/2003, che autorizza l’esperimento di un’azione parallela da parte di più ANC. |
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17. |
Il giudice del rinvio rileva che Südzucker è stata sanzionata dal BKA per atti che comprendono la conversazione telefonica del 22 febbraio 2006, unica violazione rilevante nella causa pendente dinanzi a sé. Tale giudice richiama inoltre la giurisprudenza della Corte secondo cui l’applicazione del principio del ne bis in idem è subordinata alla triplice condizione dell’identità del contravventore, dei fatti rilevanti e dell’interesse giuridico tutelato. Lo stesso evidenzia altresì quella che ritiene essere una certa tensione tra il criterio dell’interesse giuridico tutelato e l’approccio adottato in altri ambiti del diritto dell’Unione che subordina l’applicazione del principio del ne bis in idem solo all’identità del contravventore e dei fatti. |
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18. |
Il giudice del rinvio osserva che la giurisprudenza della Corte non fornisce alcun orientamento in merito all’applicazione del principio del ne bis in idem nei casi in cui due ANC applicano il diritto dell’Unione e il diritto nazionale in materia di concorrenza in due procedimenti che riguardano gli stessi fatti e lo stesso contravventore. Lo stesso giudice rileva inoltre che dal regolamento n. 1/2003 non si può trarre alcuna indicazione. Inoltre, il giudice si chiede se il fatto che una ANC abbia preso in considerazione gli effetti della data violazione in un altro Stato membro abbia un ruolo ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem e se il fatto che il procedimento principale riguardasse l’applicazione di un programma di clemenza a Nordzucker abbia rilevanza a questo riguardo. |
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19. |
Date tali circostanze, l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
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20. |
Südzucker, Agrana, la BWB, i governi belga, tedesco e italiano, nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Südzucker, Agrana, la BWB, i governi belga, tedesco e polacco, nonché la Commissione europea hanno svolto osservazioni orali all’udienza del 22 marzo 2021. Tale udienza è stata organizzata per la trattazione congiunta della presente causa e della causa C‑117/20 bpost. |
IV. Analisi
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21. |
Le presenti conclusioni sono strutturate come segue. Inizierò la mia analisi affrontando la rilevanza della prima e della seconda questione sollevate (A). Passerò quindi ai criteri che, a mio avviso, dovrebbero disciplinare l’applicabilità del principio del ne bis in idem in materia di diritto della concorrenza e in ogni altro caso ai sensi dell’articolo 50 della Carta (B). Mi soffermerò in particolare sulla questione dell’interesse giuridico tutelato nel diritto della concorrenza dell’UE (B.1.), prima di passare all’identità dei fatti rilevanti all’interno di un territorio e un tempo determinati (B.2.). Concludo soffermandomi sulla pertinenza della domanda di accertamento richiesta nel procedimento nazionale, che non ha comportato l’irrogazione di alcuna sanzione poiché riguardava l’applicazione di un programma di clemenza, ai fini dell’applicabilità del principio del ne bis in idem a tale procedimento (C). |
A. Rilevanza della prima e della seconda questione pregiudiziale
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22. |
Con la prima e la seconda questione proposte dal giudice del rinvio, la Corte è chiamata ad accertare se il criterio dell’interesse giuridico tutelato trovi applicazione nell’ambito di due procedimenti nazionali, relativi ai medesimi contravventori e ai medesimi fatti, in cui le rispettive ANC applicano l’articolo 101 TFUE e il diritto nazionale in materia di concorrenza (prima questione). Qualora il criterio dell’interesse giuridico sia ritenuto rilevante, il giudice del rinvio chiede inoltre se il diritto europeo e il diritto nazionale in materia di concorrenza tutelino il medesimo interesse giuridico (seconda questione). |
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23. |
Sebbene non sia stata formalmente sollevata alcuna eccezione di irricevibilità, la BWB, il governo tedesco e la Commissione non ritengono che una risposta alla prima questione (e in una certa misura alla seconda questione) sia decisiva per la risoluzione della presente causa. Essi ritengono, in sostanza, che non vi sia identità dei fatti nel procedimento principale, poiché il BKA e la BWB hanno considerato il comportamento anticoncorrenziale citato solo con riferimento al proprio territorio nazionale. Non è quindi necessario procedere ad una valutazione dell’interesse giuridico tutelato. |
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24. |
Ritengo non consigliabile astenersi dal rispondere alla prima e alla seconda questione sollevate. |
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25. |
In primo luogo, e soprattutto, non è chiaro se il BKA abbia limitato l’esperimento della propria azione al territorio tedesco. In effetti, sembra esserci una certa confusione su cosa abbia preso esattamente in considerazione tale ANC e sulle conseguenze che ne derivano. Ritengo che tale confusione derivi dalla menzione, nella decisione del BKA, della conversazione telefonica del 22 febbraio 2006 durante la quale si è discusso del mercato austriaco. Tale conversazione è invocata anche dalla BWB nella causa principale. |
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26. |
Tuttavia, non vi sono informazioni che consentano di chiarire se (e come) la collusione risultante da tale conversazione si sia riflessa nella definizione dell’ambito territoriale del procedimento dinanzi al BKA e nella sua decisione finale. Il giudice del rinvio solleva dubbi sull’ambito territoriale della decisione del BKA. Precisa inoltre che tale decisione non contiene dettagli sul fatturato che era servito quale base per il calcolo dell’ammenda irrogata alla Südzucker. |
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27. |
In aggiunta a tali dubbi, la formulazione della prima questione si riferisce espressamente agli stessi fatti. La terza questione pone poi l’interrogativo sugli stessi effetti della violazione del diritto della concorrenza in oggetto. Se tali questioni vengono assunte nell’ambito dell’ordinanza di rinvio, sembrerebbe che, secondo il giudice del rinvio, vi possa essere una sovrapposizione territoriale tra il procedimento svolto dal BKA, da un lato, e quello pendente dinanzi al giudice stesso, dall’altro lato. |
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28. |
In secondo luogo, il giudice del rinvio invita chiaramente la Corte a fornire un orientamento sulla questione dell’interesse giuridico tutelato. Sebbene tale elemento possa effettivamente essere preso in considerazione dopo la verifica dell’identità del contravventore e dei fatti pertinenti, le specificità di un caso e l’interesse per l’economia processuale possono richiedere un diverso ordine di valutazione. Spetta al giudice del rinvio stabilire tale ordine. |
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29. |
In terzo luogo, seppur in via accessoria, ma comunque significativa, con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice nazionale si interroga sui criteri del ne bis in idem da applicarsi nei procedimenti in materia di diritto della concorrenza, in particolare, e ai sensi dell’articolo 50 della Carta, in generale. In tale contesto, troverei piuttosto sorprendente, e certamente non in linea con lo spirito di cooperazione giudiziaria, se la Corte si limitasse a concentrarsi su una delle condizioni che potrebbero non essere soddisfatte (ma che in realtà è una questione di fatto che deve essere accertata dal giudice del rinvio), senza precisare quali siano gli altri criteri della stessa valutazione. |
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30. |
In sintesi, nella misura in cui non si può escludere che i due procedimenti si sovrappongano di fatto in un modo o nell’altro o che il giudice del rinvio voglia esaminare la questione dell’interesse giuridico prima della questione dell’identità dei fatti, la presunzione di rilevanza ( 5 ) di cui godono le domande di pronuncia pregiudiziale non può essere considerata confutata. Pertanto, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima e alla seconda questione sollevate. |
B. Ne bis in idem nel diritto dell’Unione (in materia di concorrenza): criterio e sue componenti
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31. |
La prima e la seconda questione sollevate riguardano la definizione del criterio che dovrebbe disciplinare l’applicabilità del principio del ne bis in idem in materia di diritto della concorrenza e, più specificamente in questo ambito, la definizione di idem. |
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32. |
Comincerò richiamando brevemente le ragioni che fanno sorgere le questioni in tal senso. La risposta che suggerisco alla prima questione si basa sull’analisi già svolta nelle mie conclusioni parallele rese nella causa bpost. Propongo un criterio unificato del ne bis in idem ai sensi dell’articolo 50 della Carta che si basa su una triplice identità: del contravventore, dei fatti rilevanti e dell’interesse giuridico protetto (1). |
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33. |
Successivamente, in risposta alla seconda questione, affronterò la tematica dell’interesse giuridico tutelato specificamente nel diritto della concorrenza. A questo proposito, concludo nel senso che quando due ANC applicano l’articolo 101 TFUE e le equivalenti disposizioni di diritto nazionale, esse tutelano lo stesso interesse giuridico (2). |
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34. |
Passerò infine alla questione con cui si chiede se i due procedimenti discussi nella presente causa si riferiscano agli stessi fatti e se, dal punto di vista del diritto, possano ritenersi tali. Concluderò nel senso che la questione relativa al fatto che il BKA abbia o meno preso in considerazione gli effetti della citata violazione del diritto della concorrenza in Austria è effettivamente rilevante per l’applicabilità del principio del ne bis in idem nel procedimento principale, ma come questione di fatto è tutt’altro che chiara (3). |
1. Criterio: triplice identità
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35. |
La prima e la seconda questione pregiudiziale si ispirano probabilmente alla ripetuta conferma da parte della Corte che, nel diritto della concorrenza, per soddisfare la condizione dell’idem è richiesta non soltanto l’identità del contravventore e dei fatti, ma anche l’identità dell’interesse giuridico tutelato ( 6 ). |
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36. |
La giurisprudenza in tema di ne bis in idem nel diritto della concorrenza dell’Unione ha iniziato a svilupparsi circa cinquant’anni fa, con la sentenza della Corte pronunciata nella causa Wilhelm e a. ( 7 ). Detta causa riguardava indagini parallele, a livello nazionale e sovranazionale, relativamente ad una condotta anticoncorrenziale. La statuizione della Corte secondo cui «[i]l diritto comunitario e il diritto nazionale in materia di intese considerano le intese sotto aspetti diversi» ( 8 ) era stata successivamente integrata con la precisazione che la tutela fornita dal principio del ne bis in idem nel diritto della concorrenza scatta solamente quando il secondo procedimento riguarda non solo il medesimo contravventore e i medesimi fatti, ma anche il medesimo interesse giuridico tutelato ( 9 ). Tale interpretazione del principio è stata confermata in particolare nella sentenza Toshiba ( 10 ). Nonostante le crescenti critiche rivolte all’uso della condizione relativa all’interesse giuridico tutelato, assente in altre aree del diritto dell’Unione ( 11 ), la stessa è stata confermata di recente nella sentenza Slovak Telecom ( 12 ). |
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37. |
La Corte ha espressamente limitato la considerazione dell’idem alla sola identità del contravventore e degli atti nella giurisprudenza relativa all’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (in prosieguo: la «CAAS») ( 13 ). In tale contesto, la Corte ha statuito che l’unico criterio pertinente ai fini della valutazione della condizione dell’idem è «quello dell’identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro» ( 14 ). Analogamente, nella giurisprudenza relativa al cumulo di procedimenti penali e amministrativi, la Corte ha affermato che «l’articolo 50 della Carta non osta a che uno Stato membro imponga, per le medesime violazioni di obblighi dichiarativi in materia di IVA, una combinazione di sovrattasse e sanzioni penali» ( 15 ). Successivamente, la Corte ha chiarito che «L’articolo 50 della Carta vieta infatti di infliggere, per fatti identici, più sanzioni di natura penale in esito a diversi procedimenti svolti a tali fini» ( 16 ). Spostando l’analisi più verso il concetto di bis, la Corte ha permesso che il secondo procedimento sulla stessa materia proseguisse, ferme restando le condizioni di cui alla clausola di limitazione dei diritti prevista all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta ( 17 ). |
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38. |
Attualmente, il criterio indicato nella sentenza Menci sembra essere di applicazione generale; applicabile quindi a tutte le situazioni che rientrano nell’articolo 50 della Carta. Ciò consente anche l’applicazione parallela di norme più specifiche, come l’articolo 54 della CAAS o l’articolo 3, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato d’arresto europeo ( 18 ). Tuttavia, il criterio automatico sembra essere ora il concetto molto ampio di idem factum, rispetto al campo di applicazione dell’articolo 50 della Carta, combinato con una «via di fuga» piuttosto generosa sotto forma di possibilità di limitazione dei diritti ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. |
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39. |
Non ripeterò gli argomenti per i quali considero problematico tale approccio. Non posso che rimandare, a tal fine, alla mia analisi svolta nella causa bpost ( 19 ). Propongo pertanto che un criterio (univoco) di idem ai fini dell’articolo 50 della Carta si basi su una triplice identità: del contravventore, dei fatti rilevanti e dell’interesse giuridico tutelato ( 20 ). |
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40. |
Il chiarimento di questo punto di partenza mi porta ad approfondire due elementi di tale criterio, che si trovano al centro di questo caso, vale a dire l’identità dell’interesse tutelato (2) e l’identità dei fatti (3). |
2. Identità dell’interesse giuridico tutelato
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41. |
Per quanto mi risulta, la condizione dell’interesse giuridico tutelato in materia di diritto della concorrenza, benché più volte confermata, non è mai stata spiegata veramente ( 21 ), eccezion fatta per l’affermazione secondo cui «le leggi nazionali, ispirandosi a considerazioni proprie di ciascuno Stato, considerano le pratiche restrittive in questo solo ambito» ( 22 ). |
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42. |
La questione specifica con cui si chiede se le norme europee e nazionali del diritto della concorrenza tutelino lo stesso interesse giuridico è stata sottoposta alla Corte piuttosto di recente nella causa Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie ( 23 ). La Corte non ha ritenuto necessario affrontare detta questione. Il procedimento principale, seppur relativo alla simultanea applicazione delle norme di diritto della concorrenza nazionali e dell’Unione, riguardava solo una procedura instaurata dinanzi all’autorità nazionale garante della concorrenza. Pertanto, la Corte si è limitata a rilevare l’assenza del bis da cui partire, senza affrontare l’idem. |
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43. |
La presente causa riguarda invece chiaramente due procedimenti relativi, per quanto qui interessa, agli stessi contravventori ( 24 ). Pertanto, a meno che il giudice del rinvio, prima di considerare l’aspetto relativo all’interesse giuridico tutelato, non ritenga che entrambi i procedimenti riguardino fatti diversi, la questione concernente l’interesse giuridico tutelato è chiaramente rilevante. |
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44. |
Le norme dell’Unione e quelle nazionali in materia di diritto della concorrenza tutelano lo stesso interesse giuridico? Se considerate in modo generale, avendo presente l’imperativo della concorrenza leale e indisturbata nel mercato interno, la risposta chiaramente è affermativa. Tuttavia, non ritengo che l’analisi possa propriamente fermarsi qui. La questione dell’interesse giuridico tutelato dovrebbe essere valutata con riguardo alla specifica disposizione. Deve incentrarsi sull’interesse o sullo scopo concreto perseguito dalla disposizione applicata, su ciò che tale disposizione sanziona e il perché ( 25 ). |
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45. |
Da un lato, se considerate in astratto, non vi è dubbio che, attualmente, le regole di concorrenza europee e nazionali sono ampiamente convergenti. Ferme restando le ragioni storiche che hanno ispirato la statuizione nella sentenza Wilhelm e a. sulla diversità del diritto dell’Unione e quello nazionale in materia di concorrenza ( 26 ), è chiaro che il regolamento n. 1/2003 ha avvicinato ancora di più il diritto dell’Unione e nazionale in tema di concorrenza. La necessità di convergenza e collaborazione è riflessa sia dal contenuto della normativa pertinente sia dall’applicazione di tale normativa da parte delle istituzioni. |
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46. |
Per quanto riguarda le disposizioni sostanziali, il regolamento n. 1/2003 legittima chiaramente le ANC ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE ( 27 ). Stabilisce inoltre le norme che mirano a garantirne un’applicazione coerente. Detto questo, sono forse le disposizioni del regolamento n. 1/2003 relative alle istituzioni e alle procedure che stabiliscono un sistema piuttosto elaborato di «rete europea della concorrenza», che prevede la partecipazione sia della Commissione sia delle autorità nazionali garanti della concorrenza, con lo scopo di rendere uniforme l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Inoltre, con l’adozione da parte del legislatore UE della direttiva (UE) 2019/1 ( 28 ) si affrontano le lacune percepite nell’attuale regime. Tale direttiva conferisce alle ANC poteri più efficace di applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE nelle aree contemplate dai singoli capi di tale atto ( 29 ). |
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47. |
Alla luce di tale revisione sistemica, è difficile ritenere che il diritto dell’Unione e quello nazionale in materia di concorrenza non si siano avvicinati da quando la Corte ha discusso il loro rapporto nella sentenza Wilhelm e a. Tale considerazione appare vera, non solo se si tiene conto dell’esatta formulazione che la Corte ha utilizzato in quella sentenza riferendosi al «diritto comunitario e (...) nazionale in materia di intese» ( 30 ), ma anche se si tiene conto del più generale riferimento alle «pratiche restrittive» ( 31 ) nella giurisprudenza successiva. |
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48. |
D’altro canto, quando ci si concentra sulle disposizioni specifiche, non si può affermare con assoluta certezza che non vi siano più (o meglio non vi possano più essere) divergenze in alcuni settori delle regole sulla concorrenza ( 32 ). L’articolo 3 del regolamento n. 1/2003 non solo disciplina, contrariamente al precedente regolamento n. 17, il rapporto tra le regole di concorrenza comunitarie e quelle nazionali, ma riconosce espressamente che vi sono casi in cui, nella sostanza, le regole di concorrenza nazionali possono differire da quelle dell’Unione. |
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49. |
Per quanto riguarda l’applicazione nazionale degli articoli 101 e 102 TFUE, dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 risulta che gli Stati membri non possono assoggettare gli accordi, le decisioni di associazioni di imprese o le pratiche concordate a norme più rigorose di quelle esistenti a livello dell’Unione. Tuttavia, gli Stati membri possono farlo in relazione a condotte unilaterali delle imprese. Esiste quindi una differenza in termini di spazio ammissibile per norme nazionali specifiche a seconda che la condotta in questione rientri nell’articolo 101 TFUE o nell’articolo 102 TFUE. |
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50. |
Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 ritaglia uno spazio di differenziazione ancora più ampio in materia di leggi nazionali sulle fusioni e riserva la possibilità di un’applicazione continuativa di norme di diritto nazionale che perseguano prevalentemente un obiettivo diverso da quello perseguito dagli articoli 101 e 102 TFUE. Quest’ultima possibilità è ulteriormente confermata dal considerando 9 del regolamento n. 1/2003, che tra l’altro stabilisce che «gli Stati membri possono (...) attuare nei rispettivi territori una legislazione nazionale che vieti o sanzioni pratiche commerciali sleali, siano esse unilaterali o contrattuali». |
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51. |
In termini strutturali, quindi, l’interazione normativa tra le norme UE e quelle nazionali di cui all’articolo 3 del regolamento n. 1/2003 prevede almeno quattro scenari distinti. In primo luogo, vi è una piena sovrapposizione sostanziale per le situazioni che rientrano nell’articolo 101 TFUE, in cui gli Stati membri non possono adottare norme più rigorose. In secondo luogo, c’è una sovrapposizione sostanziale piuttosto ampia ma non completa per le situazioni che rientrano nell’articolo 102 TFUE, in cui gli Stati membri possono adottare norme più rigorose ( 33 ). In terzo luogo, c’è una parziale armonizzazione del controllo delle fusioni. In quarto luogo, forse la considerazione più importante, c’è un distinto spazio normativo riservato agli Stati membri quando si tratta di norme nazionali che perseguono obiettivi diversi da quelli degli articoli 101 e 102 TFUE, dei quali la regolamentazione nazionale delle pratiche commerciali sleali è citata come esempio. |
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52. |
Pertanto, l’articolo 3 del regolamento n. 1/2003 riconosce il fatto che il diritto dell’Unione e quello nazionale in materia di concorrenza non sono identici, almeno non in tutti i loro aspetti ( 34 ). Tuttavia, tale differenza potenziale è quella relativa alla qualità normativa dell’interesse (o dell’obiettivo) perseguito. Non può semplicemente ricondursi alla diversità dell’ambito geografico. |
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53. |
In altri termini, non ritengo che la mera differenza (quantitativa) dell’ambito territoriale della stessa violazione, e quindi della data norma, sia di per sé indicativa di una differenza (qualitativa) nell’interesse giuridico ( 35 ). Mentre il diritto della concorrenza dell’UE riguarda le situazioni in cui è interessato il commercio tra gli Stati membri, il diritto nazionale in materia di concorrenza si applica alle situazioni interne. A mio avviso, tale differenza indica l’estensione territoriale dell’infrazione, eventualmente associata alla gravità dell’ingerenza nell’interesse giuridico tutelato, ma non necessariamente alla diversa qualità di tale interesse giuridico tutelato ( 36 ). |
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54. |
In parole povere, un’intesa sui prezzi, conclusa e attuata nella Repubblica ceca, rischia di ledere qualitativamente lo stesso interesse giuridico tutelato, indipendentemente dal fatto che alla fine, in considerazione del commercio tra gli Stati membri che ne è interessato, sarà solo la disposizione nazionale che rispecchia l’articolo 101 TFUE ( 37 ) ad essere applicata a tale riguardo, o l’articolo 101 TFUE unitamente a tale disposizione nazionale, o eventualmente solo l’articolo 101 TFUE. |
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55. |
In effetti, tale quadro composito è disciplinato dalla regola generale secondo la quale le norme nazionali sulla concorrenza si applicano solo quando il diritto dell’Unione non ne prevede di specifiche ( 38 ). Tuttavia, nella misura in cui i due insiemi di norme si sovrappongono effettivamente, o comunque una volta che iniziano a sanzionare la stessa serie di fatti, per stabilire se l’interesse giuridico tutelato è lo stesso sia a livello dell’Unione europea sia a livello nazionale, esso va determinato in concreto con riferimento alle disposizioni specifiche che vengono applicate alla stessa fattispecie ai due livelli. |
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56. |
Applicando tale approccio al caso di specie, dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 risulta che quando una ANC (o un giudice nazionale) applica il proprio diritto nazionale a una condotta che, ai sensi dell’articolo 101 TFUE, pregiudica il commercio tra gli Stati membri, deve trovare applicazione anche l’articolo 101 TFUE. In altri termini, qualora una data condotta rientri anche nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE, le ANC o i giudici devono applicare anche tale disposizione ( 39 ). |
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57. |
Inoltre, come risulta dall’articolo 3, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1/2003, il risultato dell’applicazione del diritto nazionale a una situazione rientrante nell’articolo 101 TFUE non può differire dal risultato ottenuto se fosse applicato unicamente l’articolo 101 TFUE. Fatta salva la questione su quale sia quindi il valore aggiunto nell’applicazione parallela del diritto nazionale della concorrenza in un simile scenario ( 40 ), è comunque difficile immaginare come i rispettivi obiettivi della norma nazionale in questione e dell’articolo 101 TFUE potrebbero differire. Inoltre, quando due autorità nazionali garanti della concorrenza applicano quindi la stessa disposizione di diritto dell’Unione, vale a dire l’articolo 101 TFUE, dal quale è precluso loro di discostarsi a livello nazionale, allora sicuramente anche lo specifico interesse giuridico tutelato perseguito da entrambe le ANC deve essere identico. |
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58. |
In breve, alla seconda questione pregiudiziale si dovrebbe rispondere che, per stabilire se il diritto dell’Unione e quello nazionale in materia di concorrenza tutelano lo stesso interesse giuridico, si devono esaminare le norme specifiche applicate. Si tratta di valutare se le norme nazionali in questione si discostano da quelle dell’Unione. Se le autorità garanti della concorrenza di due Stati membri applicano l’articolo 101 TFUE e la corrispondente disposizione del diritto nazionale della concorrenza, in tal caso esse tutelano lo stesso interesse giuridico. |
3. Identità dei fatti rilevanti: tempo e spazio
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59. |
Passo ora alla terza questione. Il giudice del rinvio chiede se sia rilevante il fatto che il BKA abbia considerato gli effetti dell’intesa in oggetto nell’altro Stato membro, ovvero, per quanto mi è dato comprendere, sul mercato austriaco. |
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60. |
A questa domanda si deve rispondere in modo affermativo. |
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61. |
Come affermato dall’avvocato generale Kokott nelle conclusioni rese nella causa Toshiba, «Le intese sono vietate e vengono perseguite proprio perché producono effetti nocivi per la concorrenza o, perlomeno, sono idonee a influenzare negativamente la concorrenza» ( 41 ). Detto avvocato generale ha inoltre osservato che «[s]e in un caso un comportamento ha avuto per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, non lo si può valutare in astratto, ma deve essere verificato sempre con riguardo ad un determinato periodo e a un determinato territorio» ( 42 ). |
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62. |
In altre parole, per stabilire se il secondo procedimento sia precluso dal principio del ne bis in idem, ciò che rileva è la nozione di tempo e spazio a cui si riferisce la restrizione in oggetto. Nella sentenza Toshiba, la Corte era concorde sul punto con l’avvocato generale e sottolineava che la condotta delle imprese «avente per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza non può essere valutata in maniera astratta, ma va esaminata facendo riferimento al territorio (…), nel quale il comportamento di cui trattasi ha avuto tale oggetto o tale effetto, nonché al periodo durante il quale il comportamento in questione ha avuto tale oggetto o tale effetto» ( 43 ). Secondo la Corte, sia il territorio sia il tempo sono elementi rilevanti che formano l’identità dei fatti ( 44 ). |
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63. |
Nei seguenti punti delle presenti conclusioni, tratterò brevemente, su tale base, l’identità di tempo e spazio nel procedimento principale. In primo luogo, alla luce delle informazioni contenute nel fascicolo di causa, non posso che formulare una mera ipotesi sul fatto che il BKA abbia preso in considerazione anche gli effetti del comportamento vietato rispetto al mercato austriaco (a). In secondo luogo, passo alla questione che meglio può essere affrontata dalla Corte, vale a dire, se sarebbe stata in realtà giuridicamente possibile una siffatta sanzione extraterritoriale degli effetti di certi comportamenti, apparentemente concretizzati in un altro Stato membro (b). |
a) Il territorio preso di fatto in considerazione dal BKA
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64. |
L’ordinanza di rinvio precisa che la decisione del BKA riproduce il contenuto della conversazione telefonica del 22 febbraio 2006 relativa all’Austria. Al contempo, nella causa di impugnazione pendente dinanzi al giudice del rinvio, la BWB fa valere anche la medesima conversazione telefonica. |
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65. |
È del tutto possibile che una conversazione telefonica possa interessare più mercati geografici. A questo proposito, tuttavia, non è chiaro se il BKA abbia effettivamente preso in considerazione gli effetti sul mercato austriaco dell’intesa di ripartizione del mercato e cosa si intenda effettivamente per «prendere in considerazione gli effetti» nel presente caso. |
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66. |
Per far scattare la tutela prevista dal principio del ne bis in idem, non basta che una certa condotta o una certa serie di fatti siano menzionati e riprodotti da qualche parte in una decisione. L’identico elemento fattuale deve essere ritenuto giuridicamente rilevante, e i suoi effetti qualificati e valutati come tali. Per quanto riguarda il caso di specie, tali elementi di fatto relativi alla conversazione telefonica in questione sono stati presi in considerazione nella dichiarazione di violazione della normativa sulla concorrenza emessa dal BKA? Dalla decisione del BKA risulta che tale ANC ha perseguito e sanzionato le rispettive imprese anche in relazione al mercato austriaco? Oppure il BKA ha considerato tale conversazione come un elemento di prova di un’infrazione riguardante il mercato tedesco ( 45 )? |
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67. |
Presumo che una decisione dell’ANC dovrebbe contenere questo tipo di informazioni, sia per quanto riguarda inizialmente la definizione del mercato rilevante preso in considerazione, sia, aspetto ancora più importante, per quanto riguarda la constatazione del luogo e del momento in cui, a suo avviso, è stata commessa la violazione delle regole sulla concorrenza. |
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68. |
Spetta al giudice del rinvio esaminare e rispondere a tali domande, se necessario, con la collaborazione del BKA, al fine di stabilire l’ambito effettivo dell’azione della ANC. Tale collaborazione potrebbe avvenire indirettamente, con l’assistenza della BWB ( 46 ), o direttamente ( 47 ). |
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69. |
Infine, come menzionato dal giudice del rinvio nella sua ordinanza e sottolineato da alcune delle parti interessate, nel calcolare l’importo totale dell’ammenda, il BKA ha preso in considerazione il fatturato delle imprese interessate realizzato solo sul territorio tedesco. Infatti, nella sentenza Toshiba, la Corte ha affermato, in un contesto simile a quello del calcolo delle ammende da parte della Commissione, che tale fattore potrebbe essere rilevante ( 48 ). |
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70. |
Tuttavia, mentre un tale fattore potrebbe effettivamente essere un utile indicatore indiretto, difficilmente può essere considerato di per sé conclusivo. In primo luogo, richiede un certo grado di ragionamento retrospettivo. Tuttavia, la causalità inversa potrebbe non sempre funzionare: il fatto che un’autorità abbia calcolato l’ammenda in un modo specifico piuttosto che in un altro potrebbe essere dovuto a ragioni che non riguardano l’ambito previsto della decisione. In secondo luogo, c’è ormai una certa convergenza nella prassi delle ANC per quanto riguarda il calcolo delle ammende ( 49 ). Ad ogni modo, tale prassi non è completamente armonizzata ed è destinata ad essere parzialmente determinata da leggi e prassi nazionali divergenti. |
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71. |
In sintesi, chiarire l’ambito geografico (e potenzialmente temporale) delle decisioni del BKA è una questione di fatto che spetta al giudice nazionale. Tuttavia, la questione da affrontare preliminarmente, più idonea da sottoporre alla Corte, e per la cui valutazione la Corte si trova in una posizione migliore, è se una ANC abbia il potere giuridico di sanzionare gli effetti extraterritoriali di una determinata violazione. |
b) Il territorio che può essere preso in considerazione da una ANC in diritto
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72. |
A prescindere da quanto compiuto in fatto dal BKA, quest’ultimo avrebbe potuto, in diritto, prendere in esame e sanzionare la violazione delle regole in materia di concorrenza nel mercato austriaco? A questo proposito, la posizione delle parti nel presente procedimento è divergente. |
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73. |
Agrana sostiene che le decisioni di una ANC, che applica l’articolo 101 TFUE, non possono essere limitate agli effetti spiegati sul territorio nazionale. Nell’applicare l’articolo 101 TFUE le ANC devono valutare tutti gli aspetti della restrizione della concorrenza in questione nel mercato interno. |
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74. |
Di contro, la BWB ritiene che il principio della territorialità limiti il potere sanzionatorio di una ANC al territorio nazionale. Questo è quanto ha fatto anche la BWB, basando il calcolo dell’ammenda da irrogare a Südzucker sul fatturato realizzato nel mercato austriaco. Il principio della territorialità esclude quindi la possibilità di violazione del principio del ne bis in idem, perché l’ambito geografico della condotta sanzionata sarà sempre diverso. Il governo tedesco, per parte sua, è di analogo avviso. Una ANC può sanzionare un’infrazione al diritto della concorrenza solo in relazione al proprio territorio, il che si riflette nel calcolo dell’ammenda sulla base del fatturato dell’impresa realizzato in un determinato Stato membro. |
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75. |
Il governo belga ritiene che una ANC, nell’applicare l’articolo 101 TFUE, deve procedere allo stesso modo in cui procederebbe la Commissione, vale a dire prendendo in considerazione tutti gli effetti della restrizione in esame sulla concorrenza nel mercato interno. Tale procedura ha, tuttavia, due limiti. In primo luogo, il diritto costituzionale e le consuetudini dello Stato membro possono vietare ad una ANC di sanzionare gli effetti extraterritoriali. In secondo luogo, sanzionare gli effetti extraterritoriali è, in ogni caso, possibile solo mediante un accordo con la ANC nel territorio è interessato. |
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76. |
Come punto di partenza, ricordo che l’azione penale e la sanzione soggiacciono tradizionalmente al principio della territorialità. È ovviamente possibile che uno Stato cerchi di «andare oltre i suoi confini» e cerchi di punire un comportamento posto in essere in un altro luogo. Tale situazione potrebbe verificarsi per fattispecie soggette ad una giurisdizione speciale, nei confronti di determinati tipi di persone (vale a dire, i propri cittadini) o per certi tipi di reati (vale a dire quelli che ledono gli interessi di quello Stato, indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi, o certi tipi di crimini efferati, soggetti alla giurisdizione universale, e così via). |
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77. |
Tuttavia, la linea di fondo comune a tutti questi esempi di extraterritorialità è che necessitano di una base giuridica esplicita, sia essa nel diritto nazionale, in quello internazionale o dell’Unione. Un recente e significativo esempio di un tale potere extraterritoriale nel diritto dell’Unione è costituito dalla competenza dell’autorità di controllo capofila in base allo [meccanismo dello] sportello unico del regolamento (UE) 2016/679 («RGPD») di compiere indagini e se necessario sanzionare l’intero trattamento transfrontaliero effettuato dal titolare o dal responsabile del trattamento all’interno dell’Unione europea ( 50 ). Sebbene potrebbe dirsi azzardato affermare che i limiti della competenza all’interno di questo regime sono indiscussi ( 51 ), non vi è comunque dubbio che esistano sia una disposizione sostanziale in termini di liceità del trattamento dei dati, sia una clausola di competenza espressa che affida il potere a una determinata autorità di controllo di procedere extraterritorialmente all’applicazione di tali norme sostanziali. |
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78. |
Quale posizione concettuale assume il regolamento n. 1/2003 a tal proposito? Devo ammettere che non è così semplice da cogliere. |
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79. |
Da un lato, vi sono chiare indicazioni sulla sua portata transfrontaliera. In primo luogo, il presupposto che fa scattare l’obbligo per le autorità nazionali di applicare gli articoli 101 e 102 TFUE è il fatto che il commercio tra gli Stati membri possa essere pregiudicato. Sembra che questo possa anche far scaturire la capacità intrinseca di una ANC di perseguire e sanzionare gli effetti extraterritoriali di una determinata violazione. |
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80. |
In secondo luogo, l’articolo 13 del regolamento n. 1/2003 sembra confermare lo stesso punto. Il primo paragrafo di tale disposizione stabilisce che una ANC può sospendere il procedimento o respingere la denuncia quando il medesimo accordo, la medesima decisione di un’associazione o la medesima pratica sono esaminati da un’altra autorità ( 52 ). Allo stesso modo, il secondo paragrafo di tale disposizione stabilisce che una ANC può respingere una denuncia qualora abbia ricevuto una denuncia contro un accordo, una decisione di un’associazione o una pratica già trattata da un’altra autorità garante della concorrenza ( 53 ). |
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81. |
In terzo luogo, l’interpretazione per cui un’azione di una ANC può avere portata extraterritoriale sembra essere confermata anche nella comunicazione della Commissione sulla cooperazione. Tale comunicazione specifica, in relazione all’articolo 13, che l’espressione «stia esaminando il caso», presente in tale disposizione «va intesa non solo nel senso che un’altra autorità ha ricevuto una denuncia in relazione al caso, ma anche che l’altra autorità sta indagando o ha indagato sul caso per proprio conto» ( 54 ). Detta comunicazione precisa inoltre che il ricorso all’articolo 13 «è ammesso quando l’accordo o la pratica configurano le medesime infrazioni sul medesimo mercato rilevante del prodotto e geografico» ( 55 ). |
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82. |
Per di più, la stessa comunicazione precisa il concetto di «autorità nella posizione idonea», di cui alla comunicazione sulla cooperazione, in relazione ad un determinata violazione delle norme sulla concorrenza ( 56 ). Se la competenza di una ANC è in ogni caso limitata al territorio nazionale, il concetto di autorità nella posizione idonea quindi non ha molto senso, a meno che non si accetti il fatto che alcune parti della violazione possano rimanere impunite a causa dei limiti territoriali della competenza di tale «autorità nella posizione idonea». Al contrario, se si accetta che l’effettiva tutela della concorrenza nel mercato interno possa richiedere che un dato comportamento anticoncorrenziale sia indagato solo da una ANC nella posizione idonea, allora tale ANC dovrebbe essere in grado di indagare sulla totalità di tale comportamento in modo da non lasciare impunita una parte di esso. |
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83. |
Sia come sia, la comunicazione sulla cooperazione difficilmente costituisce un atto giuridicamente vincolante del diritto dell’UE e probabilmente il significato della possibilità di «sospendere o respingere» la denuncia ai sensi dell’articolo 13 paragrafo 1 del regolamento n. 1/2003 non è del tutto lineare. Tuttavia, ciò che l’articolo 13 implica, se considerato nella sua interezza, è che possono esistere sovrapposizioni territoriali. Se i poteri di ogni ANC fossero strettamente limitati al territorio nazionale, a cosa servirebbe sospendere o respingere una denuncia nel caso di un procedimento in corso presso un’altra ANC che si occupa della stessa condotta? Naturalmente, ci sono un certo numero di questioni diverse ma correlate nel cui contesto può essere ragionevole sospendere una denuncia, ma «respinger[la]» sembra avere senso solo quando ad entrambe le ANC è stata presentata la stessa questione, ivi compreso lo stesso ambito geografico. |
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84. |
D’altro canto, è giusto riconoscere che questi sono tutti meri «indizi indiretti» del fatto che l’extraterritorialità era contemplata nella concezione del regolamento n. 1/2003. Tuttavia, al di là di ciò, sono d’accordo con il governo tedesco sul fatto che, nel regolamento n. 1/2003, manca una disposizione chiave che di fatto attribuisca in modo chiaro alla ANC la competenza per i procedimenti a livello extraterritoriale. Come tale governo ha opportunamente osservato, l’articolo 5 del regolamento n. 1/2003, intitolato «Competenze delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri», dove ci si aspetterebbe normalmente di trovare una simile clausola attributiva della competenza, tace completamente al riguardo. Esso non costituisce quindi una base giuridica sufficiente affinché una ANC possa adottare una decisione extraterritoriale quando una tale base non è prevista dal diritto nazionale. Anche il governo belga argomenta in tal senso. |
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85. |
Sono concorde con quei governi sul fatto che, affinché i poteri di una ANC possano essere esercitati extraterritorialmente, deve esistere una base giuridica idonea che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, può provenire solo dall’ordinamento giuridico nazionale. Si potrebbe brevemente aggiungere che, all’udienza, il governo tedesco ha precisato che tale base giuridica non poteva riscontrarsi nemmeno nel diritto tedesco. |
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86. |
Desidero sottolineare che tale affermazione è formulata nel pieno rispetto del dettato dell’articolo 101 TFUE, il quale infatti elenca, tra le sue condizioni di applicazione, che il commercio tra Stati membri possa essere pregiudicato. Tuttavia, trovo impossibile interpretare l’articolo 101 TFUE, che è essenzialmente una disposizione di diritto sostanziale, come equivalente a una clausola di attribuzione della competenza, che conferisce a qualsivoglia ANC il potere di perseguire e sanzionare qualsiasi comportamento anticoncorrenziale ovunque all’interno dell’Unione europea ( 57 ). |
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87. |
Pertanto, la risposta che suggerisco alla terza questione è che il fatto che una ANC abbia preso in considerazione gli effetti extraterritoriali di una determinata condotta anticoncorrenziale in una decisione precedente, a condizione che fosse autorizzata a farlo sulla base del diritto nazionale, è rilevante per l’esame dell’applicabilità del principio del ne bis in idem nei procedimenti successivi. L’articolo 50 della Carta preclude a una ANC o a un giudice di sanzionare una condotta anticoncorrenziale già oggetto di un precedente procedimento concluso con una decisione definitiva adottata da un’altra ANC. Tale divieto si applica tuttavia solo nella misura in cui l’ambito temporale e geografico dell’oggetto dei due procedimenti è lo stesso. |
C. Principio del ne bis in idem nei procedimenti che hanno riguardato l’applicazione di un programma di clemenza
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88. |
Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede se il principio del ne bis in idem si applichi nei procedimenti che hanno riguardato l’applicazione di un programma di clemenza e nei quali, per tale motivo, non viene inflitta un’ammenda. |
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89. |
A mio parere, a questa domanda si deve rispondere in senso affermativo. |
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90. |
In primo luogo, a livello concettuale, come ricorda correttamente il governo italiano, il principio del ne bis in idem tutela non solo dall’irrogazione di una seconda ammenda per lo stesso fatto, ma anche dall’esperimento di una seconda azione ( 58 ). A mio avviso, l’avvio di un secondo procedimento per lo stesso fatto costituisce di per sé una violazione della garanzia sancita dall’articolo 50 della Carta. Per le ragioni che ho esposto in dettaglio nelle mie conclusioni nella causa bpost ( 59 ), anch’io non sono d’accordo su questo punto con la posizione che la Corte ha adottato al riguardo nella sentenza Menci ( 60 ). |
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91. |
In secondo luogo, la quarta questione si riferisce ad una situazione in cui una ANC conduce un procedimento in cui un’impresa chiede di beneficiare di un programma di clemenza. Tale programma consente di riservare un trattamento favorevole alle imprese che hanno deciso di cooperare con la rispettiva autorità garante della concorrenza nelle indagini sulle violazioni dell’articolo 101 TFUE ( 61 ). |
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92. |
Tuttavia, l’immunità da un’ammenda o la riduzione della stessa non sono affatto garantite automaticamente. Esse dipendono da una serie di condizioni che hanno come filo conduttore il «valore aggiunto» della collaborazione dell’impresa alla scoperta e alla sanzione dell’accordo vietato ( 62 ). A seconda delle circostanze, a un richiedente il trattamento di clemenza può (o non può) essere concessa un’immunità totale o parziale, mentre viene dichiarata ( 63 ) la violazione del diritto della concorrenza da parte del richiedente stesso. Pertanto, anche se la condotta o l’esito dei procedimenti nazionali rischiano di essere alterati da una domanda di clemenza, il punto fondamentale è che essi costituiscono pur sempre procedimenti a sé stanti, che richiedono la partecipazione di tutte le imprese interessate, ivi compreso il richiedente del trattamento di clemenza. |
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93. |
In terzo luogo, anche se tutto finisce nel migliore dei modi per l’impresa interessata dal programma di clemenza e viene infine concessa la piena immunità dall’ammenda, il procedimento si concluderà comunque con l’accertamento della violazione del diritto della concorrenza da parte del richiedente il trattamento di clemenza. Da quanto mi risulta, quindi, ci sarà ancora, metaforicamente parlando, un «giudizio di colpevolezza» ai sensi del diritto nazionale. Tale dichiarazione potrebbe essere molto significativa in futuro per l’impresa o le imprese interessate. Se in futuro tale impresa fosse nuovamente giudicata colpevole per una violazione del diritto della concorrenza, la sua precedente condanna e la sua «recidiva» potrebbero determinare un aumento automatico dell’ammenda. Allo stesso tempo, non si può escludere che una dichiarazione di illiceità [del comportamento] di tale impresa da parte dell’autorità pubblica competente o di un tribunale, alla quale il pubblico può avere accesso ( 64 ), possa essere fatta valere da privati che chiedono il risarcimento per il danno arrecato dal comportamento anticoncorrenziale in questione ( 65 ). |
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94. |
In breve, non vedo alcuna ragione di principio per cui l’applicabilità e la portata del principio del ne bis in idem debbano essere valutate in modo diverso a seconda che il procedimento in materia di concorrenza di cui trattasi abbia riguardato l’applicazione di un programma di clemenza, anche quando ciò comporti effettivamente la piena immunità dall’ammenda. Alla luce di ciò, non sono pertanto d’accordo con l’argomento piuttosto circostanziale della Commissione secondo cui l’applicazione del principio del ne bis in idem dovrebbe dipendere dal fatto che sussista ancora la possibilità che Nordzucker perda il suo status di richiedente il trattamento di clemenza e possa quindi essere ancora inflitta un’ammenda. |
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95. |
Propongo quindi di rispondere alla quarta questione sollevata nel senso che il principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della Carta si applica anche nell’ambito dei procedimenti nazionali riguardanti l’applicazione di un programma di clemenza e che non comportano l’irrogazione di una ammenda. |
V. Conclusioni
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96. |
Propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) nel modo seguente:
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( 1 ) Lingua originale: l’inglese.
( 2 ) Causa bpost (C‑117/20).
( 3 ) Che la Corte ha già fatto in passato, forse con maggior dettaglio nella sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72).
( 4 ) Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).
( 5 ) Più recentemente, ad esempio, sentenza del 29 aprile 2021, Ubezpieczeniowy Fundusz Gwarancyjny z siedzibą (C‑383/19, EU:C:2021:337, punti 29 e 30 e giurisprudenza ivi citata).
( 6 ) V., in particolare, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 338); del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 97); e del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom (C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 43).
( 7 ) Sentenza del 13 febbraio 1969 (14/68, EU:C:1969:4).
( 8 ) Ibid., punto 3.
( 9 ) Sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 338), e del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 97). V., anche, sentenza del Tribunale del 26 ottobre 2017, Marine Harvest/Commissione (T‑704/14, EU:T:2017:753, punto 308).
( 10 ) Sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).
( 11 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2011:552, paragrafi da 114 a 122); dell’avvocato generale Wahl nella causa Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie (C‑617/17, EU:C:2018:976, paragrafo 45); dell’avvocato generale Tanchev nella causa Marine Harvest (C‑10/18 P, EU:C:2019:795, paragrafo 95, nota 34).
( 12 ) Sentenza del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom (C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
( 13 ) GU 2000, L 239, pag. 19.
( 14 ) Sentenze del 9 marzo 2006, van Esbroeck (C‑436/04, EU:C:2006:165, punto 36); del 28 settembre 2006, Gasparini e a. (C‑467/04, EU:C:2006:610, punto 54); del 28 settembre 2006, van Straaten (C‑150/05, EU:C:2006:614, punto 48); del 18 luglio 2007, Kraaijenbrink (C‑367/05, EU:C:2007:444, punto 26); del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 39), e del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem) (C‑665/20 PPU, EU:C:2021:339, punto 71 e giurisprudenza ivi citata); l’ultima causa ha riguardato una precedente condanna inflitta da uno Stato terzo.
( 15 ) Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 34). Il corsivo è mio.
( 16 ) Sentenza del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 35). Il corsivo è mio. Tuttavia vedi, anche, sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a. (C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 27), dove si fa nuovamente riferimento agli stessi atti.
( 17 ) Si potrebbe aggiungere che l’uso intercambiabile delle nozioni di fatti (rilevanti) e atto (rilevante) potrebbe anche aver in parte contribuito alla confusione che è sorta su quale tipo e ambito di identità viene richiesta. Ad una lettura ristretta e in contesti specifici, «atto» potrebbe effettivamente essere equiparato a «fatti». Tuttavia, in alcune lingue, e certamente quando viene discussa in generale, la nozione di atto (penale) è più ampia rispetto ai suoi semplici elementi fattuali. Non riguarda solo «ciò che è successo», ma anche la valutazione e la qualificazione di ciò che è successo, che a sua volta probabilmente tiene conto dell’interesse giuridico tutelato, almeno indirettamente, definendo gli effetti sociali negativi del comportamento in questione.
( 18 ) Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1).
( 19 ) Causa bpost (C‑117/20, punti da 101 a 117).
( 20 ) Sulla base dei principi anch’essi enunciati in tale analisi, ai paragrafi da 119 a 122.
( 21 ) La Corte ha richiamato (direttamente o indirettamente) la dichiarazione resa nella sentenza Wilhem e a. sulla diversità delle norme dell’Unione e nazionali in materia di concorrenza, ad esempio, nelle sentenze del 10 luglio 1980, Giry e Guerlain e a. (253/78 e da 1/79, a 3/79 EU:C:1980:188, punto 15); del 16 luglio 1992, Asociación Española de Banca Privada e a. (C‑67/91, EU:C:1992:330, punto 11); del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569, punto 19); del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punto 61); del 13 luglio 2006, Manfredi e a. (da C‑295/04 a C‑298/04, EU:C:2006:461, punto 38); o del 1o ottobre 2009, Compañía Española de Comercialización de Aceite (C‑505/07, EU:C:2009:591, punto 50).
( 22 ) V., ad esempio, sentenza del 10 luglio 1980, Giry e Guerlain e a. (253/78 e da 1/79 a 3/79, EU:C:1980:188, punto 15); del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punto 61); o del 1o ottobre 2009, Compañía Española de Comercialización de Aceite (C‑505/07, EU:C:2009:591, punto 50).
( 23 ) Sentenza del 3 aprile 2019 (C‑617/17, EU:C:2019:283).
( 24 ) Sebbene non vi sia completa identità delle parti nei due procedimenti nazionali, l’identità del/i contravventore/i è evidente, nello specifico, in relazione a Nordzucker e a Südzucker.
( 25 ) V., in dettaglio nelle mie conclusioni nella causa bpost, paragrafi da 136 a 141 e da 142 a 151, che forniscono ulteriori chiarimenti.
( 26 ) La Corte ha usato più precisamente l’espressione «diritto comunitario e (...) diritto nazionale in materia di intese». Sentenza del 13 febbraio 1969, Wilhelm e a. (14/68, EU:C:1969:4, punto 3).
( 27 ) Cosa che in parte avveniva già ai sensi del regolamento n. 17 per quanto riguarda gli artt. 85 e 86 CE – CEE Consiglio: regolamento n. 17: Primo regolamento d’applicazione degli artt. 85 e 86 del trattato (GU 1962, 13, pag. 204).
( 28 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno (GU 2019, L 11, pag. 3)
( 29 ) Come indicato nel titolo dei rispettivi capi della direttiva 2019/1, tali aree sono l’indipendenza e le risorse delle ANC, i poteri per lo svolgimento dei propri compiti, il calcolo delle ammende, i programmi di trattamento favorevole, l’assistenza reciproca e i termini di prescrizione.
( 30 ) Sentenza del 13 febbraio 1969, Wilhelm e a. (14/68, EU:C:1969:4, punto 3). Il corsivo è mio.
( 31 ) V., ad esempio, sentenza del 10 luglio 1980, Giry e Guerlain e a. (253/78 e da 1/79 a 3/79, EU:C:1980:188, punto 15).
( 32 ) Nei lavori legislativi che hanno portato all’adozione del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha osservato che molti (degli allora 15) Stati membri avevano emanato leggi nazionali in materia di concorrenza che riflettevano il contenuto degli articoli 81 e 82 CE. Allo stesso tempo, ammetteva che non esisteva un’armonizzazione formale e che rimanevano differenze sia nelle normative che nella prassi. Cfr. punto I, lettera A., «Contesto generale», terzo paragrafo; e punto II, lettera C, comma 2, lettera a), secondo paragrafo della relazione alla proposta di regolamento del Consiglio concernente l’applicazione alle imprese delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato recante modifica dei regolamenti (CEE) n. 1017/68, (CEE) n. 2988/74, (CEE) n. 4056/86 e (CEE) n. 3975/87 («Regolamento d’applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato») [COM(2000) 582 def.] (GU 2000, C 365E, pag. 284).
( 33 ) Con riferimento ai termini «legislazioni nazionali più rigorose» di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, v., ad esempio, Feteira, L.T., «The Interplay Between European and National Competition Law after Regulation 1/2003: United (Should) We Stand?», Wolters Kluwer Law International, 2015, pagg. 62-67.
( 34 ) Probabilmente è questo il motivo per cui l’avvocato generale Kokott, nelle sue conclusioni nella causa Toshiba Corporation e a., ha ritenuto che, in sostanza, la statuizione iniziale nella sentenza Walt Wilhem sia ancora valida (C‑17/10, EU:C:2011:552, paragrafo 81).
( 35 ) V., anche, Nazzini, R., «Parallel Proceedings in EU Competition Law: Ne Bis In Idem as a limiting Principle» in: van Bockel, B. (ed.), Ne Bis in Idem in EU Law, Cambridge University Press, Cambridge, 2016, pag. 159.
( 36 ) V.i avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer il quale ha ritenuto che «Il criterio dell’estensione territoriale del comportamento restrittivo della concorrenza non è sostanziale, bensì accessorio, in quanto non influisce sulla natura dell’infrazione, ma sulla sua intensità». Egli ha manifestato il proprio disaccordo con l’approccio adottato nella sentenza Wilhelm e a., affermando che «[n]el sistema di protezione della libera concorrenza non si può parlare, all’interno dell’Unione europea, di ambiti diversi, quello comunitario e quelli nazionali, come se si trattasse di compartimenti stagni. Entrambi i settori sono orientati alla tutela di una concorrenza libera e aperta nel mercato comune, nella sua interezza, nel primo, e nei suoi vari componenti, nel secondo, ma la sostanza è la stessa». V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer in Aalborg Portland e a. (C‑217/00 P, EU:C:2003:83, paragrafi 176, 173 e nota 121), e in Aalborg Portland e a. (C‑213/00 P, EU:C:2003:84, paragrafi 94, 91 e nota 71).
( 37 ) Attualmente § 3 zákon č. 143/2001 Sb., o ochraně hospodářské soutěže [articolo 3 della legge 143/2001 sulla tutela della concorrenza, come modificata].
( 38 ) V., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2011, Tele2 Polska (C‑375/09, EU:C:2011:270, punto 33). V., anche, sentenze del 5 giugno 2014, Kone e a. (C‑557/12, EU:C:2014:1317, punto 32), e del 7 dicembre 2010, VEBIC (C‑439/08, EU:C:2010:739, punti 56 e 57), che stabiliscono rispettivamente che il diritto nazionale deve garantire la «piena effettività del diritto dell’Unione in materia di concorrenza» e non deve pregiudicare l’effettiva applicazione di tale diritto da parte delle ANC, che è l’obiettivo del regolamento n. 1/2003.
( 39 ) A tale riguardo, il considerando 3 della direttiva 2019/1 afferma che «[i]n pratica, la maggior parte delle ANC applica il diritto nazionale della concorrenza parallelamente agli articoli 101 e 102 TFUE».
( 40 ) Cosa che, devo ammettere, ancora un po’ mi sfugge. La proposta iniziale della Commissione per il regolamento n. 1/2003 conteneva una regola un po’ più logica nel progetto dell’articolo 3, secondo cui «[q]uando un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata ai sensi dell’articolo 81 del trattato oppure lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’articolo 82 sono tali da pregiudicare il commercio fra Stati membri, si applica il diritto comunitario della concorrenza ad esclusione delle legislazioni nazionali in materia». Il corsivo è mio. V. proposta di regolamento del Consiglio concernente l’applicazione alle imprese delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato recante modifica dei regolamenti (CEE) n. 1017/68, (CEE) n. 2988/74, (CEE) n. 4056/ 86 e (CEE) n. 3975/87 («Regolamento d’applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato») [COM(2000) 582 def.] (GU 2000, C 365E, pag. 284).
( 41 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2011:552, paragrafo 128).
( 42 ) Ibid., punto 129.
( 43 ) Sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 99). Il corsivo è mio.
( 44 ) Ibid., punto 98. V., anche, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2011:552, paragrafo 130).
( 45 ) Dai fatti di causa, come esposti dal giudice del rinvio (v. supra, punto 11), è parimenti ipotizzabile che la conversazione telefonica relativa al mercato austriaco potesse essere «presa in considerazione» come prova indiziaria dell’illegittima restrizione della concorrenza che ha interessato il mercato tedesco nel periodo considerato.
( 46 ) Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, una ANC è certamente legittimata a richiedere anche la decisione definitiva di un’altra ANC, compresi quei passaggi considerati riservati.
( 47 ) Non esiste infatti alcuna disposizione specifica nel regolamento n. 1/2003 che autorizzi un giudice nazionale a richiedere la copia di una decisione definitiva di una ANC di un altro Stato membro. Troverei tuttavia del tutto giustificato che un giudice nazionale sia autorizzato a richiedere tale decisione definitiva, o ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, o dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 applicato per analogia, oppure direttamente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.
( 48 ) Sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 101).
( 49 ) Un certo numero di ANC ha infatti già seguito l’orientamento della Commissione su questo punto in passato. Inoltre, la direttiva 2019/1, che tuttavia non è applicabile ratione temporis al procedimento principale, armonizza alcuni aspetti dell’imposizione delle ammende nel suo capo V.
( 50 ) Articolo 56, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1).
( 51 ) Come recentemente dimostrato nella sentenza del 15 giugno 2021, Facebook Ireland e a. (C‑645/19, EU:C:2021:483).
( 52 ) Il corsivo è mio. Sebbene tale disposizione stabilisca che «il fatto che un’autorità garante della concorrenza stia esaminando il caso costituisce, per le altre autorità, un motivo sufficiente per sospendere il procedimento o per respingere la denuncia», la comunicazione sulla cooperazione afferma che una ANC non ha l’obbligo di sospendere il procedimento o respingere la denuncia. Ciò è dovuto al fatto che la cooperazione prevista dal regolamento n. 1/2003 è disciplinata dalla flessibilità. Comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43, punto 22).
( 53 ) Il corsivo è mio.
( 54 ) Ibid., punto 20.
( 55 ) Ibid., punto 21.
( 56 ) Una ANC può essere considerata tale se, in primo luogo, l’accordo o la pratica produce sensibili effetti diretti, attuali o prevedibili, sulla concorrenza nell’ambito del suo territorio; viene attuato o ha origine nel suo territorio; in secondo luogo, l’autorità è in grado di far cessare efficacemente l’infrazione nel suo complesso; in terzo luogo, l’autorità può raccogliere, eventualmente con l’assistenza di altre autorità, le prove necessarie per comprovare l’infrazione. Ibid., punto 8.
( 57 ) In considerazione di tutto ciò, a posteriori, non si può che ammirare la chiarezza della bozza iniziale della Commissione in merito (sopra, nota 40) e rammaricarsi del fatto che non sia stata mantenuta.
( 58 ) V., ad asempio, sentenza del 3 aprile 2019, Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie (C‑617/17, EU:C:2019:283, punti 29 e 30).
( 59 ) Causa bpost (C‑117/20, punti da 107 a 110).
( 60 ) Infatti, la quarta questione del giudice del rinvio illustra bene uno dei problemi concettuali del caso Menci. Presumo che una mera dichiarazione di illiceità, senza che sia imposta alcuna sanzione, possa per definizione soddisfare l’elemento di proporzionalità della limitazione in questione ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. A fortiori, infatti, due procedimenti paralleli contro la stessa impresa sorti a seguito di due procedure di clemenza non potrebbero mai violare il principio del ne bis in idem, poiché non sono state comminate ammende. Tuttavia, e ancora una volta, il principio del ne bis in idem non può ridursi ad una verifica ex post della proporzionalità delle sanzioni aggregate.
( 61 ) V., ad esempio, l’articolo 2, punto 15, della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea (GU 2014, L 349, pag. 1). V., anche, articolo 2, paragrafo 1, punto 16, della direttiva (UE) 2019/1.
( 62 ) V., inoltre, Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17, punto 8)
( 63 ) Le modalità specifiche dipendono dal diritto nazionale. La BWB spiega che i procedimenti conseguenti a una domanda di clemenza sono procedimenti giudiziari civili non in contraddittorio, soggetti all’articolo 38 del Kartellgesetz del 2005 [legge sulle intese del 2005]. Contrariamente al procedimento dinanzi alla Commissione, il procedimento nazionale non è integrato nel procedimento globale che coinvolge tutte le altre parti, ma è autonomo. Non comporta l’irrogazione di un’ammenda o la riduzione a zero di tale ammenda. Piuttosto, il giudice rileva che è stata commessa un’infrazione, a seguito della concessione dell’immunità da parte della BWB.
( 64 ) Se una dichiarazione di violazione delle regole di concorrenza, con tutte le prove raccolte facenti parte della motivazione giudiziale, è contenuta in una decisione di un tribunale, allora appare esclusa la tutela di cui al Capo II della direttiva 2014/104. Tuttavia, è improbabile che la situazione sia molto diversa per quanto riguarda una decisione definitiva di violazione dell’autorità nazionale garante della concorrenza (a differenza di semplici documenti o prove procedurali, presentati in procedure di trattamento di clemenza, come quelle elencate all’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva 2014/104).
( 65 ) Rimuovendo così il gravoso onere probatorio che un privato ricorrente, che intenda avviare un’azione risarcitoria «autonoma» per la violazione delle regole della concorrenza, rischia di dover affrontare per stabilire esattamente quale sia il contenuto specifico di tale decisione, ossia che si è verificata una violazione delle regole di concorrenza. Inoltre, v., di recente, le mie conclusioni in Stichting Cartel Compensation ed Equilib Netherlands (C‑819/19, EU:C:2021:373, paragrafi da 93 a 96).