ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

20 maggio 2020 ( *1 )

«Ricorso di annullamento – Energia – Mercato interno del gas naturale – Direttiva (UE) 2019/692 – Applicazione della direttiva 2009/73/CE ai gasdotti da o verso paesi terzi – Mancanza di incidenza diretta – Irricevibilità – Produzione di documenti ottenuti illegittimamente»

Nella causa T‑526/19,

Nord Stream 2 AG, con sede in Zugo (Svizzera), rappresentata da L. Van den Hende, J. Penz-Evren, avvocati, e M. Schonberg, solicitor‑advocate,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da L. Visaggio, J. Etienne e I. McDowell, in qualità di agenti,

e

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Lo Monaco, S. Boelaert e K. Pavlaki, in qualità di agenti,

convenuti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della direttiva (UE) 2019/692 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica la direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU 2019, L 117, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da J. Svenningsen (relatore), presidente, R. Barents e C. Mac Eochaidh, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

Fatti

1

La direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE (GU 2003, L 176, pag. 57) è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009 (GU 2009, L 211, pag. 94).

2

La direttiva 2009/73 è intesa ad introdurre norme comuni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale al fine di consentire l’accesso al mercato e promuovere una concorrenza leale e non discriminatoria. A tale riguardo, detta direttiva prevede, in particolare, l’obbligo di separare i sistemi di trasporto e i gestori dei sistemi di trasporto nonché l’istituzione di un sistema di accesso non discriminatorio dei terzi ai sistemi di trasporto e di distribuzione del gas, sulla base di tariffe pubblicate.

3

Ai sensi dell’articolo 36 della direttiva 2009/73, le nuove importanti infrastrutture del sistema del gas, vale a dire interconnettori, impianti di gas naturale liquefatto e impianti di stoccaggio, possono essere oggetto, su richiesta e a determinate condizioni, per un periodo di tempo definito, di una deroga ad alcuni degli obblighi previsti da tale direttiva. Per beneficiare di detta deroga occorre in particolare dimostrare che l’investimento rafforzerà la concorrenza nella fornitura di gas e la sicurezza degli approvvigionamenti e che il livello del rischio connesso all’investimento è tale che l’investimento non verrebbe effettuato senza la concessione di una deroga.

4

La ricorrente, Nord Stream 2 AG, è una società di diritto svizzero il cui unico azionista è la società per azioni pubblica russa Gazprom. Essa è responsabile della progettazione, della costruzione e della gestione del gasdotto «Nord Stream 2», il cui finanziamento, pari a EUR 9,5 miliardi, è fornito al 50% dalle società ENGIE SA (Francia), OMV AG (Austria), Royal Dutch Shell plc (Paesi Bassi e Regno Unito), Uniper SE (Germania) e Wintershall Dea GmbH (Germania). Al pari del gasdotto «Nord Stream» (ora comunemente denominato «Nord Stream 1»), composto da un sistema di due linee la cui costruzione è stata completata nel 2012 e la cui gestione era prevista per una durata di 50 anni, il gasdotto «Nord Stream 2», composto anch’esso di due linee di trasporto del gas, assicurerà il flusso del gas tra Vyborg (Russia) e Lubmin (Germania), nei pressi di Greifswald (Germania), portando la capacità complessiva di trasporto dei due gasdotti «Nord Stream 1» e «Nord Stream 2» a 55 miliardi di metri cubi all’anno. Una volta raggiunto il territorio tedesco, il gas condotto attraverso il «Nord Stream 1» viene trasportato nei gasdotti terrestri NEL e OPAL, i quali sono soggetti, sotto il controllo dell’autorità di regolazione tedesca, agli obblighi della direttiva 2009/73, mentre quello condotto attraverso il «Nord Stream 2» viene trasportato dal gasdotto terreste ENEL nonché dal gasdotto terrestre EUGAL di recente costruzione, entrambi regolamentati in Germania ai sensi della direttiva 2009/73.

5

Nel gennaio 2017 sono iniziati i lavori di rivestimento in calcestruzzo dei tubi destinati al gasdotto «Nord Stream 2», la cui consegna finale doveva avere luogo a settembre 2018.

6

Su proposta COM(2017) 660 final della Commissione europea, dell’8 novembre 2017 (in prosieguo: la «proposta di direttiva»), il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato, in data 17 aprile 2019, la direttiva (UE) 2019/692 che modifica la direttiva 2009/73 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU 2019, L 117, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva impugnata»), la quale è entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, vale a dire il 23 maggio 2019. A tale data, secondo le indicazioni della ricorrente, i lavori per il rivestimento in calcestruzzo dei tubi del «Nord Stream 2» erano stati completi al 95%, mentre rispettivamente 610 km e 432 km delle due linee del gasdotto erano stati posati sul fondo delle acque territoriali e/o della zona economica esclusiva (ZEE) di Germania, Finlandia, Russia e Svezia. Tuttavia, alla data di proposizione del presente ricorso, la ricorrente doveva ancora ottenere l’autorizzazione delle autorità danesi relativa al percorso delle due linee del «Nord Stream 2». Tale autorizzazione è stata comunque rilasciata il 30 ottobre 2019.

7

Secondo il considerando 3 della direttiva impugnata, essa è intesa ad affrontare gli ostacoli al completamento del mercato interno del gas naturale derivanti dalla non applicazione, fino ad ora, delle norme del mercato dell’Unione europea ai gasdotti di trasporto da e verso i paesi terzi.

8

A tale proposito, l’articolo 2, punto 17, della direttiva 2009/73, come modificata dalla direttiva impugnata, prevede che la nozione di «interconnettore» comprende non solo «[ogni] gasdotto di trasporto che attraversa o si estende oltre una frontiera tra Stati membri allo scopo di collegare i sistemi nazionali di trasporto di tali Stati membri», ma ora anche «[ogni] gasdotto di trasporto tra uno Stato membro e un paese terzo fino al territorio degli Stati membri o alle acque territoriali di tale Stato membro».

9

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 49 bis, paragrafo 1, della direttiva 2009/73, quale inserito dalla direttiva impugnata, «[p]er quanto riguarda i gasdotti di trasporto tra uno Stato membro e un paese terzo completat[i] prima del 23 maggio 2019, lo Stato membro in cui è situato il primo punto di connessione di tale gasdotto di trasporto con la rete di [detto] Stato membro può decidere di derogare [a talune disposizioni della direttiva 2009/73] per le sezioni del gasdotto di trasporto situat[e] sul suo territorio e nelle sue acque territoriali, per motivi oggettivi quali consentire il recupero dell’investimento effettuato o per motivi legati alla sicurezza dell’approvvigionamento, a patto che la deroga non abbia ripercussioni negative sulla concorrenza, sull’efficace funzionamento del mercato interno del gas naturale o sulla sicurezza dell’approvvigionamento nell’Unione». Il medesimo articolo 49 bis, paragrafo 1, prevede inoltre, da un lato, che le suddette deroghe sono «limitat[e] nel tempo fino a un massimo di 20 anni sulla base di una motivazione oggettiva, [sono] rinnovabil[i] in casi giustificati e [possono] essere subordinat[e] a condizioni che contribuiscano alla realizzazione delle condizioni summenzionate» e, dall’altro, che «[t]ali deroghe non si applicano ai gasdotti di trasporto tra uno Stato membro e un paese terzo che ha l’obbligo di recepire la presente direttiva e che abbia attuato efficacemente la presente direttiva in virtù di un accordo concluso con l’Unione».

10

La direttiva impugnata ha inoltre modificato l’articolo 36 della direttiva 2009/73 stabilendo, al paragrafo 1, lettera e), di tale articolo, che la deroga accordata ai sensi di detta disposizione alle nuove infrastrutture esistenti non deve, in particolare, danneggiare «la sicurezza dell’approvvigionamento di gas naturale nell’Unione».

11

Per quanto riguarda il recepimento delle modifiche introdotte dalla direttiva impugnata nella direttiva 2009/73, l’articolo 2 della direttiva impugnata prevede che, ad eccezione di quelli che non hanno confini geografici con paesi terzi né linee di trasporto con tali paesi nonché Cipro e Malta, in conseguenza della loro situazione geografica, «[g]li Stati membri mett[eran]no in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi [a detta] direttiva entro il 24 febbraio 2020, fatte salve eventuali deroghe a norma dell’articolo 49 bis della direttiva 2009/73».

Procedimento e conclusioni delle parti

12

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 luglio 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso, con cui chiede che il Tribunale voglia:

annullare la direttiva impugnata nella sua interezza;

condannare il Parlamento e il Consiglio alle spese.

13

Con atto separato, depositato anch’esso presso la cancelleria del Tribunale il 26 luglio 2019, la ricorrente ha chiesto che alla presente causa fosse accordato un trattamento prioritario ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, domanda che è stata provvisoriamente respinta con decisione del Tribunale (Prima Sezione) del 5 agosto 2019.

14

Con lettera del 4 settembre 2019, la ricorrente ha chiesto al Tribunale, ai sensi dell’articolo 66 del regolamento di procedura, che determinati dati contenuti nel ricorso siano considerati riservati nei confronti del pubblico.

15

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 2 ottobre 2019 dalla Repubblica di Polonia, il 15 ottobre 2019 dalla Commissione, il 30 ottobre 2019 dalla Repubblica di Lituania e dalla Repubblica di Estonia e il 6 novembre 2019 dalla Repubblica di Lettonia, detti Stati membri e detta istituzione hanno chiesto, ai sensi dell’articolo 143 del regolamento di procedura, di intervenire a sostegno del Parlamento e del Consiglio.

16

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 ottobre 2019, il Parlamento ha sollevato, ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura, un’eccezione di irricevibilità nella quale chiede che il Tribunale voglia:

in via principale,

respingere il ricorso in quanto irricevibile;

condannare la ricorrente alle spese;

in subordine, nel caso in cui il Tribunale respinga l’eccezione di irricevibilità o decida di riunire al merito l’esame dell’eccezione di irricevibilità, fissare nuovi termini al Parlamento e al Consiglio per la presentazione dei rispettivi controricorsi.

17

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 ottobre 2019 ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 2, del regolamento di procedura (in prosieguo: la «domanda incidentale»), il Consiglio ha chiesto al Tribunale:

di ordinare che taluni documenti (in prosieguo: i «documenti controversi») non siano versati al fascicolo o, per quanto riguarda quelli prodotti dalla ricorrente, che siano stralciati dal fascicolo, nella fattispecie [riservato] ( 1 ) (in prosieguo: il «primo documento controverso»), [riservato] (in prosieguo: il «secondo documento controverso») e [riservato] (in prosieguo: il «terzo documento controverso»);

di ignorare tutti i passaggi del ricorso e dei relativi allegati che fanno riferimento a tali documenti classificati «Restreint UE/EU Restricted» del Consiglio, ne descrivono il contenuto o li richiamano.

18

Nell’ambito della domanda incidentale, il Consiglio ha indicato di avere ricevuto varie domande di accesso a documenti in suo possesso, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43). Tali domande riguardavano documenti relativi ai negoziati in vista di un accordo tra l’Unione e un paese terzo, nella fattispecie [riservato], nonché alla procedura legislativa di adozione della direttiva impugnata. A tale proposito, esso ha precisato che, alla data di presentazione della domanda incidentale, non aveva dato accesso a nessuno di tali documenti e che, alla data di proposizione del presente ricorso, non era stata sollevata dinanzi al Tribunale alcuna contestazione ai sensi dell’articolo 263 TFUE riguardo al rigetto di tali domande di accesso ai documenti. Ha inoltre allegato alla domanda incidentale i documenti che aveva redatto, alla data dell’11 ottobre 2019, in relazione a tali domande.

19

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 ottobre 2019 ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità nella quale chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile;

condannare la ricorrente alle spese.

20

Il 4 novembre 2019 la ricorrente ha depositato le sue osservazioni sulla domanda incidentale, nelle quali chiede che il Tribunale voglia respingere la domanda di stralcio dei documenti presentata dal Consiglio, mantenere nel fascicolo tutti i riferimenti contenuti nei documenti da essa sottoposti al Tribunale e ammettere un documento, nella fattispecie il primo documento controverso, come facente parte del fascicolo di causa.

21

Il 29 novembre 2019 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio, con le quali chiede in sostanza che il Tribunale voglia:

in via principale,

riunire al merito l’esame delle eccezioni di irricevibilità;

fissare un nuovo termine per il deposito dei controricorsi, più breve di quello previsto dall’articolo 81 del regolamento di procedura onde evitare ulteriori ritardi nella trattazione della causa;

riservare le spese;

in subordine,

respingere le eccezioni di irricevibilità in quanto infondate;

condannare il Parlamento e il Consiglio alle spese.

22

Con atto separato, depositato anch’esso presso la cancelleria del Tribunale il 29 novembre 2019, la ricorrente ha chiesto al Tribunale, ai sensi dell’articolo 88 del regolamento di procedura, di adottare una misura di organizzazione del procedimento o, se del caso, una misura istruttoria, consistente nel chiedere ai «convenuti» di produrre taluni documenti detenuti dal Consiglio (in prosieguo: la «domanda di misura di organizzazione del procedimento»). Nell’ambito di tale domanda, la ricorrente ha rivelato, circostanza ignota al Consiglio fino ad allora, che le domande presentategli il 10 e il 13 maggio 2019 ai sensi del regolamento n. 1049/2001, da esso menzionate nella domanda incidentale, erano opera di uno dei suoi dipendenti, cittadino dell’Unione (in prosieguo: le «domande del dipendente della ricorrente»). Con tali domande, detto dipendente aveva chiesto l’accesso a tutti i documenti in possesso del Consiglio contenenti le osservazioni presentate dagli Stati membri in merito alla proposta della Commissione che ha portato all’adozione della direttiva impugnata, nonché a vari altri documenti di lavoro specificamente designati. Nella sua risposta iniziale del 5 giugno 2019, il Consiglio ha negato l’accesso a tali documenti. A seguito della presentazione da parte del suddetto dipendente della ricorrente, in data 23 giugno 2019, di una domanda di conferma che invitava il Consiglio a riesaminare la sua posizione, quest’ultimo, con decisione dell’8 novembre 2019, da un lato, ha concesso l’accesso completo a 23 dei documenti richiesti e un accesso parziale ad altri 25 dei documenti richiesti e, dall’altro, ha negato l’accesso a due dei documenti richiesti.

23

Il 6 dicembre 2019 la ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’articolo 66 del regolamento di procedura, che determinati dati contenuti nelle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio siano considerati riservati nei confronti del pubblico.

24

Il 19 dicembre 2019 la ricorrente ha presentato osservazioni sullo stato del procedimento a seguito della proroga da parte del Tribunale, su istanza del Consiglio, del termine concesso al Parlamento e al Consiglio per presentare le loro osservazioni sulla domanda di misura di organizzazione del procedimento. Il Tribunale ha accettato di versare agli atti tale documento non previsto dal regolamento di procedura.

25

Il 17 gennaio 2020 il Parlamento e il Consiglio hanno presentato le loro osservazioni sulla domanda di misura di organizzazione del procedimento.

26

Il 27 gennaio 2020 la ricorrente ha presentato osservazioni supplementari, non previste dal regolamento di procedura, che il Tribunale ha accettato di versare agli atti.

27

Il 5 febbraio 2020 il Tribunale ha invitato le parti principali, a titolo di misura di organizzazione del procedimento, a presentare le loro osservazioni sulle conseguenze da trarre, in relazione alla domanda incidentale, dalla sentenza del 31 gennaio 2020Slovenia/Croazia (C‑457/18, EU:C:2020:65). Le parti principali hanno ottemperato a tale misura entro il termine impartito.

28

Con decisione del 4 aprile 2020, il presidente del Tribunale ha disposto, ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura, alla luce delle particolari circostanze della presente causa, che la stessa fosse decisa in via prioritaria.

29

Il 6 aprile 2020 il Consiglio ha prodotto una nuova offerta di prove, consistente nella decisione del Mediatore europeo, del 27 marzo 2020, con cui quest’ultimo, decidendo in merito a una denuncia del 27 agosto 2019 riguardante il rifiuto del Consiglio di dare accesso a documenti relativi al gasdotto «Nord Stream 2», ha respinto detta denuncia in quanto il rifiuto non costituiva un caso di cattiva amministrazione, essendo giustificato dalla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali dell’Unione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001. La ricorrente e il Parlamento sono stati invitati a presentare le loro osservazioni su questa nuova offerta di prove entro un termine di due settimane, cosa che hanno fatto, e, alla luce di tali osservazioni, il Tribunale ha deciso di accettare la nuova offerta di prove e di versarla agli atti.

In diritto

Sull’incidente di procedura sollevato dal Consiglio

30

Ai sensi dell’articolo 130, paragrafi 2 e 7, del regolamento di procedura, se una parte, con atto separato, chiede al Tribunale di statuire su un incidente di procedura, esso statuisce nel più breve termine possibile sulla domanda, dopo aver aperto, se del caso, la fase orale del procedimento.

31

Nel caso di specie, il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto dagli atti di causa, in particolare dalle osservazioni delle altre parti principali sulla domanda incidentale nonché dalle risposte delle parti al quesito posto dal Tribunale il 5 febbraio 2020, e decide pertanto di statuire su detto incidente con la presente ordinanza, senza che occorra aprire la fase orale del procedimento.

32

Nella domanda incidentale, il Consiglio, sostenuto in sostanza dal Parlamento con la risposta al quesito del Tribunale del 5 febbraio 2020, fa valere che i documenti controversi sono e rimangono, anche alla data di detta domanda, documenti classificati «Restreint UE/EU Restricted» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU 2013, L 274, pag. 1), vale a dire «informazioni e materiali la cui divulgazione non autorizzata potrebbe essere pregiudizievole per gli interessi dell’Unione (...) o di uno o più Stati membri».

33

Inoltre, per quanto riguarda in particolare il secondo e il terzo documento controverso, ma parimenti il primo documento controverso, il Consiglio afferma che, se la ricorrente fosse autorizzata a produrli a sostegno del suo ricorso, ciò equivarrebbe ad eludere le procedure previste a norma del regolamento n. 1049/2001, fermo restando che, per quanto riguarda tali documenti, il Consiglio, in risposta alle richieste del dipendente della ricorrente, ha negato, in tutto o in parte, l’accesso ai menzionati documenti e queste decisioni non sono state successivamente impugnate ai sensi dell’articolo 263 TFUE dinanzi al Tribunale. Neppure il fatto che, senza l’autorizzazione del Consiglio, i suddetti documenti siano trapelati sul sito Internet di un organo di stampa o con altri mezzi e che successivamente alcune persone, pienamente consapevoli della loro classificazione «Restreint UE/EU Restricted», abbiano scritto articoli e commenti con i quali rivelavano il contenuto dei documenti in questione autorizzerebbe la ricorrente ad utilizzarli o richiamarli nel presente procedimento.

34

In particolare, il Consiglio sostiene che il danno cagionato alle istituzioni dell’Unione a seguito della produzione e dall’utilizzo non autorizzati dei documenti controversi supera ampiamente il danno causato dagli autori che citano o utilizzano tali documenti in pubblicazioni di ricerca o articoli di stampa. Infatti, l’utilizzo nel contesto giudiziario del presente procedimento non solo annullerebbe la tutela che la classificazione «Restreint UE/EU Restricted» dovrebbe conferire, ma potrebbe anche incitare la ricorrente ad utilizzare detti documenti in altri procedimenti giudiziari dinanzi ad altri giudici o organi, in particolare nel procedimento arbitrale da essa avviato il 26 settembre 2019 nei confronti dell’Unione conformemente alle disposizioni del Trattato sulla Carta dell’energia oggetto della decisione 98/181/CE, CECA/Euratom del Consiglio e della Commissione, del 23 settembre 1997, concernente la conclusione da parte delle Comunità europee del trattato sulla Carta dell’energia e del protocollo della Carta dell’energia sull’efficienza energetica e sugli aspetti ambientali correlati (GU 1998, L 69, pag. 1).

35

Nelle sue osservazioni sull’incidente di procedura, la ricorrente sostiene che la domanda del Consiglio dell’11 ottobre 2019 dovrebbe essere integralmente respinta.

36

A tale proposito, la ricorrente afferma che i documenti controversi sono chiaramente pertinenti per dimostrare la sua legittimazione ad agire per l’annullamento della direttiva impugnata, e in particolare che tale direttiva la riguarda «specificamente», nonché per sostenere i motivi dedotti nel merito, in particolare la violazione dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto nonché l’abuso di potere del colegislatore. Inoltre, quanto al fatto che detti documenti sono classificati «Restreint UE/EU Restricted», essa ritiene che siffatta classificazione sia interna al Consiglio e non imponga alcun obbligo a terzi, come la ricorrente, e che, in ogni caso, questa tutela si estingua di fatto quando, come nel caso di specie, i documenti contrassegnati con tale classificazione, in assenza di misure del Consiglio volte ad impedirne la circolazione o a far rispettare le sue regole al di fuori del proprio ambito, sono divenuti di pubblico dominio, nella fattispecie su Internet, e sono stati ampiamente citati in vari articoli pubblicati.

37

Inoltre, andrebbe respinto l’argomento del Consiglio secondo cui il Tribunale dovrebbe negare a una parte l’autorizzazione a produrre un documento fintanto che l’accesso al medesimo sia oggetto di un procedimento amministrativo o giurisdizionale pendente. Infatti, il regolamento n. 1049/2001 non si applicherebbe direttamente nell’esercizio della giurisdizione da parte dei giudici dell’Unione. Per di più, dati i tempi necessari per ottenere una decisione del Consiglio ai sensi del regolamento n. 1049/2001 e una successiva decisione del Tribunale ai sensi dell’articolo 263 TFUE sulla legittimità di una siffatta decisione del Consiglio che nega l’accesso a un documento, la posizione del Consiglio, qualora fosse confermata, renderebbe praticamente impossibile produrre dinanzi al giudice dell’Unione, prima della conclusione del procedimento giudiziario principale in cui il documento è pertinente e utile come elemento di prova, un documento che un’istituzione dell’Unione rifiuta di divulgare. In subordine, la ricorrente sostiene che i motivi opposti dal Consiglio alle domande del dipendente della ricorrente, e che esso intende ribadire nel presente procedimento, non sono sufficientemente circostanziati e che, in ogni caso, gli asseriti effetti pregiudizievoli della divulgazione del contenuto del primo documento controverso sarebbero già stati provocati da dichiarazioni pubbliche della Commissione.

Considerazioni preliminari

38

Preliminarmente, in primo luogo, si deve constatare che, nel caso di specie, è pacifico che la ricorrente non abbia previamente chiesto al Consiglio e/o alla Commissione l’autorizzazione a produrre dinanzi al Tribunale i documenti controversi di cui tali istituzioni dell’Unione sono autrici e/o destinatarie; in secondo luogo, occorre statuire sull’incidente di procedura, fatta salva la domanda di misura di organizzazione del procedimento proposta dalla ricorrente il 29 novembre 2019, che sarà esaminata successivamente; in terzo luogo, va rilevato che, alla data di deposito della domanda incidentale e nella fase dell’esame dell’incidente di procedura sollevato con detta domanda, il Tribunale non aveva ordinato la produzione di detti documenti controversi nel procedimento principale e, in quarto luogo, si deve constatare che né il Consiglio, né il Parlamento, né la Commissione li avevano divulgati, in tutto o in parte, volontariamente o in risposta a una domanda di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni presentata ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

39

Inoltre, è giocoforza constatare che, sebbene le disposizioni del regolamento n. 1049/2001 non siano applicabili nel presente procedimento, tuttavia la ricorrente ha prodotto i documenti controversi nel caso di specie senza l’autorizzazione degli autori e/o dei destinatari. Pertanto, dette disposizioni presentano un certo valore indicativo in vista della ponderazione degli interessi necessaria per statuire sulla domanda di stralcio dei documenti stessi (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punti 9, 1213, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 67).

40

A tale proposito, anzitutto, l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 prevede che «[l]e istituzioni negano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela (...) [delle] procedure giurisdizionali e [della] consulenza legale, (...) a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione». Orbene, sarebbe contrario all’interesse pubblico, di cui deve tenersi conto ai sensi di tale disposizione, la quale esige che le istituzioni possano fruire dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, ammettere che la produzione di documenti interni, aventi natura di pareri giuridici, possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi al Tribunale senza che la suddetta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o ordinata da detto giudice (v. ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 8 e giurisprudenza citata; sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 66).

41

Tali considerazioni valgono, mutatis mutandis, per gli interessi tutelati dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001. Detta disposizione prevede criteri alquanto generici in base ai quali la consultazione deve essere negata al pubblico, come risulta dal tenore di detta disposizione, qualora la divulgazione del documento in questione arrechi «pregiudizio» alla tutela dell’«interesse pubblico», con particolare riguardo alla «sicurezza pubblica» o alle «relazioni internazionali» e non soltanto, come era stato proposto nel corso della procedura legislativa che ha condotto all’adozione del menzionato regolamento, quando è effettivamente accertato un «significativo» pregiudizio a tale tutela (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punti da 36 a 38, e del 7 febbraio 2018, Access Info Europe/Commissione, T‑851/16, EU:T:2018:69, punto 39).

42

Pertanto, sarebbe contrario all’interesse pubblico relativo alla tutela dell’«interesse pubblico», con particolare riguardo alla «sicurezza pubblica» o alle «relazioni internazionali», ammettere che la produzione di documenti interni, rientranti nel campo di applicazione della succitata disposizione, possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi al Tribunale senza che la suddetta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o ordinata da detto giudice (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 66).

43

Inoltre, il semplice fatto che la ricorrente faccia valere alcuni dei documenti controversi in una lite dinanzi al Tribunale contro una parte diversa dall’istituzione da cui promanano tali documenti, nella fattispecie l’istituzione destinataria degli stessi, è privo di qualsiasi incidenza sulla protezione degli interessi pubblici delle istituzioni, tutelati dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001, e dunque non rende superflua la ponderazione degli interessi richiesta al fine di statuire sulla domanda di stralcio dei menzionati documenti dal fascicolo della causa (v. sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 69 e giurisprudenza citata).

44

Infine, il fatto, invocato dalla ricorrente, che essa abbia avuto accesso ai documenti controversi tramite un sito Internet indicato in un articolo di dottrina o che essa abbia preso conoscenza del loro contenuto attraverso gli elementi riportati dagli autori di articoli di dottrina non può rimettere in discussione le considerazioni sopra svolte (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 72 e giurisprudenza citata).

45

È alla luce di queste considerazioni che occorre esaminare le domande formulate dal Consiglio nella domanda incidentale.

Sulle domande volte ad ottenere che il Tribunale stralci dal fascicolo i documenti controversi

46

La domanda del Consiglio riguarda tre documenti, i quali devono essere esaminati in ordine successivo, tenendo conto del fatto, confermato dalla ricorrente, che, per quanto riguarda i primi due documenti controversi, essi formavano oggetto delle domande del dipendente della ricorrente, le quali hanno dato luogo a decisioni di rigetto del Consiglio che, secondo quest’ultima, sarebbero state adottate in violazione del regolamento n. 1049/2001.

– Sul primo documento controverso

47

Per quanto concerne il primo documento controverso, il Consiglio sottolinea che il parere giuridico ivi contenuto non è stato reso pubblico in quanto la sua divulgazione non autorizzata rischiava di compromettere il buon funzionamento dell’istituzione. Sebbene detto documento non sia stato allegato al ricorso, la ricorrente ne citerebbe e analizzerebbe il contenuto, facendo riferimento ad articoli di autori che non solo descrivono il contenuto del documento in questione, ma altresì forniscono collegamenti ipertestuali al sito Internet di un organo di stampa che dà accesso al parere di cui trattasi.

48

A tale proposito, è giocoforza constatare che, inizialmente, la ricorrente non aveva allegato al ricorso il primo documento controverso. Tuttavia, sebbene l’11 ottobre 2019 il Consiglio avesse chiesto che il suddetto documento non facesse parte del fascicolo, la ricorrente si è permessa di produrlo in allegato alle sue osservazioni sulla domanda incidentale.

49

Pertanto, anche se, per quanto riguarda il primo documento controverso, inizialmente la domanda incidentale non poteva avere ad oggetto lo stralcio di tale documento dal fascicolo, ma tutt’al più doveva essere considerata come una domanda che invitava il Tribunale, per il prosieguo del procedimento, a non ammettere detto documento e a non richiederne la produzione, tuttavia è giocoforza constatare che, poiché la ricorrente ha successivamente prodotto il documento in parola e il Consiglio ha concluso per l’irricevibilità dello stesso nelle sue osservazioni del 17 gennaio 2020, il Tribunale deve ora statuire sulla ricevibilità del documento di cui trattasi.

50

A tal riguardo, il primo documento controverso, come indica il suo titolo, è un parere formulato dal servizio giuridico del Consiglio e rivolto ai rappresentanti permanenti degli Stati membri dell’Unione presso detta istituzione. Esso reca il titolo «[riservato]». Pertanto, il documento in parola contiene innegabilmente un parere giuridico ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

51

Inoltre, facendo valere e producendo, nell’ambito del presente ricorso, il menzionato parere giuridico, proveniente dal servizio giuridico di una delle parti convenute e che contiene una valutazione giuridica relativa a questioni di diritto rilevanti per l’oggetto del ricorso, la ricorrente intende porre i convenuti a confronto con tale parere nel presente procedimento. Orbene, autorizzare il mantenimento di detto parere giuridico nel fascicolo di causa, malgrado che la sua divulgazione non sia stata autorizzata dal Consiglio, il quale ha respinto le domande del dipendente della ricorrente, finirebbe per permettere a quest’ultima di aggirare la procedura di domanda di accesso a un documento siffatto, istituita dal regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 14, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 68).

52

Nel caso di specie, esiste un rischio prevedibile, tutt’altro che ipotetico, che, a motivo della produzione non autorizzata del primo documento controverso nel presente procedimento, il Consiglio e, in misura minore, il Parlamento siano costretti a prendere pubblicamente posizione in merito ad un parere giuridico che era destinato, con tutta evidenza, ad un uso interno di un’istituzione dell’Unione. Orbene, una simile prospettiva comporterebbe inevitabilmente ripercussioni negative in riferimento all’interesse delle istituzioni, in particolare del Consiglio, a richiedere pareri giuridici e ad ottenere pareri franchi, obiettivi e completi (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 70; v. altresì, per analogia, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 42, nonché ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 16).

53

Pertanto, giustamente il Consiglio fa valere, nella domanda incidentale, la tutela della consulenza legale, quale prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. A tale proposito, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tenuto conto della funzione probatoria e strumentale degli allegati (v., in tal senso, ordinanza dell’8 novembre 2007, Belgio/Commissione, C‑242/07 P, EU:C:2007:672, punto 41), il Consiglio poteva suffragare le affermazioni formulate nella domanda incidentale producendo, in allegato alle sue osservazioni sulla domanda di misura di organizzazione del procedimento, la decisione di diniego di accesso al primo documento controverso da esso opposto a una persona fisica, la quale, nel corso del procedimento, si è rivelata essere il dipendente della ricorrente che ha agito nell’interesse di quest’ultima.

54

Per quanto concerne l’esistenza di un interesse pubblico prevalente atto a giustificare il mantenimento del primo documento controverso nel fascicolo della presente causa, oltre al fatto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il parere giuridico contenuto in tale documento non riguarda una procedura legislativa per la quale si impone una trasparenza accresciuta (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 46, 47, 6768), in quanto esso riguarda unicamente, in questa fase, [riservato], occorre rilevare che, per la ricorrente, l’interesse di questo mantenimento consiste nell’essere in grado di avvalersi di detto parere giuridico a sostegno della sua risposta e delle sue osservazioni sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio. Date tali circostanze, la produzione del suddetto parere giuridico appare guidata dagli interessi propri della ricorrente a supportare il proprio argomento relativo alla ricevibilità e al merito del ricorso, e non da un qualsivoglia interesse pubblico prevalente (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 18, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 71).

55

Inoltre, il fatto, invocato dalla ricorrente, che essa abbia avuto accesso ai documenti controversi tramite un sito Internet cui rinvia un articolo di dottrina, o abbia preso conoscenza del loro contenuto attraverso gli elementi riportati da autori di articoli di dottrina o ancora che altre istituzioni, quali il Parlamento o la Commissione, abbiano fatto riferimento, nelle dichiarazioni o nei documenti pubblicati sui loro siti Internet, al primo documento controverso, eventualmente rivelando in parte le conclusioni del parere giuridico ivi contenuto, non può rimettere in discussione le considerazioni sopra svolte in merito all’interesse del Consiglio, e non di queste altre istituzioni, a preservare la sua prerogativa di richiedere pareri giuridici al proprio servizio giuridico e ad ottenere pareri franchi, obiettivi e completi (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 72 e giurisprudenza citata).

56

Per quanto riguarda la critica mossa dalla ricorrente all’incapacità del Consiglio di controllare la fuoriuscita dal proprio ambito del primo documento controverso e alla sua inerzia nel garantire il rispetto del carattere riservato che intendeva attribuire a tale documento classificandolo «Restreint UE /EU Restricted», il Tribunale ritiene che, quand’anche il Consiglio potesse effettivamente adottare misure volte, in particolare, a far rimuovere detto documento da Internet, resta il fatto che la mancanza di iniziativa o l’insuccesso del Consiglio a questo riguardo non consentono di dedurre che esso abbia implicitamente autorizzato la divulgazione del menzionato documento ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

– Sul secondo documento controverso

57

Per quanto concerne il secondo documento controverso, esso costituisce, come indica il suo titolo, raccomandazioni rivolte dalla Commissione al Consiglio in vista dell’adozione di una decisione relativa a negoziati internazionali con un paese terzo riguardanti specificamente [riservato].

58

A questo proposito, il Consiglio sostiene, nella domanda incidentale, che all’epoca il secondo documento controverso era ancora all’esame di detta istituzione. Tale documento non sarebbe stato divulgato al pubblico, neppure in seguito a domande di accesso ai documenti presentate ai sensi del regolamento n. 1049/2001, in quanto siffatta divulgazione arrecherebbe pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali e nuocerebbe al processo decisionale del Consiglio, in particolare compromettendo la posizione del Consiglio e dell’Unione nelle procedure giurisdizionali, anche dinanzi a tribunali arbitrali, ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del menzionato regolamento.

59

La ricorrente sostiene, anche per quanto riguarda il secondo documento controverso, che il Tribunale deve attenersi agli elementi esposti dal Consiglio nella domanda incidentale, senza potersi basare sui motivi del diniego di accesso a detto documento, come illustrati nella decisione del Consiglio, da esso allegata alle sue osservazioni, con la quale siffatto accesso viene negato a una persona fisica. In subordine, per quanto riguarda l’argomento del Consiglio, esposto nella suddetta decisione di diniego, secondo cui la divulgazione del secondo documento controverso danneggerebbe le relazioni internazionali dell’Unione rivelando [riservato], la ricorrente, rilevando al contempo che sarebbe la prima volta che un documento di questa natura non viene rivelato al pubblico, sostiene che il Consiglio, a partire dal momento in cui ha lasciato trapelare al di fuori del proprio ambito il documento o le informazioni, non può invocare simili motivi né sostenere che la divulgazione del documento in parola influirebbe negativamente sulle discussioni relative a tale fascicolo e [riservato]. In ogni caso, neppure il riferimento a un presunto indebolimento della posizione dell’Unione nel procedimento arbitrale avviato nei suoi confronti dalla ricorrente sarebbe sufficiente a giustificare lo stralcio dal fascicolo del secondo documento controverso. Infatti, detto procedimento è distinto dal presente procedimento giurisdizionale. Orbene, secondo la ricorrente, nel menzionato procedimento arbitrale non sono applicabili né il regolamento n. 1049/2001 né le norme di procedura del Tribunale, così come la decisione del Tribunale sull’incidente di procedura non sarà opponibile nel suddetto procedimento.

60

A tal riguardo, si deve rammentare che il principio di interpretazione restrittiva delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, come riconosciuto dalla giurisprudenza (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 63, del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 36, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 30), non osta a che, per quanto riguarda le eccezioni relative all’interesse pubblico di cui al paragrafo 1, lettera a), di detto articolo, l’istituzione interessata disponga di un ampio margine discrezionale per determinare se la divulgazione al pubblico di un documento arrechi un pregiudizio agli interessi tutelati da tale disposizione (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 64, e del 7 febbraio 2018, Access Info Europe/Commissione, T‑851/16, EU:T:2018:69, punto 40).

61

La Corte ha infatti ritenuto che si debba riconoscere che la natura particolarmente delicata e basilare di tali interessi, unita al carattere obbligatorio del diniego di consultazione che, ai sensi di detta disposizione, l’istituzione deve opporre qualora la divulgazione al pubblico di un documento possa arrecare pregiudizio a detti interessi, attribuisce alla decisione che dev’essere così presa dall’istituzione un carattere complesso e delicato, tale da richiedere un grado di cautela del tutto particolare e che, nel caso di specie, per una siffatta decisione è di conseguenza necessaria una certa discrezionalità (sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 35). Ciò è suffragato dal fatto che le eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 sono formulate in termini categorici in quanto le istituzioni sono tenute a negare l’accesso ai documenti rientranti nell’ambito di tali eccezioni obbligatorie qualora sia provata la sussistenza delle circostanze di cui a dette eccezioni, senza che occorra bilanciare la tutela dell’interesse pubblico con un interesse generale prevalente che ne imporrebbe la divulgazione (v. sentenze del 7 febbraio 2018, Access Info Europe/Commissione, T‑851/16, EU:T:2018:69, punto 38 e giurisprudenza citata, e del 7 febbraio 2018, Access Info Europe/Commissione, T‑852/16, EU:T:2018:71, punto 38 e giurisprudenza citata).

62

A tal riguardo, è già stato statuito, in sostanza, che la divulgazione in decisioni di elementi che presentano un nesso con gli obiettivi perseguiti dall’Unione e dai suoi Stati membri, in particolare in quanto gli stessi affrontano il contenuto specifico di un accordo internazionale previsto o gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nelle negoziazioni, nuocerebbe al clima di fiducia nei negoziati in corso al momento della decisione di diniego di accesso ai documenti contenenti tali elementi (sentenza del 7 febbraio 2018, Access Info Europe/Commissione, T‑852/16, EU:T:2018:71, punto 44; v. altresì, in tal senso, sentenza del 4 maggio 2012, In’t Veld/Consiglio, T‑529/09, EU:T:2012:215, punti 35, 3639).

63

Alla luce delle considerazioni che precedono e del contenuto del secondo documento controverso, è giocoforza constatare che giustamente il Consiglio ritiene che la divulgazione di tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, nella fattispecie nei rapporti tra l’Unione e [riservato], il che giustifica di per sé l’esclusione di tale documento dal fascicolo, senza che sia necessario bilanciare la tutela di detto interesse pubblico con un interesse generale prevalente, o esaminare gli altri due motivi dedotti dal Consiglio che osterebbero alla possibilità per la ricorrente di produrre il secondo documento controverso, vale a dire quelli relativi alla tutela delle procedure giurisdizionali e del processo decisionale interno del Consiglio, previsti rispettivamente all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, e paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

64

Occorre inoltre ribadire che tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti già esposti e respinti ai punti 55 e 56 supra.

– Sul terzo documento controverso

65

Per quanto concerne il terzo documento controverso, la ricorrente afferma di non farvi riferimento nel ricorso e che, in realtà, la censura del Consiglio deve essere intesa nel senso che riguarda un articolo di dottrina, prodotto come allegato A. 19. Tuttavia, poiché l’argomento della ricorrente risulterebbe soltanto dall’esposizione contenuta nel ricorso, e non da quanto ad esso allegato e cui non viene fatto rinvio in detto ricorso, la domanda del Consiglio relativa al terzo documento controverso sarebbe priva di oggetto.

66

A tale proposito, è giocoforza constatare che, effettivamente, sebbene il secondo e il terzo documento controverso, quali evocati dal Consiglio nella domanda incidentale, rechino entrambi la data del 12 giugno 2017 e il terzo sia un allegato del secondo, risulta tuttavia che la ricorrente non ha prodotto, come tale, il terzo documento controverso. Pertanto, non vi è luogo a statuire sulla domanda, proposta in via principale, diretta allo stralcio di detto documento dal fascicolo.

67

Per quanto riguarda la domanda del Consiglio, apparentemente subordinata, diretta ad ottenere che il Tribunale disponga che il terzo documento controverso «non faccia parte» del fascicolo, sembra che essa sia intesa ad esprimere preventivamente la posizione di tale istituzione nel caso in cui il Tribunale considerasse di adottare una misura di organizzazione del procedimento per chiedergli di produrre detto documento. Tuttavia, una domanda siffatta non riflette l’esistenza di un incidente di procedura, cosicché non vi è luogo a statuire neppure su di essa.

68

Da tutte le considerazioni che precedono risulta che, poiché sono stati prodotti senza l’autorizzazione dell’istituzione interessata, in quanto autrice o destinataria, e senza che il Tribunale, in questa fase, ne abbia ordinato la produzione, occorre escludere dal fascicolo il primo documento controverso, prodotto come allegato O. 20 delle osservazioni della ricorrente sulla domanda incidentale, e il secondo documento controverso, prodotto come allegato A. 14 del ricorso.

Sulla domanda diretta ad ottenere che il Tribunale ignori alcuni passaggi del ricorso e degli allegati

69

Per quanto riguarda la domanda connessa del Consiglio diretta ad ottenere che il Tribunale ignori i passaggi del ricorso che si riferiscono ai documenti controversi, in particolare i punti da 50 a 53, il punto 112, lettera a), iii), il punto 139 e il punto 158, lettera d), la ricorrente sostiene che debba essere respinta. Essa rileva infatti che, in tali punti e ad esclusione dell’ultimo, in cui non figura alcun riferimento esplicito al primo documento controverso, si è limitata a spiegare che la direttiva impugnata ha tratto origine dall’analisi giuridica contenuta nel primo documento controverso. Orbene, questa origine sarebbe spiegata al paragrafo 2 della proposta di direttiva, che è un documento pubblico. Inoltre, l’asserzione del Consiglio sembrerebbe riferirsi più alla presunta possibilità per la ricorrente di basarsi su un documento pubblicato dal Parlamento, intitolato «Common Rules for Gas Pipelines entering the EU Internal Market» (Norme comuni per i gasdotti in ingresso nel mercato interno dell’Unione), anche se, a motivo della natura pubblica di tale documento, la ricorrente potrebbe fare riferimento a quest’ultimo nonché alle informazioni da esso rivelate. Per di più, il Tribunale non potrebbe privare la ricorrente della possibilità di fare riferimento a scritti accademici, neppure qualora si basassero o si riferissero essi stessi, in tutto o in parte, a documenti riservati oppure ne rivelassero direttamente o indirettamente il contenuto.

70

A tale proposito, in seguito allo stralcio del primo e del secondo documento controverso dal fascicolo, si deve osservare, conseguentemente, che gli argomenti della ricorrente, quali figurano nel ricorso e che fanno riferimento a detti documenti, non sono più suffragati da prove che ne corroborino il contenuto e la veridicità. Per quanto riguarda gli articoli di dottrina prodotti dalla ricorrente che si riferiscono ai primi due documenti controversi o ne rivelano degli estratti, da un lato, tali pubblicazioni non sono state dichiarate illegittime di per sé da un’autorità amministrativa o giudiziaria e, dall’altro, poiché il valore probatorio di pubblicazioni e altri commenti dottrinali è generalmente limitato, si deve ritenere che, a fortiori, quelli prodotti nel caso di specie, sebbene non sia necessario escluderli dal fascicolo, abbiano ancor meno valore probatorio in quanto la ricorrente non ha prodotto, legittimamente, i documenti di partenza dei quali essi rivelerebbero il contenuto.

71

In siffatte circostanze, la domanda incidentale diretta ad ottenere che il Tribunale ignori taluni passaggi del ricorso e degli allegati deve essere accolta unicamente per quanto riguarda i passaggi nei quali sono riprodotti degli estratti del primo e del secondo documento controverso (v., in tal senso, ordinanze del 30 aprile 2010, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, T‑18/10 R, non pubblicata, EU:T:2010:172, punto 23, e del 21 febbraio 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:91, punto 16). Detta domanda deve essere respinta per il resto.

72

Alla luce dell’insieme delle precedenti considerazioni, occorre statuire come segue sulla domanda incidentale:

i documenti prodotti dalla ricorrente come allegati A. 14 e O. 20 sono stralciati dal fascicolo e non deve più tenersi conto dei passaggi del ricorso e degli allegati nei quali sono riprodotti estratti di tali documenti;

non vi è luogo a statuire per quanto riguarda il terzo documento controverso;

la domanda incidentale è respinta per il resto.

Sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio

73

A sostegno delle loro eccezioni di irricevibilità, il Parlamento e il Consiglio affermano che la ricorrente non è legittimata ad agire per l’annullamento della direttiva impugnata, in quanto non è né direttamente né individualmente interessata da detta direttiva. Il presente ricorso sarebbe pertanto irricevibile.

74

La ricorrente, dal canto suo, sostiene di essere legittimata ad agire per l’annullamento della direttiva impugnata.

75

A tale proposito, ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura, se il convenuto o i convenuti, con atto separato, chiedono al Tribunale di statuire sull’irricevibilità o sull’incompetenza senza avviare la discussione nel merito, quest’ultimo statuisce nel più breve termine possibile, dopo aver aperto, se del caso, la fase orale del procedimento.

76

Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide di pronunciarsi con la presente ordinanza sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio, senza che sia necessario aprire la fase orale del procedimento.

Considerazioni preliminari

77

Ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, «[q]ualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro[, prima ipotesi,] gli atti adottati nei suoi confronti o[, seconda ipotesi,] che la riguardano direttamente e individualmente, e[, terza ipotesi,] contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

78

A tale proposito, anche se l’articolo 263, quarto comma, TFUE non riguarda espressamente la ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche o giuridiche nei confronti di una direttiva, emerge comunque dalla giurisprudenza che quest’unica circostanza non è sufficiente per dichiarare irricevibili detti ricorsi. Infatti, le istituzioni dell’Unione non possono escludere, con la sola scelta della forma dell’atto di cui trattasi, la tutela giurisdizionale che tale disposizione del Trattato offre alle persone fisiche o giuridiche (v., per analogia, ordinanza del 10 settembre 2002, Japan Tobacco e JT International/Parlamento e Consiglio, T‑223/01, EU:T:2002:205, punto 28 e giurisprudenza citata).

79

Ciò posto, ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, una direttiva ha per destinatari gli Stati membri. Pertanto, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, le persone fisiche o giuridiche, quali la ricorrente, possono proporre un ricorso di annullamento contro una direttiva, come quella impugnata, solo a condizione che, conformemente alla «seconda ipotesi», essa le riguardi direttamente e individualmente o, secondo la «terza ipotesi», costituisca un atto regolamentare che le riguarda direttamente e non comporta alcuna misura d’esecuzione [v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 2010, Microban International e Microban (Europe)/Commissione, T‑262/10, EU:T:2011:623, punto 19, e del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 29, nonché ordinanza del 7 luglio 2014, Wepa Lille/Commissione, T‑231/13, non pubblicata, EU:T:2014:640, punto 20].

80

Per quanto concerne la nozione di «atto regolamentare» ai sensi della «terza ipotesi» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, essa deve essere interpretata nel senso che include qualsiasi atto di portata generale, ad eccezione degli atti legislativi. Infatti, riguardo a questi ultimi atti, gli autori del Trattato di Lisbona hanno inteso mantenere un’impostazione restrittiva quanto alla possibilità per i singoli di chiederne l’annullamento, secondo cui essi devono dimostrare di essere «direttamente e individualmente interessati» da detti atti legislativi (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 5960, nonché Segretariato della Convenzione europea, Relazione finale del circolo di discussione sul funzionamento della Corte di giustizia, del 25 marzo 2003, CONV 636/03, punto 22, e nota di trasmissione del Praesidium alla Convenzione, del 12 maggio 2003, CONV 734/03, pag. 20).

81

A tale proposito, la distinzione tra un atto legislativo e un atto regolamentare, ai sensi del Trattato FUE, è basata sul criterio della procedura, legislativa o meno, che ha condotto alla sua adozione (v. ordinanza del 7 gennaio 2015, Freitas/Parlamento e Consiglio, T‑185/14, non pubblicata, EU:T:2015:14, punto 26 e giurisprudenza citata). Infatti, ai sensi dell’articolo 289 TFUE, gli atti giuridici adottati mediante procedura legislativa costituiscono atti legislativi, al pari, nei casi specifici previsti dai trattati, di taluni atti adottati su iniziativa di un gruppo di Stati membri o del Parlamento, su raccomandazione della Banca centrale europea (BCE) o su richiesta della Corte di giustizia dell’Unione europea o della Banca europea per gli investimenti (BEI).

82

Nel caso di specie, è pacifico che la direttiva impugnata è stata adottata ai sensi dell’articolo 194, paragrafo 2, TFUE e secondo la procedura legislativa ordinaria, come descritta all’articolo 294 TFUE. Di conseguenza, tale direttiva costituisce un atto legislativo ai sensi del Trattato FUE.

83

In siffatte circostanze, indipendentemente dal fatto che, in quanto direttiva, la direttiva impugnata preveda l’adozione di misure di recepimento da parte di taluni Stati membri destinatari, escludendo già in sé che essa possa essere considerata, in linea di principio, un atto che non comporta «alcuna misura d’esecuzione», la condizione relativa alla legittimazione della ricorrente a proporre un ricorso contro tale direttiva non può essere fondata sulla «terza ipotesi» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, in quanto l’atto contestato, vale a dire la direttiva impugnata, non costituisce un «atto regolamentare» ai sensi di detta disposizione.

84

Per quanto riguarda la «seconda ipotesi» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, occorre ricordare che, in talune circostanze, anche un atto legislativo che si applica alla generalità degli operatori economici interessati può riguardare direttamente e individualmente taluni di essi ai sensi di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del 17 gennaio 1985, Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, 11/82, EU:C:1985:18, punti da 11 a 32, e del 27 giugno 2000, Salamander e a./Parlamento e Consiglio, T‑172/98 e da T‑175/98 a T‑177/98, EU:T:2000:168, punto 30).

85

Pertanto, nel caso di specie, occorre esaminare se la ricorrente, tenuto conto dei requisiti posti, per quanto riguarda la «seconda ipotesi», dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, abbia dimostrato che la direttiva impugnata la riguarda direttamente e individualmente, fermo restando che la nozione di interesse diretto e individuale di cui a tale disposizione corrisponde a quella dell’articolo 230, quarto comma, CE, nozione che gli autori del Trattato di Lisbona non hanno inteso modificare (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 7071).

Sull’incidenza diretta nei confronti della ricorrente

86

Il Parlamento ritiene che la ricorrente non sia direttamente interessata dalla direttiva impugnata, in quanto quest’ultima è un atto normativo di portata generale che si applica in modo astratto a situazioni determinate oggettivamente. Inoltre, essa non avrebbe effetti sulla situazione giuridica della ricorrente prima che gli Stati membri, destinatari della direttiva impugnata, mettano in atto le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative necessarie per conformarsi a detta direttiva o, eventualmente, prima della scadenza del termine di recepimento.

87

In particolare, il Parlamento ritiene che, tenuto conto della facoltà degli Stati membri di derogare agli obblighi di cui alla direttiva 2009/73, come modificata dalla direttiva impugnata, e della possibilità per le autorità nazionali di regolamentazione di considerare giustificate siffatte deroghe e di definire gli obblighi cui esse devono essere subordinate, sia opportuno considerare, come avrebbe deciso il Tribunale nella sentenza del 27 giugno 2000, Salamander e a./Parlamento e Consiglio (T‑172/98 e da T‑175/98 a T‑177/98, EU:T:2000:168, punti da 67 a 70), che la direttiva impugnata lasci agli Stati membri un potere discrezionale tale da escludere che la ricorrente sia direttamente interessata da detta direttiva.

88

Inoltre, il Parlamento rileva che, in ogni caso, alla data di proposizione del presente ricorso, non era ancora stato deciso il percorso che avrebbe dovuto seguire il doppio gasdotto di trasporto «Nord Stream 2» nella ZEE della Danimarca, al largo dell’isola di Bornholm. Ciò confermerebbe che, per dimostrare di essere direttamente interessata, la ricorrente si basa sull’effetto, potenziale e futuro, della direttiva impugnata sul suo status parimenti futuro. Tuttavia, l’incidenza diretta dovrebbe sussistere alla data di proposizione del ricorso, il che farebbe necessariamente difetto nel caso di specie.

89

Il Consiglio sostiene che la ricorrente non è direttamente interessata dalla direttiva impugnata ai sensi della «seconda ipotesi» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, che deve essere interpretata restrittivamente, come la Corte ha sottolineato nella sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 59).

90

A tal riguardo, il Consiglio ritiene che la direttiva impugnata non sia idonea, di per sé, prima dall’adozione delle misure nazionali di recepimento di detta direttiva e indipendentemente da queste, ad incidere sulla situazione giuridica della ricorrente. In particolare, tenuto conto del tenore letterale e del contenuto della direttiva impugnata, alla ricorrente non sarebbe direttamente imposto alcun obbligo, dato che qualsiasi obbligo in materia di separazione, di accesso dei terzi o di tariffe regolamentate potrebbe derivare solo dalle misure nazionali di recepimento di tale direttiva. La ricorrente avrebbe peraltro riconosciuto questo stato di fatto in uno scambio di lettere precedente all’avvio da parte sua di un procedimento arbitrale nei confronti dell’Unione ai sensi della Carta dell’energia, in quanto essa affermava che, «[q]uando la direttiva [impugnata] [fosse entrata] in vigore e [fosse stata] recepita nel diritto tedesco, la sezione del Nord Stream 2 rientrante nell’ambito di applicazione geografico della direttiva (vale a dire la sezione situata nel territorio tedesco e nelle acque territoriali tedesche) [sarebbe stata] soggetta, in linea di principio, alle norme della direttiva [2009/73, come modificata dalla direttiva impugnata,] relative, in particolare, alla separazione, all’accesso dei terzi e alla regolamentazione delle tariffe».

91

Per quel che concerne le misure di recepimento della direttiva impugnata, gli Stati membri disporrebbero di un ampio margine di discrezionalità quanto alle modalità con cui desiderano attuare tale direttiva, segnatamente per quanto riguarda, in primo luogo, la scelta fra tre modelli di separazione (modello della completa separazione proprietaria, modello del gestore di sistema indipendente e modello del gestore di sistema di trasporto indipendente), in secondo luogo, la facoltà di concedere deroghe ed esenzioni dagli obblighi previsti dalla direttiva 2009/73, come modificata dalla direttiva impugnata, e, in terzo luogo, la possibilità di ricorrere alla procedura di abilitazione per concludere o modificare accordi con paesi terzi al fine di garantire che tali accordi internazionali siano conformi al diritto dell’Unione. Per quanto riguarda specificamente le deroghe che possono essere concesse, le autorità nazionali di regolamentazione disporrebbero di un potere discrezionale ai fini dell’adozione di dette decisioni, ma anche ai fini della definizione delle condizioni favorevoli alla concorrenza, all’efficace funzionamento del mercato interno o alla sicurezza dell’approvvigionamento cui esse possono subordinare siffatte deroghe.

92

Inoltre, la direttiva impugnata richiederebbe l’adozione di misure di esecuzione supplementari da parte delle autorità nazionali di regolamentazione, ad esempio per quanto riguarda la fissazione, le metodologie di calcolo e l’approvazione delle tariffe, per le quali esse disporrebbero di un margine di discrezionalità.

93

In ogni caso, il Consiglio sostiene che, anche supponendo, ai fini della prova giuridica, che gli Stati membri non dispongano di alcun margine di discrezionalità ai fini dell’adozione delle misure nazionali di recepimento della direttiva impugnata, l’incidenza diretta sulla situazione giuridica della ricorrente farebbe comunque difetto, in quanto la direttiva impugnata dispiegherebbe i suoi effetti giuridici nei confronti di un operatore, quale la ricorrente, soltanto tramite atti adottati dalle autorità nazionali.

94

Il Consiglio ritiene inoltre che la dimostrazione, da parte della ricorrente, dell’incidenza diretta della direttiva impugnata nei suoi confronti si basi sul presupposto, erroneo, che essa non avrebbe alcuna possibilità di ottenere una deroga ai sensi del nuovo articolo 49 bis introdotto dalla direttiva impugnata nella direttiva 2009/73, né ai sensi dell’articolo 36 di quest’ultima direttiva. Tuttavia, da un lato, contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, la direttiva impugnata non imporrebbe alle autorità nazionali di regolamentazione di esigere che le domande di deroga siano presentate prima che venga adottata una decisione di investimento o prima che sia avviata la costruzione dell’infrastruttura del gas in questione. Dall’altro, la decisione di concedere o meno una deroga siffatta spetterebbe alle autorità nazionali di regolamentazione, le quali agirebbero sulla base della normativa di recepimento della direttiva impugnata. Inoltre, a tale riguardo, le suddette autorità disporrebbero della facoltà di subordinare le deroghe in parola a condizioni particolari, che spetterebbe loro definire.

95

Infine, il Consiglio ricorda che, in ogni caso, non si può ritenere che eventuali effetti della direttiva impugnata sulla situazione economica della ricorrente dimostrino che detta direttiva ha un’incidenza diretta sulla sua situazione giuridica.

96

Nel ricorso e nelle sue osservazioni sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio, la ricorrente sostiene di essere direttamente interessata dalla direttiva impugnata. A suo avviso, indipendentemente dalla presunta possibilità di ottenere una deroga dall’autorità di regolamentazione tedesca ai sensi dell’articolo 49 bis, quale inserito dalla direttiva impugnata nella direttiva 2009/73, o ai sensi dell’articolo 36 di quest’ultima direttiva, il quale in ogni caso è applicabile soltanto alle «nuove infrastrutture», ipotesi che non ricorrerebbe per il «Nord Stream 2», i requisiti di cui alla direttiva 2009/73 le sarebbero applicabili già ora. Ciò varrebbe per gli obblighi relativi alla separazione dei sistemi di trasporto e dei gestori di sistemi di trasporto, previsti dall’articolo 9 della direttiva 2009/73, per l’obbligo di accordare a terzi l’accesso al suo gasdotto, previsto dall’articolo 32 di tale direttiva, e per gli obblighi riguardanti le tariffe, previsti dall’articolo 41, paragrafi 1 e 6, di detta direttiva nonché dalle corrispondenti leggi di recepimento tedesche.

97

Questi nuovi obblighi dovrebbero comportare cambiamenti significativi nel caso della ricorrente, in quanto, per conformarvisi, essa dovrebbe vendere l’intero gasdotto «Nord Stream 2» a terzi o modificare completamente la propria struttura organizzativa e aziendale, il che minerebbe fondamentalmente la base del finanziamento di tale infrastruttura, al quale, peraltro, sono state associate imprese europee.

98

Secondo la ricorrente, la direttiva impugnata non conferirebbe alla Repubblica federale di Germania, Stato membro nelle cui acque territoriali è situata la sezione interessata del gasdotto Nord Stream 2, alcun effettivo margine di discrezionalità ai fini dell’attuazione di tale direttiva, poiché le norme relative alla separazione, all’accesso dei terzi e alla regolamentazione delle tariffe si applicano alla ricorrente senza che essa possa ottenere una deroga alle corrispondenti disposizioni della direttiva 2009/73 ai sensi del nuovo articolo 49 bis introdotto in detta direttiva dalla direttiva impugnata.

99

Orbene, ciascuna delle opzioni in materia di separazione previste dalla direttiva impugnata avrebbe effetti considerevoli sulla situazione della ricorrente, incidendo in modo sostanziale sulla sua struttura proprietaria e aziendale. Pertanto, «[p]oiché la Germania sarebbe tenuta a chiedere alla ricorrente di conformarsi ad almeno una di queste tre opzioni, tale Stato membro non avrebbe la possibilità di agire o non agire», secondo la formula adottata dal Tribunale al punto 53 dell’ordinanza del 22 giugno 2006, Sahlstedt e a./Commissione (T‑150/05, EU:T:2006:172), e, pertanto, «i pregiudizi arrecati all[a] situazion[e] giuridic[a] dell[a ricorrente] s[arebbero] dovuti all’obbligo di raggiungere tale risultato», secondo la formula adottata dalla Corte al punto 63 della sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM, C‑125/06 P (EU:C:2008:159).

100

In ogni caso, non si potrebbe contestare che una società in una situazione come quella della ricorrente, che intendesse conformarsi ai requisiti della direttiva impugnata per essere pronta a gestire un gasdotto quale il «Nord Stream 2» alla data di scadenza del termine impartito agli Stati membri per recepire tale direttiva, ossia il 24 febbraio 2020, dovesse iniziare immediatamente ad adottare le modifiche necessarie, il che dimostrerebbe l’esistenza di effetti giuridici di tale direttiva sulla situazione della ricorrente.

101

Inoltre, quanto alla possibilità per la ricorrente di ottenere dall’autorità di regolamentazione tedesca una deroga ai sensi del nuovo articolo 49 bis della direttiva 2009/73, quale inserito in quest’ultima dalla direttiva impugnata, deroga che, secondo il Parlamento e il Consiglio, potrebbe praticamente eliminare tutti gli effetti giuridici della direttiva impugnata sulla sua situazione, la ricorrente ritiene che una domanda da parte sua, volta ad ottenere una deroga siffatta, sarebbe destinata al rigetto. Infatti, una simile deroga potrebbe essere concessa solo qualora l’infrastruttura del gas in questione sia stata «completat[a] entro il 23 maggio 2019», il che non è avvenuto nel caso del «Nord Stream 2». In realtà, la vera questione, di merito, sarebbe quella della portata della suddetta condizione che limita l’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 49 bis, e ciò giustificherebbe che il Tribunale decida di riunire al merito l’esame delle eccezioni di irricevibilità e fissi un termine per il deposito dei controricorsi da parte del Parlamento e del Consiglio.

102

A tale proposito, occorre rammentare che, conformemente a una giurisprudenza costante, il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dall’atto dell’Unione oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che tale atto, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del ricorrente e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (ordinanza del 19 giugno 2008, US Steel Košice/Commissione, C‑6/08 P, non pubblicata, EU:C:2008:356, punto 60, e sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42).

103

Lo stesso vale quando la possibilità per i destinatari di non dare seguito all’atto dell’Unione contestato sia puramente teorica, in quanto la loro volontà di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo sia fuori dubbio (v. ordinanza del 19 giugno 2008, US Steel Košice/Commissione, C‑6/08 P, non pubblicata, EU:C:2008:356, punto 61 e giurisprudenza citata, e sentenza del 4 dicembre 2019, Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo/Commissione, C‑342/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1043, punto 39 e giurisprudenza citata).

104

Nella fattispecie, si deve constatare che, in generale, a partire dall’entrata in vigore della direttiva impugnata, i gestori di gasdotti, quali la ricorrente, vedono ora, potenzialmente, una parte dei loro gasdotti di trasporto, in questo caso la parte situata tra uno Stato membro e uno Stato terzo fino al territorio degli Stati membri o quella situata nelle acque territoriali dello Stato membro, assoggettati agli obblighi previsti dalla direttiva 2009/73 e alle disposizioni nazionali di recepimento di quest’ultima direttiva, come modificata dalla direttiva impugnata.

105

Tuttavia, per quanto riguarda gli obblighi concreti cui sarà ora soggetta, ai sensi delle disposizioni della direttiva 2009/73, come modificata, la parte dei gasdotti di trasporto di taluni operatori, quali la ricorrente, e il modo in cui detti obblighi saranno specificamente definiti, questi ultimi dipendono dalle misure nazionali di recepimento che lo Stato membro nelle cui acque territoriali è situata tale parte del gasdotto adotterà o ha adottato ai sensi dell’articolo 2 della direttiva impugnata, in combinato disposto con l’articolo 288, terzo comma, TFUE, entro il 24 febbraio 2020.

106

Infatti, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un soggetto singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale dalle autorità nazionali nei confronti degli operatori in assenza di misure di recepimento di detta direttiva precedentemente adottate dalle medesime autorità (sentenza del 26 febbraio 1986, Marshall, 152/84, EU:C:1986:84, punto 48, e ordinanza del 7 luglio 2014, Group’Hygiène/Commissione, T‑202/13, EU:T:2014:664, punto 33; v. altresì, in tal senso, sentenza del 14 luglio 1994, Faccini Dori, C‑91/92, EU:C:1994:292, punti 2025).

107

Pertanto, a prescindere dalla questione se siano chiare e sufficientemente precise, le disposizioni della direttiva impugnata non possono, prima dell’adozione dei provvedimenti statali di trasposizione e indipendentemente da questi, costituire una fonte diretta o immediata di obblighi a carico della ricorrente e idonei, quindi, ad incidere direttamente sulla sua situazione giuridica ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2000, Salamander e a./Parlamento e Consiglio, T‑172/98 e da T‑175/98 a T‑177/98, EU:T:2000:168, punto 54, e ordinanza del 7 luglio 2014, Group’Hygiène/Commissione, T‑202/13, EU:T:2014:664, punto 33). In particolare, l’autorità di regolamentazione tedesca non può esigere, in assenza di adozione da parte della Repubblica federale di Germania delle misure di recepimento della direttiva impugnata, che la ricorrente rispetti i nuovi obblighi applicabili nel suo caso, come previsto da detta direttiva.

108

A tale proposito, la circostanza che le attività della ricorrente siano ora parzialmente disciplinate dal diritto dell’Unione, nella fattispecie dalla direttiva 2009/73 modificata, è in ogni caso soltanto la conseguenza della sua scelta di sviluppare e mantenere la propria attività nel territorio dell’Unione, nella fattispecie nelle acque territoriali di uno Stato membro dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punti 127128). Tuttavia, la direttiva impugnata, in quanto tale e a partire dalla sua entrata in vigore, non produce effetti immediati e concreti sulla situazione giuridica di operatori come la ricorrente, in ogni caso non prima della scadenza del termine di recepimento previsto dall’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva.

109

Peraltro, accogliere il punto di vista della ricorrente secondo cui l’entrata in vigore della direttiva impugnata avrebbe direttamente inciso sulla sua situazione giuridica, in quanto la gestione del suo sistema di doppio gasdotto «Nord Stream 2» avrebbe altrimenti esulato dall’ambito di applicazione materiale della direttiva 2009/73, equivarrebbe a considerare che, ogniqualvolta l’Unione adotti una nuova normativa in un determinato settore assoggettando gli operatori ad obblighi ai quali non erano precedentemente soggetti, tale normativa, anche qualora sia adottata sotto forma di direttiva e secondo la procedura legislativa ordinaria, riguardi necessariamente e direttamente gli operatori ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Tuttavia, un approccio siffatto urterebbe con la formulazione stessa dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, secondo cui «[l]e direttive vincola[no] lo Stato membro cui [sono] rivolt[e] per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi» e, pertanto, con il fatto che, in linea di principio, la situazione giuridica degli operatori subisce l’incidenza delle misure nazionali di recepimento di qualsiasi direttiva.

110

Così, nel caso di specie, è solo attraverso le misure nazionali di recepimento della direttiva impugnata che gli Stati membri – nella fattispecie la Repubblica federale di Germania nel caso della ricorrente – disporranno o hanno disposto che gli operatori quali la ricorrente saranno o sono soggetti, alle condizioni adottate da tali Stati membri, agli obblighi della direttiva 2009/73, come modificata dalla direttiva impugnata (v., in tal senso, ordinanze del 10 settembre 2002, Japan Tobacco e JT International/Parlamento e Consiglio, T‑223/01, EU:T:2002:205, punto 47, e del 7 luglio 2014, Group’Hygiène/Commissione, T‑202/13, EU:T:2014:664, punti 3336).

111

A tal riguardo, anzitutto, alla data di proposizione del presente ricorso non esistevano siffatte misure di recepimento nel caso della Repubblica federale di Germania. Inoltre, e in ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, è giocoforza constatare che, per quanto concerne le misure nazionali di recepimento che dovevano essere adottate dagli Stati membri entro il 24 febbraio 2020 e rendere vincolanti, nei confronti degli operatori, gli obblighi della direttiva 2009/73, come modificata dalla direttiva impugnata, detti Stati membri disponevano di un potere discrezionale ai fini dell’attuazione delle disposizioni di tale direttiva.

112

Infatti, in primo luogo, per quel che riguarda gli obblighi previsti dall’articolo 9 della direttiva 2009/73, come modificata, gli Stati membri hanno la possibilità di decidere, conformemente al nuovo primo comma del paragrafo 8 e al paragrafo 9 di tale articolo 9, quali introdotti dalla direttiva impugnata, di non applicare l’obbligo di separazione dei sistemi di trasporto e dei gestori di sistemi di trasporto previsto dal paragrafo 1 di detto articolo 9. Più in particolare, essi «possono» decidere in tal senso per la parte del sistema di trasporto del gas che collega uno Stato membro con un paese terzo, tra il confine dello Stato membro in questione e il primo punto di connessione con la rete di tale Stato membro, da un lato, se al 23 maggio 2019 il sistema di trasporto apparteneva a un’impresa verticalmente integrata e, dall’altro, se al 23 maggio 2019 il sistema di trasporto apparteneva a un’impresa verticalmente integrata ed esiste un dispositivo che assicura una più effettiva indipendenza del gestore del sistema di trasporto rispetto alle disposizioni del capo IV della direttiva 2009/73.

113

La ricorrente riconosce peraltro tale facoltà sottolineando che «è altresì vero che, per quanto riguarda la separazione proprietaria, la direttiva [2009/73, come modificata dalla direttiva impugnata,] consente agli Stati membri di introdurre alternative alla separazione integrale, ossia il modello del gestore indipendente (...) e il modello del gestore di sistema di trasporto indipendente». Analogamente, si deve constatare che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2009/73, quale inserito dalla direttiva impugnata, gli Stati membri possono decidere di non applicare l’articolo 9, paragrafo 1, e, su proposta del proprietario del sistema di trasporto interessato e con l’approvazione della Commissione, designare un gestore di sistema indipendente.

114

In secondo luogo, sulla base delle modifiche apportate alla direttiva 2009/73 dalla direttiva impugnata, in particolare quelle concernenti l’articolo 36 e l’inserimento dell’articolo 49 bis, le autorità nazionali possono decidere di concedere, alle «nuove importanti infrastrutture del sistema del gas» e ai«gasdotti di trasporto tra [gli] Stat[i] membr[i] e (...) paes[i] terz[i] completat[i] prima del 23 maggio 2019», deroghe ad alcuni articoli della direttiva 2009/73 modificata, nella fattispecie, per quanto riguarda l’articolo 36, deroghe agli articoli 9, 32, 33, 34 e 41, paragrafi 6, 8 e 10, e, per quanto riguarda l’articolo 49 bis, deroghe agli articoli 9, 10, 11, 32 e 41, paragrafi 6, 8 e 10.

115

A tale proposito, spetta agli Stati membri adottare le misure nazionali che consentano agli operatori interessati di chiedere il beneficio delle summenzionate deroghe, determinando con precisione le condizioni per ottenerle alla luce dei criteri generali previsti dall’articolo 49 bis della direttiva 2009/73, come modificata, e definendo la procedura che consenta alle loro autorità nazionali di regolamentazione di decidere su dette domande entro i termini fissati dalla direttiva impugnata. Inoltre, ai fini dell’attuazione di queste condizioni, le autorità nazionali di regolamentazione dispongono di un ampio potere discrezionale per quanto attiene alla concessione di tali deroghe e alle eventuali condizioni particolari cui esse possono essere subordinate (v., per analogia, sentenza del 4 dicembre 2019, Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo/Commissione, C‑342/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1043, punti da 48 a 53).

116

Da quanto precede risulta che la ricorrente non è direttamente interessata dalle disposizioni della direttiva impugnata.

117

Infine, la ricorrente non può far valere la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159). Infatti, tale causa verteva su una decisione della Commissione rivolta agli Stati membri diversi dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, con la quale la Commissione aveva approvato le misure adottate da detto Stato, all’epoca membro dell’Unione, il che aveva avuto l’effetto di imporre alle emittenti televisive nazionali un certo numero di limiti quando prevedevano di ritrasmettere eventi designati per i quali la ricorrente aveva acquistato diritti esclusivi. Pertanto, la situazione giuridica e fattuale di detta causa non è affatto comparabile a quella della presente, che riguarda unicamente una direttiva e, per di più, non è atipica.

118

Dall’insieme delle precedenti considerazioni risulta che la ricorrente non è direttamente interessata dalla direttiva impugnata. Orbene, poiché le condizioni previste nella «seconda ipotesi» di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE sono cumulative, tale constatazione implica che la ricorrente non può essere legittimata ad agire per l’annullamento della direttiva impugnata ai sensi di detta seconda ipotesi (v., in tal senso, sentenza del 4 dicembre 2019, Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo/Commissione, C‑342/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1043, punto 37 e giurisprudenza citata).

119

Occorre aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto che il Parlamento e il Consiglio abbiano adottato l’atto impugnato sotto forma di direttiva o abbiano deciso di concedere una deroga, a norma del nuovo articolo 49 bis della direttiva 2009/73, come modificata, soltanto ai gasdotti «completat[i] prima del 23 maggio 2019» non è tale da limitare il suo diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

120

Infatti, mediante gli articoli 263 e 277, da un lato, e l’articolo 267, dall’altro, il Trattato FUE ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti dell’Unione, affidandolo al giudice dell’Unione (sentenze del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, EU:C:1986:166, punto 23, del 25 luglio 2002, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, C‑50/00 P, EU:C:2002:462, punto 40, e del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 92).

121

Quindi, le persone fisiche o giuridiche, come la ricorrente, che non possono, a motivo dei requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, impugnare direttamente taluni atti dell’Unione di portata generale sono tutelate contro l’applicazione di questi ultimi nei loro confronti (sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 93).

122

Infatti, nel suo caso, la ricorrente può chiedere all’autorità di regolamentazione tedesca una deroga ai sensi dell’articolo 49 bis, o ai sensi dell’articolo 36, della direttiva 2009/73, come modificata, ed eventualmente impugnare la decisione di tale autorità dinanzi a un giudice tedesco facendo valere l’invalidità della direttiva impugnata e inducendo quest’ultimo a interpellare la Corte mediante la proposizione di questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2019, Pebagua/Commissione, C‑204/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:425, punti 6768, e del 4 dicembre 2019, Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo/Commissione, C‑342/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1043, punto 63 e giurisprudenza citata).

123

A tale proposito, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non vi sarebbe alcun motivo di dichiarare irricevibile un simile rinvio pregiudiziale, in quanto la ricorrente sarebbe «senza alcun dubbio legittimata» ad agire per l’annullamento della direttiva impugnata in forza dell’articolo 263 TFUE, ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90), e recentemente precisata nella sentenza del 25 luglio 2018, Georgsmarienhütte e a. (C‑135/16, EU:C:2018:582, punto 43). Al contrario, il rigetto del presente ricorso in quanto irricevibile conferma che essa non è legittimata ad agire a norma dell’articolo 263 TFUE.

124

Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile poiché la ricorrente non può fondare la propria legittimazione ad agire per l’annullamento della direttiva impugnata su nessuna delle ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE.

Sulla domanda di misura di organizzazione del procedimento

125

Nella sua domanda di misura di organizzazione del procedimento, la ricorrente afferma che sono stati occultati numerosi passaggi dei 25 documenti ai quali il Consiglio ha accordato un accesso solo parziale in risposta alle richieste del suo dipendente. Essa avrebbe quindi motivo di ritenere che i passaggi occultati fossero molto rilevanti per l’esito del presente ricorso, in quanto conterrebbero probabilmente informazioni che dimostrano come la direttiva impugnata, adottata dal legislatore dell’Unione, la riguardasse specificamente. La ricorrente produce come prova il fatto di avere ottenuto, evidentemente da un’altra fonte, le versioni non espurgate di due dei 25 documenti per i quali era stato negato l’accesso integrale. Orbene, questi due documenti, che contengono le osservazioni della Repubblica federale di Germania sulla proposta di direttiva, dimostrerebbero che la ricorrente era specificamente interessata dalla direttiva impugnata.

126

La ricorrente chiede pertanto al Tribunale di ordinare al Consiglio di produrre versioni non espurgate dei 25 documenti per i quali è stato concesso solo un accesso parziale al suo dipendente nonché i due documenti che il Consiglio ha rifiutato di trasmetterle, precisando al contempo che dette versioni potrebbero occultare gli eventuali passaggi riguardanti un parere fornito dal servizio giuridico del Consiglio o dati personali.

127

Nelle sue osservazioni sulla domanda di misura di organizzazione del procedimento, il Consiglio, sostenuto in sostanza dal Parlamento, chiede al Tribunale, in via principale, di respingere tale domanda, in quanto i documenti richiesti sarebbero manifestamente irrilevanti ai fini della legittimazione ad agire della ricorrente. Inoltre, esso sottolinea che, nel presente procedimento, il Tribunale non può controllare, neppure indirettamente, la legittimità delle decisioni adottate dal Consiglio in risposta alle richieste di un dipendente della ricorrente, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, e che il Tribunale dovrebbe, al contrario, respingere il tentativo della ricorrente di avviare una procedura di richiesta di documenti (document discovery) abusiva e di eludere il carattere definitivo, in assenza di ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, delle decisioni di diniego di accesso opposte al suo dipendente. Il Consiglio chiede altresì che, in ogni caso, il Tribunale disponga lo stralcio dal fascicolo dei documenti prodotti come allegati M. 26 e M. 30 della domanda di misura di organizzazione del procedimento, in quanto sarebbero stati ottenuti illegittimamente dalla ricorrente e, di conseguenza, illegittimamente prodotti e allegati alla sua domanda.

128

Pur sottolineando che la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su una questione connessa nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), in cui la ricorrente tentava di avvalersi della procedura prevista dal regolamento n. 1049/2001 per ottenere documenti da un’istituzione al fine di suffragare le proprie asserzioni in quanto parte privata di un procedimento promosso nei confronti dell’Unione, il Consiglio afferma in sostanza di temere che, nel caso di specie, la ricorrente tenti di ottenere dal Tribunale la regolarizzazione, in vista di un loro successivo utilizzo nel procedimento arbitrale da essa avviato nei confronti dell’Unione, del possesso, da parte della ricorrente, dei documenti che rivelano le discussioni interne e le posizioni preliminari degli Stati membri sulla direttiva impugnata, sebbene l’accesso a detti documenti, in versioni non espurgate, le sia stato negato dal Consiglio ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

129

A tal riguardo, è giocoforza constatare che i documenti ai quali fa riferimento la domanda di misura di organizzazione del procedimento sono idonei a dimostrare, nella prospettiva della ricorrente, l’incidenza individuale nei suoi confronti della decisione impugnata. Tuttavia, poiché la mancanza di incidenza diretta sulla situazione giuridica della ricorrente, come precedentemente constatata, è sufficiente per ritenere che essa non sia legittimata ad agire per l’annullamento della direttiva impugnata, il presente ricorso può essere respinto in quanto irricevibile senza che occorra pronunciarsi sulla domanda di misura di organizzazione del procedimento.

130

Per quanto riguarda la domanda del Consiglio diretta allo stralcio dal fascicolo dei due documenti prodotti dalla ricorrente come allegati M. 26 e M. 30, occorre sottolineare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella sua lettera del 27 gennaio 2020, in cui essa ha spontaneamente preso posizione su tale domanda supplementare del Consiglio, un incidente di procedura siffatto non deve necessariamente essere sollevato con atto separato, ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 2, del regolamento di procedura, e può inoltre essere sollevato in qualsiasi fase del procedimento. La domanda del Consiglio, come formulata nelle sue osservazioni sulla domanda di misura di organizzazione del procedimento, è pertanto ricevibile.

131

A tale proposito, si deve sottolineare che i due documenti controversi contengono posizioni della Repubblica federale di Germania nell’ambito della procedura legislativa che si è conclusa con l’adozione della direttiva impugnata.

132

Nella sua lettera del 27 gennaio 2020, la ricorrente nega di detenere illegittimamente tali documenti. Da un lato, essa sottolinea che questi ultimi non erano timbrati «Restreint UE/EU Restricted» e indicavano solo che erano destinati all’uso nell’ambito di una comunità di destinatari e che il trattamento nonché la successiva divulgazione di detti documenti rientravano nell’esclusiva responsabilità dei membri di tale comunità. Dall’altro, essa ha indicato che, «se un membro di una simile comunità condivid[esse] un documento con [la ricorrente], [sarebbe] molto difficile comprendere come ciò potrebbe comportare una violazione da parte [di quest’ultima]».

133

A tale proposito, si deve constatare che, nella sua lettera del 27 gennaio 2020, la ricorrente non ha indicato quale dei rappresentanti permanenti degli Stati membri dell’Unione, appartenenti alla comunità dei destinatari dei due documenti in questione, avrebbero autorizzato la messa a sua disposizione di detti documenti. Essa non si è neppure avvalsa del consenso del rappresentante permanente della Repubblica federale di Germania, in qualità di autore dei documenti in parola. Inoltre, non sembra che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 (v., su tale facoltà, sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punti da 85 a 89), il suddetto Stato membro abbia tacitamente o esplicitamente acconsentito a che detti commenti fossero trasmessi alla ricorrente prima o dopo il rigetto parziale, da parte del Consiglio, delle domande del dipendente della ricorrente.

134

In tali circostanze, è giocoforza constatare che la ricorrente non ha dimostrato che le versioni non espurgate dei commenti presentati dalla Repubblica federale di Germania nel contesto della procedura di adozione della direttiva impugnata fossero state ottenute legittimamente.

135

Pertanto, occorre accogliere la domanda del Consiglio volta allo stralcio dal fascicolo dei documenti prodotti dalla ricorrente come allegati M. 26 e M. 30, fermo restando, in ogni caso, da un lato, che tali documenti non sono idonei a dimostrare l’incidenza diretta nei confronti della ricorrente ai sensi della seconda ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, cosicché non era necessario che il Tribunale richiedesse al Consiglio di produrli al fine di statuire sulle eccezioni di irricevibilità e, dall’altro, che la divulgazione del contenuto di questi documenti, anche nell’ambito del presente procedimento, potrebbe concretamente ed effettivamente pregiudicare la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali dell’Unione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, segnatamente indebolendo la posizione dell’Unione nel procedimento arbitrale avviato nei suoi confronti dalla ricorrente, anche perché l’adozione, da parte del Tribunale, della misura di organizzazione del procedimento proposta dalla ricorrente tenderebbe a legittimare il possesso da parte di quest’ultima delle versioni non espurgate di tali documenti.

Sulle istanze di intervento

136

Conformemente all’articolo 144, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, quando il convenuto deposita un’eccezione di irricevibilità o di incompetenza, ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, si decide sull’istanza di intervento solo dopo il rigetto o il rinvio dell’esame dell’eccezione al merito. Inoltre, conformemente all’articolo 142, paragrafo 2, del medesimo regolamento, l’intervento rimane privo di oggetto, in particolare, quando il ricorso è dichiarato irricevibile.

137

Orbene, dal momento che nel caso di specie le eccezioni di irricevibilità sono state accolte e, pertanto, la presente ordinanza conclude il procedimento, non vi è più luogo a statuire sulle istanze di intervento presentate dalla Repubblica di Estonia, dalla Repubblica di Lettonia, dalla Repubblica di Lituania, dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione.

Sulle spese

138

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento e il Consiglio ne hanno fatto domanda, la ricorrente deve essere condannata alle spese.

139

Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Inoltre, in applicazione dell’articolo 144, paragrafo 10, di detto regolamento, se la causa principale si conclude prima della decisione sull’istanza di intervento, le spese dell’istante e delle parti principali relative all’istanza di intervento sono compensate. Di conseguenza, la ricorrente, il Parlamento e il Consiglio nonché la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Polonia e la Commissione dovranno farsi carico delle proprie spese relative alle istanze di intervento.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

così provvede:

 

1)

I documenti prodotti dalla Nord Stream 2 AG come allegati A. 14 e O. 20 sono stralciati dal fascicolo e non deve tenersi conto dei passaggi del ricorso e degli allegati nei quali sono riprodotti estratti di tali documenti.

 

2)

La domanda incidentale proposta dal Consiglio dell’Unione europea è respinta per il resto.

 

3)

I documenti prodotti dalla Nord Stream 2 come allegati M. 26 e M. 30 sono stralciati dal fascicolo.

 

4)

Il ricorso è respinto in quanto irricevibile.

 

5)

Non vi è luogo a statuire sulle istanze di intervento presentate dalla Repubblica di Estonia, dalla Repubblica di Lettonia, dalla Repubblica di Lituania, dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione europea.

 

6)

La Nord Stream 2 è condannata alle spese sostenute dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ad eccezione di quelle relative alle istanze di intervento.

 

7)

La Nord Stream 2, il Parlamento e il Consiglio nonché la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Polonia e la Commissione si faranno carico delle proprie spese relative alle istanze di intervento.

 

Lussemburgo, 20 maggio 2020

Il cancelliere

E. Coulon

Il presidente

J. Svenningsen


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) Dati riservati omessi.