Edizione provvisoria
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
14 aprile 2021 (*)
«Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale degli enti creditizi – Articolo 4, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1024/2013 – Calcolo del coefficiente di leva finanziaria – Rifiuto parziale della BCE di autorizzare l’esclusione delle esposizioni che soddisfano talune condizioni – Articolo 429, paragrafo 14, del regolamento (UE) n. 575/2013 – Assenza di esame di tutti gli elementi pertinenti della fattispecie – Autorità di cosa giudicata – Articolo 266 TFUE»
Nella causa T‑504/19,
Crédit lyonnais, con sede in Lyon (Francia), rappresentata da A. Champsaur e A. Delors, avvocate,
ricorrente,
contro
Banca centrale europea (BCE), rappresentata da J. Poscia, R. Ugena e F. Bonnard, in qualità di agenti, assistiti da H.-G. Kamann, avvocato,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione ECB-SSM-2019-FRCAG-39 della BCE, del 3 maggio 2019, adottata in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 10 del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), e dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1, rettifiche in GU 2013, L 208, pag. 68, e GU 2013, L 321, pag. 6), nei limiti in cui essa rifiuta di autorizzare la ricorrente ad escludere dal calcolo del suo coefficiente di leva finanziaria talune esposizioni,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),
composto da V. Tomljenović, presidente, F. Schalin e I. Nõmm (relatore), giudici,
cancelliere: M. Marescaux, amministratrice,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 dicembre 2020,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La Crédit lyonnais, ricorrente, è una società per azioni di diritto francese riconosciuta come ente creditizio. Essa costituisce una controllata della Crédit agricole SA. A tale titolo, essa rientra nella vigilanza prudenziale diretta della Banca centrale europea (BCE).
2 In data 5 maggio 2015 la Crédit agricole ha chiesto alla BCE, in nome proprio e in nome delle entità del gruppo Crédit agricole, di cui la ricorrente fa parte, l’autorizzazione ad escludere dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria le esposizioni costituite dagli importi rientranti in prodotti regolamentati sottoscritti presso di essa, ma che la stessa era tenuta a trasferire alla Caisse des dépôts et consignations (CDC), ente pubblico francese, in applicazione dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1, rettifiche in GU 2013, L 208, pag. 68, e GU 2013, L 321, pag. 6).
3 I prodotti interessati sono il livret A (libretto A), disciplinato dagli articoli da L.221-1 a L.221-9 del codice monetario e finanziario francese (in prosieguo: il «CMF»), il livret d’épargne populaire (libretto di risparmio popolare, LEP), disciplinato dagli articoli da L.221-13 a L.221-17-2 del CMF, nonché il livret de développement durable et solidaire (libretto di sviluppo sostenibile e solidale, LDD), disciplinato dall’articolo L.221-27 del CMF. Ai sensi dell’articolo L.221-5 del CMF, una quota del totale dei depositi raccolti a titolo del livret A e del LDD è centralizzata in un fondo di risparmio gestito dalla CDC. Lo stesso vale con riferimento al LEP, in applicazione dell’articolo R.221-58 del CMF.
4 Il 24 agosto 2016 la BCE ha adottato la decisione ECB/SSM/2016-969500TJ5KRTCJQWXH05/165, emessa in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 10 del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), nonché dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013, con la quale essa ha rifiutato di autorizzare la Crédit agricole ad escludere dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria le esposizioni verso la CDC costituite dalla parte degli importi depositati a titolo del livret A, del LDD e del LEP che essa era tenuta a trasmetterle. In tale decisione, la BCE ha considerato, in sostanza, che dalla lettera dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013 emergeva che le autorità competenti – alle quali essa si sostituiva in applicazione del regolamento n. 1024/2013 – disponevano di un potere discrezionale che consentiva loro di escludere o meno dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria esposizioni che soddisfano le condizioni indicate da tale disposizione. Ritenendo che gli importi trasferiti alla CDC rimanessero esposizioni rilevanti ai fini del calcolo del suo coefficiente di leva finanziaria, essa non ha accolto la domanda della Crédit agricole.
5 La BCE si era basata su tre punti della motivazione. Il primo punto della motivazione si fondava sul trattamento contabile del risparmio raccolto. Il secondo punto della motivazione consisteva nell’obbligo contrattuale della Crédit agricole di rimborsare i depositi dei clienti, indipendentemente dalla restituzione dei fondi trasferiti alla CDC. Il terzo punto della motivazione riposava sulla circostanza che tra gli adeguamenti delle posizioni della Crédit agricole e quelle della CDC a fini di riequilibrio intercorre un periodo di tempo. La BCE ha considerato che, durante tale arco temporale, la Crédit agricole potrebbe essere indotta a ricorrere a svendite di attività nell’attesa dei trasferimenti di fondi provenienti dalla CDC. La BCE aveva dedotto da tali punti della motivazione che il meccanismo di trasferimento dalla CDC verso la Crédit agricole aveva una natura imperfetta e destava preoccupazioni da un punto di vista prudenziale che giustificavano il rigetto della sua domanda.
6 Con sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), il Tribunale ha annullato la decisione della BCE menzionata al punto 4 supra. Esso ha ritenuto che i primi due punti della motivazione rilevati dalla BCE fossero viziati da un errore di diritto e che il terzo punto fosse viziato da un errore manifesto di valutazione.
7 Il 26 luglio 2018 la Crédit agricole, in nome proprio nonché in quello delle diverse entità del gruppo Crédit agricole, fra cui la ricorrente, ha nuovamente chiesto l’autorizzazione ad escludere dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria gli importi che essa era tenuta a trasferire alla CDC.
8 Il 21 febbraio 2019 la BCE ha comunicato alla Crédit agricole un progetto di decisione che concedeva il beneficio della deroga richiesta alla Crédit agricole, nonché a tutte le entità del gruppo Crédit agricole, ad eccezione della ricorrente, per la quale la BCE prevedeva unicamente la concessione di una deroga parziale.
9 Il 6 marzo 2019 la Crédit agricole ha presentato le sue osservazioni sul progetto di decisione.
10 Il 3 maggio 2019 la BCE ha adottato la decisione ECB-SSM-2019-FRCAG-39 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), presa in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013.
11 Con la decisione impugnata, la BCE ha autorizzato l’esclusione dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria della Crédit Agricole e delle entità del gruppo della parte degli importi depositati a titolo del livret A, del LDD e del LEP che esse erano tenute a trasmettere alla CDC, ad eccezione della ricorrente, in relazione alla quale tale deroga è stata concessa solo nella misura del 66 %.
12 Al punto 2.1 della decisione impugnata, la BCE ha ritenuto che le condizioni di cui all’articolo 429, paragrafo 14, lettere da a) a c), del regolamento n. 575/2013 fossero soddisfatte, sulla base della motivazione che, anzitutto, la CDC doveva essere considerata un organismo del settore pubblico, poi, che le esposizioni verso la CDC erano trattate, a fini prudenziali, conformemente all’articolo 116, paragrafo 4, del medesimo regolamento e, infine, che esisteva un obbligo di trasferire una quota del risparmio depositato a titolo del livret A, del LDD e del LEP alla CDC a fini di finanziamento di investimenti d’interesse generale. La BCE, in sostanza, ha parimenti sottolineato che tali condizioni non erano soddisfatte rispetto alla parte del risparmio regolamentato per la quale non sussisteva alcun obbligo di trasferimento alla CDC, indipendentemente dalle finalità del suo utilizzo.
13 Al punto 2.2 della decisione impugnata, in primo luogo, la BCE ha ricordato che il riconoscimento a favore delle autorità competenti di un potere discrezionale in sede di attuazione dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013 mirava a consentire loro di operare un contemperamento fra due obiettivi consistenti, da un lato, nel rispettare la logica del coefficiente di leva finanziaria che esigeva che il calcolo di tale coefficiente includesse la misura dell’esposizione complessiva di un ente creditizio, senza ponderazione in funzione del rischio, e, dall’altro, nel consentire che talune esposizioni presentanti un profilo di rischio particolarmente basso e non derivanti da una scelta di investimento dell’ente creditizio non fossero pertinenti ai fini del calcolo del coefficiente di leva finanziaria e potessero esservene escluse.
14 In secondo luogo, la BCE ha sottolineato che il periodo di adeguamento fra le posizioni degli enti creditizi e la CDC presentava un certo rischio per gli enti creditizi, nella misura in cui questi ultimi restavano responsabili dei depositi presso i risparmiatori e l’obbligo di rimborsarli ancor prima del trasferimento delle somme della CDC avrebbe potuto indurli a vendere attività altamente liquide o a svendere attività con uno sconto temporaneo. Essa ha messo in evidenza il fatto che l’entità di tale rischio dipendeva dalla concentrazione delle esposizioni verso la CDC e che, pertanto, una concentrazione massiccia o elevata di esposizione verso la CDC avrebbe dovuto riflettersi quantomeno parzialmente nel coefficiente di leva finanziaria.
15 In terzo luogo, la BCE, al fine di conciliare i due obiettivi menzionati al punto 13 supra, ha seguito una metodologia che prende in considerazione, innanzitutto, la qualità creditizia dell’amministrazione centrale, poi, il rischio di svendite e, infine, la valutazione della concentrazione delle esposizioni in questione. Tale metodologia avrebbe implicato che la percentuale globale di esenzione concessa dalla BCE sarebbe stata tanto più elevata quanto più i rischi prudenziali sarebbero stati bassi.
16 Per quanto riguarda la qualità creditizia dell’amministrazione centrale francese, la BCE, al punto 2.2.1 della decisione impugnata, ha ritenuto che non esistessero problemi prudenziali che avrebbero giustificato il suo rigetto della domanda di esenzione delle esposizioni verso la CDC dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria. Essa ha osservato, cionondimeno, che il punteggio attribuito alla Repubblica francese da parte delle agenzie esterne di valutazione del merito di credito (ECAI) non era il più elevato possibile e che la quotazione dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento a cinque anni negoziati dalla Repubblica francese era accompagnata da una probabilità di insolvenza che non era nulla.
17 Per quanto riguarda il rischio di svendite, al punto 2.2.2 della decisione impugnata, in primo luogo, la BCE ha rilevato che il periodo di adeguamento delle posizioni con la CDC poteva avere come conseguenza che un ente creditizio fosse portato a procedere a siffatte svendite per rimborsare i depositanti, in attesa del trasferimento dei fondi da parte della CDC. In secondo luogo, essa ha considerato che, mentre un periodo di meno di cinque giorni costituiva un trasferimento pressoché istantaneo che comportava unicamente un rischio limitato di svendite, il sistema di dieci giorni di adeguamento delle posizioni con la CDC implicava un periodo che poteva protrarsi fino a dieci giorni. In terzo luogo, la BCE ha osservato, da un lato, che, in occasione delle recenti crisi bancarie, dal 10 al 30 % dei depositi – anche garantiti – di un ente creditizio erano stati ritirati in meno di cinque giorni e, dall’altro, in sostanza, che il livret A rivestiva un carattere più liquido rispetto ad un conto di risparmio. In quarto luogo, la BCE ha sottolineato che se è pur vero che, con una decisione del 24 agosto 2016, essa aveva ammesso che il periodo di adeguamento delle posizioni con la CDC non era all’origine di un rischio di liquidità, ciò avveniva nell’ambito di una valutazione dei requisiti in materia di copertura delle liquidità, la quale differiva da quella del coefficiente di leva finanziaria. In quinto luogo, e per quanto riguarda più in particolare la ricorrente, la BCE ha rilevato che un ritiro del 30 % del risparmio in meno di cinque giorni avrebbe rappresentato 5,4 miliardi di EUR.
18 Per quanto riguarda la valutazione della concentrazione delle esposizioni verso la CDC, al punto 2.2.3 della decisione impugnata, in primo luogo, la BCE ha messo in evidenza l’esistenza di un meccanismo di solidarietà all’interno del gruppo Crédit agricole che implicava un obbligo legale fra le entità affiliate di apportare un sostegno sotto forma di capitale e di liquidità, il quale giustificava che il rischio di concentrazione per le entità affiliate fosse valutato a livello del gruppo. Essa ne ha desunto che non esisteva un rischio di concentrazione ai sensi dell’articolo 81 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338).
19 In secondo luogo, per quanto concerne più specificamente la ricorrente, essa ha osservato che la stessa non era coperta dal meccanismo di solidarietà del gruppo Crédit agricole e che, pertanto, il rischio di concentrazione doveva essere esaminato, per quanto la riguarda, su base subconsolidata. Poiché il coefficiente di leva finanziaria delle esposizioni verso la CDC con riferimento al capitale di classe 1 della ricorrente era del 134 % nel 2015 e del 231 % nel 2018, la BCE ha ritenuto esistente un rischio di concentrazione delle esposizioni verso la CDC.
20 La BCE ha concluso che era prudente, al fine di attenuare l’impatto sul capitale di un ritiro massiccio dei depositi, includere un certo livello di esposizioni verso la CDC nel calcolo del coefficiente di leva finanziaria della ricorrente, che ha fissato al 34 %.
Procedimento e conclusioni delle parti
21 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.
22 Il 30 giugno 2020 il Tribunale ha chiesto informazioni alla BCE, a titolo di misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del suo regolamento di procedura. A seguito delle osservazioni presentate il 28 settembre 2020 dalla ricorrente sulla risposta della BCE, sono stati posti a quest’ultima quesiti supplementari il 15 ottobre 2020.
23 Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.
24 All’udienza del 7 dicembre 2020 le parti hanno svolto le loro difese e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale.
25 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata nella parte in cui le nega l’autorizzazione ad escludere dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria il 34 % delle sue esposizioni verso la CDC;
– condannare la BCE alle spese.
26 La BCE chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
27 Con il suo ricorso, la ricorrente contesta la legittimità della decisione impugnata, adottata sulla base dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013.
28 Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1024/2013, la BCE si è vista attribuire il compito di «assicurare il rispetto degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, che impongono agli enti creditizi requisiti prudenziali relativamente a requisiti in materia di fondi propri, cartolarizzazione, limiti ai grandi rischi, liquidità, leva finanziaria, segnalazione e informativa al pubblico delle informazioni su tali aspetti». Inoltre, poiché la ricorrente fa parte di un gruppo sottoposto alla vigilanza prudenziale diretta della BCE, l’attuazione di tale compito spetta direttamente alla stessa, e non alle autorità nazionali nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 63).
29 Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, «[a]i fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione». In tale diritto pertinente figura il regolamento n. 575/2013.
30 Secondo l’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013, l’«autorità competente può autorizzare l’ente a escludere dalla misura dell'esposizione le esposizioni che soddisfano ciascuna delle condizioni seguenti: a) sono esposizioni verso un organismo del settore pubblico; b) sono trattate conformemente all'articolo 116, paragrafo 4; c) derivano da depositi che l’ente è tenuto per legge a trasferire all’organismo del settore pubblico di cui alla lettera a) a fini di finanziamento di investimenti d’interesse generale».
31 Come ricordato ai punti da 10 a 20 supra, con la decisione impugnata, la BCE ha respinto parzialmente la domanda della ricorrente volta ad ottenere, in applicazione dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013, l’esclusione dal calcolo del suo coefficiente di leva finanziaria di tutte le sue esposizioni verso la CDC, consistenti nella parte dei depositi ricevuti a titolo del risparmio regolamentato che essa è tenuta a trasferirle. La BCE ha applicato una metodologia che prende in considerazione, in primo luogo, la qualità creditizia dell’amministrazione centrale; in secondo luogo, il rischio di svendite e, in terzo luogo, la valutazione della concentrazione delle esposizioni in questione. Tali criteri sono stati esaminati nei punti della motivazione figuranti, rispettivamente, ai punti da 2.2.1 a 2.2.3 della decisione impugnata.
32 A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce, segnatamente, tre motivi.
33 Il primo motivo è relativo a una violazione dell’articolo 266 TFUE. La ricorrente sostiene ivi, in sostanza, che i tre punti della motivazione addotti dalla BCE nella decisione impugnata non corrispondono ad un’esecuzione corretta della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472). Il secondo motivo verte specificamente sul punto della motivazione relativo al rischio di concentrazione che le esposizioni della ricorrente verso la CDC presenterebbero. Esso riguarda, in sostanza, errori di diritto commessi dalla BCE. Il terzo motivo contesta la fondatezza della motivazione della decisione impugnata e verte su manifesti errori di valutazione commessi dalla BCE.
Sul primo motivo, relativo, in sostanza, a una violazione dell’articolo 266 TFUE
34 La ricorrente sostiene che i tre punti della motivazione della decisione impugnata – ossia la valutazione della qualità creditizia dell’amministrazione centrale, il rischio di svendite connesso al periodo di adeguamento di dieci giorni e la concentrazione elevata delle sue esposizioni verso la CDC –, con i quali la BCE ha rifiutato di accogliere integralmente la domanda presentata ai sensi dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013 nella parte che la riguarda, sono già stati esaminati e respinti dal Tribunale nella sua sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), la quale sarebbe munita dell’autorità di cosa giudicata. Essa rimanda, a tal riguardo, ai punti da 61 a 63, 66, 80 e 81 di detta sentenza.
35 Ai sensi del primo comma dell’articolo 266 TFUE, l’istituzione da cui emana l’atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza di annullamento comporta. Tali disposizioni prevedono una ripartizione di competenze tra l’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa, in forza della quale spetta all’istituzione dalla quale emana l’atto annullato stabilire quali provvedimenti siano necessari all’esecuzione di una sentenza di annullamento (v. sentenza del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione, T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata).
36 A questo riguardo, per conformarsi ad una sentenza di annullamento e dare ad essa piena esecuzione, l’istituzione interessata è tenuta, secondo una costante giurisprudenza, a rispettare non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario, nel senso che è indispensabile per determinare il senso esatto di quanto è stato dichiarato nel dispositivo. È infatti questa motivazione che, da un lato, identifica la disposizione esatta considerata come illegittima e, d’altro lato, evidenzia le ragioni esatte dell’illegittimità accertata nel dispositivo e che l’istituzione interessata deve prendere in considerazione nel sostituire l’atto annullato (sentenze del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione, 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, EU:C:1988:199, punto 27; del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punto 29, e del 13 settembre 2005, Recalde Langarica/Commissione, T‑283/03, EU:T:2005:315, punto 50).
37 L’articolo 266 TFUE impone all’istituzione interessata di evitare che ogni atto destinato a sostituire l’atto annullato sia viziato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza di annullamento (sentenze del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punto 30, e del 13 settembre 2005, Recalde Langarica/Commissione, T‑283/03, EU:T:2005:315, punto 51).
38 Occorre sottolineare, infine, che l’articolo 266 TFUE impone un obbligo all’istituzione da cui emana l’atto annullato solo nei limiti di quanto è necessario per assicurare l’esecuzione della sentenza di annullamento (sentenze del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punto 30, e del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione, T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 57). Il procedimento inteso alla sostituzione di un siffatto atto deve essere dunque ripreso nel punto esatto in cui l’illegittimità è intervenuta (v. sentenza del 29 novembre 2007, Italia/Commissione, C‑417/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:733, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione, T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 58).
39 Occorre suddividere l’argomentazione della ricorrente in tre parti, a seconda che essa verta sull’asserita violazione della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472) mediante i punti della motivazione illustrati, rispettivamente, al punto 2.2.1, al punto 2.2.2 o al punto 2.2.3 della decisione impugnata.
Sul punto della motivazione relativo alla qualità creditizia dell’amministrazione centrale (punto 2.2.1 della decisione impugnata)
40 La ricorrente ricorda che l’esecuzione della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), implicava che la BCE esaminasse e accertasse la plausibilità di un rischio di insolvenza della Repubblica francese. Nella decisione impugnata, la BCE riconoscerebbe che non esisterebbero preoccupazioni prudenziali specifiche quanto alla capacità dell’amministrazione centrale di adempiere i suoi obblighi e si limiterebbe a sottolineare che il punteggio assegnato alla Repubblica francese dalle ECAI non sarebbe il più alto possibile e che la probabilità di insolvenza non sarebbe nulla. Tali elementi non consentirebbero di dimostrare la plausibilità, ossia la probabilità ragionevole, di un’insolvenza.
41 La BCE fa valere che il criterio della qualità creditizia dell’amministrazione francese è solo uno dei criteri esaminati nella decisione impugnata. Essa aggiunge di aver proceduto nella decisione impugnata ad un’analisi della plausibilità di tale rischio di inadempimento, che l’ha portata ad attribuire alla Repubblica francese la classe di credito 1 ai sensi dell’articolo 114, paragrafo 2, del regolamento n. 575/2013, disposizione alla quale l’articolo 429, paragrafo 14, rinvia, tramite il suo articolo 116, paragrafo 4. La BCE ricorda di avere concluso nel senso dell’esistenza di un rischio di insolvenza insufficiente per giustificare di per sé un rifiuto dell’esenzione richiesta, ma che esso non era nullo.
42 La BCE fa valere che il Tribunale ha censurato la sua analisi nella sola misura in cui essa, per respingere la domanda di esenzione, aveva ritenuto che, per principio e senza esame del caso di specie, uno Stato possa essere insolvente. Essa ne desume che, al fine di conformarsi alle prescrizioni della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), alla stessa spettava soltanto procedere ad un esame del rischio di inadempimento della Repubblica francese, fermo restando che la questione se quest’ultimo fosse plausibile o meno rientra nell’attuazione del suo potere discrezionale.
43 Il Tribunale rileva che, ai punti da 59 a 62 e 66 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), è stato constatato un errore di diritto commesso dalla BCE soltanto nella misura in cui la BCE si era limitata ad evidenziare la sola eventualità di un’insolvenza della Repubblica francese, senza esaminarne la plausibilità. Ne consegue che detta sentenza non impediva alla BCE di prendere in considerazione l’eventualità di un’insolvenza della Repubblica francese nell’ambito della sua analisi, ma che essa era tenuta a procedere ad un’analisi della plausibilità di tale rischio.
44 Dal punto 2.2.1 della decisione impugnata risulta che la BCE ha fatto riferimento a due elementi per concludere che, pur se la qualità creditizia dell’amministrazione centrale francese non presentava problemi prudenziali che avrebbero giustificato il suo rigetto della domanda di esenzione delle esposizioni verso la CDC dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria, il rischio di un’insolvenza della Repubblica francese non era nullo. Questi due elementi sono, da un lato, la circostanza che il punteggio assegnato a tale Stato dalle ECAI non era il più alto possibile e, dall’altro, la circostanza che la quotazione dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento a cinque anni negoziati dalla Francia era accompagnata da una probabilità di insolvenza dello 0,611 %.
45 Pertanto, poiché la BCE, nella decisione impugnata, ha proceduto ad un’analisi della plausibilità di un’insolvenza della Repubblica francese, essa non ha violato la sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), cosicché l’argomentazione formulata dalla ricorrente al riguardo nella prima parte del primo motivo deve essere respinta.
46 Per quanto riguarda la critica della ricorrente relativa al fatto che la BCE non avrebbe dimostrato la plausibilità di un’insolvenza della Repubblica francese, essa verte, in realtà, sulla fondatezza dell’analisi della BCE. È dunque nell’ambito del terzo motivo che occorrerà, se del caso, esaminarla.
Sul punto della motivazione relativo al livello di concentrazione delle esposizioni verso la CDC (punto 2.2.3 della decisione impugnata)
47 La ricorrente ritiene che il criterio del livello di concentrazione delle esposizioni verso la CDC non potesse essere preso in considerazione dalla BCE senza violare la sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472). Da un lato, essa ricorda che il Tribunale ha ivi dichiarato che il criterio della concentrazione potrebbe essere rilevante solo nel caso in cui, a causa di un’insolvenza della Repubblica francese, le somme trasferite a titolo di risparmio regolamentato non avrebbero potuto essere ottenute dalla CDC. Dall’altro lato, essa sostiene che la BCE non ha dimostrato la plausibilità di una siffatta insolvenza.
48 La BCE replica che, nella misura in cui ha esaminato e stabilito la probabilità di un inadempimento della Repubblica francese, essa era legittimata a prendere in considerazione il livello di concentrazione delle esposizioni della ricorrente verso la CDC. Essa aggiunge che tale punto della motivazione non ha costituito un criterio determinante ed è stato valutato alla luce degli altri criteri individuati, come attestato dalla metodologia applicata nella decisione impugnata.
49 Al punto 63 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), è stato dichiarato che, nei limiti in cui la BCE non aveva esaminato la plausibilità di un’insolvenza della Repubblica francese, neppure il risalto dato al volume delle esposizioni della ricorrente verso la CDC poteva, di per sé, giustificare la presa in considerazione di dette esposizioni nel calcolo del coefficiente di leva finanziaria. Infatti, il Tribunale ha indicato che detto volume avrebbe potuto essere rilevante solo nel caso in cui, a causa di un’insolvenza della Repubblica francese, la ricorrente non avesse potuto ottenere dalla CDC le somme trasferite a titolo di risparmio regolamentato e avesse dovuto ricorrere a dismissioni forzate di attività.
50 Ne discende che la BCE poteva prendere in considerazione, senza violare la sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), il livello di concentrazione delle esposizioni della ricorrente verso la CDC, sempreché tale considerazione fosse associata ad un esame della plausibilità di un’insolvenza della Repubblica francese. Orbene, come è stato illustrato ai punti 44 e 45 supra, la BCE ha proceduto ad un siffatto esame.
51 Pertanto, la seconda parte del primo motivo deve essere respinta.
Sul punto della motivazione relativo al rischio di svendite (punto 2.2.2 della decisione impugnata)
52 La ricorrente ricorda che la corretta esecuzione della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), implicava che la BCE procedesse ad un esame approfondito del risparmio regolamentato al fine di valutare se fosse prevedibile che taluni ritiri presentassero un volume e una rapidità che superassero gli scenari di «forte stress» previsti nell’ambito del calcolo del coefficiente di liquidità. Essa sostiene che la BCE non ha proceduto ad un siffatto esame.
53 Da un lato, la BCE non dimostrerebbe in che modo uno scarto temporale, in relazione al quale la stessa ammette che esso non comporta alcun rischio di liquidità, potrebbe cionondimeno presentare un rischio di leva finanziaria.
54 Dall’altro lato, la BCE si sarebbe limitata a considerazioni generiche ed ipotetiche senza esaminare le specificità del risparmio regolamentato. A tal riguardo, essa fa valere che l’ipotesi di ritiri improvvisi e massicci prospettata dalla BCE nella decisione impugnata non è suffragata da nessun dato concreto e non è trasponibile al risparmio regolamentato, il quale dispone di una duplice garanzia dello Stato, nei confronti tanto dei depositanti quanto degli enti creditizi, e costituisce un valore rifugio in caso di crisi.
55 Essa aggiunge che l’argomentazione della BCE si basa sul postulato – che sarebbe stato dimostrato da un precedente recente – secondo il quale ritiri massicci (fra il 10 e il 30 % del deposito) di risparmio regolamentato potevano avere luogo in tempi brevi. A tal riguardo, essa contesta tanto la mancata illustrazione, nella decisione impugnata, delle caratteristiche dell’esempio sul quale la BCE si è fondata, quanto la pertinenza di tale esempio.
56 La ricorrente ne desume che né l’ipotesi di un ritiro massiccio del risparmio regolamentato né quella di una svendita di attività sono credibili e che, con un simile ragionamento, la BCE ha violato la sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472).
57 La BCE ricorda che il Tribunale, in tale sentenza, ha dichiarato che il periodo di adeguamento delle posizioni poteva essere un criterio pertinente nella valutazione del rischio di leva finanziaria, pur non essendolo in relazione al rischio di liquidità, nell’ipotesi in cui i ritiri effettuati dai depositanti fossero stati di un’ampiezza tale da determinare il superamento degli scenari di «forte stress» previsti nell’ambito del calcolo del coefficiente di liquidità.
58 La BCE sostiene di avere esaminato con cura e imparzialità le caratteristiche del risparmio regolamentato, il che l’ha portata a ritenere che i ritiri della clientela avrebbero potuto determinare il superamento degli scenari di «forte stress» e che, pertanto, essa era legittimata ad adottare nella sua valutazione il criterio del periodo di adeguamento. Essa ricorda, a tal riguardo, che il periodo di adeguamento delle posizioni con la CDC può essere di dieci giorni, il che implicava l’applicazione della seconda colonna della tabella figurante nella decisione impugnata.
59 La BCE riconosce che i prodotti del risparmio sono valori rifugio in tempo di crisi, ma ritiene, in sostanza, che tale caratteristica sia sconnessa dal rischio di ritiri massicci (bank run), il quale si applica al risparmio regolamentato a causa della sua elevata liquidità. Essa ricorda, al riguardo, che non esiste una limitazione legale ai ritiri su detto risparmio; ciò lo rende paragonabile ai conti correnti classici. La BCE aggiunge che neanche la garanzia dello Stato è idonea a tutelare contro ogni rischio di ritiri massicci, poiché la decisione impugnata ricorda che sono stati osservati ritiri massicci – dell’ordine dal 10 al 30 % – dei depositi soggetti ad un sistema di garanzia in occasione delle recenti crisi bancarie.
60 La BCE ritiene che le informazioni figuranti nella decisione impugnata consentano di valutare la pertinenza dell’esempio sul quale essa si è fondata.
61 Infine, la BCE sottolinea, in sostanza, che l’esame del rischio di leva finanziaria differisce da quello del rischio di liquidità e che l’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013 non prevede alcun metodo da seguire per esaminare le domande effettuate ai sensi di tale disposizione.
62 Ai punti 70 e 71 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), il Tribunale ha rilevato che i rischi associati ad una leva finanziaria eccessiva – ossia dover prendere misure correttive non previste del piano di impresa, tra cui la dismissione immediata di attività, con conseguenti perdite o aggiustamenti della valutazione delle restanti attività – si realizzavano a causa di una carenza di liquidità. Ai punti da 73 a 78 di tale sentenza, il Tribunale ha parimenti osservato che la BCE, in talune decisioni vertenti sul coefficiente di leva finanziaria, aveva ritenuto che il periodo di adeguamento delle posizioni con la CDC non fosse all’origine di un rischio di liquidità e che tale posizione fosse condivisa dall’Autorità bancaria europea (ABE) in una relazione del 15 dicembre 2015 sui requisiti in materia di finanziamento stabile netto ai sensi dell’articolo 510 del regolamento n. 575/2013. Tali constatazioni hanno portato il Tribunale a formulare tre conclusioni.
63 In primo luogo, al punto 79 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), il Tribunale ha dichiarato che la posizione di principio della BCE secondo cui il periodo di adeguamento di cui trattasi avrebbe potuto favorire l’emergere dei rischi associati ad una leva finanziaria eccessiva pur non costituendo un rischio di liquidità era, in ragione del suo carattere generico, manifestamente erronea.
64 In secondo luogo, al punto 80 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), il Tribunale ha rilevato che il periodo di adeguamento delle posizioni con la CDC avrebbe potuto essere pertinente per il rischio di leva finanziaria, pur non essendolo in relazione al rischio di liquidità, solo nell’ipotesi in cui i ritiri di depositi connessi al risparmio regolamentato fossero stati di un’ampiezza tale da determinare il superamento da parte di quest’ultimo del «forte stress» previsto nell’ambito del calcolo del coefficiente di liquidità ai sensi dell’articolo 412, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013.
65 In terzo luogo, al punto 81 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), il Tribunale ha sottolineato che la presa in considerazione di una siffatta eventualità al fine di respingere la richiesta della ricorrente non poteva avvenire senza un esame approfondito da parte della BCE delle caratteristiche del risparmio regolamentato. Tale esame avrebbe dovuto, in particolare, condurre la BCE ad esaminare se, alla luce delle sue caratteristiche, fosse prevedibile che ritiri di risparmio regolamentato presentino un volume e una rapidità tali da comportare il ricorso alle misure previste all’articolo 4, paragrafo 1, punto 94, del regolamento n. 575/2013 senza poter attendere i trasferimenti di fondi provenienti dalla CDC a titolo di adeguamento delle posizioni.
66 Ne consegue che il Tribunale non ha escluso che il periodo di adeguamento delle posizioni con la CDC potesse essere preso in considerazione in occasione della valutazione del rischio di leva finanziaria – sebbene esso non presenti problemi nell’ottica del coefficiente di liquidità –, ma ha limitato tale eventualità alla sola ipotesi di ritiri che superino il «forte stress» previsto nell’ambito del calcolo del coefficiente di liquidità. Esso ha inoltre sottolineato l’obbligo della BCE di fondare la sua valutazione su un’analisi approfondita delle caratteristiche del risparmio regolamentato.
67 Al punto 2.2.2 della decisione impugnata, la BCE ha ritenuto che il risparmio regolamentato potesse essere oggetto di ritiri massicci in tempi brevi (fino al 30 % entro un termine inferiore a cinque giorni) nonostante la garanzia dello Stato ad esso associata. Per giustificare tale valutazione, la BCE si è fondata, da un lato, sull’esperienza delle recenti crisi bancarie, da cui risulterebbe che un ente creditizio ha visto il ritiro dal 10 a 30 % dei suoi depositi in meno di cinque giorni, e, dall’altro, sul carattere particolarmente liquido del risparmio regolamentato. Essa ha ricordato, inoltre, che un ritiro del 30 % dei depositi in questione avrebbe implicato un rimborso di quasi 5,4 miliardi di EUR per la ricorrente.
68 Ne discende, da un lato, che la BCE, facendo riferimento a ritiri massicci ed entro brevi termini, ha limitato la considerazione del periodo di adeguamento delle posizioni della ricorrente con la CDC all’ipotesi prevista al punto 80 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), cosicché essa non ha violato l’autorità di cosa giudicata connessa a detta sentenza sul punto. Occorre dunque respingere l’argomentazione formulata dalla ricorrente al riguardo nella terza parte del primo motivo.
69 Per quanto riguarda, dall’altro lato, la questione se la BCE si sia conformata al punto 81 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), procedendo ad un’analisi approfondita del risparmio regolamentato, il Tribunale ritiene che tale questione si confonda con la valutazione della fondatezza della decisione impugnata e che sia opportuno esaminarla congiuntamente al terzo motivo.
Sul secondo motivo, relativo a una violazione dell’articolo 429, paragrafo 14, e dell’articolo 400, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013
70 Il presente motivo, il quale attiene alla legittimità della motivazione figurante al punto 2.2.2 della decisione impugnata e concernente il livello di concentrazione delle esposizioni della ricorrente verso la CDC, può essere suddiviso in due parti.
71 Nell’ambito di una prima parte, la ricorrente addebita, in sostanza, alla BCE di essersi fondata sul rischio di concentrazione che le esposizioni verso la CDC comportano sebbene un siffatto rischio non potrebbe essere preso in considerazione in occasione dell’attuazione dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013.
72 Nell’ambito di una seconda parte, la ricorrente sostiene, in sostanza, che la BCE si è arrogata un potere normativo adottando una metodologia di portata generale in occasione della valutazione di tale rischio, sebbene le sia stato delegato solo un potere individuale di decisione.
Sulla prima parte del secondo motivo, che contesta la considerazione del rischio di concentrazione presentato dalle esposizioni verso la CDC
73 La ricorrente ritiene che la considerazione del rischio di concentrazione dimostri che la BCE utilizza i suoi poteri ai sensi dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013 a fini diversi da quelli per i quali le sono stati delegati, ossia per esercitare un controllo sul rischio di concentrazione che le esposizioni verso la CDC comportano, sebbene le esposizioni sovrane non siano prese in considerazione nel calcolo di tale rischio, in applicazione dell’articolo 400, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013. Essa ne desume che la BCE, da un lato, ha violato l’articolo 400, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 e, dall’altro, ha utilizzato il potere delegatole dall’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013 per una finalità estranea a tale disposizione.
74 La BCE ritiene che l’argomentazione della ricorrente debba essere respinta.
75 In sostanza, nell’ambito della presente parte del secondo motivo, la ricorrente presenta due censure, relative alla violazione, da un lato, dell’articolo 400, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 e, dall’altro, dell’articolo 429, paragrafo 14, di detto regolamento.
76 In via preliminare, nella misura in cui la ricorrente contesta la presa in considerazione, da parte della BCE, del rischio di concentrazione in occasione dell’esame del coefficiente di leva finanziaria, occorre rilevare che la nozione di rischio di concentrazione è contemplata sia nella direttiva 2013/36 sia nel regolamento n. 575/2013.
77 L’articolo 81 della direttiva 2013/36 così recita:
«Le autorità competenti assicurano che il rischio di concentrazione derivante da esposizioni verso ogni controparte, comprese le controparti centrali, gruppi di controparti collegate e controparti del medesimo settore economico, della stessa regione geografica o che esercitano la stessa attività o trattano la stessa merce, nonché l’applicazione di tecniche di attenuazione del rischio di credito, compresi in particolare i rischi connessi con le grandi esposizioni creditizie indirette, ad esempio verso un unico datore di garanzie, siano affrontati e controllati anche mediante politiche e procedure scritte».
78 L’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 verte sul rischio di concentrazione presentato da un cliente o da un gruppo di clienti connessi. In sostanza, esso mira ad impedire che le esposizioni verso i medesimi superino il 25 % del capitale dell’ente o 150 milioni di EUR, fermo restando che si applica la soglia più elevata.
79 Ne consegue che il trattamento e il controllo del rischio di concentrazione sono intesi, in sostanza, a valutare il livello di diversificazione delle esposizioni di un ente creditizio e ad evitare un’eccessiva concentrazione di dette esposizioni verso talune controparti.
80 Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura relativa alla violazione dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013, essa solleva la questione se il livello di concentrazione delle esposizioni di cui trattasi verso la CDC sia una considerazione pertinente in occasione dell’attuazione di tale disposizione.
81 A tal riguardo, si deve ricordare che, al punto 51 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), il Tribunale ha sottolineato che il potere delegato alle autorità competenti dall’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013 mirava a consentire loro di operare un contemperamento tra l’obiettivo del coefficiente di leva finanziaria – il quale è la misura dell’esposizione complessiva di un ente creditizio, senza ponderazione in funzione del rischio, – e la possibilità di escludere dal calcolo di tale coefficiente talune esposizioni che presentano un profilo di rischio particolarmente basso e che non derivano da una scelta di investimento dell’ente creditizio.
82 Orbene, nell’eventualità in cui il rischio di un inadempimento della controparte non potesse essere escluso, il livello di concentrazione delle esposizioni interessate potrebbe costituire una considerazione pertinente in occasione del contemperamento che la BCE è tenuta ad effettuare.
83 Ciò è quanto ritenuto dal Tribunale al punto 63 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472). Infatti, l’argomento della BCE relativo al volume delle esposizioni verso la CDC non è stato respinto per il fatto che tale considerazione non sarebbe pertinente. Al contrario, il Tribunale ha sottolineato che il volume delle esposizioni verso la CDC avrebbe potuto essere pertinente nel caso in cui, a causa di un’insolvenza della Repubblica francese, la ricorrente non avesse potuto ottenere dalla CDC le somme trasferite a titolo di risparmio regolamentato e avesse dovuto ricorrere a dismissioni forzate di attività.
84 La BCE non è pertanto incorsa in un errore di diritto allorché ha preso in considerazione il livello di concentrazione delle esposizioni della ricorrente verso la CDC in occasione dell’applicazione dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013.
85 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la censura relativa alla violazione dell’articolo 400, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, la ricorrente sostiene, in sostanza, che la BCE non poteva prendere in considerazione il rischio di concentrazione sulla CDC, poiché questo tipo di esposizione è escluso dal calcolo del rischio di concentrazione.
86 È vero che, in applicazione dell’articolo 400, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, le esposizioni verso la CDC sono esentate dall’applicazione dell’articolo 395, paragrafo 1, di questo stesso regolamento, ossia non vengono prese in considerazione nell’ambito della valutazione del rischio di concentrazione previsto da tale disposizione. Tuttavia, la presente decisione non verte sul rispetto dell’articolo 395, paragrafo 1, di tale regolamento, bensì su quello del suo articolo 429, paragrafo 14.
87 Ne consegue che l’articolo 400, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 non è applicabile alla presente fattispecie e che la ricorrente non può dunque contestare alla BCE di averlo violato.
88 Pertanto, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta.
Sulla seconda parte del secondo motivo, che contesta, in sostanza, l’applicazione da parte della BCE di una metodologia di portata generale
89 La ricorrente sottolinea che i poteri delegati alla BCE dal regolamento n. 1024/2013 si limitano alla verifica del rispetto, da parte degli enti creditizi, del regolamento n. 575/2013 e che essa non dispone di alcun potere normativo. Essa sostiene che la tabella avente ad oggetto i livelli di concentrazione figurante nella decisione impugnata viene presentata dalla BCE come avente portata generale, poiché destinata ad essere applicata a tutti gli enti creditizi che chiedono il beneficio dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013. Pertanto, la BCE mirerebbe a trattare un rischio generale di concentrazione delle esposizioni verso gli organismi di diritto pubblico ed eccederebbe, di conseguenza, i poteri che le sono stati delegati dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1024/2013.
90 La BCE ritiene che l’argomentazione della ricorrente debba essere respinta.
91 Come è stato sottolineato al punto 15 supra, la BCE, nella decisione impugnata, ha applicato una metodologia che tiene conto di tre criteri, fra cui quello del grado di concentrazione delle esposizioni in questione. Tale metodologia si riflette in una tabella che specifica le percentuali di esenzione risultanti dall’interazione di questi tre criteri.
92 È giocoforza constatare che, tramite tale metodologia, la BCE si è limitata ad enunciare una regola di condotta indicativa del modo in cui essa intendeva fare uso del potere delegatole dall’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013.
93 A tal riguardo, occorre ricordare che il giudice dell’Unione europea ha riconosciuto la legittimità di procedimenti equivalenti di limitazione del potere discrezionale, indipendentemente da se la regola di condotta venga enunciata in direttive interne (v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 1974, Louwage/Commissione, 148/73, EU:C:1974:7, punto 12, e del 24 ottobre 2018, Fernández González/Commissione, T‑162/17 RENV, non pubblicata, EU:T:2018:711, punto 60) o in orientamenti oggetto di pubblicazione (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 209 a 211, e del 30 maggio 2013, Quinn Barlo e a./Commissione, C‑70/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:351, punto 53).
94 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, una siffatta metodologia non è assimilabile all’adozione, da parte della BCE, di un atto normativo che eccede l’ambito dei poteri ad essa delegati dal regolamento n. 1024/2013. Si tratta, infatti, soltanto di una regola di condotta indicativa la cui esistenza non dispensa la BCE da un esame specifico di ciascuna situazione individuale, il quale può portarla a disapplicare detta metodologia (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 209 a 211).
95 In tali circostanze, la BCE era legittimata ad evidenziare nella decisione impugnata la metodologia che essa intendeva seguire in occasione dell’applicazione dell’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013, a condizione di non rinunciare ad un esame specifico della situazione individuale della ricorrente.
96 Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte del secondo motivo e, pertanto, detto motivo nella sua interezza.
Sul terzo motivo, relativo a manifesti errori di valutazione commessi dalla BCE
97 La ricorrente sostiene che i tre punti della motivazione della decisione impugnata sui quali la BCE si è fondata per rifiutare di accogliere integralmente la sua domanda sono inficiati da errori manifesti di valutazione.
98 Per quanto riguarda la portata del controllo giurisdizionale che il Tribunale deve esercitare sulla fondatezza di tali punti della motivazione, nei limiti in cui la BCE dispone di un potere discrezionale e, di conseguenza, di un ampio potere di valutazione nella scelta se concedere o meno il beneficio di cui all’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013, detto controllo non deve condurlo a sostituire la propria valutazione a quella della BCE, bensì mira a verificare che la decisione impugnata non si basi su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da alcun errore di diritto né da alcun errore manifesto di valutazione o da sviamento di potere (v. sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE, T‑758/16, EU:T:2018:472, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).
99 Tuttavia, da una costante giurisprudenza risulta che, quando le istituzioni dispongono di un siffatto potere discrezionale, il rispetto nei procedimenti amministrativi delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione è di importanza ancora più fondamentale. Tra tali garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi figura in particolare il principio di buona amministrazione, al quale si ricollega l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (v. sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE, T‑758/16, EU:T:2018:472, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).
100 Il Tribunale rileva che l’argomentazione della ricorrente può essere suddivisa in tre parti, le quali mettono in discussione la fondatezza dei punti della motivazione della decisione impugnata relativi, in primo luogo, alla valutazione del rischio di svendite (punto 2.2.2 della decisione impugnata); in secondo luogo, alla valutazione della qualità creditizia dell’amministrazione centrale (punto 2.2.1 della decisione impugnata) e, in terzo luogo, al livello di concentrazione delle sue esposizioni verso la CDC (punto 2.2.3 della decisione impugnata).
101 Nell’ambito della prima parte del terzo motivo, la ricorrente sostiene che la BCE, non prendendo in considerazione, in occasione della valutazione del rischio di svendite, le caratteristiche del risparmio regolamentato, è venuta meno ai suoi obblighi risultanti dalla giurisprudenza richiamata al punto 99 supra. In primo luogo, il risparmio regolamentato, a causa della duplice garanzia dello Stato, svolgerebbe un ruolo di valore rifugio in caso di crisi. In secondo luogo, il risparmio regolamentato differirebbe fondamentalmente dalle altre risorse esterne, come l’indebitamento o i depositi ordinari, a causa del suo carattere strutturalmente equilibrato sotto il profilo del bilancio fra i depositi regolamentati centralizzati e i crediti di pari importo verso la CDC. In terzo luogo, il volume del risparmio regolamentato non dipenderebbe dalla strategia dell’ente creditizio, bensì da fattori che fuoriescono dal suo controllo, atteso che quest’ultimo agisce come mero veicolo di transito fra il depositante e la CDC. In quarto luogo, l’assenza di creazione di un rischio di leva finanziaria da parte del risparmio regolamentato sarebbe confermata da una relazione dell’ABE, nonché dal legislatore dell’Unione, il quale avrebbe instaurato un meccanismo di esenzione automatica in occasione della riforma del regolamento n. 575/2013.
102 Inoltre, la ricorrente rimanda all’argomentazione da essa presentata nell’ambito del primo motivo e reitera la propria argomentazione secondo la quale, da un lato, la BCE non dimostra in che modo lo stesso periodo di adeguamento di dieci giorni presenterebbe un rischio di liquidità nell’ambito della valutazione del coefficiente di leva finanziaria mentre non lo presenterebbe nell’ambito della valutazione del coefficiente di liquidità e, dall’altro, l’ipotesi di un rischio di ritiri massicci (bank run) riguardanti dal 10 al 30 % dei depositi in meno di cinque giorni sul quale la BCE si fonda non è verificabile ed è priva di rilevanza.
103 La BCE sostiene di avere preso in considerazione le caratteristiche specifiche del risparmio regolamentato. In primo luogo, il carattere particolarmente sicuro del risparmio regolamentato sarebbe connesso all’assenza di un rischio di perdita del capitale depositato e non influirebbe sul rischio di ritiri massicci, il quale deriverebbe dal carattere particolarmente liquido di questo tipo di depositi. In secondo luogo, l’equilibrio di bilancio del risparmio regolamentato non inciderebbe sul rischio di leva finanziaria e sarebbe, in ogni caso, relativo. In terzo luogo, erroneamente la ricorrente sosterrebbe di non avere alcuna influenza sull’aumento dell’ammontare totale del risparmio regolamentato, poiché la distribuzione di tale risparmio implicherebbe un atto positivo da parte sua e che la stessa ne facesse la promozione. In quarto luogo, essa nega la pertinenza del parere dell’ABE e della modifica apportata in occasione della riforma del regolamento n. 575/2013.
104 La BCE rimanda parimenti all’argomentazione da essa già esposta nell’ambito del primo motivo. Essa ritiene di avere valutato correttamente il rischio di svendite in attesa dell’adeguamento delle posizioni con la CDC e ribadisce la propria affermazione secondo la quale le cifre dal 10 al 30 % di ritiri entro cinque giorni sono tratte da un esempio recente. Essa sostiene di avere dimostrato che il periodo di adeguamento di dieci giorni può dar luogo ad un rischio di leva finanziaria e fa valere che tale criterio non ha giustificato di per sé la decisione impugnata. Infine, essa sottolinea di avere spiegato perché la valutazione del rischio di liquidità differiva nell’ambito della valutazione del coefficiente di leva finanziaria e in quello del coefficiente di liquidità nella misura in cui esso poteva superare gli scenari di «forte stress» previsti in quest’ultimo ambito.
105 Dal passaggio della decisione impugnata riassunto al punto 67 supra discende che la BCE si è fondata essenzialmente su due giustificazioni per concludere che le somme che la ricorrente era tenuta a trasferire alla CDC presentavano un rischio di svendite, ossia, da un lato, il carattere particolarmente liquido di tale risparmio e, dall’altro, l’esperienza delle recenti crisi bancarie.
106 In primo luogo, occorre sottolineare che, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 99 supra, la BCE era tenuta ad esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. Inoltre, per le ragioni illustrate ai punti 66 e 69 supra, la BCE, al fine di conformarsi al punto 81 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), era tenuta a procedere ad un’analisi approfondita delle caratteristiche del risparmio regolamentato.
107 A tal riguardo, sotto un primo aspetto, occorre rilevare che la decisione impugnata non menziona affatto una caratteristica essenziale del risparmio regolamentato, rilevata dalla ricorrente, ossia la sua qualità di «valore rifugio» in caso di crisi bancaria.
108 Infatti, tale qualità di «valore rifugio» viene dimostrata in modo giuridicamente adeguato dagli elementi di prova addotti dalla ricorrente, senza essere, peraltro, contestata dalla BCE nelle sue memorie.
109 In tal senso, la ricorrente ricorda che la Cour des comptes (Corte dei conti, Parigi, Francia) ha sottolineato nella sua relazione pubblica annuale del 2010 che «la crisi finanziaria [aveva] illustrato l’attrattività [del livret A] per i depositanti inclini ad una maggiore prudenza nei loro investimenti». Analogamente, il quotidiano Le Monde, nella sua edizione del 19 febbraio 2009, ha sottolineato che «la raccolta netta del livret A [aveva] raggiunto 18,7 miliardi di EUR nel 2008, un livello storico quasi tre volte superiore al record precedente, che porta il totale a 139,2 miliardi di EUR alla fine di dicembre [2008], stando alle cifre pubblicate (…) dalla Banque de France», e che «[i]l livret A [aveva] beneficiato del suo status di valore rifugio fin dall’inizio della crisi finanziaria, nonché di un tasso di remunerazione elevato del 4 % fra il 1° agosto 2008 e il 1° febbraio 2009».
110 Ne consegue che, in occasione di una crisi bancaria, piuttosto che diminuire a causa di ritiri dei risparmiatori francesi, i volumi collocati sul risparmio regolamentato tendono ad aumentare, poiché detti risparmiatori privilegiano in tali circostanze questo tipo di investimenti.
111 Sotto un secondo aspetto, altrettanto giustamente la ricorrente rileva, in sostanza, che il risparmio regolamentato è poco idoneo a contribuire alla costituzione di una leva finanziaria eccessiva.
112 A tal riguardo, come sottolineato dal Tribunale al punto 41 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), dal considerando 90 del regolamento n. 575/2013, nonché dalle definizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punti 93 e 94, del medesimo regolamento risulta che la leva finanziaria eccessiva riguarda la situazione in cui un ente creditizio finanzia una parte troppo rilevante dei propri investimenti mediante l’indebitamento anziché mediante fondi propri. Il rischio è quindi che l’ente creditizio non disponga di fondi propri sufficienti per far fronte a richieste di rimborso dei propri debiti e debba provvedere alla dismissione immediata di talune sue attività. Le conseguenze negative di tale riduzione immediata del livello di leva finanziaria durante la crisi finanziaria sono state esplicitate al considerando 90 del regolamento n. 575/2013 come segue:
«(…) Ciò ha accentuato la pressione al ribasso sui prezzi delle attività, con conseguenti ulteriori perdite per gli enti che hanno a loro volta comportato un ulteriore calo dei loro fondi propri. Questa spirale negativa ha determinato in ultima analisi una riduzione delle disponibilità del credito per l’economia reale ed una crisi più profonda e più lunga».
113 Orbene, a differenza dei depositi lasciati alla libera disponibilità degli enti creditizi – i quali possono essere oggetto di qualsiasi tipo di investimento, anche in attività rischiose o non liquide, idonee a contribuire alla costituzione di una leva finanziaria eccessiva –, la presente causa verte su somme che la ricorrente è tenuta a trasferire alla CDC, le quali non possono dunque essere investite in attività rischiose o non liquide.
114 Infine, sotto un terzo aspetto, occorre rilevare che, a differenza dei depositi ordinari rientranti nella direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 2014, L 173, pag. 149), nell’ambito della quale è prevista la sola protezione dei depositanti tramite l’intervento di un fondo alimentato dagli enti creditizi, le somme che gli enti creditizi sono tenuti a trasferire alla CDC beneficiano di una duplice garanzia della Repubblica francese. Infatti, l’articolo 120-I della legge n. 2008-1443 finanziaria di rettifica per il 2008, del 30 dicembre 2008 (JORF del 31 dicembre 2008, pag. 20518), al quale rimanda l’articolo L.221-7-V del CMF, prevede una garanzia dello Stato contro un eventuale inadempimento della CDC non solo nei confronti dei depositanti ma anche a vantaggio degli enti creditizi.
115 In secondo luogo, e alla luce degli elementi illustrati ai punti da 107 a 114 supra, si deve ritenere che la giustificazione relativa al carattere particolarmente liquido del risparmio regolamentato non consenta, di per sé, di dimostrare la fondatezza della conclusione della BCE tratta dal rischio di svendite che lo stesso presenterebbe.
116 Infatti, pur se tale liquidità può effettivamente favorire ritiri da parte dei risparmiatori su detto risparmio, dagli elementi di prova addotti dalla ricorrente emerge anche che detta liquidità partecipa parimenti alla sua qualità di «valore rifugio» nelle situazioni di crisi. Essa contribuisce, infatti, a fornire ai risparmiatori uno strumento al contempo liquido – che consente loro di fare ritiri e pagamenti alla stregua di un conto corrente – e munito di un livello di sicurezza elevato, come ricordato dalla relazione annuale dell’osservatorio del risparmio regolamentato, secondo la quale, «nel 2011, mentre [veniva osservato] un aumento delle incertezze e della volatilità sui mercati finanziari, la sicurezza tradizionale offerta da un investimento garantito dallo Stato, totalmente liquido e la cui remunerazione è defiscalizzata, ha contribuito alla sua attrattività».
117 Ne risulta che la fondatezza di tale motivo dipende essenzialmente dalla giustificazione della BCE tratta dall’esperienza delle recenti crisi bancarie.
118 A tal riguardo, in terzo luogo, si deve rilevare che dalla decisione impugnata e dalle risposte della BCE alle misure di organizzazione del procedimento risulta che essa si è fondata su un unico esempio per concludere che «l’esperienza delle crisi bancarie recenti mostra[va] che vi [erano] stati ritiri massicci». Interpellata in due occasioni nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la BCE, per motivi di riservatezza, non ha voluto rivelare l’identità dell’ente creditizio al quale essa si riferiva. Cionondimeno, nelle sue risposte, essa ha illustrato le caratteristiche essenziali dei depositi che erano stati oggetto di ritiri massicci. Si tratterebbe di depositi a vista, ammissibili al meccanismo di garanzia a vantaggio dei depositanti risultante dalla trasposizione della direttiva 2014/49.
119 Affinché l’esempio preso in considerazione dalla BCE fosse pertinente nell’ambito dell’analisi approfondita delle caratteristiche del risparmio regolamentato al quale essa doveva procedere, esso doveva necessariamente riguardare depositi aventi caratteristiche sufficientemente simili a quelli effettuati a titolo di risparmio regolamentato.
120 Alla luce degli elementi di informazione comunicati dalla BCE, il Tribunale ritiene che non fosse questo il caso.
121 A tal riguardo, occorre rilevare che, nell’ottica del contributo alla costituzione di una leva finanziaria eccessiva, la menzione, da parte della BCE, del fatto che si trattava di depositi a vista implica una libertà di utilizzazione di detti depositi da parte dell’ente creditizio interessato, anche in attività rischiose o non liquide. Sotto tale profilo, un siffatto esempio differisce dai depositi che la ricorrente è tenuta a trasferire alla CDC di cui alla presente fattispecie, per le ragioni illustrate ai punti da 111 a 113 supra.
122 Inoltre, è giocoforza constatare che esiste una seconda differenza fra l’esempio preso in considerazione dalla BCE e il risparmio regolamentato, la quale riguarda la percezione, da parte dei depositanti, della sicurezza dei loro depositi e, pertanto, l’eventualità che questi ultimi siano oggetto di ritiri massicci e improvvisi in caso di crisi. Infatti, per le ragioni illustrate al punto 114 supra, non si può ritenere che l’applicazione del solo sistema risultante dalla trasposizione della direttiva 2014/49 presenti caratteristiche sufficientemente simili al risparmio regolamentato, il quale, come è stato sottolineato ai punti da 107 a 110 supra, viene percepito come un «valore rifugio» in caso di crisi.
123 In tali circostanze, si deve concludere che la ricorrente ha correttamente contestato alla BCE di essere venuta meno ai suoi obblighi risultanti dalla giurisprudenza richiamata al punto 99 supra per non avere preso in considerazione, in occasione della valutazione del rischio di svendite, tutte le caratteristiche del risparmio regolamentato. Pertanto, la prima parte del terzo motivo deve essere accolta.
124 Inoltre, per le ragioni illustrate al punto 69 supra, deve esserne desunto che la BCE non ha proceduto ad un’applicazione corretta del punto 81 della sentenza del 13 luglio 2018, Crédit agricole/BCE (T‑758/16, EU:T:2018:472), secondo il quale spettava alla stessa fondare la sua analisi sulle caratteristiche del risparmio regolamentato. Pertanto, l’argomentazione sollevata al riguardo nella terza parte del primo motivo deve essere parimenti accolta.
125 La motivazione figurante al punto 2.2.2 della decisione impugnata è dunque inficiata da illegittimità.
126 Alla luce della metodologia applicata dalla BCE, si deve ritenere che i punti della motivazione figuranti ai punti 2.2.1 e 2.2.3 della decisione impugnata – vertenti rispettivamente sulla qualità creditizia dell’amministrazione centrale e sul livello di concentrazione delle esposizioni verso la CDC –, ammesso che siano scevri da illegittimità, non consentissero di giustificare il rifiuto opposto alla ricorrente. Infatti, sulla base di detta metodologia, la considerazione di questi soli punti della motivazione non avrebbe portato al rifiuto di concedere alla ricorrente l’intero beneficio della deroga prevista all’articolo 429, paragrafo 14, del regolamento n. 575/2013.
127 Pertanto, si deve accogliere il presente ricorso annullando la decisione impugnata nei limiti in cui la BCE ha negato alla ricorrente l’esclusione del 34 % delle sue esposizioni verso la CDC dal calcolo del suo coefficiente di leva finanziaria, senza che sia necessario esaminare l’argomentazione sollevata dalla ricorrente nei confronti dei punti della motivazione diversi da quello figurante al punto 2.2.2 della decisione impugnata.
Sulle spese
128 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la BCE è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La decisione ECB-SSM-2019-FRCAG-39 della Banca centrale europea (BCE), del 3 maggio 2019, è annullata nei limiti in cui essa ha negato al Crédit lyonnais l’esclusione dal calcolo del suo coefficiente di leva finanziaria del 34% delle sue esposizioni verso la Caisse des dépôts et consignations.
2) La BCE è condannata alle spese.
Tomljenović |
Schalin |
Nõmm |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 aprile 2021.
Firme
* Lingua processuale: il francese.