SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

10 marzo 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica dei visti – Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen – Articolo 21, paragrafo 2 bis – Carta dei diritti fondamentali – Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Diniego di visto per soggiorni di lunga durata opposto dal console – Obbligo per uno Stato membro di garantire un ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale avverso una decisione di diniego di un tale visto»

Nella causa C‑949/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), con decisione del 4 novembre 2019, pervenuta in cancelleria il 31 dicembre 2019, nel procedimento

M.A.

contro

Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N.,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, R. Silva de Lapuerta (relatrice), vicepresidente della Corte, L. Bay Larsen, C. Toader e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per M.A., da B. Grohman, adwokat;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e A. Pagáčová, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da C. Cattabriga, A. Stobiecka-Kuik e G. Wils, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 2 bis, della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 19), firmata a Schengen il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995, come modificata dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 182, pag. 1) (in prosieguo: la «CAAS»), nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra M.A. e il Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N. (console della Repubblica di Polonia; in prosieguo: il «console»), in merito al rifiuto di quest’ultimo di rilasciare a M.A. un visto nazionale per soggiorni di lunga durata.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

La CAAS

3

L’articolo 18 della CAAS è del seguente tenore:

«1.   I visti per un soggiorno di oltre 90 giorni (visti per soggiorni di lunga durata) sono visti nazionali rilasciati da uno degli Stati membri in conformità della propria legislazione interna o di quella dell’Unione. Tali visti sono emessi in base al modello uniforme per i visti di cui al regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio [GU 1995, L 164, pag. 1], e sono contrassegnati dalla lettera “D” nella dicitura indicante il tipo di visto. Sono compilati in conformità delle pertinenti disposizioni dell’allegato VII del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) [GU 2009, L 243, pag. 1].

2.   I visti per soggiorni di lunga durata hanno una validità non superiore a un anno. Qualora uno Stato membro autorizzi uno straniero a soggiornare sul suo territorio per un periodo superiore a un anno, il visto per soggiorni di lunga durata è sostituito prima della scadenza della sua validità con un titolo di soggiorno».

4

L’articolo 21 della CAAS recita:

«1.   Gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno rilasciato da uno degli Stati membri possono, in forza di tale titolo e di un documento di viaggio, purché tali documenti siano in corso di validità, circolare liberamente per un periodo non superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni nel territorio degli altri Stati membri, sempreché soddisfino le condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c) ed e), del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) [GU 2006, L 105, pag. 1], e non figurino nell’elenco nazionale delle persone segnalate dello Stato membro interessato.

(...)

2 bis.   Il diritto alla libera circolazione di cui al paragrafo 1 si applica altresì agli stranieri titolari di un visto per soggiorni di lunga durata in corso di validità rilasciato da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 18».

La direttiva (UE) 2016/801

5

Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi e collocamento alla pari (GU 2016, L 132, pag. 21).

«La presente direttiva stabilisce:

a)

le condizioni di ingresso e soggiorno nel territorio degli Stati membri per un periodo superiore a 90 giorni e i diritti di cittadini di paesi terzi nonché, eventualmente, dei loro familiari, per motivi di ricerca, studio, tirocinio o servizio volontario europeo, e laddove gli Stati membri lo decidano, per programmi di scambio di alunni o progetti educativi, volontariato in programmi diversi dal servizio volontario europeo o collocamento alla pari;

(...)».

6

L’articolo 2 di tale direttiva, al suo paragrafo 1, prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi o che sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro per motivi di ricerca, studio, tirocinio o volontariato nell’ambito del servizio volontario europeo. Gli Stati membri possono altresì decidere di applicare le disposizioni della presente direttiva ai cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi ai fini di un programma di scambio di alunni o di un progetto educativo, di volontariato diverso dal servizio volontario europeo o di collocamento alla pari».

7

A norma dell’articolo 3 della suddetta direttiva:

«Ai fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:

(...)

3)

“studente”: il cittadino di paese terzo che sia stato accettato da un istituto di istruzione superiore e che sia stato ammesso nel territorio di uno Stato membro per seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro, compresi i diplomi, certificati o diplomi di dottorato in un istituto di istruzione superiore, che può comprendere un corso propedeutico preliminare a tale istruzione, in conformità del diritto nazionale, o un tirocinio obbligatorio;

(...)

21)

“autorizzazione”: un permesso di soggiorno oppure, se previsto dal diritto nazionale, un visto per soggiorno di lunga durata rilasciato ai fini della presente direttiva;

(...)

23)

“visto per soggiorno di lunga durata” l’autorizzazione rilasciata da uno Stato membro a norma dell’articolo 18 della [CAAS] o rilasciata conformemente alla legislazione nazionale degli Stati membri che non applicano integralmente l’acquis di Schengen».

8

L’articolo 34, paragrafo 5, della stessa direttiva è così formulato:

«Qualsiasi decisione che dichiari inammissibile o respinga una domanda, che rifiuti il rinnovo o revochi un’autorizzazione è impugnabile nello Stato membro interessato, conformemente al diritto nazionale. Nella notifica scritta sono indicati il giudice o l’autorità amministrativa dinanzi ai quali può essere presentato ricorso, nonché i termini entro cui presentarlo».

Il codice dei visti

9

L’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 810/2009, quale modificato dal regolamento n. 610/2013 (in prosieguo: il «codice dei visti»), così dispone:

«I richiedenti cui sia stato rifiutato il visto hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono proposti nei confronti dello Stato membro che ha adottato la decisione definitiva in merito alla domanda e disciplinati conformemente alla legislazione nazionale di tale Stato membro. Gli Stati membri forniscono ai richiedenti informazioni sulla procedura cui attenersi in caso di ricorso, come precisato nell’allegato VI».

Diritto polacco

10

L’articolo 75 della ustawa o cudzoziemcach (legge sugli stranieri), del 12 dicembre 2013 (Dz. U. del 2018, posizione 2094), quale modificata (in prosieguo: la «legge sugli stranieri»), così dispone:

«1.   Il rilascio del visto nazionale viene negato mediante decisione.

2.   La decisione di diniego del rilascio di un visto nazionale viene rilasciata su un formulario».

11

L’articolo 76, paragrafo 1, della legge sugli stranieri prevede quanto segue:

«Avverso la decisione di diniego di rilascio di un visto Schengen o di un visto nazionale può essere presentata:

1.

una domanda di riesame da parte del console, qualora la decisione sia stata adottata da tale autorità;

(...)».

12

L’articolo 5 della ustawa Prawo o postępowaniu przed sądami administracyjnymi (legge relativa al codice di procedura dinanzi ai giudici amministrativi), del 30 agosto 2002 (Dz. U. del 2018, posizione 1302), quale modificata (in prosieguo: il «codice di procedura dinanzi ai giudici amministrativi»), nella versione applicabile alla controversia principale, prevede quanto segue:

«Non rientrano nella competenza dei giudici amministrativi le seguenti materie:

(...)

4)

i visti rilasciati dai consoli, ad eccezione dei visti:

a)

di cui all’articolo 2, punti da 2 a 5, del [codice dei visti],

b)

rilasciati agli stranieri che sono familiari di un cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, di uno Stato membro dell’Associazione europea di libero scambio che è parte dell’Accordo sullo Spazio economico europeo [(SEE)] o della Confederazione svizzera, ai sensi dell’articolo 2, punto 4, della legge sull’ingresso nel territorio della Repubblica di Polonia, sul soggiorno e sull’uscita dal medesimo dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari) del 14 luglio 2006 (Dz. U. del 2017, posizione 900, e del 2018, posizione 650).

(...)».

13

Ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, punto 1, del codice di procedura dinanzi ai giudici amministrativi, «[i]l tribunale respinge il ricorso (...) qualora la causa non rientri nella competenza del tribunale amministrativo (...)».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

14

Il ricorrente nel procedimento principale, cittadino di un paese terzo, ha depositato presso il console una domanda di rilascio di un visto nazionale per soggiorni di lunga durata al fine di effettuare studi di secondo ciclo in Polonia. Essendo stata respinta la sua domanda, egli ha chiesto al console il riesame della medesima. Quest’ultimo ha reiterato il suo diniego di visto per mancata giustificazione dello scopo o delle condizioni del soggiorno previsto.

15

Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, Polonia) avverso la decisione di diniego del console. Al fine di dimostrare la ricevibilità del ricorso, il ricorrente nel procedimento principale si è basato sulla sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:960), e ha fatto valere che il dispositivo di tale sentenza poteva essere applicato al procedimento principale, a causa dell’analogia delle circostanze di fatto e di diritto tra quest’ultimo e il procedimento che ha dato luogo a detta sentenza.

16

Con ordinanza del 12 marzo 2019, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia) ha respinto il ricorso. Tale giudice, fondandosi sull’articolo 5, punto 4, del codice di procedura dinanzi ai giudici amministrativi, ha considerato che il procedimento principale non rientrasse nella competenza dei giudici amministrativi. Esso ha altresì ritenuto che la soluzione accolta nella sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:960), non fosse applicabile al procedimento principale, in quanto il visto oggetto di tale sentenza era un visto per soggiorni di breve durata, ossia un visto Schengen, mentre, nel procedimento principale, il ricorrente aveva chiesto un visto nazionale per soggiorni di lunga durata, rilasciato conformemente al diritto nazionale.

17

Reputando che erroneamente il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia) avesse dichiarato che la decisione del console recante diniego di rilascio del visto nazionale non era soggetta a sindacato giurisdizionale e che tale giudice avesse, di conseguenza, respinto in modo infondato il ricorso proposto avverso detta decisione, il ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso in cassazione dinanzi al giudice del rinvio, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia).

18

Il giudice del rinvio espone che, in seguito alla sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:960), l’articolo 5, punto 4, lettera a), del codice di procedura dinanzi ai giudici amministrativi è stato modificato al fine di istituire un diritto di ricorso giurisdizionale avverso le decisioni recanti diniego di rilascio di un visto Schengen. Esso precisa che tale modifica legislativa non si applica tuttavia alle decisioni di diniego di visti nazionali, come quella di cui trattasi nel procedimento principale. Pertanto, conformemente al diritto nazionale, la decisione del console recante diniego di rilascio di un visto nazionale per soggiorni di lunga durata ad uno straniero non sarebbe soggetta a sindacato giurisdizionale.

19

Di conseguenza, il giudice del rinvio si interroga sulla questione se il diritto dell’Unione imponga l’introduzione, per i visti nazionali per soggiorni di lunga durata, di un livello di tutela equivalente a quello applicabile ai visti Schengen e che è desumibile dalla sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:960).

20

A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che l’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS riconosce il diritto alla libera circolazione agli stranieri titolari di un visto nazionale per soggiorni di lunga durata. Pertanto, il visto nazionale sarebbe uno degli strumenti che consentono a uno straniero di esercitare il diritto alla libera circolazione e, in quanto tale, non presenterebbe differenze significative rispetto all’esercizio di tale diritto in base ad un visto Schengen rilasciato al cittadino di un paese terzo. Secondo il giudice del rinvio, sebbene i visti nazionali e i visti Schengen presentino differenze quanto alle norme, ai requisiti o alle modalità di rilascio loro applicabili, entrambi riguardano l’esercizio da parte degli stranieri di uno stesso diritto derivato dal diritto dell’Unione. L’impossibilità di impugnare dinanzi ad un organo giurisdizionale la decisone definitiva di diniego di rilascio di un visto nazionale potrebbe, pertanto, costituire una violazione del diritto dell’Unione, in particolare del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo sancito dall’articolo 47, primo comma, della Carta.

21

In tale contesto, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 21, paragrafo 2 bis, della [CAAS], in combinato disposto con l’articolo 47, primo comma, della [Carta], debba essere interpretato nel senso che il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo deve essere garantito ad un cittadino di un paese terzo al quale è stato negato il rilascio di un visto per soggiorno di lunga durata e che non può esercitare il diritto di circolare liberamente nel territorio degli altri Stati membri, riconosciuto dall’articolo 21, paragrafo 1, della [CAAS]».

Sulla competenza della Corte

22

Il governo polacco ritiene che la Corte non sia competente a rispondere alla questione pregiudiziale in quanto il procedimento principale non rientrerebbe nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

23

A tale riguardo, dall’articolo 19, paragrafo 3, lettera b), TUE e dall’articolo 267, primo comma, TFUE risulta che la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione.

24

Orbene, nel caso di specie, il giudice del rinvio invita la Corte ad interpretare l’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS, la quale fa parte integrante del diritto dell’Unione in forza del protocollo (n. 19) sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea, allegato al Trattato di Lisbona (GU 2010, C 83, pag. 290).

25

Ciò premesso, la Corte è competente a rispondere alla questione posta.

Sulla questione pregiudiziale

26

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri l’obbligo di prevedere un ricorso giurisdizionale avverso le decisioni di diniego di visto per soggiorni di lunga durata per motivi di studio.

27

L’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS prevede il diritto alla libera circolazione, alle condizioni di cui al paragrafo 1 di tale articolo, degli stranieri titolari di un visto per soggiorni di lunga durata in corso di validità, che sia stato rilasciato da uno degli Stati membri conformemente all’articolo 18 della medesima convenzione.

28

Risulta quindi dalla formulazione stessa dell’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS che tale disposizione riguarda esclusivamente i diritti di circolazione conferiti ai cittadini di Stati terzi, titolari di un visto per soggiorni di lunga durata.

29

Pertanto, detta disposizione non concede ai cittadini di Stati terzi, cui sia stato negato un siffatto visto, alcun diritto o alcuna libertà che ricada nel principio della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dall’articolo 47 della Carta. Di conseguenza, l’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS non impone agli Stati membri alcun obbligo in tal senso nei confronti dei suddetti cittadini.

30

Pertanto, la fattispecie in esame nel procedimento principale, vertendo su una decisione di diniego di visto per soggiorni di lunga durata che è stata opposta a un cittadino di uno Stato terzo, più in particolare sui mezzi di ricorso esperibili avverso una siffatta decisione, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS.

31

Tuttavia, dalla giurisprudenza costante della Corte si evince che la circostanza che il giudice del rinvio abbia formulato una questione pregiudiziale facendo riferimento soltanto a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che possano essere utili alla decisione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto riferimento o meno nella formulazione della sua questione. A tal proposito, spetta alla Corte trarre da tutti gli elementi forniti dal giudice nazionale e, segnatamente, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v. in particolare, in tal senso, sentenza del 9 aprile 2014, Ville d’Ottignies-Louvain-la-Neuve e a., C‑225/13, EU:C:2014:245, punto 30).

32

Ciò posto, occorre verificare se l’obbligo di prevedere un ricorso giurisdizionale avverso le decisioni di diniego di rilascio di un visto per soggiorni di lunga durata per motivi di studio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, possa risultare da una disposizione del diritto dell’Unione diversa dall’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS.

33

A tal riguardo, occorre ricordare che, come emerge dall’articolo 18, paragrafo 1, della CAAS, i visti per soggiorni di lunga durata sono visti nazionali rilasciati dagli Stati membri secondo la propria legislazione o secondo la legislazione dell’Unione.

34

Per quanto riguarda i visti per soggiorni di lunga durata rilasciati dagli Stati membri secondo la propria legislazione, poiché il legislatore dell’Unione non ha adottato alcun atto sul fondamento dell’articolo 79, paragrafo 2, lettera a), TFUE che disciplini le procedure e le condizioni di rilascio di detti visti, tali condizioni e procedure, comprese le procedure di ricorso avverso le decisioni che negano un siffatto rilascio, rientrano esclusivamente nell’ambito di applicazione del diritto nazionale (v., in tal senso, per quanto riguarda i visti per soggiorni di lunga durata per motivi umanitari, sentenza del 7 marzo 2017, X e X, C‑638/16 PPU, EU:C:2017:173, punto 44).

35

Poiché le domande di siffatti visti per soggiorni di lunga durata non sono quindi disciplinate dal diritto dell’Unione, le disposizioni della Carta, in particolare quelle dell’articolo 47, non sono applicabili al rifiuto opposto alle medesime (v., in tal senso, per quanto riguarda i visti per soggiorni di lunga durata per motivi umanitari, sentenza del 7 marzo 2017, X e X, C‑638/16 PPU, EU:C:2017:173, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

36

Infatti, l’ambito di applicazione della Carta, per quanto riguarda l’operato degli Stati membri, è definito all’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, a norma del quale le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione, ove tale disposizione conferma la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse [sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].

37

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto al console il rilascio di un visto per soggiorni di lunga durata al fine di effettuare studi di secondo ciclo in Polonia.

38

A tal riguardo, occorre tener conto del fatto che, da un lato, la direttiva 2016/801 fissa in particolare, come previsto dall’articolo 1, lettera a), di quest’ultima, le condizioni di ingresso e di soggiorno, per una durata superiore a 90 giorni, dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio e che, dall’altro, dall’articolo 3, punti 21 e 23, di tale direttiva discende che l’autorizzazione concessa ai fini della suddetta direttiva può essere rilasciata dagli Stati membri sotto forma di titolo di soggiorno o, se il diritto nazionale lo prevede, sotto forma di un visto per soggiorni di lunga durata.

39

Spetta al giudice del rinvio verificare se la domanda di visto di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva in parola.

40

In caso affermativo, va rilevato che, in forza dell’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, le decisioni di diniego di visto rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva in parola sono impugnabili nello Stato membro interessato, conformemente al diritto nazionale.

41

Ne discende che, nel caso di una decisione di diniego di visto rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2016/801, l’articolo 34, paragrafo 5, di quest’ultima conferisce espressamente ai richiedenti un tale visto la possibilità di proporre ricorso conformemente alla legislazione nazionale dello Stato membro che ha adottato la decisione di cui trattasi.

42

Pertanto, come per i visti Schengen, il legislatore dell’Unione ha demandato agli Stati membri il compito di decidere sulla natura e sulle modalità concrete dei mezzi di ricorso di cui dispongono i richiedenti visti per soggiorni di lunga durata rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2016/801.

43

A tal riguardo, va ricordato che, conformemente a una giurisprudenza costante, in mancanza di norme dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità processuali dei ricorsi giurisdizionali destinati a garantire la salvaguardia dei diritti dei soggetti dell’ordinamento, in forza del principio di autonomia processuale, a condizione tuttavia che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani, C‑403/16, EU:C:2017:960, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

44

Inoltre, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 36 della presente sentenza, le caratteristiche della procedura di ricorso di cui all’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801 devono essere determinate conformemente all’articolo 47 della Carta.

45

Orbene, tale disposizione della Carta impone agli Stati membri l’obbligo di garantire, a un dato stadio del procedimento, un ricorso dinanzi a un giudice (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani, C‑403/16, EU:C:2017:960, punto 41).

46

Di conseguenza, per quanto riguarda le decisioni di diniego di un visto per motivi di studio rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2016/801, il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 34, paragrafo 5, di tale direttiva, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, impone agli Stati membri l’obbligo di prevedere una procedura di ricorso contro dette decisioni, le cui modalità siano definite dall’ordinamento giuridico del singolo Stato membro nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, e tale procedura deve garantire, a un dato stadio del procedimento, un ricorso giurisdizionale (v., per analogia, sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani, C‑403/16, EU:C:2017:960, punto 42).

47

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dal giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 21, paragrafo 2 bis, della CAAS deve essere interpretato nel senso che esso non è applicabile al cittadino di uno Stato terzo cui sia stato negato un visto per soggiorni di lunga durata.

48

Il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri l’obbligo di prevedere una procedura di ricorso contro le decisioni di diniego di visto per motivi di studio, ai sensi di tale direttiva, le cui modalità siano definite dall’ordinamento giuridico del singolo Stato membro nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, e tale procedura deve garantire, a un dato stadio del procedimento, un ricorso giurisdizionale. Spetta al giudice del rinvio verificare se la domanda di visto nazionale per soggiorni di lunga durata per motivi di studio di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva in parola.

Sulle spese

49

Nei confronti delle parti nel procedimento principale, la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 21, paragrafo 2 bis, della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995, come modificata dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, deve essere interpretato nel senso che esso non è applicabile al cittadino di uno Stato terzo cui sia stato negato un visto per soggiorni di lunga durata.

 

2)

Il diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi e collocamento alla pari, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri l’obbligo di prevedere una procedura di ricorso contro le decisioni di diniego di visto per motivi di studio, ai sensi di tale direttiva, le cui modalità siano definite dall’ordinamento giuridico del singolo Stato membro nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, e tale procedura deve garantire, a un dato stadio del procedimento, un ricorso giurisdizionale. Spetta al giudice del rinvio verificare se la domanda di visto nazionale per soggiorni di lunga durata per motivi di studio di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva in parola.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.