SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

16 giugno 2022 ( *1 )

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Unità a disco ottico – Decisione che constata una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 – Infrazione unica e continuata – Nozione – Accordi collusivi riguardanti gare d’appalto relative a unità a disco ottico per computer portatili e da scrivania organizzate da due produttori di computer»

Nella causa C‑698/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 20 settembre 2019,

Sony Optiarc Inc., con sede in Atsugi (Giappone),

Sony Optiarc America Inc., con sede in San Jose (Stati Uniti),

rappresentate da E. Kelly, N. Levy e R. Snelders, avvocati,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da A. Dawes, M. Farley, F. van Schaik e L. Wildpanner, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da K. Jürimäe (relatrice), presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, S. Rodin e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la loro impugnazione, la Sony Optiarc Inc. e la Sony Optiarc America Inc. (in prosieguo, congiuntamente: le «ricorrenti») chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2019, Sony Optiarc e Sony Optiarc America/Commissione (T‑763/15, non pubblicata; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2019:517), con cui quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto, in via principale, all’annullamento totale o parziale della decisione C(2015) 7135 final della Commissione, del 21 ottobre 2015, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.39639 – Unità a disco ottico) (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte in cui essa le riguarda, e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta.

Contesto normativo

2

Ai sensi dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1):

«2.   La Commissione [europea] può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)

commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101 o 102 TFUE]; oppure

b)

contravvengono a una decisione che disponga misure [cautelari] ai sensi dell’articolo 8; oppure

c)

non rispettano un impegno reso obbligatorio mediante decisione ai sensi dell’articolo 9.

(...)

Qualora l’infrazione di un’associazione sia relativa alle attività dei membri della stessa, l’ammenda non deve superare il 10% dell’importo del fatturato totale di ciascun membro attivo sul mercato coinvolto dall’infrazione dell’associazione.

3.   Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3

L’articolo 27, paragrafo 2, di tale regolamento così recita:

«Nel corso del procedimento sono pienamente garantiti i diritti di difesa delle parti interessate. Esse hanno diritto d’accesso al fascicolo della Commissione, fermo restando il legittimo interesse delle imprese alla tutela dei propri segreti aziendali. Sono esclusi dal diritto di accesso le informazioni riservate e i documenti interni della Commissione e delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Sono esclusi specificamente dal diritto di accesso gli scambi di corrispondenza fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o fra queste ultime, compresi i documenti redatti ai sensi degli articoli 11 e 14. Nessuna disposizione del presente paragrafo può impedire alla Commissione la divulgazione e l’utilizzo delle informazioni necessarie a dimostrare l’esistenza di un’infrazione».

4

L’articolo 31 di detto regolamento è così formulato:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

5

Quanto al calcolo delle ammende, i punti da 6 a 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2) (in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende»), enunciano:

«6.   (...) [L]a combinazione della durata e del valore delle vendite a cui l’infrazione si riferisce è considerata un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato. Il riferimento a tali fattori fornisce una buona indicazione dell’ordine di grandezza dell’ammenda, ma non va inteso come la base di un metodo di calcolo automatico e aritmetico.

(...)

13.   Al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE). (...)».

Fatti all’origine della controversia e decisione controversa

6

I fatti all’origine della controversia, esposti ai punti da 1 a 32 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue ai fini del presente procedimento.

7

La prima ricorrente, la Sony Optiarc (già Sony NEC Optiarc Inc.), è una società per azioni di diritto giapponese. Essa è stata fondata il 3 aprile 2006 quale impresa comune tra la Sony Corporation e la NEC Corporation, con la denominazione Sony NEC Optiarc Inc. Ciascuna società madre ha apportato la propria rispettiva attività nel settore delle unità a disco ottico (in prosieguo: le «UDO»).

8

A partire dal 2 aprile 2007, la Sony NEC Optiarc, insieme alla società figlia da essa interamente controllata, la Sony Optiarc America (già Sony NEC Optiarc America Inc.), la seconda ricorrente, ha negoziato e ottenuto taluni contratti a seguito di gare d’appalto e ha accettato talune ordinazioni, almeno da parte della Dell Inc., aventi ad oggetto UDO. La Sony NEC Optiarc e la Sony NEC Optiarc America sono denominate, congiuntamente, la «Sony Optiarc» nella decisione impugnata. Per contro, la «Sony/Optiarc» è utilizzato, nella decisione impugnata, per indicare l’insieme costituito da Sony Corporation e Sony Optiarc, le quali hanno congiuntamente formulato dichiarazioni orali e risposto alle richieste di informazioni della Commissione. Dopo il 1o settembre 2007, la Sony NEC Optiarc ha continuato a partecipare alle procedure di gara organizzate dalla Dell ed era assistita da un dipendente di Sony Electronics (Singapore) Pte. Ltd, che agiva in nome della Sony Optiarc e sulla base delle sue istruzioni.

9

L’infrazione di cui trattasi riguarda UDO utilizzate, segnatamente, in personal computer (computer da scrivania e portatili) prodotti dalla Dell e dalla Hewlett Packard (in prosieguo la «HP»).

10

La Dell e la HP sono i due principali fabbricanti di prodotti di origine nel mercato mondiale dei personal computer. Queste due società utilizzano procedure di gara d’appalto classiche condotte su scala mondiale che implicano, in particolare, trattative trimestrali su un prezzo a livello mondiale e su volumi di acquisti globali con un ristretto numero di fornitori di UDO preselezionati.

11

Le procedure di gara d’appalto consistono in domande di preventivi, domande di preventivi elettronici, trattative online, aste elettroniche e trattative bilaterali (offline). Alla chiusura di una gara d’appalto i clienti attribuiscono volumi ai fornitori di UDO partecipanti secondo il prezzo che essi offrono.

12

Il 14 gennaio 2009 la Commissione ha ricevuto una domanda d’immunità ai sensi della sua comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17) presentata dalla Koninklijke Philips NV. Il 29 gennaio e il 2 marzo 2009 tale domanda è stata integrata al fine di includere, oltre a tale società, le società Lite-On IT Corporation e la loro impresa comune Philips & Lite-On Digital Solutions Corporation.

13

Il 30 giugno 2009 la Commissione ha concesso un’immunità condizionata alla Koninklijke Philips, alla Lite-On IT e alla Philips & Lite-On Digital Solutions.

14

Il 18 luglio 2012 la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti a tredici fornitori di UDO, tra cui le ricorrenti (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti»), nella quale ha indicato che essi avevano violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»), avendo partecipato a un’intesa relativa alle UDO che andava dal 5 febbraio 2004 al 29 giugno 2009, consistente nel coordinare il proprio comportamento nelle gare d’appalto organizzate da due produttori di computer, vale a dire la Dell e la HP.

15

Il 29 ottobre 2012, in risposta alla comunicazione degli addebiti, le ricorrenti hanno presentato, congiuntamente, le loro osservazioni scritte. Il 29 e il 30 novembre 2012 si è tenuta un’audizione alla quale hanno partecipato tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti.

16

Il 21 ottobre 2015 la Commissione ha adottato la decisione controversa.

17

In tale decisione la Commissione ha considerato che i partecipanti all’intesa avevano coordinato i loro comportamenti concorrenziali, almeno dal 23 giugno 2004 al 25 novembre 2008. Essa ha precisato che tale coordinamento era effettuato mediante una rete di contatti bilaterali paralleli. Essa ha indicato che i partecipanti all’intesa cercavano di adeguare i loro volumi sul mercato e di fare in modo che i prezzi si mantenessero a livelli più elevati di quanto sarebbero stati in assenza di tali contatti bilaterali.

18

La Commissione ha precisato, nella decisione controversa, che il coordinamento tra i partecipanti all’intesa riguardava i conti clienti della Dell e della HP. Secondo la Commissione, oltre alle trattative bilaterali con i loro fornitori di UDO, la Dell e la HP applicavano procedure di gara d’appalto standardizzate, che si svolgevano almeno ogni trimestre. Essa ha rilevato che i membri dell’intesa utilizzavano la loro rete di contatti bilaterali per manipolare tali procedure di gara d’appalto, ostacolando in tal modo i tentativi dei loro clienti di stimolare la concorrenza mediante i prezzi.

19

Secondo la Commissione gli scambi regolari di informazioni hanno, in particolare, permesso ai membri dell’intesa di avere una conoscenza ben precisa delle intenzioni dei propri concorrenti ancor prima di impegnarsi nella procedura di gara d’appalto e, di conseguenza, di prevedere la propria strategia concorrenziale.

20

La Commissione ha aggiunto che, a intervalli regolari, i membri dell’intesa scambiavano informazioni sui prezzi relativamente a conti clienti determinati nonché informazioni senza legami con i prezzi, quali la produzione esistente, la capacità di fornitura, lo stato delle scorte, la situazione rispetto alla graduatoria, il momento dell’introduzione di nuovi prodotti o di aggiornamenti. Essa ha rilevato che, inoltre, i fornitori di UDO sorvegliavano i risultati finali delle procedure di gara d’appalto chiuse, vale a dire la graduatoria, i prezzi e il volume ottenuti.

21

La Commissione ha altresì indicato che, pur consapevoli di dover mantenere segreti i loro contatti nei confronti dei clienti, i fornitori di UDO utilizzavano, per contattarsi, i mezzi che ritenevano sufficientemente adatti a raggiungere il risultato voluto. Essa ha precisato che, peraltro, un tentativo di convocare una riunione al fine di organizzare riunioni multilaterali regolari tra tali fornitori era fallito nel 2003, dopo essere stato rivelato ad un cliente. Secondo la Commissione, al posto di tali riunioni vi sono stati contatti bilaterali, essenzialmente sotto forma di chiamate telefoniche e, talvolta, anche per mezzo di messaggi di posta elettronica, ivi inclusi quelli su indirizzi mail privati e servizi di messaggistica istantanei, oppure durante riunioni, principalmente a livello dei gestori di conti mondiali.

22

La Commissione ha constatato che i partecipanti all’intesa si contattavano regolarmente e che i contatti, principalmente per telefono, si intensificavano al momento delle procedure di gara d’appalto, durante le quali avvenivano diverse telefonate al giorno tra alcune coppie di partecipanti all’intesa. Essa ha precisato che, in genere, i contatti tra alcune coppie di partecipanti all’intesa erano significativamente più elevati di quelli tra altre coppie.

23

Per quanto riguarda il calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, la Commissione si è basata sugli orientamenti per il calcolo delle ammende.

24

Innanzitutto, per determinare l’importo di base dell’ammenda, la Commissione ha considerato che, tenuto conto delle differenze significative nella durata della partecipazione dei fornitori di UDO all’intesa e al fine di rispecchiare al meglio l’incidenza reale dell’intesa, era opportuno ricorrere a una media annuale calcolata sulla base del valore reale delle vendite realizzate dalle imprese durante i mesi civili completi della loro rispettiva partecipazione all’infrazione.

25

La Commissione ha, infatti, chiarito che il valore delle vendite è stato calcolato sulla base delle vendite di UDO destinate ai personal computer fatturati alle entità HP e Dell situate nel SEE.

26

La Commissione ha, peraltro, considerato che, poiché il comportamento anticoncorrenziale nei confronti della HP era iniziato più tardi, e al fine di tenere conto dell’evoluzione dell’intesa, il valore rilevante delle vendite sarebbe stato calcolato separatamente per la HP e per la Dell, e che sarebbero stati applicati due coefficienti moltiplicatori in funzione della durata.

27

Per quanto riguarda le ricorrenti, non essendo stata dimostrata la loro partecipazione ai contatti nei confronti della HP, la Commissione ha considerato la loro responsabilità solo per il coordinamento nei confronti della Dell.

28

La Commissione ha poi deciso che, poiché gli accordi di coordinamento dei prezzi rientravano, per loro stessa natura, tra le infrazioni più gravi all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE, e l’intesa si estendeva almeno al SEE, la percentuale applicata a titolo della gravità nel caso di specie era del 16% per tutti i destinatari della decisione controversa.

29

Inoltre, la Commissione ha indicato che, alla luce delle circostanze del caso di specie, essa aveva deciso di aggiungere un ulteriore 16% a scopo dissuasivo.

30

Inoltre, la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti del 3% per tenere conto del fatto che esse non erano a conoscenza della parte dell’infrazione unica e continuata relativa alla HP, allo scopo di riflettere in modo adeguato e sufficiente la natura meno grave del loro comportamento.

31

Il dispositivo della decisione controversa, nella parte in cui riguarda le ricorrenti, recita quanto segue:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE, avendo partecipato, durante i periodi indicati, a un’infrazione unica e continuata, composta da diverse infrazioni distinte, nel settore delle [UDO], nell’insieme del SEE, consistita in accordi di coordinamento dei prezzi:

(...)

g)

Sony Optiarc (…) dal 25 luglio 2007 al 29 ottobre 2008, Sony Optiarc America (…) dal 25 luglio 2007 al 31 ottobre 2007, per il loro coordinamento nei confronti della Dell;

(...)

Articolo 2

Per l’infrazione di cui all’articolo 1, sono inflitte rispettivamente le seguenti ammende:

(...)

g)

Sony Optiarc (...): 9782000 EUR, di cui 5433000 EUR in solido con Sony Optiarc America [...]

(...)».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

32

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 dicembre 2015, le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui essa le riguarda e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta.

33

A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti facevano valere due motivi vertenti, il primo, in sostanza, sull’esistenza di una violazione dell’articolo 101 TFUE e, il secondo, sollevato in subordine, sul calcolo dell’importo di tale ammenda.

34

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tali motivi e, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.

Conclusioni delle parti

35

Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

accogliere le domande presentate in primo grado, e

condannare la Commissione alle spese, incluse quelle sostenute nell’ambito del procedimento di primo grado, e

in subordine, rinviare la causa al Tribunale di primo grado e riservare le spese del procedimento in primo grado e d’impugnazione.

36

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione e

condannare le ricorrenti a sopportare tutte le spese sostenute nell’ambito del presente procedimento.

Sull’impugnazione

37

A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono quattro motivi, vertenti, in sostanza, sulla valutazione, da parte del Tribunale, dell’esistenza di un’infrazione unica e continuata (primo motivo), della durata di tale infrazione (secondo motivo), della constatazione di più infrazioni distinte (terzo motivo) nonché sull’importo dell’ammenda loro inflitta (quarto motivo).

38

La Corte ritiene opportuno esaminare il terzo motivo prima di esaminare il primo, il secondo e il quarto motivo.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

39

Il terzo motivo sollevato dalle ricorrenti è diviso in due parti.

– Sulla prima parte del terzo motivo

40

Con la prima parte del terzo motivo, le ricorrenti fanno valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella misura in cui ha dichiarato che la Commissione non aveva violato i loro diritti di difesa quando aveva loro addebitato per la prima volta, nella decisione controversa, di aver partecipato a più infrazioni distinte.

41

La comunicazione degli addebiti delineava, in particolare ai suoi punti 310, 317 e 318, l’esistenza di un’infrazione unica e continuata. La Commissione avrebbe ritenuto che fosse artificioso scindere i comportamenti addebitati in più infrazioni distinte. Orbene, nella decisione controversa, la Commissione avrebbe suggerito, per la prima volta, l’idea che detta infrazione unica e continuata fosse costituita da più infrazioni distinte. Tale decisione si discosterebbe quindi sostanzialmente dalla classificazione accolta nella comunicazione degli addebiti e, di conseguenza, le ricorrenti non avrebbero avuto la possibilità, prima dell’adozione di tale decisione, di contestare la classificazione di ogni singolo contatto come infrazione separata e autonoma.

42

A tal riguardo, il Tribunale, quando ha considerato, ai punti 211, 212 e 219 della sentenza impugnata, che un’infrazione unica e continuata è necessariamente composta da infrazioni distinte sarebbe giunto a una conclusione in contrasto con la giurisprudenza del Tribunale e della Corte, la quale contemplerebbe non già la necessità, bensì unicamente la possibilità che un’infrazione unica e continuata sia costituita da infrazioni distinte. Così facendo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto che l’avrebbe indotto a non riconoscere che la Commissione aveva violato i diritti della difesa delle ricorrenti.

43

Nel suo controricorso, la Commissione formula, in primo luogo, due commenti generali prima di rispondere agli argomenti sviluppati nei due capi del terzo motivo dedotto dalle ricorrenti.

44

Innanzitutto, sarebbero inoperanti gli argomenti delle ricorrenti relativi alla constatazione incidentale della Commissione, nella decisione controversa, secondo cui i loro contatti anticoncorrenziali costituirebbero al contempo più infrazioni distinte. Infatti, il Tribunale avrebbe confermato la constatazione principale della Commissione relativa all’esistenza di un’infrazione unica e continuata nonché alla partecipazione delle ricorrenti a tale infrazione. Questa conferma giustificherebbe, di per sé sola, la conclusione di cui all’articolo 1, lettera g), della decisione controversa nonché l’ammenda inflitta alle ricorrenti in forza dell’articolo 2, lettera g), di tale decisione.

45

Inoltre, gli argomenti delle ricorrenti si baserebbero sull’erronea premessa secondo cui il Tribunale avrebbe dichiarato che un’infrazione unica e continuata all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE sia necessariamente composta da più infrazioni distinte e autonome a tale disposizione. Orbene, il Tribunale avrebbe semplicemente considerato, ai punti 210 e 211 della sentenza impugnata, che un’infrazione unica e continuata presuppone un «insieme di comportamenti» che possono, di per sé, essere qualificati come infrazioni distinte. Il Tribunale ha sostanzialmente aggiunto, ai punti 208, 209 e da 212 a 216 della sentenza impugnata, che nel caso di specie l’infrazione unica e continuata consisteva effettivamente in infrazioni distinte sulle quali le ricorrenti erano state sentite.

46

In secondo luogo, per quanto riguarda, più specificamente, la prima parte del terzo motivo, la Commissione sostiene, anzitutto, che essa è fondata su un’ipotesi errata in fatto. Risulterebbe chiaramente, dai punti da 209 a 214 della sentenza impugnata, che la comunicazione degli addebiti aveva già informato le ricorrenti in merito alle infrazioni distinte di cui è causa.

47

Inoltre, le constatazioni formulate ai paragrafi 209, 214 e 215 di tale sentenza sarebbero constatazioni di fatto che non possono essere rimesse in discussione nell’ambito dell’impugnazione.

48

Peraltro, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui la Commissione non le avrebbe sentite in merito alle infrazioni distinte sarebbe contraddetta dalla chiara formulazione dei punti 353, 354 e 276 della comunicazione degli addebiti e si basa su un’errata interpretazione della giurisprudenza, in quanto la Corte avrebbe già dichiarato che uno o più elementi di una serie di atti o di un comportamento continuato potrebbero costituire, di per sé soli, una violazione dell’articolo 101 TFUE.

49

Ancora, contrariamente a quanto affermerebbero le ricorrenti, la constatazione di un’infrazione unica e continuata non sarebbe subordinata all’esistenza di più infrazioni distinte. Le ricorrenti sarebbero state sentite sia sulla constatazione dell’infrazione unica e continuata di cui trattasi sia su quella delle infrazioni distinte che la compongono, cosicché i loro diritti della difesa non sarebbero stati violati. Infatti, le ricorrenti sarebbero stati poste in grado, durante il procedimento amministrativo, di comprendere che venivano loro addebitati anche comportamenti costitutivi di tale infrazione unica e continuata.

– Sulla seconda parte del terzo motivo

50

Con la seconda parte del loro terzo motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nel dichiarare che la decisione controversa era sufficientemente motivata per quanto attiene all’esistenza di più infrazioni distinte.

51

Infatti, la Commissione non avrebbe spiegato, nella decisione controversa, per ogni aspetto del comportamento o per ogni gruppo o pluralità di gruppi di contatti bilaterali che si ritiene costituiscano un’infrazione distinta, in primo luogo, la natura e la portata di tale infrazione, in secondo luogo, la sua qualificazione come accordo o pratica concordata ai sensi dell’articolo 101 TFUE, in terzo luogo, le ragioni e gli elementi di prova a sostegno di ciascuna qualificazione, in quarto luogo, le imprese che dovevano essere considerate responsabili di ciascuna infrazione distinta e, in quinto luogo, la ragione per la quale, contrariamente alla posizione esposta dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, non fosse più artificioso identificare più infrazioni distinte.

52

Orbene, non avendo riconosciuto che la portata delle infrazioni distinte non era mai stata descritta o spiegata, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto. Esso avrebbe infatti dichiarato, al punto 227 della sentenza impugnata, che giustamente la Commissione aveva ritenuto che la constatazione di un’infrazione unica e continuata convalidasse necessariamente le sue conclusioni in merito all’esistenza di più infrazioni distinte.

53

La Commissione ritiene che la seconda parte del terzo motivo debba essere respinta in quanto infondata.

54

A giusto titolo il Tribunale avrebbe considerato che la constatazione principale di un’infrazione unica e continuata e la constatazione incidentale di infrazioni distinte sono compatibili tra loro. In primo luogo, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui il Tribunale, nella sentenza impugnata, ha respinto i loro argomenti in quanto era erroneamente convinto che le constatazioni relative all’infrazione unica e continuata convalidassero necessariamente quelle relative all’esistenza di più infrazioni distinte, snaturerebbe il contenuto del punto 227 della sentenza impugnata. In secondo luogo, le ricorrenti sarebbero state in grado di comprendere la motivazione della decisione controversa e avrebbero avuto la possibilità di esporre le loro argomentazioni su ciascuno dei contatti anticoncorrenziali loro addebitati. In terzo luogo, dalla sentenza del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax e Administración del Estado (C‑238/05,EU:C:2006:734, punti da 30 a 32), risulterebbe che, qualora sia dimostrata la compresenza degli elementi di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sarebbe irrilevante che la collusione di cui trattasi fosse qualificata come accordo o pratica concordata. A tal riguardo, il Tribunale avrebbe riconosciuto, al punto 230 della sentenza impugnata, che le ricorrenti avevano erroneamente sostenuto che la decisione controversa avrebbe dovuto qualificare individualmente le infrazioni distinte come «accordi» o «pratiche concordate».

Giudizio della Corte

55

Con il loro terzo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso diversi errori di diritto nel dichiarare che un’infrazione unica e continuata è necessariamente composta da più infrazioni distinte. Ciò l’avrebbe indotto a giudicare erroneamente, da un lato, che la Commissione non aveva violato i loro diritti della difesa e, dall’altro, che tale istituzione aveva sufficientemente motivato la decisione controversa riguardo alle infrazioni distinte imputate alle ricorrenti.

56

A tale riguardo, occorre rilevare che, all’articolo 1, lettera g), della decisione controversa, la Commissione ha in sostanza constatato, da un lato, l’esistenza di un’infrazione unica e continuata e, dall’altro, l’esistenza di «più infrazioni distinte» che compongono tale infrazione.

57

In tale contesto, il terzo motivo mira a contestare unicamente la valutazione, da parte del Tribunale, di tale seconda constatazione, relativa all’esistenza di più infrazioni distinte. Per contro, tale motivo non verte sulla sua valutazione della conclusione, contenuta in tale disposizione, secondo la quale le ricorrenti hanno partecipato ad un’infrazione unica e continuata.

58

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, poiché nel caso di specie quest’ultima ha fondato la decisione controversa su due distinte constatazioni di infrazione, detto motivo non può, a priori, essere respinto come inoperante.

– Osservazioni preliminari

59

Da una giurisprudenza costante risulta che una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato, anche quando uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione di detta disposizione. Così, qualora i diversi comportamenti facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali comportamenti in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

60

Un’impresa che abbia partecipato a una tale infrazione unica e continuata con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di «accordo» o di «pratica concordata» ad oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere quindi responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito di tale infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

61

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, la partecipazione di un’impresa a un’infrazione unica e continuata non richiede la sua partecipazione diretta all’insieme dei comportamenti anticoncorrenziali che costituiscono detta infrazione (sentenza del 22 ottobre 2020, Silver Plastics e Johannes Reifenhäuser/Commissione, C‑702/19 P, EU:C:2020:857, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

62

È alla luce di tali elementi che occorre esaminare il terzo motivo.

– Sulla prima parte del terzo motivo

63

Con la prima parte del loro terzo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto quando ha respinto il loro argomento secondo cui la Commissione ha violato i loro diritti della difesa addebitando loro, per la prima volta nella decisione controversa, oltre alla loro partecipazione a un’infrazione unica e continuata, una partecipazione a più infrazioni distinte corrispondenti ai comportamenti rientranti in tale infrazione unica e continuata.

64

Occorre ricordare, in primo luogo, che la nozione di «infrazione unica e continuata» presuppone un insieme di comportamenti che potrebbero altresì costituire, di per sé, una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Sebbene un insieme di comportamenti possa essere qualificato, alle condizioni enunciate ai punti 63 e 64 della presente sentenza, come infrazione unica e continuata, non se ne può dedurre che ciascuno di tali comportamenti debba, di per sé e considerato isolatamente, necessariamente essere qualificato come infrazione distinta a tale disposizione. Infatti, a tal fine, la Commissione deve ancora identificare e qualificare come tale ciascuno di detti comportamenti e fornire poi la prova del coinvolgimento dell’impresa interessata alla quale essi sono addebitati.

65

Al riguardo, la Corte ha già dichiarato che una siffatta separazione di una decisione della Commissione che qualifichi un’intesa globale come infrazione unica e continuata è possibile qualora, da un lato, detta impresa sia stata posta nella condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di comprendere che le veniva altresì contestato ciascuno dei comportamenti che componevano l’infrazione e, quindi, di difendersi su tale punto, e qualora, dall’altro, la decisione stessa sia sufficientemente chiara al riguardo (sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 46).

66

In secondo luogo, per quanto riguarda i diritti della difesa, secondo una giurisprudenza costante, il rispetto di tali diritti in qualsiasi procedimento idoneo a concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che deve essere pienamente osservato dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

67

Come correttamente ricordato dal Tribunale al punto 72 della sentenza impugnata, il regolamento n. 1/2003 prevede che alle parti venga inviata una comunicazione degli addebiti la quale deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in tale fase del procedimento. Una siffatta comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale che concretizza il principio fondamentale del diritto dell’Unione, che esige il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento che può concludersi con l’irrogazione di una sanzione. Tale principio richiede in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione a un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché la predetta impresa sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, EU:C:2009:500, punti 3536 e giurisprudenza ivi citata).

68

Vero è che, come ricordato dall’avvocato generale al paragrafo 88 delle sue conclusioni, la Commissione ha la facoltà di precisare, nella sua decisione finale, una qualificazione giuridica dei fatti da essa adottata, in via provvisoria, nella comunicazione degli addebiti, tenendo conto degli elementi ricavabili dal procedimento amministrativo, o per abbandonare censure che si siano rivelate infondate, o per strutturare e integrare sia in fatto che in diritto i suoi argomenti a sostegno delle censure su cui essa si basa (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punti da 42 a 44). Tuttavia, ciò implica che, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione sia tenuta ad enunciare qualsiasi qualificazione giuridica dei fatti che intende prendere in considerazione nella sua decisione finale.

69

Ne deriva che i diritti della difesa dell’impresa interessata risultano violati a causa dell’esistenza di una discordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione finale unicamente alla condizione che un addebito figurante nella stessa non sia stato esposto nella comunicazione degli addebiti in modo sufficiente per consentire ai destinatari di tale comunicazione di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento avviato a loro carico.

70

Ne consegue che, quando la Commissione intende contestare ai destinatari di una comunicazione degli addebiti non solo un’infrazione unica e continuata, ma anche ciascuno dei comportamenti costituenti tale infrazione separatamente considerati come infrazioni distinte, il rispetto dei diritti della difesa di tali destinatari esige che la Commissione esponga, in detta comunicazione, gli elementi necessari per consentire a questi ultimi di comprendere che la Commissione li persegue a titolo tanto di tale infrazione unica e continuata quanto di ciascuna di tali infrazioni distinte.

71

Nel caso di specie, occorre osservare che il Tribunale ha ricordato, ai punti da 71 a 76 della sentenza impugnata, la giurisprudenza relativa al rispetto dei diritti della difesa nell’ambito di un procedimento diretto a constatare una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in particolare quella esposta ai punti 67 e 68 della presente sentenza.

72

Dopo aver richiamato tale giurisprudenza al punto 208 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato, ai punti da 209 a 217 della medesima sentenza, se le ricorrenti fossero state informate, nella comunicazione degli addebiti, del fatto che la Commissione riteneva che l’infrazione unica e continuata fosse costituita da diversi accordi bilaterali.

73

In tale contesto, esso ha considerato, ai punti 211 e 212 di tale sentenza, che la nozione di infrazione unica e continuata presuppone la compresenza di un insieme di comportamenti e che, pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che la Commissione abbia modificato le sue conclusioni prendendo in considerazione, oltre ad un’infrazione unica e continuata, diversi contatti bilaterali, dato che proprio tali contatti bilaterali costituiscono siffatta infrazione unica.

74

Come risulta dal punto 219 della medesima sentenza, il Tribunale è partito dalla premessa che ciascuno dei comportamenti che compongono l’infrazione unica e continuata doveva essere necessariamente qualificato come infrazione distinta. Esso ha quindi dichiarato che le ricorrenti dovevano comprendere che la Commissione poteva dedurne che tutti i contatti bilaterali presi in considerazione a loro carico, menzionati nella comunicazione degli addebiti, costituivano, di per sé, infrazioni distinte di questo tipo.

75

In tal modo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto. Infatti, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 211, 212 e 219 della sentenza impugnata, confondendo peraltro implicitamente la nozione di «comportamento» e quella di «infrazione», le ricorrenti non potevano comprendere, in mancanza di qualsiasi indicazione chiara nella comunicazione degli addebiti, che la Commissione intendeva perseguirle non solo a titolo dell’infrazione unica e continuata addotta in tale comunicazione, ma anche di varie infrazioni distinte costituite dai diversi contatti bilaterali menzionati in quest’ultima.

76

Ne consegue che il Tribunale non poteva, senza con ciò incorrere in errori di diritto, dichiarare che la Commissione non aveva violato i diritti della difesa delle ricorrenti, dal momento che la comunicazione degli addebiti non conteneva gli elementi essenziali della contestazione mossa nei loro confronti, per quanto riguarda tali infrazioni distinte, in particolare la qualificazione prevista per le condotte loro addebitate.

77

Pertanto, la prima parte del terzo motivo deve essere accolta.

– Sulla seconda parte del terzo motivo

78

Con la seconda parte del loro terzo motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nel dichiarare, al punto 227 della sentenza impugnata, che la decisione controversa era adeguatamente motivata in merito all’esistenza di più infrazioni distinte.

79

A tale proposito, occorre rammentare, da un lato – come fa il Tribunale al punto 222 della sentenza impugnata – che, secondo costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere al giudice dell’Unione europea di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi posti dall’articolo 296 TFUE deve essere effettuato alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del 10 luglio 2019, Commissione/Icap e a., C‑39/18 P, EU:C:2019:584, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

80

Dall’altro, come si evince dai punti da 59 a 61 e 64 della presente sentenza, dal fatto che la Commissione qualifica un insieme di comportamenti come infrazione unica e continuata non si può dedurre che ciascuno di tali comportamenti, di per sé e considerato isolatamente, debba necessariamente essere qualificato come infrazione distinta. Infatti, se la Commissione decide di qualificare in tal modo i comportamenti di cui trattasi e di imputarli alle ricorrenti, essa deve ancora esaminarli individualmente e dimostrare il loro carattere illecito nonché il coinvolgimento delle ricorrenti in ciascuno di detti comportamenti.

81

Ne consegue che, quando la Commissione intende contestare alle ricorrenti di aver partecipato non solo ad un’«infrazione unica e continuata», ma anche a più infrazioni distinte corrispondenti a comportamenti che compongono tale infrazione, essa deve precisare e motivare la qualificazione giuridica di infrazione distinta che essa attribuisce a ciascuno di tali comportamenti.

82

Nel caso di specie, il Tribunale ha ricordato, in particolare, al punto 224 della sentenza impugnata, che la motivazione di una decisione adottata dalla Commissione al fine di garantire l’applicazione delle regole di concorrenza doveva essere logica e, in particolare, non presentare alcuna contraddizione interna che ostacolasse la corretta comprensione delle ragioni sottese a tale decisione.

83

È in tale contesto che il Tribunale ha dichiarato, al punto 227 della sentenza impugnata, che non sussisteva alcuna incoerenza, al punto 352 della decisione controversa, là dove la Commissione ha affermato che i contatti in questione costituivano infrazioni individuali e, al tempo stesso, rispondevano ai criteri di un’infrazione unica e continuata. Esso ha considerato, ai punti da 229 a 232 di tale sentenza, che la Commissione aveva adempiuto l’obbligo di motivazione ad essa incombente in forza dell’articolo 296 TFUE, avendo esposto in modo chiaro la portata e la natura del comportamento delle ricorrenti, che essa l’aveva considerato costitutivo di una violazione dell’articolo 101 TFUE e che aveva fornito gli elementi di prova a sostegno di tali conclusioni.

84

Orbene, così facendo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto. Infatti, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, la motivazione della constatazione di varie infrazioni distinte che le ricorrenti avrebbero commesso, quale figura al punto 352 di tale decisione, non è sufficiente. Così, da tale punto risulta che, sulla base dei fatti descritti nella sezione 4 e nell’allegato I di tale decisione, qualsiasi aspetto del comportamento nei confronti dei clienti interessati o di qualsiasi insieme (o di più insiemi) di contatti bilaterali ha avuto per oggetto la restrizione della concorrenza e costituisce pertanto una violazione dell’articolo 101 TFUE, senza, tuttavia, che la Commissione fornisse le ragioni per le quali, a suo avviso, occorreva imputare alle ricorrenti ciascuno dei comportamenti ad esse addebitati non solo a titolo di un’«infrazione unica e continuata», ma anche a quello di varie infrazioni distinte all’articolo 101 TFUE.

85

Ne consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha dichiarato che la Commissione aveva adempiuto il suo obbligo di motivare la decisione controversa mediante la considerazione che le ricorrenti avevano, oltre alla loro partecipazione ad un’infrazione unica e continuata, partecipato anche a varie infrazioni distinte.

86

Pertanto, la seconda parte del terzo motivo di ricorso e, di conseguenza, il motivo di ricorso nella sua interezza devono essere accolti.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

87

Con il loro primo motivo, le ricorrenti fanno valere che il Tribunale ha ingiustamente sostituito la propria motivazione a quella della decisione controversa, al contempo confermando la conclusione di tale decisione secondo cui le ricorrenti avevano partecipato ad un’infrazione unica e continuata. Il Tribunale avrebbe, in sostanza, accolto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non aveva dimostrato il carattere anticoncorrenziale di vari contatti ad esse addebitati, precisamente i contatti nn. 66, 67, 70, 73, 76, 78, 88, 98, 101 e 105. Tuttavia, invece di esaminare se, in conseguenza di ciò, la conclusione della decisione controversa relativa all’esistenza di un’infrazione unica e continuata composta da più infrazioni distinte fosse priva di fondamento, il Tribunale avrebbe dichiarato che tutti i contatti che coinvolgevano le ricorrenti erano idonei a rientrare in un insieme di indizi a sostegno della qualificazione come una siffatta infrazione unica e continuata, benché non si trattasse in tutti i casi di contatti anticoncorrenziali dimostrati.

88

Infatti, nel valutare se la Commissione avesse fornito prove sufficienti per caratterizzare un comportamento costitutivo di un’infrazione unica e continuata, il Tribunale avrebbe accolto favorevolmente la censura formulata delle ricorrenti nei confronti della decisione controversa secondo cui la Commissione non aveva dimostrato il carattere anticoncorrenziale di vari contatti loro imputati. In particolare, il Tribunale avrebbe riconosciuto, al punto 108 della sentenza impugnata, che i contatti n. 66, 67, 70, 73, 76 e 78 non costituivano elementi sui quali la Commissione aveva basato la sua decisione. Esso avrebbe altresì considerato, al punto 159 della sentenza impugnata, che il contatto n. 101 non era idoneo a far parte di un insieme di indizi. Inoltre, il Tribunale avrebbe riconosciuto che i contatti nn. 88, 98 e 105 non erano chiaramente dimostrati. Pertanto, spettava al Tribunale, secondo le ricorrenti, esaminare la fondatezza della conclusione della decisione controversa riguardante l’esistenza di un’infrazione unica e continuata costituita da più infrazioni distinte. Nella decisione controversa, infatti, la Commissione non avrebbe adottato un approccio per serie di indizi, ma sarebbe partita dall’ipotesi che ciascun contatto addebitato costituisse un’infrazione autonoma e che tali infrazioni distinte facessero parte di un piano d’insieme complessivamente costitutivo di un’infrazione unica e continuata. Al contrario, il Tribunale avrebbe considerato che l’insieme dei contatti che coinvolgevano le ricorrenti, anche se non tutti costituivano contatti anticoncorrenziali dei quali era stata fornita la prova, erano in grado di costituire un insieme di indizi a sostegno della qualificazione come un’infrazione unica e continuata.

89

Così, sostituendo la sua motivazione a quella esposta dalla Commissione nella decisione controversa, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto.

90

La Commissione contesta la fondatezza del primo motivo.

Giudizio della Corte

91

Con il loro primo motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver ingiustamente sostituito la propria motivazione a quella della Commissione nella decisione controversa per quanto riguarda la valutazione dell’esistenza di un’infrazione unica e continuata.

92

A tale riguardo, occorre ricordare che i giudici dell’Unione non possono modificare gli elementi costitutivi dell’infrazione legittimamente accertata dalla Commissione nella decisione controversa né nell’ambito del controllo di legittimità né in occasione dell’esercizio della loro competenza estesa al merito. Invero, secondo la giurisprudenza della Corte, tali giudici non possono, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto in questione. La competenza estesa al merito di cui dispone il Tribunale sulla base dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 riguarda la sola valutazione, da parte del medesimo, dell’ammenda inflitta dalla Commissione (sentenza del 26 settembre 2018, Philips e Philips France/Commissione, C‑98/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:774, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

93

Si deve pertanto verificare se il Tribunale abbia modificato, come fanno valere le ricorrenti, gli elementi costitutivi dell’infrazione unica e continuata legittimamente accertata dalla Commissione nella decisione controversa.

94

Nel caso di specie va osservato, in primo luogo, che l’analisi dei contatti nn. 66, 67, 70, 73, 76, 78, 88, 98, 101 e 105 svolta dal Tribunale ai punti da 108 a 168 della sentenza impugnata verteva non già sul carattere anticoncorrenziale di tali contatti, bensì sul fatto di sapere se essi potevano far parte dell’insieme di indizi diretti a dimostrare l’esistenza di un’infrazione per oggetto. A tal riguardo, il Tribunale ha confermato che ciò era possibile per dieci dei diciassette contatti addebitati alle ricorrenti (contatti nn. 62, 63, 65, 88, 89, 95, 98, 100, 105 e 116) per il periodo di quindici mesi nel corso dei quali essi hanno partecipato all’infrazione unica e continuata di cui è causa, e ne ha tratto la conclusione, al punto 175 di tale sentenza, che la Commissione aveva potuto, senza commettere errori e senza violare il suo obbligo di motivazione, dichiarare, alla luce degli elementi di prova e degli indizi che potevano essere ammessi, considerati nel loro insieme, che le ricorrenti avevano partecipato ad un’infrazione «per oggetto» all’articolo 101 TFUE.

95

In secondo luogo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, dalla decisione controversa risulta che la Commissione si è basata su un insieme di indizi per fornire la prova dell’infrazione unica e continuata loro addebitata. Pertanto, a titolo di esempio, occorre rilevare che essa ha espressamente ricordato, al punto 322 della decisione controversa, da un lato, che era necessario che essa producesse prove precise e concordanti per fondare la ferma convinzione che l’infrazione fosse stata commessa, ma che non tutte le prove prodotte dovevano necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento a ciascun elemento dell’infrazione e, dall’altro, che era sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, globalmente considerato, rispondesse a tale requisito.

96

In tale contesto, la Commissione si è ancora espressamente riferita a tale complesso di indizi ai punti 220, 325, 334 e 425 della decisione controversa.

97

Pertanto, non si può sostenere che, facendo riferimento ad una serie di indizi, il Tribunale abbia sostituito la propria motivazione a quella esposta dalla Commissione nella decisione controversa. Al contrario, esso ha sostanzialmente confermato che l’approccio della Commissione, consistente nel basarsi su un insieme di indizi per dimostrare l’esistenza di un’infrazione unica e continuata, era conforme alla giurisprudenza relativa alla prova di un’infrazione ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

98

Di conseguenza, occorre respingere il primo motivo in quanto infondato.

Sul secondo motivo

99

Il secondo motivo delle ricorrenti è diviso in due parti.

Sulla prima parte del secondo motivo

– Argomenti delle parti

100

La prima parte del secondo motivo verte sul fatto che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel concludere che le ricorrenti avevano partecipato a un’infrazione unica e continuata tra il 25 luglio 2007 e il 29 ottobre 2008.

101

Le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che, alla luce della giurisprudenza del Tribunale, occorre che i contatti anticoncorrenziali siano sufficientemente ravvicinati nel tempo perché possa concretizzarsi un’infrazione unica e continuata. Analogamente, nella sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punti da 50 a 52), la Corte avrebbe dichiarato che, riguardo a prodotti per i quali i prezzi erano fissati su base annua, era opportuno verificare se la Commissione avesse dimostrato almeno qualche episodio annuale di partecipazione delle imprese interessate all’intesa.

102

Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe verificato se, tenuto conto dei contatti non dimostrati, la partecipazione delle ricorrenti all’infrazione permanesse ininterrotta. Il Tribunale avrebbe dichiarato, al punto 198 di tale sentenza, che alcuni dei diciassette contatti addebitati alle ricorrenti non erano dimostrati. In particolare, il Tribunale ammetterebbe, al punto 108 di detta sentenza, che la Commissione non ha tratto alcuna conclusione relativa ai contatti nn. 66, 67, 70, 73, 76 e 78, che compaiono soltanto nell’allegato I della decisione controversa e non appaiono dunque nella motivazione di tale decisione, il che avrebbe dovuto portarlo a constatare che, per un periodo di circa cinque mesi, le ricorrenti non avevano avuto alcun contatto anticoncorrenziale.

103

Tuttavia, il Tribunale non avrebbe esaminato se, alla luce del funzionamento reale del mercato, un intervallo di circa cinque mesi senza alcun contatto anticoncorrenziale dimostrato non rimettesse in discussione la partecipazione delle ricorrenti all’infrazione unica e continuata in questione. In tal modo, non traendo le conseguenze delle sue stesse conclusioni, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

104

La Commissione contesta tale argomento.

– Giudizio della Corte

105

Con la prima parte del loro secondo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel concludere che esse avevano partecipato a un’infrazione unica e continuata tra il 25 luglio 2007 e il 29 ottobre 2008, senza aver tenuto conto delle sue stesse constatazioni secondo le quali esisterebbe una differenza di circa cinque mesi tra due dei contatti ai quali le ricorrenti hanno partecipato.

106

A tal riguardo, occorre sottolineare che un’impresa può avere partecipato direttamente solo ad alcuni dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguimento dei medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. In un caso del genere, la Commissione può ben imputare a tale impresa la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che costituiscono una tale infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

107

Ne consegue altresì che, in un caso di questo tipo, si può tenere conto della circostanza che un’impresa non abbia partecipato a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa, o abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti ai quali ha preso parte, soltanto in sede di valutazione della gravità dell’infrazione ed, eventualmente, di determinazione dell’importo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 54).

108

Inoltre, nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa intervengano in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unitario e continuato (sentenza del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, EU:C:2006:593, punto 169).

109

Nel caso di specie, occorre osservare che il Tribunale ha esaminato, ai punti da 176 a 200 della sentenza impugnata, l’affermazione delle ricorrenti relativa a una mancanza di prove dell’infrazione unica e continuata accertata dalla Commissione.

110

Il Tribunale ha anzitutto ricordato, ai punti da 178 a 181 di tale sentenza, la giurisprudenza pertinente relativa agli obblighi incombenti alla Commissione in materia di prova di un’infrazione unica e continuata. Esso ha poi sottolineato, al punto 186 di detta sentenza, per quanto riguarda la questione se la Commissione dovesse valutare se i periodi che separano i contatti fossero sufficientemente brevi per dimostrare un’infrazione unica e continuata, che il fatto che la prova dell’esistenza di un’infrazione unica e continuata non sia stata osservata per taluni periodi determinati non osta a che l’infrazione sia considerata come sussistente per un periodo complessivo più esteso di tali periodi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti.

111

Infine, per quanto riguarda, più specificamente, il numero di presunti contatti delle ricorrenti, il Tribunale ha considerato, al punto 198 della sentenza impugnata, che, anche tenendo conto del fatto che alcuni di tali contatti non sono assolutamente accertati, il numero di contatti delle ricorrenti non può essere qualificato come secondario.

112

Pertanto, non si può addebitare al Tribunale di non aver tenuto conto di un eventuale intervallo di circa cinque mesi tra due di tali contatti.

113

In primo luogo, il Tribunale ha constatato, al punto 187 della sentenza impugnata, che il periodo più lungo senza contatti che era stato verificato era di soli tre mesi.

114

In secondo luogo, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, il Tribunale non ha considerato, al punto 198 della sentenza impugnata, che taluni contatti non erano dimostrati. Quest’ultimo ha preso in considerazione unicamente l’ipotesi in cui alcuni dei contatti imputati alle ricorrenti non risultassero del tutto veri e ne ha precisamente dedotto, per confronto con il caso degli altri partecipanti all’intesa, che, anche in tale ipotesi, la partecipazione delle ricorrenti all’infrazione unica e continuata non sarebbe stata rimessa in discussione.

115

In terzo luogo, per quanto riguarda più in particolare i contatti nn. 66, 67, 70, 73, 76 e 78, occorre ricordare che l’assenza di prove di contatti anticoncorrenziali per alcuni periodi determinati non osta alla constatazione di un’infrazione unica e continuata, dato che una constatazione di questo tipo si basa su indizi obiettivi e concordanti e che le diverse azioni di tale infrazione perseguono una sola finalità, alle condizioni precisate al punto 108 della presente sentenza.

116

È proprio questo ragionamento che il Tribunale ha giustamente seguito. Esso ha quindi considerato, ai punti da 188 a 195 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva correttamente dimostrato che le ricorrenti erano a conoscenza dell’esistenza di un obiettivo comune e che avevano volontariamente contribuito allo scopo economico e anticoncorrenziale dell’intesa.

117

Orbene, in tali circostanze, un intervallo di circa cinque mesi tra due dei contatti a cui hanno partecipato le ricorrenti, quand’anche venisse accertato, non potrebbe essere idoneo a rimettere in discussione la loro partecipazione all’infrazione unica e continuata in questione.

118

In ogni caso, le ricorrenti non possono trarre argomenti dalla sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773), per considerare che il Tribunale avrebbe dovuto verificare se un intervallo di circa cinque mesi senza un contatto anticoncorrenziale dimostrato non rimettesse in discussione la partecipazione delle ricorrenti all’asserita infrazione unica e continuata. Invero, mentre i punti da 50 a 52 di tale sentenza vertono su un’analisi delle circostanze particolari della causa in esame, la Corte ha ricordato, al punto 53 di detta sentenza, che, nell’ambito di un’infrazione di una certa durata, il fatto che le manifestazioni dell’intesa avvengano in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza di tale intesa qualora le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una sola finalità e si inscrivano nel contesto di un’infrazione a carattere unico e continuato.

119

Di conseguenza, occorre respingere la prima parte del secondo motivo in quanto infondata.

Sulla seconda parte del secondo motivo

– Argomenti delle parti

120

Con la seconda parte del loro secondo motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver violato il suo obbligo di motivazione basando la sentenza impugnata su motivazioni incoerenti. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe, infatti, intrinsecamente incoerente per quanto riguarda la loro partecipazione all’infrazione unica e continuata. L’affermazione, al punto 187 di tale sentenza, secondo cui la maggior parte dei contatti individuali erano, in generale, intervallati solo da un mese sarebbe in contraddizione con la constatazione, contenuta al punto 108 di detta sentenza, secondo cui i contatti nn. 66, 67, 70, 73, 76 e 78 non erano dimostrati. Infatti, se tali contatti non fossero presi in considerazione, sarebbe necessario dedurne un’interruzione dei contatti per un periodo di circa cinque mesi.

121

La Commissione fa valere che la seconda parte del secondo motivo è priva di fondamento.

– Giudizio della Corte

122

Con la seconda parte del loro secondo motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver violato il suo obbligo di motivazione basando la sentenza impugnata su motivazioni incoerenti.

123

A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, al punto 187 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che «le ricorrenti hanno partecipato a numerosi contatti nell’arco di quindici mesi[, che] la maggior parte dei contatti è avvenuta a distanza di un solo mese l’uno dall’altro[, che] i richiedenti hanno talvolta partecipato a più di un contatto nel corso di uno stesso mese [e che il] periodo più lungo senza contatti che è stato verificato [era] di soli tre mesi».

124

Consta, quindi, che siffatta dichiarazione è generale e non può essere considerata nel senso che tutti i divari tra ciascuno dei contatti ai quali le ricorrenti hanno partecipato non sono superiori a un mese.

125

La seconda parte del secondo motivo si basa, dunque, su una lettura erronea della sentenza impugnata e deve, pertanto, essere respinta in quanto infondata.

126

Ne consegue che il secondo motivo di ricorso deve essere respinto nella sua interezza in quanto infondato.

Sul quarto motivo

127

Il quarto motivo delle ricorrenti è diviso in tre parti.

Argomenti delle parti

– Sulla prima parte del quarto motivo

128

Con la prima parte del loro quarto motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver violato il principio, enunciato dagli orientamenti per il calcolo delle ammende, secondo cui il valore delle vendite deve riflettere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato e, pertanto, i principi della proporzionalità e della parità di trattamento.

129

Le ricorrenti sostengono che, nel corso della durata dell’asserita infrazione, la Quanta Storage Inc. (in prosieguo: la «Quanta») ha prodotto UDO successivamente vendute con il marchio Sony Optiarc. Nell’ambito degli accordi di ripartizione dei ricavi tra le ricorrenti e la Quanta, le ricorrenti avrebbero versato alla Quanta i ricavi corrispondenti ai prodotti progettati e fabbricati da quest’ultima. Orbene, la decisione controversa avrebbe operato una doppia contabilizzazione di tali ricavi, imputandoli sia alle ricorrenti che alla Quanta.

130

Ciò nondimeno, il Tribunale avrebbe respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la decisione controversa aveva contabilizzato due volte gli stessi ricavi. Esso avrebbe altresì respinto il loro argomento secondo cui tale doppia contabilizzazione aveva violato i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, poiché aveva dato luogo all’irrogazione, a carico delle ricorrenti di un’ammenda che aveva indebitamente incrementato la loro quota nel valore delle vendite.

131

Gli orientamenti per il calcolo delle ammende definirebbero il valore delle vendite come un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato. La Corte avrebbe confermato siffatta interpretazione del valore delle vendite, la quale sarebbe conforme ai principi enunciati al punto precedente, e, in talune cause, la Commissione avrebbe cercato di evitare una siffatta doppia contabilizzazione.

132

Per respingere l’argomento delle ricorrenti, il Tribunale, al punto 245 della sentenza impugnata, avrebbe dichiarato che il metodo da esse indicato comprometterebbe l’efficacia del divieto di intese, poiché sarebbe in tal caso sufficiente per le imprese interessate associarsi a un partecipante all’intesa per ridurre l’importo della loro ammenda. Orbene, tale motivazione avrebbe indotto il Tribunale ad approvare una doppia contabilizzazione del valore delle vendite, il che costituirebbe un errore di diritto e una violazione dei suddetti principi.

133

La Commissione sostiene che la prima parte del quarto motivo è infondata. Dall’articolo 256 TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte risulterebbe che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui la ricorrente chiede l’annullamento. Orbene, tale prima parte del quarto motivo costituirebbe, in realtà, una domanda volta ad ottenere un mero riesame dell’atto di ricorso presentato al Tribunale senza individuare alcun errore specifico nella sentenza impugnata, il che esulerebbe dalla competenza della Corte.

134

In ogni caso, la prima parte del quarto motivo sarebbe priva di fondamento e inoperante.

– Sulla seconda parte del quarto motivo

135

La seconda parte del quarto motivo verte su una violazione dell’obbligo di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe omesso di rispondere all’argomento delle ricorrenti secondo cui la doppia contabilizzazione del valore delle vendite aveva indebitamente incrementato l’importanza economica dell’asserita infrazione e, di conseguenza, l’ammenda loro inflitta.

136

In forza di tale obbligo, il Tribunale sarebbe tenuto a rispondere in modo giuridicamente adeguato a tutti gli argomenti dedotti dalle ricorrenti. La motivazione fornita dal Tribunale può essere implicita solo a condizione di consentire agli interessati di conoscere le ragioni in base alle quali esso non ha accolto i loro argomenti.

137

Orbene, il Tribunale non avrebbe risposto agli argomenti dedotti dalle ricorrenti e si sarebbe limitato a considerazioni generali che non risponderebbero direttamente a tali argomenti e, in particolare, a quello relativo alla doppia contabilizzazione degli introiti risultanti dalle vendite di UDO.

138

La Commissione ritiene che la seconda parte del quarto motivo sia infondata nonché inoperante.

– Sulla terza parte del quarto motivo

139

Con la terza parte del loro quarto motivo, le ricorrenti affermano che il Tribunale avrebbe commesso un errore nel respingere il loro argomento secondo cui la Commissione non ha giustificato il fatto di essersi discostata, nel loro caso, dalla sua prassi diretta ad evitare una doppia contabilizzazione, quando invece, nelle sue precedenti decisioni, aveva tenuto conto del valore delle vendite ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, poiché tale valore rifletterebbe il valore economico dell’infrazione.

140

La Commissione ritiene che la terza parte del quarto motivo debba essere respinta in quanto infondata e inoperante.

Giudizio della Corte

141

Con le tre parti del loro quarto motivo, che occorre esaminare congiuntamente, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, confermando l’importo dell’ammenda inflitta sulla base degli stessi ricavi utilizzati per calcolare l’importo dell’ammenda inflitta alla Quanta, la quale progettava e fabbricava UDO vendute con il marchio Sony Optiarc sulla base di accordi di ripartizione dei ricavi, avrebbe commesso un errore di diritto, avrebbe violato i principi di parità di trattamento e di proporzionalità e sarebbe venuto meno al suo obbligo di motivazione.

142

In via preliminare, occorre rilevare che risulta implicitamente ma chiaramente dall’impugnazione che le ricorrenti fanno riferimento ai punti da 237 a 250 della sentenza impugnata, come esse hanno peraltro confermato nella loro replica. Il presente motivo è pertanto ricevibile.

143

Nel merito, si deve sottolineare che il Tribunale ha immediatamente constatato, al punto 238 della sentenza impugnata, che l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione aveva contabilizzato due volte le vendite effettuate alla Dell era poco comprensibile, in quanto solo le ricorrenti percepivano i ricavi provenienti dalla Dell.

144

Esso ha poi ricordato, ai punti da 239 a 243 di tale sentenza, la giurisprudenza applicabile alla determinazione, da parte della Commissione, dell’importo delle ammende a titolo della violazione del diritto della concorrenza dell’Unione.

145

Il Tribunale ha infine considerato, in sostanza, che la Commissione si era conformata, nella decisione controversa, al metodo di calcolo stabilito dagli orientamenti per il calcolo delle ammende. A tal riguardo, al punto 244 di detta sentenza, esso ha considerato logico che la Commissione, quando ha cercato il valore delle vendite di beni cui l’infrazione si riferiva direttamente o indirettamente, utilizzasse le vendite dirette delle ricorrenti alla Dell come base per calcolare l’importo dell’ammenda.

146

Per quanto riguarda, più in particolare, l’argomento vertente su una doppia contabilizzazione delle entrate, il Tribunale ha precisato, al punto 245 della sentenza impugnata, che il metodo suggerito dalle ricorrenti – consistente nel dedurre dai redditi percepiti da queste ultime da parte della Dell i redditi riversati alla Quanta – comprometterebbe l’efficacia del divieto di intese in quanto sarebbe sufficiente, per le imprese partecipanti a un’intesa, associarsi per ridurre l’importo della loro ammenda.

147

Per quanto riguarda i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, il Tribunale ha aggiunto, ai punti 246 e 247 della sentenza impugnata, che il comportamento delle ricorrenti non era stato sostanzialmente diverso da quello degli altri destinatari della decisione controversa sia per quanto riguarda il fatto di aver scambiato informazioni, in particolare sui prezzi, sia per quanto riguarda la frequenza di tali scambi. Esso ne ha concluso che la decisione controversa non aveva violato né tali principi, né gli orientamenti per il calcolo delle ammende.

148

In primo luogo, per quanto riguarda gli argomenti delle ricorrenti relativi alla violazione dell’obbligo di motivazione, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone allo stesso di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione di consentire agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza del 25 novembre 2020, Commissione/Gruppo EGA, C‑823/18 P, EU:C:2020:955, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

149

Orbene, la motivazione contenuta ai punti da 237 a 250 della sentenza impugnata è conforme ai requisiti della giurisprudenza richiamata al punto precedente. In effetti, il Tribunale ha esaminato tutte le censure formulate dalle ricorrenti in merito al calcolo dell’ammenda e ha esposto le ragioni in base alle quali le ha respinte. In particolare, il Tribunale ha esaminato l’argomento della doppia contabilizzazione ai punti 237 e 238 della sentenza impugnata e ha quindi esposto la motivazione del rigetto di tali censure.

150

In secondo luogo, è senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha considerato che la Commissione non si era discostata dal metodo fissato dagli orientamenti per il calcolo delle ammende.

151

Infatti, esso ha correttamente rilevato che la Commissione aveva, conformemente a tale metodo, basato il suo calcolo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in particolare sul valore delle vendite di beni cui l’infrazione si riferiva direttamente o indirettamente.

152

Il Tribunale ha inoltre giustamente dichiarato che il metodo sostenuto dalle ricorrenti, basato non sul valore delle vendite ma sui ricavi derivanti dalle sole vendite dirette, comprometterebbe l’efficacia del divieto di cartelli e non potrebbe quindi essere considerato in grado di riflettere l’importanza economica dell’infrazione.

153

In terzo luogo, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, tale principio costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito agli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale principio impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (sentenza del 25 novembre 2020, Commissione/GEA Group, C‑823/18 P, EU:C:2020:955, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

154

Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato, al punto 246 della sentenza impugnata, che il comportamento delle ricorrenti non era stato sostanzialmente diverso da quello degli altri destinatari della decisione controversa sia per quanto riguarda il fatto di aver scambiato informazioni sui prezzi, sia per quanto riguarda la frequenza di tali scambi. In tali circostanze, esso ha considerato, al punto 247 di tale sentenza, che tale decisione non aveva leso il principio della parità di trattamento.

155

Contrariamente a quanto argomentano le ricorrenti, tali conclusioni non sono inficiate da alcun errore di diritto. Invero, dai punti 246 e 247 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha sostanzialmente considerato, a giusto titolo, che la Commissione aveva in concreto applicato a tutte le imprese interessate lo stesso metodo di calcolo dell’importo dell’ammenda, basato sulla presa in considerazione del valore delle vendite, e che le circostanze rilevate dalle ricorrenti, che a loro avviso giustificavano il ricorso ad un metodo di calcolo differente, non erano tali da inficiare siffatta considerazione.

156

Per quanto riguarda, in quarto luogo, il principio di proporzionalità, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, non spetta a quest’ultima, allorché si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un giudizio di impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sull’importo delle ammende inflitte a determinate imprese a titolo di una violazione del diritto dell’Unione da esse operata. Quindi, soltanto nei limiti in cui la Corte ritenesse che il livello della sanzione sia non soltanto inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe ravvisare un errore di diritto commesso dal Tribunale per incongruenza dell’importo dell’ammenda (sentenza del 30 maggio 2013, Quinn Barlo e a./Commissione, C‑70/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:351, punto 57 e giurisprudenza ivi citata, e del 26 settembre 2018, Philips e Philips France/Commissione, C‑98/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:774, punto 107).

157

Orbene, le ricorrenti non hanno dimostrato le ragioni in base alle quali l’importo dell’ammenda loro inflitta sia tanto eccessivo da essere sproporzionato.

158

Alla luce di quanto precede, il quarto motivo deve essere integralmente respinto in quanto infondato.

Sull’annullamento della sentenza impugnata

159

Come risulta dall’analisi, ai punti da 55 a 86 della presente sentenza, del terzo motivo delle ricorrenti, il Tribunale ha commesso alcuni errori di diritto.

160

Ciò considerato, occorre annullare la sentenza impugnata.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

161

Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

162

Nella specie, occorre statuire definitivamente sulla controversia, giacché lo stato degli atti lo consente.

163

Come indicato al punto 33 della presente sentenza, a sostegno del loro ricorso dinanzi al Tribunale, le ricorrenti hanno dedotto due motivi.

164

Nell’ambito del loro primo motivo dinanzi al Tribunale, le ricorrenti fanno valere, per quanto riguarda la loro partecipazione alle infrazioni distinte che compongono l’infrazione unica e continuata loro imputata, che la Commissione non ha formulato tale addebito nel corso del procedimento amministrativo e che detto addebito è stato presentato per la prima volta nella decisione controversa, così violando i loro diritti della difesa. Tale decisione sarebbe altresì viziata da un difetto di motivazione relativamente alla constatazione di tali infrazioni distinte.

165

In merito alla censura vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, si deve considerare che, per le motivazioni esposte ai punti da 78 a 90 della presente sentenza, la Commissione non ha motivato la sua decisione per quanto riguarda la partecipazione delle ricorrenti a dette infrazioni distinte che compongono l’infrazione unica e continuata che è stata loro addebitata.

166

Pertanto, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti sollevati nell’ambito del primo motivo dedotto dalle ricorrenti a sostegno del loro ricorso, detto motivo deve essere accolto nella parte in cui contesta alla Commissione di non aver sufficientemente motivato la decisione controversa per quanto riguarda la loro partecipazione alle medesime infrazioni distinte.

167

Tenuto conto di quanto precede, e alla luce di quanto precisato ai punti da 55 a 58 della presente sentenza, l’articolo 1, lettera g), della decisione controversa deve essere annullato nella parte in cui dichiara che le ricorrenti hanno violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando a più infrazioni distinte.

168

Con il secondo motivo del loro ricorso dinanzi al Tribunale, le ricorrenti sostengono, nell’ambito di una prima parte, che la Commissione ha inflitto loro un’ammenda calcolata sulla base dei ricavi provenienti dalla Dell che erano stati riversati alla Quanta in base agli accordi di ripartizione dei ricavi in vigore tra le ricorrenti e la Quanta. Nell’ambito di una seconda parte, le ricorrenti sostengono che, poiché la decisione controversa ha omesso di tenere conto del loro comportamento sostanzialmente meno grave rispetto a quello di alcuni altri destinatari, la Commissione non ha rispettato i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e gli orientamenti per il calcolo delle ammende.

169

Nel caso di specie, per quanto riguarda, in primo luogo, la prima parte del secondo motivo di ricorso, occorre considerare che, per le motivazioni esposte ai punti da 141 a 158 della presente sentenza, riguardo alla censura relativa al metodo di calcolo dell’ammenda, la decisione controversa non ha leso né i principi di parità di trattamento e di proporzionalità né gli orientamenti per il calcolo delle ammende.

170

In secondo luogo, per quanto riguarda la seconda parte del secondo motivo di ricorso, la Corte fa propria la motivazione sviluppata dal Tribunale ai punti da 253 a 264 della sentenza impugnata. Pertanto, per le ragioni esposte in tali punti nonché per quelle esposte al punto precedente della presente sentenza, detto secondo motivo deve essere respinto.

171

Si deve altresì statuire, in applicazione della competenza estesa al merito riconosciuta alla Corte dall’articolo 261 TFUE e dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, sull’importo dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

172

A tale riguardo si deve rammentare che la Corte, quando statuisce essa stessa definitivamente sulla controversia, in applicazione dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, è autorizzata a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).

173

Al fine di determinare l’importo dell’ammenda inflitta, spetta alla Corte valutare essa stessa le circostanze della fattispecie e il tipo di infrazione di cui trattasi (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

174

Tale esercizio presuppone, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, che siano prese in considerazione, per ciascuna impresa sanzionata, la gravità dell’infrazione in questione nonché la sua durata, nel rispetto dei principi, in particolare, di motivazione, di proporzionalità, di personalità delle sanzioni e di parità di trattamento, senza che la Corte sia vincolata dalle regole indicative definite dalla Commissione nei suoi orientamenti, anche se queste ultime possono guidare i giudici dell’Unione quando esercitano la loro competenza estesa al merito (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 90, e giurisprudenza ivi citata).

175

Nel caso di specie, la Corte considera che nessuno degli elementi di cui le ricorrenti si sono avvalse nell’ambito della presente causa, né alcun motivo di ordine pubblico, giustifichi che essa si avvalga della sua competenza estesa al merito per ridurre l’importo dell’ammenda di cui all’articolo 2, lettera g), della decisione controversa.

176

In considerazione di tutto quanto precede, occorre annullare l’articolo 1, lettera g), della decisione controversa, nella parte in cui constata che le ricorrenti hanno violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando a più infrazioni distinte, e respingere il ricorso quanto al resto.

Sulle spese

177

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

178

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. L’articolo 138, paragrafo 3, di detto regolamento precisa che, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

179

Nel caso di specie, le ricorrenti hanno chiesto la condanna della Commissione alle spese relative ai procedimenti di primo grado e di impugnazione e quest’ultima è rimasta soccombente nei suoi motivi nell’ambito della presente impugnazione nonché, in parte, in primo grado. Le ricorrenti sono rimaste parzialmente soccombenti nei loro motivi in primo grado.

180

Ciò premesso, la Corte ritiene, alla luce delle circostanze del caso di specie, che la Commissione debba essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione, la totalità delle spese sostenute dalle ricorrenti nell’ambito della presente impugnazione nonché la metà di quelle da esse sostenute in primo grado. Le ricorrenti sopporteranno la metà delle proprie spese relative al procedimento di primo grado.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2019, Sony Optiarc e Sony Optiarc America/Commissione (T‑763/15, non pubblicata, EU:T:2019:517), è annullata.

 

2)

L’articolo 1, lettera g), della decisione C(2015) 7135 final della Commissione, del 21 ottobre 2015, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.39639 – Unità a disco ottico), è annullato nella parte in cui dichiara che la Sony Optiarc Inc. e la Sony Optiarc America Inc., avendo partecipato, rispettivamente, dal 25 luglio 2007 al 29 ottobre 2008, e dal 25 luglio 2007 al 31 ottobre 2007, a più infrazioni distinte, hanno violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992.

 

3)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

4)

La Commissione europea è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese relative sia al procedimento di primo grado sia a quello d’impugnazione, la totalità delle spese sostenute dalla Sony Optiarc Inc. e dalla Sony Optiarc America Inc. nell’ambito della presente impugnazione nonché la metà di quelle da esse sostenute in primo grado.

 

5)

La Sony Optiarc Inc. e la Sony Optiarc America Inc. sopporteranno la metà delle proprie spese relative al procedimento di primo grado.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.