Cause riunite C‑693/19 e C‑831/19
SPV Project 1503 Srl
e
Dobank SpA
contro
YB
e
Banco di Desio e della Brianza SpA e a.
contro
YX
e
ZW
(domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunale di Milano)
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 17 maggio 2022
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Principio di equivalenza – Principio di effettività – Procedimenti d’ingiunzione di pagamento e di espropriazione presso terzi – Autorità di cosa giudicata che copre implicitamente la validità delle clausole del titolo esecutivo – Potere del giudice dell’esecuzione di esaminare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo di una clausola»
Tutela dei consumatori – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13 – Procedimento d’ingiunzione di pagamento – Insussistenza di una facoltà per il giudice dell’esecuzione di esaminare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole del contratto su cui è fondato un decreto ingiuntivo, in assenza di opposizione a tale decreto proposta dal debitore – Autorità di cosa giudicata del decreto ingiuntivo che copre implicitamente la validità di tali clausole – Inammissibilità – Debitore che ignorava la propria qualità di consumatore al momento in cui il decreto ingiuntivo è passato in giudicato – Irrilevanza
(Direttiva del Consiglio 93/13, artt. 6, § 1, e 7, § 1)
(v. punti 51‑53, 57, 58, 63‑68 e dispositivo)
Sintesi
La Corte è stata investita di cinque domande di pronuncia pregiudiziale, provenienti rispettivamente da giudici spagnoli (Ibercaja Banco, C‑600/19, e Unicaja Banco, C‑869/19), italiano (SPV Project 1503, C‑693/19 e C‑831/19) e rumeno (Impuls Leasing România, C‑725/19), tutte vertenti sull’interpretazione della direttiva sulle clausole abusive ( 1 ).
Tali domande si inseriscono nell’ambito di procedimenti di diversa natura. La domanda oggetto della causa Ibercaja Banco riguarda infatti un procedimento di esecuzione ipotecaria in cui il consumatore non ha proposto opposizione e il diritto di proprietà sul bene ipotecato è già stato trasferito a un terzo. Nella causa Unicaja Banco la domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento di impugnazione avviato in seguito alla sentenza Gutiérrez Naranjo e a. ( 2 ). Le domande oggetto delle cause riunite SPV Project 1503 riguardano, dal canto loro, procedimenti di esecuzione forzata basati su titoli esecutivi che hanno acquisito autorità di cosa giudicata. Infine, la domanda oggetto della causa Impuls Leasing România si colloca nel contesto di un procedimento di esecuzione forzata condotto sulla base di un contratto di leasing che costituisce titolo esecutivo.
Con le sue quattro sentenze pronunciate in Grande Sezione, la Corte sviluppa la propria giurisprudenza sull’obbligo e il potere del giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di clausole contrattuali in forza della direttiva sulle clausole abusive. A tal riguardo, essa fornisce precisazioni sull’interazione tra il principio dell’autorità di cosa giudicata e la decadenza, da un lato, e il controllo giurisdizionale delle clausole abusive, dall’altro. La Corte si pronuncia, inoltre, sulla portata di tale controllo nell’ambito di procedimenti accelerati di recupero di crediti nei confronti di consumatori, nonché sul rapporto tra alcuni principi procedurali sanciti dai diritti nazionali in materia di appello e il potere del giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di clausole contrattuali.
Giudizio della Corte
In primo luogo, la Corte precisa il rapporto tra il principio dell’autorità di cosa giudicata e il potere del giudice dell’esecuzione di esaminare d’ufficio, nell’ambito di un procedimento d’ingiunzione di pagamento, il carattere abusivo di una clausola di un contratto alla base di tale ingiunzione.
A tal riguardo, la Corte dichiara che la direttiva sulle clausole abusive ( 3 ) osta a una normativa nazionale secondo la quale, qualora un decreto ingiuntivo non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non può controllare l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base del decreto stesso, per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità di dette clausole. Più specificamente, una normativa secondo la quale un esame d’ufficio del carattere abusivo delle clausole contrattuali si considera avvenuto e coperto dall’autorità di cosa giudicata anche in assenza di qualsiasi motivazione in tal senso nel decreto ingiuntivo può privare del suo contenuto l’obbligo del giudice nazionale di procedere a un esame d’ufficio del carattere eventualmente abusivo delle clausole di cui trattasi. In un caso del genere, l’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva impone che il giudice dell’esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base del decreto ingiuntivo. La circostanza che, alla data in cui il decreto ingiuntivo è divenuto definitivo, il debitore ignorava di poter essere qualificato come «consumatore» ai sensi della direttiva in parola è irrilevante a tale riguardo.
In secondo luogo, la Corte analizza il rapporto tra il principio dell’autorità di cosa giudicata, la decadenza e il potere del giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale nell’ambito di un procedimento di esecuzione ipotecaria.
Da un lato, la Corte rileva che la direttiva sulle clausole abusive ( 4 ) osta a una normativa nazionale che, a causa dell’autorità di cosa giudicata e della decadenza, non consente né al giudice di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di clausole contrattuali nell’ambito del procedimento di esecuzione ipotecaria, né al consumatore, dopo la scadenza del termine per proporre opposizione, di far valere il carattere abusivo di dette clausole nel procedimento in parola o in un successivo procedimento dichiarativo. Tale interpretazione della direttiva è applicabile qualora dette clausole siano state oggetto di un esame d’ufficio al momento dell’avvio del procedimento di esecuzione ipotecaria, senza che il citato esame sia stato esplicitamente menzionato o motivato nella decisione che autorizza l’esecuzione ipotecaria e senza che quest’ultima indichi che un siffatto esame non potrà più essere rimesso in discussione in assenza di opposizione. Infatti, nella misura in cui non è stato informato, nell’ambito della decisione che autorizza l’esecuzione ipotecaria, dell’esistenza di un esame d’ufficio del carattere abusivo delle clausole contrattuali, il consumatore non ha potuto valutare con piena cognizione di causa la necessità di proporre ricorso avverso tale decisione. Orbene, un controllo efficace dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali non può essere garantito se l’autorità di cosa giudicata riguardasse anche le decisioni giurisdizionali che non danno atto di un siffatto controllo.
D’altro lato, la Corte dichiara, per contro, compatibile con la medesima direttiva ( 5 ) una normativa nazionale che non autorizza un organo giurisdizionale nazionale, che agisce d’ufficio o su domanda del consumatore, a esaminare l’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali quando la garanzia ipotecaria sia stata escussa, il bene ipotecato sia stato venduto e i diritti di proprietà relativi a tale bene siano stati trasferiti a un terzo. Tuttavia, tale conclusione è subordinata alla condizione che il consumatore il cui bene ipotecato è stato venduto possa far valere i suoi diritti mediante un procedimento successivo, al fine di ottenere il risarcimento del danno economico causato dall’applicazione delle clausole abusive.
In terzo luogo, la Corte esamina il rapporto tra alcuni principi procedurali nazionali che disciplinano il procedimento di appello, come i principi dispositivo, di congruenza e del divieto di reformatio in peius, e il potere del giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola.
A tal riguardo, essa ritiene che la direttiva sulle clausole abusive ( 6 ) osti all’applicazione di siffatti principi procedurali nazionali, in forza dei quali il giudice nazionale, adito in appello avverso una sentenza che limita nel tempo la restituzione delle somme indebitamente corrisposte dal consumatore in base a una clausola dichiarata abusiva, non può sollevare d’ufficio un motivo relativo alla violazione di una disposizione di tale direttiva e disporre la restituzione integrale di dette somme, laddove la mancata contestazione della citata limitazione nel tempo da parte del consumatore interessato non possa essere imputata a una completa passività di quest’ultimo. Per quanto riguarda il procedimento principale di cui era investito il giudice del rinvio, la Corte precisa che l’assenza di appello da parte del consumatore interessato in un termine adeguato poteva essere ricondotta al fatto che il suo termine per proporre appello era già scaduto al momento della pronuncia della sentenza Gutiérrez Naranjo e a., nella quale la Corte ha dichiarato incompatibile con detta direttiva la giurisprudenza nazionale che limita nel tempo gli effetti restitutori correlati alla dichiarazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale. Pertanto, nel procedimento principale il consumatore interessato non aveva dato prova di una completa passività non avendo proposto un appello. In siffatte circostanze, l’applicazione dei principi procedurali nazionali che lo privano degli strumenti che gli consentono di far valere i suoi diritti ai sensi della direttiva sulle clausole abusive è contraria al principio di effettività, nella misura in cui è tale da rendere impossibile o eccessivamente difficile la tutela di detti diritti.
In quarto e ultimo luogo, la Corte si interroga sul potere del giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole di un titolo esecutivo quando è investito di un’opposizione all’esecuzione di tale titolo.
A questo proposito, essa dichiara che la direttiva sulle clausole abusive ( 7 ) e il principio di effettività ostano a una normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione di un credito, investito di un’opposizione a tale esecuzione, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di un contratto che costituisce titolo esecutivo, dal momento che il giudice di merito, che può essere investito di un’azione distinta di diritto comune al fine di esaminare il carattere eventualmente abusivo delle clausole di un siffatto contratto, può sospendere il procedimento di esecuzione fino a che si pronunci sul merito solo dietro versamento di una cauzione, per esempio calcolata sulla base del valore dell’oggetto del ricorso, di un’entità che è idonea a scoraggiare il consumatore dall’introdurre e dal mantenere un tale ricorso. Per quanto riguarda la cauzione di cui trattasi, la Corte precisa che le spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato non devono essere tali da scoraggiare il consumatore dall’adire il giudice. Orbene, è verosimile che un debitore insolvente non disponga delle risorse finanziarie necessarie per costituire la garanzia richiesta. Ciò è vero a maggior ragione se il valore dei ricorsi proposti è notevolmente superiore al valore totale del contratto, come sembrava avvenire nel procedimento principale.
( 1 ) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva sulle clausole abusive»).
( 2 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980). In tale sentenza la Corte ha dichiarato, in sostanza, che la giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), che imponeva un limite di tempo rispetto alla restituzione degli importi indebitamente versati dai consumatori alle banche in base a una clausola abusiva, nota come clausola «di tasso minimo», era contraria all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva sulle clausole abusive e che, pertanto, questi ultimi hanno diritto alla restituzione integrale di tali importi in virtù di detta disposizione.
( 3 ) In particolare, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva.
( 4 ) Idem.
( 5 ) Idem.
( 6 ) In particolare, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.
( 7 ) In particolare, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva.