Causa C‑481/19

DB

contro

Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob)

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte costituzionale)

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 2 febbraio 2021

«Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Direttiva 2003/6/CE – Articolo 14, paragrafo 3 – Regolamento (UE) n. 596/2014 – Articolo 30, paragrafo 1, lettera b) – Abuso di mercato – Sanzioni amministrative aventi carattere penale – Omessa collaborazione con le autorità competenti – Articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto di mantenere il silenzio e di non contribuire alla propria incolpazione»

  1. Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Diritto ad un processo equo – Portata – Diritto al silenzio – Inclusione – Limiti – Rifiuto di qualsiasi collaborazione con le autorità

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47, comma 2, e 48)

    (v. punti 38-41, 45)

  2. Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Diritto ad un processo equo – Portata – Diritto al silenzio – Inclusione – Applicazione ai procedimenti suscettibili di concludersi con l’inflizione di sanzioni aventi carattere penale – Criteri di valutazione – Qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, natura dell’illecito e grado di severità della sanzione prevista

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47, comma 2, e 48)

    (v. punti 42-44)

  3. Concorrenza – Procedimento amministrativo – Rispetto dei diritti della difesa – Richiesta di informazioni ad un’impresa – Obbligo di fornire informazioni suscettibili di essere successivamente utilizzate per dimostrare l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale – Applicazione in via analogica alle persone fisiche costituenti l’oggetto di un procedimento per un illecito di abuso di informazioni privilegiate – Inammissibilità

    (Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18)

    (v. punti 46-48)

  4. Ravvicinamento delle legislazioni – Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato (abusi di mercato) – Divieto – Sanzioni – Omessa collaborazione – Sanzione a carico di una persona fisica per il suo rifiuto di fornire risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni aventi carattere penale – Inammissibilità

    [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47, comma 2, e 48; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 596/2014, art. 30, § 1, b); direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/6, art. 14, § 3]

    (v. punti 52-58 e dispositivo)

Sintesi

Una persona fisica sottoposta ad un procedimento sanzionatorio amministrativo per abuso di informazioni privilegiate ha il diritto di mantenere il silenzio, qualora le sue risposte possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative aventi carattere penale oppure la sua responsabilità penale

Tuttavia, il diritto al silenzio non può giustificare qualsiasi mancanza di collaborazione con le autorità competenti, come in caso di rifiuto di presentarsi ad un’audizione o di ricorso a manovre dilatorie

Il 2 maggio 2012, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Italia) (in prosieguo: la «Consob») ha inflitto a DB alcune sanzioni per un ammontare complessivo di EUR 300000, per un illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate commesso nel 2009.

Detta commissione ha altresì inflitto al predetto una sanzione di EUR 50000 per omessa collaborazione. Infatti, DB, dopo aver chiesto, a più riprese, il rinvio della data dell’audizione alla quale era stato convocato nella sua qualità di persona informata dei fatti, aveva rifiutato di rispondere alle domande che gli erano state rivolte allorché si era presentato a tale audizione.

A seguito del rigetto della sua opposizione contro tali sanzioni, DB ha proposto un ricorso per cassazione dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia). Il 16 febbraio 2018, tale giudice ha sottoposto alla Corte costituzionale (Italia) una questione di legittimità costituzionale vertente sulla disposizione del diritto italiano ( 1 ) in base alla quale è stata inflitta la sanzione per omessa collaborazione. Tale disposizione sanziona la mancata tempestiva ottemperanza alle richieste della Consob o il fatto di ritardare l’esercizio delle funzioni di vigilanza di tale organismo, anche per quanto riguarda la persona alla quale la Consob addebiti un abuso di informazioni privilegiate.

La Corte costituzionale ha sottolineato che, nell’ordinamento italiano, le operazioni configuranti un abuso di informazioni privilegiate costituiscono, al tempo stesso, un illecito amministrativo e un illecito penale. Essa ha poi rilevato che la disposizione in questione è stata adottata in esecuzione di un obbligo specifico imposto dalla direttiva 2003/6 ( 2 ) e che essa costituisce attualmente l’attuazione di una disposizione del regolamento n. 596/2014 ( 3 ). Detto giudice ha a questo punto interrogato la Corte in merito alla compatibilità di tali testi normativi con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e, più in particolare, con il diritto di mantenere il silenzio.

La Corte, riunita in Grande Sezione, riconosce l’esistenza, a favore di una persona fisica, di un diritto al silenzio, tutelato dalla Carta ( 4 ), e dichiara che la direttiva 2003/6 e il regolamento n. 596/2014 permettono agli Stati membri di rispettare tale diritto nell’ambito di un’indagine condotta nei confronti di una persona siffatta e suscettibile di portare all’accertamento della sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative aventi carattere penale ovvero della sua responsabilità penale.

Giudizio della Corte

Alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa al diritto ad un equo processo ( 5 ), la Corte sottolinea che il diritto al silenzio, che è al centro della nozione di «equo processo», osta, in particolare, a che una persona fisica «imputata» venga sanzionata per il suo rifiuto di fornire all’autorità competente, a titolo della direttiva 2003/6 o del regolamento n. 596/2014, risposte che potrebbero far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative a carattere penale oppure la sua responsabilità penale. La Corte precisa, a questo proposito, che la giurisprudenza relativa all’obbligo per le imprese di fornire, nell’ambito di procedimenti suscettibili di portare all’inflizione di sanzioni per comportamenti anticoncorrenziali, informazioni che potrebbero successivamente essere utilizzate allo scopo di dimostrare la loro responsabilità per tali comportamenti, non può trovare applicazione in via analogica al fine di stabilire la portata del diritto al silenzio di una persona fisica accusata di abuso di informazioni privilegiate. La Corte aggiunge che il diritto al silenzio non può però giustificare qualsiasi omessa collaborazione della persona interessata con le autorità competenti, come in caso di rifiuto di presentarsi ad un’audizione prevista da queste ultime o di manovre dilatorie intese a rinviare lo svolgimento di tale audizione.

La Corte nota infine che tanto la direttiva 2003/6 quanto il regolamento n. 596/2014 si prestano ad un’interpretazione conforme al diritto al silenzio, nel senso che essi non impongono che una persona fisica venga sanzionata per il suo rifiuto di fornire all’autorità competente risposte da cui potrebbe emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative aventi carattere penale oppure la sua responsabilità penale. Date tali circostanze, il fatto che nei testi normativi suddetti manchi un’esplicita esclusione dell’inflizione di una sanzione per un rifiuto siffatto non può pregiudicare la loro validità. Incombe agli Stati membri garantire che una persona fisica non possa essere sanzionata per il suo rifiuto di fornire risposte siffatte all’autorità competente.


( 1 ) L’articolo 187 quinquiesdecies del decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.

( 2 ) A norma dell’articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) (GU 2003, L 96, pag. 16), gli Stati membri devono determinare le sanzioni applicabili in caso di omessa collaborazione nell’ambito di un’indagine ai sensi dell’articolo 12 della medesima direttiva. Quest’ultimo articolo precisa che, in tale contesto, l’autorità competente deve poter chiedere informazioni a qualsiasi persona e, se necessario, convocare e procedere all’audizione di una persona.

( 3 ) L’articolo 30, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione (GU 2014, L 173, pag. 1). Tale disposizione impone di stabilire delle sanzioni amministrative per l’omessa collaborazione o per il rifiuto di ottemperare ad un’indagine, a un’ispezione o a una richiesta di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del medesimo regolamento, disposizione quest’ultima il cui punto b) precisa che ciò comprende l’interrogatorio di una persona al fine di ottenere delle informazioni.

( 4 ) Articolo 47, secondo comma, e articolo 48 della Carta.

( 5 ) Il diritto ad un equo processo è sancito dall’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.