SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

25 novembre 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione amministrativa nel settore fiscale – Direttiva 2011/16/UE – Articolo 1, paragrafo 1, articolo 5 e articolo 20, paragrafo 2 – Richiesta di informazioni – Decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni – Rifiuto di ottemperare all’ingiunzione – Sanzione – Carattere “prevedibilmente pertinente” delle informazioni richieste – Omessa identificazione nominativa e individuale dei contribuenti interessati – Nozione di “identità della persona oggetto della verifica o indagine” – Motivazione della richiesta di informazioni – Portata – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo avverso la decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni – Articolo 52, paragrafo 1 – Limitazione – Rispetto del contenuto essenziale del diritto»

Nella causa C‑437/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo), con decisione del 23 maggio 2019, pervenuta in cancelleria il 31 maggio 2019, nel procedimento

État luxembourgeois

contro

L,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Passer, F. Biltgen, L.S. Rossi (relatrice) e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per L, da F. Trevisan e P. Mellina, avocats;

per il governo lussemburghese, da C. Schiltz, T. Uri e A. Germeaux, in qualità di agenti;

per l’Irlanda, da M. Browne, G. Hodge, J. Quaney e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da S. Horan, BL;

per il governo ellenico, da K. Georgiadis, M. Tassopoulou e Z. Chatzipavlou, in qualità di agenti;

per il governo spagnolo, da S. Jiménez García, in qualità di agente;

per il governo francese, inizialmente da A.-L. Desjonquères e C. Mosser, successivamente da A.-L. Desjonquères, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Galluzzo, avvocato dello Stato;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per il governo finlandese, da M. Pere, in qualità di agente;

per la Commissione europea, inizialmente da W. Roels e N. Gossement, successivamente da W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’articolo 5 e dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU 2011, L 64, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’État luxembourgeois (Stato lussemburghese) e la società di diritto lussemburghese L in merito alla legittimità di una sanzione pecuniaria inflitta a quest’ultima per aver rifiutato di comunicare talune informazioni, a seguito di una richiesta di scambio di informazioni tra Stati membri in materia fiscale.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

I considerando 1, 2 e da 6 a 9 della direttiva 2011/16 sono formulati come segue:

«(1)

Nell’era della globalizzazione la necessità per gli Stati membri di prestarsi assistenza reciproca nel settore della fiscalità si fa sempre più pressante. La mobilità dei contribuenti, il numero di operazioni transfrontaliere e l’internazionalizzazione degli strumenti finanziari conoscono un’evoluzione considerevole, che rende difficile per gli Stati membri accertare correttamente l’entità delle imposte dovute. Questa difficoltà crescente si ripercuote negativamente sul funzionamento dei sistemi fiscali e dà luogo alla doppia tassazione, la quale di per sé induce alla frode e all’evasione fiscale, (...).

(2)

Per questo motivo uno Stato membro non può gestire il proprio sistema fiscale interno, soprattutto per quanto riguarda la fiscalità diretta, senza ricevere informazioni da altri Stati membri. Per ovviare agli effetti negativi di questo fenomeno è indispensabile mettere a punto una nuova cooperazione amministrativa fra le amministrazioni fiscali dei diversi Stati membri. È necessario disporre di strumenti atti a instaurare la fiducia fra gli Stati membri mediante l’istituzione delle stesse norme e degli stessi obblighi e diritti per tutti gli Stati membri.

(...)

(6)

(...) A tale riguardo la presente nuova direttiva è ritenuta lo strumento adeguato ai fini di una cooperazione amministrativa efficace.

(7)

La presente direttiva si basa sui risultati conseguiti con la direttiva 77/799/CEE [del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU 1977, L 336, pag. 15)], ma prevede norme più chiare e più precise che disciplinano la cooperazione amministrativa fra gli Stati membri ove necessario, al fine di stabilire, soprattutto per quanto riguarda lo scambio di informazioni, un ambito di applicazione più ampio della cooperazione amministrativa tra Stati membri. Le norme più chiare dovrebbero inoltre rendere in particolare possibile la copertura di tutte le persone fisiche e giuridiche nell’Unione, tenendo conto della gamma sempre crescente di istituti giuridici, inclusi non solo gli istituti tradizionali quali trust, fondazioni e fondi di investimento ma anche eventuali nuovi strumenti che possano essere creati dai contribuenti negli Stati membri.

(8)

(...) Occorre (...) prevedere misure atte a consentire contatti più diretti tra i servizi per rendere la cooperazione più efficace e rapida. (...)

(9)

Gli Stati membri dovrebbero scambiare informazioni per quanto riguarda casi precisi se richiesto da un altro Stato membro e dovrebbero provvedere a effettuare le indagini necessarie per ottenere tali informazioni. La norma di “prevedibile pertinenza” è predisposta per lo scambio di informazioni in materia fiscale nella misura più ampia possibile e, nel contempo, per chiarire che gli Stati membri non possono procedere a richieste generiche di informazioni o richiedere informazioni che probabilmente non sono pertinenti alle questioni fiscali di un contribuente. Gli obblighi procedurali previsti dall’articolo 20 della presente direttiva richiedono un’interpretazione ampia per non frustrare l’efficace scambio di informazioni».

4

L’articolo 1 della direttiva 2011/16, intitolato «Oggetto», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte di cui all’articolo 2».

5

L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Definizioni», così recita:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

11) “persona”:

a)

una persona fisica;

b)

una persona giuridica; o

c)

dove la normativa vigente lo preveda, un’associazione di persone alla quale è riconosciuta la capacità di compiere atti giuridici, ma che è priva di personalità giuridica;

d)

qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma, dotato o meno di personalità giuridica, che possiede o gestisce beni che, compreso il reddito da essi derivato, sono soggetti a una delle imposte di cui alla presente direttiva;

(...)».

6

L’articolo 5 di detta direttiva, intitolato «Procedura che disciplina lo scambio di informazioni su richiesta», prevede quanto segue:

«Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni previste all’articolo 1, paragrafo 1, di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa».

7

L’articolo 20 della medesima direttiva, intitolato «Formulari e formati elettronici tipo», è così formulato:

«1.   Le richieste di informazioni e di indagini amministrative a norma dell’articolo 5, come pure le relative risposte, le conferme di ricevuta, le richieste di informazioni supplementari di carattere generale e le dichiarazioni di incapacità o di rifiuto a norma dell’articolo 7 sono trasmesse, per quanto possibile, mediante un formulario tipo adottato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 26, paragrafo 2.

I formulari tipo possono essere accompagnati da relazioni, attestati e altri documenti, o copie conformi o estratti degli stessi.

2.   Il formulario tipo di cui al paragrafo 1 include almeno le seguenti informazioni che l’autorità richiedente deve fornire:

a)

l’identità della persona oggetto della verifica o indagine;

b)

il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni.

L’autorità richiedente può fornire, per quanto a essa noto e in linea con gli sviluppi internazionali, il nome e l’indirizzo di qualsiasi persona ritenuta in possesso delle informazioni richieste nonché qualsiasi elemento che possa facilitare la raccolta delle informazioni da parte dell’autorità richiesta.

(...)».

Diritto lussemburghese

Legge del 29 marzo 2013

8

L’articolo 6 della legge del 29 marzo 2013, che recepisce la direttiva 2011/16 e che reca: 1) modifica della legge generale sulle imposte; 2) abrogazione della legge modificata del 15 marzo 1979, sull’assistenza amministrativa internazionale in materia di imposte dirette (Mémorial A 2013, pag. 756), prevede quanto segue:

«Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata del Lussemburgo le comunica le informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali dello Stato membro richiedente in materia di imposte (...), di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di indagini amministrative».

Legge del 25 novembre 2014

9

La legge del 25 novembre 2014, che prevede la procedura applicabile allo scambio di informazioni su richiesta in materia fiscale e che modifica la legge del 31 marzo 2010 recante approvazione delle convenzioni fiscali, e che istituisce la procedura applicabile in materia di scambio di informazioni su richiesta (Mémorial A 2014, pag. 4170; in prosieguo: la «legge del 25 novembre 2014») è applicabile, segnatamente, alle richieste di scambio di informazioni di cui all’articolo 6 della legge del 29 marzo 2013, citata al punto precedente.

10

Ai sensi dell’articolo 2 della legge del 25 novembre 2014:

«(1)   Le amministrazioni fiscali sono autorizzate a richiedere le informazioni di qualsiasi natura necessarie ai fini dell’applicazione dello scambio di informazioni come previsto dalle [c]onvenzioni e dalle leggi, al detentore di tali informazioni.

(2)   Il detentore delle informazioni è tenuto a fornire le informazioni richieste, nella loro totalità, in maniera precisa e senza alterazioni, entro un mese dalla notifica della decisione recante ingiunzione di fornire le informazioni richieste. Tale obbligo prevede altresì la trasmissione, senza alterazioni, dei documenti su cui si basano le informazioni.

(...)».

11

L’articolo 3 di tale legge, nella versione applicabile al procedimento principale, prevedeva quanto segue:

«(1)   L’amministrazione fiscale competente verifica la regolarità formale della richiesta di scambio di informazioni. La richiesta di scambio di informazioni è formalmente regolare se contiene l’indicazione del fondamento normativo e dell’autorità competente da cui proviene la richiesta, nonché le altre indicazioni previste dalle [c]onvenzioni e dalle leggi.

(...)

(3)   Qualora l’amministrazione fiscale competente non disponga delle informazioni richieste, il suo direttore, o il suo delegato, notifica mediante lettera raccomandata indirizzata al detentore delle informazioni la propria decisione recante ingiunzione di fornire le informazioni richieste. (...)

(...)».

12

L’articolo 5, paragrafo 1, della suddetta legge così dispone:

«Qualora le informazioni richieste non vengano fornite entro un mese dalla notifica della decisione recante l’ingiunzione di fornirle, al detentore delle informazioni può essere irrogata un’ammenda amministrativa fiscale sino ad un massimo di EUR 250000. L’importo è stabilito dal direttore dell’amministrazione fiscale competente o da un suo delegato».

13

L’articolo 6 della medesima legge, nella versione applicabile al procedimento principale, era così formulato:

«(1)   Avverso la richiesta di scambio di informazioni e la decisione di ingiunzione di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 3, non può essere presentato alcun ricorso.

(2)   Avverso le decisioni di cui all’articolo 5 il detentore delle informazioni può proporre ricorso per riforma dinanzi al Tribunal administratif (Tribunale amministrativo). Detto ricorso dev’essere proposto entro un mese dalla notifica della decisione al detentore delle informazioni richieste. Il ricorso ha effetto sospensivo. (...)».

Legge del 1o marzo 2019

14

La legge del 1o marzo 2019, recante modifica della legge del 25 novembre 2014, che prevede la procedura applicabile allo scambio di informazioni su richiesta in materia fiscale (Mémorial A 2019, pag. 112; in prosieguo: la «legge del 1o marzo 2019»), è entrata in vigore il 9 marzo 2019.

15

L’articolo 6 della legge del 25 novembre 2014, come modificata dalla legge del 1o marzo 2019, ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

«(1)   Avverso la decisione di ingiunzione di cui all’articolo 3, paragrafo 3, il detentore delle informazioni può proporre ricorso di annullamento dinanzi al Tribunal administratif (Tribunale amministrativo). (...)

(2)   Il ricorso avverso la decisione di ingiunzione di cui all’articolo 3, paragrafo 3, e la decisione di cui all’articolo 5 deve essere proposto entro un mese dalla notifica della decisione al detentore delle informazioni richieste. Il ricorso ha effetto sospensivo. (...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16

Il 27 aprile 2017 l’amministrazione fiscale francese ha inviato all’amministrazione fiscale lussemburghese, sulla base segnatamente della direttiva 2011/16, una richiesta di informazioni (in prosieguo: la «richiesta di informazioni del 27 aprile 2017»).

17

Tale richiesta indicava F, società civile immobiliare di diritto francese, quale persona giuridica interessata nello Stato richiedente e L, società di diritto lussemburghese, quale società madre indiretta di F e quale persona giuridica interessata nello Stato interpellato. Per quanto riguarda il fine fiscale di detta richiesta, quest’ultima precisava che F deteneva un bene immobile in Francia e che L deteneva direttamente anche un altro bene immobile in Francia. La stessa richiesta spiegava, al riguardo, che, in applicazione della normativa francese, le persone fisiche che detengano direttamente o indirettamente beni immobili ubicati in Francia devono dichiararli e che l’amministrazione fiscale francese intendeva conoscere gli azionisti e i beneficiari effettivi di L.

18

Il 28 febbraio 2018 il direttore dell’administration des contributions directes (Amministrazione delle imposte dirette, Lussemburgo) ha ottemperato alla richiesta di informazioni del 27 aprile 2017, inviando a L una decisione con cui le ingiungeva di comunicare, entro il 5 aprile 2018, talune informazioni relative al periodo compreso tra il 1o gennaio 2012 e il 31 dicembre 2016 e vertenti su una serie di dati, ossia i nomi e i recapiti degli azionisti nonché dei beneficiari effettivi, diretti e indiretti, indipendentemente dalle strutture coinvolte, di L, la distribuzione del capitale sociale di detta società e una copia dei suoi registri dei titoli (in prosieguo: la «decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018»). In tale decisione si precisava che la stessa non poteva essere oggetto di ricorso, conformemente all’articolo 6 della legge del 25 novembre 2014, nella versione applicabile al procedimento principale.

19

Il 5 aprile 2018 L ha proposto un ricorso gerarchico formale avverso detta decisione. Con decisione del 4 giugno 2018 il direttore dell’amministrazione delle imposte dirette ha dichiarato tale ricorso irricevibile. Un ricorso di annullamento proposto da L avverso quest’ultima decisione è attualmente pendente dinanzi al tribunal administratif (Tribunale amministrativo, Lussemburgo).

20

Il 6 agosto 2018 il direttore dell’amministrazione delle imposte dirette ha inviato a L una decisione in cui si dichiarava che essa non aveva ottemperato alla decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018 e con cui le veniva pertanto irrogata un’ammenda amministrativa fiscale, conformemente all’articolo 5 della legge del 25 novembre 2014 (in prosieguo: la «decisione sanzionatoria del 6 agosto 2018»).

21

Con atto depositato presso la cancelleria del tribunal administratif (Tribunale amministrativo) il 5 settembre 2018, L ha proposto un ricorso diretto ad ottenere, in via principale, la riforma di tale decisione e, in subordine, il suo annullamento.

22

Con sentenza del 18 dicembre 2018 il tribunal administratif (Tribunale amministrativo) ha annullato detta decisione, in quanto sussiste contraddittorietà tra, da un lato, l’identità del contribuente indicata nella decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018 e, dall’altro, le precisazioni fornite nella richiesta di informazioni del 27 aprile 2017 in ordine al fine per il quale tali informazioni sono richieste, sicché persiste un dubbio quanto all’identità del contribuente oggetto di tale richiesta. Infatti, secondo il tribunal administratif (Tribunale amministrativo), tali spiegazioni portano a concludere che l’indagine condotta dall’amministrazione fiscale francese non riguarda F, pur menzionata nella richiesta di informazioni del 27 aprile 2017 come persona oggetto di tale indagine, bensì i beneficiari economici, persone fisiche, di L, i quali, in applicazione della normativa francese, sono soggetti all’obbligo di dichiarare il possesso di beni immobili ubicati in Francia. Tale incertezza sull’identità del contribuente oggetto di tale richiesta avrebbe come conseguenza che le informazioni richieste devono essere considerate manifestamente prive di qualsiasi prevedibile pertinenza.

23

Con atto depositato presso la cancelleria della Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo) il 21 dicembre 2018, l’État luxembourgeois ha interposto appello avverso detta sentenza.

24

Nella sua decisione di rinvio, la Cour administrative (Corte amministrativa) considera, in primo luogo, per quanto riguarda la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste, che, contrariamente a quanto affermato dal tribunal administratif (Tribunale amministrativo), non sussiste contraddittorietà tra l’identità del contribuente indicata nella decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018 e il fine fiscale perseguito dalla richiesta di informazioni del 27 aprile 2017.

25

Infatti, dal contenuto complessivo di tale richiesta risulterebbe che F e L sono le persone giuridiche interessate dall’indagine fiscale condotta nello Stato richiedente, in quanto società che detengono beni immobili ubicati in Francia. Tenuto conto dell’obbligo di dichiarazione gravante sugli azionisti e sui beneficiari economici persone fisiche di tali società in forza della normativa francese, la Cour administrative (Corte amministrativa) ritiene che una siffatta indagine possa validamente estendersi all’accertamento dell’identità di tali persone fisiche, fermo restando che gli azionisti e i beneficiari economici di L sono anche, tenuto conto della struttura societaria di cui trattasi, i beneficiari economici di F. Ne conseguirebbe che le informazioni richieste non sono sotto questo aspetto manifestamente prive di qualsiasi prevedibile pertinenza.

26

La Cour administrative (Corte amministrativa) osserva tuttavia che la richiesta di informazioni del 27 aprile 2017 non procede a un’identificazione nominativa e individuale degli azionisti e dei beneficiari effettivi di L, ma si riferisce a tali persone in quanto gruppo di persone designate collettivamente sulla base di criteri comuni definiti dall’autorità richiedente.

27

Orbene, conformemente alle disposizioni della direttiva 2011/16, come interpretate dalla Corte nella sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373), l’indicazione dell’identità del contribuente oggetto dell’indagine nello Stato richiedente sarebbe un elemento che la richiesta di informazioni deve obbligatoriamente contenere al fine di giustificare la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste, la quale costituirebbe, a sua volta, una condizione di legittimità di una siffatta richiesta.

28

Secondo la Cour administrative (Corte amministrativa), sebbene tale direttiva non fornisca ulteriori indicazioni circa il contenuto di tale obbligo di identificare il contribuente oggetto dell’indagine nello Stato richiedente, al fine di rispettare il requisito di identificazione stabilito da detta direttiva non è sufficiente che l’identità di tale contribuente possa essere determinabile. Infatti, nel suo significato comune, l’identificazione di una persona presupporrebbe l’indicazione di elementi sufficienti a consentire la sua individualizzazione.

29

Pertanto, la nozione di «identità» del contribuente, ai sensi della medesima direttiva, dovrebbe essere interpretata nel senso che la richiesta di informazioni deve già contenere, di per sé, indicazioni sufficienti che consentano di identificare individualmente il contribuente o i contribuenti oggetto dell’indagine nello Stato richiedente e che non è sufficiente che tale richiesta si limiti a fornire elementi comuni che consentano di determinare un gruppo più o meno ampio di persone non identificate al fine precisamente di ottenere le informazioni necessarie per identificarle.

30

È vero che dalla sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373), risulta che, al fine di interpretare tale nozione di «identità», occorre altresì prendere in considerazione l’articolo 26 del modello di convenzione fiscale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sul reddito e sul patrimonio nonché i relativi commenti. Orbene, nella loro versione risultante da un aggiornamento intervenuto dopo l’adozione della direttiva 2011/16, tali commenti consentirebbero di ritenere che una richiesta di informazioni riguardante un gruppo di contribuenti non identificati individualmente possa nondimeno soddisfare la condizione di prevedibile pertinenza qualora si tratti di un’indagine mirata riguardante un gruppo limitato, incentrata sul controllo del rispetto di un preciso obbligo di legge, e non già di una semplice verifica fiscale generalizzata.

31

Tuttavia, anche ammettendo che le modifiche successive apportate a detti commenti siano applicabili e rilevanti ai fini dell’interpretazione di tale direttiva, in quanto riflettono un’evoluzione nell’interpretazione della norma generale della prevedibile pertinenza delle informazioni richieste, la Cour administrative (Corte amministrativa) dubita nondimeno che tale evoluzione possa avere l’effetto di derogare al requisito dell’identificazione individuale del contribuente interessato dall’indagine, posto da detta direttiva.

32

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esercizio del diritto di ricorso della persona detentrice di informazioni avverso una decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni emessa nei suoi confronti, la Cour administrative (Corte amministrativa) rileva che, nel caso di specie, in assenza di mezzi di ricorso diretti avverso una siffatta decisione, L ha proposto un ricorso avverso la decisione sanzionatoria del 6 agosto 2018, al fine di contestare in via incidentale la legittimità della decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018.

33

A tal riguardo, la Cour administrative (Corte amministrativa) sottolinea che l’articolo 6, paragrafo 2, della legge del 25 novembre 2014 conferisce a tale ricorso un effetto sospensivo dell’esecuzione della decisione sanzionatoria del 6 agosto 2018, fino all’adozione di una decisione giudiziaria che statuisca definitivamente su detto ricorso. Essa osserva tuttavia che, a seguito dell’eventuale riconoscimento definitivo della legittimità della decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018 e di quella sanzionatoria del 6 agosto 2018 in esito a detto ricorso, L sarebbe tenuta sia a fornire le informazioni richieste sia a pagare la sanzione pecuniaria.

34

Orbene, la Cour administrative (Corte amministrativa) constata che, in una situazione del genere, la persona detentrice di informazioni sarebbe venuta a conoscenza delle informazioni minime riguardanti, in particolare, il fine fiscale della richiesta di informazioni all’origine della decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni, di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16, solo nell’ambito del suo ricorso avverso la decisione sanzionatoria per inosservanza di tale ingiunzione. Tale persona non avrebbe quindi mai avuto a disposizione un termine utile per decidere, con piena cognizione di tali informazioni minime, se conformarsi o meno alla decisione di ingiunzione di comunicare informazioni.

35

Si porrebbe pertanto la questione se il diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta implichi che, a seguito di un eventuale riconoscimento definitivo della legittimità della decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni e della decisione sanzionatoria per inosservanza di tale ingiunzione, alla persona detentrice di informazioni debba essere concesso un determinato periodo di tempo affinché possa ottemperare alla decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni e che la sanzione possa diventare esigibile solo qualora tale persona non abbia adempiuto entro tale termine.

36

In tale contesto, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/16 debba essere interpretato nel senso che una richiesta di scambio di informazioni, formulata dall’autorità di uno Stato membro richiedente, che definisce i contribuenti oggetto della richiesta di scambio in base alla loro semplice qualità di azionisti e di beneficiari economici di una persona giuridica, senza che tali contribuenti siano stati preventivamente oggetto di un’identificazione nominativa e individuale da parte dell’autorità richiedente, sia conforme ai requisiti di identificazione stabiliti da tale disposizione.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 5 della direttiva medesima debbano essere interpretati nel senso che il rispetto della norma della prevedibile pertinenza implichi che l’autorità dello Stato membro richiedente, per dimostrare l’assenza di una “pesca di informazioni” nonostante l’assenza di una identificazione individuale dei contribuenti interessati, possa dimostrare, sulla base di spiegazioni chiare e sufficienti, il fatto di condurre un’indagine mirata riguardante un gruppo circoscritto di persone e non una semplice verifica fiscale generalizzata e che tale indagine sia giustificata da fondati sospetti in ordine all’inosservanza di un preciso obbligo di legge.

3)

Se l’articolo 47 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che, qualora

un soggetto al quale l’autorità competente dello Stato membro interpellato abbia irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria per non aver ottemperato a una decisione amministrativa recante ingiunzione di fornire informazioni nell’ambito di uno scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali nazionali ai sensi della direttiva 2011/16, decisione non suscettibile di ricorso giurisdizionale secondo il diritto interno dello Stato membro interpellato, abbia contestato la legittimità della decisione medesima in via incidentale nell’ambito di un ricorso giurisdizionale diretto avverso la sanzione pecuniaria e

sia venuto a conoscenza delle informazioni minime previste dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16 solo nel corso del procedimento giudiziario avviato a seguito del proprio ricorso giurisdizionale avverso detta sanzione,

al soggetto medesimo debba essere concesso, una volta divenuto definitivo il riconoscimento in via incidentale della validità della decisione di ingiunzione e della decisione di fissazione dell’ammenda, emesse nei suoi confronti, un termine sospensivo per il pagamento dell’ammenda stessa affinché questi possa ottemperare, dopo essere in tal modo venuto a conoscenza degli elementi relativi alla prevedibile pertinenza definitivamente confermata dal giudice competente, alla decisione di ingiunzione».

Procedimento dinanzi alla Corte

37

Con decisione del presidente della Corte del 15 gennaio 2020, il procedimento è stato sospeso nella presente causa, in applicazione dell’articolo 55, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di procedura della Corte, fino alla pronuncia della sentenza nelle cause riunite C‑245/19 e C‑246/19, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale).

38

La sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale) (C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795), è stata notificata al giudice del rinvio nel presente procedimento per verificare se questi intendesse mantenere la sua domanda di pronuncia pregiudiziale. Con lettera del 16 novembre 2020, pervenuta alla cancelleria della Corte il 17 novembre 2020, detto giudice ha informato la Corte di voler mantenere tale domanda. Con decisione del presidente della Corte del 19 novembre 2020 è stata decisa di conseguenza la riassunzione del presente procedimento.

39

Il 2 febbraio 2021 le parti nel procedimento principale e gli altri interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea sono stati invitati a rispondere per iscritto a taluni quesiti, in applicazione dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento di procedura. La convenuta nel procedimento principale, il governo lussemburghese, l’Irlanda, i governi greco, spagnolo, francese, italiano, polacco e finlandese nonché la Commissione hanno risposto a tali quesiti.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni prima e seconda

40

Con le sue questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 5, e l’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16 debbano essere interpretati nel senso che una richiesta di informazioni deve essere considerata come vertente su informazioni che non appaiono manifestamente prive di qualsiasi prevedibile pertinenza, qualora le persone oggetto della verifica o indagine ai sensi di quest’ultima disposizione non siano identificate nominativamente e individualmente da tale richiesta, ma l’autorità richiedente dimostri, sulla base di spiegazioni chiare e sufficienti, di condurre un’indagine mirata riguardante un gruppo circoscritto di persone, giustificata da fondati sospetti in ordine all’inosservanza di un preciso obbligo di legge.

41

Al fine di rispondere a tali questioni, occorre, in primo luogo, ricordare che la Corte ha già dichiarato che dall’articolo 1, paragrafo 1, e dall’articolo 5 della direttiva 2011/16 risulta che la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste da uno Stato membro a un altro Stato membro costituisce una condizione che la richiesta di informazioni deve soddisfare per essere idonea a innescare in capo allo Stato membro interpellato l’obbligo di rispondervi e, nel contempo, una condizione di legittimità della decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni rivolta da tale Stato membro a una persona che detiene tali informazioni e della misura sanzionatoria inflitta a quest’ultima per inosservanza di tale decisione (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 74).

42

A questo proposito, dai termini del considerando 9 della direttiva 2011/16 risulta che l’obiettivo di tale condizione di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste è quello di consentire all’autorità richiedente di chiedere e ottenere tutte le informazioni che essa può ragionevolmente considerare come pertinenti ai fini della propria indagine, senza tuttavia autorizzarla a superare manifestamente i limiti di tale indagine, né a imporre un onere eccessivo a carico dell’autorità interpellata [v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 68, nonché del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 110].

43

Tenuto conto del meccanismo di cooperazione tra autorità fiscali istituito dalla direttiva 2011/16, che, come emerge dai considerando 2, 6 e 8 di quest’ultima, è fondato su regole finalizzate a instaurare la fiducia fra gli Stati membri permettendo una cooperazione efficace e rapida, l’autorità interpellata deve, in linea di principio, fare affidamento sull’autorità richiedente e presumere che la richiesta di informazioni sottopostale sia conforme al diritto nazionale dell’autorità richiedente e necessaria ai fini della sua indagine. Ad ogni modo, l’autorità interpellata non può sostituire la propria valutazione dell’eventuale utilità delle informazioni richieste a quella dell’autorità richiedente (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 77).

44

Sebbene l’autorità richiedente, che è a capo dell’indagine sfociata nella richiesta di informazioni, goda pertanto di un margine discrezionale per valutare, in base alle circostanze della causa, la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste, essa non può tuttavia richiedere all’autorità interpellata informazioni che non presentino alcuna pertinenza con l’indagine stessa [v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 112 e giurisprudenza ivi citata].

45

Pertanto, informazioni richieste ai fini di una ricerca «generica», come quella di cui al considerando 9 della direttiva 2011/16, non sono, in alcun caso, da considerarsi «prevedibilmente pertinenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva [v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punti 113114].

46

L’autorità interpellata deve quindi verificare che la motivazione della richiesta di informazioni inviatale dall’autorità richiedente sia sufficiente a dimostrare che le informazioni richieste non appaiono prive di qualsiasi prevedibile pertinenza, alla luce dell’identità del contribuente oggetto dell’indagine da cui trae origine tale richiesta, delle esigenze di una tale indagine e, nell’ipotesi in cui sia necessario ottenere le informazioni di cui trattasi presso una persona che le detiene, dell’identità di quest’ultima [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 115 e giurisprudenza ivi citata].

47

In proposito, dal considerando 9 della direttiva 2011/16 si inferisce che tra gli elementi pertinenti ai fini di tale verifica che l’autorità richiedente è tenuta a fornire figurano in particolare quelli menzionati all’articolo 20, paragrafo 2, lettere a) e b), di tale direttiva, ossia l’identità della persona oggetto della verifica o indagine e il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 79).

48

In tali circostanze, si deve pertanto considerare che dal combinato disposto dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’articolo 5 e dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/16, come interpretati dalla giurisprudenza della Corte ricordata ai punti da 41 a 47 della presente sentenza, risulta che l’indicazione dell’«identità della persona oggetto della verifica o indagine», ai sensi di quest’ultima disposizione, costituisce uno degli elementi che la motivazione della richiesta di informazioni deve necessariamente contenere al fine di consentire all’autorità interpellata di appurare che le informazioni richieste non appaiono prive di qualsiasi prevedibile pertinenza e, quindi, di innescare in capo allo Stato membro interpellato l’obbligo di ottemperare a tale richiesta.

49

In secondo luogo, occorre rilevare che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/16 non opera alcun rinvio ai diritti nazionali per quanto riguarda il significato da attribuire alla nozione di «identità della persona oggetto della verifica o indagine».

50

Tale nozione deve essere quindi considerata come una nozione autonoma del diritto dell’Unione, da interpretarsi in maniera uniforme nel territorio di quest’ultima, tenendo conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su di uno Stato terzo), C‑872/19 P, EU:C:2021:507, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

51

Per quanto riguarda, anzitutto, la formulazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/16, occorre rilevare che il termine «identità» designa, nella sua accezione comune, l’insieme dei dati che consentono di individuare una persona senza ridursi all’identificazione individuale di quest’ultima mediante il suo nome, come ha in sostanza considerato l’avvocato generale ai paragrafi 46 e 47 delle sue conclusioni.

52

Per quanto riguarda, poi, il contesto in cui tale disposizione si inserisce, da un lato, occorre sottolineare che l’articolo 3, punto 11, di detta direttiva definisce il termine «persona» in maniera ampia, posto che riguarda non soltanto le persone fisiche, ma anche le persone giuridiche, le associazioni di persone alle quali è riconosciuta la capacità di compiere atti giuridici, o ancora qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma, dotato o meno di personalità giuridica.

53

Pertanto, tale definizione include anche un insieme di persone giuridiche la cui identità non può essere dimostrata sulla base di dati personali come quelli rientranti nello stato civile di una persona fisica. Ai fini del controllo dell’elemento relativo all’identità della persona oggetto della verifica o indagine ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 46 e 47 della presente sentenza, tali persone devono quindi poter essere identificate mediante un insieme di caratteristiche distintive di ordine fattuale e giuridico.

54

Dall’altro lato, occorre ricordare che, conformemente al considerando 9 della direttiva 2011/16, dal momento che la norma di «prevedibile pertinenza» delle informazioni richieste è predisposta per lo scambio di informazioni in materia fiscale nella misura più ampia possibile, gli obblighi procedurali previsti dall’articolo 20 di tale direttiva richiedono un’interpretazione ampia per non frustrare l’efficace scambio di informazioni.

55

Di conseguenza, il requisito, di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva, di fornire, nella richiesta di informazioni, elementi di motivazione relativi all’identità della persona oggetto della verifica o indagine richiede anch’esso un’interpretazione ampia, nel senso che non richiede necessariamente un’identificazione individuale e nominativa di tali persone.

56

Per quanto riguarda infine le finalità della direttiva 2011/16, la Corte ha già dichiarato che l’obiettivo di lotta contro la frode e l’evasione fiscali internazionali perseguito da tale direttiva si traduce in particolare, agli articoli da 5 a 7 della direttiva 2011/16, nell’istituzione di una procedura di scambio di informazioni su richiesta, che consenta alle autorità nazionali competenti di cooperare efficacemente e rapidamente tra loro, al fine di raccogliere informazioni nell’ambito di indagini riguardanti determinati contribuenti [v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punti 8689, e giurisprudenza ivi citata].

57

A tale scopo, detta direttiva enuncia, al suo considerando 7, che essa si basa sui risultati conseguiti dalla direttiva 77/799 prevedendo, ove necessario, norme più chiare e più precise che disciplinano la cooperazione amministrativa fra gli Stati membri, al fine di stabilire un ambito di applicazione più ampio per questa cooperazione (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 47). Da tale considerando risulta segnatamente che tali norme dovrebbero rendere in particolare possibile la copertura di tutte le persone fisiche e giuridiche nell’Unione, tenendo conto della gamma sempre crescente di istituti giuridici che possano essere creati dai contribuenti negli Stati membri.

58

Orbene, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, considerata la crescente complessità degli strumenti finanziari e giuridici esistenti, un’interpretazione della nozione di «identità della persona oggetto della verifica o indagine», che si risolvesse nel vietare qualsiasi richiesta di informazioni che non riguardi persone nominativamente e individualmente identificate dall’autorità richiedente, rischierebbe di privare lo strumento di cooperazione costituito dalla richiesta di informazioni del suo effetto utile e sarebbe quindi in contrasto con l’obiettivo di lotta alla frode e all’evasione fiscali internazionali che tale strumento mira a conseguire.

59

Infatti, una siffatta interpretazione porterebbe a vietare qualsiasi richiesta di informazioni, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nel quadro di un’indagine fiscale il cui ambito di applicazione sia già determinato dall’autorità richiedente, abbia ad oggetto l’individuazione, mediante un insieme comune di qualità o caratteristiche che li contraddistinguono, dei membri di un gruppo limitato di persone sospettate di aver commesso la violazione o l’omissione asseriti.

60

Orbene, occorre ricordare, al riguardo, che la richiesta di informazioni, così come la decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni, intervengono nel corso della fase preliminare di tale verifica o di tale indagine, il cui scopo è di raccogliere informazioni di cui si suppone che l’autorità ricorrente non abbia una conoscenza precisa e completa [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 121].

61

Discende, pertanto, da un’interpretazione letterale, contestuale e teleologica della nozione di «identità della persona oggetto della verifica o indagine», ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/16, che tale nozione comprende non solo il nome e gli altri dati personali, ma anche un insieme di qualità o caratteristiche distintive che consentano di identificare la persona o le persone oggetto di tale verifica o di tale indagine.

62

Ne consegue che l’indicazione dell’«identità della persona oggetto della verifica o indagine», ai sensi di tale disposizione, in quanto elemento che la motivazione della richiesta di informazioni deve necessariamente contenere al fine di consentire all’autorità interpellata di appurare che le informazioni richieste non appaiono prive di qualsiasi prevedibile pertinenza, ai sensi del punto 48 della presente sentenza, può riguardare non soltanto persone nominativamente e individualmente identificate dall’autorità richiedente, ma anche un gruppo limitato di persone identificabili a partire da un insieme comune di qualità o di caratteristiche che le contraddistinguono.

63

Occorre tuttavia ricordare che dalla giurisprudenza della Corte citata ai punti 44 e 45 della presente sentenza risulta che l’autorità richiedente, pur godendo di un margine di discrezionalità per valutare la prevedibile pertinenza delle informazioni richieste, non può tuttavia richiedere all’autorità interpellata informazioni ai fini di una «richiesta generica», come quella di cui al considerando 9 della direttiva 2011/16, dato che tali informazioni non possono essere considerate come «prevedibilmente pertinenti», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva.

64

Pertanto, nel caso di una richiesta di informazioni che non riguarda persone identificate nominativamente e individualmente, occorre precisare, in terzo luogo, gli elementi che l’autorità richiedente deve fornire all’autorità interpellata per consentirle di appurare che le informazioni non sono richieste ai fini di una tale «richiesta generica» e, dunque, non appaiono prive di qualsiasi prevedibile pertinenza, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 46 della presente sentenza. Infatti, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 54 delle sue conclusioni, il rischio di una «richiesta generica» è particolarmente elevato quando la richiesta di informazioni riguarda un gruppo di contribuenti non identificati nominativamente e individualmente.

65

A tal riguardo, occorre anzitutto ricordare che dalla giurisprudenza citata al punto 47 della presente sentenza risulta che gli elementi della motivazione relativi all’«identità della persona oggetto della verifica o indagine», ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/16, si aggiungono a quelli relativi al fine fiscale di tale richiesta, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva.

66

Inoltre, dal combinato disposto del considerando 9 e dell’articolo 20 della direttiva 2011/16, come interpretati dalla giurisprudenza della Corte citata ai punti da 42 a 45 della presente sentenza, risulta che un’autorità richiedente non può richiedere informazioni che superino manifestamente l’ambito dell’indagine fiscale condotta da quest’ultima né imporre un onere eccessivo all’autorità interpellata.

67

In tali circostanze, occorre considerare, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi da 58 a 62 delle sue conclusioni, che l’autorità richiedente è tenuta, in primo luogo, a fornire una descrizione il più dettagliata e completa possibile del gruppo di contribuenti oggetto della verifica o indagine, specificando l’insieme comune di qualità o caratteristiche distintive delle persone che ne fanno parte in modo da consentire all’autorità interpellata di procedere alla loro identificazione; in secondo luogo, di spiegare gli obblighi fiscali specifici che gravano su tali persone e, in terzo luogo, di illustrare le ragioni per le quali dette persone sono sospettate di aver commesso le omissioni o le violazioni oggetto della verifica o dell’indagine.

68

Nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, la motivazione della richiesta di informazioni di cui al procedimento principale, quale risulta dall’esposizione dei fatti contenuta nella decisione di rinvio e sintetizzata al punto 17 della presente sentenza, sembra soddisfare i requisiti esposti al precedente punto della presente sentenza, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare, nell’ambito di una valutazione globale del contenuto di tale richiesta.

69

Infine, occorre aggiungere che tale interpretazione delle disposizioni della direttiva 2011/16 corrisponde a quella della nozione di «prevedibile pertinenza» delle informazioni richieste, utilizzata all’articolo 26, paragrafo 1, del modello di convenzione fiscale dell’OCSE sul reddito e sul patrimonio, quale risulta dai commenti relativi a tale articolo adottati dal Consiglio dell’OCSE il 17 luglio 2012.

70

Infatti, la Corte ha già osservato che la nozione di «prevedibile pertinenza» delle informazioni richieste, enunciata in particolare al considerando 9 della direttiva 2011/16, riflette quella utilizzata all’articolo 26, paragrafo 1, di tale modello di convenzione (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 67).

71

A tal proposito, occorre rilevare che i punti 5.1 e 5.2 dei commenti relativi all’articolo 26 di detto modello di convenzione fiscale indicano che «una richiesta di informazioni non costituisce una “pesca di informazioni” per il semplice motivo che il nome o l’indirizzo (o entrambi) della persona sotto indagine o verifica non sia stato indicato», a condizione che lo Stato richiedente includa in tale richiesta «altre informazioni sufficienti a consentire l’identificazione del contribuente». Inoltre, tali punti precisano che la condizione di prevedibile pertinenza delle informazioni richieste può essere soddisfatta anche in «casi riguardanti più contribuenti (indipendentemente dal fatto che essi siano identificati con il loro nome o con un altro mezzo)».

72

Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 5 e l’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16 devono essere interpretati nel senso che una richiesta di informazioni deve essere considerata come vertente su informazioni che non appaiono manifestamente prive di qualsiasi prevedibile pertinenza, qualora le persone oggetto della verifica o indagine ai sensi di quest’ultima disposizione non siano identificate nominativamente e individualmente da tale richiesta, ma l’autorità richiedente dimostri, sulla base di spiegazioni chiare e sufficienti, di condurre un’indagine mirata riguardante un gruppo circoscritto di persone, giustificata da fondati sospetti in ordine all’inosservanza di un preciso obbligo di legge.

Sulla terza questione

Sulla competenza della Corte

73

Il governo lussemburghese contesta implicitamente la competenza della Corte a conoscere della terza questione. Tale governo fa valere, in sostanza, che tale questione verte su aspetti di ordine puramente interno, che riguardano l’applicazione ratione temporis di norme processuali nazionali e che, di conseguenza, non presentano alcun collegamento con il diritto dell’Unione. Orbene, poiché l’articolo 47 della Carta si applica a una controversia nazionale solo se quest’ultima presenta un collegamento sufficiente con il diritto dell’Unione, detta questione esulerebbe dalla competenza della Corte.

74

A tal riguardo, occorre rilevare che la legge del 25 novembre 2014, nella parte in cui definisce le modalità della procedura di scambio di informazioni su richiesta istituita dalla direttiva 2011/16, e in particolare quelle relative all’esecuzione e al controllo sulla legittimità delle decisioni di ingiunzione di comunicare informazioni e delle decisioni sanzionatorie per non aver ottemperato all’ingiunzione adottate per assicurare il buon funzionamento di tale procedura, costituisce un’attuazione di detta direttiva e, pertanto, rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione [v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15,EU:C:2017:373, punti da 34 a 41, nonché del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punti 4546].

75

Ne consegue che l’articolo 47 della Carta è applicabile, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima [v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punti 4250, nonché del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 46] e che la Corte è competente a conoscere della terza questione.

Sulla ricevibilità

76

Il governo lussemburghese esprime dubbi anche in ordine alla ricevibilità della terza questione. Da un lato, esso considera che, sebbene, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della legge del 25 novembre 2014, nella sua versione applicabile al procedimento principale, la persona in possesso di informazioni avesse soltanto un diritto di ricorso avverso la decisione sanzionatoria per non aver ottemperato alla decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni, la legge del 1o marzo 2019 ha istituito un ricorso di annullamento avverso quest’ultima decisione.

77

Orbene, poiché la legge del 1o marzo 2019 prevede norme procedurali, essa sarebbe destinata ad applicarsi alle situazioni in corso a partire dalla data della sua entrata in vigore. Di conseguenza, nella misura in cui tale legge è applicabile alla controversia principale, la terza questione non sarebbe pertinente ai fini della soluzione di tale controversia, poiché alla persona in possesso di informazioni sarebbe ormai riconosciuto, in forza di detta legge, il diritto di proporre un ricorso di annullamento avverso la decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni al fine di contestarne direttamente la legittimità.

78

Dall’altro lato, tale governo afferma che, nel caso di specie, la società in possesso di informazioni disponeva, anche sotto la vigenza della legge del 25 novembre 2014, nella sua versione applicabile al procedimento principale, di un diritto di ricorso effettivo che le consentiva di contestare direttamente la legittimità della decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018.

79

Infatti, come risulta dal punto 19 della presente sentenza, tale società, parallelamente al ricorso avverso la decisione sanzionatoria del 6 agosto 2018, ha proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione del direttore dell’amministrazione delle imposte dirette che ha dichiarato irricevibile il ricorso gerarchico formale da essa proposto avverso la decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018. Tale ricorso di annullamento, riguardo al quale è pacifico che non ha avuto effetto sospensivo di quest’ultima decisione, è attualmente pendente dinanzi al tribunal administratif (Tribunale amministrativo), il quale ha deciso di sospendere il procedimento in attesa della risposta della Corte alle questioni pregiudiziali sollevate nella presente causa.

80

A tal proposito, occorre ricordare che da una costante giurisprudenza della Corte risulta che, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia Forumul Judecătorilor Din România e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

81

Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia Forumul Judecătorilor Din România e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 116 e giurisprudenza ivi citata).

82

In particolare, come risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 267 TFUE, la decisione pregiudiziale richiesta deve essere «necessaria» per consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa di cui è investito. Pertanto, il procedimento pregiudiziale presuppone, in particolare, che dinanzi ai giudici nazionali sia effettivamente pendente una controversia nell’ambito della quale essi dovranno emettere una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale (sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia Forumul Judecătorilor Din România e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).

83

Nel caso di specie, per quanto riguarda, da un lato, il mezzo di ricorso diretto contro le decisioni di ingiunzione di comunicare informazioni istituito dalla legge del 1o marzo 2019, si deve constatare che, come rilevato dal giudice del rinvio nella sua risposta in ordine al mantenimento della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, tale legge non è applicabile al procedimento principale. Infatti, tale procedimento è anteriore all’entrata in vigore di detta legge e trae origine da un ricorso proposto non contro una decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni, ma contro una successiva decisione sanzionatoria per inosservanza di tale ingiunzione.

84

Per quanto riguarda, dall’altro lato, il ricorso di annullamento menzionato al punto 79 della presente sentenza, è sufficiente rilevare che, come indicato dallo stesso governo lussemburghese nella sua risposta ai quesiti per risposta scritta della Corte, tale ricorso di annullamento, anche supponendolo ricevibile, diverrebbe in ogni caso privo di oggetto a seguito dell’eventuale riconoscimento definitivo, in via incidentale, della legittimità della decisione di ingiunzione del 28 febbraio 2018 e della decisione sanzionatoria del 6 agosto 2018 all’esito del procedimento principale.

85

In tali circostanze, la risposta alla terza questione resta pertinente e necessaria per la soluzione della controversia di cui il giudice del rinvio è investito, ai sensi della giurisprudenza ricordata ai punti da 80 a 82 della presente sentenza, sicché tale questione è ricevibile.

Nel merito

86

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che a una persona in possesso di informazioni:

alla quale sia stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria per non avere ottemperato a una decisione recante ingiunzione di fornire informazioni nell’ambito di uno scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali nazionali ai sensi della direttiva 2011/16, decisione non impugnabile in sede giurisdizionale secondo il diritto interno dello Stato membro interpellato, e

che abbia contestato la legittimità di tale decisione in via incidentale nell’ambito di un ricorso giurisdizionale proposto avverso la decisione sanzionatoria per non aver ottemperato a tale ingiunzione, venendo così a conoscenza delle informazioni minime di cui all’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva nel corso del procedimento giudiziario relativo a tale ricorso,

deve essere concesso, una volta divenuto definitivo il riconoscimento della legittimità di dette decisioni emesse nei suoi confronti, un termine sospensivo per il pagamento della sanzione, affinché questi possa ottemperare, dopo essere in tal modo venuto a conoscenza degli elementi relativi alla prevedibile pertinenza delle informazioni richieste definitivamente confermata dal giudice competente, alla decisione recante ingiunzione di comunicare tali informazioni.

87

Al fine di rispondere a tale questione, occorre, in primo luogo, rilevare che per costante giurisprudenza della Corte, la tutela delle persone, sia fisiche che giuridiche, nei confronti di interventi dei pubblici poteri nella loro sfera di attività privata, che siano arbitrari o sproporzionati, rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione. Orbene, detta tutela può essere invocata da una persona giuridica, quale diritto garantito dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 47, primo comma, della Carta, per esperire un rimedio giurisdizionale contro un atto che le arreca pregiudizio, quale una decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni o una decisione sanzionatoria per la mancata osservanza dell’ingiunzione stessa [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punti 5758, e giurisprudenza ivi citata].

88

Ne consegue che una persona giuridica nei cui confronti l’autorità nazionale competente abbia adottato tali decisioni, come la convenuta nel procedimento principale, deve poter beneficiare del diritto a un ricorso effettivo, garantito dall’articolo 47 della Carta, a fronte di decisioni siffatte, il cui esercizio può essere limitato, da parte degli Stati membri, solo se sono rispettate le condizioni previste all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta [v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punti 59, 6064].

89

In secondo luogo, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che il giudice nazionale, adito con un ricorso avverso la sanzione amministrativa pecuniaria inflitta al singolo per l’inosservanza della decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni, deve poter esaminare la legittimità di quest’ultima, affinché i requisiti sanciti dall’articolo 47 della Carta siano rispettati. Di conseguenza, un amministrato cui sia stata inflitta una sanzione pecuniaria per inottemperanza ad una decisione che gli ingiunge di fornire informazioni nel contesto di uno scambio tra amministrazioni fiscali nazionali in forza della direttiva 2011/16, è legittimato a contestare la legittimità di tale decisione (sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punti 5659).

90

In tale contesto, da un lato, la Corte ha considerato che l’effettività del sindacato giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che la motivazione fornita dall’autorità richiedente ponga il giudice nazionale in condizione di esercitare il controllo sulla legittimità della richiesta di informazioni. Tenuto conto del margine di discrezionalità di cui dispone l’autorità richiedente ai sensi della giurisprudenza ricordata ai punti 42 e 44 della presente sentenza, i limiti applicabili al controllo dell’autorità interpellata, enunciati ai punti 43 e 46 della presente sentenza, gravano alla stessa maniera sul controllo svolto dal giudice. Il giudice deve pertanto esclusivamente verificare che la decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni si fondi su una domanda sufficientemente motivata dell’autorità richiedente, vertente su informazioni che non appaiono manifestamente prive di qualsiasi prevedibile pertinenza, alla luce degli elementi di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16, relativi all’identità della persona oggetto della verifica o indagine e al fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punti da 84 a 86).

91

Dall’altro lato, la Corte ha precisato che sebbene, onde consentire al giudice dello Stato membro interpellato di esercitare il suo sindacato giurisdizionale, sia importante che egli possa avere accesso alla richiesta di informazioni trasmessa dallo Stato membro richiedente allo Stato membro interpellato, affinché la causa dell’amministrato coinvolto sia esaminata equamente quanto alla condizione di prevedibile pertinenza non è necessario che quest’ultimo abbia accesso alla richiesta di informazioni nella sua interezza. A tal fine, è sufficiente che, nell’ambito del suo ricorso giurisdizionale avverso la decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni e quella sanzionatoria per inottemperanza a tale ingiunzione, egli abbia accesso alle informazioni minime di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16, vale a dire l’identità della persona oggetto della verifica o indagine e il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punti 92, 99100).

92

Occorre tuttavia sottolineare, a tal riguardo, che l’efficacia del sindacato giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta esige che il destinatario di una decisione adottata nei suoi confronti da un’autorità amministrativa possa conoscere la motivazione su cui quest’ultima si basa, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (sentenza del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

93

Pertanto, una decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni non solo deve essere fondata su una valida richiesta di informazioni alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti da 41 a 47 della presente sentenza, ma deve anche essere debitamente motivata, al fine di consentire al destinatario di tale decisione di comprenderne la portata e di consentirgli di decidere se opporvisi o meno per via giudiziaria.

94

Inoltre, la Corte ha altresì ricordato che da una giurisprudenza costante emerge che il contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta, include, tra gli altri, l’elemento relativo alla facoltà, per il soggetto titolare del diritto stesso, di adire un giudice competente a garantire il rispetto dei diritti che gli sono attribuiti dal diritto dell’Unione e, a tal fine, ad esaminare tutte le questioni di fatto e di diritto rilevanti ai fini della decisione della controversia di cui è investito, senza vedersi obbligato a violare una norma o un obbligo giuridico e ad esporsi alla sanzione conseguente alla violazione stessa [v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 66].

95

Orbene, la Corte ha già dichiarato, con riguardo alla stessa normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, che, conformemente a tale normativa, è solo qualora, da un lato, il destinatario di una decisione che ingiunge di comunicare informazioni non si conformi a tale decisione e, dall’altro, gli sia successivamente inflitta una sanzione per tale motivo che tale destinatario dispone della possibilità di contestare in via incidentale detta decisione nell’ambito del ricorso che gli è dato proporre avverso tale sanzione [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 67].

96

Pertanto, a fronte di una decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni che sia arbitraria o sproporzionata, detta persona non ha accesso a un giudice, a meno che non violi tale decisione rifiutando di ottemperare all’ingiunzione in essa contenuta e che si esponga, in tal modo, alla sanzione connessa alla sua inosservanza. Non si può quindi ritenere che tale persona benefici di una tutela giurisdizionale effettiva [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 68].

97

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che detta normativa nazionale, escludendo la possibilità, per un detentore di informazioni nei cui confronti l’autorità nazionale competente adotti una decisione che ingiunge la comunicazione di tali informazioni, di proporre un ricorso diretto avverso tale decisione, non rispetta il contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo, garantito dall’articolo 47 della Carta e, pertanto, che l’articolo 52, paragrafo 1, della stessa osta a una normativa siffatta [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 69].

98

Date tali condizioni, al fine di garantire l’effettività del contenuto essenziale di tale diritto in circostanze come quelle del procedimento principale, una volta che la legittimità della decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni sia stata eventualmente confermata dal giudice competente al destinatario di tale decisione deve essere concessa la possibilità di conformarvisi entro il termine inizialmente previsto a tal fine dal diritto nazionale, senza che ciò comporti il mantenimento della sanzione nella quale è incorso per esercitare il suo diritto a un ricorso effettivo. Solo nel caso in cui tale destinatario non ottemperi a detta decisione entro tale termine la sanzione inflitta diverrebbe legittimamente esigibile.

99

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che a una persona in possesso di informazioni:

alla quale sia stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria per non avere ottemperato a una decisione recante ingiunzione di fornire informazioni nell’ambito di uno scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali nazionali ai sensi della direttiva 2011/16, decisione non impugnabile in sede giurisdizionale secondo il diritto interno dello Stato membro interpellato, e

che abbia contestato la legittimità di tale decisione in via incidentale nell’ambito di un ricorso giurisdizionale avverso la decisione sanzionatoria per non aver ottemperato a tale ingiunzione, venendo così a conoscenza delle informazioni minime di cui all’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva nel corso del procedimento giudiziario relativo a tale ricorso,

deve essere concessa, dopo il riconoscimento definitivo della legittimità di dette decisioni emesse nei suoi confronti, la possibilità di conformarsi alla decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni entro il termine inizialmente previsto a tal fine dal diritto nazionale, senza che ciò comporti il mantenimento della sanzione nella quale è incorsa per esercitare il suo diritto a un ricorso effettivo. Solo nel caso in cui tale persona non dia seguito a tale decisione entro tale termine la sanzione inflitta diverrebbe legittimamente esigibile.

Sulle spese

100

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 5 e l’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE, devono essere interpretati nel senso che una richiesta di informazioni deve essere considerata come vertente su informazioni che non appaiono manifestamente prive di qualsiasi prevedibile pertinenza, qualora le persone oggetto della verifica o indagine ai sensi di quest’ultima disposizione non siano identificate nominativamente e individualmente da tale richiesta, ma l’autorità richiedente dimostri, sulla base di spiegazioni chiare e sufficienti, di condurre un’indagine mirata riguardante un gruppo circoscritto di persone, giustificata da fondati sospetti in ordine all’inosservanza di un preciso obbligo di legge.

 

2)

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che a una persona in possesso di informazioni:

alla quale sia stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria per non avere ottemperato a una decisione recante ingiunzione di fornire informazioni nell’ambito di uno scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali nazionali ai sensi della direttiva 2011/16, decisione non impugnabile in sede giurisdizionale secondo il diritto interno dello Stato membro interpellato, e

che abbia contestato la legittimità di tale decisione in via incidentale nell’ambito di un ricorso giurisdizionale avverso la decisione sanzionatoria per non aver ottemperato a tale ingiunzione, venendo così a conoscenza delle informazioni minime di cui all’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva nel corso del procedimento giudiziario relativo a tale ricorso,

deve essere concessa, dopo il riconoscimento definitivo della legittimità di dette decisioni emesse nei suoi confronti, la possibilità di conformarsi alla decisione recante ingiunzione di comunicare informazioni entro il termine inizialmente previsto a tal fine dal diritto nazionale, senza che ciò comporti il mantenimento della sanzione nella quale è incorsa per esercitare il suo diritto a un ricorso effettivo. Solo nel caso in cui tale persona non dia seguito a tale decisione entro tale termine la sanzione inflitta diverrebbe legittimamente esigibile.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.