CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 20 gennaio 2021 ( 1 )( ( i ))

Causa C‑928/19 P

European Federation of Public Service Unions (EPSU)

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Diritto istituzionale – Politica sociale – Articoli 154 e 155 TFUE – Dialogo sociale fra le parti sociali a livello dell’Unione – Informazione e consultazione delle parti sociali – Accordo concluso dalle parti sociali – Informazione e consultazione dei funzionari e dei dipendenti delle amministrazioni centrali degli Stati membri – Rifiuto della Commissione di presentare al Consiglio una proposta di decisione di attuazione dell’accordo – Qualificazione degli atti risultanti dal procedimento di attuazione – Margine di discrezionalità della Commissione – Grado di sindacato giurisdizionale – Obbligo di motivazione della decisione di rifiuto»

1.

Con la sua impugnazione, l’European Federation of Public Service Unions (EPSU) (Federazione sindacale europea dei servizi pubblici) chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 24 ottobre 2019, EPSU e Goudriaan/Commissione ( 2 ) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha respinto il ricorso di annullamento proposto dai ricorrenti in primo grado (EPSU e sig. Jan Goudriaan) avverso la decisione adottata dalla Commissione europea nella sua lettera del 5 marzo 2018 (in prosieguo: la «decisione controversa»), con la quale la Commissione ha rifiutato di presentare al Consiglio dell’Unione europea una proposta di decisione di attuazione di un accordo concluso fra le parti sociali ( 3 ) (in prosieguo: l’«accordo in questione») ( 4 ).

2.

Nella presente causa, la Corte deve dedicarsi all’interpretazione dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE. Se non è la prima volta che la Commissione si oppone ad un accordo negoziato dalle parti sociali ( 5 ), è per contro la prima volta che la Corte è investita di una siffatta opposizione e che esamina i poteri e gli obblighi della Commissione nell’ambito della procedura di attuazione degli accordi conclusi dalle parti sociali ai sensi di tale disposizione ( 6 ).

3.

La Corte deve stabilire, dunque, se la Commissione, oltre al controllo della legittimità dell’accordo negoziato dalle parti sociali e della loro rappresentatività, possa esercitare un controllo concernente l’opportunità dell’attuazione di tale accordo.

I. Contesto normativo

4.

L’articolo 152, primo comma, TFUE prevede quanto segue:

«L’Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali. Essa facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia».

5.

L’articolo 153, paragrafo 1, TFUE prevede che, per conseguire gli obiettivi previsti all’articolo 151, l’Unione sostiene e completa l’azione degli Stati membri in diversi settori, fra cui «[l’]informazione e [la] consultazione dei lavoratori».

6.

L’articolo 154 TFUE dispone quanto segue:

«1.   La Commissione ha il compito di promuovere la consultazione delle parti sociali a livello dell’Unione e prende ogni misura utile per facilitarne il dialogo provvedendo ad un sostegno equilibrato delle parti.

2.   A tal fine la Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione dell’Unione.

3.   Se, dopo tale consultazione, ritiene opportuna un’azione dell’Unione, la Commissione consulta le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Le parti sociali trasmettono alla Commissione un parere o, se opportuno, una raccomandazione.

4.   In occasione delle consultazioni di cui ai paragrafi 2 e 3 le parti sociali possono informare la Commissione della loro volontà di avviare il processo previsto dall’articolo 155. La durata di tale processo non supera nove mesi, salvo proroga decisa in comune dalle parti sociali interessate e dalla Commissione».

7.

L’articolo 155 TFUE così recita:

«1.   Il dialogo fra le parti sociali a livello dell’Unione può condurre, se queste lo desiderano, a relazioni contrattuali, ivi compresi accordi.

2.   Gli accordi conclusi a livello dell’Unione sono attuati secondo le procedure e le prassi proprie delle parti sociali e degli Stati membri o, nell’ambito dei settori contemplati dall’articolo 153, e a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione. Il Parlamento europeo è informato.

Il Consiglio delibera all’unanimità allorché l’accordo in questione contiene una o più disposizioni relative ad uno dei settori per i quali è richiesta l’unanimità a norma dell’articolo 153, paragrafo 2».

II. Fatti

8.

I fatti all’origine della controversia sono stati illustrati dal Tribunale ai punti da 1 a 6 della sentenza impugnata e, ai fini del presente procedimento, possono essere sintetizzati come segue.

9.

Con un documento di consultazione del 10 aprile 2015 ( 7 ), la Commissione ha invitato le parti sociali, sul fondamento dell’articolo 154, paragrafo 2, TFUE, a pronunciarsi sul possibile orientamento di un’azione dell’Unione europea riguardante il consolidamento delle direttive in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori. Tale consultazione verteva segnatamente sull’eventuale estensione dell’ambito di applicazione di tali direttive ai funzionari e ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni degli Stati membri.

10.

Il 2 giugno 2015, le parti sociali membri del comitato per il dialogo sociale nelle amministrazioni centrali, ossia, da un lato, la TUNED e, dall’altro, l’EUPAE, hanno informato la Commissione, ai sensi dell’articolo 154, paragrafo 4, TFUE, della loro volontà di negoziare e di concludere un accordo sulla base dell’articolo 155, paragrafo 1, TFUE.

11.

Il 21 dicembre 2015, la TUNED e l’EUPAE hanno firmato un accordo intitolato «Quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione per i funzionari e [i] dipendenti delle amministrazioni centrali».

12.

Con lettera del 1o febbraio 2016, la TUNED e l’EUPAE hanno chiesto congiuntamente alla Commissione di presentare una proposta per l’attuazione dell’accordo in questione a livello dell’Unione attraverso una decisione del Consiglio adottata sul fondamento dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE.

13.

Il 5 marzo 2018, la Commissione ha informato la TUNED e gli EUPAE di aver deciso di non presentare al Consiglio una proposta di decisione di attuazione dell’accordo in questione a livello dell’Unione.

14.

Nella decisione controversa, la Commissione ha sostanzialmente indicato, anzitutto, che le amministrazioni centrali erano soggette all’autorità dei governi degli Stati membri, che esse esercitavano prerogative di pubblica autorità e che la loro struttura, la loro organizzazione e il loro funzionamento rientravano integralmente nella competenza degli Stati membri. Inoltre, la Commissione ha rilevato che talune disposizioni che garantiscono un certo grado di informazione e di consultazione dei funzionari e dei dipendenti di tali amministrazioni esistevano già in numerosi Stati membri. Infine, la Commissione ha constatato che l’importanza di dette amministrazioni dipendeva dal grado di centralizzazione o di decentramento degli Stati membri, di modo che, in caso di attuazione dell’accordo in questione in base ad una decisione del Consiglio, il livello di tutela dei funzionari e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sarebbe variato in maniera significativa a seconda degli Stati membri.

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15.

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2018, i ricorrenti in primo grado hanno proposto un ricorso inteso all’annullamento della decisione controversa.

16.

A sostegno di tale ricorso, i ricorrenti in primo grado hanno invocato, in sostanza, due motivi vertenti, rispettivamente, su un errore di diritto quanto alla portata dei poteri della Commissione e sul carattere insufficiente e manifestamente erroneo della motivazione della decisione controversa.

17.

La Commissione ha chiesto il rigetto del ricorso.

18.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso in toto e ha condannato ogni parte a sopportare le proprie spese.

19.

Dopo aver esaminato, ai punti da 19 a 36 della sentenza impugnata, l’impugnabilità, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, della decisione controversa e considerato che il ricorso diretto avverso tale decisione fosse ricevibile a tale titolo, il Tribunale ha rilevato, ai punti da 37 a 40 di tale sentenza, che uno dei ricorrenti aveva la legittimazione ad agire, cosicché non occorreva esaminare tale condizione in relazione all’altro ricorrente.

20.

Per quanto attiene all’esame nel merito del ricorso, il Tribunale ha respinto il primo motivo dei ricorrenti, effettuando segnatamente, ai punti da 49 a 90 della sentenza impugnata, un’interpretazione letterale. sistematica e teleologica dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE ed esaminando, ai punti da 91 a 102 di tale sentenza, le norme, i principi e gli obiettivi dell’Unione invocati dai ricorrenti a sostegno della loro interpretazione di tale disposizione. Esso ha concluso, al punto 104 di detta sentenza, che, rifiutando di presentare al Consiglio una proposta di decisione di attuazione dell’accordo in questione, la Commissione non aveva commesso un errore di diritto quanto alla portata dei suoi poteri.

21.

Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, il Tribunale ha esaminato, ai punti da 108 a 140 della sentenza impugnata, il rispetto, da parte della Commissione, dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE nella decisione controversa e la fondatezza della motivazione figurante in tale decisione. Dopo aver stabilito che la decisione controversa doveva essere oggetto di un controllo limitato, il Tribunale ha ritenuto che essa soddisfacesse l’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE, per quanto riguarda sia la sufficienza dei motivi sia la loro fondatezza.

22.

Il Tribunale ha, pertanto, respinto il ricorso in toto.

IV. Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

23.

Con atto del 2 marzo 2020, il sig. Goudriaan ha segnalato alla Corte di non essere parte nell’impugnazione dinanzi alla Corte.

24.

Con la sua impugnazione, l’EPSU chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la decisione controversa, e

condannare la Commissione alle spese.

25.

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare l’EPSU alle spese.

26.

L’EPSU e la Commissione hanno svolto le loro difese orali all’udienza del 26 ottobre 2020.

V. Analisi giuridica

27.

La presente impugnazione dinanzi alla Corte consta di quattro motivi distinti.

28.

Con il primo motivo, l’EPSU fa valere che le direttive adottate mediante una decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE hanno natura legislativa ( 8 ). Con il secondo motivo, l’EPSU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto allorché ha interpretato gli articoli 154 e 155 TFUE ( 9 ). Il terzo motivo verte su un errore di diritto nella valutazione del grado del sindacato giurisdizionale esercitato dal Tribunale ( 10 ). Con il quarto motivo, l’EPSU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore nel confermare la legittimità della motivazione figurante nella decisione controversa ( 11 ).

29.

Propongo, in un primo tempo, di analizzare congiuntamente il primo e il secondo motivo, i quali sono intrinsecamente connessi e vertono, in sostanza, sull’asserita erronea interpretazione degli articoli 154 e 155 TFUE. In un secondo tempo, occorre esaminare il terzo e il quarto motivo nell’ordine in cui sono stati presentati.

A. Sul primo e sul secondo motivo, vertenti sull’interpretazione erronea degli articoli 154 e 155 TFUE

1.   Linea argomentativa delle parti

30.

In primo luogo, l’EPSU contesta al Tribunale di avere indebitamente respinto il suo primo motivo, nei limiti in cui esso avrebbe erroneamente ritenuto che le direttive adottate con decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE abbiano natura non legislativa ( 12 ).

31.

A tal riguardo, anzitutto, l’EPSU fa valere che le conseguenze delle direttive adottate con decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE non sono diverse da quelle delle direttive adottate ai sensi dell’articolo 153 TFUE. Inoltre, il Tribunale si sarebbe fondato, erroneamente, sugli aspetti procedurali e sulla qualificazione dell’atto adottato ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, invece di porre l’accento sui suoi effetti sostanziali ( 13 ). Infine, l’EPSU fa valere che la procedura prevista a tale disposizione costituisce una procedura legislativa speciale ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 2, TFUE. A tale titolo, il riferimento alla sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio ( 14 ) non sarebbe pertinente e non può privare della loro natura essenzialmente legislativa le misure adottate ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE.

32.

In secondo luogo, l’EPSU sostiene che l’interpretazione degli articoli 154 e 155 TFUE effettuata dal Tribunale è erronea in diritto, per quanto riguarda, segnatamente, i poteri devoluti alla Commissione nel procedimento relativo all’attuazione degli accordi conclusi dalle parti sociali a livello dell’Unione in applicazione dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE.

33.

Da un lato, per quanto riguarda l’interpretazione letterale, l’EPSU sostiene che i termini «intervient», nella versione in lingua francese, e «shall be implemented», nella versione in lingua inglese, figuranti all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, sono imperativi, non lasciando alcun potere discrezionale alla Commissione per quanto riguarda la scelta di proporre al Consiglio l’accordo di cui a tale disposizione. Ne discenderebbe che il Tribunale avrebbe commesso un errore nella sua interpretazione della natura delle attribuzioni della Commissione ( 15 ). Secondo l’EPSU, incombe alla Commissione, al termine dei controlli della legittimità dell’accordo e della rappresentatività delle parti sociali che hanno negoziato tale accordo, proporlo al Consiglio.

34.

Dall’altro, per quanto riguarda l’interpretazione sistematica e teleologica degli articoli 154 e 155 TFUE ( 16 ), quando la Commissione riceve una richiesta congiunta relativa all’attuazione di un accordo ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, spetterebbe alla stessa presentare al Consiglio una proposta e a quest’ultimo decidere se occorra adottare l’accordo in questione. Nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe ampliato il ruolo della Commissione a scapito del ruolo delle parti sociali e di quello del Consiglio. Così facendo, esso avrebbe effettuato un’erronea applicazione della sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione ( 17 ), da cui risulterebbe che esistono casi nei quali la Commissione è tenuta, in forza del diritto dell’Unione, a presentare un proposta di atto legislativo.

35.

L’EPSU ritiene che il Tribunale abbia parimenti commesso un errore di diritto quando ha tenuto conto dell’articolo 17, paragrafi 1 e 2, TUE ( 18 ). Tale disposizione non potrebbe rafforzare i poteri della Commissione qualora il Trattato UE o il Trattato FUE li abbia specificamente limitati, il che avverrebbe segnatamente nel caso degli articoli 154 e 155 TFUE. In subordine, l’EPSU sostiene che, ammesso che gli atti adottati in forza dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE non siano atti legislativi, l’articolo 17, paragrafo 2, TUE non sarebbe applicabile, cosicché il Tribunale ha commesso un errore ( 19 ) nel concludere che la seconda frase di tale disposizione rafforzava i poteri della Commissione.

36.

Il Tribunale avrebbe parimenti descritto in maniera erronea il funzionamento delle procedure di cui agli articoli 154 e 155 TFUE ( 20 ). A tal riguardo, l’EPSU rileva, anzitutto, che la procedura di consultazione è avviata dalla Commissione nell’esercizio del suo diritto di iniziativa. Inoltre, contrariamente a quanto indicato dalla sentenza impugnata, tale istituzione non riprende il controllo della procedura al fine di verificare la fondatezza dell’accordo negoziato dalle parti sociali. Infine, il Tribunale avrebbe omesso di sottolineare che la durata del processo è limitata a nove mesi.

37.

Inoltre, l’EPSU addebita al Tribunale di avere effettuato un’erronea applicazione della sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio ( 21 ), dalla quale risulta che i poteri della Commissione sono limitati al controllo della rappresentatività o della legittimità, mentre che il controllo dell’opportunità non è menzionato in tale sentenza. Ne discenderebbe che la Commissione non disporrebbe di alcun potere «politico» discrezionale ( 22 ). Il Tribunale, al punto 76 della sentenza impugnata, avrebbe snaturato la linea argomentativa dell’EPSU. Infine, da tale sentenza risulterebbe che il ruolo e i poteri del Parlamento sarebbero diversi e complementari a quelli delle parti sociali ( 23 ).

38.

La Commissione conclude nel senso che il primo motivo è inoperante e, in ogni caso, così come il secondo motivo, infondato.

2.   Valutazione

39.

Il primo e il secondo motivo vertono, in sostanza, su errori di diritto che il Tribunale avrebbe commesso nella sua interpretazione degli articoli 154 e 155 TFUE, in particolare per quanto attiene al ruolo della Commissione nell’ambito della procedura di cui all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE.

a)   Sull’asserito carattere inoperante del primo motivo

40.

La Commissione ritiene che l’EPSU non spieghi le ragioni per le quali l’asserita erronea qualificazione degli atti giuridici adottati ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE avrebbe svolto un ruolo determinante nel rigetto del primo motivo di ricorso da essa presentato dinanzi al Tribunale e, di conseguenza, avrebbe influito sul rigetto di tale ricorso.

41.

La questione centrale nella presente causa è se il Tribunale abbia correttamente confermato la decisione con cui la Commissione rifiuta di presentare al Consiglio una proposta di attuazione dell’accordo concluso fra le parti sociali. Dal momento che si tratta di una decisione di rifiuto e che nessuna proposta in tal senso è stata presentata al Consiglio, i dubbi espressi dalla Commissione in merito alla necessità di determinare il tipo di atto che sarebbe dovuto risultare dalla procedura ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE sembrano, a prima vista, fondati, fermo restando che una siffatta questione riveste un carattere ipotetico alla luce delle presenti circostanze.

42.

Tuttavia, si deve ammettere che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato le caratteristiche della procedura di cui all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE e la natura delle misure adottate dal Consiglio. Infatti, il Tribunale ha avviato un siffatto esame nella parte della sentenza relativa all’interpretazione sistematica di tale disposizione ( 24 ). Secondo una giurisprudenza costante, le censure mosse in merito a una motivazione sovrabbondante di una sentenza del Tribunale non possono comportare l’annullamento della pronuncia e sono, quindi, inoperanti ( 25 ). Orbene, nella specie, il Tribunale si è basato su tale parte per pervenire alla sua conclusione concernente il ruolo della Commissione in forza di tale disposizione.

43.

Per queste ragioni, e in applicazione del principio in dubio pro actione ( 26 ), reputo necessario procedere ad un esame nel merito del primo motivo di impugnazione sollevato dall’EPSU, il quale deve essere analizzato congiuntamente al secondo motivo, poiché questi due motivi sono strettamente connessi.

b)   Nel merito

44.

Quando le parti sociali vengono consultate dalla Commissione, esse possono segnalare a quest’ultima la loro volontà di concludere fra loro un accordo a livello dell’Unione, in conformità alla procedura prevista all’articolo 155 TFUE, in uno o più settori di cui all’articolo 153 TFUE. Per quanto attiene all’attuazione di tale accordo a livello dell’Unione, essa ha luogo, in conformità all’articolo 155, paragrafo 2, primo comma, TFUE, a richiesta congiunta delle parti, su proposta della Commissione e in base ad una decisione del Consiglio. Nella presente causa, è pacifico che l’accordo in questione rientri nel settore previsto all’articolo 153, paragrafo 1, lettera e), TFUE e che esso possa, in linea di principio, essere attuato a livello dell’Unione. La controversia verte sulla questione se la proposta fatta dalla Commissione al Consiglio, ai sensi di tale disposizione, sia un atto discrezionale, e su quale sia l’eventuale portata di tale margine di discrezionalità. L’EPSU ritiene che, qualora la Commissione sia chiamata a decidere se presentare o meno una proposta al Consiglio, essa possa controllare unicamente la legittimità dell’accordo concluso dalle parti sociali e la loro rappresentatività. La Commissione, per contro, ritiene di essere competente, oltre che a procedere ai due summenzionati controlli, a pronunciarsi sull’opportunità dell’attuazione dell’accordo a livello dell’Unione.

45.

In tal senso, l’oggetto principale della presente causa verte sulla questione se, in assenza di elementi che rimettano in discussione la legittimità dell’accordo concluso fra le parti sociali e la rappresentatività delle parti firmatarie di tale accordo, la Commissione sia vincolata dalla loro richiesta congiunta e, dunque, sia obbligata a proporre al Consiglio l’attuazione di tale accordo a livello dell’Unione. Al fine di rispondere a tale questione, occorre tener conto, secondo una giurisprudenza costante della Corte, come ricordato dal Tribunale nella sentenza impugnata ( 27 ), non solo dei termini dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, ma anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti da tale disposizione ( 28 ). Ciò detto e come ho rilevato al paragrafo 41 delle presenti conclusioni, procedendo ad un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica di tale disposizione al fine di determinare la portata dei poteri della Commissione e della natura dell’atto adottato in forza di questa stessa disposizione, incomberà alla Corte stabilire se l’interpretazione adottata dal Tribunale sia viziata da un errore.

1) Interpretazione letterale

46.

L’EPSU ritiene, in sostanza, che l’impiego dell’espressione in lingua inglese «shall be implemented» figurante all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE equivalga ad imporre alla Commissione un obbligo, non lasciandole alcun potere discrezionale per decidere in merito all’opportunità di proporre o meno al Consiglio un testo approvato dalle parti sociali.

47.

A mio avviso, tale argomentazione non può essere accolta sotto il profilo letterale per le ragioni illustrate nel prosieguo.

48.

A tal riguardo, occorre rammentare che, secondo una prassi redazionale legislativa comunemente ammessa, le formulazioni giuridiche sono generalmente redatte all’indicativo, a meno che l’obiettivo perseguito dalla norma interessata non esiga l’utilizzazione di un altro modo verbale. Poiché l’utilizzazione dell’indicativo nelle formulazioni giuridiche è la regola, non può desumersi dal mero impiego di tale modo che il verbo in questione esprima un obbligo o un imperativo ( 29 ) nei confronti dei destinatari della norma di cui trattasi ( 30 ). Mi sembra che lo stesso valga per quanto riguarda il testo dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE. Per questi motivi, l’espressione da interpretare deve essere esaminata tenendo conto della disposizione in cui essa figura.

49.

A tal fine, dal testo dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE risulta che gli accordi conclusi a livello dell’Unione sono attuati secondo le procedure e le prassi proprie delle parti sociali e degli Stati membri o, nell’ambito dei settori contemplati dall’articolo 153 TFUE ( 31 ), e a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base a una decisione del Consiglio su proposta della Commissione. I termini «intervient», nella versione in lingua francese, e «shall be implemented», nella versione in lingua inglese, figuranti in tale disposizione, si riferiscono alle due ipotesi contemplate a tale paragrafo 2 e costituiscono, come rilevato dal Tribunale ai punti 58 e 59 della sentenza impugnata, una formulazione destinata ad esprimere la natura esclusiva delle due procedure in parola ai fini dell’attuazione dell’accordo, ossia o a livello nazionale o a livello dell’Unione. Mi sembra che le altre versioni linguistiche ( 32 ) siano ancora più chiare quanto al fatto che l’articolo 155, paragrafo 2, TFUE descriva, in maniera esaustiva, le due opzioni che possono essere scelte per l’attuazione dell’accordo concluso fra le parti sociali. Ne consegue che il diritto dell’Unione non conosce un’attuazione degli accordi conclusi dalle parti sociale diversa dalle due summenzionate opzioni.

50.

Inoltre, ritengo che il Tribunale abbia correttamente rilevato, al punto 62 della sentenza impugnata, che i termini «intervient», nella versione in lingua francese, e «shall be implemented», nella versione in lingua inglese, si riferiscono sia alla «decisione del Consiglio» sia alla «proposta della Commissione». Dalla struttura grammaticale dell’articolo 155, paragrafo 2, prima frase, TFUE risulta che non è possibile interpretare tale disposizione nel senso che essa comporta, simultaneamente, da un lato, l’obbligo per la Commissione di proporre l’attuazione dell’accordo concluso fra le parti sociali, e, dall’altro, il potere discrezionale del Consiglio di decidere di adottare o meno una decisione di attuazione di tale accordo. L’interpretazione contraria, ossia quella secondo la quale il Consiglio sarebbe obbligato ad attuare un accordo delle parti sociali e ad adottare la decisione in questione, svuoterebbe di significato, a mio avviso, il secondo comma di tale paragrafo, che disciplina il voto in seno al Consiglio ( 33 ).

51.

Sarebbe impossibile, di conseguenza, interpretare i termini dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE nel senso che tale disposizione rende obbligatoria per la Commissione la proposta al Consiglio dell’accordo negoziato dalle parti sociali. Occorre rilevare, inoltre, che l’espressione «su proposta della Commissione» figurante all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE precisa esplicitamente che la Commissione propone l’accordo in questione al Consiglio, fermo restando che la proposta è, a mio avviso, un atto discrezionale che dà avvio alla procedura in questione, senza la quale il Consiglio non può agire in applicazione di tale disposizione ( 34 ). La possibilità per la Commissione di non proporre al Consiglio l’attuazione dell’accordo fra le parti sociali non è contestata, in sostanza, dall’EPSU. Infatti, quest’ultima ha ammesso, tanto nella sua impugnazione quanto in udienza, che tale istituzione è competente a effettuare un controllo della legittimità dell’accordo concluso dalle parti sociali e della rappresentatività di queste ultime, fermo restando che questi due controlli possono sfociare in un rifiuto della Commissione di presentare al Consiglio una proposta ai fini dell’adozione di una decisione da parte del medesimo. Inoltre, l’EPSU ritiene che una siffatta possibilità sia accompagnata da condizioni che non sono previste in maniera univoca da tale disposizione. Ritengo, dunque, che la lettura che l’EPSU fa dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, la quale sembra fondarsi su una lettura erronea della sentenza del Tribunale del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio, T‑135/96 ( 35 ), per le ragioni che verranno illustrate ai paragrafi da 59 a 72 delle presenti conclusioni, sia manifestamente incoerente e contraria al testo di tale disposizione. Per i suesposti motivi, ritengo che la possibilità per la Commissione, prevista all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, di proporre o meno al Consiglio l’attuazione di un accordo concluso fra le parti sociali non possa che essere un atto discrezionale che comporta una valutazione prospettica dell’opportunità di tutti i relativi aspetti.

52.

Per completezza, osservo che l’articolo 155, paragrafo 2, TFUE impiega il termine «decisione», senza fornire ulteriori precisazioni sulla qualificazione di tale atto adottato dal Consiglio ( 36 ). Anche se tale termine può teoricamente essere inteso stricto sensu o lato sensu, fermo restando che nel primo caso rimanda alla definizione figurante all’articolo 288 TFUE ( 37 ), ai sensi del quale la «decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi» e, «[s]e designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi», e nel secondo caso comprende ogni atto che produce effetti giuridici ( 38 ), è comunemente ammesso, in dottrina, che si tratta, nella specie, di decisioni sui generis munite di un effetto vincolante erga omnes ( 39 ) e che vincolano gli Stati membri quanto ai risultati da realizzare ( 40 ). Nella prassi istituzionale, gli accordi conclusi dalle parti sociali e adottati dal Consiglio a livello dell’Unione hanno assunto la forma di direttive che attuano l’accordo concluso dalle parti sociali ( 41 ).

53.

Di conseguenza, dall’interpretazione letterale dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE risulta che l’approccio sostenuto dall’EPSU eccederebbe i limiti grammaticali posti da tale disposizione.

2) La genesi della procedura prevista all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE

54.

L’approccio sostenuto dall’EPSU è, a mio avviso, incompatibile con la genesi del dialogo sociale a livello dell’Unione, fermo restando che tale dialogo è stato sviluppato, fin dalle sue origini, da un lato, in maniera autonoma rispetto agli ordinamenti giuridici degli Stati membri ( 42 ) e, dall’altro, sotto l’egida della Commissione ( 43 ).

55.

Anzitutto, l’Atto unico europeo ( 44 ), il quale ha aggiunto l’articolo 118 B nel Trattato CEE, prevedeva: «La Commissione si sforza di sviluppare a livello europeo un dialogo tra le parti sociali, il quale possa sfociare, se esse lo ritengono opportuno, in relazioni convenzionali». In tal modo, l’Atto unico europeo ha conferito, segnatamente, alla Commissione, il compito di sviluppare e di promuovere il dialogo sociale a livello comunitario. Nella prassi, all’epoca, il ruolo della Commissione andava ampiamente oltre quello di semplice arbitro o di mediatore ( 45 ), poiché le parti sociali agivano sotto la sua guida.

56.

Inoltre, gli articoli 154 e 155 TFUE traggono la loro origine dagli articoli 3 e 4 dell’accordo sulla politica sociale ( 46 ), integrato nel diritto comunitario con il protocollo n. 14 sulla politica sociale allegato al Trattato di Maastricht (in prosieguo: l’«accordo sulla politica sociale») ( 47 ), il quale trae a sua volta origine dall’accordo sulla politica sociale concluso fra le parti sociali ( 48 ). I capi di Stato e di governo, riuniti alla Conferenza intergovernativa di Maastricht nel dicembre del 1991, al momento dell’adozione dell’accordo sulla politica sociale, hanno soppresso il passaggio ivi figurante che precisava che gli accordi fra le parti sociali dovevano essere attuati «tels qu’ils ont été conclus» [«come sono stati conclusi»] ( 49 ). Tale soppressione è indice del fatto, a mio avviso, che i capi di Stato e di governo hanno voluto, sin dall’inizio, che le istituzioni esercitassero un sindacato sul contenuto dell’accordo negoziato dalle parti sociali e attuato a livello dell’Unione.

57.

Infine, la funzione di iniziatrice della Commissione in materia di dialogo sociale discende implicitamente dalle comunicazioni che tale istituzione ha pubblicato, relative, segnatamente, all’applicazione delle summenzionate disposizioni ( 50 ). Infatti, sin dall’inizio, il dialogo sociale non era semplicemente una mera negoziazione collettiva, ma era intrinsecamente connesso all’impulso della Commissione ( 51 ).

58.

In sintesi, tanto la genesi degli articoli 154 e 155 TFUE quanto le comunicazioni pubblicate dalla Commissione indicano che il suo ruolo nell’attuazione degli accordi conclusi fra le parti sociali non può essere ridotto alla mera qualità di emissario incaricato di presentare gli accordi al Consiglio per la loro adozione, senza disporre di alcuna competenza a valutare l’opportunità della loro attuazione a livello dell’Unione.

3) L’interpretazione sistematica

i) L’interpretazione dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE in combinato disposto con le disposizioni di cui agli articoli 154 e 155 TFUE

59.

Gli articoli 154 e 155 TFUE, considerati nel loro insieme, costituiscono basi giuridiche specifiche ai fini dell’avvio e dell’adozione delle azioni dell’Unione nel settore della politica sociale. A differenza degli altri settori previsti dai Trattati, l’attuazione di tale settore a livello dell’Unione esige e favorisce un dialogo permanente fra la Commissione, da un lato, e le parti sociali, dall’altro. A tal fine, l’articolo 154 TFUE prevede, in particolare, un meccanismo di consultazione di queste ultime, il quale ha segnatamente come corollario il riconoscimento del ruolo e dell’indipendenza delle parti sociali per quanto riguarda l’adozione della misura appropriata.

60.

Per quanto riguarda la consultazione, l’articolo 154, paragrafo 2, TFUE prevede che la Commissione sia tenuta, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, a consultare le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione dell’Unione. Quindi, ai sensi dell’articolo 154, paragrafo 3, TFUE, se la Commissione, al termine di questa prima consultazione, ritiene opportuna un’azione dell’Unione europea, essa deve consultare nuovamente le parti sociali sul contenuto della proposta prevista ( 52 ).

61.

Occorre sottolineare che questa prima consultazione prevista all’articolo 154, paragrafo 2, TFUE riveste carattere generale e non pregiudica la successiva decisione della Commissione di presentare o meno una proposta specifica nel settore della politica sociale. In tal senso, tale consultazione delle parti sociali non incide affatto sul potere di valutazione della Commissione allorché si tratta di presentare al Consiglio proposte di atti giuridici da adottare. Infatti, ai sensi dell’articolo 154, paragrafo 3, TFUE, la Commissione è tenuta ad avviare la seconda consultazione delle parti sociali solo se essa «ritiene opportuna un’azione dell’Unione».

62.

Per contro, se il processo di riflessione della Commissione sfocia nella conclusione che un’azione dell’Unione non sia opportuna, sia dal paragrafo 2 sia dal paragrafo 3 dell’articolo 154 TFUE discende che la consultazione svolta fino a quel momento con le parti sociali resta inoperante ai fini di un’eventuale azione.

63.

Questi due tipi di consultazione possono portare, ai sensi dell’articolo 154, paragrafo 4, TFUE, a trasferire il compito di elaborare il contenuto materiale delle misure interessate alle parti sociali ( 53 ). Negoziata fra le parti sociali, protagoniste del dialogo sociale, una siffatta elaborazione viene effettuata in maniera autonoma rispetto alle istituzioni dell’Unione. Tale disposizione prevede, infatti, che le parti sociali possano informare la Commissione della loro volontà di avviare negoziazioni, il che potrebbe dar luogo alla conclusione di un accordo fra loro, ma non necessariamente. Durante tali negoziazioni, le parti sociali svestono il loro ruolo consultivo per svolgere un ruolo attivo nell’adozione di misure di politica sociale, mentre la Commissione si ritira temporaneamente da tale ruolo a vantaggio delle parti sociali. Al fine di evitare che l’iniziativa presa da queste ultime conduca ad una paralisi generale nel settore oggetto delle negoziazioni, ad esempio a causa del fatto che esse si trascinano nel tempo oppure del fatto che le parti sociali non pervengono ad un accordo entro un termine ragionevole, mentre per agire nel settore in questione è necessaria un’azione, l’articolo 154, paragrafo 4, TFUE dispone che il processo di negoziazione non superi, in linea di principio, nove mesi ( 54 ). Benché tale disposizione non lo precisi esplicitamente, ne discende che, alla scadenza di tale termine, la Commissione recupera il potere di controllo dell’intero processo, incluso il potere di elaborare essa stessa le proposte pertinenti nel settore della politica sociale interessato.

64.

Gli articoli 154 e 155 TFUE disciplinano in tal senso aspetti diversi di uno stesso processo decisionale destinato all’elaborazione di misure di politica sociale, come mostra il riferimento alla seconda disposizione contenuto nella prima. Benché, formalmente, queste due disposizioni costituiscano due basi giuridiche distinte, poiché esse possono dar luogo all’adozione di una stessa misura, ritengo che occorra esaminarle congiuntamente. Dal combinato di tali disposizioni risulta che, malgrado le summenzionate peculiarità, esse non hanno come effetto di privare la Commissione del suo ruolo «classico» in materia di politica sociale, il quale si traduce, segnatamente, nell’esercizio del suo potere di iniziativa tramite proposte avanzate per promuovere l’interesse generale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE.

65.

Dalla lettura combinata degli articoli 154 e 155 TFUE risulta che i procedimenti previsti in tali disposizioni si svolgono sotto l’egida della Commissione, ad eccezione della fase delle trattative, durante la quale l’intervento della Commissione è sospeso. Come indicato correttamente dal Tribunale ( 55 ), il fatto che, ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, il Consiglio agisca «su proposta» della Commissione implica che, mentre la negoziazione e la conclusione dell’accordo riguardano esclusivamente le parti sociali interessate, la Commissione riprende il controllo del procedimento allorché esse chiedono congiuntamente l’attuazione dell’accordo a livello dell’Unione, e spetta alla Commissione valutare se presentare o meno al Consiglio una proposta ( 56 ). Contrariamente a quanto sembra sostenere l’EPSU nella sua impugnazione, il potere della Commissione di avviare consultazioni con le parti sociali ai sensi dell’articolo 154 TFUE non può essere assimilato al suo potere di adottare proposte per assicurare l’attuazione di un accordo concluso fra le parti sociali ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE.

66.

Ritengo che l’approccio dell’EPSU, secondo il quale la Commissione, allorché è chiamata a stabilire, ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, se occorra proporre l’attuazione, a livello dell’Unione, di un accordo concluso fra le parti sociali, può effettuare unicamente un controllo della legittimità di tale accordo e della rappresentatività delle parti sociali, si basi, come ho già sottolineato nell’ambito delle presenti conclusioni ( 57 ), su una lettura erronea della sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio ( 58 ). Anzitutto, occorre osservare che gli elementi fattuali di tale causa erano notevolmente diversi da quelli esposti alla Corte nell’ambito della presente causa. Infatti, da tale sentenza emerge che, diversamente che nella presente causa, la Commissione aveva proposto al Consiglio l’attuazione a livello dell’Unione dell’accordo quadro sul congedo parentale concluso fra organizzazioni intercategoriali a carattere generale ( 59 ). È peraltro sulla base di tale proposta che il Consiglio ha adottato la direttiva 96/34/CE ( 60 ), oggetto di un ricorso di annullamento sfociato nella detta sentenza ( 61 ). L’Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese, ricorrente, ha fatto valere che essa disponeva di diritti particolari nell’ambito dei meccanismi procedurali istituiti dall’accordo sulla politica sociale, fra cui, segnatamente, un diritto generale a partecipare alla fase di trattativa del secondo procedimento e un diritto particolare a partecipare al negoziato dell’accordo quadro, diritti che essa reputava essere stati violati nell’ambito della procedura di conclusione dell’accordo quadro che aveva preceduto l’adozione di tale direttiva. È in tale contesto e, più precisamente, nell’ambito della valutazione della ricevibilità del ricorso, che il Tribunale ha rilevato che l’eventuale violazione dei diritti della ricorrente in quanto persona che non ha partecipato alla conclusione dell’accordo quadro controverso e, pertanto, del suo diritto di chiedere l’annullamento di una direttiva che presenta le caratteristiche di un atto di portata generale, poteva essere riconosciuta solo se la Commissione e il Consiglio non avessero adempiuto ai loro obblighi di controllo del procedimento di adozione di un atto di diritto derivato da parte delle parti sociali interessate ( 62 ).

67.

Nella sua sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio ( 63 ), il Tribunale ha dichiarato irricevibile il ricorso, ritenendo che la Commissione e il Consiglio avessero correttamente considerato che la rappresentatività cumulativa dei firmatari dell’accordo quadro era sufficiente, alla luce del contenuto di quest’ultimo, per attuarlo a livello comunitario per mezzo di un atto del Consiglio, e che la ricorrente non era dunque riuscita a dimostrare che aveva diritto di esigere dal Consiglio che impedisse tale attuazione ( 64 ). La causa sfociata in tale sentenza non fornisce alcuna base che faccia supporre che la competenza della Commissione a proporre al Consiglio l’attuazione di un accordo concluso fra le parti sociali sia limitata al mero controllo della legittimità dell’accordo e della rappresentatività delle parti sociali. Al contrario, dall’esame dell’analisi del Tribunale relativa alle disposizioni divenute gli attuali articoli 154 e 155 TFUE ( 65 ) emerge che incombe alla Commissione, quando riceve una richiesta congiunta delle parti sociali di attuazione a livello dell’Unione di un accordo da esse concluso, procedere ad una valutazione globale della rappresentatività democratica di tale accordo, fermo restando che l’intervento della Commissione deve essere conforme ai principi che reggono la sua azione nel settore della politica sociale ( 66 ). Risulta da tale sentenza che, contrariamente a quanto sostenuto dall’EPSU, fra tutte le questioni che la Commissione è chiamata a valutare per stabilire se occorra proporre al Consiglio l’attuazione di un accordo concluso dalle parti sociali a livello dell’Unione, la legittimità dell’accordo e la rappresentatività delle parti sociali ne costituiscono solo una parte. Non si può tuttavia desumere dalla necessità di questi due controlli che la Commissione sia privata della possibilità di esaminare altre questioni relative all’opportunità dell’attuazione di tale accordo. Dal momento che l’accordo sulla politica sociale ( 67 ), il quale è stato oggetto dell’interpretazione nella causa sfociata in tale sentenza, viene ripreso pressoché alla lettera dagli attuali articoli 154 e 155 TFUE, l’interpretazione sistematica effettuata in tale sentenza dal Tribunale resta ad oggi rilevante e rafforza l’interpretazione sistematica proposta nell’ambito delle presenti conclusioni.

ii) L’interpretazione dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE in combinato disposto con l’articolo 17 TUE

68.

Dall’interpretazione sistematica dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con altre disposizioni dei Trattati relative all’architettura istituzionale dell’Unione, risulta che una domanda formulata dalle parti sociali diretta ad attuare, a livello dell’Unione, l’accordo che esse hanno concluso, non può obbligare la Commissione a proporlo al Consiglio.

69.

Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, la Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Infatti, al fine di assicurare la realizzazione dell’interesse generale dell’Unione e di vigilare affinché l’azione dell’Unione non sia subordinata ad interessi terzi, l’articolo 17, paragrafo 3, terzo comma, TUE dispone che la Commissione esercita le sue responsabilità in piena indipendenza e che i suoi membri non accettano istruzioni da alcun governo o istituzione. In tal senso, spetta alla Commissione definire, in piena autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, quali proposte vadano nel senso dell’interesse generale dell’Unione ( 68 ).

70.

Al fine di realizzare gli obiettivi dell’Unione, come definiti dai Trattati, l’articolo 17, paragrafo 2, TUE, prevede, alla prima e alla seconda frase, che un atto legislativo dell’Unione possa essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i Trattati non dispongano diversamente, e che gli altri atti sono adottati su proposta della Commissione se i Trattati lo prevedono.

71.

Dalle disposizioni di cui all’articolo 17 TUE risulta che i Trattati conferiscono alla Commissione un potere di iniziativa specifico, il quale è all’origine delle procedure di adozione tanto degli atti legislativi quanto di altri tipi di atti, atti la cui adozione può essere proposta solo dalla Commissione. Di conseguenza, come già rilevato dalla Corte in relazione al potere di iniziativa legislativa riconosciuto dall’articolo 17, paragrafo 2, TUE e dall’articolo 289 TFUE, tale potere implica che spetta alla Commissione, in linea di principio, decidere di presentare, oppure no, una proposta di atto legislativo, e, se del caso, determinarne l’oggetto, la finalità e il contenuto ( 69 ). Tale ampio potere discrezionale conferito alla Commissione per l’esercizio del suo potere di adottare proposte è corroborato dalla giurisprudenza della Corte sull’equilibrio istituzionale, secondo la quale, poiché i Trattati attribuiscono alla Commissione una prerogativa costituzionale che le conferisce il potere di valutare in piena indipendenza l’opportunità di una proposta legislativa o della modifica di una proposta siffatta, nessun’altra istituzione può costringerla ad adottare un’iniziativa qualora quest’ultima non vi individui l’esistenza di un interesse dell’Unione ( 70 ).

72.

Ne consegue che il potere conferito alla Commissione di presentare proposte, vale a dire il suo potere di iniziativa, è direttamente e intrinsecamente connesso all’obbligo imposto a tale istituzione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, TUE, di promuovere l’interesse generale dell’Unione. L’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, disposizione al centro della presente causa, nella misura in cui prevede in maniera esplicita che la decisione del Consiglio è presa «su proposta della Commissione», costituisce dunque un’espressione specifica, nel settore della politica sociale, della norma generale prevista all’articolo 17, paragrafo 2, TUE. Nella specie, trattandosi dell’attuazione di un accordo concluso fra parti sociali, ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, è difficile trovare una ragione valida per sostenere che il potere di iniziativa dovrebbe avere una portata più limitata di quello normalmente conferito alla Commissione dal regime istituzionale generale. L’interpretazione restrittiva dei poteri della Commissione, come sostenuta dall’EPSU, è ancor meno giustificata se si considera che l’interesse generale dell’Unione è ben più ampio dell’interesse difeso dall’accordo negoziato dalle parti sociali, il quale costituisce unicamente un incontro di volontà ed ha effetto soltanto inter partes ( 71 ). Orbene, se gli accordi conclusi dalle parti sociali e adottati dal Consiglio a livello dell’Unione assumessero la forma di direttive che attuano l’accordo concluso dalle parti sociali ( 72 ), l’atto dell’Unione che ne risulterebbe avrebbe necessariamente effetti che non sarebbero più inter partes, bensì erga omnes, il che estenderebbe il suo ambito di applicazione personale ( 73 ), ragion per cui spetta alla Commissione vigilare affinché gli impegni presi dalle parti sociali corrispondano all’interesse generale dell’Unione. Tale interpretazione non è inficiata dalla censura sollevata dall’EPSU, secondo la quale il Tribunale avrebbe commesso, nella sentenza impugnata, un errore nella sua interpretazione sistematica per quanto attiene alla portata dei poteri della Commissione, in quanto esso ha ritenuto che le direttive adottate dal Consiglio ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE siano di natura non legislativa. L’oggetto della presente causa è una decisione della Commissione di non proporre al Consiglio l’attuazione di un accordo concluso fra le parti sociali, cosicché i motivi della sentenza impugnata relativi a talune caratteristiche del procedimento previsto da tale disposizione costituiscono piuttosto considerazioni di ordine generale intese a rafforzare l’interpretazione sistematica adottata dal Tribunale. Tuttavia, al Tribunale non può essere imputato un errore di diritto con riferimento a tali considerazioni. Infatti, come fatto valere correttamente dalla Commissione, l’articolo 155 TFUE non fa un riferimento esplicito alla procedura legislativa, né ordinaria né speciale, il che significa, secondo la giurisprudenza della Corte ( 74 ), che le misure adottate all’esito del procedimento previsto all’articolo 155, paragrafo 2, TFUE non costituiscono atti legislativi ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE. Orbene, una siffatta qualificazione non incide in alcun modo sul potere di iniziativa di cui la Commissione dispone ai fini dell’attuazione di accordi negoziati fra le parti sociali, dal momento che la portata di tale potere non varia a seconda che l’atto da adottare rivesta natura legislativa o meno.

4) Interpretazione teleologica

73.

Il dialogo sociale è riconosciuto, all’articolo 151 TFUE, come uno degli obiettivi dell’Unione ( 75 ). Esso «afferma il proprio ruolo centrale e originale nella governance democratica dell’Europa» ( 76 ). In tale contesto, l’articolo 152, primo comma, TFUE sancisce il principio dell’autonomia delle parti sociali, prevedendo che l’Unione «riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali», e che essa «facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia» ( 77 ). L’articolo 154, paragrafo 1, TFUE prevede che la Commissione «ha il compito di promuovere la consultazione delle parti sociali a livello dell’Unione» e che essa «prende ogni misura utile per facilitarne il dialogo provvedendo ad un sostegno equilibrato delle parti». Ne risulta che l’obiettivo del titolo X del Trattato FUE è segnatamente quello di promuovere il ruolo delle parti sociali e di facilitare il dialogo tra di esse, nel rispetto della loro autonomia.

74.

Più specificamente, tale autonomia implica che, durante la fase di negoziazione e conclusione di un accordo, la quale riguarda esclusivamente le parti sociali, queste ultime possano dialogare e agire liberamente, senza ricevere ordini o istruzioni da alcuno, in particolare dagli Stati membri o dalle istituzioni. A tal riguardo, si potrebbe sostenere che il principio di autonomia rimanda al rispetto, da parte delle istituzioni europee, della capacità delle parti sociali di negoziare e concludere, secondo la loro volontà, contratti collettivi, come risulta peraltro dall’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In tal senso, la procedura di negoziazione delle parti sociali svolta nell’ambito del dialogo sociale europeo può essere considerata un’espressione specifica di tale principio di autonomia.

75.

Tuttavia, l’autonomia delle parti sociali di negoziare un accordo non deve essere confusa con la procedura di attuazione degli accordi negoziati dalle parti sociali a livello dell’Unione, in relazione alla quale il Consiglio agisce su proposta dalla Commissione. Infatti, una volta che le parti sociali hanno liberamente negoziato e concluso un accordo e le parti firmatarie hanno chiesto congiuntamente l’attuazione di tale accordo a livello dell’Unione, la Commissione dispone nuovamente del diritto ad intervenire e riacquista il controllo della procedura ( 78 ). Infatti, come rilevato dal Tribunale al punto 89 della sentenza impugnata, l’articolo 155 TFUE si limita ad associare le parti sociali al processo di adozione di alcuni atti non legislativi, senza conferire loro alcun potere di adottare esse stesse atti che producono effetti giuridici obbligatori nei confronti dei terzi né quello di presentare direttamente al Consiglio una proposta di decisione che attui un accordo. Ne consegue, a mio avviso, che tale disposizione mira a promuovere il ruolo delle parti sociali e del dialogo fra queste ultime, senza conferire loro siffatti poteri.

76.

Tale approccio è peraltro corroborato, come rilevato dal Tribunale ai punti 82 e da 94 a 98 della sentenza impugnata, dal principio di democrazia, il quale, ai sensi dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, TUE, trova la sua espressione nella rappresentazione dei cittadini nel Parlamento e nel fatto che i membri del Consiglio europeo fanno parte di governi politicamente responsabili davanti ai loro rispettivi parlamenti nazionali. Infatti, se le parti sociali avessero il potere di obbligare la Commissione a presentare una proposta ai fini dell’attuazione dei loro accordi a livello dell’Unione, esse sarebbero in grado di esercitare un’influenza ben più grande sul contenuto degli atti giuridici adottati nel settore della politica sociale rispetto al Parlamento, il quale è semplicemente informato dell’attuazione degli accordi sulla base dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE ( 79 ). Respingendo la linea argomentativa dell’EPSU, il Tribunale ha dunque applicato correttamente il principio di democrazia come interpretato al punto 88 della sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio ( 80 ).

c)   Conclusione sul primo e sul secondo motivo

77.

Come esposto in precedenza, tutti i metodi di interpretazione conducono allo stesso risultato, ossia che una domanda delle parti sociali presentata in forza dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, intesa all’attuazione nel diritto dell’Unione degli accordi da esse conclusi a livello dell’Unione, non ha effetto vincolante per la Commissione.

78.

Pertanto, e contrariamente a quanto sostenuto dall’EPSU, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era tenuta a presentare l’accordo in questione al Consiglio affinché quest’ultimo lo attuasse con decisione, la quale rivestirebbe peraltro un carattere non legislativo.

79.

Propongo dunque alla Corte di respingere in toto il primo e il secondo motivo dell’EPSU.

B. Sul terzo motivo

1.   Linea argomentativa delle parti

80.

Con il terzo motivo, l’EPSU addebita, in sostanza, al Tribunale, di essere incorso in un errore di diritto per quanto riguarda l’intensità del suo sindacato giurisdizionale sulla decisione controversa ( 81 ).

81.

A tal riguardo, l’EPSU rileva che la decisione di proporre un accordo negoziato dalle parti sociali al Consiglio non riveste natura politica, ma essenzialmente giuridica. Pertanto, l’interpretazione del Tribunale secondo la quale la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale di natura politica sarebbe basata su un’interpretazione erronea delle disposizioni del Trattato, nonché della summenzionata sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio ( 82 ).

82.

Inoltre, l’EPSU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore ( 83 ) nello stabilire parallelismi con l’iniziativa dei cittadini europei. A suo avviso, la procedura prevista agli articoli 154 e 155 TFUE non assomiglia all’iniziativa dei cittadini, dal momento che, da un lato, quest’ultima non riguarda né un processo di negoziazione collettiva né l’esercizio di un diritto fondamentale tutelato dall’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali, e, dall’altro, le parti che avviano tale procedura non partecipano all’elaborazione del testo della proposta legislativa.

83.

La Commissione confuta le allegazioni dell’EPSU.

2.   Valutazione

84.

In sostanza, l’EPSU addebita al Tribunale di non avere applicato un sindacato giurisdizionale di livello adeguato sulla decisione della Commissione. Essa sostiene che il Tribunale, trincerandosi dietro il sindacato giurisdizionale limitato applicato alla decisione della Commissione, ha commesso un errore di diritto.

85.

A tal riguardo, il Tribunale, al punto 79 della sentenza impugnata, ha dichiarato che, quando la Commissione riceve una richiesta di attuazione, a livello dell’Unione, di un accordo concluso dalle parti sociali, essa deve segnatamente valutare l’opportunità, anche alla luce di considerazioni di ordine politico, economico e sociale, dell’eventuale attuazione di tale accordo a livello dell’Unione. Esso ha considerato, ai punti da 109 a 112 di tale sentenza, che ne discendeva che la Commissione disponeva di un ampio margine di discrezionalità, cosicché la sua decisione doveva essere oggetto di un sindacato giurisdizionale limitato.

86.

Il presente motivo solleva dunque la questione del grado di controllo al quale i giudici dell’Unione devono sottoporre una decisione della Commissione di non presentare una proposta intesa all’attuazione a livello dell’Unione di un accordo concluso da parti sociali. Tale questione è necessariamente connessa a quelle sollevate nel primo e nel secondo motivo di impugnazione, il cui esame ha confermato che la Commissione non è tenuta ad adottare una siffatta proposta e dispone di un ampio margine di discrezionalità quanto all’opportunità di presentare al Consiglio una simile proposta. Orbene, l’esistenza di un siffatto margine di discrezionalità fa sì che l’EPSU costruisca la sua linea argomentativa su una falsa premessa, dal momento che, a differenza del Tribunale, essa ha definito in maniera erronea le condizioni alle quali la Commissione può rifiutare la presentazione di una proposta al Consiglio. A mio avviso, gli argomenti addotti dall’EPSU non hanno rivelato errori di diritto nei passaggi della sentenza impugnata che ho appena citato.

87.

Secondo una giurisprudenza costante, allorché le istituzioni dell’Unione adottano misure in settori in cui esse godono di un ampio potere discrezionale e che implicano scelte aventi segnatamente natura politica e valutazioni complesse, il sindacato giurisdizionale si limita a verificare l’insussistenza di errori manifesti di valutazione ( 84 ), ( 85 ). Inoltre, la Corte ha precisato che l’intensità del sindacato di legittimità, in una situazione in cui il legislatore dell’Unione era stato chiamato ad effettuare valutazioni economiche complesse, doveva essere a maggior ragione ridotto in quanto «l’atto di cui trattasi [aveva] una portata generale» ( 86 ). Il carattere limitato del sindacato giurisdizionale costituisce dunque l’espressione del principio della separazione dei poteri, poiché l’autorità giudiziaria non può sostituirsi al legislatore adottando decisioni per le quali essa è priva di legittimazione.

88.

Benché la giurisprudenza citata al paragrafo precedente verta segnatamente sul sindacato giurisdizionale applicato agli atti legislativi, i principi ivi figuranti sono parimenti validi nel contesto della presente causa, poiché l’EPSU contesta alla Commissione di aver negato la presentazione di una proposta ai fini dell’adozione da parte del Consiglio, a livello dell’Unione, di un atto avente portata generale, come risulta dal paragrafo 72 delle presenti conclusioni. Pur se gli interessi espressi in un accordo concluso dalle parti sociali sono, senza dubbio, legittimi, non si deve perdere di vista il fatto che l’insieme degli elementi che la Commissione deve prendere in considerazione per promuovere gli interessi dell’Unione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, è ben più ampio. Non posso che condividere il punto di vista del Tribunale secondo il quale l’attuazione di un siffatto accordo tramite l’adozione di un atto di portata generale impone alla Commissione l’obbligo di valutare i fattori politici, economici e sociali nel loro insieme. Orbene, allorché la Commissione decide di adottare una proposta o rifiuta di farlo, ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, essa è chiamata a ponderare gli interessi coinvolti, fermo restando che una siffatta ponderazione rientra, per eccellenza, nel suo potere discrezionale. Infatti, affinché tale ponderazione rifletta l’interesse generale dell’Unione, la Commissione deve esercitare tale potere, in conformità all’articolo 17, paragrafo 3, TUE, in piena indipendenza ( 87 ). Di conseguenza, ritengo che il Tribunale non abbia commesso un errore nel dichiarare che la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità allorché verifica, ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, se occorra presentare al Consiglio una proposta di decisione diretta all’attuazione, a livello dell’Unione, di un accordo concluso da parti sociali. In concreto, incombe al Tribunale limitarsi a verificare, nel merito, se l’esercizio del potere d’iniziativa della Commissione sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere, ovvero se le istituzioni interessate abbiano manifestamente ecceduto i limiti del loro potere discrezionale ( 88 ).

89.

Il fatto che una decisione della Commissione adottata in forza dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE sia soggetta ad un sindacato giurisdizionale limitato discende, inoltre, dalla recente sentenza della Corte nella causa Puppinck e a./Commissione ( 89 ), benché il contesto di tale controversia differisca da quello della presente causa. Nell’ambito di tale causa, la Corte è stata chiamata ad esaminare la legittimità di una decisione nella quale la Commissione indicava che non avrebbe intrapreso alcuna azione a seguito di un’iniziativa dei cittadini europei che le era stata presentata. Nella sua sentenza, la Corte ha confermato l’approccio del Tribunale secondo il quale l’obbligo della Commissione di promuovere l’interesse generale dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE comporta, in maniera intrinseca, un ampio potere discrezionale, poiché tale obbligo implica scelte difficili e il bilanciamento di diversi interessi. Tale ampio potere discrezionale va di pari passo con un sindacato giurisdizionale limitato, il quale può consistere, segnatamente, in un controllo dell’assenza di errori manifesti di valutazione ( 90 ). Alla luce delle considerazioni che precedono, mi sembra che la giurisprudenza sul punto sia ormai ben consolidata, cosicché la presente causa non può rimetterla in discussione.

90.

Ne consegue che propongo alla Corte di respingere il terzo motivo in quanto infondato.

C. Sul quarto motivo

1.   Linea argomentativa delle parti

91.

L’EPSU sostiene che il Tribunale ha commesso, ai punti da 116 a 140 della sentenza impugnata, un errore di diritto confermando la motivazione della decisione controversa.

92.

A tal riguardo, anzitutto, il Tribunale avrebbe commesso un errore nel rilevare, al punto 129 della sentenza impugnata, che i motivi della decisione controversa non erano materialmente errati o irrilevanti ai fini della valutazione dell’opportunità dell’attuazione dell’accordo in questione a livello dell’Unione. L’EPSU addebita, segnatamente, al Tribunale di non avere tenuto conto dell’omessa giustificazione, da parte della Commissione, da un lato, del lasso di tempo intercorso fra la sua corrispondenza anteriore e la decisione, e, dall’altro, del fatto che essa si è discostata dalle comunicazioni che essa stessa aveva pubblicato ( 91 ). Infatti, questi due elementi avrebbero ingenerato nella EPSU un legittimo affidamento quanto al fatto che sarebbe stata realizzata o era in corso un’analisi dell’incidenza. Inoltre, ai punti 136 e 138 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe snaturato l’argomento dell’EPSU al riguardo. Ancora, l’EPSU sostiene che, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale, i tre motivi figuranti alla decisione controversa sono o inesatti in fatto o in diritto o irrilevanti.

93.

L’EPSU sostiene inoltre che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, ai punti 118 e 119 della sentenza impugnata, nel ritenere che la motivazione della decisione controversa fosse sufficiente per consentire all’EPSU di comprenderne le ragioni. A tal riguardo, l’EPSU sostiene, da un lato, che tali motivi sono erronei, e, dall’altro, che le giustificazioni addotte dalla Commissione non corrispondono a quelle invocate nel corso del procedimento.

94.

Infine, l’EPSU contesta l’interpretazione effettuata dal Tribunale, ai punti 130 e 132 della sentenza impugnata, concernente la giurisprudenza della Corte sulle direttive relative all’informazione e alla consultazione.

95.

La Commissione contesta la linea argomentativa dell’EPSU.

2.   Valutazione

96.

Con tale motivo, l’EPSU contesta al Tribunale di avere commesso un errore di diritto nel valutare l’obbligo di motivazione della Commissione, come sancito all’articolo 296 TFUE ( 92 ).

97.

In via preliminare, occorre ricordare, anzitutto, che, in forza dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296, secondo comma, TFUE, l’autore di un atto deve fare apparire, in modo chiaro e inequivoco, l’iter logico da esso seguito, in modo da consentire, da una parte, agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato per fare valere i loro diritti e, dall’altra, al giudice di esercitare il suo controllo. Inoltre, tale obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare alla luce del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altri soggetti da questo direttamente e individualmente interessati possono avere a ricevere spiegazioni ( 93 ). La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi ( 94 ).

98.

Inoltre, qualora un’istituzione dell’Unione, come, nella specie, la Commissione, disponga di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza il rispetto nei procedimenti amministrativi delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Fra queste garanzie si annovera in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di motivare in maniera sufficiente le sue decisioni. Soltanto così il giudice dell’Unione sarà in grado di accertare se esistessero tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per l’esercizio del potere discrezionale ( 95 ).

99.

Infine, l’obbligo di motivazione costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso ( 96 ). Nella specie, dopo aver esaminato, ai punti da 114 a 119 della sentenza impugnata, se la decisione controversa era sufficientemente motivata sotto il profilo dell’articolo 296 TFUE, il Tribunale si è pronunciato, al punto 119 di tale sentenza, in senso affermativo. Dal momento che la seconda parte del presente motivo verte sul carattere sufficiente della motivazione della decisione controversa e le conclusioni che il Tribunale ha tratto da tale esame sono state determinanti per consentire al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato su tale decisione ( 97 ), ritengo che occorra iniziare la mia analisi da tale parte.

a)   Sull’errore di diritto concernente il carattere sufficiente della motivazione della decisione controversa

100.

Con la seconda parte del quarto motivo, l’EPSU fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto al punto 118 della sentenza impugnata, ritenendo che l’EPSU potesse conoscere le giustificazioni della decisione controversa.

101.

A tal riguardo, occorre osservare che il Tribunale ha esaminato la sufficienza della motivazione della decisione controversa ai punti da 116 a 118 della sentenza impugnata. Esso ha ricordato, da un lato, che la Commissione aveva consultato le parti sociali in merito all’opportunità di un’azione dell’Unione relativa all’informazione e alla consultazione dei funzionari e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e che proprio in seguito a tale consultazione le parti sociali avevano negoziato e firmato l’accordo in questione.

102.

Dall’altro, nell’esaminare la decisione controversa, devo dichiararmi d’accordo con la valutazione del Tribunale secondo la quale, poiché la Commissione ha impiegato più di due anni per rispondere alla richiesta presentata dalle parti sociali ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, i destinatari di tale decisione potevano prevedere che tale istituzione avrebbe adottato una motivazione più dettagliata di quella, relativamente concisa, figurante in detta decisione. Tuttavia, è parimenti pacifico che la sufficienza della motivazione esposta nella stessa decisione non possa essere valutata sulla sola base del numero o della lunghezza delle frasi ivi figuranti. Infatti, non è escluso che, a causa della sua precisione e della sua chiarezza, la motivazione succinta adottata a sostegno di una decisione sia pienamente comprensibile.

103.

Nella specie, occorre constatare che la Commissione ha essenzialmente invocato tre motivi a fondamento del suo rifiuto, ossia, in primo luogo, il carattere specifico delle amministrazioni dei governi centrali, e, in particolare, la circostanza che esse esercitano prerogative di pubblica autorità, in secondo luogo, l’esistenza, nelle normative nazionali di numerosi Stati membri, di disposizioni relative all’informazione e alla consultazione dei funzionari e dei dipendenti di tali amministrazioni e, in terzo luogo, l’esistenza di differenze significative tra gli Stati membri quanto alla struttura e all’ambito di competenze di dette amministrazioni, sicché un’eventuale attuazione dell’accordo avrebbe un ambito di applicazione più o meno esteso a seconda degli Stati membri.

104.

A tal riguardo, è sufficiente ricordare che da una giurisprudenza costante risulta che l’accertamento della sussistenza, riguardo alla motivazione di una decisione, dei requisiti di cui all’articolo 296 TFUE deve essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e, in particolare, dell’insieme delle norme applicabili in materia ( 98 ). Nella specie, nell’ambito della valutazione del carattere sufficiente della motivazione, è significativo che essa non sia stata rivolta ad un destinatario non informato, bensì che sia stata destinata alle parti sociali che hanno concluso l’accordo in questione, le quali, tanto a causa del loro status quanto delle previe consultazioni condotte dalla Commissione, erano già al corrente del contesto nel quale tale decisione di diniego era stata adottata. Inoltre, come rilevato dal Tribunale, «in una riunione con le parti sociali tenutasi il 17 gennaio 2018, la Commissione ha enunciato il significato della decisione [controversa]» ( 99 ). Da ciò risulta, a mio avviso, che la Commissione ha esposto dei motivi alle parti sociali ancor prima dell’adozione di tale decisione. Pertanto, ritengo che tali motivi facciano apparire in maniera sufficientemente dettagliata le ragioni per cui la Commissione, il cui compito fondamentale consiste, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, nel promuovere l’interesse generale dell’Unione, non ha reputato opportuno proporre al Consiglio l’attuazione, a livello dell’Unione, di un accordo concluso fra le parti sociali interessate.

105.

Ne consegue che, a mio avviso, il Tribunale ha correttamente ritenuto, al punto 118 della sentenza impugnata, che l’EPSU potesse conoscere le giustificazioni della valutazione della Commissione e che il Tribunale potesse effettuare il controllo di tali giustificazioni. In tali circostanze, la censura secondo la quale il Tribunale avrebbe ritenuto erroneamente che la decisione controversa soddisfacesse all’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE deve essere respinta.

b)   Sulla prima parte, relativa all’errore concernente l’esattezza e la rilevanza dei motivi della decisione controversa accolti dal Tribunale

106.

La prima parte del quarto motivo, vertente sull’errore concernente l’esattezza e la rilevanza dei motivi della decisione controversa accolti dal Tribunale, consta, in sostanza, di due censure. Con la prima censura, l’EPSU addebita al Tribunale di non avere tenuto conto dell’omessa giustificazione, da parte della Commissione, da un lato, del lasso di tempo intercorso fra la sua corrispondenza anteriore ( 100 ) e la decisione e, dall’altro, del fatto di essersi discostata dalle comunicazioni che essa stessa aveva pubblicato ( 101 ). Essa addebita, inoltre, al Tribunale, di avere travisato gli argomenti da essa invocati in primo grado. Con la sua seconda censura, l’EPSU critica la valutazione dei tre motivi della decisione controversa effettuata dal Tribunale.

107.

Per quanto riguarda la prima censura, nei limiti in cui l’EPSU addebita al Tribunale di non avere tenuto conto delle assicurazioni date nella corrispondenza anteriore e delle comunicazioni pubblicate dalla Commissione, dalle quali sarebbe emerso che essa doveva effettuare un sindacato di legittimità e un’analisi dell’incidenza, e che tale sindacato e tale analisi erano in corso, il che avrebbe costituito una violazione del principio del legittimo affidamento, osservo che nessuna argomentazione relativa a tale principio è stata addotta nell’ambito del procedimento di primo grado, cosicché la sentenza impugnata non tratta la questione di eventuali violazioni di tale principio.

108.

Più specificamente, occorre constatare che, per quanto riguarda la corrispondenza, l’EPSU ha addebitato alla Commissione di non avere proceduto ad alcuna analisi dell’incidenza, «contrariamente a quanto da essa affermato per più di un anno» e di non essere pertanto stata in grado di giustificare la sua conclusione figurante nella decisione controversa ( 102 ). Quanto alle comunicazioni, l’EPSU le ha invocate dinanzi al Tribunale soltanto per far valere che esse avevano dato l’impressione che la Commissione si sentisse vincolata dalla domanda delle parti sociali relativa ad una proposta per l’attuazione degli accordi delle parti sociali a livello dell’Unione ( 103 ).

109.

Orbene, occorre ricordare che da una giurisprudenza costante si evince che, poiché, nell’ambito di un’impugnazione, il controllo della Corte è limitato alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi al giudice di primo grado, una parte non può sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un argomento che essa non ha dedotto dinanzi al Tribunale ( 104 ). In tali circostanze, ritengo che questa prima censura sia irricevibile per la parte in cui verte su una violazione del legittimo affidamento.

110.

Ad abundantiam, deve essere respinta la tesi dell’EPSU secondo la quale, con la sua corrispondenza e le sue comunicazioni, la Commissione aveva fornito talune assicurazioni per poi discostarsene, poiché essa sarebbe in contrasto con l’obiettivo delle consultazioni previste in materia di politica sociale. Infatti, come risulta dal paragrafo 60 delle presenti conclusioni, ai sensi dell’articolo 154, paragrafo 2, TFUE, la Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione dell’Unione. Dal dettato stesso di tale disposizione emerge che le consultazioni sono concepite per consentire alle diverse parti di presentare le loro domande e le loro osservazioni, al fine di considerare la possibilità della presentazione, da parte della Commissione, a livello dell’Unione, di una certa proposta. Pertanto, da un lato, ritenere che le consultazioni e la presentazione di relative informazioni creino un obbligo vincolante per le parti interessate svuoterebbe tale processo del suo contenuto naturale. Non mi sembra dunque possibile sostenere la tesi dell’EPSU secondo la quale le consultazioni potrebbero creare un legittimo affidamento delle parti di tali consultazioni sulle eventuali decisioni politiche ( 105 ). Dall’altro, per quanto attiene al carattere eventualmente vincolante per la Commissione delle sue osservazioni anteriori o delle comunicazioni da essa pubblicate, al pari della posizione che quest’ultima ha sostenuto in udienza, è chiaro, a mio avviso, che tali osservazioni o tali comunicazioni non possono, in nessuna circostanza, modificare le competenze attribuite a tale istituzione dai Trattati e, in particolare, dall’articolo 17, paragrafo 2, TUE.

111.

Nei limiti in cui la prima censura è relativa ad uno snaturamento da parte del Tribunale, ai punti da 136 a 138 della sentenza impugnata, degli argomenti che l’EPSU avrebbe invocato dinanzi al medesimo in primo grado, si deve osservare che, al punto 135 di tale sentenza, il Tribunale ha riassunto l’argomento dei ricorrenti in primo grado rilevando che essi sostenevano che «non vi era nulla che giustificasse il rigetto, da parte della Commissione, dell’attuazione dell’[accordo in questione] sulla base dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità», e specificando che i ricorrenti avevano addebitato «segnatamente, alla Commissione di non aver proceduto ad una qualsivoglia analisi di incidenza alla luce dei suddetti principi». Mi sembra che, in tal modo, nella sentenza impugnata sia riassunto in maniera effettivamente sintetica, ma fedele, l’argomento sollevato dai ricorrenti al punto 106 dell’atto introduttivo del ricorso in primo grado. Orbene, i punti da 136 a 138 della sentenza impugnata sono intesi a rispondere ai loro argomenti e costituiscono pertanto la valutazione del Tribunale, cosicché la censura relativa allo snaturamento degli argomenti che l’EPSU ha presentato dinanzi al Tribunale è, a mio avviso, priva di fondamento.

112.

La prima censura deve essere pertanto respinta.

113.

Con la sua seconda censura, l’EPSU critica la valutazione effettuata dal Tribunale nell’esaminare i tre motivi della decisione controversa.

114.

In via preliminare, per quanto riguarda la fondatezza dei motivi della decisione controversa, come risulta dall’analisi del terzo motivo di impugnazione ( 106 ), il controllo del Tribunale deve essere limitato all’inesattezza materiale o all’assenza di qualsivoglia rilevanza degli elementi al fine di valutare l’opportunità dell’attuazione dell’accordo in questione a livello dell’Unione.

115.

Per quanto riguarda, segnatamente, il primo motivo della decisione controversa, l’EPSU ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore ai punti 130 e 136 della sua sentenza, dal momento che, da un lato, numerose direttive si applicano attualmente ai lavoratori delle amministrazioni centrali e, dall’altro, nulla consente di concludere che l’attuazione dell’accordo concluso dalle parti sociali modificherebbe la «struttura, [l]’organizzazione e [il] funzionamento» delle amministrazioni centrali, soprattutto in quanto la Commissione non ha effettuato alcuna analisi dell’incidenza.

116.

A tal riguardo, come sottolineato dal Tribunale, con tale motivo, la Commissione non ha rimesso in discussione l’esistenza di una competenza dell’Unione per l’adozione di atti relativi ai diritti sociali dei funzionari e dei dipendenti delle amministrazioni centrali, bensì ha evidenziato che l’accordo in questione riguardava un settore specifico, connesso alla sovranità degli Stati membri. Infatti, tale motivo è inteso a mettere in evidenza che taluni funzionari e taluni dipendenti delle amministrazioni centrali esercitano prerogative di pubblica autorità. Benché, come fatto valere in sostanza dall’EPSU, nulla impedisca al legislatore europeo, in linea di principio, di adottare disposizioni che garantiscano a tali funzionari e tali dipendenti del settore pubblico i diritti all’informazione e alla consultazione, la Commissione può e deve tenere conto del ruolo particolare e delle specificità di tali amministrazioni al fine di assicurare la salvaguardia degli interessi generali degli Stati membri, risultanti peraltro dalle deroghe esplicite figuranti nei Trattati ( 107 ).

117.

Inoltre, per quanto riguarda il presunto obbligo di effettuare un’analisi dell’incidenza, mi sembra che una siffatta analisi incomberebbe eventualmente alla Commissione allorché essa si avvale del suo potere di iniziativa ( 108 ), segnatamente in un settore che rientra nelle competenze concorrenti fra l’Unione e gli Stati membri. Orbene, l’assenza di una siffatta analisi non può essere addebitata alla Commissione qualora essa decida di rifiutare l’avvio di un’azione. Ai fini della presente causa, occorre osservare che la decisione della Commissione di rifiutare di presentare al Consiglio la proposta di attuare l’accordo concluso dalle parti sociali costituisce, per sua natura, una decisione che non esige un’analisi dell’incidenza.

118.

Per quanto riguarda il secondo motivo della decisione controversa, l’EPSU addebita al Tribunale di non avere preso in considerazione il fatto che l’accordo negoziato dalle parti sociali conteneva una clausola di «non regresso», che conferiva diritti più ampi di quelli già riconosciuti da taluni Stati membri e impediva a questi ultimi di revocare i diritti conferiti dall’accordo in questione.

119.

A tal riguardo, occorre ricordare l’ampio margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione nella specie, segnatamente al fine di determinare la necessità di colmare un’eventuale lacuna nell’ambito di applicazione delle direttive dell’Unione che disciplinano il diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori. Orbene, anche ammesso che il Tribunale abbia tenuto conto di tale clausola di «non regresso», esso avrebbe dovuto dimostrare che le norme relative all’informazione e alla consultazione dei funzionari e dei dipendenti delle amministrazioni centrali esistenti in taluni Stati membri non consentivano di realizzare tale informazione e tale consultazione in maniera sufficiente a livello di tali Stati membri. Orbene, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, il Tribunale non può sostituire la sua propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato e non può colmare con la propria motivazione una lacuna nella motivazione di tale atto, di modo che il suo esame non si ricollega ad alcuna valutazione contenuta in quest’ultimo ( 109 ). Pertanto, l’EPSU non può aspettarsi che il Tribunale effettui una dimostrazione che sfoci in una siffatta sostituzione, soprattutto in quanto esso era tenuto ad operare un controllo limitato sulla decisione controversa. Ciò premesso, è giocoforza constatare che, per decidere se occorreva presentare al Consiglio l’accordo concluso dalle parti sociali ai fini della sua attuazione, la Commissione si trovava di fronte alla questione essenziale se fosse opportuno armonizzare a livello dell’Unione l’informazione e la consultazione dei funzionari e dei dipendenti delle amministrazioni centrali. Poiché la risposta della Commissione a tale questione era negativa, non era necessario che essa valutasse l’incidenza eventuale della clausola di «non regresso» nel caso in cui l’attuazione di detto accordo sarebbe stata realizzata a livello dell’Unione.

120.

Quanto al terzo motivo della decisione controversa, l’EPSU fa valere che, al punto 133 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha tenuto conto, da un lato, né della natura settoriale degli accordi conclusi dalle parti sociali specifici di taluni settori né, dall’altro, della rappresentatività delle parti sociali. In tal senso, l’EAPE sarebbe la parte sociale delle amministrazioni centrali, cosicché l’accordo concluso fra le parti sociali riguarda i governi centrali e non i governi locali. Inoltre, l’accordo in questione non inciderebbe sulla struttura dei governi degli Stati membri, poiché esso verte unicamente sui diritti all’informazione e alla consultazione dei lavoratori.

121.

A tal riguardo, è sufficiente constatare che, dal momento che l’accordo in questione verte sulla consultazione e sull’informazione dei funzionari e dei dipendenti dei governi centrali, la sua attuazione a livello dell’Unione inciderebbe in maniera estremamente variabile sugli Stati membri in funzione del loro grado di centralizzazione o di decentramento. Orbene, nulla impedirebbe alla Commissione di prendere in considerazione quest’ultima circostanza, quale conseguenza indesiderata dell’attuazione dell’accordo a livello dell’Unione.

122.

Di conseguenza, ritengo che il Tribunale non abbia commesso alcun errore di diritto nel convalidare i tre motivi della decisione controversa.

c)   Sulla terza parte, vertente su un errore di diritto concernente le direttive relative all’informazione e alla consultazione

123.

Con la sua terza parte del quarto motivo, l’EPSU sostiene che, ai punti 131 e 132 della sentenza impugnata, il Tribunale effettua un’interpretazione non corretta della giurisprudenza della Corte sulle direttive relative all’informazione e alla consultazione ( 110 ). Esisterebbe già una disparità fra i governi locali e i governi centrali per quanto attiene, segnatamente, alla direttiva 2001/23/CE ( 111 ).

124.

A tal riguardo, constato che l’EPSU non spiega il rapporto fra le direttive menzionate al paragrafo precedente delle presenti conclusioni e l’asserita disparità fra questi due livelli di governo. L’EPSU non spiega neanche per quale motivo il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nella sentenza impugnata. Una siffatta argomentazione è dunque manifestamente irricevibile.

d)   Conclusione

125.

In base a tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di respingere il quarto motivo di impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

126.

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, ritengo che occorra respingere tutti i motivi di impugnazione sollevati dall’EPSU, nonché l’impugnazione in toto.

VI. Sulle spese

127.

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. In forza dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile ai procedimenti di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

128.

Nella presente causa, poiché propongo alla Corte di respingere l’impugnazione, e dal momento che la Commissione ne ha fatto domanda, l’EPSU deve, a mio avviso, essere condannata alle spese.

VII. Conclusione

129.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare l’EPSU alle spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( i ) Il paragrafo 18 del presente testo è stato oggetto di una modifica, successivamente alla sua pubblicazione iniziale.

( 2 ) T‑310/18, EU:T:2019:757.

( 3 ) Accordo concluso il 21 dicembre 2015, intitolato «Quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione per i funzionari e [i] dipendenti delle amministrazioni centrali», e firmato dalla delegazione sindacale dell’amministrazione nazionale ed europea (TUNED) e dall’organismo rappresentante i datori di lavoro della pubblica amministrazione europea (EUPAE).

( 4 ) Le parti sociali sono passate alla negoziazione dell’accordo a seguito di una consultazione condotta dalla Commissione sulla base dell’articolo 154, paragrafo 2, TFUE.

( 5 ) Il 26 aprile 2012, la Commissione si era opposta ad un accordo quadro europeo sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori del settore dei servizi di parrucchiere firmato dalla Coiffure EU e dalla UNI Europa Hair & Beauty. In tale occasione, non era stato presentato alcun ricorso e le parti sociali avevano proposto una nuova versione dell’accordo. Per un’analisi critica, v. Dorssemont, F., Lörcher, K., Schmitt, M., «On the Duty to Implement European Framework Agreements: Lessons to Be Learned from the Hairdressers Case», Industrial Law Journal, vol. 48, n. 4, dicembre 2019, pagg. da 571 a 603.

( 6 ) V. Schmitt, M., Moizard, N. e Frapard, M., «Droit social européen», J.D.E., 2020/6, n. 270, pag. 297.

( 7 ) C(2015) 2303 final.

( 8 ) A tal riguardo, l’EPSU contesta i punti 69, 73, 96 e 100 della sentenza impugnata.

( 9 ) Tale motivo è diretto, in particolare, avverso i punti 34, da 54 a63, da 64 a 82, 93 e da 94 a 98 della sentenza impugnata.

( 10 ) Tale motivo è diretto avverso la valutazione del Tribunale figurante ai punti da 31 a 33, 78, 79, da 109 a 112, 122 e 133 della sentenza impugnata.

( 11 ) Le sue critiche sono dirette segnatamente avverso i punti da 116 a 140 della sentenza impugnata.

( 12 ) L’EPSU critica i punti 69, 73, 89, 96 e 100 della sentenza impugnata.

( 13 ) L’EPSU critica i punti 69 e 89 della sentenza impugnata. Inoltre, la conclusione figurante al punto 96 di tale sentenza sarebbe incompatibile, da un lato, con le misure adottate in forza di tale disposizione, le quali avrebbero natura legislativa, e, dall’altro, con la giurisprudenza scaturita dalla sentenza dell’8 settembre 2011, Hennings e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560, punto 66).

( 14 ) C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631.

( 15 ) La critica verte sul punto 62 della sentenza impugnata.

( 16 ) L’EPSU contesta l’approccio seguito dal Tribunale, ai punti 62, 63, da 69 a 82, 87, 89, 99, 100 e 109 della sentenza impugnata.

( 17 ) C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 70.

( 18 ) L’EPSU si riferisce ai punti 34, da 63 a 81 e 93 della sentenza impugnata.

( 19 ) Ai punti 34 e 74 della sentenza impugnata.

( 20 ) L’EPSU critica i punti da 74 a 77, 87 e 96 della sentenza impugnata.

( 21 ) T‑135/96, EU:T:1998:128, punto 84.

( 22 ) L’EPSU critica i punti 82 e da 94 a 98 della sentenza impugnata. Il potere politico «discrezionale» avrebbe come effetto di privare il Consiglio della possibilità di esercitare il suo potere di adottare o meno la decisione ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, di azzerare l’autonomia delle parti e di accordare alla Commissione un posto alla tavola delle trattative al fianco delle parti sociali. L’approccio adottato dal Tribunale relativo al controllo di opportunità della Commissione arrecherebbe pregiudizio all’autonomia delle parti sociali e violerebbe i loro diritti fondamentali, fermo restando che tale controllo è limitato agli accordi conclusi al di fuori del processo di consultazione previsto dal Trattato.

( 23 ) A tal riguardo, mentre la «seconda» procedura prevista agli articoli 154 e 155 TFUE conferisce alle parti sociali il compito di negoziare, redigere e approvare, in maniera autonoma, il contenuto dell’accordo, non esisterebbe una procedura analoga che consenta al Parlamento di elaborare in maniera autonoma il contenuto di una proposta legislativa.

( 24 ) V., segnatamente, punti 64 e segg. della sentenza impugnata e, in particolare, il punto 69 di tale sentenza.

( 25 ) V. ordinanza del 9 marzo 2007, Schneider Electric/Commissione (C‑188/06 P, EU:C:2007:158, punto 64). V. parimenti, in tal senso, sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 148), e del 19 aprile 2007, UAMI/Celltech (C‑273/05 P, EU:C:2007:224, punti 5657), nonché ordinanza del 23 febbraio 2006, Piau/Commissione (C‑171/05 P, EU:C:2006:149, punto 86).

( 26 ) V., a tal riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa LL/Parlamento (C‑326/16 P, EU:C:2017:605, paragrafo 69).

( 27 ) V. punto 48 della sentenza impugnata.

( 28 ) V., segnatamente, sentenze del 17 novembre 1983, Merck (292/82, EU:C:1983:335, punto 12), e del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs e BCE/Lettonia (C‑202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139, punto 45).

( 29 ) Come verrà esposto ai paragrafi 54 e segg. delle presenti conclusioni, l’interpretazione secondo la quale l’articolo 155, paragrafo 2, TFUE non costituisce una norma imperativa è corroborata dalla sua genesi.

( 30 ) Secondo la teoria descrittivista, l’indicativo del presente corrisponde alla funzione propria del diritto, consistente nel fissare la condizione di ciascuno (v., a tal riguardo, Villey, M., «De l’indicatif dans le droit», Archives de philosophie du droit, Dalloz, Parigi, vol. 19, 1974, pag. da 33 a 61). Secondo Cornu, G., l’indicativo potrebbe «far immaginare che la regola enunciata non sia arbitrariamente imposta, bensì fondata in natura, che il diritto sia vicino alla natura delle cose» (Cornu, G., Linguistique juridique, Montchrestien, Parigi, 1990, pag. 271).

( 31 ) Mi sembra che, ai sensi dell’articolo 153, paragrafi 1 e 2, TFUE e dell’articolo 155, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 16, paragrafo 3, TUE, tale accordo rientri in un settore disciplinato dall’articolo 153 TFUE in relazione al quale il Consiglio può statuire a maggioranza qualificata.

( 32 ) Segnatamente, in lingua spagnola: «La aplicación de los acuerdos celebrados a nivel de la Unión se realizará, ya sea según (...) ya sea (...)»; in lingua tedesca: «Die Durchführung der auf Unionsebene geschlossenen Vereinbarungen erfolgt entweder (...) oder (...)»; in lingua estone: «Liidu tasandil sõlmitud kokkuleppeid rakendatakse tööturu osapoolte ja liikmesriikide kehtivate menetluste või tavade kohaselt, artiklis 153 käsitletud küsimustes aga allakirjutanute ühisel taotlusel»; in lingua italiana: «Gli accordi conclusi a livello dell’Unione sono attuati secondo le procedure e (...) o, e (...)»; in lingua neerlandese: «De tenuitvoerlegging van de op het niveau van de Unie gesloten overeenkomsten geschiedt hetzij (...), hetzij (...)»; in lingua portoghese: «Os acordos celebrados ao nível da União serão aplicados, quer (...) quer, (...)», e in lingua finlandese: «Unionin tasolla tehdyt sopimukset pannaan täytäntöön joko työmarkkinaosapuolten ja jäsenvaltioiden omien menettelyjen ja käytäntöjen mukaisesti tai (...)».

( 33 ) V. Franssen, E., Legal Aspects of the European Social Dialogue, Intersentia, Anversa, 2002, pagg. da 287 a 288.

( 34 ) V., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione (C‑409/13, EU:C:2015:217).

( 35 ) EU:T:1998:128.

( 36 ) V. Dorssemont, F., cap. 1: «Some Reflections on the Origin, Problems and Perspectives of the European Social Dialogue», in: Vos (de), Marc, A Decade Beyond Maastricht: The European Social Dialogue Revisited, Kluwer Law International, L’Aia, 2003, pag. 29.

( 37 ) L’articolo 288 TFUE prevede che «[p]er esercitare le competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri».

( 38 ) V. Dorssemont, F., cit. supra, nota 36, pag. 29.

( 39 ) Ibidem, pagg. 29 e 30.

( 40 ) Infatti, secondo la dottrina, esiste un certo numero di atti che non rivestono natura legislativa e che vengono adottati direttamente sulla base del Trattato FUE.V. Best, E., «Legislative Procedures after Lisbon: Fewer, Simpler, Clearer», Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2007, 15, n. 1, pag. 93.

( 41 ) V., segnatamente, direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9); direttiva 96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1996, L 145, pag. 4), e direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).

( 42 ) V. Dorssemont, F., cit. supra, nota 36, pag. 17.

( 43 ) Koster, J.-V., «Le dialogue social européen à l’épreuve de la “modernisation” du marché du travail», Revue française des affaires sociales, n. 1, 2012, pag. da 62 a 79. Per un excursus generale e storico, v. Barnard, C., EU Employment Law, Oxford European Union Law Library, Oxford, 2012, pagg. 713 e segg.

( 44 ) L’Atto unico europeo, firmato a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 e a L’’Aia il 28 febbraio 1986, ed entrato in vigore il 1o luglio 1987, con il suo articolo 22, ha integrato il Trattato CEE inserendovi un articolo 118 B. Per un excursus storico, v. Pochet, P., e Degryse, C., «The European Social Dialogue: What Is the Role of Employers and What Are the Hopes for the Future?», in F. Vandenbroucke, C. Barnard, & G. De Baere (a cura di), A European Social Union after the Crisis, 2017, Cambridge University Press, Cambridge, pagg. da 211 a 237.

( 45 ) V. Henni, A., Le dialogue social européen. Enjeux, structures, résultats», Courrier hebdomadaire du CRISP, 2001, vol. 1741, n. 36, pagg. da 5 a 50.

( 46 ) Accordo concluso tra gli Stati membri della Comunità europea ad eccezione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU 1992, C 191, pag. 91). In particolare, da un lato, l’articolo 3, paragrafi da 2 a 4, e l’articolo 4 dell’accordo sulla politica sociale prevedevano la procedura figurante attualmente all’articolo 154, paragrafi da 2 a 4, TFUE. Dall’altro, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’accordo sulla politica sociale (divenuto l’articolo 155, paragrafo 1, TFUE), le parti sociali erano legittimate a chiedere alla Commissione di proporre l’attuazione, da parte del Consiglio, dell’accordo da esse negoziato, in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, dell’accordo sulla politica sociale (divenuto l’articolo 155, paragrafo 2, TFUE).

( 47 ) Sull’attuazione degli accordi conclusi dalle parti sociali ai sensi dell’articolo 139 del Trattato CE, v. Deinert, O., «Modes of Implementing European Collective Agreements and Their Impact on Collective Autonomy», Industrial Law Journal, vol. 32, n. 4, dicembre 2003, pagg. da 317 a 325.

( 48 ) Accordo firmato da CEES, UNICE e CEEP. Tale accordo proponeva la rifusione dell’articolo 118, paragrafo 4, e degli articoli 118 A e 118 B del Trattato CEE.

( 49 ) Henni, A., «Le dialogue social européen. Enjeux, structures, résultats», Courrier hebdomadaire du CRISP, vol. 1741, n. 36, 2001, pagg. da 5 a 50.

( 50 ) V., segnatamente, le sue comunicazioni COM(93) 600 def., del 14 dicembre 1993, riguardante l’attuazione del protocollo sulla politica sociale presentata dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, COM(1998) 322 def., del 20 maggio 1998, «[Comunicazione della Commissione] che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario», e COM(2002) 341 definitivo, del 26 giugno 2002, «Il dialogo sociale europeo, forza di modernizzazione e cambiamento».

( 51 ) Mias, A., «Du dialogue social européen au travail législatif communautaire: Maastricht, ou le syndical saisi par le politique», Droit et société, 2004, n. 58, pagg. da 657 a 682.

( 52 ) Da una relazione informativa del Senato francese, elaborata nel 2017, risulta che, dal 1992, circa una trentina di temi erano stati sottoposti alle consultazioni previste all’articolo 154 TFUE e, di fatto, la Commissione aveva concesso sei settimane alle 87 organizzazioni individuate (di cui 65 organizzazioni dei datori di lavoro, la maggior parte settoriali, e 22 organizzazioni sindacali) per comunicarle le loro osservazioni in occasione della prima e poi della seconda consultazione. Relazione disponibile sul seguente sito Internet: https://www.senat.fr/rap/r16-556-1/r16-556-130.html.

( 53 ) V. Didry, C., «L’émergence du dialogue social en Europe: retour sur une innovation institutionnelle méconnue», Année sociologique, 2009, vol. 59, n. 2, pag. da 417 a 447. Disponibile sul seguente sito Internet: https://www.cairn.info/revue-l-annee-sociologique-2009-2-page-417.htm.

( 54 ) Tale disposizione prevede una possibilità di proroga, la quale è decisa di comune accordo dalle parti sociali interessate e dalla Commissione.

( 55 ) V. punti 73 e 74 della sentenza impugnata.

( 56 ) V., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio (T‑135/96, EU:T:1998:128, punto 84), secondo la quale, allorché le parti sociali concludono un accordo di cui chiedono congiuntamente l’attuazione a livello dell’Unione, esse rivolgono una domanda congiunta alla Commissione che, recuperando allora il controllo del procedimento, esamina se occorra presentare una proposta in tal senso al Consiglio.

( 57 ) V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

( 58 ) T‑135/96, EU:T:1998:128.

( 59 ) UNICE, CEEP e CES.

( 60 ) Direttiva del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1996, L 145, pag. 4).

( 61 ) V., in tal senso, sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio (T‑135/96, EU:T:1998:128, punti da 4 a 11).

( 62 ) V., in tal senso, sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio (T‑135/96 EU:T:1998:128, punti da 83 a 90).

( 63 ) T‑135/96, EU:T:1998:128.

( 64 ) V., in tal senso, sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio (T‑135/96, EU:T:1998:128, punti 110111).

( 65 ) Per le corrispondenze, v. nota 46 delle presenti conclusioni.

( 66 ) V., in tal senso, sentenza del 17 giugno 1998, UEAPME/Consiglio (T‑135/96, EU:T:1998:128, punti 71 e segg., in particolare punti 84 e 85).

( 67 ) V. paragrafi 55 e 56 delle presenti conclusioni.

( 68 ) V., per analogia, sentenza del 16 febbraio 2017, Margarit Panicello (C‑503/15, EU:C:2017:126, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata), nonché del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione (C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 70).

( 69 ) V., segnatamente, sentenze del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione (C‑409/13, EU:C:2015:217, punti 7074), e del 19 dicembre 2019, Puppinck e a./Commissione (C‑418/18 P, EU:C:2019:1113, punto 59).

( 70 ) V., in tal senso, sentenza del 22 maggio 1990, Parlamento/Consiglio (70/88, EU:C:1990:217, punto 19).

( 71 ) Per quanto riguarda l’effetto inter partes, v. Hasselbalch, O., «European Collective Agreements», in Olsen, B.E. e Søensen, K.E., Regulation in the EU, Thomson, Copenaghen, 2006, pagg. da 381 a 384.

( 72 ) V., segnatamente e da ultimo, direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE (GU 2010, L 68, pag. 13); direttiva 2014/112/UE del Consiglio, del 19 dicembre 2014, che attua l’accordo europeo concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro nel trasporto per vie navigabili interne, concluso tra la European Barge Union (EBU), l’Organizzazione europea dei capitani (ESO) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) (GU 2014, L 367, pag. 86); direttiva 2010/32/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario (GU 2010, L 134, pag. 66), e direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU 2009, L 124, pag. 30).

( 73 ) V. Deinert, O., «Self-Executing Collective Agreements in EC Law», in Vos (de), Marc, A Decade Beyond Maastricht: The European Social Dialogue Revisited, Kluwer Law International, L’Aia, 2003, pag. 48.

( 74 ) V. sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio (C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 62).

( 75 ) Per un excursus generale e storico, v. Barnard, C., EU Employment Law, Oxford European Union Law Library, Oxford, 4a edizione, 2012, pag. 713 e segg., e Bercusson, B., European Labour Law, Cambridge University Press, Cambridge, 2° edizione, 2009, pag. 126 e segg.

( 76 ) Comunicazione della Commissione, intitolata «Il dialogo sociale europeo, forza di modernizzazione e cambiamento», [COM(2002) 341 definitivo del 26 giugno 2002, pag. 6].

( 77 ) Tale disposizione è applicabile all’Unione e, ai sensi dell’articolo 13 TUE, a tutte le istituzioni, diversamente dall’articolo 154 TFUE, il quale vincola unicamente la Commissione.

( 78 ) V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

( 79 ) Inoltre, in una simile ipotesi, le parti sociali si vedrebbero conferire il potere di obbligare la Commissione ad agire nel settore della politica sociale, mentre l’articolo 225 TFUE conferisce semplicemente al Parlamento il diritto di chiedere alla Commissione di presentare una proposta e di essere informato dei motivi di rifiuto qualora quest’ultima decida di non presentare la proposta richiesta. Lo stesso vale per il Consiglio in applicazione dell’articolo 241 TFUE.

( 80 ) T‑135/96, EU:T:1998:128.

( 81 ) L’EPSU critica i punti da 31 a 33, 78, 79, da 109 a 112, 122 e 133 della sentenza impugnata.

( 82 ) T‑135/96, EU:T:1998:128.

( 83 ) V. punto 112 della sentenza impugnata.

( 84 ) V., segnatamente, sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio (C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 124 e la giurisprudenza ivi citata).

( 85 ) In conclusioni da me presentate di recente, ho già avuto l’occasione di sottolineare che la giurisprudenza ha ritenuto che la legislazione nel settore della funzione pubblica implichi scelte di natura politica, economica e sociale e che il legislatore statutario sia quindi chiamato a compiere valutazioni complesse rispetto alle quali egli dispone di un ampio margine di discrezionalità [v., per quanto riguarda la portata del controllo giurisdizionale, le mie conclusioni nelle cause riunite Alvarez y Bejarano e a./Commissione e Consiglio, (C‑517/19 P e C‑518/19 P, EU:C:2020:848, paragrafo 36)].

( 86 ) V. sentenza del 19 novembre 1998, Regno Unito/Consiglio (C‑150/94, EU:C:1998:547, punto 54).

( 87 ) V. paragrafo 69 delle presenti conclusioni.

( 88 ) V., segnatamente, sentenze del 22 novembre 2001, Paesi Bassi/Consiglio (C‑110/97, EU:C:2001:620, punto 62), e del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia (C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 82).

( 89 ) Sentenza del 19 dicembre 2019 (C‑418/18 P, EU:C:2019:1113).

( 90 ) V., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Puppinck e a./Commissione (C‑418/18 P, EU:C:2019:1113, punti da 87 a 97).

( 91 ) Comunicazione della Commissione del 14 dicembre 1993, al Consiglio e al Parlamento europeo riguardante l’attuazione del protocollo sulla politica sociale [COM(93) 600 def.]; comunicazione della Commissione del 18 settembre 1996 sull’andamento e sul futuro del dialogo sociale a livello comunitario [COM(96) 448 def.]; comunicazione della Commissione del 20 maggio 1998«che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario» [COM(1998) 322 def.], e comunicazione della Commissione del 2 ottobre 2013 al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, «Adeguatezza ed efficacia della regolamentazione (REFIT): Risultati e prossime tappe» [COM(2013) 685 final].

( 92 ) Tale motivo è diretto avverso i punti da 116 a 140 della sentenza impugnata.

( 93 ) Sentenza del 17 settembre 2020, Rosneft e a./Consiglio (C‑732/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:727, punto 77 e la giurisprudenza ivi citata).

( 94 ) V. sentenza del 17 settembre 2020, Rosneft e a./Consiglio (C‑732/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:727, punto 77 e la giurisprudenza ivi citata).

( 95 ) V. sentenza del 21 novembre 1991, Technische Universität München (C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14).

( 96 ) V. sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 181).

( 97 ) V. paragrafo 97 delle presenti conclusioni.

( 98 ) V., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione (C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 79).

( 99 ) V. punto 137 della sentenza impugnata.

( 100 ) L’EPSU si riferisce alle lettere del 9 marzo 2016 e del 3 febbraio 2017, nonché alla comunicazione orale del 15 novembre 2016.

( 101 ) V. nota 91 delle presenti conclusioni.

( 102 ) V. punto 106 dell’atto introduttivo del ricorso di primo grado.

( 103 ) V. punti da 29 a 39 dell’atto introduttivo del ricorso di primo grado.

( 104 ) V., in particolare, sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 126 e la giurisprudenza ivi citata).

( 105 ) Secondo la giurisprudenza della Corte, la tutela del legittimo affidamento si estende, quale corollario del principio della certezza del diritto, ad ogni singolo che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto sorgere in lui fondate aspettative. Costituiscono un esempio di assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate ed affidabili, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che gli abbia fornito l’amministrazione [v. sentenza del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio (C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 153 e la giurisprudenza ivi citata)].

( 106 ) V. paragrafi da 86 a 90 delle presenti conclusioni.

( 107 ) Occorre citare, segnatamente, l’articolo 45, paragrafo 4, TFUE, in conformità al quale le autorità degli Stati membri possano riservare l’accesso a taluni impieghi nella pubblica amministrazione a loro cittadini. Secondo la giurisprudenza costante della Corte, tale facoltà riguarda posti che presuppongono una partecipazione diretta o indiretta all’esercizio dei pubblici poteri e alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche.

( 108 ) Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, TUE, in virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. Il punto 13 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea, del 13 aprile 2016 (GU 2016, L 123, pag. 1), prevede che la Commissione «effettua valutazioni d’impatto delle proprie iniziative legislative (…) suscettibili di avere un impatto economico, ambientale o sociale significativo», fermo restando che tale punto è tuttavia limitato agli atti legislativi e ai rapporti fra istituzioni.

( 109 ) V., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione (C‑73/11 P, punti da 87 a 90 e la giurisprudenza ivi citata).

( 110 ) Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori (GU 2002, L 80, pag. 29); direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (GU 2009, L 122, pag. 28), e direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (GU 2001, L 294, pag. 22).

( 111 ) Direttiva del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 2001, L 82, pag. 16).