CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 2 febbraio 2021 ( 1 )

Causa C‑758/19

OH

contro

ID

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Polymeles Protodikeio Athinon (Tribunale collegiale di primo grado di Atene, Grecia)]

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 268, 270, 340 e 343 TFUE – Protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea – Articoli 11, 17 e 19 – Ex membro della Commissione – Immunità di giurisdizione – Ricorso per responsabilità extracontrattuale – Revoca – Competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea»

I. Introduzione

1.

L’attore nel procedimento principale è un cittadino greco assunto dalla Commissione europea in qualità di agente temporaneo. Egli prestava servizio nel gabinetto di un membro della Commissione (il convenuto nel procedimento principale; in prosieguo: il «convenuto»). A seguito dell’asserita rottura del rapporto di fiducia tra tali due persone, la Commissione ha deciso di porre fine al suo contratto.

2.

Il ricorrente sostiene di aver subìto un danno materiale e morale in conseguenza della risoluzione del suo contratto di lavoro. Egli ha proposto un’azione (civile) dinanzi a un giudice di primo grado di Atene, chiedendo il risarcimento di tale danno. Nutrendo dubbi in merito alla sua competenza in materia, tale giudice ha proposto una serie di questioni alla Corte. In particolare, esso domanda quale soggetto debba essere convenuto (se l’ex membro della Commissione o l’Unione europea) e dinanzi a quale organo giurisdizionale l’azione debba essere proposta (se presso i giudici nazionali o la Corte di giustizia dell’Unione europea).

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

3.

L’articolo 11 del Protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea (in prosieguo: il «Protocollo n. 7)», allegato ai trattati dell’Unione, così dispone:

«Sul territorio di ciascuno Stato membro e qualunque sia la loro cittadinanza, i funzionari ed altri agenti dell’Unione:

a)

godono dell’immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti in veste ufficiale, comprese le loro parole e i loro scritti, con riserva dell’applicazione delle disposizioni dei trattati relative, da un lato, alle regole delle responsabilità dei funzionari ed agenti nei confronti dell’Unione e, dall’altro, alla competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea per deliberare in merito ai litigi tra l’Unione ed i propri funzionari ed altri agenti. Continueranno a beneficiare di questa immunità dopo la cessazione delle loro funzioni;

(…)».

4.

L’articolo 17 del medesimo protocollo prevede quanto segue:

«I privilegi, le immunità e le agevolazioni sono concess[i] ai funzionari e agli altri agenti dell’Unione esclusivamente nell’interesse di quest’ultima.

Ciascuna istituzione dell’Unione ha l’obbligo di togliere l’immunità concessa a un funzionario o ad un altro agente ogniqualvolta essa reputi che ciò non sia contrario agli interessi dell’Unione».

5.

A norma dell’articolo 19 del Protocollo n. 7, gli articoli 11 e 17 di quest’ultimo sono applicabili ai membri della Commissione.

B.   Diritto nazionale

6.

Secondo il giudice del rinvio, sono applicabili alla presente controversia le disposizioni del codice processuale civile greco concernenti la portata delle competenze dei giudici nazionali e l’immunità di giurisdizione di talune categorie di persone.

7.

Più specificamente, conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, del codice processuale civile, gli stranieri che godono di immunità di giurisdizione non rientrano nella competenza dei giudici greci, fatte salve le controversie riguardanti diritti reali immobiliari.

8.

A sua volta, l’articolo 24 del codice processuale civile enuncia che i cittadini greci che godano di immunità di giurisdizione, nonché i funzionari in servizio all’estero, rientrano nella competenza del giudice del luogo in cui risiedevano prima della loro missione ovvero, nel caso in cui non risiedessero in Grecia, nella competenza dei giudici della capitale dello Stato.

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

9.

Il 1o novembre 2014, il ricorrente è entrato in servizio presso la Commissione europea in qualità di agente temporaneo assunto ai sensi dell’articolo 2, lettera c), del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA») ( 2 ). Egli è stato assunto in qualità di vicecapo del gabinetto del convenuto, che era stato nominato Commissario.

10.

Nell’aprile 2016, la Direzione generale «Risorse umane e sicurezza» della Commissione europea ha informato il ricorrente che il suo rapporto di lavoro con la Commissione europea sarebbe cessato, trascorso un periodo di preavviso di tre mesi, con effetto dal 1o agosto 2016, essendo venuta meno la fiducia che il convenuto nutriva nei suoi confronti.

11.

Ritenendo di non aver beneficiato del diritto di essere ascoltato prima dell’adozione della decisione di risolvere il suo contratto, il ricorrente ha presentato un reclamo ai sensi dell’articolo 90 dello Statuto dei funzionari contro tale decisione. Il reclamo è stato respinto con decisione del 29 novembre 2016.

12.

Il 10 marzo 2017, il ricorrente ha impugnato la decisione di licenziamento dinanzi al Tribunale, lamentando una violazione del suo diritto di essere ascoltato. Ritenendo fondato il ricorso, il Tribunale ha annullato la decisione impugnata con sentenza del 10 gennaio 2019 ( 3 ).

13.

A seguito della pronuncia di tale sentenza, la Commissione ha offerto al ricorrente l’opportunità di essere ascoltato. Il 10 aprile 2019, la Commissione ha adottato una nuova decisione con cui ha posto fine al contratto del ricorrente in qualità di agente temporaneo. Il ricorrente ha presentato un reclamo contro tale decisione, che è stato respinto con decisione della Commissione del 14 agosto 2019.

14.

Il 2 dicembre 2019, il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento avverso la nuova decisione di licenziamento dinanzi al Tribunale; tale ricorso è stato respinto dal Tribunale con sentenza del 13 gennaio 2021 ( 4 ).

15.

Parallelamente, il 13 settembre 2017, il ricorrente ha altresì avviato un procedimento nei confronti del convenuto presso il Polymeles Protodikeio Athinon (Tribunale collegiale di primo grado di Atene, Grecia).

16.

Dinanzi a tale giudice, il ricorrente ha lamentato dichiarazioni offensive del convenuto nel senso di un esercizio carente delle proprie funzioni. Tale comportamento gli avrebbe arrecato un danno materiale e morale. Il primo consisterebbe nella perdita delle retribuzioni altrimenti dovute dalla Commissione europea per il periodo dal 1o novembre 2016 al 31 ottobre 2019, per un importo pari a EUR 452299,32. Il secondo, derivante dal danno alla sua reputazione, che pregiudicherebbe le sue possibilità di carriera in seno alle istituzioni e agli organismi dell’Unione, è stato stimato dal ricorrente in EUR 600000. Su tale base, il ricorrente ha chiesto al giudice nazionale la pronuncia di una decisione provvisoriamente esecutiva di condanna del convenuto al risarcimento del danno materiale e morale causato, alla ritrattazione di talune dichiarazioni asseritamente offensive nonché al pagamento delle spese processuali.

17.

Il giudice del rinvio osserva che l’azione è stata proposta nei confronti di un ex membro della Commissione il quale, pur avendo cittadinanza greca, è immune dalla giurisdizione ai sensi dell’articolo 343 TFUE e degli articoli 11, 17 e 19 del Protocollo n. 7. In una dichiarazione del 22 dicembre 2017 prodotta dinanzi al giudice del rinvio, la Direzione generale «Risorse umane e sicurezza» della Commissione europea ha affermato quando segue: «[Il convenuto] gode in quanto membro della Commissione dell’immunità per gli atti da lui compiuti in veste ufficiale, comprese le sue parole e i suoi scritti, conformemente agli articoli 11 e 19 del [Protocollo n. 7] (…). L’immunità può essere revocata dal Collegio dei Commissari su richiesta di un giudice nazionale, sempre che una tale revoca non sia contraria agli interessi dell’Unione».

18.

In tale contesto, nutrendo dubbi in merito alla corretta interpretazione della pertinente normativa dell’Unione, il Polymeles Protodikeio Athinon (Tribunale collegiale di primo grado di Atene) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le nozioni di “immunità di giurisdizione” e di “immunità” di cui all’articolo 11 del [Protocollo n. 7], così come enunciate e per lo scopo che perseguono, siano equivalenti.

2)

Se l’“immunità di giurisdizione”/“immunità” di cui all’articolo 11 comprenda e copra, oltre alle azioni penali, anche azioni di diritto civile che vengano promosse nei confronti di membri della Commissione da parte di terzi lesi.

3)

Se l’“immunità di giurisdizione”/“immunità” di un Commissario sia revocabile anche nell’ambito di un’azione di diritto civile nei suoi confronti, come l’azione promossa nella presente fattispecie. In caso di risposta affermativa, chi debba instaurare il procedimento di revoca.

4)

Se i giudici dell’Unione europea siano competenti a conoscere di un’azione per responsabilità extracontrattuale nei confronti di un Commissario, come l’azione promossa nella fattispecie».

19.

Il ricorrente, il convenuto e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte.

IV. Analisi

20.

A mio avviso, il problema chiave di cui alla presente causa è quello sollevato nella quarta questione proposta dal giudice del rinvio: chi debba essere il convenuto e quale sia il foro appropriato nel caso in cui un ex membro del personale di un’istituzione dell’Unione lamenti un danno asseritamente causato dal comportamento di un ex membro di tale istituzione. Inizierò quindi con tale questione. In seguito mi occuperò delle prime tre questioni proposte dal giudice del rinvio, ma soltanto per ragioni di completezza, poiché la mia proposta di risposta alla quarta questione rende superflua una risposta alle altre.

A.   Sulla quarta questione

21.

Con la sua quarta questione il giudice del rinvio domanda se la Corte di giustizia dell’Unione europea sia competente a conoscere di un ricorso per responsabilità extracontrattuale, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, nei confronti di un ex Commissario.

22.

La questione ingloba due problemi distinti: accertare l’identità del convenuto e accertare il foro competente. Contro chi deve agire il ricorrente ai fini del risarcimento dell’asserito danno (l’ex Commissario o l’Unione europea) e dinanzi a quale organo giurisdizionale (i giudici nazionali o la Corte di giustizia dell’Unione europea)? Inoltre, sussiste, di fatto, un terzo problema, connesso o addirittura preliminare ai primi due, senza la cui risoluzione l’identificazione del convenuto e del foro non potrebbe essere operata, ma che non è stato menzionato: accertare quale sia esattamente l’atto che avrebbe arrecato un danno al ricorrente e quale l’illecito specifico all’origine della richiesta di risarcimento.

23.

Nella presente sezione inizierò occupandomi della questione dell’individuazione del convenuto in relazione al presunto fatto illecito che avrebbe arrecato un danno al ricorrente (1). Dopo aver individuato la natura dell’illecito e, di conseguenza, il reale convenuto, il foro competente a conoscere di tale ricorso risulterà chiaro (2).

1. Convenuto

24.

Ai sensi dell’articolo 11 del Protocollo n. 7, sul territorio di ciascuno Stato membro i funzionari e altri agenti dell’Unione godono «dell’immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti in veste ufficiale». Detta immunità persiste «dopo la cessazione delle loro funzioni». Tale disposizione è resa applicabile ai membri della Commissione dall’articolo 19 del Protocollo n. 7.

25.

Pertanto, per quanto concerne gli atti compiuti in veste ufficiale, i membri del personale (e i membri della Commissione) non possono essere coinvolti in procedimenti giudiziari in assenza di una revoca dell’immunità ad opera dell’istituzione dell’Unione interessata.

26.

Secondo la Corte, il requisito in conformità del quale l’atto in questione deve essere compiuto in veste ufficiale si riferisce agli atti «che, in forza di un rapporto interno e diretto, costituiscono la necessaria appendice dei compiti che devono svolgere le istituzioni» ( 5 ). In altri termini, l’articolo 11 del Protocollo n. 7 si riferisce agli atti che, «per loro natura, implicano una partecipazione del dipendente interessato all’esercizio dei compiti dell’istituzione dalla quale dipende» ( 6 ).

27.

Pertanto, l’immunità è limitata al piano funzionale. Deve sussistere un ragionevole grado di prossimità (un rapporto diretto) tra i compiti affidati alle istituzioni e il tipo di comportamento o l’atto del funzionario dell’Unione. Tuttavia, una volta soddisfatto tale requisito, l’immunità copre gli atti del funzionario indipendentemente dal settore giuridico (penale, amministrativo, civile o altro) e a prescindere dalla loro effettiva legittimità ( 7 ). Tuttavia, come risulta dall’articolo 340, quarto comma, TFUE e dall’articolo 11 del Protocollo n. 7, gli agenti (temporanei) che hanno agito illegittimamente possono essere responsabili nei confronti dell’Unione e, quindi, essere sottoposti alle relative procedure ai sensi dell’articolo 22 dello Statuto dei funzionari e dell’articolo 11 del RAA.

28.

Al di là di tale delimitazione generale, la questione se un atto specifico sia stato compiuto da un agente in veste ufficiale dipende in larga misura dal caso concreto. È chiaro che il luogo di commissione dell’atto non è determinante: il semplice fatto che un atto sia stato compiuto nei locali di un’istituzione dell’Unione, in occasione di una missione ufficiale o nel contesto di un evento di lavoro non è sufficiente, di per sé, a dimostrare che esso sia stato compiuto in veste ufficiale ( 8 ). Lo stesso vale per quanto riguarda, ad esempio, dichiarazioni diffamatorie o ingiuriose pronunciate da un membro del personale dell’Unione nei confronti di un’altra persona, forme di molestia psicologica o sessuale oppure violazioni della normativa locale in materia di salute e sicurezza pubbliche, che potrebbero essere propugnate come necessarie ai fini dell’effettivo svolgimento delle attività. In realtà, il fatto che tali spiacevoli eventi possano prodursi sul luogo di lavoro e coinvolgere colleghi o collaboratori non significa affatto che essi possano essere automaticamente ritenuti compiuti in veste ufficiale.

29.

Pertanto, l’unico criterio resta lo stretto rapporto con i compiti affidati alle istituzioni: in altri termini, il criterio di prossimità. Un nesso lasco e puramente casuale tra gli atti compiuti e l’esercizio delle funzioni ufficiali da parte del membro del personale in questione non è sufficiente a far scattare l’immunità di giurisdizione ( 9 ). Detta immunità è garantita soltanto per gli atti che trovano la loro ragion d’essere nelle funzioni ufficiali attribuite al membro del personale interessato, e non per atti che avrebbero potuto essere compiuti anche in un altro contesto, non ufficiale.

30.

A livello procedurale, spetterà al giudice nazionale investito di una controversia (o a qualsiasi altro organo nazionale competente) esaminare i fatti rilevanti al fine di stabilire se un determinato atto di un membro del personale sia stato compiuto o meno in veste ufficiale. Indubbiamente tale valutazione potrà non essere sempre lineare, dato che esige una certa conoscenza delle competenze e del funzionamento interno delle istituzioni dell’Unione. Tuttavia, nel caso in cui detta questione sia pendente dinanzi a un giudice nazionale o, fondamentalmente, sia posta all’attenzione dello stesso nel contesto di un controllo giurisdizionale, può essere sempre proposta una domanda di pronuncia pregiudiziale, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ai fini dell’interpretazione dell’articolo 11 del Protocollo n. 7 ( 10 ).

31.

Ebbene, nel contesto della presente causa, la maggior parte di tali considerazioni generali risultano alquanto ipotetiche, e ciò per due ragioni.

32.

Anzitutto, tenuto conto delle circostanze della causa, quali esposte dal giudice del rinvio, nel presente procedimento è improbabile già chiedersi se gli atti del convenuto siano stati compiuti «in veste ufficiale».

33.

Infatti, alla luce delle affermazioni del giudice del rinvio, confermate, a tal riguardo, dalle osservazioni del ricorrente, il danno lamentato da quest’ultimo deriva dal fatto che sia stato posto fine al suo rapporto di lavoro. L’evento all’origine del danno lamentato risulta essere quindi la decisione della Commissione di risolvere il contratto del ricorrente. Il Commissario ha certamente contribuito all’avvio del procedimento che ha condotto al licenziamento del ricorrente, ma la decisione finale in tal senso è stata adottata il 27 aprile 2016 dal direttore generale della Direzione generale «Risorse umane e sicurezza» della Commissione. Infatti, come il Tribunale ha correttamente osservato nella sentenza pronunciata nella causa promossa dal ricorrente, nonostante il venir meno della fiducia reciproca tra le due persone, la Commissione avrebbe anche potuto decidere di adottare provvedimenti diversi dal licenziamento, ad esempio l’assegnazione del ricorrente ad altre funzioni in seno alla Commissione ( 11 ).

34.

In altri termini, un’analisi della questione se gli atti del convenuto siano stati compiuti o meno «in veste ufficiale» sarebbe stata pertinente se il danno fosse derivato direttamente da tali atti o se fosse ad essi direttamente riconducibile. Tuttavia, nella presente causa, la catena di eventi è diversa: la decisione della Commissione di porre fine al contratto del ricorrente si colloca tra il comportamento del Commissario, da un lato, e l’asserito danno, dall’altro, spezzando il nesso di causalità diretto tra tali due elementi. Risulta che il comportamento contestato al convenuto non costituisce la causa diretta e determinante del danno ( 12 ).

35.

In breve, la catena di eventi sembra essere la seguente: «perdita della fiducia dichiarata dal Commissario – decisione della Commissione – asserito danno». Non pare si tratti della seguente: «presunto atto illecito del Commissario – asserito danno». In tale contesto, non mi è chiaro il motivo per cui sia necessario discutere la portata dell’immunità di cui gode il convenuto se l’atto che ha causato l’asserito danno (sia materiale – la perdita della retribuzione pagata dalla Commissione, sia morale – l’impatto sulla sua reputazione) ( 13 ) consiste, in realtà, nella decisione di un’istituzione dell’Unione, segnatamente la Commissione. In tali circostanze, il convenuto corretto è chiaramente l’autore di tale atto, vale a dire la Commissione (o piuttosto l’Unione europea rappresentata dalla Commissione).

36.

In secondo luogo, anche supponendo che il giudice nazionale necessiti effettivamente di un’analisi concernente la natura degli atti del convenuto per decidere la controversia, il che, sulla base del primo punto esposto supra, non sembra corrispondere al vero, risulta assai chiaro che tali atti sono stati compiuti dal convenuto nella sua veste ufficiale. Infatti, nella domanda di pronuncia pregiudiziale o nelle osservazioni del ricorrente non vi è nulla che induca a ritenere che l’asserito danno discenda da atti non direttamente connessi all’esercizio, da parte del convenuto, delle sue funzioni di Commissario.

37.

Piuttosto, sembra vero il contrario. L’asserito danno sembra discendere, in sostanza, dal fatto che il rapporto di lavoro sia cessato per effetto della dichiarazione del convenuto di non poter più riporre la propria fiducia nel ricorrente. I motivi per i quali il ricorrente chiede il risarcimento dei danni materiali e morali, nonché il suo importo, dimostrano piuttosto chiaramente che non risulta alcun danno da atti scindibili dalla cessazione del suo rapporto di lavoro.

38.

A mio avviso, la decisione di porre fine al contratto del ricorrente, supponendo che vi sia stata una «decisione personale» anteriore e autonoma del Commissario, che potrebbe essere percepita, pur non essendolo, come distinta rispetto alla decisione ufficiale della Commissione che ha successivamente posto fine, di fatto, al contratto, rientrerebbe chiaramente, in ogni caso, nella nozione di «atti (…) compiuti in veste ufficiale».

39.

Occorre ricordare che il ricorrente è stato assunto, in qualità di agente temporaneo della Commissione, per svolgere funzioni nel gabinetto di un Commissario. Come correttamente dichiarato dal Tribunale nella sentenza resa sul primo ricorso proposto dal ricorrente, un membro della Commissione dispone di un gabinetto composto da collaboratori che sono i suoi consiglieri personali. L’assunzione di tali collaboratori è effettuata intuitu personae, ossia in modo ampiamente discrezionale, dato che questi ultimi sono scelti sia per le loro qualità professionali e morali, sia per la loro capacità di adattarsi ai metodi di lavoro propri del commissario interessato e a quelli dell’insieme del suo gabinetto ( 14 ).

40.

Nella stessa sentenza, il Tribunale ha affermato altresì che il potere ampiamente discrezionale di cui dispone il membro della Commissione per scegliere i suoi collaboratori è giustificato in particolare dalla specifica natura delle funzioni svolte in seno al gabinetto di un membro della Commissione e dalla necessità di mantenere rapporti di fiducia reciproca tra il membro della Commissione e i suoi collaboratori.

41.

Concordo. Un membro della Commissione deve disporre di un ampio potere discrezionale quanto alla scelta del personale chiamato a svolgere funzioni nel suo gabinetto. La sua possibilità di assumere agenti temporanei scegliendo soggetti dei quali può fidarsi e, nella stessa logica, la possibilità di porre fine al contratto di lavoro di una persona quando tale rapporto di fiducia cessi sono decisive ai fini dell’esercizio effettivo delle sue funzioni.

42.

Pertanto, il fatto che il convenuto abbia deciso di non aver più bisogno dei servizi del ricorrente e il fatto di aver giustificato tale decisione con la perdita di fiducia nei confronti di quest’ultimo costituiscono un atto compiuto dal convenuto in veste ufficiale. Vi è un nesso diretto ed evidente tra tale atto e l’esecuzione, da parte del Commissario, dei compiti a lui affidati in qualità di membro della Commissione.

43.

In sintesi, per gli atti di cui trattasi nel procedimento principale, in assenza di revoca dell’immunità da parte della Commissione, la citazione del convenuto dinanzi al giudice del rinvio non può essere valida. Infatti, tenuto conto dell’immunità di cui gode in forza dell’articolo 11 del Protocollo n. 7 per detti atti, il convenuto non poteva essere citato in giudizio a titolo personale dal ricorrente dinanzi ad alcun giudice.

44.

Nondimeno, ai sensi dell’articolo 340, primo comma, TFUE, l’Unione deve «risarcire (…) i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni». Come sottolineato dalla Corte già nel 1969, per quanto concerne la responsabilità extracontrattuale, il trattato prevede una «norma unitaria» in materia di risarcimento dei danni causati dalle sue istituzioni e dai suoi dipendenti nell’esercizio delle loro funzioni ( 15 ).

45.

Pertanto, a un privato quale il ricorrente non è certamente negata la possibilità di ottenere un risarcimento dinanzi ad un’autorità giudiziaria ( 16 ). Tuttavia, nell’ambito di un’azione per responsabilità extracontrattuale per atti come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, il convenuto corretto è l’Unione europea, rappresentata dall’istituzione dell’Unione il cui comportamento ha asseritamente cagionato il danno lamentato ( 17 ).

2. Giudice competente

46.

La conclusione sopra esposta consente già di fornire una risposta al secondo punto sollevato dalla quarta questione proposta dal giudice del rinvio. Infatti, conformemente all’articolo 268 TFUE, un’azione come quella instaurata dal ricorrente nel procedimento principale deve essere proposta dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

47.

Come costantemente affermato dalla stessa Corte, la Corte di giustizia dell’Unione europea possiede «competenza esclusiva» per conoscere dei ricorsi per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’Unione ( 18 ). Di conseguenza, i giudici nazionali, come il giudice del rinvio, non sono competenti a conoscere questo tipo di ricorsi ( 19 ). Il fatto che la normativa nazionale che disciplina le azioni risarcitorie preveda norme speciali per talune situazioni (ad esempio, quando il danno discende da una condotta penalmente rilevante) non può rimettere in discussione tale conclusione ( 20 ).

48.

Ciò detto, non posso esimermi dall’osservare che esiste un altro criterio di competenza che potrebbe essere pertinente nel caso di specie.

49.

L’articolo 270 TFUE enuncia che «[l]a Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi su qualsiasi controversia tra l’Unione e gli agenti di questa, nei limiti e alle condizioni determinati dallo statuto dei funzionari dell’Unione e dal regime applicabile agli altri agenti dell’Unione». In particolare, anche tale disposizione prevede una competenza esclusiva della Corte di giustizia dell’Unione europea.

50.

In applicazione dell’articolo 270 TFUE, l’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto dei funzionari, reso applicabile agli agenti temporanei dall’articolo 46 del RAA, prevede quanto segue: «[l]a Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a dirimere ogni controversia tra l’Unione e una delle persone indicate nel presente statuto circa la legalità di un atto che rechi pregiudizio a detta persona (…). Nelle controversie di carattere pecuniario la Corte di giustizia ha una competenza anche di merito».

51.

A tale riguardo la Corte ha costantemente statuito che «una controversia tra un funzionario e l’istituzione presso cui presta servizio, allorché trovi origine nel rapporto di impiego che vincola l’interessato all’istituzione, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 270 TFUE e degli articoli 90 e 91 dello Statuto dei funzionari, anche qualora si tratti di un ricorso per risarcimento» ( 21 ).

52.

Alla luce di tale contesto, mi sembra che, sulla base dei fatti come esposti dal giudice del rinvio, tale disposizione potrebbe trovare applicazione nel caso di specie, poiché il ricorrente è stato assunto in qualità di agente temporaneo della Commissione ai sensi dell’articolo 2, lettera c), del RAA ( 22 ). Infatti, il ricorrente contesta la legittimità della decisione della Commissione di porre fine al suo contratto di lavoro, nonché, indirettamente, la legittimità del comportamento di un ex membro della Commissione che avrebbe condotto all’adozione di tale decisione, e chiede un risarcimento monetario del danno che lamenta di aver subìto di conseguenza. In breve, la presente controversia possiede carattere pecuniario e trae origine dal rapporto di lavoro tra il ricorrente e la Commissione.

53.

Tale causa, dunque, è simile ad altre cause nelle quali la Corte ha ritenuto che, quando la controversia trae origine dal rapporto di lavoro fra la persona interessata e un’istituzione, i ricorsi, proposti da membri del personale in servizio o da ex membri del personale, diretti all’accertamento della responsabilità dell’istituzione per determinati illeciti nonché alla condanna della stessa al pagamento di un risarcimento, rientrano, ratione materiae, nel campo di applicazione dell’articolo 270 TFUE e dell’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto dei funzionari ( 23 ).

54.

Dunque, in un certo senso, è sorprendente che il ricorrente non abbia proposto dinanzi al Tribunale una domanda di risarcimento per responsabilità extracontrattuale, congiuntamente o parallelamente ai suoi ricorsi diretti all’annullamento delle decisioni della Commissione di porre fine al suo contratto ( 24 ). Le domande proposte nei due procedimenti risultano connesse. Nel sistema dei rimedi giuridici dell’Unione, la competenza a statuire su una domanda prioritaria (ad esempio, l’annullamento di un atto illegittimo) implica, di regola, quella a statuire su ogni domanda complementare che deriva dal medesimo atto o dal medesimo fatto (ad esempio, il risarcimento dei danni derivanti dall’atto illecito) ( 25 ). Quindi, nell’ambito dei ricorsi di annullamento dinanzi al Tribunale il ricorrente avrebbe potuto dedurre validamente questioni concernenti qualsiasi fatto anteriore al suo licenziamento, compresi tutti gli atti preparatori (anche quelli compiuti dal convenuto).

55.

In conclusione, è chiaro che un’azione per responsabilità extracontrattuale come quella proposta dal ricorrente dinanzi al giudice del rinvio, indipendentemente dal fatto se essa sia fondata sugli articoli 268 e 340 TFUE o sull’articolo 270 TFUE, dovrebbe essere diretta nei confronti dell’Unione europea e proposta dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

56.

Ciò considerato, mi occuperò ora delle altre questioni pregiudiziali, alle quali è possibile rispondere in modo assai conciso, e ciò unicamente per ragioni di completezza.

B.   Sulla prima questione

57.

Con la prima questione il giudice del rinvio domanda se le espressioni «immunità di giurisdizione» («ετεροδικία», «eterodikia») e «immunità» («ασυλία», «asylia»), di cui all’articolo 11, lettera a), della versione in lingua greca del Protocollo n. 7, abbiano lo stesso significato.

58.

Tale questione è stata proposta alla luce degli argomenti dedotti dal ricorrente nel procedimento principale. Egli ha sostenuto che, tenuto conto delle due espressioni utilizzate nella disposizione di cui trattasi, un ex Commissario non beneficia di un’immunità di giurisdizione totale, bensì di una forma più limitata di immunità. A suo avviso, quest’ultima forma di immunità non può, conformemente al diritto nazionale (in particolare all’articolo 3, paragrafo 2, del codice processuale civile greco), «proteggere» il convenuto dai procedimenti proposti dinanzi ai giudici nazionali qualora il danno derivi da un reato.

59.

Tali argomenti sono infondati. Come giustamente rilevato dal convenuto e dalla Commissione nelle loro osservazioni, i dubbi del giudice del rinvio sono dovuti unicamente alla versione in lingua greca del Protocollo n. 7.

60.

Secondo una giurisprudenza costante, la necessità dell’interpretazione uniforme delle disposizioni dell’Unione esclude che il testo di una disposizione sia considerato isolatamente ed esige, al contrario, che venga interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali ( 26 ) e in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte ( 27 ).

61.

Nella presente causa, un semplice confronto tra le diverse versioni linguistiche del Protocollo n. 7 suggerisce che i due termini siano destinati ad avere lo stesso significato. Ad esempio, si può comparare la versione greca con le versioni spagnola («inmunidad de jurisdicción/dicha inmunidad»), tedesca («Befreiung von der Gerichtsbarkeit/diese Befreiung»), inglese («immune from legal proceedings/this immunity»), francese («immunité de jurisdiction/cette immunité») o italiana («immunità di giurisdizione/questa immunità»).

62.

Anche la finalità e il contesto di tale disposizione confermano siffatta interpretazione. L’articolo 11, lettera a), prima frase, del Protocollo n. 7 determina l’ambito di applicazione ratione materiae dell’immunità, mentre la seconda frase ne disciplina l’ambito di applicazione ratione temporis. In entrambi i casi, si tratta della stessa immunità, dotata del medesimo ambito di applicazione.

63.

Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione nel senso che le espressioni «immunità di giurisdizione» («ετεροδικία», «eterodikia») e «immunità» («ασυλία», «asylia») di cui all’articolo 11, lettera a), della versione in lingua greca del Protocollo n. 7 hanno lo stesso significato.

C.   Sulla seconda questione

64.

Con la sua seconda questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’immunità di giurisdizione di cui all’articolo 11 del Protocollo n. 7 comprenda, oltre alle azioni penali, anche azioni di diritto civile.

65.

La risposta a tale questione è parimenti agevole: come sostenuto dal convenuto e dalla Commissione (e contrariamente a quanto sostiene il ricorrente), l’immunità prevista dall’articolo 11 si estende alle azioni di diritto civile. Un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica della disposizione depone in tal senso.

66.

In primo luogo, il testo di tale disposizione concerne, chiaramente, l’immunità di (qualsiasi tipo di) «giurisdizione per gli atti da loro compiuti in veste ufficiale». Nel testo della disposizione non si rinviene alcun limite concernente il tipo o la natura del procedimento (civile, penale, amministrativo o, parimenti, di altro tipo).

67.

In secondo luogo, un’ampia interpretazione della nozione di «immunità» è conforme alla ratio di tale disposizione e, più in generale, alla natura funzionale delle prerogative speciali sancite dal Protocollo n. 7. Tali prerogative speciali mirano ad assicurare alle istituzioni dell’Unione una tutela completa ed effettiva contro gli ostacoli o i rischi per il loro buon funzionamento e la loro indipendenza ( 28 ). Più specificamente, come risulta dall’articolo 17 del Protocollo n. 7, i privilegi, le immunità e le agevolazioni sono concessi ai funzionari e agli altri agenti dell’Unione «esclusivamente nell’interesse di quest’ultima» ( 29 ). In altri termini, i privilegi e le immunità sono concessi al fine di consentire ai membri del personale dell’Unione di svolgere le loro funzioni in modo efficace e senza ingerenze esterne, nonché senza dover temere di essere penalmente perseguiti per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni ( 30 ).

68.

Stando così le cose, è difficile negare che la corretta esecuzione dei compiti del personale dell’Unione potrebbe essere ostacolata non soltanto da procedimenti penali, ma anche da questioni amministrative o procedimenti civili (ivi comprese le azioni per responsabilità extracontrattuale, come quella di cui al procedimento principale).

69.

In terzo luogo, la Corte ha interpretato la nozione di «procedimento giudiziario», di cui all’articolo 8 del Protocollo n. 7 (concernente l’immunità dei membri del Parlamento europeo), nel senso che essa osta anche a procedimenti civili ( 31 ). Tenuto conto della formulazione e della finalità analoghe delle due disposizioni, non sarebbe concepibile sottoporre tale nozione a un’interpretazione diversa quando utilizzata all’articolo 11 del medesimo protocollo.

70.

In quarto luogo, osservo, per inciso, che l’interpretazione dell’articolo 11 del Protocollo n. 7 proposta è altresì conforme all’articolo 31, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche ( 32 ), ai sensi del quale «[l]’agente diplomatico gode dell’immunità dalla giurisdizione penale dello Stato accreditatario» e, salvo eccezioni, anche «dalla giurisdizione civile e amministrativa dello stesso».

71.

Pertanto, occorre rispondere alla seconda questione nel senso che l’immunità di giurisdizione di cui all’articolo 11 del Protocollo n. 7 copre qualsiasi azione giudiziaria, ivi comprese le azioni di diritto civile.

D.   Sulla terza questione

72.

Infine, la terza questione riguarda la revoca dell’immunità di giurisdizione. Il giudice del rinvio domanda se tale revoca possa essere richiesta anche nell’ambito di un’azione di diritto civile e, in caso affermativo, chi debba instaurare il procedimento di revoca.

73.

Ribadisco che la formulazione dell’articolo 17 del Protocollo n. 7 non contiene alcuna limitazione quanto al tipo di procedimento instaurato nei confronti di funzionari e altri agenti dell’Unione nell’ambito del quale possa essere richiesta una revoca. Pertanto, non vedo alcuna ragione per ritenere che una revoca possa essere richiesta soltanto nell’ambito di un procedimento penale.

74.

Inoltre, non concepisco la logica alla base di siffatta distinzione. Come esposto al precedente paragrafo 67, i privilegi e le immunità sono concessi ai membri del personale dell’Unione nell’interesse dell’Unione affinché questi ultimi possano svolgere le loro funzioni in modo efficace e senza dover temere procedimenti (civili, penali, amministrativi o di altro tipo) per gli atti compiuti in tale contesto. Dunque, naturalmente, possono darsi situazioni in cui l’Unione decida che l’avvio e lo svolgimento di siffatti procedimenti giudiziari, di natura civile, penale o di altro tipo, non siano contrari ai suoi interessi.

75.

Pertanto, una revoca può senz’altro essere richiesta nell’ambito di un’azione di diritto civile.

76.

Inoltre, per quanto riguarda l’organo tenuto a instaurare il procedimento di revoca, le disposizioni del protocollo non disciplinano il modo in cui detto procedimento debba essere condotto a livello nazionale, né individuano le autorità nazionali competenti a tal fine. Osservo che, dal canto suo, neppure la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche contiene disposizioni al riguardo ( 33 ).

77.

Ciò è alquanto comprensibile, tenuto conto della possibile eterogeneità delle situazioni in cui una siffatta revoca può essere richiesta e degli organi nazionali interessati. L’individuazione dell’organo competente a livello nazionale dipende dalla natura (civile, penale, amministrativa o altro) del procedimento. Ne consegue che, in assenza di qualsiasi norma dell’Unione in materia, tali aspetti non possono che essere disciplinati dal diritto nazionale, in forza del principio dell’autonomia procedurale.

78.

Uno sguardo alla prassi dei vari Stati membri, come emerge, ad esempio, dalle decisioni del Parlamento europeo concernenti richieste di revoca dell’immunità dei suoi membri o dalle cause sottoposte ai giudici dell’Unione ( 34 ), mostra che, di regola, la revoca è richiesta dall’autorità giudiziaria competente in materia (in particolare, il giudice competente a conoscere della controversia o il pubblico ministero incaricato delle indagini e/o del procedimento penale).

79.

Tuttavia, anche se le disposizioni del Protocollo n. 7 non disciplinano la fase procedurale a livello nazionale, esse disciplinano il «lato europeo» del procedimento. Infatti, l’articolo 17 di tale protocollo indica che, quando è richiesta una revoca, spetta a ciascuna istituzione valutare se la revoca «non sia contrari[a] agli interessi dell’Unione». Nella presente causa, qualora sia richiesta una revoca, spetterebbe alla Commissione europea (come collegio dei Commissari) esaminare tale richiesta e adottare una decisione su di essa.

80.

Evidentemente, la decisione se la concessione della revoca sia contraria o meno agli interessi dell’Unione è una decisione ampiamente politica. Essa esige una valutazione dell’impatto che i procedimenti giudiziari promossi nei confronti di un membro del personale possono produrre sull’integrità dell’istituzione interessata. Pertanto, l’istituzione dell’Unione competente gode di un ampio margine di discrezionalità nel compimento di tale valutazione ( 35 ).

81.

Propongo, di conseguenza, di rispondere alla terza questione nel senso che la revoca dell’immunità di giurisdizione può essere richiesta anche nell’ambito di un’azione di diritto civile. Spetta al diritto nazionale determinare le autorità competenti a presentare una tale richiesta.

V. Conclusione

82.

Propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Polymeles Protodikeio Athinon (Tribunale collegiale di primo grado di Atene, Grecia) nel modo seguente:

1)

Le espressioni «immunità di giurisdizione» («ετεροδικία», «eterodikia») e «immunità» («ασυλία», «asylia») di cui all’articolo 11, lettera a), della versione in lingua greca del Protocollo n. 7 hanno lo stesso significato.

2)

L’immunità di giurisdizione di cui all’articolo 11 del Protocollo n. 7 comprende le azioni di diritto civile.

3)

La revoca dell’immunità di giurisdizione, prevista all’articolo 17 del Protocollo n. 7, può essere richiesta nell’ambito di un’azione di diritto civile. Spetta al diritto nazionale determinare le autorità competenti a presentare una tale richiesta.

4)

Il ricorso per responsabilità extracontrattuale proposto da un ex agente temporaneo dell’Unione e diretto al risarcimento del danno da questi asseritamente subìto per effetto dell’indebita risoluzione del suo contratto deve essere proposto nei confronti dell’Unione europea e dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Ai sensi di tale disposizione, per «agente temporaneo» si intende «l’agente assunto per svolgere funzioni presso una persona che assolva un mandato previsto dal trattato sull’Unione europea o dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea o presso un presidente eletto di una istituzione o di un organo dell’Unione, di un gruppo politico del Parlamento europeo o del Comitato delle regioni oppure di un gruppo del Comitato economico e sociale e che non sia scelto tra i funzionari dell’Unione». V. regolamento n. 31 (C.E.E.) 11 (C.E.E.A.) relativo allo statuto dei funzionari e al regime applicabile agli altri agenti della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell’Energia Atomica (GU 1962, P 45, pag. 1385), come modificato.

( 3 ) Sentenza del 10 gennaio 2019, RY/Commissione (T‑160/17, EU:T:2019:1).

( 4 ) Causa T‑824/19, RY/Commissione.

( 5 ) Sentenza del 10 luglio 1969, Sayag e Zurich (9/69, EU:C:1969:37, punto 7/8) (EU:C:1969:37, pag. 336).

( 6 ) Conclusioni dell’avvocato generale Gand nella causa Sayag e Zurich (9/69, EU:C:1969:31, pag. 338).

( 7 ) V., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies (C‑502/19, EU:C:2019:1115, punti 76, 77, 8791), e del 12 settembre 2007, Nikolaou/Commissione (T‑259/03, EU:T:2007:254, punti 162, da 185 a 188, da 192 a 199, 208 e 209). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Commissione/RQ (C‑831/18 P, EU:C:2019:1143, paragrafi 5455) e dell’avvocato generale Hogan nella causa Corte dei conti/Pinxten (C‑130/19, EU:C:2020:1052, paragrafi 2832).

( 8 ) V., ad esempio, sentenze del 10 luglio 1969, Sayag e Zurich (9/69, EU:C:1969:37, punti 9/10), e del 22 marzo 1990, Le Pen e Front National (C‑201/89, EU:C:1990:133, punto 11).

( 9 ) In tal senso, per analogia, v. sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:543, punti 3536).

( 10 ) V., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:543, punti 2223). In ultima analisi, la Corte potrebbe essere investita della questione del rispetto, da parte delle autorità nazionali, delle norme di cui al Protocollo n. 7 anche indirettamente, attraverso un procedimento per infrazione ai sensi degli articoli da 258 a 260 TFUE: v., per analogia, ordinanza del 15 dicembre 2020, Junqueras i Vies/Parlamento (T‑24/20, EU:T:2020:601, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) Sentenza del 10 gennaio 2019, RY/Commissione (T‑160/17, EU:T:2019:1, punto 38).

( 12 ) Secondo una giurisprudenza costante dell’Unione, al fine di attivare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione deve sussistere un nesso causale diretto tra l’atto illecito e il danno (si potrebbe anzi presumere che tale condizione sia la stessa nella maggioranza degli altri ordinamenti giuridici, compresi quelli nazionali): v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

( 13 ) Come precisato supra, al paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

( 14 ) Sentenza del 10 gennaio 2019, RY/Commissione (T‑160/17, EU:T:2019:1, punto 31).

( 15 ) Sentenza del 10 luglio 1969, Sayag e Zurich (9/69, EU:C:1969:37, punto 5).

( 16 ) Infatti, come osservato dalla Corte internazionale di giustizia nel suo parere consultivo del 29 aprile 1999 sulla controversia relativa all’immunità dalla giurisdizione di un relatore speciale della Commissione dei diritti umani (I.C.J. Reports 1999, pag. 62, § 66), «la questione dell’immunità dalla giurisdizione è distinta dal problema del risarcimento dei danni subiti in conseguenza ad atti compiuti dalle Nazioni Unite o dai suoi funzionari in veste ufficiale».

( 17 ) V. sentenza del 13 dicembre 2018, Unione europea/Kendrion (C‑150/17 P, EU:C:2018:1014, punto 33).

( 18 ) V., ad esempio, sentenze del 27 settembre 1988, Asteris e a. (C‑106/87, EU:C:1988:457, punti 1415), e del 29 luglio 2010, Hanssens-Ensch (C‑377/09, EU:C:2010:459, punto 17).

( 19 ) V., in tal senso, sentenze del 13 febbraio 1979, Granaria (C‑101/78, EU:C:1979:38, punto 16), e del 28 settembre 1988, Asteris e a. (C‑106/87, EU:C:1988:457, punto 14).

( 20 ) V., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2010, Hanssens-Ensch (C‑377/09, EU:C:2010:459, punti da 23 a 26).

( 21 ) V., inter alia, sentenza del 10 settembre 2015, Riesame-Missir Mamachi di Lusignano/Commissione (C‑417/14 RX-II, EU:C:2015:588, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

( 22 ) V. supra, paragrafo 9 delle presenti conclusioni.

( 23 ) V., in particolare, sentenza del 10 settembre 2015, Missir Mamachi di Lusignano/Commissione (C‑417/14 RX-II, EU:C:2015:588, punti da 39 a 41 e giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) V. supra, paragrafi 12 e 14 delle presenti conclusioni.

( 25 ) Analogamente, v. presa di posizione dell’avvocato generale nel riesame della causa Missir Mamachi di Lusignano/Commissione (C‑417/14 RX‑II, EU:C:2015:593, paragrafo 48).

( 26 ) V., inter alia, sentenza del 27 aprile 2017, Onix Asigurări (C‑559/15, EU:C:2017:316, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

( 27 ) V., inter alia, sentenza del 19 aprile 2007, Profisa (C‑63/06, EU:C:2007:233, punto 14 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) V., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies (C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

( 29 ) Il corsivo è mio. Tale disposizione è un’espressione del principio sancito all’articolo 343 TFUE, ai sensi del quale l’Unione gode dei privilegi e delle immunità «necessari all’assolvimento dei suoi compiti».

( 30 ) V., inter alia, conclusioni dell’avvocato generale Gand nella causa Sayag e Zurich (9/69, EU:C:1969:31, pag. 339) e dell’avvocato generale Poiares Maduro nelle cause riunite Marra (C‑200/07 e C‑201/07, EU:C:2008:369, paragrafo 35).

( 31 ) V., per analogia, sentenze del 21 ottobre 2008, Marra (C‑200/07 e C‑201/07, EU:C:2008:579), e del 6 settembre 2011, Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:543, punto 34). Analogamente, v. conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:379, paragrafo 51): «vi rientrano tutte le forme di responsabilità giuridica, in particolare la responsabilità penale e civile».

( 32 ) Conchiusa a Vienna il 18 aprile 1961 ed entrata in vigore il 24 aprile 1964 (United Nations, Treaty Series, vol. 500, pag. 95). Sebbene tale convenzione si applichi soltanto agli Stati, è opinione comune che anche le organizzazioni internazionali debbano beneficiare di immunità analoghe: v., ad esempio, Corte europea dei diritti dell’uomo, del 18 febbraio 1999, Waite e Kennedy c. Germania (CE:ECHR:1999:0218JUD002608394, §63), e del 27 giugno 2013, Stichting Mothers of Srebrenica e a. c. Paesi Bassi (CE:ECHR:2013:0611DEC006554212, §139).

( 33 ) V. supra, nota 32. Per quanto concerne la rinuncia, v. articolo 32 della stessa convenzione. In generale, su tale disposizione, v. Denza, E., «Diplomatic Law: Commentary on the Vienna Convention on Diplomatic Relations», 4a ed., Oxford University Press, 2016, pagg. da 273 a 287.

( 34 ) V., ad esempio, sentenze del 24 ottobre 2018, RQ/Commissione (T‑29/17, EU:T:2018:717, punti 56); del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies (C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 92), e del 17 settembre 2020, Troszczynski/Parlamento (C‑12/19 P, EU:C:2020:7, punto 10).

( 35 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2018, Troszczynski/Parlamento (T‑550/17, EU:T:2018:754, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).