CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate l’11 febbraio 2021 ( 1 )

Causa C‑579/19

R (su istanza dell’Association of Independent Meat Suppliers e a.)

contro

Food Standards Agency

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito)]

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 854/2004 – Regolamento (CE) n. 882/2004 – Controlli ufficiali su alimenti di origine animale – Diritto al controllo giurisdizionale di una decisione di un veterinario ufficiale – Principi di equivalenza e di effettività – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»

I. Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito), verte in sostanza sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano ( 2 ), nonché dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali ( 3 ). L’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 riguarda l’applicazione di bolli sanitari da parte di veterinari ufficiali quando questi ultimi ritengono che la carne sia idonea al consumo umano, mentre l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 ha ad oggetto le informazioni sui diritti di ricorso contro decisioni adottate dalle autorità competenti degli Stati membri in seguito a siffatti controlli ufficiali.

2.

I regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 fanno parte del contesto normativo che disciplina la sicurezza alimentare nell’Unione europea ( 4 ). A livello generale, detti regolamenti stabiliscono norme armonizzate sui controlli ufficiali effettuati dalle autorità competenti degli Stati membri al fine di garantire che gli operatori del settore alimentare si conformino agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Nel contesto in esame, i veterinari ufficiali sono persone con speciali qualifiche che, con l’assistenza di assistenti specializzati ufficiali, svolgono compiti in rappresentanza di dette autorità nel sistema dei controlli ufficiali relativi alle carni.

3.

Nella presente causa, la Corte è chiamata a pronunciarsi sulle conseguenze che derivano dal «diritto di impugnazione avverso le decisioni prese dalle autorità competenti in seguito ai controlli ufficiali», enunciato al considerando 43 del regolamento n. 882/2004 e ulteriormente elaborato nell’articolo 54, paragrafo 3, del medesimo regolamento.

4.

In primo luogo, il giudice del rinvio si interroga circa la compatibilità con i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 di un regime giuridico che esisteva nel Regno Unito prima dell’entrata in vigore di tali regolamenti, vale a dire l’articolo 9 del Food Safety Act 1990 (legge del 1990 in materia di sicurezza alimentare; in prosieguo: la «legge del 1990») ( 5 ). Il giudice del rinvio lo ha fatto nell’ambito di una controversia tra le ricorrenti nel procedimento principale, la Cleveland Meat Company (in prosieguo: la «CMC») e l’Association of Independent Meat Suppliers (Associazione dei fornitori indipendenti di carni), e la resistente, la Food Standards Agency (Agenzia per le norme alimentari, Regno Unito; in prosieguo: la «FSA»), in merito a quale via percorribile nell’ordinamento nazionale per valutare in sede giudiziaria una decisione adottata da un veterinario ufficiale di non applicare un bollo sanitario a carne ritenuta non idonea al consumo umano sia compatibile con il diritto dell’Unione. L’articolo 9 della legge del 1990, che costituisce una procedura dinanzi a un giudice di pace che comporta il riesame della causa nel merito, è l’unica via che soddisfi il sopra descritto diritto di ricorso previsto dal diritto dell’Unione, come affermato dalle ricorrenti, oppure un ricorso per controllo giurisdizionale previsto dall’ordinamento del Regno Unito («ricorso per controllo giurisdizionale»), che è una procedura dinanzi a un giudice che non comporta un riesame della causa nel merito, offre uno strumento effettivo e adeguato per il rispetto dei requisiti in materia di sicurezza alimentare dei regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 e, più specificamente, il rifiuto di un veterinario ufficiale di applicare un bollo sanitario, come sostenuto dalla FSA? Tale questione comporta necessariamente l’esame della giurisprudenza della Corte sull’autonomia procedurale degli Stati membri di stabilire norme che disciplinano i ricorsi per la tutela dei diritti dell’Unione, fatti salvi i principi di equivalenza e di effettività e il diritto a un ricorso effettivo, come garantito dall’articolo 47, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

5.

In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede se, per conformarsi a detti regolamenti e, più in generale, al diritto dell’Unione, il regolamento n. 882/2004 preveda un ricorso contro la decisione di un veterinario ufficiale che rifiuta l’applicazione di un bollo sanitario ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, comprendente un controllo giurisdizionale nel merito. Anche a tale questione occorre rispondere soltanto alla luce della pertinente giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 47 della Carta, dal momento che essa riguarda la portata del controllo giurisdizionale.

6.

Di conseguenza, la causa in esame solleva nuove questioni in relazione alla tutela giurisdizionale effettiva dei singoli nel diritto alimentare dell’Unione e al rapporto tra i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 a tale riguardo. Essa ha inoltre implicazioni potenzialmente più ampie sull’evoluzione della giurisprudenza della Corte in materia di controllo giurisdizionale delle decisioni amministrative da parte di giudici nazionali sulla base dell’articolo 47 della Carta.

II. Contesto normativo

7.

L’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 così recita:

«La bollatura sanitaria delle carcasse di ungulati domestici, mammiferi di selvaggina di allevamento diversi dai lagomorfi, selvaggina in libertà di grosse dimensioni nonché delle mezze carcasse, dei quarti e dei tagli ottenuti sezionando le mezze carcasse in tre pezzi è effettuata nei macelli e nei centri di lavorazione della selvaggina, conformemente alla sezione I, capo III, dell’allegato I. Le bollature sanitarie sono applicate dal veterinario ufficiale o sotto la sua responsabilità, qualora i controlli ufficiali non abbiano individuato mancanze tali da rendere la carne inadatta al consumo umano».

8.

Il considerando 43 del regolamento n. 882/2004 è così formulato:

«Gli operatori dovrebbero avere diritto di impugnazione avverso le decisioni prese dalle autorità competenti in seguito ai controlli ufficiali ed essere informati di tale diritto».

9.

L’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 così dispone:

«L’autorità competente trasmette all’operatore interessato o a un suo rappresentante:

a)

notifica scritta della sua decisione concernente l’azione da intraprendere a norma del paragrafo 1, unitamente alle relative motivazioni;

b)

informazioni sui diritti di ricorso avverso tali decisioni e sulla procedura e sui termini applicabili».

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

10.

In data 11 settembre 2014, la CMC ha acquistato un toro vivo al prezzo di circa 1400 sterline inglesi (GBP) (approssimativamente EUR 1700). Esso è stato ritenuto idoneo alla macellazione dal veterinario ufficiale in servizio presso il macello della CMC. L’ispezione post mortem della carcassa e delle frattaglie è stata effettuata da un assistente specializzato ufficiale, qualificato come ispettore dell’igiene delle carni, che ha identificato tre ascessi nelle frattaglie ( 6 ). Più tardi nella stessa giornata, il veterinario ufficiale ha ispezionato la carcassa e, dopo averne discusso con detto ispettore, ha dichiarato la carne inidonea al consumo umano, perché gli ascessi davano origine al sospetto che il toro soffrisse di piemia, una forma di infezione del sangue ( 7 ). Il veterinario ufficiale non ha quindi apposto alla carcassa il bollo sanitario che avrebbe attestato l’idoneità al consumo umano. Di conseguenza, alla CMC è stata vietata la vendita della carcassa ai sensi dell’articolo 19 del Food Safety and Hygiene (England) Regulations 2013 [Regolamento del 2013, in materia di sicurezza e igiene dei prodotti alimentari (Inghilterra)] ( 8 ).

11.

La CMC ha chiesto il parere di un altro veterinario e ha contestato le conclusioni del veterinario ufficiale. Essa ha sostenuto che, in caso di controversia e di un suo rifiuto di consegnare volontariamente la carcassa, il veterinario ufficiale avrebbe dovuto sequestrare la carcassa ai sensi dell’articolo 9 della legge del 1990 e presentarla a un giudice di pace per stabilire se dovesse essere dichiarata inidonea o meno. La FSA, che è l’autorità competente ai sensi della normativa dell’Unione e nazionale in materia di sicurezza alimentare ed è responsabile dei controlli ufficiali nei macelli, ha ritenuto che non fosse necessario ricorrere a tale procedura e che, essendo stata dichiarata inidonea al consumo umano da parte del veterinario ufficiale, la carcassa avrebbe dovuto essere smaltita come sottoprodotto di origine animale.

12.

Il 23 settembre 2014, il veterinario ufficiale, in rappresentanza della FSA, ha notificato alla CMC l’ordine di smaltimento della carcassa come sottoprodotto di origine animale ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), dell’Animal By-Products (Enforcement) (England) Regulations 2013 [regolamento esecutivo del 2013, in materia di sottoprodotti di origine animale (Inghilterra)] ( 9 ) e del regolamento n. 1069/2009. Nell’ordine si enunciava quanto segue: «La presente decisione può essere soggetta a ricorso per controllo giurisdizionale (judicial review). L’atto di ricorso deve essere presentato tempestivamente e, in ogni caso, di regola entro tre mesi dalla data in cui si è inizialmente verificato il motivo di ricorso».

13.

Un ricorso per controllo giurisdizionale è stato effettivamente avviato dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (United Kingdom) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench, Regno Unito] da parte della CMC e dall’Association of Independent Meat Suppliers (in prosieguo, congiuntamente: le «ricorrenti») per contestare l’affermazione della FSA secondo cui non era necessario che essa ricorresse alla procedura di cui all’articolo 9 della legge del 1990 e, in subordine, per sostenere che il Regno Unito è tenuto a predisporre mezzi per impugnare le decisioni del veterinario ufficiale riguardo all’idoneità della carne al consumo umano. Detto ricorso è stato respinto da tale giudice ( 10 ) e dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (United Kingdom) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile), Regno Unito] ( 11 ), cosicché le ricorrenti hanno presentato ricorso dinanzi alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito).

14.

Il giudice del rinvio ha affermato, in particolare, che la procedura di cui all’articolo 9 della legge del 1990 non è strutturata in termini di ricorso avverso la decisione del veterinario ufficiale sull’idoneità della carne al consumo umano. In base alla procedura in esame, se il funzionario competente di un’autorità alimentare o di un’autorità preposta all’applicazione della legge, come la FSA, ritiene che gli alimenti destinati al consumo umano non soddisfino i requisiti di sicurezza alimentare, detto funzionario può sequestrare gli alimenti per metterli a disposizione di un giudice di pace territorialmente competente, che può essere un magistrato onorario o un giudice distrettuale togato ed è facilmente disponibile in ogni momento. Se il giudice di pace, sulla base delle prove che egli ritiene opportune, reputa che gli alimenti non soddisfano i requisiti di sicurezza alimentare, li dichiara inidonei e ne ordina la distruzione a spese del proprietario, mentre se il giudice di pace non dichiara gli alimenti inidonei, l’autorità competente deve risarcire il proprietario per l’eventuale deprezzamento del loro valore derivante dall’operato del funzionario.

15.

A tal proposito, il giudice del rinvio ha evidenziato che, secondo le ricorrenti, la procedura descritta all’articolo 9 della legge del 1990, che fa parte dell’ordinamento del Regno Unito sin dal XIX secolo e continua ad applicarsi nell’ambito del regime di sicurezza alimentare dell’Unione europea, prevede uno strumento sia per dare esecuzione alla decisione di un veterinario ufficiale in merito all’idoneità della carne al consumo umano sia per consentire agli operatori di sottoporre detta decisione ad un sindacato giurisdizionale e chiedere al giudice di pace di pronunciarsi sull’effettiva conformità della carcassa ai requisiti di sicurezza alimentare. Le ricorrenti riconoscono che il giudice di pace non può ordinare al veterinario ufficiale di apporre il bollo sanitario, ma sostengono che il veterinario ufficiale è tenuto a rispettare la decisione e, di conseguenza, ad apporre il bollo sanitario, e che può essere corrisposto un indennizzo. Per contro, la FSA nega che tale procedura sia adeguata, e tanto meno obbligatoria, per risolvere una controversia sull’idoneità o meno della carcassa al consumo umano, in quanto il giudice di pace non ha il potere di ordinare al veterinario ufficiale di apporre il bollo sanitario né dispone di altri poteri se non quello di ordinare lo smaltimento di una carcassa sprovvista di tale bollo. Il giudice del rinvio ha invitato la Corte a partire dal presupposto che l’interpretazione delle ricorrenti sia corretta, e che il giudice di pace abbia il potere di emettere una sentenza che potrebbe comportare un risarcimento qualora egli ritenga che alla carcassa avrebbe dovuto essere applicato il bollo sanitario.

16.

Il giudice del rinvio ha inoltre osservato che il gestore di un macello, come la CMC, ha la facoltà di proporre un ricorso per controllo giurisdizionale per impugnare la decisione del veterinario ufficiale che abbia dichiarato l’inidoneità della carne al consumo umano e, pertanto, non abbia applicato il bollo sanitario, o per annullare l’ordine di smaltimento, come quello notificato alla CMC il 23 settembre 2014, come indicato al paragrafo 12 delle presenti conclusioni. Nel procedimento di cui trattasi, il giudice può annullare tale decisione per qualsiasi motivo che la renda illegittima, compreso se il veterinario ufficiale agisca per uno scopo improprio, non applichi il criterio giuridico corretto o adotti una decisione irrazionale o priva di sufficienti basi probatorie. Inoltre, il giudice occasionalmente assume prove orali ed emette ingiunzioni, ed ha il potere di condannare al risarcimento per le violazioni dei diritti sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»). Tuttavia, il giudice del rinvio ha osservato che il ricorso per controllo giurisdizionale non è un ricorso sul merito della decisione.

17.

In tali circostanze la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) ha deciso di sospendere il procedimento principale e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se i regolamenti [n. 854/2004 e n. 882/2004] ostino a una procedura in base alla quale, ai sensi dell’articolo 9 [della legge del 1990], il giudice di pace decide, nel merito della causa e sulla base di prove peritali dedotte da ciascuna parte, se una carcassa non soddisfi i requisiti di sicurezza alimentare.

2)

Se il regolamento [n. 882/2004] preveda un diritto di ricorso in relazione ad una decisione di un [veterinario ufficiale] ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento [n. 854/2004], secondo cui la carne di una carcassa non è idonea al consumo umano e, in caso affermativo, quale condotta debba essere adottata nel riesaminare nel merito la decisione adottata dal veterinario ufficiale in sede di ricorso in un caso siffatto».

IV. Procedura dinanzi alla Corte

18.

Le ricorrenti, il Regno Unito e la Commissione europea hanno presentato alla Corte osservazioni scritte. Dette parti hanno altresì risposto ai quesiti scritti posti dalla Corte.

19.

Mentre la causa era pendente dinanzi alla Corte, il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020. Ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica ( 12 ), la Corte resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione, che, in base alla definizione dell’articolo 126 del medesimo accordo, è, in linea di principio, il 31 dicembre 2020. Inoltre, a norma dell’articolo 89, paragrafo 1, di tale accordo, le sentenze della Corte, se pronunciate prima della fine del periodo di transizione o in una data futura, saranno vincolanti nella loro totalità per il Regno Unito e al suo interno.

20.

Di conseguenza, dal momento che la domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi è stata presentata il 31 luglio 2019, la Corte resta competente a statuire su tale domanda, e la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) è vincolata dalla sentenza che sarà pronunciata dalla Corte nel presente procedimento.

V. Sintesi delle osservazioni delle parti

21.

Le ricorrenti sostengono che si debba dare una risposta negativa alla prima questione, in quanto i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 non ostano a una procedura come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990. Esse affermano che il fatto che, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento n. 854/2004, in combinato disposto con l’allegato 1 del medesimo, il veterinario ufficiale adotti decisioni concernenti la bollatura sanitaria della carne sulla base della sua formazione e delle sue qualifiche non osta a un controllo giurisdizionale effettivo riguardante il merito di tali decisioni. Infatti, in nessuna disposizione di detta normativa è vietato il diritto di impugnare le decisioni di cui trattasi in base a procedure nazionali.

22

Le ricorrenti sostengono che occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che il regolamento n. 882/2004 dà origine a un diritto di ricorso in relazione alla decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, in cui si dichiara che la carne di una carcassa non è idonea al consumo umano e che, nel riesaminare nel merito la decisione, il giudice adito in sede di impugnazione dovrebbe procedere ad un riesame completo di tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti in relazione a detta decisione e decidere, nel merito della causa e sulla base delle prove, comprese le prove peritali dedotte da ciascuna parte, se una carcassa non soddisfa i requisiti di sicurezza alimentare. A loro avviso, il regolamento n. 854/2004 si applica nel contesto del regolamento n. 882/2004, e l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in combinato disposto con il considerando 43 del medesimo, sancisce un generale diritto di ricorso applicabile a detta decisione. Esse contestano che l’articolo 54 del regolamento n. 882/2004 si applichi soltanto ai compiti del veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 854/2004, ma non dell’articolo 5, dello stesso regolamento, a maggior ragione in quanto ciò è incompatibile con la definizione di non conformità di cui all’articolo 2 del regolamento n. 882/2004 e con tutti i tipi di misure correttive previste dall’articolo 54, paragrafo 2 del regolamento n. 882/2004.

23.

Le ricorrenti affermano che un ricorso per controllo giurisdizionale non prevede un siffatto riesame nel merito e si fonda sull’articolo 47 della Carta e sulla giurisprudenza pertinente della Corte sul diritto a un ricorso effettivo ( 13 ). A loro avviso, il diritto del gestore di un macello di impugnare nel merito la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 è previsto dall’articolo 17, in combinato disposto con l’articolo 47, della Carta. Esse affermano che la distruzione di una carcassa come sottoprodotto di origine animale costituisce una ingerenza ingiustificata nel diritto di proprietà del gestore riconosciuto dall’articolo 17 della Carta, che, alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») relativa all’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU ( 14 ), impone agli Stati membri obblighi procedurali per garantire che l’operatore possa effettivamente impugnare la misura in questione. Esse evidenziano che, dal momento che la controversia riguarda l’idoneità della carne al consumo umano, la procedura dovrebbe essere tempestiva e accessibile, come nel caso dell’articolo 9 della legge del 1990, e che un ricorso per controllo giurisdizionale ha costi proibitivi. Esse aggiungono che la possibile soluzione amministrativa menzionata nelle osservazioni del Regno Unito è irrilevante, in quanto essa è successiva alla controversia nel procedimento principale e, in ogni caso, non costituisce un ricorso effettivo, in particolare in quanto non ha alcuna efficacia vincolante e non comporta un procedimento in contraddittorio.

24.

Il Regno Unito sostiene che occorre rispondere in senso affermativo alla prima questione, in quanto il regolamento n. 854/2004 osta a una procedura come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990, per impugnare nel merito la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del medesimo regolamento. A suo avviso, il regime istituito dall’articolo 5 del regolamento n. 854/2004, che, a differenza dell’articolo 4 del suddetto regolamento, non si occupa di correggere casi di non conformità, insieme all’allegato I dello stesso, affida la decisione relativa all’idoneità della carne al consumo umano al veterinario ufficiale, sulla base della sua esperienza professionale e del suo giudizio esperto, e prescrive che detta decisione sia definitiva. Un ricorso all’articolo 9 della legge del 1990 è in contrasto con il regolamento di cui trattasi, in quanto detta decisione non sarebbe definitiva e il potere decisionale conferito al veterinario ufficiale sarebbe trasferito a un giudice di pace privo di speciali qualifiche e che si baserebbe su perizie. Il Regno Unito afferma che il regolamento n. 882/2004 non può prevedere una procedura di ricorso incompatibile con il regolamento n. 854/2004, dal momento che tale regolamento è una lex specialis a cui il regolamento n. 882/2004 non può derogare.

25.

Il Regno Unito sostiene che alla seconda questione deve essere data una risposta negativa, in quanto il regolamento n. 882/2004 non istituisce un diritto di ricorso in relazione alla decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 e nessun approccio che consenta un’impugnazione nel merito della decisione di cui trattasi è compatibile con il regolamento n. 854/2004. A suo avviso, l’articolo 54 del regolamento n. 882/2004 non si applica alla decisione di un veterinario ufficiale di apporre o meno un bollo sanitario, poiché non comporta un’azione di contrasto nei confronti di quegli operatori che non rispettano la legislazione alimentare, e l’articolo 54, paragrafo 3, del medesimo si limita a richiedere informazioni riguardanti i diritti di ricorso riconosciuti all’operatore in questione. Esso sostiene che un ricorso per controllo giurisdizionale offre al gestore di un macello un mezzo di ricorso adeguato compatibile con il regolamento n. 854/2004 e con i diritti fondamentali. Il medesimo spiega che un siffatto ricorso consente a taluni giudici nazionali di dichiarare illegittima qualsiasi decisione di un organo pubblico, annullare detta decisione e decidere quale azione debba essere intrapresa in sostituzione della stessa, e se il veterinario ufficiale avesse commesso un errore di diritto, fosse giunto ad una decisione irrazionale o avesse ignorato prove materiali, il giudice potrebbe annullare tale decisione e disporre che sia adottata una nuova decisione.

26.

Il Regno Unito afferma che interpretare i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 nel senso che la decisione di un veterinario ufficiale che rifiuta l’applicazione di un bollo sanitario non è suscettibile di un’impugnazione nel merito, è compatibile con il diritto di proprietà del gestore di un macello ai sensi dell’articolo 17 della Carta e con il suo corrispettivo nell’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU. Esso ritiene che una siffatta interferenza in tale diritto sia proporzionata e giustificata dal pubblico interesse di tutela della salute pubblica e che, alla luce della giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU ( 15 ), non richieda un diritto di ricorso ulteriore rispetto al ricorso per controllo giurisdizionale.

27.

Il Regno Unito aggiunge che dal gennaio 2018 la FSA ha adottato una possibile soluzione amministrativa ( 16 ), secondo la quale, nei casi in cui un operatore non è d’accordo con la determinazione iniziale del veterinario ufficiale, stando al quale la carne non è idonea al consumo umano, lo stesso può chiedere il parere sia di un altro veterinario competente sia di colleghi con maggiore esperienza. Il veterinario ufficiale può quindi prendere in considerazione dette conclusioni prima di prendere la decisione sulla bollatura sanitaria. A suo avviso, detto processo rafforza un ricorso per controllo giurisdizionale, dal momento che consente a un operatore di esigere che il veterinario ufficiale tenga conto delle obiezioni alle sue conclusioni iniziali, creando così possibili motivi aggiuntivi per chiedere il controllo giurisdizionale di un’eventuale decisione sul rifiuto di un bollo sanitario.

28.

La Commissione, affrontando le questioni in ordine inverso, afferma che occorre rispondere alla seconda questione nel senso che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 e alla luce dell’articolo 47 della Carta, fa obbligo agli Stati membri di prevedere una procedura di ricorso avverso la decisione di un veterinario ufficiale di non apporre un bollo sanitario, le cui norme procedurali e il cui ambito di applicazione devono essere definiti dall’ordinamento giuridico del singolo Stato membro nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Essa afferma che, in mancanza di specifiche disposizioni nel regolamento n. 854/2004, si applicano le disposizioni generali del regolamento n. 882/2004 e che la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in quanto detta decisione riguarda una situazione di non conformità e il veterinario ufficiale agisce in rappresentanza dell’autorità competente. A suo avviso, l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, letto alla luce del considerando 43 dello stesso, impone agli Stati membri di prevedere un diritto di ricorso avverso tale decisione.

29.

La Commissione sostiene che, nella presente causa, gli Stati membri non sono tenuti a prevedere una procedura di ricorso che comporti un riesame completo nel merito, tenuto conto della formulazione dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 e dell’obiettivo di tutela della salute pubblica perseguito dai regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004. È altresì essenziale, a suo avviso, tenere conto del ruolo del veterinario ufficiale nel garantire detto obiettivo nell’esercizio delle sue funzioni in base al regolamento n. 854/2004, che comportano una serie di determinazioni di fatto molto specifiche in relazione alle ispezioni e ai bolli sanitari.

30.

Secondo la Commissione, alla prima questione occorre rispondere nel senso che i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 non ostano a una procedura, come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990, che comprende una decisione nel merito riguardo al fatto che una carcassa non soddisfi i requisiti di sicurezza alimentare. Spetta al giudice del rinvio, il solo competente a interpretare il proprio diritto nazionale, stabilire se e in quale misura tale procedura soddisfi i requisiti indicati in risposta alla seconda questione, in particolare i principi di equivalenza e di effettività.

VI. Analisi

31.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 ostino a una procedura nazionale come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990 per impugnare nel merito la decisione di un veterinario ufficiale che rifiuta di apporre un bollo sanitario a carne ritenuta non idonea al consumo umano. Detta questione fa riferimento alla giurisprudenza della Corte sull’autonomia procedurale degli Stati membri nel designare i giudici competenti a conoscere delle azioni fondate sul diritto dell’Unione, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Essa implica altresì il diritto di ricorso a un giudice, che costituisce uno degli elementi del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47, paragrafo 1, della Carta.

32.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, faccia obbligo agli Stati membri di prevedere un diritto di ricorso nel merito avverso la decisione di un veterinario ufficiale di non apporre un bollo sanitario a carne ritenuta inidonea al consumo umano, o se la più limitata portata dell’impugnazione di detta decisione mediante un ricorso per controllo giurisdizionale sia sufficiente per il rispetto dei suddetti regolamenti. La questione di cui trattasi riguarda la portata del controllo giurisdizionale, così come prescritto dall’articolo 47, paragrafo 1, della Carta ed è altresì collegata al diritto di ricorso ad un giudice. Occorre parimenti prendere in considerazione la giurisprudenza pertinente della Corte sui principi di equivalenza e di effettività.

33.

Vorrei osservare che le questioni sollevate nel caso di specie non sono state ancora esaminate dalla Corte. Al fine di rispondere a dette questioni è anzitutto necessario svolgere alcune osservazioni preliminari sul collegamento tra l’articolo 47 della Carta e il procedimento principale, nonché sul regime di sicurezza alimentare dell’Unione e sul ruolo del veterinario ufficiale in tale contesto (Sezione A). Per ragioni logiche e giuridiche, esaminerò poi, in ordine inverso, la seconda questione (Sezione B) e la prima questione (Sezione C), in quanto l’interpretazione del contesto normativo stabilito dai regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 ai fini della seconda questione è rilevante ai fini della prima.

34.

Sulla base di tale analisi, sono giunto alla conclusione, per quanto riguarda la prima questione, che, salvo verifiche da parte del giudice del rinvio, i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004, in combinato disposto con il principio di effettività e l’articolo 47 della Carta, ostano a una procedura nazionale come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990. In merito alla seconda questione, ho concluso che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 impone agli Stati membri di prevedere un diritto di ricorso avverso la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 e che tali disposizioni, lette alla luce dell’articolo 47 della Carta, non ostano a una procedura prevista dal diritto nazionale, come un ricorso per controllo giurisdizionale, ai sensi della quale l’organo giurisdizionale nazionale che effettua il controllo giurisdizionale di una siffatta decisione non è legittimato a riesaminarla nel merito.

A.   Osservazioni preliminari

1. Articolo 47 della Carta e procedimento principale

35.

Va ricordato che, secondo una consolidata giurisprudenza, l’Unione europea è un’Unione di diritto in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione ( 17 ). Spetta ai giudici degli Stati membri, in base al principio di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, garantire la tutela giurisdizionale dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto dell’Unione, mentre l’articolo 19, paragrafo 1, TUE impone inoltre agli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per garantire una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. A tale obbligo incombente agli Stati membri corrisponde il diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva ( 18 ). In base all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta, ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo ( 19 ).

36.

Come risulta dall’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione ( 20 ). I diritti fondamentali garantiti dalla Carta sono applicabili a tutte le situazioni regolate dal diritto dell’Unione e, quindi, devono essere rispettati, segnatamente, allorché una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione di tale diritto ( 21 ).

37.

Inoltre, come ha dichiarato la Corte ( 22 ), il diritto a un ricorso effettivo può essere invocato sulla sola base dell’articolo 47 della Carta, senza che il suo contenuto debba essere precisato mediante altre disposizioni del diritto dell’Unione o mediante disposizioni del diritto interno degli Stati membri. Il riconoscimento di tale diritto in un determinato caso di specie presuppone che la persona che lo invoca si avvalga di diritti o di libertà garantiti dal diritto dell’Unione. A tale proposito, la tutela delle persone fisiche e giuridiche nei confronti di interventi dei pubblici poteri nella loro sfera di attività privata, che siano arbitrari o sproporzionati, rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione che può essere invocato da siffatte persone quale diritto garantito dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 47, primo paragrafo, della Carta, per esperire un rimedio giurisdizionale contro un atto che arreca loro pregiudizio.

38.

Nel procedimento principale, il gestore di un macello intende impugnare la decisione con cui un veterinario ufficiale rifiuta di apporre un bollo sanitario a carne ritenuta non idonea al consumo umano ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. È pacifico che il veterinario ufficiale abbia adottato detta decisione in rappresentanza della pertinente autorità competente, nel caso di specie la FSA, sulla base delle disposizioni del diritto dell’Unione. È evidente, a mio avviso, che la Carta è applicabile nelle circostanze in esame. Inoltre, una persona a cui detta decisione arreca pregiudizio, come il gestore di un macello la cui carne non ha ottenuto il bollo sanitario perché ritenuta non idonea al consumo umano, ha il diritto di invocare l’articolo 47 della Carta in sede giurisdizionale nell’ambito di applicazione del regolamento n. 854/2004.

2. Il regime di sicurezza alimentare dell’Unione

39.

Come menzionato nelle mie osservazioni introduttive, i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 sono strumenti giuridici fondamentali in materia di controlli ufficiali nell’ambito del regime di sicurezza alimentare dell’Unione, che comprende talune norme generali applicabili a tutti gli alimenti, nonché norme specifiche sull’igiene alimentare ( 23 ).

40.

Il regolamento n. 178/2002 reca i principi generali da applicare a livello di Stati membri e nell’Unione in materia di alimenti e mangimi in generale, e di sicurezza degli alimenti in particolare ( 24 ), garantendo un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori in relazione ai prodotti alimentari ( 25 ). I requisiti di sicurezza degli alimenti sono indicati all’articolo 14 del regolamento n. 178/2002, che, inter alia, vieta l’immissione sul mercato di alimenti a rischio, compresi quelli inadatti al consumo umano ( 26 ). Inoltre, ai sensi dell’articolo 17 di detto regolamento, gli operatori del settore alimentare sono responsabili, in via principale, della sicurezza degli alimenti ( 27 ). Gli Stati membri sono tenuti a controllare e verificare che gli operatori del settore alimentare soddisfino i requisiti del diritto dell’Unione sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, e a organizzare a tal fine un sistema ufficiale di controllo ( 28 ).

41.

Il regolamento n. 882/2004 fissa le regole generali per i controlli ufficiali relativi a tutti i tipi di alimenti e di mangimi ( 29 ). L’obiettivo di detto regolamento, quale risulta dal suo articolo 1, è, segnatamente, quello di prevenire o eliminare i rischi che potrebbero verificarsi per gli esseri umani e gli animali, o di ridurre tali rischi a livelli accettabili mediante la realizzazione di controlli ufficiali ( 30 ). A tale scopo, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’articolo 3, del regolamento n. 882/2004, letti alla luce dei considerando 4 e 6 del medesimo, spetta agli Stati membri eseguire controlli ufficiali intesi a verificare che la normativa sui mangimi e sugli alimenti sia rispettata dagli operatori del settore in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione ( 31 ). Come riconosciuto dalla Corte, l’esigenza di efficacia dei controlli ufficiali, reiteratamente menzionata nel regolamento n. 882/2004, costituisce una preoccupazione centrale del legislatore dell’Unione, che dipende principalmente dalla qualità delle attività d’ispezione effettuate dai veterinari ufficiali e dagli assistenti ufficiali ( 32 ).

42.

Oltre che nel regolamento n. 882/2004, le norme sui controlli ufficiali sono contenute nel regolamento n. 854/2004, facente parte del «pacchetto sull’igiene alimentare dell’Unione» – che comprende altresì i regolamenti n. 852/2004 e n. 853/2004 – al fine di consolidare, semplificare e aggiornare la normativa dell’Unione in materia di requisiti sull’igiene alimentare ( 33 ). Il regolamento n. 852/2004 stabilisce norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari ( 34 ), mentre il regolamento n. 853/2004 prevede norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale ( 35 ), essendo il loro obiettivo principale quello di assicurare un livello elevato di tutela dei consumatori per quanto attiene alla sicurezza degli alimenti ( 36 ). L’articolo 5 del regolamento n. 853/2004 assume particolare importanza nel caso di specie, in quanto vieta in generale agli operatori di immettere sul mercato un prodotto di origine animale come la carne, a meno che non sia contrassegnato da un bollo sanitario apposto ai sensi del regolamento n. 854/2004 ( 37 ). Detto regolamento stabilisce norme specifiche in materia di controlli ufficiali relativi a carne e altri prodotti di origine animale ( 38 ). Come indicato dal considerando 4 del regolamento n. 854/2004, uno dei suoi principali obiettivi è garantire la tutela della salute pubblica e, in base ai considerando 8 e 9 dello stesso regolamento, i controlli ufficiali sulle carni sono necessari per verificare che gli operatori rispettino le norme in materia di igiene e, tenuto conto delle loro conoscenze specialistiche, è opportuno che i veterinari ufficiali effettuino ispezioni e svolgano altri compiti presso i macelli ( 39 ).

43.

In particolare, in termini di modifiche al diritto dell’Unione intervenute dopo i fatti di cui al procedimento principale ma pertinenti ai fini della presente causa, il regolamento (UE) 2017/625 ( 40 ) integra in un unico quadro normativo le norme dell’Unione relative ai controlli ufficiali ( 41 ), sostituendo in tal modo, inter alia, i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004. Inoltre, il regolamento di esecuzione (UE) 2019/627 della Commissione ( 42 ) contiene disposizioni analoghe a quelle del regolamento n. 854/2004 di cui trattasi nel caso di specie.

3. Il ruolo del veterinario ufficiale

44.

Occorre altresì sottolineare che, come già accennato, il veterinario ufficiale svolge un ruolo centrale nel sistema dei controlli ufficiali sulle carni ( 43 ), come specificato nel regolamento n. 854/2004 e negli allegati che lo accompagnano. Un veterinario ufficiale è definito, nel regolamento n. 854/2004, come un veterinario qualificato, ai sensi di detto regolamento, ad assumere tale funzione e nominato dall’autorità competente ( 44 ). L’allegato I, sezione III, capo IV, del regolamento n. 854/2004 precisa le qualifiche professionali di un veterinario ufficiale, in termini di conoscenze e formazione specialistiche, che devono sussistere a tale riguardo. Si può presumere che, in virtù del titolo e dell’esperienza professionale, il veterinario ufficiale sia maggiormente qualificato a compiere ispezioni negli Stati membri e che, pertanto, offra le maggiori garanzie di competenza e di uniformità delle condizioni igienico-sanitarie delle carni ( 45 ).

45.

A tale proposito, gli articoli 4 e 5 del regolamento n. 854/2004, in combinato disposto con l’allegato I, sezione I, del medesimo, definiscono i compiti, in genere relativi ad attività di audit, ispezioni ante-mortem e post-mortem e bollatura sanitaria, che vengono svolti dal veterinario ufficiale, il quale può essere assistito da altri soggetti, come gli assistenti specializzati ufficiali, anch’essi formati in modo specifico ( 46 ). L’articolo 5, paragrafo 2, di tale regolamento prevede che il veterinario ufficiale debba garantire che le bollature sanitarie siano applicate alla carne solo «qualora i controlli ufficiali non abbiano individuato mancanze tali da rendere la carne inadatta al consumo umano» ( 47 ). Inoltre, l’allegato I, sezione II, capo V, del regolamento n. 854/2004 stabilisce le decisioni riguardanti le carni adottate dal veterinario ufficiale in seguito a controlli ufficiali, che comportano un elenco di 21 motivi in base ai quali le carni devono essere dichiarate non idonee al consumo umano, compreso il caso in cui, come nella presente causa, le carni provengono da animali affetti da una malattia generalizzata, quale la piemia, o il caso in cui, secondo le conclusioni del veterinario ufficiale dopo l’esame di tutte le informazioni pertinenti, le carni possono costituire un rischio per la salute pubblica o degli animali o per qualsiasi altro motivo non sono idonee al consumo umano ( 48 ).

46.

Di conseguenza, dalle disposizioni del regolamento n. 854/2004 risulta che il legislatore dell’Unione ha attribuito al veterinario ufficiale la funzione di garantire l’idoneità al consumo umano delle carni immesse sul mercato e di garantire dunque l’obiettivo della tutela della sanità pubblica perseguito da detto regolamento ( 49 ), come avviene in generale per il regime di sicurezza alimentare dell’Unione ( 50 ). Inoltre, il veterinario ufficiale dispone di un margine di manovra ai sensi del regolamento n. 854/2004 ( 51 ), fondato su speciali competenze, al fine di adottare decisioni riguardanti l’idoneità della carne al consumo umano. È in tale contesto che le questioni poste dalla presente causa devono essere esaminate.

B.   Seconda questione

47.

Come indicato al paragrafo 32 delle presenti conclusioni, la seconda questione sottoposta alla Corte mira a stabilire se l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, faccia obbligo o meno agli Stati membri di prevedere il diritto di riesaminare nel merito la decisione di un veterinario ufficiale di non apporre un bollo sanitario a carne ritenuta inidonea al consumo umano. Di conseguenza, esaminerò anzitutto l’applicabilità dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 alla decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 (Sezione 1). Valuterò poi la portata del controllo giurisdizionale di tale decisione (Sezione 2).

1. Applicabilità dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004

48.

In base agli argomenti presentati dal Regno Unito, l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 non è applicabile alla decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, né tale disposizione impone agli Stati membri di prevedere un diritto di ricorso avverso le decisioni delle autorità competenti adottate conformemente all’articolo 54 del regolamento n. 882/2004, ma impone semplicemente a tali autorità di fornire informazioni su tale diritto nei limiti in cui esso sussista. Le ricorrenti e la Commissione sono di diverso parere.

49.

In primo luogo, preciso di essere d’accordo con le ricorrenti e la Commissione sul fatto che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 preveda un diritto di ricorso avverso la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. I motivi che mi portano a detta conclusione sono i seguenti.

50.

Occorre rilevare che il regolamento n. 854/2004 non contiene disposizioni riguardanti i diritti di ricorso in relazione alle decisioni dei veterinari ufficiali. Dall’articolo 1, paragrafo 1 bis, del suddetto regolamento risulta che esso si applica ad integrazione del regolamento n. 882/2004 e, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, tale regolamento lascia impregiudicate disposizioni specifiche dell’Unione relative ai controlli ufficiali. Di conseguenza, in assenza di disposizioni specifiche, nel regolamento n. 854/2004, in materia di diritti di ricorso avverso le decisioni dei veterinari ufficiali, occorre fare riferimento alle disposizioni generali di cui al regolamento n. 882/2004.

51.

L’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 riguarda le azioni che l’autorità competente deve intraprendere, in base all’articolo 54, paragrafo 1, dello stesso, per porre rimedio alla situazione in caso di non conformità. Ai sensi di detta disposizione, l’autorità competente deve trasmettere all’operatore interessato notifica scritta della sua decisione concernente l’azione da intraprendere e le relative motivazioni, unitamente alle «informazioni sui diritti di ricorso avverso tali decisioni e sulla procedura e sui termini applicabili».

52.

A mio avviso, la decisione di un veterinario ufficiale di non apporre un bollo sanitario a carne ritenuta inidonea al consumo umano ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 può implicare una situazione di non conformità ai sensi dell’articolo 54 del regolamento n. 882/2004.

53.

A tale proposito, occorre rilevare che l’espressione «non conformità» è definita in senso ampio nell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento n. 882/2004 come «mancata conformità alla normativa in materia di mangimi o di alimenti, e alle norme per la tutela della salute e del benessere degli animali». Inoltre, l’articolo 54, paragrafo 2, lettera b), del suddetto regolamento menziona, in particolare, misure che restringono o vietano l’immissione di alimenti sul mercato, e anche la disposizione in esame ha un vasto ambito di applicazione, poiché la sua lettera h) fa riferimento a «qualsiasi altra misura ritenuta opportuna dall’autorità competente». Conformemente all’articolo 14 del regolamento n. 178/2002 (vedi paragrafo 40 delle presenti conclusioni), non possono essere immessi sul mercato alimenti considerati inadatti al consumo umano. Dall’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 deriva che il rifiuto di un veterinario ufficiale di applicare una bollatura sanitaria ha proprio l’effetto di dichiarare la carne inadatta al consumo umano e di evitarne l’immissione sul mercato. Come sottolineato dalla Commissione, è altresì pacifico che la decisione del veterinario ufficiale sulla bollatura sanitaria è stata adottata in rappresentanza dell’autorità competente, vale a dire la FSA, nel caso di specie.

54.

Contrariamente a quanto sostenuto dal Regno Unito, mi sembra che nel caso di specie vi sia una situazione a cui deve porre rimedio un’azione esecutiva. Nella presente causa, si tratta di rimuovere la carne che presenta un pericolo per la salute pubblica decidendo di non applicare un bollo sanitario. Come indicato dalle ricorrenti, non vi è alcuna distinzione tra gli articoli 4 e 5 del regolamento n. 854/2004 per quanto riguarda le decisioni adottate dalle autorità competenti soggette all’articolo 54 del regolamento n. 882/2004, segnatamente perché ciò sarebbe in contrasto con l’ampia nozione di non conformità di cui all’articolo 2 del regolamento n. 882/2004 e con le misure previste dall’articolo 54, paragrafo 2, dello stesso regolamento. L’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 854/2004 stabilisce inoltre che i controlli ufficiali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento comprendono qualsiasi compito specificato all’articolo 5 dello stesso.

55.

Riconosco che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 fa riferimento all’obbligo dell’autorità competente di fornire informazioni sui diritti di ricorso. Tuttavia, il considerando 43 di detto regolamento così dispone: «Gli operatori dovrebbero avere diritto di impugnazione avverso le decisioni prese dalle autorità competenti in seguito a controlli ufficiali ed essere informati di tale diritto» ( 52 ). Pertanto, sulla base di un’interpretazione dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 alla luce del considerando 43 del medesimo, si deve ritenere che la disposizione di cui trattasi imponga agli Stati membri di prevedere un diritto di ricorso avverso le decisioni dell’autorità competente, che includono le decisioni dei veterinari ufficiali ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004.

56.

La suddetta analisi sembra essere coerente con le origini dei regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004. In particolare, si deve osservare che, mentre la proposta di regolamento n. 854/2004 presentata dalla Commissione non conteneva alcuna disposizione sui diritti di ricorso ( 53 ), il Parlamento europeo, in prima lettura, aveva proposto di inserire una disposizione così formulata: «Gli Stati membri provvedono affinché gli operatori dispongano di sufficienti possibilità di ricorso. Tuttavia l’introduzione del ricorso non deve ritardare o rinviare l’attuazione dei provvedimenti stabiliti nel presente regolamento» ( 54 ). La motivazione era la seguente: «Deve essere consentito ai produttori di impugnare decisioni da essi considerate ingiustificate» ( 55 ). Il Consiglio ha parimenti aggiunto una disposizione al testo proposto, che era praticamente identica all’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 ( 56 ). In risposta, la Commissione ha affermato che i diritti di ricorso dovrebbero essere trattati nella proposta di regolamento concernente i controlli ufficiali in materia di mangimi e di alimenti ( 57 ), concretizzatasi nel regolamento n. 882/2004. Pertanto, le disposizioni proposte in materia di diritti di ricorso non figurano nel testo finale del regolamento n. 854/2004 così come è stato adottato.

57.

Di conseguenza, dalla decisione di escludere le disposizioni proposte sui diritti di ricorso nel regolamento n. 854/2004 a favore di quelle contenute nel regolamento n. 882/2004 si può dedurre che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 si applichi alle decisioni dell’autorità competente nell’ambito del regolamento n. 854/2004. Risulta altresì dalla proposta del Parlamento che una siffatta disposizione non riguardava semplicemente il diritto di ricevere informazioni, ma mirava a garantire che gli operatori avessero un diritto di ricorso avverso decisioni dell’autorità competente che arrecassero loro pregiudizio.

58.

Occorre aggiungere che tale analisi sembra essere conforme al regolamento n. 2017/625 e al regolamento di esecuzione 2019/627, che hanno sostituito i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 (vedi paragrafo 43 delle presenti conclusioni). Oltre alle disposizioni corrispondenti all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 ( 58 ), nonché all’articolo 54, paragrafo 3, e al considerando 43 del regolamento n. 882/2004 ( 59 ), il regolamento 2017/625 contiene una disposizione specifica, l’articolo 7, intitolata «Diritto di ricorso», in base a cui contro le decisioni adottate dalle autorità competenti, come indicate in tale regolamento, riguardanti le persone fisiche e giuridiche, deve essere ammesso il ricorso da parte di queste ultime in conformità del diritto nazionale, e che tale diritto non pregiudica l’obbligo di dette autorità di intervenire rapidamente in conformità del regolamento in esame. L’articolo 45 del regolamento di esecuzione 2019/627 precisa anche espressamente che le «[m]isure in caso di non conformità alle prescrizioni in materia di carni fresche» individuano le misure relative ai vari motivi per i quali il veterinario ufficiale dichiara le carni non idonee al consumo umano, come quando le carni sono ottenute da animali affetti da piemia ( 60 ).

59.

Ritengo pertanto che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 sia applicabile alla decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. In ogni caso, qualora la Corte dovesse ritenere che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 non è applicabile a una siffatta decisione, ciò non metterebbe in alcun modo in discussione il diritto del gestore di un macello di proporre ricorso avverso tale decisione sulla base dell’articolo 47 della Carta nelle circostanze di cui trattasi (vedi paragrafo 38 delle presenti conclusioni).

2. Portata del controllo giurisdizionale

60.

Le ricorrenti e il Regno Unito, come risulta dalle loro osservazioni, sono in disaccordo per quanto riguarda la portata del controllo giurisdizionale della decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. In sostanza, le ricorrenti sostengono che, affinché sia rispettato il diritto a un ricorso effettivo, tale controllo deve vertere sul merito della decisione, come previsto dall’articolo 9 della legge del 1990, mentre il Regno Unito afferma che detta forma di riesame non è consentita dal regolamento n. 854/2004 e che un ricorso per controllo giurisdizionale è adeguato. Dal canto suo, la Commissione sostiene, in sostanza, che il controllo giurisdizionale nel merito non è richiesto dall’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 e alla luce dell’articolo 47 della Carta, e che esso è di competenza degli Stati membri, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

61.

Di conseguenza, rilevo che la questione che si pone alla Corte non è se nelle circostanze di cui trattasi il gestore di un macello non disponga di alcun diritto di ricorso, ma riguarda piuttosto l’effettività del mezzo di ricorso a disposizione dell’operatore in esame in base al diritto nazionale per impugnare una decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 dinanzi a un organo giurisdizionale nazionale, vale a dire se tale mezzo di ricorso debba comportare un controllo giurisdizionale nel merito di tale decisione per soddisfare i requisiti previsti dal diritto dell’Unione.

62.

Sono giunto alla conclusione che la più limitata portata del riesame della decisione di un veterinario ufficiale che rifiuta l’applicazione di un bollo sanitario a carni ritenute inidonee al consumo umano da parte di un organo giurisdizionale nazionale, come quello adito con un ricorso per controllo giurisdizionale, è conforme all’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 e alla luce dell’articolo 47 della Carta, e che non è richiesto il controllo giurisdizionale nel merito della decisione in esame. I motivi di tale conclusione sono esposti nel prosieguo.

63.

Occorre osservare che, come si è visto al paragrafo 9 delle presenti conclusioni, l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 non contiene alcuna norma in relazione all’esercizio del diritto di ricorso ivi menzionato.

64.

Secondo costante giurisprudenza, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico nazionale di ogni Stato membro, conformemente al principio di autonomia procedurale, designare i giudici competenti e disciplinare le modalità procedurali dei ricorsi diretti a garantire la piena tutela dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione. Tuttavia, tali modalità non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni simili di natura interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) ( 61 ). Inoltre, come riconosciuto dalla Corte, nonostante l’assenza di norme del diritto dell’Unione relative alle modalità dei ricorsi dinanzi ai giudici nazionali, e al fine di determinare l’intensità del controllo giurisdizionale delle decisioni nazionali adottate in applicazione di una misura dell’Unione, occorre tenere conto della finalità di quest’ultima e vigilare affinché la sua efficacia non sia compromessa ( 62 ).

65.

A tale riguardo, la Corte ha trattato questioni relative alla portata del controllo giurisdizionale di decisioni amministrative adottate da giudici nazionali nel contesto della propria giurisprudenza sui principi di equivalenza e di effettività. Ad esempio, la sentenza del 6 ottobre 2015, East Sussex County Council ( 63 ), verteva su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice del Regno Unito sulla questione se vi fosse incompatibilità con una direttiva dell’Unione relativa al diritto di accesso alle informazioni ambientali qualora la ragionevolezza della tassa imposta per la fornitura di dette informazioni fosse assoggettata ad un controllo amministrativo e giurisdizionale limitato, quale previsto dal diritto del Regno Unito.

66.

Nella sentenza ( 64 ), la Corte ha risposto negativamente a tale questione. In particolare, essa ha rilevato che la direttiva dell’Unione non precisava la portata del controllo amministrativo e giurisdizionale richiesto e la determinazione di tale portata rientrava pertanto nell’ordinamento giuridico nazionale, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività ( 65 ). Per quanto riguarda il principio di effettività, la Corte ha inoltre osservato che, in base al diritto nazionale, il controllo era limitato alla questione se la decisione adottata dall’autorità pubblica fosse irrazionale, illegittima o ingiusta, con una possibilità molto limitata di controllare le conclusioni di fatto pertinenti a cui tale autorità era giunta ( 66 ). Basandosi sulla giurisprudenza precedente, la Corte ha dichiarato che un procedimento di controllo giurisdizionale delle decisioni delle autorità amministrative limitato alla valutazione delle questioni di fatto non è in contrasto con il principio di effettività, a condizione che consenta al giudice investito di un ricorso di annullamento di una tale decisione di applicare effettivamente, nell’ambito del controllo di legittimità della medesima, i principi e le regole del diritto dell’Unione pertinenti ( 67 ).

67.

Nella sua giurisprudenza, la Corte ha altresì esaminato le disposizioni procedurali nazionali relative alla portata del controllo giurisdizionale delle decisioni amministrative sulla base del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’articolo 47 della Carta in vari contesti ( 68 ). Infatti, cause come la presente, che riguardano mezzi di ricorso concessi a persone che rivendicano una tutela giurisdizionale effettiva dei loro diritti fondati sul diritto dell’Unione si ricollegano direttamente all’articolo 47 della Carta, in quanto il coordinamento con la giurisprudenza della Corte EDU in ordine all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 13, della CEDU è di fondamentale importanza ( 69 ).

68.

Secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sancito all’articolo 47 della Carta è costituito da diversi elementi, tra i quali rientrano i diritti della difesa, il principio della parità delle armi, il diritto di ricorso ad un giudice nonché la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare ( 70 ). Quanto, in particolare, al diritto di ricorso ad un giudice di cui all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta, la Corte ha precisato che, per poter decidere di una contestazione vertente su diritti e obblighi tratti dall’ordinamento dell’Unione, il giudice deve essere competente ad esaminare tutte le questioni di fatto e di diritto pertinenti alla controversia di cui è investito ( 71 ). Inoltre, la Corte ha stabilito che la conformità all’articolo 47, paragrafo 2, della Carta presuppone che la decisione di un’autorità amministrativa che, di per sé, non soddisfa i requisiti di indipendenza e di imparzialità sia sottoposta a un successivo controllo da parte di un organo giurisdizionale che deve, segnatamente, essere competente ad approfondire tutte le questioni pertinenti ( 72 ).

69.

Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte deriva che la conformità al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sulla base dell’articolo 47 della Carta deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie e segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame ( 73 ). Pertanto, come rilevato dalla dottrina, non esiste un criterio uniforme di controllo giurisdizionale delle decisioni amministrative da parte dei giudici nazionali in cause che riguardano l’articolo 47 della Carta ( 74 ).

70.

Ulteriori indicazioni possono essere tratte dalla giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 6, paragrafo 1, e sull’articolo 13 della CEDU, alla luce della quale occorre interpretare l’articolo 47 della Carta ( 75 ). Per quanto riguarda in particolare l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, la Corte EDU ha dichiarato che il requisito della «piena competenza» di un giudice è soddisfatto quando quest’ultimo ha esercitato una «competenza adeguata» o ha effettuato un «controllo adeguato» nel procedimento di cui è investito. Ciò riflette il fatto che spesso, in relazione ai ricorsi di diritto amministrativo negli Stati membri del Consiglio d’Europa, la portata del controllo giurisdizionale sui fatti di una causa è limitata ed è caratteristico di un procedimento di ricorso giurisdizionale che le autorità competenti riesaminino il procedimento precedente piuttosto che adottare una decisione sui fatti. Pertanto, non è compito dell’articolo 6 della CEDU, in linea di principio, garantire il ricorso ad un giudice che può sostituire la sua valutazione o le sue conclusioni a quella delle autorità amministrative, e la Corte EDU ha posto un particolare accento sul rispetto che deve essere accordato alle decisioni adottate dalle autorità amministrative per motivi di opportunità e che spesso riguardano settori giuridici specialistici ( 76 ).

71.

Nel valutare se la portata del riesame effettuato da un giudice sia adeguata, la Corte EDU tiene conto dei poteri dell’organo giudiziario in oggetto e di fattori quali i seguenti: 1) l’oggetto della decisione impugnata, in particolare, il fatto che essa abbia riguardato o meno una questione specialistica tale da esigere conoscenze o esperienze professionali e che abbia comportato l’esercizio di una discrezionalità amministrativa e, in tal caso, la misura di tale discrezionalità; 2) le modalità secondo le quali tale decisione è stata adottata e, in particolare, le garanzie procedurali offerte nel procedimento dinanzi all’organo decisionale; 3) il contenuto della controversia, ivi compresi i motivi di impugnazione auspicati e quelli effettivamente dedotti ( 77 ). L’adeguatezza del controllo effettuato dipende pertanto dalle circostanze di un determinato caso ( 78 ). Il principio della «piena competenza» è stato interpretato in modo flessibile, segnatamente nelle cause di diritto amministrativo in cui la competenza del giudice è stata limitata per via della natura tecnica dell’oggetto della controversia ( 79 ).

72.

Ad esempio, nell’applicazione di tali fattori, la Corte EDU non ha riscontrato alcuna violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU in circostanze in cui il giudice non poteva sostituire la propria decisione a quella dell’autorità amministrativa e la sua competenza sui fatti era limitata, ma avrebbe potuto annullare la decisione per una serie di motivi e l’oggetto della decisione impugnata era «un classico esercizio di discrezionalità amministrativa» in un settore giuridico specialistico, adottato nell’ottica di garantire la definizione di regole e la conformità alla normativa pertinente in base a finalità di interesse pubblico ( 80 ). Inoltre, in più occasioni la Corte EDU ha dichiarato che il mezzo di ricorso del controllo giurisdizionale previsto dal diritto del Regno Unito costituiva un controllo adeguato ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU ( 81 ).

73.

Per contro, la Corte EDU ha riscontrato violazioni dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU quando il giudice si è ritenuto vincolato alle precedenti conclusioni dell’autorità amministrativa, che sono state determinanti per l’esito della causa senza un esame indipendente delle questioni ( 82 ), o quando non ha potuto pronunciarsi sulla questione centrale nella controversia, che costituiva una semplice questione di fatto tale da non esigere conoscenze o esperienze professionali né l’esercizio di una discrezionalità amministrativa in base a più ampie finalità politiche, e che pertanto poteva essere decisa da un giudice non specialistico ( 83 ).

74.

Su tale base, osservo in particolare che la giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU consente un riesame limitato del merito delle decisioni amministrative da parte dei giudici nazionali, in linea con l’esame dei ricorsi amministrativi negli Stati membri. Inoltre, la giurisprudenza di cui trattasi prende in considerazione le speciali competenze e la discrezionalità dell’autorità amministrativa in oggetto. Ritengo che tali fattori debbano essere presi in considerazione nell’interpretare l’articolo 47 della Carta e nell’applicarlo nelle circostanze del caso di specie.

75.

Tenuto conto della sua formulazione, l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 non impone agli Stati membri di prevedere un controllo giurisdizionale nel merito delle decisioni dell’autorità competente. Ne consegue che ciò è di competenza degli Stati membri, a condizione che essi rispettino gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione e, in particolare, i requisiti che discendono dai principi di equivalenza e di effettività e dal diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva fondato sull’articolo 47 della Carta. Pertanto, ritengo che i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 non sembrino, in linea di principio, ostare a che uno Stato membro stabilisca norme procedurali che prevedono un riesame nel merito, da parte di un organo giurisdizionale nazionale, di una decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, al pari dell’articolo 9 della legge del 1990, o che prevedano una portata più limitata per l’impugnazione di detta decisione, come quella relativa a un ricorso per controllo giurisdizionale.

76.

Per quanto riguarda il principio di effettività, il controllo giurisdizionale nel merito della decisione di cui trattasi non sembra necessario, alla luce della giurisprudenza della Corte menzionata ai paragrafi da 64 a 66 delle presenti conclusioni, per garantire gli obiettivi e l’effettività dei regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004. Al contrario, mi pare che la più limitata portata dell’impugnazione di detta decisione, come quella relativa a un ricorso per controllo giurisdizionale, preserverebbe le speciali competenze del veterinario ufficiale nell’adozione di decisioni sull’idoneità della carne al consumo umano ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 al fine di garantire che non sia immessa sul mercato carne inadatta e dunque di contribuire ad un elevato livello di tutela della salute pubblica, obiettivo perseguito dal regolamento in esame (vedi paragrafo 42 delle presenti conclusioni). La Corte non dispone peraltro di elementi che indichino che un ricorso per controllo giurisdizionale impedirebbe al giudice nazionale di applicare i principi e le norme pertinenti del diritto dell’Unione in sede di riesame di detta decisione.

77.

Per quanto riguarda il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva fondato sull’articolo 47 della Carta, risulta che, nella situazione di cui al procedimento principale, la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 non possa essere riesaminata nel merito né dinanzi a un’autorità amministrativa né dinanzi a un organo giurisdizionale. Alla luce della giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU (vedi paragrafi da 70 a 73 delle presenti conclusioni), si può ritenere che ciò rifletta gli ordinamenti giuridici degli Stati membri nella misura in cui il controllo da parte di un organo giurisdizionale nazionale nel merito delle decisioni amministrative può essere limitato e non sussiste alcun diritto di accedere a un livello di competenza giurisdizionale che possa sostituire la sua conclusione a quella dell’autorità competente, segnatamente in situazioni che implicano speciali competenze e l’esercizio da parte di tale autorità di un potere discrezionale. Ciò avviene, a mio avviso, nel caso di specie, che riguarda una decisione relativa alla bollatura sanitaria di carne ritenuta non idonea al consumo umano, adottata sulla base di una dettagliata ispezione delle carni e di vaste conoscenze e formazione di carattere professionale del veterinario ufficiale come previsto dal regolamento n. 854/2004 (vedi paragrafi da 44 a 46 delle presenti conclusioni).

78.

Occorre altresì sottolineare che, come indicato nell’ordinanza di rinvio (vedi paragrafo 16 delle presenti conclusioni), nell’ambito di un ricorso per controllo giurisdizionale, il giudice può esaminare se le conclusioni del veterinario ufficiale sono suffragate da elementi di prova e possono ribaltare la decisione adottata. Pertanto, sembra che il giudice possa effettuare una valutazione indipendente senza essere vincolato alle precedenti conclusioni del veterinario ufficiale e che abbia la facoltà di annullare la decisione adottata dal veterinario ufficiale per una serie di motivi.

79.

Per quanto riguarda la possibile soluzione amministrativa a cui si fa riferimento nelle osservazioni del Regno Unito (vedi paragrafo 27 delle presenti conclusioni), detta soluzione è esposta in un testo pubblicato dalla FSA e sembra essere una prassi amministrativa. È pacifico che essa non sia stata utilizzata nella controversia nel procedimento principale, in quanto è stata adottata dalla FSA dopo l’insorgere della controversia di cui trattasi. Va tuttavia rilevato che tale processo consente a un veterinario ufficiale di riconsiderare, alla luce di un secondo parere di altri veterinari competenti, la sua valutazione riguardo all’inidoneità della carne al consumo umano prima di prendere la decisione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. Su tale base, mi sembra che, benché un siffatto processo possa essere rilevante ai fini della proposizione di un ricorso contro detta decisione nei casi in cui sia stato attuato, esso non costituisce uno strumento di controllo giurisdizionale di tale decisione e non è dunque di per sé sufficiente a garantire una tutela giurisdizionale effettiva sulla base dell’articolo 47 della Carta.

80.

Occorre aggiungere che gli argomenti presentati dalle ricorrenti in relazione agli obblighi procedurali degli Stati membri nell’ambito del diritto di proprietà tutelato dall’articolo 17 della Carta non inficiano tale analisi. Ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU relativa all’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU ( 84 ), che occorre prendere in considerazione ai fini dell’interpretazione dell’articolo 17 della Carta ( 85 ), si può ritenere che la più limitata portata dell’impugnazione di una decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, come quella relativa a un ricorso per controllo giurisdizionale, a mio avviso, offra al gestore di un macello una ragionevole opportunità di adire un giudice ai fini di un’effettiva impugnazione della decisione di cui trattasi, nella misura in cui sia stato preso in considerazione il suo diritto di proprietà in base al suddetto articolo.

81.

Concludo pertanto che l’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 e alla luce dell’articolo 47 della Carta, non osta a una procedura prevista dal diritto nazionale, come un ricorso per controllo giurisdizionale, che prevede il controllo giurisdizionale della decisione di un veterinario ufficiale di non applicare un bollo sanitario a carne ritenuta non idonea al consumo umano nel cui ambito l’organo giurisdizionale nazionale che effettua il controllo non può riesaminare nel merito tale decisione.

C.   Prima questione

82.

Come menzionato nel paragrafo 31 delle presenti conclusioni, con la prima questione posta alla Corte il giudice del rinvio chiede se i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 ostino a una procedura nazionale come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990.

83.

Come risulta dall’ordinanza di rinvio, detta questione viene sollevata nell’ambito di una controversia nel procedimento principale tra le ricorrenti e la FSA in relazione alla corretta procedura prevista dal diritto nazionale per la valutazione, in sede giudiziaria, di una decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 e della questione se la FSA abbia rispettato le norme previste dal diritto nazionale.

84.

Ho concluso che, salvo verifiche da parte del giudice del rinvio, una procedura nazionale come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990 è incompatibile con i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004, in combinato disposto con il principio di effettività e con l’articolo 47 della Carta. Le ragioni per le quali sono giunto a tale conclusione sono le seguenti.

85.

Occorre ricordare, dal paragrafo 64 delle presenti conclusioni, che, secondo la giurisprudenza della Corte, in assenza di una normativa dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico di ogni Stato membro, conformemente al principio di autonomia procedurale, designare i giudici competenti per i ricorsi diretti a garantire la tutela dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione, fatti salvi i principi di equivalenza e di effettività. Per quanto riguarda il principio di effettività, occorre ricordare che ciascun caso in cui si pone la questione se una modalità procedurale nazionale renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai singoli dall’ordinamento giuridico dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto, se necessario, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale in causa, tra i quali rientra il principio della certezza del diritto ( 86 ). Inoltre, nello stabilire le modalità procedurali per tali ricorsi, gli Stati membri devono garantire il pieno rispetto dell’articolo 47 della Carta ( 87 ).

86.

Ne consegue che le misure nazionali che designano i giudici competenti a pronunciarsi sui ricorsi avverso la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 rientrano nell’ambito dell’autonomia procedurale degli Stati membri, a condizione che essi si conformino agli obblighi loro incombenti in forza del diritto dell’Unione, fatti salvi i principi di equivalenza e di effettività e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sulla base dell’articolo 47 della Carta. Come indicato al paragrafo 75 delle presenti conclusioni, i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004 non sembrano, in linea di principio, ostare a che uno Stato membro stabilisca modalità procedurali che prevedano un riesame nel merito, da parte di un organo giurisdizionale nazionale, della decisione di un veterinario ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, al pari dell’articolo 9 della legge del 1990, o che prevedano una più limitata portata dell’impugnazione di detta decisione, come quella relativa a un ricorso per controllo giurisdizionale.

87.

Mi pare tuttavia che i seguenti aspetti della situazione nel procedimento principale siano particolarmente pertinenti.

88.

Come indicato dal giudice del rinvio (vedi paragrafo 14 delle presenti conclusioni), la procedura prevista dall’articolo 9 della legge del 1990 sottopone la decisione di un veterinario ufficiale a un riesame da parte del giudice di pace, che può ritenere, sulla base di prove adeguate, che la carne non soddisfi i requisiti di sicurezza alimentare. Tuttavia, colui che può adire il giudice di pace non è il gestore del macello, i cui interessi sono pregiudicati da tale decisione, bensì il funzionario della FSA. A mio avviso, il fatto che tale procedura non possa essere invocata da un gestore di un macello per far valere i propri diritti sulla base del diritto dell’Unione e che essa dipenda dall’iniziativa delle autorità nazionali, come la FSA, sembra, salvo verifiche da parte del giudice del rinvio, rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti dell’Unione.

89.

Analogamente, in tali circostanze, mi sembra che la procedura prevista dall’articolo 9 della legge del 1990 non garantisca al gestore di un macello un diritto di ricorso a un giudice conformemente all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta, dato che al gestore di cui trattasi non è offerta una reale possibilità di adire un giudice per impugnare detta decisione ( 88 ).

90.

Inoltre, il sistema del controllo giurisdizionale previsto dal diritto del Regno Unito appare problematico per motivi di certezza del diritto. Come riconosciuto dalla Corte, gli Stati membri hanno l’obbligo di adottare una disciplina giuridica sufficientemente precisa, chiara e prevedibile per consentire ai singoli di conoscere i loro diritti e i loro obblighi ( 89 ). Salvo verifiche da parte del giudice del rinvio, le modalità procedurali di cui trattasi nel procedimento principale non sembrano soddisfare il requisito della certezza del diritto e non sono pertanto conformi al principio di effettività a causa della mancanza di chiarezza in ordine alla modalità corretta di impugnare la decisione di un veterinario ufficiale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, ossia se si tratti della procedura prevista all’articolo 9 della legge del 1990 o di un ricorso per controllo giurisdizionale.

91.

Concludo pertanto che, salvo verifiche da parte del giudice del rinvio, i regolamenti n. 854/2004 e n. 882/2004, in combinato disposto con il principio di effettività e con l’articolo 47 della Carta, ostano a una procedura nazionale come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990.

VII. Conclusione

92.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) come segue:

1.

Salvo verifiche da parte del giudice del rinvio, il regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano, e il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali, in combinato disposto con il principio di effettività e con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che ostano a una procedura nazionale come quella di cui all’articolo 9 della legge del 1990.

2.

L’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 impone agli Stati membri di prevedere un diritto di ricorso avverso la decisione di un veterinario ufficiale di non applicare un bollo sanitario a carne ritenuta non idonea al consumo umano ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. Tali disposizioni, lette alla luce dell’articolo 47 della Carta, devono essere interpretate nel senso che non ostano a una procedura prevista dal diritto nazionale, come un ricorso per controllo giurisdizionale, secondo la quale l’organo giurisdizionale nazionale che effettua il controllo giurisdizionale di tale decisione non può riesaminarla nel merito.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 2004, L 139, pag. 206.

( 3 ) GU 2004, L 165, pag. 1.

( 4 ) Esso include anche: regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza (GU 2002, L 31, pag. 1); regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU 2004, L 139, pag. 1); regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (GU 2004, L 139, pag. 55); e regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale) (GU 2009, L 300, pag. 1). V. paragrafi da 39 a 43 delle presenti conclusioni.

( 5 ) UK Public General Acts 1990 c. 16.

( 6 ) Come risulta dall’ordinanza di rinvio, si utilizza il termine carcassa in base alla definizione di «carcassa» di cui al punto 1.9 dell’allegato I al regolamento n. 853/2004, come «il corpo di un animale dopo il macello e la tolettatura», mentre per «frattaglie» si intendono, ai sensi del punto 1.11 del medesimo allegato, «le carni fresche diverse da quelle della carcassa, inclusi i visceri e il sangue».

( 7 ) La piemia è un’infezione del sangue (setticemia) provocata dal diffondersi nella circolazione sanguigna di batteri suppurativi provenienti da ascessi.

( 8 ) UK Statutory Instruments 2013/2996. Come risulta dalle informazioni fornite alla Corte, detto regolamento prevede il recepimento e l’attuazione in Inghilterra dei regolamenti n. 178/2002, n. 852/2004, n. 853/2004 e n. 854/2004.

( 9 ) UK Statutory Instruments 2013/2952.

( 10 ) R (on the application of Association of Independent Meat Suppliers, Cleveland Meat Company Ltd) v Food Standards Agency [2015] EWHC 1896 (Admin).

( 11 ) R (on the application of Association of Independent Meat Suppliers & Anor) v Food Standards Agency [2017] EWCA Civ 431.

( 12 ) GU 2020, L 29, pag. 7. In base all’articolo 86, paragrafo 3, di tale accordo, la domanda di pronuncia pregiudiziale si considera presentata nel momento in cui la domanda giudiziale è registrata presso la cancelleria della Corte. Nel caso in esame, la domanda è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 31 luglio 2019.

( 13 ) Le ricorrenti fanno riferimento, in particolare, alle sentenze del 6 novembre 2012, Otis e a. (C‑199/11, EU:C:2012:684), e del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373).

( 14 ) Le ricorrenti fanno riferimento alle sentenze del 1o aprile 2010, Denisova e Moiseyeva c. Russia (CE:ECHR:2010:0401JUD001690303), e del 28 giugno 2018, G.I.E.M. e a. c. Italia (CE:ECHR:2018:0628JUD000182806).

( 15 ) Il Regno Unito fa riferimento, inter alia, alle sentenze del 24 ottobre 1986, AGOSI c. Regno Unito (CE:ECHR:1986:1024JUD000911880), e del 4 marzo 2014, Microintelect OOD c. Bulgaria (CE:ECHR:2014:0304JUD003412903).

( 16 ) FSA, «Process for red meat carcases rejected at post mortem inspection – Approach to considering rejection of red meat carcases at post mortem inspection», disponibile sul suo sito Internet, https://www.food.gov.uk/business-guidance/process-for-red-meat-carcases-rejected-at-post-mortem-inspection.

( 17 ) V. sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 31).

( 18 ) V. sentenza del 29 gennaio 2020, GAEC Jeanningros (C‑785/18, EU:C:2020:46, punti 3233).

( 19 ) V. sentenza del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Consiglio (C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punto 36).

( 20 ) V. sentenza del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Insegnamento superiore) (C‑66/18, EU:C:2020:792, punto 212).

( 21 ) V. sentenza del 24 settembre 2020, NK (Pensioni aziendali di persone che occupano posizioni dirigenziali) (C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 78).

( 22 ) V. sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Tutela giurisdizionale contro richieste di informazioni nel diritto fiscale) (C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punti da 54 a 59).

( 23 ) Per una discussione generale, v. van der Meulen, B.M., «The Structure of European Food Law», Laws, vol. 2, 2013, pag. da 69 a 98.

( 24 ) V. regolamento n. 178/2002, articolo 1, paragrafo 2, considerando da 3 a 5 e da 10 a 12. V. inoltre documento di lavoro dei servizi della Commissione, Valutazione REFIT della legislazione alimentare generale REFIT (regolamento n. 178/2002) [SWD(2018) 38 final, parte 1], 15 gennaio 2018, in particolare punti 1.2 e 2.

( 25 ) V. regolamento n. 178/2002, articolo 1, paragrafo 1, articolo 5, paragrafo 1, articolo 6, paragrafo 1, articolo 7, paragrafo 1, e articolo 8; considerando 2 e 8.

( 26 ) V. regolamento n. 178/2002, articolo 14, paragrafi 1 e 2. V. altresì sentenza del’11 aprile 2013, Berger (C‑636/11, EU:C:2013:227, punto 34).

( 27 ) V. regolamento n. 178/2002, articolo 17, paragrafo 1; considerando 30.

( 28 ) V. regolamento n. 178/2002, articolo 17, paragrafo 2.

( 29 ) V. regolamento n. 882/2004, articolo 1, paragrafo 1; considerando 6, 7 e 45. Per la definizione di «controllo ufficiale», v. articolo 2, paragrafo 1, del medesimo regolamento. V. altresì relazione della Commissione sul funzionamento generale dei controlli ufficiali sulla sicurezza alimentare, la salute e il benessere degli animali e la salute delle piante negli Stati membri [COM(2012) 122 final], 23 marzo 2012.

( 30 ) V. sentenza del 17 marzo 2016, Kødbranchens Fællesråd (C‑112/15, EU:C:2016:185, punto 37).

( 31 ) V. sentenza del 12 settembre 2019, Pollo del Campo e a. (C‑199/18, C‑200/18 e C‑343/18, EU:C:2019:718, punto 33).

( 32 ) V. sentenza del 19 dicembre 2019, Exportslachterij J. Gosschalk e a. (C‑477/18 e C‑478/18, EU:C:2019:1126, punti 5760).

( 33 ) V. relazione della Commissione sull’esperienza acquisita nell’applicare i regolamenti in tema di igiene (CE) n. 852/2004, (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 [COM(2009) 403 definitivo], 28 luglio 2009, in particolare punto 2.

( 34 ) V. regolamento n. 852/2004, articolo 1, paragrafo 1; considerando 8.

( 35 ) V. regolamento n. 853/2004, articolo 1, paragrafo 1; considerando 2.

( 36 ) V. regolamento n. 852/2004, considerando 7; regolamento n. 853/2004, considerando 9 e 10. V. altresì sentenze del 2 maggio 2019, T. Boer & Zonen (C‑98/18, EU:C:2019:355, punto 44), e del 12 settembre 2019, A e a. (C‑347/17, EU:C:2019:720, punto 43).

( 37 ) O, nei casi pertinenti, un marchio di identificazione. V. regolamento n. 853/2004, articolo 5, paragrafo 1; considerando 15. La definizione di «prodotti di origine animale» e dei termini collegati alla carne si trova nell’allegato I di tale regolamento, punti 1 e 8.

( 38 ) V. regolamento n. 854/2004, articolo 1, paragrafo 1; considerando 2.

( 39 ) V. sentenza del 5 novembre 2014, Cypra (C‑402/13, EU:C:2014:2333, punto 17).

( 40 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU 2017, L 95, pag. 1).

( 41 ) V. regolamento 2017/625, articolo 1; considerando 19, 20, 43 e 92. Ai sensi dell’articolo 167 del medesimo, esso si applica a decorrere dal 14 dicembre 2019 fatte salve talune eccezioni.

( 42 ) Regolamento di esecuzione della Commissione del 15 marzo 2019 che stabilisce modalità pratiche uniformi per l’esecuzione dei controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano in conformità al regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento (CE) n. 2074/2005 della Commissione per quanto riguarda i controlli ufficiali (GU 2019, L 131, pag. 51). A norma dell’articolo 75 del medesimo, esso si applica a decorrere dal 14 dicembre 2019.

( 43 ) V. proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano [COM(2002) 377 definitivo], presentata dalla Commissione l’11 luglio 2002 (in prosieguo: la «proposta»), relazione, punti 5 e 8. V. altresì i paragrafi 41 e 42 delle presenti conclusioni.

( 44 ) V. regolamento n. 854/2004, articolo 2, paragrafo 1, lettera f). Per la definizione di «autorità competente», v. articolo 2, paragrafo 1, lettera c), del suddetto regolamento; regolamento n. 882/2004, articolo 2, paragrafo 4.

( 45 ) V., per analogia, sentenza del 15 aprile 1997, Bakers of Nailsea (C‑27/95, EU:C:1997:188, punti 3536).

( 46 ) V. regolamento n. 854/2004, articolo 5, paragrafi da 4 a 7; allegato I, sezione III.V. altresì sentenze del 5 novembre 2014, Cypra (C‑402/13, EU:C:2014:2333, punto 19), e del 17 marzo 2016, Kødbranchens Fællesråd (C‑112/15, EU:C:2016:185, punto 29).

( 47 ) V. altresì regolamento n. 854/2004, allegato I, sezione I, capo III, punto 2, lettera a).

( 48 ) V. regolamento n. 854/2004, allegato I, sezione II, capo V, punto 1, lettere f) e u).

( 49 ) V., per analogia, sentenza del 15 aprile 1997, Daut (C‑105/95, EU:C:1997:189, punto 20).

( 50 ) V. nota 25 delle presenti conclusioni; v. altresì, ad esempio, regolamento n. 852/2004, considerando 1; sentenza del 13 novembre 2014, Reindl (C‑443/13, EU:C:2014:2370, punto 28).

( 51 ) V., per analogia, sentenza del 12 settembre 2019, A e a. (C‑347/17, EU:C:2019:720, punti da 65 a 69), e conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa A e a. (EU:C:2018:974, paragrafi 8283 e nota 25).

( 52 ) Occorre osservare che, come indicato nell’ordinanza di rinvio, la versione in lingua tedesca del considerando 43 («Unternehmer sollten (…) Rechtsmittel einlegen können») e soprattutto dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 («sein Widerspruchsrecht») sembra differire dalla maggior parte delle altre versioni linguistiche, che utilizzano una formulazione simile a quella utilizzata nella versione in lingua inglese di tali disposizioni; v., ad esempio, la versione in lingua francese del considerando 43 («Les exploitants devraient avoir un droit de recours») e dell’articolo 54, paragrafo 3, del regolamento n. 882/2004 («des informations sur ses droits de recours contre de telles décisions, ainsi que sur la procédure et les délais applicables»).

( 53 ) V. proposta, citata nella nota 43 delle presenti conclusioni.

( 54 ) V. posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura sulla proposta di regolamento, 5 giugno 2003, allegato I, capitolo 1, sezione II.A, testo proposto per il paragrafo 5.

( 55 ) V. relazione del Parlamento europeo sulla proposta, A5-0156/2003, 7 maggio 2003, proposta di emendamento 70.

( 56 ) V., ad esempio, Doc 11104/03 ADD 3, 11 luglio 2003, pag. 15; posizione comune (CE) n. 3/2004 sulla proposta, 27 ottobre 2003 (GU 2004, C 48 E, pag. 82), testo proposto per l’articolo 9, paragrafo 3, e motivazione del Consiglio, parte III.B.

( 57 ) V., a tale proposito, proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano, presentata dalla Commissione, [COM(2003) 577 definitivo], 21 ottobre 2003, relazione, punto 11.

( 58 ) V. regolamento 2017/625, articolo 18, paragrafo 4; v. altresì articolo 3, paragrafo 51, e articolo 18, paragrafo 5, del medesimo; regolamento di esecuzione 2019/627, articolo 1, lettera d), e articolo 48, paragrafo 2, lettera a); considerando 17.

( 59 ) V. regolamento 2017/625, articolo 138, paragrafo 3; considerando 30.

( 60 ) V. regolamento di esecuzione 2019/627, articolo 45, lettera f). Il corsivo è mio.

( 61 ) V. sentenze del 9 luglio 2020, Vueling Airlines (C‑86/19, EU:C:2020:538, punto 39), e del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 223).

( 62 ) V. sentenza del 26 giugno 2019, Craeynest e a. (C‑723/17, EU:C:2019:533, punto 46).

( 63 ) C‑71/14, EU:C:2015:656, punti da 17 a 2646.

( 64 ) V. sentenza del 6 ottobre 2015, East Sussex County Council (C‑71/14, EU:C:2015:656, punto 61).

( 65 ) V. sentenza del 6 ottobre 2015, East Sussex County Council (C‑71/14, EU:C:2015:656, punti 50, 5153).

( 66 ) V. sentenza del 6 ottobre 2015, East Sussex County Council (C‑71/14, EU:C:2015:656, punto 57).

( 67 ) V. sentenza del 6 ottobre 2015, East Sussex County Council (C‑71/14, EU:C:2015:656, punto 58) [che fa riferimento alle sentenze del 21 gennaio 1999, Upjohn (C‑120/97, EU:C:1999:14, punti 30, 3536), e del 9 giugno 2005, HLH Warenvertrieb e Orthica (C‑211/03, C‑299/03 e da C‑316/03 a C‑318/03, EU:C:2005:370, punti da 75 a 7779)].

( 68 ) V., inter alia, sentenze del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, in particolare punti da 75 a 89); del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570, punti da 42 a 52); e del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken (C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punti da 40 a 56). Per una più ampia discussione circa l’interazione tra il principio di effettività e la tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta, v., ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Banger (EU:C:2018:225, paragrafi da 99 a 103), e conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Braathens Regional Aviation (C‑30/19, EU:C:2020:374, paragrafi da 66 a 69).

( 69 ) V., a tale proposito, Prechal, S. e Widdershoven, R., «Redefining the Relationship between “Rewe-effectiveness” and Effective Judicial Protection», Review of European Administrative Law, vol. 4, 2011, pag. da 31 a 50, in particolare pag. da 47 a 48; Widdershoven, R., «National Procedural Autonomy and General EU Law Limits», Review of European Administrative Law, vol. 12, 2019, pag. da 5 a 34, in particolare pag. da 21 a 27.

( 70 ) V. sentenza del 26 luglio 2017, Sacko (C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 32).

( 71 ) V. sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a. (C‑199/11, EU:C:2012:684, punto 49). Come ha stabilito la Corte, si tratta di un contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta ai fini dell’articolo 52, paragrafo 1, della stessa: v. sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Tutela giurisdizionale contro richieste di informazioni nel diritto fiscale) (C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 66).

( 72 ) V. sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:960, punto 39). A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che le dichiarazioni e le constatazioni delle autorità amministrative non possono vincolare i giudici: v. sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary (C‑189/18, EU:C:2019:861, punti da 65 a 69).

( 73 ) V. sentenza del 26 luglio 2017, Sacko (C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 41); v. altresì conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Banger (C‑89/17, EU:C:2018:225, paragrafi da 104 a 107).

( 74 ) V., a tale proposito, Widdershoven, R., «The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review», in de Poorter, J. et al. (eds.), Judicial Review of Administrative Discretion in the Administrative State, Asser Press, 2019, pagg. 39-62, alle pagg. 49-53, 58.

( 75 ) V. sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci (C‑205/15, EU:C:2016:499, punti 4041). Secondo le spiegazioni relative all’articolo 47 della Carta, la tutela di cui al primo paragrafo di detta disposizione è più estesa di quella prevista dall’articolo 13 della CEDU, in quanto essa garantisce il diritto ad un mezzo di ricorso effettivo in sede giurisdizionale e il secondo paragrafo di tale disposizione non è limitato a controversie sui diritti e doveri di carattere civile, come avviene nell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU.

( 76 ) V. sentenza del 6 novembre 2018, Ramos Nunes De Carvalho e Sá c. Portogallo (CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, §§ da 176 a 178).

( 77 ) V sentenza del 20 ottobre 2015, Fazia Ali c. Regno Unito (CE:ECHR:2015:1020JUD004037810, § 78).

( 78 ) V. sentenza del 6 novembre 2018, Ramos Nunes De Carvalho e Sá c. Portogallo (CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, § 181).

( 79 ) V. sentenza del 21 giugno 2016, Al-Dulimi e Montana Management Inc. c. Svizzera (CE:ECHR:2016:0621JUD000580908, § 130).

( 80 ) V. sentenza del 21 luglio 2011, Sigma Radio Television Ltd c. Cipro (CE:ECHR:2011:0721JUD003218104, §§ da 158 a 169, in particolare §§ 159 e 161).

( 81 ) V. sentenza del 27 ottobre 2009, Crompton c. Regno Unito (CE:ECHR:2009:1027JUD004250905, §§ 72, 79 e 80). Per quanto riguarda l’articolo 13 della CEDU, v. sentenza del 30 ottobre 1991, Vilvarajah e a. c. Regno Unito (CE:ECHR:1991:1030JUD001316387, §§ da 122 a 127).

( 82 ) V. sentenza del 21 luglio 2011, Sigma Radio Television Ltd c. Cipro (CE:ECHR:2011:0721JUD003218104, § 157).

( 83 ) V. sentenza del 14 novembre 2006, Tsfayo c. Regno Unito (CE:ECHR:2006:1114JUD006086000, §§ da 46 a 49, in particolare § 46).

( 84 ) V. sentenze del 3 aprile 2012, Kotov c. Russia (CE:ECHR:2012:0403JUD005452200, § 114), e del 12 luglio 2016, Vrzić c. Croazia (CE:ECHR:2016:0712JUD004377713, § 110).

( 85 ) V. sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutto di terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 72).

( 86 ) V. sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service (C‑14/16, EU:C:2017:177, punto 37).

( 87 ) V. sentenze dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 65) e del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendézeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság (C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 142).

( 88 ) V. sentenza del 12 dicembre 2019, Aktiva Finants (C‑433/18, EU:C:2019:1074, § 36). Vale la pena rilevare che la Corte EDU ha dichiarato, nella sua giurisprudenza sull’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, che il diritto di ricorso ad un giudice deve essere «pratico ed effettivo» e non «teorico o illusorio»: v. sentenza del 5 aprile 2018, Zubac c. Croazia (CE:ECHR:2018:0405JUD004016012, § 77). V. anche, a tale proposito, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Samba Diouf (C‑69/10, EU:C:2011:102, paragrafo 43), e le conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa B.M.M. e B.S. (Regroupement familial – enfant mineur) (C‑133/19, EU:C:2020:222, paragrafo 44).

( 89 ) V. sentenza del 28 gennaio 2010, Commissione/Irlanda (C‑456/08, EU:C:2010:46, punto 61).