CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 15 ottobre 2020 ( 1 )

Causa C‑562/19 P

Commissione europea

contro

Repubblica di Polonia

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Imposta nel settore del commercio al dettaglio – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Vantaggio e selettività – Criterio di valutazione nella creazione del sistema di riferimento – Coerenza del sistema di riferimento – Vantaggio dell’aliquota d’imposta progressiva – Disparità di trattamento – Motivi di giustificazione della disparità di trattamento – Annullamento della decisione negativa e contestuale riesame della decisione di avvio del procedimento e di un’ingiunzione di sospensione dell’esecuzione»

I. Introduzione

1.

Il presente ricorso fornisce alla Corte l’occasione di esaminare nuovamente ( 2 ) una legge fiscale di nuova creazione alla luce della normativa in materia di aiuti di Stato. Secondo la tendenza internazionale, la Polonia ha basato un’imposta diretta sulle imprese non già sugli utili, bensì sul fatturato, introducendo a tal fine una struttura ad aliquote progressive. Al pari dell’imposta sui servizi digitali a livello dell’Unione europea ( 3 ) proposta dalla Commissione, essa dovrebbe avere come obiettivo quello di individuare e tassare principalmente le imprese con alti livelli di fatturato (cioè le grandi imprese).

2.

Poiché l’aliquota media aumenta con l’incremento del fatturato, ne consegue in qualche misura un risparmio fiscale, o ridistribuzione dell’onere fiscale, a favore delle imprese «più piccole». Anche se l’imposta sui servizi digitali prevista a livello dell’UE e l’imposta nel settore del commercio al dettaglio in Polonia sono simili sotto questo aspetto, la Commissione ritiene che l’imposta polacca costituisca un aiuto a favore delle imprese più piccole «sottotassate». Per questa ragione, la Commissione aveva già vietato in precedenza l’applicazione di questa legge in attesa della conclusione del procedimento di esame, fatto che la Polonia, analogamente all’Ungheria in un procedimento parallelo ( 4 ), considera una violazione della propria autonomia fiscale.

3.

Pertanto, l’impugnazione non si limita a sollevare la questione se un’imposta progressiva sulle imprese possa costituire un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Questo punto è stato respinto dal Tribunale nella sua sentenza di primo grado ( 5 ). Si pone anche la questione se la normativa in materia di aiuti di Stato sia lo strumento giusto per rivedere la legislazione tributaria nazionale in tale dettaglio e, come nella fattispecie, bloccarla per anni. A ciò si collega la questione se, nella normativa in materia di aiuti di Stato, il criterio di valutazione delle leggi tributarie (di portata generale) non debba essere diverso da quello applicabile ai singoli aiuti.

4.

Va inoltre tenuto presente che le libertà fondamentali sono già oggetto di un intenso controllo delle discriminazioni. Nella fattispecie, la Corte ha già stabilito che due simili imposte dirette sulle imprese basate sul fatturato in Ungheria, sono compatibili con le libertà fondamentali in base alla loro logica ridistributiva ( 6 ). È vero che, come giustamente sottolineato dalla Commissione in udienza, i gruppi di riferimento sono diversi: le libertà fondamentali vietano, nell’ambito del diritto tributario, il trattamento meno favorevole delle società straniere, il divieto di aiuti di Stato vieta di favorire «talune imprese». Entrambi i divieti di discriminazione, tuttavia, sono volti alla realizzazione del mercato interno. Se una misura è compatibile con il divieto di discriminazione sancito dalle libertà fondamentali, di regola non dovrebbe costituire un aiuto contrario al mercato interno.

II. Contesto normativo

5.

Il contesto normativo è costituito dall’articolo 107 TFUE e seguenti. La procedura relativa agli aiuti illegali è disciplinata nel capo III del regolamento (UE) 2015/1589 recante modalità di applicazione dell’articolo 108 TFUE ( 7 ) (in prosieguo: il «regolamento 2015/1589»).

6.

Il suo articolo 13, paragrafo 1 è così formulato:

«Dopo aver dato allo Stato membro interessato l’opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di sospendere l’erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell’aiuto con il mercato interno (“ingiunzione di sospensione”)».

III. Fatti all’origine della controversia

7.

All’inizio del 2016 il governo polacco ha previsto una nuova imposta nel settore del commercio al dettaglio di merci. L’imposta avrebbe avuto come base imponibile il fatturato e avrebbe avuto carattere progressivo. Informata di tale progetto, la Commissione ha inviato alle autorità polacche richieste di informazioni e ha dichiarato quanto segue.

8.

«Le aliquote dell’imposta progressiva sul fatturato pagata dalle imprese sono di fatto legate alle dimensioni dell’impresa e non alla sua redditività o solvibilità. Esse danno luogo a discriminazioni tra imprese e possono provocare gravi turbative del mercato. Poiché istituiscono una disparità di trattamento tra imprese, esse sono state considerate selettive. Essendo soddisfatte tutte le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE», esse si configurano come aiuti di Stato ai sensi di tale articolo.

9.

Il 6 luglio 2016 la Polonia ha adottato la legge sull’imposta nel settore del commercio al dettaglio. Oggetto dell’imposta è la vendita al dettaglio di merci al consumatore persona fisica. I debitori dell’imposta sono tutti i rivenditori, indipendentemente dal loro status giuridico. La base imponibile è costituita dal fatturato mensile eccedente i 17 milioni di zloty polacchi (PLN), ossia circa EUR 4 milioni. Le aliquote d’imposta sono dello 0,8% per lo scaglione di fatturato mensile compreso tra PLN 17 e 170 milioni e dell’1,4% per lo scaglione di fatturato mensile superiore. La legge in questione è entrata in vigore il 1o settembre 2016.

10.

Dopo alcuni scambi di corrispondenza tra le autorità polacche e la Commissione, quest’ultima ha avviato il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, relativamente alla misura in questione, con decisione del 19 settembre 2016 relativa all’aiuto di Stato SA.44351 (2016/C) (ex 2016/NN) (in prosieguo: la «decisione di avvio del procedimento») ( 8 ). Con tale decisione, la Commissione non solo ha intimato alle parti interessate di presentare le loro osservazioni, ma ha altresì ingiunto alle autorità polacche, sulla base dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2015/1589, di sospendere immediatamente l’«applicazione dell’aliquota progressiva dell’imposta fino a quando la Commissione non abbia adottato una decisione in merito alla sua compatibilità con il mercato interno». La Polonia ha quindi sospeso l’introduzione dell’imposta prevista.

11.

Il 30 novembre 2016, il governo polacco, parallelamente al proseguimento delle discussioni con la Commissione, ha presentato dinanzi al Tribunale domanda di annullamento della decisione di avvio del procedimento (causa T‑836/16). Con decisione del presidente della Nona Sezione del Tribunale del 27 aprile 2017, è stata accolta la domanda dell’Ungheria di intervenire a sostegno della Repubblica di Polonia.

12.

La Commissione ha chiuso il procedimento in materia di aiuti di Stato con la decisione (UE) 2018/160, del 30 giugno 2017, relativa all’aiuto di Stato SA.44351 (2016/C) (ex 2016/NN), al quale la Polonia ha dato esecuzione in relazione all’imposta sul settore del commercio al dettaglio (in prosieguo: la «decisione negativa») ( 9 ).

13.

In tale decisione la Commissione ha dichiarato che la misura di cui trattasi costituirebbe un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno e che alla stessa sarebbe stata data esecuzione illegalmente. Le autorità polacche dovevano annullare definitivamente tutti i pagamenti sospesi in forza della decisione di avvio del procedimento. Poiché alla misura in questione non è stata data esecuzione concretamente, la Commissione ha ritenuto che non occorresse recuperare elementi di aiuto dai beneficiari.

14.

Il 13 settembre 2017, il governo polacco ha inoltre presentato dinanzi al Tribunale domanda di annullamento della decisione negativa (causa T‑624/17). Con decisione del presidente della Nona Sezione del Tribunale del 12 gennaio 2018, è stata accolta la domanda dell’Ungheria di intervenire a sostegno della Repubblica di Polonia.

15.

Nella decisione di avvio del procedimento e nella decisione negativa (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»), con un’argomentazione completata su taluni aspetti nella decisione negativa, la Commissione ha sostanzialmente giustificato la qualificazione come aiuto di Stato della misura di cui trattasi, alla luce della definizione contenuta nell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, come segue.

16.

In primo luogo, le imprese con un fatturato modesto avrebbero beneficiato, per effetto della legge sull’imposta nel settore del commercio al dettaglio, di un trattamento fiscale favorevole rispetto ad altre imprese tenute a versare tale imposta. La rinuncia dello Stato al gettito fiscale che avrebbe riscosso se tutte le imprese fossero state soggette alla stessa aliquota media effettiva comporterebbe un trasferimento di risorse statali alle imprese beneficiarie. Al riguardo, le aliquote fiscali medie pari a zero o più basse applicate alle imprese con un fatturato più modesto rispetto alle aliquote fiscali medie più elevate applicate alle imprese con un fatturato più elevato avrebbero conferito un vantaggio alle prime.

17.

Inoltre, la Commissione ha ritenuto che il sistema di riferimento pertinente per accertare l’esistenza di un vantaggio selettivo fosse l’imposta sul fatturato nel settore del commercio al dettaglio, anche con riferimento alle imprese con un fatturato inferiore a PLN 17 milioni, ma senza ricomprendere la struttura progressiva della tassazione. La struttura progressiva della tassazione, poiché comporterebbe l’applicazione alle imprese non solo di aliquote d’imposta marginali ma anche di aliquote d’imposta medie differenti, costituirebbe una deroga al sistema di riferimento che si considera sia applicato con un’aliquota d’imposta unica.

18.

Al riguardo, la deroga al sistema di riferimento costituito dalla struttura progressiva della tassazione non sarebbe giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema. Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha dichiarato che taluni obiettivi di politica settoriale, come quelli di politica regionale, ambientale o industriale, non potevano essere presi in considerazione a tale riguardo. Le autorità polacche avevano posto l’accento sull’obiettivo di ridistribuzione cui avrebbe mirato la struttura progressiva dell’imposta Ciò sarebbe stato motivato dal fatto che le imprese con livelli di fatturato elevati potevano trarre vantaggio dalle economie di scala, da migliori condizioni di fornitura o da strategie fiscali inaccessibili alle imprese che realizzano fatturati più modesti.

19.

A parere della Commissione, un siffatto obiettivo di ridistribuzione non sarebbe compatibile con un’imposta sul fatturato che graverebbe sulle imprese soltanto in funzione del loro volume di attività, ma non in funzione dei loro costi, della loro redditività, della loro capacità contributiva o delle agevolazioni di cui, secondo le autorità polacche, soltanto le grandi imprese potrebbero beneficiare. Per la Commissione, un’imposta progressiva sul fatturato potrebbe essere giustificata per compensare o per prevenire la comparsa di taluni effetti negativi che possono essere generati dall’attività interessata (esternalità negative) tanto più importanti quanto più elevato è il fatturato, ma ciò non è stato in alcun modo dimostrato nel caso di specie. Avendo le autorità polacche affermato che la struttura progressiva della tassazione consentiva di mantenere il piccolo commercio al dettaglio di fronte alla grande distribuzione, la Commissione ha ritenuto che ciò provasse il fatto che esse miravano ad influenzare la struttura della concorrenza sul mercato.

20.

Con decisione del Tribunale del 4 luglio 2018, le cause T‑836/16 e T‑624/17 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento.

21.

Con la sentenza impugnata del 16 maggio 2019, il Tribunale ha accolto i due ricorsi proposti dalla Polonia avverso le decisioni impugnate ed ha annullato sia la decisione di avvio del procedimento, sia la decisione negativa della Commissione.

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

22.

Il 24 luglio 2019 la Commissione ha proposto la presente impugnazione avverso la sentenza del Tribunale. La Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere i motivi del ricorso presentato dalla Repubblica di Polonia avverso le decisioni impugnate e condannare la stessa a sostenere le spese del procedimento;

in via subordinata, rinviare la causa al Tribunale affinché adotti una nuova decisione nella quale si pronunci sui motivi che non sono stati esaminati.

23.

La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, chiede che:

l’impugnazione sia respinta in quanto infondata;

la Commissione sia condannata alle spese del procedimento.

24.

La Polonia, l’Ungheria e la Commissione hanno presentato dinanzi alla Corte osservazioni scritte sull’impugnazione e osservazioni orali all’udienza del 1o settembre 2020.

V. Sui motivi d’impugnazione

25.

La Commissione si fonda su due motivi. Nell’ambito del primo motivo d’impugnazione essa sostiene che il Tribunale, escludendo un vantaggio selettivo dell’imposta polacca nel settore del commercio al dettaglio a favore delle imprese con minor fatturato, avrebbe applicato in modo errato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In base al secondo motivo d’impugnazione, il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente l’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, annullando anche la decisione di avvio del procedimento, contenente un’ingiunzione di sospensione provvisoria.

A. Sul primo motivo d’impugnazione: errata interpretazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE

26.

Con il suo primo motivo, la Commissione invoca un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso nell’interpretazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In sostanza, essa contesta al Tribunale di aver erroneamente escluso un vantaggio selettivo e, quindi, un aiuto. Essa articola tale motivo in tre parti, affermando che il Tribunale avrebbe commesso un errore nella determinazione del quadro di riferimento (sul punto, 1.a), valutato la comparabilità delle imprese alla luce di un obiettivo non fiscale (sul punto, 2.a) e, nell’ambito della valutazione della selettività, avrebbe preso in considerazione un obiettivo non necessariamente legato all’imposta nel settore del commercio al dettaglio (sul punto, 2.b).

27.

Secondo costante giurisprudenza della Corte, parimenti accolta dal Tribunale, la qualificazione come «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, esige, in primo luogo, che si tratti di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo a incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza ( 10 ). Nella fattispecie, deve essere esaminata solo la posizione giuridica adottata dal Tribunale per quanto riguarda il criterio del vantaggio selettivo.

28.

Determinante, alla luce dei criteri di valutazione usuali, è se i requisiti per il conseguimento del vantaggio fiscale previsti dal regime tributario nazionale siano stati scelti in modo non discriminatorio ( 11 ). A tal fine è necessaria, in un primo momento, l’individuazione del regime tributario comune o «normale» (cosiddetto quadro di riferimento) applicabile nello Stato membro interessato. Successivamente, a fronte di tale regime tributario comune o «normale», occorre valutare se il vantaggio concesso dalla misura fiscale considerata costituisca un’eccezione ingiustificata e presenti, dunque, carattere selettivo ( 12 ).

1.   Sull’esistenza di un vantaggio selettivo o la corretta determinazione del quadro di riferimento (prima parte del primo motivo d’impugnazione)

29.

In particolare, la Commissione lamenta che, in sede di valutazione dell’esistenza di un vantaggio selettivo, il Tribunale avrebbe commesso un errore nella determinazione del quadro di riferimento. Mentre la Commissione ha considerato un’imposta basata sul fatturato con aliquota unica (proporzionale) (di importo sconosciuto), il Tribunale si sarebbe erroneamente basato sull’aliquota progressiva adottata dal legislatore polacco.

a)   Vantaggio selettivo basato su una legge tributaria generale: sul metodo di valutazione nella creazione di un quadro di riferimento

30.

Poiché l’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE non contiene la condizione attinente ad un quadro di riferimento e la sua analisi è fonte di sempre maggiori difficoltà (mi riferisco a questo proposito alle preoccupazioni sollevate nel frattempo da diversi avvocati generali ( 13 )) è necessario, al riguardo, entrare in maggiore dettaglio.

31.

Secondo costante giurisprudenza della Corte, sono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, siano atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che debbano essere considerati come un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni di mercato normali ( 14 ).

32.

Questa giurisprudenza è stata applicata al diritto fiscale. Una misura fiscale che, pur non essendo collegata al trasferimento di risorse statali, ponga tuttavia i soggetti beneficiari in una posizione più favorevole dal punto di vista finanziario rispetto agli altri contribuenti, può ricadere nell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE ( 15 ). Sono, in particolare, considerati aiuti gli interventi i quali allevino gli oneri gravanti di regola sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, presentino la stessa natura e producano identici effetti ( 16 ).

33.

Tale giurisprudenza si inseriva nell’ambito di deroghe fiscali che sollevavano o esentavano una singola impresa dall’onere fiscale effettivamente applicabile ( 17 ). Dato che, nella fattispecie, tutte le imprese «beneficiano» del minimo esente (fino a PLN 17 milioni) e anche dell’aliquota ridotta dello 0,8% per lo scaglione di fatturato mensile compreso tra PLN 17 e 170 milioni, non può trattarsi del vantaggio selettivo. Tutt’al più la diversa aliquota media risultante dalla struttura ad aliquote progressive potrebbe costituire un vantaggio selettivo che favorisce il contribuente con un fatturato più basso.

1) Principio: se la determinazione della tassazione «normale» sia competenza della Commissione o dello Stato membro

34.

In sostanza, il primo motivo d’impugnazione della Commissione solleva la questione di chi sia competente a determinare l’onere fiscale che grava di regola su un’impresa, laddove la non imposizione delle altre imprese vada a loro vantaggio. A parere della Commissione, l’imposizione «normale» è un’imposta sul reddito basata sul fatturato, con un’aliquota proporzionale (di importo sconosciuto). Secondo il legislatore polacco, l’imposizione «normale» è un’imposta sul reddito basata sul fatturato, con un’aliquota progressiva tra 0% e poco meno dell’1,4%. Le diverse aliquote d’imposta medie risultanti dal sistema di aliquote progressive costituiscono la logica conseguenza, vale a dire la tassazione normale. La Polonia invoca, a tal riguardo, la propria sovranità fiscale.

35.

L’autonomia fiscale degli Stati membri viene sottolineata e presa in considerazione a più riprese anche dalla giurisprudenza della Corte. Così, la Corte ha recentemente ribadito, in Grande Sezione, che allo stato attuale dell’armonizzazione del diritto fiscale dell’Unione, gli Stati membri sono liberi di istituire il sistema fiscale che ritengono più idoneo, cosicché l’applicazione di una tassazione progressiva rientra nel potere discrezionale di ciascuno Stato membro ( 18 ). In tale contesto, a parere della Grande Sezione e contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, «un’imposizione progressiva può essere basata sul fatturato, in quanto, per un verso, l’importo del fatturato rappresenta un criterio distintivo neutro e, per altro verso, esso rappresenta un indicatore pertinente della capacità contributiva dei soggetti passivi» ( 19 ).

36.

Tale giurisprudenza, elaborata nell’ambito delle libertà fondamentali, è applicabile del pari alla normativa in materia di aiuti di Stato. Anche in questo caso, la Corte ha già stabilito che, data l’assenza di regolamentazione dell’Unione in materia, rientra nella competenza fiscale degli Stati membri determinare le basi imponibili e la ripartizione della pressione fiscale sui diversi fattori di produzione e sui diversi settori economici ( 20 ). In linea di principio, quindi, solo un’eccezione a tale regime fiscale autonomo può essere valutata alla luce del diritto degli aiuti di Stato, ma non la creazione del regime fiscale stesso.

37.

La Commissione lo riconosce, in linea di principio, al punto 156 della sua comunicazione sulla nozione di «aiuto di Stato» di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ( 21 ), quando afferma che «[g]li Stati membri sono liberi di scegliere la politica economica che ritengono più appropriata e, in particolare, di ripartire la pressione fiscale sui diversi fattori di produzione nella maniera che reputano adeguata[,] (…) nel rispetto del diritto dell’Unione».

38.

Peraltro, non sono a conoscenza di alcuna disposizione del diritto dell’Unione che, al di là delle imposte armonizzate, imponga agli Stati membri una struttura specifica per le loro imposte nazionali. Pertanto, una tassazione «normale» non può essere derivata dal diritto dell’Unione. Il punto di partenza può essere solo la decisione di ciascun legislatore nazionale circa quella che considera una normale tassazione. Nella fattispecie, è un’imposta progressiva sul reddito applicabile alle imprese di commercio al dettaglio che fa riferimento, quanto alla base imponibile, al fatturato.

39.

Il legislatore nazionale può quindi determinare, in particolare, l’oggetto dell’imposta, la base imponibile e l’aliquota d’imposta. In questo caso, la Polonia si è avvalsa di tale facoltà istituendo un’imposta sul reddito basata sul fatturato, applicabile alle imprese di commercio al dettaglio, con un’aliquota media progressiva tra 0% e poco meno dell’1,4% (derivante dal minimo esente e da due scaglioni d’imposta). In linea di principio, la normativa in materia di aiuti di Stato non lo vieta.

2) Eccezione: il controllo di coerenza da parte della Corte nella sentenza Gibraltar

40.

Una conclusione contraria non risulta nemmeno dalla decisione della Corte nella sentenza Gibraltar, più volte citata dalla Commissione. È vero che in quella decisione la Corte ha esaminato il sistema di tassazione delle imprese a Gibilterra alla luce della normativa in materia di aiuti di Stato ed ha affermato l’esistenza di un aiuto; essa non ha, tuttavia, sostituito la propria concezione di tassazione generale normale a quella dello Stato membro.

41.

In tale causa, la Corte non ha in alcun modo dichiarato che la normativa in materia di aiuti di Stato impone una tassazione specifica. Essa si è limitata a verificare «solo» la logica intrinseca della normativa interessata. Secondo la proposta di riforma fiscale dell’epoca, era prevista l’introduzione di un’imposta uniforme sul reddito basata sugli utili applicabile a tutte le società stabilite a Gibilterra ( 22 ). Tuttavia, i fattori scelti dal legislatore, come il numero di dipendenti, gli immobili commerciali e la tassa di registro, non avevano manifestamente nulla a che vedere con un’imposta uniforme sul reddito applicabile a tutte le società. Né il Regno Unito aveva intrapreso alcun tentativo per spiegare tali fattori ( 23 ).

42.

Al riguardo, è vero che tale sentenza della Corte di giustizia costituisce una deroga ( 24 ) al principio sopra enunciato, secondo cui gli Stati membri sono dotati di autonomia nella determinazione del quadro di riferimento, poiché la Corte ha di fatto esaminato la creazione di un quadro di riferimento per stabilire l’esistenza di un aiuto. Ma in questo caso la Corte non ha fatto altro che esercitare una sorta di controllo degli abusi nell’esercizio della sovranità fiscale degli Stati membri. In sostanza, si è limitata a verificare se lo Stato membro avesse agito in modo coerente (e non abusivo) nell’esercizio della sua sovranità fiscale.

43.

All’epoca essa lo aveva correttamente escluso. La legge fiscale di Gibilterra mirava esclusivamente ad eludere la normativa in materia di aiuti di Stato, prevedendo un livello di tassazione molto basso per alcune imprese a scopo di lucro (cosiddette società «offshore») attraverso un’imposta sul reddito, presumibilmente generale, basata sugli utili. La Commissione e la Corte hanno giustamente ritenuto che si trattasse di un aiuto. Il vantaggio selettivo consisteva nella contraddizione intrinseca tra la motivazione o l’obiettivo della legge e la sua configurazione. Malgrado l’esistenza di un regime generale di imposta sul reddito basata sugli utili applicabile a tutte le società stabilite a Gibilterra, talune imprese erano assoggettate, selettivamente, a livelli di tassazione molto bassi ( 25 ).

44.

Pertanto, in tale sentenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione nella presente causa, la Corte non ha sostituito la propria interpretazione di tassazione generale normale a quella dello Stato membro. Né ha stabilito che il diritto dell’Unione impone una specifica struttura delle aliquote. Essa ha semplicemente affermato, a giusto titolo, che un’imposta generale sui redditi di tutte le società residenti non può essere basata su fattori estranei, il cui scopo non è altro che quello di favorire talune società che, in linea di principio, non necessitano di grandi locali né di un elevato numero di dipendenti, come nel caso delle cosiddette società offshore ( 26 ).

45.

In conclusione, la Corte ha così impedito che gli Stati membri abusassero della propria legislazione fiscale generale nel senso di concedere a singole imprese vantaggi non conformi alla normativa in materia di aiuti di Stato. Tale abuso dell’autonomia fiscale era il risultato di una configurazione manifestamente incoerente della legge fiscale applicata a Gibilterra.

3) Coerenza dell’imposta polacca nel settore del commercio al dettaglio

46.

Nel caso di una legge fiscale generale, non occorre verificare altro. Se il diritto dell’Unione rispetta la sovranità fiscale degli Stati membri e se la normativa in materia di aiuti di Stato non prescrive una configurazione specifica per i regimi fiscali nazionali, una normativa tributaria generale che si limita a determinare il quadro di riferimento può costituire un aiuto solo se è stata configurata in modo manifestamente incoerente ( 27 ).

47.

Nel caso di una legge fiscale di applicazione generale, la valutazione del vantaggio selettivo si riduce quindi a quest’unica fase. Possono quindi essere omesse le rimanenti fasi (come determinare il corretto quadro di riferimento, se esistano eccezioni o deroghe, se le differenziazioni siano giustificate in dettaglio, a chi incomba l’onere della prova e con riferimento a cosa), peraltro sempre controverse.

48.

In sostanza, il Tribunale ha giustamente concluso per l’assenza di una siffatta incoerenza dell’imposta polacca nel settore del commercio al dettaglio. Così, al punto 67 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale afferma che il regime normale sarebbe la legge polacca nella sua specifica configurazione a carattere progressivo, che si tradurrebbe in un’imposizione più gravosa delle imprese con livello di fatturato più elevato e in una minore tassazione delle imprese con un fatturato più modesto (punto 75). Ciò risulterebbe dalla logica redistributiva associata ad un’aliquota progressiva (punto 83). Di conseguenza, l’esistenza di un vantaggio selettivo non potrebbe risultare solo dalla struttura progressiva (punto 93). Poiché la Commissione non avrebbe invocato, né dimostrato, altre incoerenze (punto 94 e segg.), la legge in questione non potrebbe essere considerata un aiuto di Stato.

49.

Per contro, non sono convinta degli argomenti dedotti dalla Commissione nell’ambito dell’impugnazione ( 28 ).

i) Imposta sul reddito basata sul fatturato

50.

Più precisamente, non è incoerente istituire un’imposta sul reddito basata sul fatturato. In definitiva, le argomentazioni della Commissione si fondano tutte sul fatto che la tassazione della capacità finanziaria dovrebbe essere basata esclusivamente sull’utile (o sull’efficienza, vale a dire, sul margine di profitto). Solo quest’ultimo rifletterebbe correttamente la capacità contributiva imponibile. Anche in udienza, la Commissione ha sostenuto a più riprese che solo un’imposta sul reddito basata sugli utili sarebbe idonea a tassare correttamente la capacità contributiva.

51.

Così facendo, la Commissione non tiene conto del fatto che anche l’utile è solo un parametro (fittizio) per tassare equamente la capacità contributiva. Quanto alla capacità contributiva reale, tale parametro è solo un’indicazione relativa, come dimostra il cosiddetto dibattito in materia di BEPS ( 29 ). Tale dibattito mondiale si basa sul fatto che, manifestamente, le aziende con utili elevati non pagano le imposte corrispondenti perché possono ridurre significativamente la base imponibile («base erosion»), o trasferire gli utili verso paesi a bassa imposizione fiscale («profit shifting»).

52.

Un’imposta sul reddito basata sugli utili, al pari di un’imposta sul reddito basata sul fatturato, presenta vantaggi e svantaggi. Tuttavia, soppesare e assumere la responsabilità di tale tassazione non spetta ad un’autorità o a un tribunale, bensì ad un legislatore democraticamente legittimato. Il legislatore tributario (in questo caso il legislatore polacco) può decidere quale imposta ritiene adeguata. In ogni caso, la normativa in materia di aiuti di Stato non richiede l’introduzione dell’imposta più adeguata dal punto di vista della Commissione.

53.

Di conseguenza, anche i calcoli e le statistiche della Commissione nella memoria relativa ai motivi di impugnazione sono inconferenti, in quanto fondati su un margine di profitto. Se è vero che il legislatore polacco fa riferimento proprio al fatturato per evitare i problemi legati un’imposta sugli utili, non si può fare riferimento ad un margine di profitto a sua volta basato su tali utili, più facilmente influenzabili, per dimostrare che l’imposta sul fatturato sarebbe «inadeguata».

54.

Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non è pacifico nemmeno il fatto che un’imposta sul reddito basata sugli utili sia preferibile (per usare le parole della Commissione, «adeguata»). Al contrario, le imposte sul reddito basate sul fatturato sono in aumento a livello mondiale, come dimostra anche l’imposta sui servizi digitali ( 30 ) proposta dalla Commissione. Essa lega la tassazione delle imprese al loro fatturato annuo. A tale riguardo, l’imposta polacca nel settore del commercio al dettaglio e l’imposta sui servizi digitali prevista a livello dell’Unione non differiscono tra loro.

ii) Struttura tariffaria ad aliquote progressive

55.

Neppure un sistema di aliquote progressive in quanto tale costituisce un’incoerenza. Così, nell’ambito di una tassazione del reddito, le aliquote progressive sono alquanto comuni al fine di ottenere un’imposizione in funzione della capacità finanziaria. Ciò vale sia per l’imposta sul reddito basata sugli utili, sia per l’imposta sul reddito basata sul fatturato. Anche in questo caso, l’imposta sui servizi digitali proposta dalla Commissione dimostra che una struttura tariffaria ad aliquote progressive è una misura fiscale comune per tassare le imprese particolarmente efficienti.

56.

Sebbene la Commissione contesti, nella sua memoria, il fatto che la proposta imposta sui servizi digitali a livello dell’UE abbia un’aliquota a carattere progressivo, ciò è corretto solo in apparenza. In effetti, ai sensi dell’articolo 8 della proposta, l’aliquota unica è del 3% ed è quindi proporzionale. Tuttavia, la Commissione trascura il fatto che un minimo esente di un’imposta proporzionale produce aliquote medie diverse e, quindi, una curva progressiva ( 31 ). Lo stesso vale nel caso di una soglia fiscale. La curva delle aliquote dell’imposta digitale basata sul fatturato proposta a livello dell’UE varia con le sue (due) aliquote (medie) dallo 0% al 3%, mentre l’aliquota media aumenta dallo 0% al 3%, quando il fatturato supera la soglia. Pertanto, è anche progressiva.

57.

È inoltre parimenti inconferente l’argomentazione della Commissione secondo cui una struttura tariffaria ad aliquote progressive sarebbe idonea solo per la tassazione delle persone fisiche, in quanto, secondo la cosiddetta teoria dell’utilità marginale, solo nel caso di queste ultime l’aumento dell’utilità individuale diminuirebbe con l’aumento del reddito. Per questo, il sistema di aliquote progressive sarebbe utilizzato soltanto per la tassazione delle persone fisiche.

58.

La Commissione trascura il fatto che la teoria dell’utilità marginale è una teoria economica e non una norma di diritto. Tenuto conto dell’impossibilità di misurare l’«utilità», non è stato finora possibile ricavare da questa teoria dichiarazioni (giuridiche) vincolanti circa la aliquota d’imposta corretta ( 32 ). Al contrario, in passato anche le aliquote proporzionali erano considerate discriminatorie ( 33 ).

59.

Come giustamente sottolinea la Commissione, il motivo per cui le aliquote progressive sono di preferenza utilizzate per la tassazione delle persone fisiche consiste, piuttosto, nel fatto che le persone giuridiche possono liberamente sottrarsi al carattere progressivo attraverso scissioni parziali o strutture societarie di grandi dimensioni. Tale problema non rende tuttavia incoerente un’imposizione progressiva delle imprese, in cui rientrano sia le persone fisiche, sia quelle giuridiche.

60.

Né sono indicativi di incoerenza gli esempi di imposizione citati dalla Commissione e percepiti come iniqui. Infatti, la Commissione ritiene che l’aliquota d’imposta progressiva polacca non sia uno strumento adeguato in quanto, in presenza di un fatturato 10 volte più elevato, dovrebbe essere corrisposta un’imposta 30 volte più elevata. Peraltro, tale esempio non fa che dimostrare le conseguenze logiche di una curva d’imposta progressiva. Risultati ancora più estremi ( 34 ) si possono ritrovare nel caso dell’imposta sui servizi digitali a livello dell’Unione proposta dalla Commissione, con le sue soglie fiscali.

61.

Ciò premesso, il criterio dell’idoneità è in ogni caso erroneo. L’idoneità di un’imposta nazionale, come già menzionato (paragrafo 52 supra), deve essere valutata dal legislatore nazionale. Nell’ipotesi in cui il quadro di riferimento debba ancora essere definito, la normativa in materia di aiuti di Stato può solo eliminare le incoerenze. L’imposta polacca nel settore del commercio al dettaglio, tuttavia, attua la struttura fiscale progressiva in modo coerente.

b)   Conclusione

62.

Il Tribunale ha quindi giustamente escluso l’esistenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, la prima parte del primo motivo di impugnazione dev’essere respinta in quanto infondata.

c)   In subordine: criterio usuale di valutazione di un vantaggio selettivo

63.

Anche se, nell’ambito della verifica di una normativa tributaria generale come quella in esame, la Corte non si limitasse ad un controllo di coerenza, non risulta che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel concludere per l’assenza di un aiuto.

64.

In base al criterio di valutazione usuale, è necessaria, in un primo momento, l’individuazione del regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato. A fronte di tale regime tributario comune o «normale», occorre valutare, in un secondo tempo, se il vantaggio concesso dalla misura fiscale considerata costituisca un’eccezione ingiustificata e presenti, dunque, carattere selettivo ( 35 ).

65.

Tale selettività presuppone la sussistenza di una disparità di trattamento di imprese che si trovino in una situazione analoga, la quale non possa essere giustificata ( 36 ). In tal senso, una misura che deroghi all’applicazione del sistema tributario generale può essere giustificata qualora lo Stato membro de quo possa dimostrare che tale misura discenda direttamente dai principi informatori o basilari del proprio sistema tributario ( 37 ). In ultima analisi, tale verifica del carattere selettivo costituisce un esame della sussistenza di una discriminazione ( 38 ).

66.

Il Tribunale ha giustamente ritenuto che la Commissione abbia commesso un errore nella determinazione del quadro di riferimento. Il quadro di riferimento pertinente può essere solo la legge nazionale in esame, e non una legge ipotetica o fittizia. Qualsiasi altra soluzione consentirebbe alla Commissione di sostituirsi al legislatore nazionale rispettivo e di determinare il sistema tributario da essa auspicato per quanto riguarda il quadro di riferimento.

67.

Nella misura in cui la Commissione invoca a tale proposito la sentenza della Corte nella causa Gibraltar, essa non tiene conto, come già spiegato – al paragrafo 40 e segg. supra – delle affermazioni ivi formulate. In tale sentenza, la Corte non ha in alcun modo creato un quadro di riferimento fittizio.

68.

Come precedentemente stabilito dalla Corte ( 39 ), già l’errore commesso dalla Commissione nella determinazione del quadro di riferimento «inficia necessariamente tutta l’analisi della condizione di selettività». Di conseguenza, la decisione negativa impugnata deve essere annullata già per tale motivo. Ne consegue che la prima parte del primo motivo d’impugnazione è infondata anche applicando il criterio di valutazione usuale.

2.   Sulle altre due parti del primo motivo di impugnazione

69.

Con le altre due parti del primo motivo, la Commissione contesta le considerazioni aggiuntive del Tribunale e lamenta che quest’ultimo avrebbe erroneamente escluso l’esistenza di un aiuto anche in tale caso. Poiché, come risulta dai punti 69 e 70 della sentenza impugnata, le considerazioni aggiuntive del Tribunale si limitano ad esaminare se la decisione della Corte nella sentenza Gibraltar pervenga ad un risultato diverso, questione già risolta in senso negativo (paragrafo 40 e segg. supra), non occorre pronunciarsi sulle altre parti del primo motivo di impugnazione.

70.

Il Tribunale ha, tuttavia, esaminato ulteriormente se un aiuto esista comunque. È possibile che, ai punti 69 e 70, il Tribunale abbia ritenuto, a favore della Commissione, che nelle decisioni impugnate quest’ultima abbia altresì considerato il corretto quadro di riferimento (un’imposta progressiva basata sul fatturato applicabile alle imprese) e abbia concluso per l’esistenza di un aiuto anche su tale base. Diversamente, l’ulteriore esame della comparabilità delle situazioni e della giustificazione di una disparità di trattamento non avrebbero senso. Il Tribunale ha escluso l’esistenza di un aiuto anche a tale riguardo. Tale punto viene eccepito dalla Commissione nelle altre due parti del primo motivo di ricorso. In udienza è emerso chiaramente che la Commissione contesta al Tribunale, in particolare, di avere escluso la comparabilità di imprese con fatturati elevati e imprese con fatturati modesti.

a)   In subordine: sulla seconda parte del primo motivo d’impugnazione, relativa alla comparabilità di imprese con un fatturato più elevato e imprese con livelli di fatturato più bassi

71.

Per questo motivo, e poiché in udienza le parti ne hanno discusso a lungo, in questa sede verrà esaminato, in via subordinata, se anche in base a tale premessa (adozione del quadro di riferimento corretto da parte della Commissione), il Tribunale non abbia commesso un errore di diritto escludendo un vantaggio selettivo. Secondo la Commissione, il Tribunale, avendo escluso la comparabilità di imprese con un fatturato più modesto e imprese con livelli di fatturato più elevati, sarebbe incorso in un errore di diritto, avendo considerato un obiettivo legislativo errato (seconda parte del primo motivo di impugnazione).

72.

Anche questa parte del primo motivo di impugnazione è infondata. Se l’imposta sul reddito progressiva basata sul fatturato costituisce effettivamente il quadro di riferimento, l’attuazione coerente di tale quadro di riferimento non costituisce un’eccezione che dovrebbe essere giustificata in qualche modo, bensì la regola.

73.

Inoltre, nell’ambito di questo quadro di riferimento non si riscontrano neppure disparità di trattamento non giustificabili nei confronti di imprese in situazioni analoghe. Le imprese di commercio al dettaglio più grandi e più piccole si differenziano, in tale sistema di riferimento, proprio in ragione del loro fatturato e della capacità economica che ne deriva. In base alla valutazione dello Stato membro, che nella specie non è manifestamente errata (sulla coerenza, v. supra paragrafo 46 e segg.), esse non si trovano in una situazione di diritto e di fatto comparabile.

74.

D’altra parte, la Commissione sembra ritenere che l’obiettivo di un’imposta di garantire entrate di bilancio statale implichi che ogni contribuente dovrebbe essere tassato allo stesso livello (relativo). Per tale ragione il Tribunale avrebbe dovuto fondare la questione della comparabilità unicamente sull’obiettivo di garantire entrate fiscali. Alla luce di tale obiettivo, il livello di fatturato sarebbe irrilevante, ragion per cui una tassazione meno elevata delle imprese con fatturati più bassi non sarebbe giustificabile.

75.

Questo ragionamento non è condivisibile. Nel contesto del controllo degli aiuti di Stato, l’obiettivo di un’imposta non può essere limitato solamente a garantire entrate. Decisivo è piuttosto l’obiettivo di tassazione specifico perseguito dal legislatore fiscale ( 40 ), ricavabile in via esegetica dalla natura dell’imposta e dalla sua configurazione. Nel caso di un’imposta progressiva, un’imposizione assoluta e relativamente più elevata dei contribuenti con una maggiore capacità contributiva è un obiettivo intrinseco. Pertanto, ciò deve essere preso in considerazione anche nell’ambito dell’esame della comparabilità, come ha giustamente fatto il Tribunale.

76.

Al punto 75 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato, a questo proposito, che si può presumere che un’impresa con un fatturato elevato, grazie a svariate economie di scala, possa avere costi proporzionalmente inferiori rispetto a quella con un fatturato più modesto e sia quindi in grado di pagare un’imposta più elevata. Anche tale approccio è ineccepibile dal punto di vista giuridico. Questo perché, come già sottolineato dalla Corte ( 41 ), il volume del fatturato può senz’altro rappresentare un indicatore pertinente della capacità contributiva.

77.

In tal senso depone, da un lato, il fatto che utili elevati possano essere conseguiti soltanto in presenza di fatturati importanti e, dall’altro, che, di norma, l’utile per unità derivante da un fatturato aggiuntivo (ricavi marginali) aumenta in considerazione della riduzione dei costi fissi. Pertanto, non sembra affatto ingiustificabile valutare il fatturato quale espressione delle dimensioni o della posizione sul mercato e i potenziali utili di un’impresa anche quale espressione della sua capacità finanziaria, con conseguente tassazione in base a tale criterio ( 42 ).

78.

Come è emerso in udienza, la Commissione ha riflettuto molto sulla corretta tassazione della capacità contributiva. Nella fattispecie, gli inconvenienti di un’imposta sul reddito basata sul fatturato sono stati rilevati correttamente e sono state individuate alternative potenzialmente più sensate. Resta peraltro questione aperta cosa abbiano a che fare tali considerazioni fiscali piuttosto approfondite con la normativa sugli aiuti di Stato. La Commissione non ha risposto neanche a una domanda posta al riguardo dalla Corte in udienza. È possibile che la determinazione degli utili operata per mezzo di un raffronto del patrimonio aziendale sia più precisa di un collegamento al fatturato netto. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, tuttavia, la normativa in materia di aiuti di Stato non richiede un sistema fiscale più adeguato o più preciso, ma piuttosto il trattamento selettivo di talune imprese rispetto ad altre che si trovano nella stessa situazione.

79.

Pertanto, anche la seconda parte del primo motivo di impugnazione è infondata.

b)   In subordine, sulla terza parte del primo motivo di impugnazione: giustificazione di una differenziazione

80.

Con la terza parte del primo motivo di impugnazione, la Commissione contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto tenendo conto di fattori esterni nel giustificare la disparità di trattamento.

81.

Tale parte del ricorso si basa sulla premessa errata secondo la quale vi sarebbe una disparità di trattamento tra contribuenti comparabili, in quanto solo in tale ipotesi si pone la questione di una giustificazione. Dato che, come esposto in precedenza, non è questo il caso, questa parte dell’impugnazione sarà esaminata solo in subordine qualora, contrariamente alle aspettative, la Corte dovesse ritenere che la situazione di un’impresa di commercio al dettaglio che realizzi, ad esempio, un fatturato netto mensile di EUR/PLN 50000 e quella di un’analoga impresa con un fatturato netto mensile di EUR/PLN 200 milioni, siano comparabili.

82.

Resterebbe da verificare se il Tribunale abbia erroneamente ritenuto giustificata la disparità di trattamento di un’imposta progressiva correlata alla diversa aliquota d’imposta media. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, per giustificare una disparità di trattamento sono ipotizzabili anche motivi di giustificazione diversi da quelli puramente fiscali. Al riguardo, anche motivi comprensibili estranei al diritto tributario possono giustificare una differenziazione, come è stato affermato nella causa ANGED, ad esempio, per motivi connessi all’ambiente e alla pianificazione degli spazi in relazione ad un’imposta sulle superfici adibite al commercio al dettaglio ( 43 ).

83.

Nella fattispecie, il Tribunale non ha preso in considerazione motivi di giustificazione erronei. Ai punti 75 e 76 della sentenza impugnata, esso ha considerato giustificate le diverse aliquote d’imposta medie alla luce del principio della tassazione basata sulla capacità contributiva e della ridistribuzione dell’onere fiscale tra contribuenti con maggiore capacità contributiva e contribuenti con una capacità contributiva inferiore.

84.

Tale approccio è ineccepibile dal punto di vista giuridico. Né si può constatare che l’andamento progressivo dell’imposta polacca nel settore del commercio al dettaglio non trovi il proprio fondamento nella specifica normativa fiscale, bensì persegua obiettivi ad essa esterni e non pertinenti ( 44 ). Il volume del fatturato è un indice (in ogni caso non manifestamente errato) di una certa capacità economica. In tal senso, il fatturato, come mostra la Commissione stessa con il progetto di un’imposta sui servizi digitali ( 45 ), può essere considerato anche un indizio (di massima) di una maggiore forza economica e quindi di una capacità economica superiore.

85.

Inoltre, anche l’essenza del principio dello Stato sociale – al quale l’Unione europea ha aderito nell’articolo 3, paragrafo 3, TUE – giustifica un’aliquota d’imposta progressiva, la quale gravi in misura maggiore, anche in termini relativi, sui soggetti passivi che sono muniti di capacità finanziaria superiore rispetto ai soggetti passivi che non lo sono altrettanto. Ciò vale in ogni caso per un’imposta che si applichi anche alle persone fisiche, come nel caso di specie.

86.

Nei limiti in cui, al punto 94 della sentenza impugnata, la Commissione contesta al Tribunale anche la mancata osservanza dell’onere della prova, anche tale censura è inconferente. Essa si basa sull’errata considerazione che le imposte progressive basate sul fatturato costituiscono, in quanto tali, aiuti che richiedono una giustificazione.

3.   Conclusione

87.

Il primo motivo della Commissione è, pertanto, del tutto infondato.

B. Sul secondo motivo di impugnazione: errata interpretazione dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 13, del regolamento 2015/1589

88.

Con il secondo motivo dedotto a sostegno dell’impugnazione la Commissione sostiene che il Tribunale, annullando la decisione di avvio del procedimento e l’ingiunzione di sospensione, non avrebbe tenuto conto del fatto che le condizioni di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, e dell’articolo 13, del regolamento 2015/1589, erano soddisfatte. Di conseguenza, la decisione di avvio del procedimento e l’ingiunzione di sospensione rimarrebbero legittime e non potrebbero essere annullate per il solo motivo che la decisione negativa è stata annullata.

89.

Dalla giurisprudenza della Corte, della quale il Tribunale ha tenuto conto, risulta che la sussistenza di dubbi in merito agli aiuti è sufficiente ai fini dell’avvio di un procedimento in materia di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE ( 46 ). Di conseguenza, un’impugnazione separata della decisione di avvio del procedimento può essere accolta solo se la Commissione abbia commesso manifesti errori di valutazione ( 47 ). Lo stesso vale per quanto riguarda l’ingiunzione di sospensione ai sensi dell’articolo 13 del regolamento 2015/1589. Siffatta ingiunzione è sostanzialmente possibile a prescindere dal fatto che, alla fine, la misura controversa integri effettivamente un aiuto ( 48 ).

90.

La Commissione fa quindi riferimento a un criterio di valutazione meno rigoroso con riferimento alla decisione di avvio del procedimento, che la Corte di giustizia ha sviluppato per l’ipotesi di impugnazione separata della decisione di avvio del procedimento o dell’ingiunzione di sospensione ( 49 ).

91.

Tale criterio di valutazione particolare (paragrafo 89) è inteso a consentire alla Commissione di attuare il relativo procedimento in materia di aiuti di Stato già sulla base di un dubbio fondato circa l’aiuto e di determinare gli elementi necessari, anche qualora l’esistenza di un aiuto non sia ancora certa. Esso costituisce il fondamento, la ratio e la finalità del criterio di valutazione meno rigido, al momento dell’avvio del procedimento in materia di aiuti e fino all’adozione della decisione finale.

92.

Da un lato, l’incertezza presa in considerazione dal criterio di valutazione particolare si riferisce ad un’incertezza reale piuttosto che ad un’incertezza giuridica. Quest’ultima può difficilmente essere dissipata dall’ulteriore procedimento della Commissione in materia di aiuti di Stato. È quanto risulta chiaramente nella fattispecie: un’aliquota progressiva di un’imposta sul reddito basata sul fatturato costituisce un vantaggio selettivo di per sé, oppure non è tale. Tale valutazione giuridica era la stessa al momento della decisione di avvio del procedimento e al momento della decisione negativa, dato che nel frattempo il quadro normativo non è cambiato. Ne consegue che la Commissione corre il rischio, come sempre, che la sua valutazione giuridica si riveli erronea nell’ambito del controllo giurisdizionale dei suoi atti.

93.

In secondo luogo, non vi è motivo di applicare il criterio di valutazione (meno rigido) quando, come nel caso in esame, la decisione negativa impugnata viene riesaminata contemporaneamente alla decisione di avvio del procedimento e all’ingiunzione di sospensione ed è accertato che materialmente un aiuto di Stato non è mai esistito. Non vi è più necessità di attuare senza ostacoli un procedimento in materia di aiuti di Stato se quest’ultimo è già stato concluso e, in ragione dell’assenza di aiuti di Stato, non può nemmeno essere riavviato.

94.

La questione se l’errore commesso dalla Commissione con riferimento al criterio di valutazione particolare fosse anche manifesto alla luce delle argomentazioni che precedono (paragrafo 26 e segg.), come sono incline a ritenere ( 50 ), può quindi restare aperta.

95.

Infatti, un annullamento automatico della decisione di avvio del procedimento è ipotizzabile nel caso di specie anche nell’ipotesi in cui la Corte non dovesse riconoscere un’assenza di aiuti manifesta al momento della decisione di avvio del procedimento. Le disposizioni che consentono alla Commissione di adottare una decisione di avvio del procedimento (articolo 108, paragrafo 2, TFUE) e di emettere un’ingiunzione di sospensione (articolo 13 del regolamento 2015/1589) già in caso di dubbio circa l’esistenza di un aiuto, si basano evidentemente sulla presunzione dell’eventuale esistenza di un aiuto ( 51 ). Se, tuttavia, quest’ultima possibilità è definitivamente esclusa a causa dell’annullamento definitivo della decisione finale, non vi è più motivo di non collegare le sorti di tali decisioni alle sorti dell’annullamento della decisione negativa. Ciò vale in ogni caso quando tutte le decisioni sono impugnate congiuntamente e sono viziate dallo stesso errore sostanziale di diritto, cioè l’assenza di un aiuto.

96.

In caso di riesame congiunto, entrambe le decisioni (la decisione di avvio del procedimento e l’ingiunzione di sospensione), che si risolvono con la definitività della decisione negativa ( 52 ) o, come nel caso di specie, con l’annullamento della stessa, condividono, anche per motivi di economia processuale, le sorti sostanziali della decisione che conclude il relativo procedimento. La dichiarazione di annullamento della decisione di avvio del procedimento impugnata e dell’ingiunzione di sospensione in essa contenuta è, sotto questo profilo, un mero annullamento dichiarativo, che evita ai giudici dell’Unione la necessità di dichiarare il non luogo a provvedere e le conseguenze giuridiche che ne derivano.

97.

Pertanto, sono infondati anche il secondo motivo di impugnazione e, di conseguenza, l’impugnazione della Commissione nel suo complesso.

VI. Spese

98.

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese.

99.

A norma dell’articolo 184, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 140, paragrafo 1, l’Ungheria sopporta, quale parte interveniente, le proprie spese.

VII. Conclusione

100.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di statuire come segue:

1.

L’impugnazione della Commissione è respinta.

2.

La Commissione europea è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Repubblica di Polonia.

3.

L’Ungheria sopporta le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) La prima volta è stato nella sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732), in cui la Commissione si è opposta alla nuova legge relativa all’imposta sulle società per Gibilterra. Similmente, nelle sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C‑233/16, EU:C:2018:280), del 26 aprile 2018, ANGED (C‑234/16 e C‑235/16, EU:C:2018:281) e del 26 aprile 2018, ANGED (C‑236/16 e C‑237/16, EU:C:2018:291).

( 3 ) Proposta di direttiva del Consiglio, del 21 marzo 2018, relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali, COM(2018) 148 final.

( 4 ) Il procedimento è pendente dinanzi alla Corte con numero di causa C‑596/19.

( 5 ) Sentenza del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione (T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).

( 6 ) Sentenze del 3 marzo 2020, Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2020:140), e del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2020:139).

( 7 ) Regolamento (UE) del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU 2015, L 248, pag. 9).

( 8 ) GU 2016, C 406, pag. 76.

( 9 ) GU 2018, L 29, pag. 38.

( 10 ) Sentenze del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 38), del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53), e del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 40).

( 11 ) V., in tal senso, anche sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54), e del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 53); in maniera esplicita, anche al di fuori del diritto tributario, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punti 5355).

( 12 ) V. al riguardo, ex multis, sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 36).

( 13 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa A‑Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:741, paragrafo 61 e segg.), conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Andres/Commissione (C‑203/16 P, EU:C:2017:1017, paragrafo 88 e segg.), e mie conclusioni nella causa Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2019:567, paragrafo 151 e segg.), nella causa Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2019:492, paragrafo 163 e segg.), nella causa ANGED (C‑233/16, EU:C:2017:852, paragrafo 76 e segg.), nelle cause riunite ANGED (C‑234/16 e C‑235/16, EU:C:2017:853, paragrafo 74 e segg.), e nelle cause riunite ANGED (C‑236/16 e C‑237/16, EU:C:2017:854, paragrafo 76 e segg.).

( 14 ) Sentenze del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 65), del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa und Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 21), e, analogamente, sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 71, «che normalmente gravano»).

( 15 ) Cfr., tra l’altro, sentenze del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 23), del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 72), e del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14).

( 16 ) Sentenze del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 66), del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101), del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 71) e del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 13).

( 17 ) Cfr. sentenze del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 28), del 28 giugno 2018, Andres (Insolvenz Heitkamp BauHolding)/Commissione (C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punto 97), del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 68), dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550), e del 10 gennaio 2006, Cassa di Risparmio di Firenze e a. (C‑222/04, EU:C:2006:8, punto 132).

( 18 ) Sentenza del 3 marzo 2020, Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2020:140, punto 69), e del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 49).

( 19 ) Sentenza del 3 marzo 2020, Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2020:140, punto 70), e del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 50).

( 20 ) Sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 50), e del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 97).

( 21 ) GU 2016, C 262, pag. 1

( 22 ) Cfr. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 12).

( 23 ) Cfr. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C 107/09 P, EU:C:2011:732, punti 149150).

( 24 ) In tal senso, v. anche sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 32).

( 25 ) Così, espressamente. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C 107/09 P, EU:C:2011:732, punti 99, 102106).

( 26 ) Così, espressamente. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 106).

( 27 ) V. altresì, in tal senso, anche le mie conclusioni nelle cause Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2019:567, paragrafo 151 e segg.), Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2019:492, paragrafo 170 e segg.), e ANGED (C‑233/16, EU:C:2017:852, paragrafo 81 e segg.).

( 28 ) Le argomentazioni sono più o meno le stesse fatte valere nelle cause Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2020:140) e Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2020:139).

( 29 ) Cfr., ex multis, l’«Action Plan on Base Erosion and Profit shifting» dell’OCSE, reperibile all’indirizzo https://www.oecd.org/ctp/BEPSActionPlan.pdf; pag. 13: «Fundamental changes are needed to effectively prevent double non-taxation, as well as cases of no or low taxation associated with practices that artificially segregate taxable income from the activities that generate it».

( 30 ) Proposta di direttiva del Consiglio, del 21 marzo 2018, relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali, COM(2018) 148 final.

( 31 ) V. anche, a tale riguardo, le mie osservazioni nella causa Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2019:567, paragrafo 1, nota 3), e Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2019:492, paragrafo 1, nota 4).

( 32 ) Cfr. ex multis e molto concisamente: Birk/Desens/Tappe (ed.), Steuerrecht, 22a edizione 2019, punto 38.

( 33 ) In tal senso il BVerfG già nel 1958, sentenza del 24 giugno 1858, 2 BvF 1/57 Az., BVerfGE, punti 8, 51 (68 e 69): «Nella fattispecie la giustizia richiede che, ai fini dell’eguaglianza proporzionale, chi è munito di maggiore capacità finanziaria sia tenuto a corrispondere, a titolo di imposta, una percentuale più elevata del proprio reddito rispetto a chi è economicamente più debole».

( 34 ) In base alla proposta della Commissione, un’impresa con un fatturato a livello mondiale superiore a EUR 750 milioni, che non superi la soglia di EUR 50 milioni nell’Unione (fatturato pari esattamente a EUR 50 milioni), deve corrispondere esattamente EUR 0 di imposte. Un’altra impresa, con un fatturato a livello mondiale superiore a EUR 750 milioni, che superi di EUR 50 milioni la soglia fiscale di EUR 50 milioni nell’Unione, deve corrispondere EUR 3 milioni di imposte. Il fatturato due volte superiore nell’UE (EUR 100 milioni anziché 50) comporta un carico fiscale infinitamente più elevato.

( 35 ) V. al riguardo, ex multis, sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 36).

( 36 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 58), cfr., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2012, 3M Italia (C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 40), dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punti 6465), e del 29 aprile 2004, Paesi Bassi/Commissione (C‑159/01, EU:C:2004:246, punti 4243).

( 37 ) Sentenze del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 22), nonché dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

( 38 ) Conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Belgio/Commissione (C‑270/15 P, EU:C:2016:289, paragrafo 29).

( 39 ) Sentenza del 28 giugno 2018, Andres (insolvenza Heitkamp BauHolding)/Commissione (C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punto 107).

( 40 ) In tal senso anche la Corte nelle sue sentenze del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 48 e segg., obiettivi assegnati ad un particolare regime tributario), del 26 aprile 2018, ANGED (C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 55, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla legislazione), del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 85), e del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 95, alla luce del regime fiscale in causa).

( 41 ) Sentenze del 3 marzo 2020, Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2020:140, punto 70), del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 50).

( 42 ) V. mie conclusioni nelle cause Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2019:567, paragrafo 101), Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2019:492, paragrafo 121 e segg.), e Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 61).

( 43 ) Sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C‑236/16 e C‑237/16, EU:C:2018:291, punto 40 e segg.); del 26 aprile 2018, ANGED (C 234/16 e C 235/16, EU:C:2018:281, punto 45 e segg.), nonché del 26 aprile 2018, ANGED (C‑233/16, EU:C:2018:280, punto 52 e segg.).

( 44 ) In tal senso, espressamente, sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 70).

( 45 ) Proposta di direttiva del Consiglio, del 21 marzo 2018, relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali, COM(2018) 148 final.

( 46 ) Cfr. sentenze del 24 gennaio 2013, 3F/Commissione (C‑646/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:36, punto 27), del 21 luglio 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione (C‑194/09 P, EU:C:2011:497, punto 60), e del 10 maggio 2005, Italia/Commissione (C‑400/99, EU:C:2005:275, punto 47).

( 47 ) Sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 78), del 21 luglio 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione (C‑194/09 P, EU:C:2011:497, punto 61) e del 9 settembre 2014, Hansestadt Lübeck/Commissione (T‑461/12, EU:T:2014:758, punto 12).

( 48 ) Cfr. conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Deutsche Lufthansa (C‑284/12, EU:C:2013:442, paragrafo 27) e mie conclusioni nella causa Ungheria/Commissione (C‑456/18 P, EU:C:2020:8, paragrafi 3669).

( 49 ) Cfr. la situazione nella sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971): decisione di avviare il procedimento di indagine formale; situazione analoga nella sentenza del 24 gennaio 2013, 3F/Commissione (C‑646/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:36, punti 2829), e del 10 maggio 2005, Italia/Commissione (C‑400/99, EU:C:2005:275, punto 47, avvio del procedimento).

( 50 ) Come dimostra la sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 50), il fatto che non fosse ancora stata presa una decisione giudiziaria sulla specifica questione giuridica non è sufficiente ad escludere un errore manifesto da parte della Commissione.

( 51 ) V, in tal senso, sentenza del 21 novembre 2013, Deutsche Lufthansa (C‑284/12, EU:C:2013:755, punto 35): «Infatti, l’obbligo di notificazione e il divieto di esecuzione previsti dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE vertono sui progetti che possono essere qualificati come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE».

( 52 ) Cfr. su questa situazione particolare, le mie conclusioni nella causa Ungheria/Commissione (C‑456/18 P, EU:C:2020:8, paragrafo 32).