CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 13 gennaio 2022 ( 1 )

Cause riunite C‑451/19 e C‑532/19

Subdelegación del Gobierno en Toledo

contro

XU (C‑451/19)

e

Subdelegación del Gobierno en Toledo

contro

QP (C‑532/19)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha (Corte superiore di giustizia di Castiglia-La Mancia, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 20 TFUE – Cittadinanza dell’Unione europea – Cittadino dell’Unione che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione – Domanda di carta di soggiorno di un suo familiare, cittadino di un paese terzo – Rigetto – Obbligo per il cittadino dell’Unione di disporre di risorse sufficienti – Obbligo dei coniugi di convivere – Figlio minorenne, cittadino dell’Unione – Legislazione e prassi nazionali – Godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti ai cittadini dell’Unione – Privazione»

I. Introduzione

1.

Le domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha (Corte superiore di giustizia di Castiglia-La Mancia, Spagna) nelle presenti cause riunite vertono sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE per quanto riguarda il riconoscimento del diritto di soggiorno di cittadini di paesi terzi familiari (il figlio della coniuge e il coniuge, rispettivamente) di un cittadino spagnolo che non ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, nonché l’eventuale obbligo di procedere all’esame concreto e individuale della questione se esista un rapporto di dipendenza tra i componenti del nucleo familiare.

2.

Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra la Subdelegación del Gobierno en Toledo (subdelegazione del governo in Toledo, Spagna) (in prosieguo: la «subdelegazione») e cittadini di paesi terzi in ordine al rigetto, da parte di quest’ultima, di domande di rilascio, a loro favore, di un permesso di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione. Tali soggetti fanno valere, a sostegno delle loro pretese, un diritto di soggiorno derivato, fondato sull’articolo 20 TFUE, nonché la giurisprudenza della Corte sullo status di cittadino dell’Unione. Le presenti cause offrono alla Corte l’occasione di precisare la sua giurisprudenza relativa al diritto di soggiorno derivato che, in talune circostanze eccezionali, dev’essere riconosciuto al cittadino di un paese terzo in base a tale disposizione.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

1.   Direttiva 2004/38/CE

3.

L’articolo 1 della direttiva 2004/38/CE ( 2 ) dispone quanto segue:

«La presente direttiva determina:

a)

le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

b)

il diritto di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

(...)».

4.

L’articolo 3 di tale direttiva, dal titolo «Aventi diritto», prevede, al suo paragrafo 1, quanto segue:

«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2), che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

5.

L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva di cui trattasi è così formulato:

«1.   Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di uno Stato membro, a condizione:

(...)

b)

di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, o,

(...)

d)

di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2.   Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c)».

2.   Direttiva 2003/86/CE

6.

L’articolo 2 della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare ( 3 ), così recita:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

c)

“soggiornante”: il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare;

(…)».

7.

L’articolo 3 di tale direttiva dispone quanto segue:

«1.   La presente direttiva si applica quando il soggiornante è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da tale Stato membro per un periodo di validità pari o superiore a un anno, e ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, se i membri della sua famiglia sono cittadini di paesi terzi, indipendentemente dal loro status giuridico.

(…)

3.   La presente direttiva non si applica ai familiari di cittadini dell’Unione».

8.

Ai sensi dell’articolo 4 della detta direttiva:

«1.   In virtù della presente direttiva e subordinatamente alle condizioni stabilite al capo IV e all’articolo 16, gli Stati membri autorizzano l’ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:

(…)

c)

i figli minorenni, compresi quelli adottati, del soggiornante, quando quest’ultimo sia titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento dei figli affidati ad entrambi i genitori, a condizione che l’altro titolare dell’affidamento abbia dato il suo consenso;

(…)

6.   In deroga alla disposizione precedente, gli Stati membri possono richiedere che le domande riguardanti il ricongiungimento familiare di figli minori debbano essere presentate prima del compimento del quindicesimo anno di età, secondo quanto previsto dalla loro legislazione in vigore al momento dell’attuazione della presente direttiva. Ove dette richieste vengano presentate oltre il quindicesimo anno di età, gli Stati membri che decidono di applicare la presente deroga autorizzano l’ingresso e il soggiorno di siffatti figli per motivi diversi dal ricongiungimento familiare».

9.

A termini dell’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 2003/86:

«La domanda è presentata ed esaminata quando i familiari soggiornano all’esterno del territorio dello Stato membro nel cui territorio risiede il soggiornante.

In deroga alla disposizione che precede, uno Stato membro può accettare, in determinate circostanze, che una domanda sia presentata quando i familiari si trovano già nel suo territorio».

B. Diritto spagnolo

10.

L’articolo 32 della Costituzione spagnola prevede:

«1.   L’uomo e la donna hanno il diritto di contrarre matrimonio in piena uguaglianza giuridica.

2.   La legge determina le forme del matrimonio, l’età e la capacità matrimoniale, i diritti e i doveri dei coniugi, le cause di separazione e di scioglimento e i loro effetti».

11.

Ai sensi dell’articolo 68 du Código Civil (codice civile):

«I coniugi sono soggetti all’obbligo di convivenza e di fedeltà e assistenza reciproca. Inoltre, essi devono condividere le responsabilità domestiche e la cura degli ascendenti e discendenti e delle altre persone a loro carico».

12.

L’articolo 70 di tale codice dispone:

«I coniugi stabiliscono il luogo del domicilio coniugale e, in caso di disaccordo, la questione è decisa dal giudice, che tiene conto dell’interesse della famiglia».

13.

A termini dell’articolo 110 di detto codice:

«Il padre e la madre, anche se non esercitano l’autorità parentale, sono tenuti ad occuparsi dei figli minorenni a corrispondere alimenti a questi ultimi».

14.

Ai sensi dell’articolo 154 del codice civile:

«I minori non emancipati sono soggetti all’autorità parentale dei genitori.

(…)».

15.

L’articolo 1 del Real Decreto 240/2007, sobre entrada, libre circulación y residencia en España de ciudadanos de los Estados miembros de la Unión Europea y de otros Estados parte en el Acuerdo sobre el Espacio Económico Europeo (regio decreto 240/2007, disciplinante l’ingresso, la libera circolazione e il soggiorno in Spagna dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e degli altri Stati parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo) ( 4 ), del 16 febbraio 2007, nella sua versione applicabile alla controversia nel procedimento principale, dispone:

«1.   Il presente regio decreto fissa le condizioni per l’esercizio dei diritti d’ingresso e di uscita, di libera circolazione, di soggiorno, di soggiorno permanente e di lavoro in Spagna per i cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea e degli altri Stati parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo, oltre ai limiti previsti ai summenzionati diritti per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica.

2.   Il contenuto del presente regio decreto fa salve le disposizioni delle leggi speciali e dei trattati internazionali a cui la Spagna ha aderito».

16.

L’articolo 2 di tale regio decreto prevede:

«Il presente regio decreto si applica altresì, nei termini dallo stesso previsti, ai familiari del cittadino di un altro Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo, a prescindere dalla loro cittadinanza, qualora lo accompagnino o lo raggiungano, e che vengono di seguito elencati:

a)

il coniuge, a condizione che non sia intervenuto un accordo o una dichiarazione di nullità del matrimonio, di divorzio o di separazione personale.

(...)

c)

i suoi discendenti diretti, nonché quelli del coniuge o del suo partner registrato, di età inferiore a ventuno anni o di età superiore e a suo carico o inabili, a condizione che non sia intervenuto un accordo o una dichiarazione di nullità del matrimonio, di divorzio o separazione personale o che la registrazione dell’unione non sia stata annullata;

(…)».

17.

A termini dell’articolo 7 del detto regio decreto:

«1.   Ciascun cittadino dell’Unione o di un altro Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio dello Stato spagnolo, a condizione:

(...)

b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato spagnolo durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi in Spagna; o,

(...)

d) di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione o di un altro Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2.   Il diritto di soggiorno previsto al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano in Spagna il cittadino dell’Unione o di un altro Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo, purché quest’ultimo risponda alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).

(...)

7.   Per quanto riguarda i mezzi di sussistenza sufficienti, non può essere stabilito un importo fisso, ma si deve tener conto della situazione personale dei cittadini dello Stato membro dell’Unione europea o dell’altro Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo. In ogni caso, tale importo non può essere superiore al livello di risorse finanziarie al di sotto del quale gli spagnoli fruiscono di assistenza sociale o all’importo della pensione minima di previdenza sociale».

18.

L’articolo 8, paragrafo 1, dello stesso regio decreto dispone:

«I familiari del cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo di cui all’articolo 2 del presente regio decreto che non siano cittadini di uno di tali Stati possono, qualora accompagnino o raggiungano quest’ultimo, soggiornare in Spagna per un periodo superiore a tre mesi, e sono soggetti all’obbligo di chiedere e ottenere una “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”».

III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

A. Causa C‑451/19

19.

XU, cittadino venezuelano, è nato il 19 settembre 2001, in Venezuela. La madre di XU, cittadina venezuelana, è titolare di una Tarjeta de Residencia Comunitaria (carta di soggiorno comunitaria) e vive con il figlio in Spagna dal 2004. XU aveva ottenuto un permesso di soggiorno in tale Stato membro.

20.

Il 20 gennaio 2011, un tribunale dei minori del Venezuela decideva che la custodia di XU sarebbe stata affidata alla madre, che avrebbe potuto risiedere in Spagna col figlio, senza limitazioni di sorta.

21.

La madre di XU e il patrigno di quest’ultimo, cittadino spagnolo che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione all’interno dell’Unione, si sono sposati a El Viso de San Juan (Spagna) il 6 settembre 2014. La validità di tale matrimonio non è stata contestata.

22.

I coniugi convivono a El Viso de San Juan (Spagna) dal 12 dicembre 2008. Il 24 luglio 2009, dalla loro unione è nato un figlio, cittadino spagnolo.

23.

Il 28 settembre 2015, il patrigno di XU ha presentato domanda per il rilascio, a beneficio di XU, di una carta di soggiorno temporaneo di familiare di un cittadino dell’Unione europea, conformemente all’articolo 2, lettera c), del regio decreto 240/2007.

24.

Tale domanda è stata respinta in quanto il patrigno di XU non aveva comprovato di disporre, come richiesto dall’articolo 7 del regio decreto 240/2007, delle risorse sufficienti per se stesso e per i suoi familiari.

25.

Il 28 gennaio 2016, la subdelegazione ha confermato il rigetto della domanda presentata dal patrigno di XU. Questi ha proposto un ricorso giurisdizionale amministrativo contro tale decisione dinanzi allo Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 1 de Toledo (Tribunale amministrativo a livello provinciale n. 1 di Toledo, Spagna).

26.

Tale giudice ha accolto il suo ricorso considerando che l’articolo 7 del regio decreto 240/2007 non era applicabile nel caso di specie, dato che il patrigno di XU non aveva mai esercitato la sua libertà di circolazione all’interno dell’Unione.

27.

L’amministrazione dello Stato ha proposto appello contro tale decisione dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha (Corte superiore di giustizia di Castiglia-La Mancia), il quale ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’obbligo, per il cittadino spagnolo che non ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione, di soddisfare i requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, del [regio decreto 240/2007], quale condizione necessaria per il riconoscimento del diritto di soggiorno del figlio minorenne extracomunitario del coniuge extracomunitario, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regio decreto, possa comportare, qualora non sussistano detti requisiti, la violazione dell’articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea nel caso in cui, in seguito al diniego di tale diritto, il cittadino spagnolo si veda obbligato a lasciare il territorio dell’Unione considerato nel suo insieme. Tutto ciò muovendo dalla premessa che l’articolo 68 del Código Civil Español (codice civile spagnolo) stabilisce l’obbligo di convivenza dei coniugi.

2)

Se, in ogni caso, a prescindere da quanto esposto nella prima questione e in subordine, configuri una violazione dell’articolo 20 TFUE nei termini summenzionati la prassi seguita dallo Stato spagnolo che applica automaticamente la disciplina di cui all’articolo 7 del [regio decreto 240/2007], negando il permesso di soggiorno al cittadino di un paese terzo, figlio minorenne extracomunitario del coniuge extracomunitario di un cittadino dell’Unione che non ha mai esercitato il diritto alla libera circolazione (i quali coniugi, a loro volta, hanno un figlio spagnolo minorenne che non ha mai esercitato il diritto alla libera circolazione), per il solo e unico motivo che il cittadino dell’Unione non soddisfa i requisiti stabiliti da tale disposizione, senza aver esaminato se, nel singolo caso specifico, tra il cittadino dell’Unione interessato e il cittadino di un paese terzo esista un rapporto di dipendenza di natura tale da far sì che, per qualsiasi motivo e tenuto conto delle circostanze esistenti, qualora al cittadino del paese terzo venisse negato il diritto di soggiorno, il cittadino dell’Unione non potrebbe separarsi dal familiare che da lui dipende e sarebbe obbligato a lasciare il territorio dell’Unione. E ciò a maggior ragione nel caso in cui il cittadino spagnolo e la consorte extracomunitaria siano a loro volta genitori di un figlio minorenne spagnolo che potrebbe parimenti vedersi obbligato a lasciare il territorio spagnolo per seguire i genitori. Tutto ciò alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare, [della] sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. [(Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308)]».

B. Causa C‑532/19

28.

Il 25 settembre 2015, QP, cittadino peruviano, ha sposato una cittadina spagnola che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione in seno all’Unione. La validità di tale matrimonio non è mai stata messa in discussione. QP e la moglie sono genitori di una figlia, cittadina spagnola, nata l’11 agosto 2012.

29.

Il 2 ottobre 2015, QP ha presentato una domanda di rilascio di una carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione europea, allegandovi, tra l’altro, il contratto di lavoro a tempo indeterminato della moglie nonché vari fogli paga.

30.

Nel corso dell’istruzione della pratica, la subdelegazione ha informato QP dell’esistenza, a suo carico, di tre condanne penali in data 7 settembre 2010, 25 ottobre 2010 e 16 novembre 2016, la prima e la terza per guida di un autoveicolo senza patente di guida e la seconda per guida in stato di ubriachezza, al fine di consentirgli di presentare le sue osservazioni, alla qual cosa lo stesso ha provveduto.

31.

Il 14 dicembre 2015, la domanda di QP è stata respinta dalla subdelegazione in quanto non erano soddisfatti i requisiti previsti dal regio decreto 240/2007, dato che QP aveva precedenti penali in Spagna e non disponeva, per se stesso e per i suoi familiari, di risorse economiche sufficienti.

32.

Il 1o febbraio 2016, la subdelegazione ha confermato il rigetto della domanda presentata da QP. Quest’ultimo ha proposto un ricorso giurisdizionale amministrativo contro tale decisione dinanzi allo Juzgado de lo Contencioso-Administrativo n. 2 de Toledo (Tribunale amministrativo a livello provinciale n. 2 di Toledo, Spagna) che ha accolto il suo ricorso.

33.

L’amministrazione dello Stato ha appellato tale decisione dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha (Corte superiore di giustizia di Castiglia-La Mancia), il quale ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’obbligo, per il cittadino spagnolo che non ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione, di soddisfare i requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, del regio decreto 240/2007, quale condizione necessaria per il riconoscimento del diritto di soggiorno del suo coniuge extracomunitario, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del citato regio decreto, possa comportare, qualora non sussistano detti requisiti, la violazione dell’articolo 20 [TFUE] nel caso in cui, in seguito al diniego di tale diritto, il cittadino spagnolo si veda obbligato a lasciare il territorio dell’Unione considerato nel suo insieme. Tutto ciò muovendo dalla premessa che l’articolo 68 del codice civile spagnolo stabilisce l’obbligo di convivenza dei coniugi.

2)

Se, in ogni caso, a prescindere da quanto esposto sub) 1 e in subordine, configuri una violazione dell’articolo 20 TFUE nei termini poc’anzi indicati, la prassi seguita dallo Stato spagnolo che applica automaticamente la disciplina di cui all’articolo 7 del regio decreto 240/2007, negando il permesso di soggiorno al familiare di un cittadino dell’Unione che non ha mai esercitato il diritto alla libera circolazione, per il motivo che il cittadino dell’Unione non soddisfa i requisiti di tale disposizione, senza aver esaminato se, nel singolo caso specifico, tra il cittadino dell’Unione interessato e il cittadino di un paese terzo esista un rapporto di dipendenza di natura tale da far sì che, per qualsiasi motivo e tenuto conto delle circostanze esistenti, qualora al cittadino del paese terzo venga negato il diritto di soggiorno, il cittadino dell’Unione non possa separarsi dal familiare che dipende da lui e sia obbligato a lasciare il territorio dell’Unione. Tutto ciò alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare, della sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. [(Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308)]».

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

34.

La decisione di rinvio nella causa C‑451/19, in data 29 aprile 2019, è pervenuta alla cancelleria della Corte il 12 giugno 2019.

35.

La decisione di rinvio nella causa C‑532/19, in data 17 giugno 2019, è pervenuta alla cancelleria della Corte l’11 luglio 2019.

36.

Con decisione della Corte del 16 aprile 2020, le cause di cui trattasi sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale, nonché della sentenza.

37.

Il governo spagnolo e la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte nel termine fissato dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

38.

In applicazione dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Corte ha deciso di non tenere l’udienza di discussione.

V. Analisi giuridica

A. Osservazioni preliminari

39.

Come si è precisato nell’introduzione, le presenti cause vertono, in sostanza, sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE per quanto riguarda il riconoscimento del diritto di soggiorno di cittadini di paesi terzi che siano familiari (il figlio della coniuge e il coniuge, rispettivamente) di un cittadino dell’Unione che non ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, nonché l’eventuale obbligo, che incombe alle autorità competenti, di procedere all’esame concreto e specifico della questione se esista un rapporto di dipendenza tra i componenti del nucleo familiare.

40.

Per scrupolo di chiarezza e di razionalità, queste due aree tematiche, che corrispondono rispettivamente alla prima e alla seconda questione pregiudiziale, saranno esaminate in questo stesso ordine. Di conseguenza, stabilirò innanzitutto se un cittadino di un paese terzo goda di un diritto derivato fondato sull’articolo 20 TFUE in circostanze come quelle delle presenti cause ( 5 ). Mi soffermerò poi sui requisiti che la giurisprudenza della Corte impone all’esame di un rapporto di dipendenza ( 6 ). Nell’ambito della mia analisi, mi pronuncerò su varie questioni giuridiche sollevate dal giudice del rinvio nelle sue domande di pronuncia pregiudiziale. Le conclusioni da ricavare da tale analisi, riassunte in una sintesi dell’esame di ciascun’area tematica ( 7 ), forniranno alla fine le risposte alle questioni sollevate.

B. Prima area tematica: l’esame dell’esistenza di un diritto derivato dei cittadini di paesi terzi nelle circostanze delle presenti cause

1.   Gli aspetti da prendere in considerazione nell’ambito dell’analisi

41.

L’esigenza di un’analisi approfondita della prima area tematica vertente sull’eventuale esistenza di un diritto di soggiorno nelle circostanze delle presenti cause risulta dal fatto che non si può escludere che l’articolo 20 TFUE osti alla prassi delle autorità spagnole consistente nel negare il rilascio di un titolo di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, per il solo motivo che quest’ultimo non dispone di risorse sufficienti per sé e per tale cittadino (né di un’assicurazione malattia).

42.

Infatti, occorre ricordare in questo contesto che tale è appunto la conclusione alla quale la Corte è giunta nella sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione) (C‑836/18; in prosieguo: la «sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, EU:C:2020:119). Più in concreto, in tale sentenza, la Corte ha criticato la decisione delle autorità spagnole di respingere una domanda di ricongiungimento familiare, presentata dal coniuge, cittadino di un paese terzo, di un cittadino dell’Unione, per il solo motivo che tale cittadino dell’Unione non disponeva, per sé e per il coniuge, di risorse sufficienti per non divenire un onere a carico dell’assistenza sociale nazionale, senza aver verificato se esistesse, tra detto cittadino dell’Unione e il coniuge, un rapporto di dipendenza di natura tale che, in caso di diniego di concessione di un diritto di soggiorno derivato a quest’ultimo, lo stesso cittadino dell’Unione sarebbe stato costretto a lasciare il territorio dell’Unione al fine di poter restare con il coniuge e garantire così il sostentamento effettivo della persona da lui dipendente. La Corte ha successivamente dichiarato che l’articolo 20 TFUE ostava alla prassi amministrativa delle autorità spagnole che si limitavano ad applicare la normativa nazionale vigente ( 8 ).

43.

Le circostanze dei procedimenti principali presentano parecchie analogie con quelle della causa in cui è stata pronunciata la sentenza di cui trattasi, nei limiti in cui, in primo luogo, i cittadini dell’Unione in questione non hanno esercitato la loro libertà di circolazione ed in cui, in secondo luogo, esse riguardano esattamente la stessa normativa nazionale di trasposizione dell’articolo 7 della direttiva 2004/38, che prevede parimenti un’applicazione analoga di detta disposizione a tale fattispecie specifica ( 9 ), andando quindi al di là di quanto imposto dal diritto dell’Unione. Tuttavia, è importante rilevare che esistono altresì, sul piano fattuale, notevoli differenze che meritano una valutazione particolare alla luce dei principi elaborati nella giurisprudenza in materia di cittadinanza dell’Unione. Infatti, mentre, nella causa succitata, si trattava di esaminare la possibile dipendenza tra coniugi senza figli a carico, i procedimenti principali si caratterizzano per la presenza nel nucleo familiare di figli a carico di cittadini dell’Unione. A questo proposito, tengo a sottolineare che i minori richiedono, a causa della loro vulnerabilità, una protezione maggiore da parte delle autorità nazionali, il che, a mio parere, dovrebbe riflettersi nell’applicazione dell’articolo 20 TFUE al caso di specie. In tale prospettiva, e tenuto conto delle menzionate differenze, è evidente che la Corte dovrà fornire alcune importanti precisazioni quanto all’estensione dell’ambito di applicazione di detta disposizione.

44.

Tuttavia, prima di esaminare la questione se i cittadini di un paese terzo, in circostanze come quelle delle presenti cause, in ragione del loro status di familiari di un cittadino dell’Unione, possano effettivamente avvalersi di un diritto derivato fondato sull’articolo 20 TFUE, mi pare necessario ricordare brevemente i principi applicabili alla cittadinanza dell’Unione, così come elaborati nella giurisprudenza della Corte ( 10 ). Solo dopo l’esposizione dello stato attuale della giurisprudenza in tale settore del diritto dell’Unione sarà possibile verificare se i suddetti principi trovino applicazione nel caso di specie ( 11 ).

2.   Esposizione dello stato attuale della giurisprudenza in materia di cittadinanza dell’Unione

a)   Giurisprudenza relativa al diritto di soggiorno derivato di cittadini di paesi terzi fondato sul loro status di familiari di un cittadino dell’Unione

45.

Secondo una giurisprudenza costante, ribadita nella sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, l’articolo 20 TFUE conferisce a chiunque possegga la cittadinanza di uno Stato membro lo status di cittadino dell’Unione, il quale è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri. La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto fondamentale e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso ( 12 ).

46.

In tale contesto, la Corte ha statuito che l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali, comprese eventuali decisioni di rifiuto del diritto di soggiorno ai familiari di un cittadino dell’Unione, i quali abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti dal loro status. Per contro, le disposizioni del Trattato relative alla cittadinanza dell’Unione non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di un paese terzo. Infatti, gli eventuali diritti conferiti a tali cittadini non sono diritti propri di questi ultimi, bensì diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione. La finalità e la ratio di tali diritti derivati si basano sulla constatazione che negarne il riconoscimento pregiudica, in particolare, la libertà di circolazione del cittadino dell’Unione ( 13 ).

47.

A questo proposito, la Corte ha già constatato che esistono situazioni molto particolari in cui, malgrado il fatto che il diritto derivato relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non si sia avvalso della propria libertà di circolazione, un diritto di soggiorno deve nondimeno essere accordato al cittadino di un paese terzo, familiare di tale cittadino dell’Unione, a pena di pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, qualora, in conseguenza del rifiuto del riconoscimento di un siffatto diritto, il detto cittadino dell’Unione si vedesse di fatto obbligato a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status ( 14 ).

48.

Tuttavia, il rifiuto di concedere un diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo può rimettere in discussione l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione solo se tra tale cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, suo familiare, sussista un rapporto di dipendenza tale da far sì che quest’ultimo sia costretto a seguire il cittadino del paese terzo in questione e a lasciare il territorio dell’Unione, considerato nel suo insieme. Ne consegue che un cittadino di un paese terzo può pretendere la concessione di un diritto di soggiorno derivato, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, solo se, in assenza della concessione di un siffatto diritto di soggiorno, sia quest’ultimo sia il cittadino dell’Unione, suo familiare, fossero costretti a lasciare il territorio dell’Unione. Pertanto, la concessione di un siffatto diritto di soggiorno derivato può essere presa in considerazione solo quando il cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, non soddisfa i requisiti richiesti per ottenere, sul fondamento di altre disposizioni e, segnatamente, in forza della normativa nazionale applicabile al ricongiungimento familiare, un diritto di soggiorno nello Stato membro di quest’ultimo cittadino ( 15 ).

49.

Tuttavia, quando si è preso atto della circostanza che non può essere concesso al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, nessun diritto di soggiorno, in forza della normativa nazionale o del diritto dell’Unione derivato, il fatto che sussiste, tra detto cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, un rapporto di dipendenza tale che si risolverebbe nel costringere detto cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione complessivamente considerato, nell’ipotesi di rinvio, fuori da tale territorio, del suo familiare, cittadino di un paese terzo, comporta che l’articolo 20 TFUE obbliga, in linea di principio, lo Stato membro interessato a riconoscere un diritto di soggiorno derivato a quest’ultimo ( 16 ).

50.

Occorre ritenere, a questo stadio dell’analisi, che il ricorso all’articolo 20 TFUE esiga la presenza, tra il cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, di un rapporto di dipendenza altrettanto stretto quanto quello descritto al paragrafo precedente delle presenti conclusioni. Detto ciò, si deve osservare che la Corte tende ad operare un’importante distinzione tra due categorie di rapporti in seno ad una famiglia: da un lato, i rapporti tra coniugi adulti e, dall’altro, i rapporti tra i genitori e i loro figli minorenni.

51.

Nella sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16; in prosieguo: la «sentenza K.A. e a., EU:C:2018:308), la Corte ha precisato che un adulto è, in linea di principio, in grado di condurre una vita indipendente dai propri familiari. Secondo la Corte, ne consegue che il riconoscimento, tra due familiari di età adulta, di un rapporto di dipendenza, di natura tale da creare un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE, è possibile solo in casi eccezionali, in cui, alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti, il soggetto interessato non può in alcun modo essere separato dal proprio familiare da cui dipende ( 17 ).

b)   Giurisprudenza relativa al rapporto di dipendenza esistente tra il cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione quando una delle persone interessate è un minore

52.

Ciò non vale per i figli minorenni, soprattutto se sono bambini in tenera età ( 18 ), dato che dipendono ampiamente dal sostegno e dalla protezione dei genitori. La Corte sembra perfettamente consapevole della tutela specifica di cui hanno bisogno i minori nel contesto particolarmente sensibile di una decisione amministrativa rientrante nella competenza delle autorità nazionali in materia di immigrazione e che può avere l’effetto di porre fine all’unità familiare ( 19 ). Infatti, occorre rilevare che, secondo la Corte, il diniego di concedere un diritto di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo genitore di un cittadino dell’Unione può, in linea di principio, non lasciare altra scelta a quest’ultimo se non quella di abbandonare il territorio dell’Unione al fine di accompagnare il genitore da cui dipende ( 20 ).

53.

Tuttavia, si deve precisare che la Corte non accorda lo stesso valore al ruolo di ciascun genitore quando si tratta di determinare il grado decisivo di dipendenza dei figli. Una valutazione caso per caso della situazione familiare è necessaria, in particolare alla luce della responsabilità assunta da ciascun genitore nel mantenimento della famiglia. Nella sua giurisprudenza, la Corte ha considerato come elementi pertinenti – al fine di stabilire se il rifiuto di riconoscere un diritto di soggiorno al genitore, cittadino di un paese terzo, di un minore cittadino dell’Unione, comporti per quest’ultimo la privazione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti ad esso conferiti dal suo status e lo costringa, di fatto, ad accompagnare il genitore e quindi a lasciare il territorio dell’Unione complessivamente inteso – la questione dell’affidamento del figlio nonché quella incentrata sul punto se l’onere giuridico, finanziario o affettivo correlato a tale figlio sia sopportato dal genitore cittadino di un paese terzo ( 21 ).

54.

Più nello specifico, per valutare il rischio che il minore in questione, cittadino dell’Unione, sia costretto a lasciare il territorio dell’Unione nel caso in cui il genitore, cittadino di un paese terzo, si veda negare il riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui trattasi, spetta alle autorità nazionali stabilire quale sia il genitore che ha la custodia effettiva del minore, e se esista una relazione di dipendenza effettiva tra quest’ultimo e il genitore cittadino di un paese terzo. La Corte ha dichiarato che, nell’ambito di tale valutazione, le autorità competenti devono tener conto del diritto al rispetto della vita familiare, quale enunciato all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), tenendo presente che tale articolo deve essere letto in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, riconosciuto all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta ( 22 ).

55.

Secondo la Corte, il fatto che l’altro genitore, cittadino dell’Unione, sia realmente capace di – e disposto a – assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo del figlio minorenne costituisce un elemento pertinente, ma che non è di per sé solo sufficiente a constatare l’inesistenza, tra il genitore cittadino di un paese terzo e il minore, di un rapporto di dipendenza tale per cui quest’ultimo sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione qualora al suddetto cittadino di un paese terzo venisse rifiutato il diritto di soggiorno. Infatti, una constatazione in tal senso deve essere fondata sulla considerazione, nell’interesse superiore del minore di cui trattasi, dell’insieme delle circostanze del caso di specie e, segnatamente, dell’età del minore, del suo sviluppo fisico ed emotivo, dell’intensità della sua relazione affettiva sia con il genitore cittadino dell’Unione sia con il genitore cittadino di un paese terzo, nonché del rischio che la separazione da quest’ultimo comporterebbe per l’equilibrio del minore ( 23 ).

56.

D’altro canto, secondo la Corte, il fatto che il genitore, cittadino di un paese terzo, viva con il figlio minorenne, cittadino dell’Unione, è uno degli elementi rilevanti da prendere in considerazione nel determinare la sussistenza di un rapporto di dipendenza tra loro, pur senza costituirne una condizione necessaria. Per contro, la mera circostanza che possa apparire auspicabile a un cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che taluni dei suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione non è di per sé sufficiente per far ritenere che il cittadino dell’Unione sarebbe costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli fosse concesso. Pertanto, l’esistenza di un vincolo familiare, di tipo biologico o giuridico, tra il cittadino dell’Unione minorenne e il genitore, cittadino di un paese terzo, non può essere sufficiente a giustificare che a tale genitore sia riconosciuto, a norma dell’articolo 20 TFUE, un diritto di soggiorno derivato nel territorio dello Stato membro di cui il minore è cittadino ( 24 ).

3.   Applicazione alle presenti cause dei principi giurisprudenziali elaborati dalla Corte

a)   Gli elementi comuni a tutte le cause trattate nella giurisprudenza

57.

Dopo questa breve esposizione della giurisprudenza della Corte relativa al diritto di soggiorno derivato dei cittadini di paesi terzi fondato sul loro status di familiari di un cittadino dell’Unione nonché sul rapporto di dipendenza specificamente esistente tra un cittadino di un paese terzo e un cittadino dell’Unione quando una delle persone interessate è un minore, occorre stabilire se i principi derivanti da tale giurisprudenza, ricordati ai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni, trovino applicazione nelle presenti cause riunite. Come spiegherò più dettagliatamente in appresso, varie ragioni mi inducono a rispondere a tale questione in senso affermativo.

58.

Innanzitutto, esistono, con la causa Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, parallelismi ai quali ho già fatto riferimento nelle presenti conclusioni ( 25 ). Infatti, come nella causa sopra citata, la Corte è chiamata, ancora una volta, a pronunciarsi, anche indirettamente, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa spagnola vigente che subordina il ricongiungimento familiare del cittadino di un paese terzo con un suo familiare, cittadino di uno Stato membro che non abbia mai esercitato la sua libertà di circolazione, al requisito che quest’ultimo disponga di risorse sufficienti per non divenire un onere a carico dell’assistenza sociale nazionale.

59.

A tale proposito, la Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione non si applica, in linea di principio, a una domanda di ricongiungimento familiare proposta in tali circostanze, e che non osta pertanto, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella descritta al paragrafo precedente ( 26 ). La Corte ha tuttavia precisato che l’imposizione sistematica, senza alcuna eccezione, di un tale requisito può violare il diritto di soggiorno derivato che deve essere riconosciuto, in situazioni estremamente particolari, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione ( 27 ). Questa precisazione da parte della Corte mi sembra particolarmente importante, in quanto ha l’effetto di definire i limiti dell’ambito di applicazione di tale disposizione e, così facendo, le competenze degli Stati membri in materia di immigrazione.

60.

La Corte ha spiegato quali erano i provvedimenti nazionali considerati incompatibili con lo status di cittadino dell’Unione istituito dall’articolo 20 TFUE, e cioè quelli che privano i cittadini dell’Unione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti dal detto status. Come ho già precisato nel corso della mia esposizione della giurisprudenza pertinente, ciò si verifica in particolare in un caso in cui il cittadino dell’Unione fosse costretto a lasciare il territorio dell’Unione per il motivo che ad un suo familiare, cittadino di un paese terzo, venga negato il riconoscimento di un diritto di soggiorno. Una situazione del genere, in cui viene data prova di un particolare rigore, può prodursi solo se esiste un rapporto caratterizzato da un elevato grado di dipendenza tra il cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, e quest’ultimo. Di conseguenza, per determinare se le persone interessate nel caso di specie possono far valere l’articolo 20 TFUE al fine di fruire di un diritto di soggiorno, si deve esaminare la situazione familiare di ciascuna di esse.

61.

Occorre quindi ritenere che, malgrado le differenze che presentano i contesti fattuali della causa Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real e quelli dei procedimenti principali, uno degli aspetti centrali dell’analisi consiste nello stabilire se esista, nella fattispecie, un rapporto caratterizzato da una dipendenza sufficientemente stretta, tale da soddisfare i requisiti che la giurisprudenza impone ai fini dell’applicazione di tale disposizione. Il fatto che i rapporti familiari controversi coinvolgano figli minori richiede un’attenzione particolare ai fini dell’analisi. Questa è la ragione per cui i principi giurisprudenziali sanciti nella sentenza K.A. e a. e ricordati nelle presenti conclusioni ( 28 ) potrebbero rivelarsi pertinenti e applicabili. Nell’interesse di un approccio metodico, mirante a tenere in debita considerazione le circostanze specifiche di ciascuna causa, propongo di esaminarli singolarmente alla luce degli elementi a noi forniti dalla giurisprudenza.

62.

È necessario ricordare in tale contesto che non spetta alla Corte né valutare direttamente la situazione delle famiglie in questione nei procedimenti principali, né decidere di propria iniziativa se sia opportuno concedere un diritto di soggiorno alle persone interessate. Ciò vale a maggior ragione per la valutazione della loro situazione economica, malgrado l’incidenza che l’interpretazione dell’articolo 20 TFUE può avere sull’applicazione della disposizione nazionale di trasposizione dell’articolo 7 della direttiva 2004/38, che si estende alla situazione dei cittadini spagnoli che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione. I compiti summenzionati rientrano nella competenza esclusiva delle autorità nazionali ( 29 ). La Corte è, invece, competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi di interpretazione rientranti nel diritto dell’Unione che gli consentiranno di operare direttamente un esame approfondito dei fatti.

b)   L’individuazione di un rapporto di dipendenza nel nucleo familiare come elemento principale dell’analisi

1) Esame della causa C‑532/19

i) Sulle circostanze che giustificano l’esistenza di un diritto di soggiorno

63.

In questa causa, QP, cittadino di un paese terzo, coniugato con una cittadina spagnola che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione in seno all’Unione, cerca di ottenere un titolo di soggiorno in Spagna. Dalla loro unione è nata una figlia, cittadina spagnola. Anche quest’ultima, ad oggi ancora minorenne, non ha esercitato la sua libertà di circolazione.

64.

Innanzitutto, tengo a rilevare che il giudice del rinvio afferma che, se a QP venisse negato un titolo di soggiorno in Spagna, questi e la moglie si troverebbero nella presumibile impossibilità di rispettare l’obbligo di coabitazione a cui sono tenuti in forza della legge spagnola. Il giudice del rinvio non menziona tuttavia alcuna circostanza che possa dimostrare l’esistenza di un rapporto di dipendenza tra tali due persone maggiorenni, se non tale semplice obbligo legale di coabitazione.

65.

Orbene, discende chiaramente dalla giurisprudenza della Corte, ricordata nelle presenti conclusioni, che il riconoscimento, tra due adulti, facenti parte della stessa famiglia, di un rapporto di dipendenza tale da creare un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE è prospettabile solo in casi eccezionali ( 30 ). Nella sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, la Corte ha dichiarato che tale rapporto di dipendenza non esiste per il solo motivo che il cittadino di uno Stato membro, maggiorenne e che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione, e il coniuge, maggiorenne e cittadino di un paese terzo, sono tenuti a convivere, in forza degli obblighi derivanti dal matrimonio secondo la legge dello Stato membro a cui il cittadino dell’Unione europea appartiene. Di conseguenza, sembrerebbe, in linea di principio, che la risposta alla prima questione pregiudiziale discenda chiaramente da tale sentenza.

66.

Ciò premesso, ritengo tuttavia che, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, la Corte dovrebbe altresì esaminare l’incidenza che può avere, alla luce dell’articolo 20 TFUE, il fatto che QP sia il padre di una minore, cittadina dell’Unione, alla cui custodia egli provvede unitamente alla moglie, cittadina spagnola e madre di tale minore. Più in concreto, occorre determinare se l’obbligo che sarebbe ingiunto a QP di lasciare il territorio dell’Unione costringerebbe, di fatto, la figlia ad accompagnarlo, quando invece tanto tale minore quanto la madre possono legalmente restare in Spagna.

67.

Come risulta dalla mia esposizione relativa alla giurisprudenza in materia ( 31 ), la questione della custodia del minore nonché quella di stabilire se l’onere legale, economico o affettivo di tale minore sia assunto dal genitore cittadino di un paese terzo costituiscono elementi pertinenti al fine di determinare se esiste un rapporto di dipendenza tra tale genitore e la figlia minorenne, cittadina dell’Unione. L’accertamento di un rapporto di dipendenza ai sensi dell’articolo 20 TFUE, di natura tale che il figlio minorenne sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione se un diritto di soggiorno fosse negato al genitore, dev’essere fondata sulla presa in considerazione, nell’interesse superiore del minore di cui trattasi, di tutte le circostanze del caso di specie, in particolare dell’età di quest’ultimo, del suo sviluppo fisico ed emotivo, dell’intensità del suo rapporto affettivo sia con il genitore cittadino dell’Unione sia con quello cittadino di un paese terzo, nonché del rischio che la separazione da quest’ultimo comporterebbe per l’equilibrio di tale minore ( 32 ).

68.

A mio avviso da tale giurisprudenza discende che, al fine di valutare nel caso di specie l’esistenza di un rapporto di dipendenza, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, occorre prendere in considerazione non soltanto l’eventuale dipendenza materiale di tale minore nei confronti del genitore, cittadino di un paese terzo, ma anche l’intensità del rapporto affettivo con quest’ultimo e le conseguenze che la sua partenza potrebbe provocare sull’equilibrio psicologico del minore stesso.

69.

Certo, risulta altresì dalla giurisprudenza della Corte ( 33 ) che la mera circostanza che possa apparire auspicabile ad un cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o al fine di mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che taluni dei suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione, non basta di per sé a far ritenere che il cittadino dell’Unione sarebbe costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non fosse concesso.

70.

Non si deve tuttavia dimenticare, nell’ambito della presente analisi, che la Corte ha più volte ricordato l’importanza fondamentale che il diritto dell’Unione accorda al rispetto della vita familiare, quale sancito all’articolo 7 della Carta. Lo stesso vale per la tutela del minore, il cui interesse superiore dev’essere tenuto in considerazione dalle autorità competenti, conformemente all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta. Tali considerazioni comportano in particolare che si tenga conto della necessità per un minore di «intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori», espressa al paragrafo 3 dello stesso articolo. Quest’ultimo aspetto mi sembra decisivo ai fini della presente analisi.

71.

A mio parere, non senza ragione la Corte ha ricordato il rango costituzionale dei diritti summenzionati nell’ordinamento giuridico dell’Unione quando ha incluso nel suo ragionamento, oltre all’articolo 20 TFUE, le disposizioni della Carta ( 34 ). Mi sembra evidente che la Corte abbia inteso garantire il mantenimento del vincolo familiare tra il figlio minorenne, cittadino dell’Unione, e il genitore, cittadino di un paese terzo, nel territorio dell’Unione quando ciò corrisponde all’interesse superiore di tale minore ( 35 ). Ne consegue che considerazioni di ordine generale, fatte valere dalle autorità nazionali, come quelle connesse ad una pretesa necessità di proteggere i regimi nazionali di assistenza sociale, devono passare in secondo piano qualora sia accertato, sul fondamento di una valutazione della situazione familiare, che esiste un vero e proprio rapporto di dipendenza di natura materiale o affettiva tra le persone interessate, tale da rendere indispensabile il mantenimento dell’unità familiare nel territorio dell’Unione. In altri termini, il rispetto dell’insieme dei diritti fondamentali che i trattati garantiscono a qualsiasi cittadino dell’Unione in ragione del suo status deve prevalere sugli interessi meramente economici degli Stati membri ( 36 ).

72.

Alla luce della citata giurisprudenza, a mio avviso il rilascio di un titolo di soggiorno sul fondamento dell’articolo 20 TFUE non dovrebbe essere negato a QP per il solo motivo che la custodia della figlia potrebbe essere presa a carico integralmente dalla madre, cittadina dell’Unione, nel territorio spagnolo. Infatti, un approccio che si incentrasse unicamente sulle disponibilità economiche della madre in applicazione del diritto di famiglia nazionale e ignorasse il ruolo eventualmente svolto dal padre nell’educazione, nella presa a carico e nella cura del minore, non terrebbe sufficientemente in considerazione l’interesse superiore di tale minore a intrattenere un rapporto durevole e proficuo con il padre. Pertanto, un approccio del genere non risponderebbe ai requisiti fissati dalla giurisprudenza quanto all’esame individuale da effettuare.

73.

Nello stesso ordine di idee, si dovrebbe ritenere che i requisiti della giurisprudenza non siano rispettati qualora il padre non sia stato in grado di fornire gli elementi che consentono di valutare se ricorrano le condizioni di applicazione dell’articolo 20 TFUE, come il fatto che egli si occupi quotidianamente ed effettivamente del figlio minorenne. Il riferimento espresso della Corte a tale requisito contenuto nella sentenza Chavez-Vilchez e a. dimostra che il fatto che il genitore assuma seriamente a carico i propri obblighi legali nei confronti del minore costituisce una prova, assieme ad altri indizi pertinenti, dell’esistenza di un rapporto di dipendenza ai sensi della summenzionata disposizione.

74.

Per quanto riguarda il caso di specie, si deve necessariamente constatare che la decisione di rinvio non fa riferimento ad alcun elemento che consenta di trarre conclusioni precise quanto al ruolo del padre nei confronti della figlia. Tuttavia, mi sembra che tale mancanza di informazioni sia collegata a due fattori che occorre chiarire al fine di comprendere meglio il contesto fattuale in cui le questioni pregiudiziali sono state sollevate. Da un lato, le constatazioni del giudice del rinvio si basano sulle informazioni ottenute dalle autorità spagnole che, come esso specifica, non esaminano le circostanze che potrebbero rivelarsi pertinenti per comprovare l’esistenza di un rapporto di dipendenza che possa costringere il cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione. Dall’altro lato, l’attenzione del giudice del rinvio si incentra esclusivamente sul rapporto tra i coniugi, senza entrare nei dettagli del rapporto tra il minore e i suoi genitori.

75.

Per questi motivi, ritengo che la mancanza di informazioni non possa essere considerata come indizio di una mancanza di impegno da parte di un genitore o dell’altro. Pertanto, sarebbe essenziale che il giudice del rinvio rivolgesse la sua attenzione sul ruolo che ciascun genitore svolge in seno al nucleo familiare secondo le proprie possibilità e applicasse gli elementi interpretativi che la Corte fornirà nella sua futura sentenza nelle presenti cause.

76.

Il giudice del rinvio dovrà anche stabilire se vi sia coabitazione dei componenti della famiglia e, se del caso, in quali circostanze. La Corte ha considerato nella sua giurisprudenza che il fatto che il genitore, cittadino di un paese terzo, coabiti con il figlio minorenne, cittadino dell’Unione, è uno degli elementi rilevanti da prendere in considerazione per determinare l’esistenza di un rapporto di dipendenza. Benché il giudice del rinvio si limiti a far riferimento, in maniera alquanto generica, all’obbligo dei coniugi nel diritto spagnolo di convivere e di concordare tra loro il luogo del domicilio coniugale, è cionondimeno possibile supporre l’esistenza di un nucleo familiare. In tale ipotesi, una delle questioni che il giudice del rinvio dovrebbe chiarire è quella se la coabitazione si caratterizzi per una continuità ed una stabilità che evidenzino legami di affetto e di aggregazione e dimostrino l’esistenza di una mutua assistenza tra le persone interessate.

77.

Alla luce delle considerazioni che precedono, e fatta salva la valutazione dei fatti, che spetta al giudice del rinvio effettuare, a mio giudizio dovrebbe essere riconosciuto un «rapporto di dipendenza» ai sensi dell’articolo 20 TFUE tra il cittadino dell’Unione, minorenne, e il genitore, cittadino di un paese terzo, qualora quest’ultimo coabiti con la madre del minore e la custodia e l’onere legale, affettivo ed economico di tale minore siano pertanto condivisi quotidianamente tra i due genitori, e ciò anche ove l’altro genitore sia un cittadino dell’Unione e disponga quindi di un diritto incondizionato a risiedere nel territorio dello Stato membro di cui è cittadino. Una conclusione del genere mi sembra tanto più necessaria in quanto occorre interpretare tale rapporto di dipendenza alla luce, in particolare, dell’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore.

ii) Sull’eccezione connessa al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della pubblica sicurezza

78.

L’esistenza di un rapporto di dipendenza ai sensi dell’articolo 20 TFUE non significa certo che un diritto di soggiorno debba essere concesso in tutti i casi. Tale constatazione è particolarmente vera qualora ragioni connesse al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della pubblica sicurezza ostino a una tale decisione. Il diniego da parte delle autorità competenti di riconoscere un diritto del genere in quanto il cittadino di un paese terzo ha commesso gravi infrazioni penali potrebbe costituire un ostacolo.

79.

Una situazione del genere sembra presentarsi nel caso di specie, in cui è pacifico che il genitore cittadino di un paese terzo si è visto negare il riconoscimento di un diritto di soggiorno in quanto è stato condannato per infrazioni stradali nel suo Stato membro di residenza. Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, nel casellario giudiziale sono iscritte due condanne di QP per guida senza patente e un’altra per guida in stato di ubriachezza.

80.

A questo proposito, è importante ricordare che la Corte ha già dichiarato che l’articolo 20 TFUE non incide sulla possibilità, per gli Stati membri, di far valere un’eccezione connessa, segnatamente, al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della pubblica sicurezza. La Corte ha tuttavia precisato che, nei limiti in cui la situazione del cittadino di un paese terzo che fa valere un diritto di soggiorno sul fondamento di tale disposizione ricade nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, la valutazione della stessa deve tener conto del diritto al rispetto della vita privata e familiare, come enunciato all’articolo 7 della Carta, articolo che deve essere letto in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, sancito all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta ( 37 ).

81.

In altri termini, le autorità competenti sono tenute ad effettuare una valutazione concreta di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie prima di adottare una decisione sulla necessità di negare un diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo per i motivi summenzionati. Nell’ambito di questa valutazione individuale, le autorità competenti debbono tener conto di taluni criteri che menzionerò in appresso.

82.

Innanzitutto, si deve rilevare che le nozioni di «ordine pubblico» e di «pubblica sicurezza», in quanto giustificative di una deroga al diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione o dei loro familiari, devono essere intese in senso restrittivo. Pertanto, in ogni caso, la nozione di «ordine pubblico» presuppone, oltre alla perturbazione dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società. Quanto alla nozione di «pubblica sicurezza», dalla giurisprudenza della Corte risulta che tale nozione comprende la sicurezza interna di uno Stato membro e la sua sicurezza esterna e, pertanto, il pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali nonché alla sopravvivenza della popolazione, come il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli, o ancora il pregiudizio agli interessi militari, possono ledere la pubblica sicurezza ( 38 ).

83.

La Corte ha dichiarato in maniera inequivocabile che il diniego del diritto di soggiorno basato sull’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, tenuto conto, segnatamente, dei reati commessi da un cittadino di uno Stato terzo, sarebbe conforme al diritto dell’Unione anche se comportasse l’obbligo per il cittadino dell’Unione, suo familiare, di lasciare il territorio dell’Unione ( 39 ). Per contro, non si potrebbe giungere automaticamente a tale conclusione sul solo fondamento dei precedenti penali dell’interessato. Tale conclusione può discendere, se del caso, solo da una valutazione in concreto dell’insieme delle circostanze attuali e pertinenti del caso di specie, alla luce del principio di proporzionalità, dell’interesse superiore del minore e dei diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto ( 40 ).

84.

Tra i criteri che debbono essere presi in considerazione nell’ambito di tale valutazione figurano il comportamento personale dell’interessato, la durata e la legittimità del soggiorno dell’interessato nel territorio dello Stato membro di cui trattasi, la natura e la gravità del reato commesso, il livello di pericolosità attuale dell’interessato per la società, l’età dei figli eventualmente coinvolti, il loro stato di salute e la loro situazione familiare ed economica ( 41 ).

85.

La questione che si pone in questa fase dell’analisi è dunque quella di stabilire se, in circostanze come quelle del caso di specie, il riconoscimento di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 20 TFUE possa essere negato in quanto il genitore, cittadino di un paese terzo, di un figlio minorenne, cittadino dell’Unione, è stato condannato per le infrazioni stradali commesse.

86.

La sicurezza stradale costituisce un’importante preoccupazione per l’Unione e per i suoi Stati membri nei rispettivi ambiti di competenza, tanto più che essa è intrinsecamente connessa alla tutela della salute e della vita umana ( 42 ). Non si evidenzierà mai abbastanza l’importanza di una politica efficace e coerente, diretta ad attuare su tutto il territorio dell’Unione provvedimenti destinati ad evitare che gli utenti della strada rimangano uccisi o gravemente feriti in incidenti stradali, o ad attenuare le conseguenze di questi ultimi.

87.

Orbene, dubito seriamente che il provvedimento controverso, e cioè il diniego di riconoscere un diritto di soggiorno, sia giustificato alla luce dei requisiti particolarmente rigorosi che la giurisprudenza ha fissato e che ho appena ricordato nei paragrafi precedenti delle presenti conclusioni. In ogni caso, mi sembra che un provvedimento del genere sia manifestamente sproporzionato rispetto all’obiettivo di garantire la sicurezza stradale, soprattutto se si prendono in considerazioni gli interessi in gioco.

88.

In primo luogo, è evidente che le informazioni commesse da QP non sono tali da mettere a repentaglio il funzionamento delle istituzioni o dei servizi pubblici essenziali o la sopravvivenza della popolazione. Di conseguenza, il rischio che QP pone per la sicurezza stradale in generale non è di gravità tale che si possa ragionevolmente supporre che i criteri della nozione di «pubblica sicurezza», quale definita dalla Corte, siano soddisfatti ( 43 ).

89.

Per quanto riguarda un’eventuale qualificazione come pregiudizio all’ordine pubblico, mi sembra che le infrazioni di cui trattasi non vadano oltre la perturbazione dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione alla legge. Anche se le tre condanne per infrazioni stradali potrebbero rivelare, per il loro numero e per la loro frequenza, una certa riluttanza della persona interessata a rispettare la legge, si deve tuttavia rilevare che le condanne risalgano all’anno 2010 e che da allora è trascorso un notevole lasso di tempo. Pertanto, in assenza di indicazioni contrarie, e fatta salva la valutazione dei fatti, che spetta al giudice del rinvio, tale circostanza potrebbe anzi essere interpretata come il segno di un reinserimento sociale riuscito.

90.

Infatti, la circostanza che nessuna infrazione sia stata commessa da allora dimostra che QP non rappresenta alcuna «minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società». Pertanto, in assenza di indizi concreti e tenuto conto dell’esigenza di interpretare in senso restrittivo le eccezioni all’articolo 20 TFUE, sono propenso a ritenere, sul fondamento delle informazioni disponibili, che QP non rappresenti alcun rischio evidente per l’ordine pubblico. Di conseguenza, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, quale interpretato alla luce dell’interesse superiore del minore, deve necessariamente prevalere nel caso di specie.

91.

In secondo luogo, occorre rilevare che, anche supponendo che le autorità competenti possano legittimamente concludere, nell’ambito della loro valutazione dei fatti, che non può essere escluso che QP rappresenti ancora un rischio evidente per la sicurezza stradale, esistono mezzi efficaci e certamente meno radicali per prevenire tale tipo di rischi rispetto al diniego di un diritto di soggiorno, eventualmente seguito da misure di espulsione e di riaccompagnamento al confine. Tale opzione dovrebbe essere prevista solo come misura di ultima istanza, tenuto conto delle gravi conseguenze che essa può comportare per il mantenimento dell’unità familiare e per l’interesse superiore del minore. Per giunta, non si deve dimenticare, in tale contesto, che, se un rapporto di dipendenza tra il padre e la figlia dovesse essere confermato nel caso di specie, un ritorno forzato avrebbe molto probabilmente la conseguenza che quest’ultima dovrebbe seguire il padre fuori dal territorio dell’Unione, il che la priverebbe del godimento effettivo dei suoi diritti in quanto cittadina dell’Unione. Le misure in questione hanno quindi ripercussioni che vanno ben oltre la situazione individuale di QP.

92.

Infine, una separazione forzata dalla famiglia nelle circostanze del caso di specie si avvicinerebbe in una certa misura ad una sanzione, mentre è pacifico che QP è già stato condannato per le infrazioni commesse. Per questo motivo, non vedo perché QP dovrebbe essere assoggettato ad una sanzione aggiuntiva, e ciò tanto più in quanto i fatti in questione sono già risalenti nel tempo. Poiché il principio di proporzionalità si impone nel caso di specie, ritengo che le autorità competenti avrebbero dovuto privilegiare misure tali da non compromettere l’unità familiare, garantendo nel contempo la prevenzione dei rischi nonché il reinserimento sociale della persona.

93.

Poiché le autorità competenti non possono legittimamente far valere l’eccezione relativa al mantenimento dell’ordine pubblico o alla salvaguardia della pubblica sicurezza, mi sembra che esse non possano validamente opporsi al riconoscimento di un diritto di soggiorno sul fondamento dell’articolo 20 TFUE.

iii) Conclusione intermedia

94.

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che nella fattispecie non può a priori essere escluso che QP disponga di un diritto di soggiorno derivato sul fondamento dell’articolo 20 TFUE. Tale constatazione vale fatta salva la valutazione, che spetta al giudice del rinvio effettuare, quanto all’esistenza di un rapporto di dipendenza tra QP e la figlia minorenne, cittadina dell’Unione, di natura tale che, in caso di diniego del diritto di soggiorno a QP, la cittadina dell’Unione dipendente sarebbe costretta a lasciare il territorio dell’Unione venendo così privata del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status.

2) Esame della causa C‑451/19

95.

Così come la causa C‑532/19, la causa C‑451/19 riguarda una famiglia composta, in particolare, da una cittadina di un paese terzo, dal marito, cittadino spagnolo che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione in seno all’Unione, e dal loro figlio minorenne, anch’egli cittadino spagnolo e che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione. Tuttavia, in tale causa C‑451/19, e a differenza della causa C‑532/19, la domanda di titolo di soggiorno non è stata presentata a beneficio del genitore, cittadino di un paese terzo, del figlio minorenne, cittadino dell’Unione.

96.

Infatti, secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, la cittadina di un paese terzo, coniuge e madre di cittadini dell’Unione, dispone già di un diritto di soggiorno nel territorio spagnolo ( 44 ). Il diniego da parte delle autorità spagnole di concedere un diritto di soggiorno riguarda, in realtà, il primo figlio di quest’ultima, XU, che, nato da una precedente unione della stessa, non è cittadino dell’Unione e che era ancora minorenne alla data in cui tale decisione di diniego è stata adottata ( 45 ). Ne consegue che XU è, da un lato, il figlio di una cittadina di un paese terzo, che dispone di un diritto di soggiorno in Spagna e, dall’altro, il figliastro e il fratellastro di due cittadini dell’Unione.

97.

In tale situazione, e tenuto conto dell’applicazione complementare del diritto di soggiorno derivato discendente dall’articolo 20 TFUE ( 46 ), ritengo opportuno verificare, innanzitutto, se XU possa ricavare un diritto di soggiorno dalla direttiva 2003/86 prima di valutare, successivamente, se egli sia in grado di ottenere un siffatto titolo di soggiorno sul fondamento dell’articolo 20 TFUE. Benché il giudice del rinvio abbia limitato la sua domanda di pronuncia pregiudiziale all’interpretazione di quest’ultima disposizione, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, al fine di fornire una risposta utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella sua questione pregiudiziale ( 47 ).

i) Sull’applicabilità della direttiva 2003/86

98.

Ai sensi del suo articolo 1, lo scopo della direttiva 2003/86 è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri. Il considerando 4 di tale direttiva specifica che il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare. Per giunta, esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l’integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, permettendo d’altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale dell’Unione. Il considerando 9 di detta direttiva mi sembra pertinente nel presente contesto, poiché ne risulta che il ricongiungimento familiare dovrebbe riguardare, in ogni caso, i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i figli minorenni. Alla luce di quanto precede, ritengo che taluni indizi portino a pensare che le circostanze della causa in esame potrebbero effettivamente rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/86.

99.

Poiché la madre di XU risiede legalmente nel territorio spagnolo, ella potrebbe essere considerata come una «soggiornante», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2003/86. Di conseguenza, non può escludersi che il suo soggiorno legale sia stato di natura tale da poter dar diritto ad un ricongiungimento familiare, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva.

100.

Nelle sue osservazioni scritte, il governo spagnolo si oppone ad un’interpretazione in questo senso, sostenendo che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86, non si applica ai familiari di un cittadino dell’Unione. Il governo spagnolo fa valere, a tal fine, la sentenza pronunciata nella causa C‑256/11, Dereci e a. ( 48 ), in cui la Corte ha dichiarato, basandosi, tra l’altro, su un’interpretazione fondata sulla genesi di tale direttiva, che quest’ultima non si applica al caso di cittadini di un paese terzo, familiari di un cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro, che intendano fare ingresso e soggiornare in detto Stato membro per mantenere l’unità familiare ( 49 ).

101.

Tale argomento non mi pare convincente poiché riguarda un caso di specie molto diverso da quello in esame nella presente fattispecie. Certo, è pacifico il fatto che, in base alla disposizione summenzionata, la direttiva 2003/86 non si applica ai familiari di un cittadino dell’Unione. Tuttavia, tengo a far rilevare che la Corte ha fatto riferimento a tale disposizione in un contesto specifico in cui i ricorrenti erano cittadini di Stati terzi che desideravano vivere con loro familiari, cittadini dell’Unione, residenti in uno Stato membro di cui questi ultimi erano cittadini. Alla luce della chiara formulazione dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86, è evidente che, in condizioni del genere, una domanda di ricongiungimento non poteva fondarsi su tale direttiva. Orbene, la situazione nella presente causa è diversa, dato che il ricongiungimento familiare riguarda solo due cittadini di paesi terzi, e cioè XU e la madre.

102.

Si potrebbe ribattere che la situazione è un po’ più complessa nel caso di specie, dato che XU è, in definitiva, il figliastro e il fratellastro di due cittadini dell’Unione. Nondimeno, non sono convinto che tale circostanza sia, da sola, tale da ostare ad un’applicazione della direttiva 2003/86 alla presente controversia. Al contrario, mi sembra che un’interpretazione eccessivamente estensiva di tale disposizione avrebbe invece l’effetto di privare tale direttiva del suo effetto utile in tutti i casi in cui una domanda di ricongiungimento fosse presentata da un cittadino di un paese terzo che, in un modo o nell’altro, mantenga un legame familiare con un cittadino dell’Unione. Nel peggiore dei casi, tale interpretazione potrebbe condurre a risultati imprevedibili in relazione alla composizione della famiglia di cui trattasi. La prassi amministrativa che ne risulterebbe potrebbe quindi apparire arbitraria. Un approccio coerente si rivela necessario al fine di evitare una simile eventualità. Occorre del resto rilevare che il governo spagnolo non ha fornito alcun argomento a sostegno della sua posizione se non il riferimento alla sentenza del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734), che, come si è già detto al paragrafo precedente delle presenti conclusioni, non riguarda tuttavia il presente caso di specie.

103.

Per andare nel senso dell’applicazione della direttiva 2003/86 alle circostanze della presente causa, vorrei citare la sentenza pronunciata nella causa C‑356/11 e C‑357/11, O e a. ( 50 ), che, a mio parere, può fornirci qualche utile punto di riferimento. Ciascuna delle due cause in cui è stata pronunciata tale sentenza verteva sul diniego di rilasciare un titolo di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo, coniugato con una cittadina di un paese terzo, legittimamente soggiornante nel territorio dello Stato membro interessato, dal matrimonio con la quale era nato un figlio, anch’egli cittadino di un paese terzo e convivente con la madre in tale Stato membro. Inoltre, nell’ambito di un precedente matrimonio con un cittadino dell’Unione, tale cittadina di un paese terzo aveva pure dato alla luce un figlio, cittadino dell’Unione, di cui ella aveva ottenuto l’affidamento esclusivo.

104.

La Corte ha fatto rilevare che la cittadina di un paese terzo, il cui marito di allora chiedeva il riconoscimento di un diritto al ricongiungimento familiare, risiedeva legalmente nel territorio dello Stato membro interessato e che il loro figlio comune era anch’egli cittadino di un paese terzo, non beneficiario quindi dello status di cittadino dell’Unione. Di conseguenza, essa ha dichiarato che, «[t]enuto conto dell’obiettivo perseguito dalla direttiva 2003/86, che è quello di favorire il ricongiungimento familiare (…), e della protezione che essa intende concedere ai cittadini di paesi terzi, segnatamente ai minori, l’applicazione di tale direttiva non può escludersi per la sola ragione che uno dei genitori [del] minore, cittadino di un paese terzo, è anche genitore di un cittadino dell’Unione, nato da un primo matrimonio» ( 51 ).

105.

Da un lato, si deve necessariamente riconoscere che la struttura familiare in esame nella causa C‑451/19 non è del tutto identica a quelle che hanno dato luogo alla sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776). Infatti, il figlio, cittadino dell’Unione, della cittadina di un paese terzo non è nato da un matrimonio sciolto con un cittadino dell’Unione. Inoltre, il diniego di rilasciare un titolo di soggiorno viene opposto, nella fattispecie, a XU, vale a dire al figlio della cittadina di un paese terzo che soggiorna legittimamente nel territorio spagnolo, e non al suo coniuge.

106.

Dall’altro lato, non sono convinto che differenze del genere siano tali da impedire a XU di avvalersi utilmente del diritto al ricongiungimento familiare che discende dalla direttiva 2003/86. In primo luogo, si deve tener conto del fatto che, quando le autorità spagnole gli hanno negato un diritto di soggiorno, XU era minorenne e poteva pertanto essere considerato «beneficiario» di tale diritto al ricongiungimento familiare, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva. In secondo luogo, è già stato spiegato nelle presenti conclusioni che la madre di XU soddisfa, a titolo proprio, i criteri dello status di «soggiornante» ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2003/86 ( 52 ). In terzo luogo, è incomprensibile che un evento fortuito come il fatto di essere coniugata con un cittadino dell’Unione impedisca alla madre di XU di far valere le disposizioni di tale direttiva al fine di ottenere il ricongiungimento familiare con il figlio.

107.

Come ho già esposto nell’ambito del mio esame ( 53 ), una prassi amministrativa che abbia l’effetto di escludere il ricorso a detta direttiva qualora il soggiornante cittadino di un paese terzo mantenga, in un modo o nell’altro, un legame familiare con un cittadino dell’Unione, malgrado il fatto che il soggiornante soddisfi, a titolo proprio, i criteri per ottenere un ricongiungimento familiare, rischia di compromettere la certezza del diritto. Infine, mi sembra del tutto illogico che sia proprio la qualità di «cittadino dell’Unione» del coniuge che comporti gravi svantaggi per il cittadino di un paese terzo che intenda ottenere un ricongiungimento familiare con il figlio, nato da una relazione anteriore. Uno dei mezzi per evitare un risultato del genere consisterebbe nell’interpretare l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86 in maniera alquanto restrittiva.

108.

Gli argomenti esposti ai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni mi inducono quindi a pensare che, come la Corte ha dichiarato nella sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776), l’applicazione della direttiva 2003/86 non possa essere esclusa per il solo fatto che il soggiornante sia cittadino di un paese terzo e genitore di un cittadino dell’Unione. La giurisprudenza dovrebbe riconoscere che il fatto di essere coniuge di un cittadino dell’Unione non esclude la possibilità di sollecitare un ricongiungimento familiare sul fondamento delle disposizioni di tale direttiva.

109.

Tenuto conto del fatto che la domanda di ricongiungimento familiare non è stata presentata né da XU né dalla madre, bensì dal marito della madre, cittadino dell’Unione, mi pare opportuno che la Corte attiri l’attenzione del giudice del rinvio sull’eventuale diritto al ricongiungimento familiare di XU con la madre, ai sensi della direttiva 2003/86.

110.

Al riguardo, occorre rilevare che il trattamento di tale domanda richiederà che venga verificato se siano soddisfatti nella fattispecie tutti gli altri requisiti legali, tra cui quello relativo alle risorse sufficienti, previsto all’articolo 7 della direttiva 2003/86 ( 54 ). Orbene, come ho già precisato nelle presenti conclusioni ( 55 ), tale tipo di valutazione rientra nella competenza delle autorità nazionali. Inoltre, in assenza di informazioni più dettagliate, non è possibile fornire maggiori indicazioni quanto all’interpretazione di tale direttiva.

ii) Sull’applicabilità dell’articolo 20 TFUE

111.

Se il giudice del rinvio dovesse ritenere che, alla data in cui la domanda di titolo di soggiorno è stata respinta, XU non potesse beneficiare di un diritto al ricongiungimento familiare sul fondamento della direttiva 2003/86, sarà suo compito verificare se tale cittadino di un paese terzo potesse nondimeno beneficiare, a tale data, di un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE.

112.

Conformemente alla giurisprudenza della Corte, già ricordata nelle presenti conclusioni, ciò potrebbe avvenire solo ove esistesse, tra XU e un cittadino dell’Unione, suo familiare, un rapporto di dipendenza tale da implicare, in caso di partenza forzata di XU dal territorio dell’Unione, che tale cittadino dell’Unione fosse costretto, nei fatti, a lasciare anch’egli tale territorio ( 56 ). Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, propongo di esaminare la struttura familiare di cui trattasi sotto il profilo dell’eventuale incidenza che un diniego di riconoscimento di un diritto di soggiorno a XU potrebbe avere sul suo fratellastro e sul suo patrigno, entrambi cittadini dell’Unione.

113.

A questo proposito, si deve necessariamente constatare che tale incidenza sarebbe soprattutto indiretta, a causa del ruolo preminente svolto dalla madre nel nucleo familiare. Come sottolinea del resto il giudice del rinvio, la partenza forzata di XU avrebbe molto probabilmente come conseguenza la necessità per la madre di accompagnarlo nel loro paese d’origine. Il giudice del rinvio fonda tale valutazione su taluni indizi concreti, e cioè il diritto di affidamento esclusivo della madre nonché il fatto che XU era ancora minorenne a tale data. Infatti, non è difficile immaginare che la necessità per la madre di XU, in pratica, di lasciare il territorio dell’Unione al fine di poter continuare ad adempiere ai propri obblighi genitoriali nei confronti del figlio minorenne avrebbe ripercussioni certe e gravi sulla vita di tutte le persone interessate.

114.

Tale aspetto richiede da parte mia alcune osservazioni che mi consentiranno di illustrare meglio le problematiche della presente causa. Nell’ambito della mia analisi, ho attirato l’attenzione sul contesto particolarmente delicato di una decisione amministrativa adottata dalle autorità competenti in materia di immigrazione e in grado di avere la conseguenza di porre fine all’unità familiare ( 57 ). In tale contesto, occorre tener conto del fatto che una siffatta decisione amministrativa ha generalmente la conseguenza di porre i componenti di una famiglia dinanzi ad una scelta estremamente difficile, ossia accettare la loro separazione fisica o partire insieme all’estero. Indipendentemente dalla decisione della famiglia in una situazione del genere, il suo avvenire sarà segnato da molteplici incertezze. La famiglia dovrà affrontare problemi esistenziali, in quanto, in relazione alla sua situazione economica e al luogo d’origine dei suoi componenti, una separazione del genere potrebbe essere solo provvisoria, ma potrebbe altrettanto facilmente divenire definitiva. Alla luce di queste considerazioni, mi sembra che un’interpretazione del diritto dell’Unione che tollerasse la separazione dei componenti di una famiglia nelle circostanze descritte sarebbe difficilmente conciliabile con l’obbligo del rispetto della vita familiare, quale sancito all’articolo 7 della Carta.

115.

Se il fratellastro e il patrigno di XU fossero costretti a seguire la madre (e il figlio di questa) allo scopo di mantenere l’unità familiare al di fuori del territorio dell’Unione, è evidente che questi ultimi sarebbero privati del godimento effettivo dei diritti loro riconosciuti, nella loro qualità di cittadini dell’Unione. D’altro canto, è importante rilevare in questo contesto che la partenza forzata di XU e della madre avrebbe, sul godimento effettivo dei diritti che il fratellastro (o, rispettivamente, figlio) e il patrigno (o, rispettivamente, marito) traggono dal loro status di cittadini dell’Unione, un’incidenza probabilmente identica a quella osservata nella causa C‑532/19, sempreché il giudice del rinvio, dopo aver valutato i fatti, concluda per l’esistenza di un rapporto di dipendenza ai sensi dell’articolo 20 TFUE ( 58 ).

116.

Il fatto che il giudice del rinvio menzioni esplicitamente la possibilità che il fratellastro e il patrigno di XU siano costretti a seguire la madre (e suo figlio) costituisce, a mio parere, un indizio del fatto che non si tratta di un’eventualità puramente ipotetica. Detto ciò, il giudice nazionale sarà certamente tenuto a procedere ad una valutazione dei fatti per accertare se esistano, tra i vari familiari, rapporti che, in quanto caratterizzati da un grado di dipendenza elevato, possano far sorgere un diritto di soggiorno per XU sul fondamento dell’articolo 20 TFUE.

117.

Per quanto riguarda, più specificamente, l’accertamento di un rapporto di dipendenza nelle circostanze del caso di specie, le osservazioni che precedono evidenziano che la presente causa è molto più complessa della maggior parte delle altre cause già trattate dalla Corte, le quali erano caratterizzate – così come la causa C‑34/09, Ruiz Zambrano ( 59 ), che è all’origine della giurisprudenza relativa al diritto di soggiorno fondato sull’articolo 20 TFUE – dall’esistenza di un rapporto di dipendenza tra due persone soltanto, e cioè un cittadino di un paese terzo e un cittadino dell’Unione. Come ho già precisato nei paragrafi precedenti ( 60 ), nel presente caso di specie, il rischio per il godimento effettivo dei diritti conferiti ai cittadini dell’Unione non deriva direttamente dalla partenza forzata di XU. Il rischio è invece indiretto, in quanto la madre sarebbe, di fatto, costretta a lasciare il territorio dell’Unione al fine di seguire il figlio XU, sebbene ella disponga di un diritto di soggiorno. Pertanto, il rapporto tra la madre (e non necessariamente XU) e il figlio minorenne, cittadino dell’Unione, è al centro dell’esame della controversia, in ragione del ruolo preminente svolto dalla madre in seno al nucleo familiare, ed in particolare del fatto che essa esercita l’affidamento (esclusivo per l’uno e congiunto per l’altro) dei suoi due figli.

118.

Di conseguenza, ritengo che si debba privilegiare un’impostazione più analitica e più elastica che permetta di tener debitamente conto delle incidenze indirette nell’ambito del nucleo familiare. La giurisprudenza della Corte dovrebbe pertanto essere precisata al fine di estendere l’ambito di applicazione dell’articolo 20 TFUE e di ricomprendere anche casi del genere. Per quanto riguarda la presente causa, propongo di invitare il giudice del rinvio a concentrare la sua valutazione dei fatti sul rapporto di dipendenza esistente tra la madre e il figlio cittadino dell’Unione (fratellastro di XU), anche se è effettivamente XU ad essere direttamente pregiudicato dal diniego da parte delle autorità nazionali di riconoscergli un diritto di soggiorno. In forza di tale impostazione, XU dovrebbe essere in grado di ricavare un diritto di soggiorno dalla suddetta disposizione.

119.

Per scrupolo di completezza, tengo a sottolineare che una siffatta impostazione non implica assolutamente un’estensione smisurata dell’articolo 20 TFUE a fattispecie che non meritano certamente la tutela del diritto dell’Unione. Al fine di dimostrare la coerenza dell’impostazione proposta, ritengo necessario menzionare ancora una volta la causa O e a., con la quale il procedimento principale presenta talune analogie, come il fatto che esse riguardano entrambe la presa a carico di minori nell’ambito di famiglie allargate.

120.

Occorre ricordare che, nella sentenza pronunciata in tale causa, la Corte si è curata di precisare che il giudice del rinvio aveva la possibilità di concludere che non esisteva un rapporto di dipendenza, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, tra il cittadino di un paese terzo, richiedente un titolo di soggiorno ai sensi di tale articolo, e il figlio, cittadino dell’Unione, della moglie, cittadina di un paese terzo legalmente soggiornante nel territorio dello Stato membro interessato. A tal fine, la Corte ha fatto valere, da un lato, il diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato membro interessato, di cui disponeva la madre del cittadino dell’Unione, e, dall’altro, il fatto che il marito di quest’ultima non aveva a carico l’onere legale, economico o affettivo del cittadino dell’Unione, di cui non era padre, mentre tale onere spettava esclusivamente alla moglie, madre di tale cittadino. Nella sua sentenza, la Corte sembra altresì essersi fondata sulla premessa secondo la quale il minore, cittadino di un paese terzo, che era nato dall’unione tra il richiedente il titolo di soggiorno e la moglie, poteva restare nel territorio dello Stato membro interessato assieme alla madre. Pertanto, quest’ultima era in condizione di vivere con i suoi due figli nel territorio dell’Unione ( 61 ).

121.

Per contro, nella presente causa è il figlio della cittadina di un paese terzo, soggiornante legalmente in Spagna, che si è visto rifiutare un titolo di soggiorno. Pertanto, quest’ultima non potrebbe continuare a vivere nel territorio di tale Stato membro con i suoi due figli. Inoltre, se ella decidesse di accompagnare XU fuori del territorio dell’Unione, il suo secondo figlio, cittadino dell’Unione, non potrebbe restare nell’ambito dell’Unione se non privato dell’affidamento congiunto dei suoi genitori. Di fatto, l’unico modo per salvaguardare tale affidamento congiunto sarebbe invece che sia tale minore sia il padre, anch’egli cittadino dell’Unione, lasciassero il territorio dell’Unione.

122.

Dato che tali due cause presentano differenze determinanti, mi sembra giustificato concludere per l’assenza di una «relazione di dipendenza» ai sensi dell’articolo 20 TFUE nella causa O e a., come ha fatto la Corte, e per l’esistenza di un rapporto del genere nella presente causa. Il riconoscimento di un siffatto rapporto di dipendenza è legittimo unicamente ove ricorrano i criteri fissati dalla giurisprudenza, il che, come ho appena dimostrato, manifestamente non si verificava nella causa O e a. Malgrado la complessità delle due cause, non vi è alcun dubbio che i componenti della famiglia nella presente causa meritino una tutela effettiva, segnatamente al fine di non privare i due cittadini dell’Unione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status. L’impostazione proposta è pertanto perfettamente compatibile con la giurisprudenza della Corte.

iii) Conclusione intermedia

123.

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che non può essere escluso a priori, nel caso di specie, che XU disponga di un diritto di soggiorno derivato sul fondamento dell’articolo 20 TFUE. Tale constatazione vale fatta salva la valutazione, che spetta al giudice del rinvio effettuare, quanto all’esistenza di un rapporto di dipendenza tra la madre di XU, cittadina di un paese terzo, e il figlio minorenne della stessa, cittadino dell’Unione, di natura tale che, in caso di diniego del diritto di soggiorno a XU, il cittadino dell’Unione dipendente sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status.

4.   Sintesi dell’analisi della prima area tematica

124.

Risulta dall’analisi della prima area tematica che non può essere escluso a priori, nelle circostanze delle presenti cause, che il cittadino di un paese terzo disponga di un diritto di soggiorno derivato sul fondamento dell’articolo 20 TFUE ( 62 ). Fatta salva la valutazione che spetta al giudice del rinvio effettuare alla luce del diritto al rispetto della vita privata e familiare nonché dell’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, si deve constatare che, in ciascuno dei procedimenti principali sembra che i cittadini dell’Unione si trovino in un rapporto di dipendenza tale che, in caso di diniego del diritto di soggiorno al cittadino del paese terzo, il cittadino dell’Unione dipendente sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status.

C. Seconda area tematica: i requisiti della giurisprudenza applicabili all’esame di un rapporto di dipendenza

1.   Incompatibilità della prassi amministrativa spagnola con l’impostazione elaborata dalla Corte

125.

La seconda area tematica verte, in sostanza, sull’eventuale conformità della prassi amministrativa spagnola ai requisiti della giurisprudenza applicabili all’esame di un rapporto di dipendenza ai sensi dell’articolo 20 TFUE.

126.

Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, tale prassi è caratterizzata dal diniego di rilasciare un titolo di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, per il solo motivo che quest’ultimo non dispone di risorse sufficienti per sé e per tale suo familiare (né di un’assicurazione malattia), senza esaminare se esiste, tra di loro, un rapporto di dipendenza, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, e cioè un rapporto tale che costringerebbe, di fatto, il cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme se tale familiare fosse privato di un titolo di soggiorno nel territorio spagnolo.

127.

Come ho specificato nella mia analisi della prima area tematica ( 63 ), la Corte ha già avuto occasione di precisare, ai punti da 34 a 54 della sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, che una prassi del genere non è compatibile con l’articolo 20 TFUE.

128.

I criteri pertinenti che permettono di stabilire se il cittadino di un paese terzo possa ricavare un diritto di soggiorno derivato dall’articolo 20 TFUE sono stati anch’essi presentati nel contesto di tale analisi. Ho spiegato in dettaglio che uno degli aspetti centrali della valutazione che deve essere effettuata da parte delle autorità competenti consiste nell’accertare se esista un rapporto caratterizzato da un grado di dipendenza elevato tra il cittadino del paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, e quest’ultimo ( 64 ). Pur insistendo sull’importanza della tutela dei fanciulli e della salvaguardia, per quanto possibile, dell’unità familiare, ho ricordato che non basta che le autorità nazionali prendano in considerazione l’eventuale dipendenza materiale di un minore, cittadino dell’Unione, nei confronti del genitore, cittadino di un paese terzo, ma che occorre altresì accertare l’intensità del rapporto affettivo con quest’ultimo e le conseguenze che la sua partenza potrebbe provocare sull’equilibrio psicologico di tale minore ( 65 ).

129.

Ciò premesso, occorre sottolineare che, persino in presenza di un siffatto rapporto di dipendenza, un titolo di soggiorno può essere negato al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, qualora tale cittadino di un paese terzo costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza, tenuto conto, in particolare, di reati da lui commessi ( 66 ). Nell’ambito della mia analisi della prima area tematica e, più in concreto, della causa C‑532/19, ho fornito, per quanto riguarda i precedenti penali di QP, alcuni elementi utili di interpretazione delle nozioni di «ordine pubblico» e di «pubblica sicurezza» ( 67 ). Infine, ho ricordato che una siffatta qualificazione come «minaccia» per tali interessi pubblici non può essere stabilita in maniera automatica, ma deve discendere da una valutazione concreta di tutte le circostanze attuali e pertinenti del caso di specie, alla luce del principio di proporzionalità, dell’interesse superiore del minore e dei diritti fondamentali ( 68 ).

2.   Sintesi dell’analisi della seconda area tematica

130.

Occorre constatare che la prassi amministrativa spagnola, nei limiti in cui non prevede un’analisi del genere al fine di accertare l’esistenza di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE, non soddisfa i requisiti imposti dalla giurisprudenza della Corte. Di conseguenza, tale prassi amministrativa non può essere considerata conforme al diritto dell’Unione.

131.

Alla luce di quanto precede, si deve concludere l’analisi della seconda area tematica con la constatazione che l’articolo 20 TFUE, quale interpretato nella giurisprudenza della Corte, osta alla prassi amministrativa testé descritta.

VI. Conclusione

132.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali proposte dal Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha (Corte superiore di giustizia di Castiglia-La Mancia, Spagna):

1)

L’articolo 20 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro neghi il diritto di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo familiare di un cittadino dell’Unione adulto, cittadino di tale Stato membro e che non abbia mai esercitato la sua libertà di circolazione, per il solo motivo che tale cittadino dell’Unione non dispone, per i componenti del nucleo familiare, di risorse economiche sufficienti al fine di non divenire un onere a carico dell’assistenza sociale nazionale, qualora, in seno alla famiglia, esista un rapporto di dipendenza da parte di un cittadino dell’Unione, e in particolare di un minore, di natura tale che, in caso di diniego di concessione del diritto di soggiorno al cittadino del paese terzo, il cittadino dell’Unione dipendente sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione europea considerato nel suo insieme, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status.

2)

L’articolo 20 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un rapporto di dipendenza, di natura tale da giustificare la concessione di un diritto di soggiorno derivato in base a tale disposizione, non esiste per il solo motivo che il cittadino di uno Stato membro, maggiorenne e che non abbia mai esercitato la sua libertà di circolazione, ed il coniuge, maggiorenne e cittadino di un paese terzo, sono tenuti a convivere, in forza degli obblighi derivanti dal matrimonio a norma della legislazione dello Stato membro di cui il cittadino dell’Unione europea possiede la cittadinanza.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77).

( 3 ) GU 2003, L 251, pag. 12.

( 4 ) BOE n. 51, del 28 febbraio 2007, pag. 8558; in prosieguo: il «regio decreto 240/2007».

( 5 ) V. paragrafi 41 e segg. delle presenti conclusioni.

( 6 ) V. paragrafi 125 e segg. delle presenti conclusioni.

( 7 ) V. paragrafi 124 e 130 delle presenti conclusioni.

( 8 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punti 48 e 49.

( 9 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punto 30.

( 10 ) V. paragrafi 45 e segg. delle presenti conclusioni.

( 11 ) V. paragrafi 57 e segg. delle presenti conclusioni.

( 12 ) Sentenze del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punti 6970), e Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punti 35 e 36.

( 13 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punti 37 e 38.

( 14 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punto 39.

( 15 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punti 40 e 41.

( 16 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punto 42.

( 17 ) Sentenza K.A. e a., punto 65.

( 18 ) Sentenza K.A. e a., punto 65.

( 19 ) Peyrl, J., «Kinderbetreuungsgeld für Drittstaatsangehörige, die aus der Kernbestandsdoktrin des EuGH ein Aufenthaltsrecht ableiten können», DasRecht der Arbeit, 3/2018, pag. 236, afferma che i requisiti imposti dalla giurisprudenza in materia di prova del grado di dipendenza sono meno rigorosi per i figli minorenni rispetto agli adulti, in considerazione della loro vulnerabilità.

( 20 ) Sentenze del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15; in prosieguo: la «sentenza Chavez-Vilchez e a., EU:C:2017:354, punto 65), e dell’11 marzo 2021, État belge (Rimpatrio del genitore di un minore) (C‑112/20, EU:C:2021:197, punto 26).

( 21 ) Sentenze Chavez-Vilchez e a., punto 68, e K.A. e a., punto 70.

( 22 ) Sentenze Chavez-Vilchez e a., punto 70, e K.A. e a., punto 71.

( 23 ) Sentenze Chavez-Vilchez e a., punto 71; K.A. e a. punto 72, e dell’11 marzo 2021, État belge (Rimpatrio del genitore di un minore) (C‑112/20, EU:C:2021:197, punto 27).

( 24 ) Sentenze dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 38), e K.A. e a., punti da 73 a 75.

( 25 ) V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.

( 26 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punto 33.

( 27 ) Sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punto 34.

( 28 ) V. paragrafi da 52 a 56 delle presenti conclusioni.

( 29 ) V., in questo senso, Neier, C., «Residence right under Article 20 TFEU not dependent on sufficient resources: Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real», Common Market Law Review, vol. 58, 2021, n. 2, pag. 566.

( 30 ) V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

( 31 ) V. paragrafo 53 delle presenti conclusioni.

( 32 ) V. paragrafo 55 delle presenti conclusioni.

( 33 ) V. paragrafo 56 delle presenti conclusioni.

( 34 ) Van Eijken, H., e Phoa, P., «The scope of Article 20 TFEU clarified in Chavez-Vilchez: Are the fundamental rights of minor EU citizens coming of age?», European Law Review, 2018, vol. 43, n. 6, pag. 969, rilevano che la Corte ha creato un nesso tra la cittadinanza dell’Unione e la Carta, il che può essere interpretato come una nuova tappa verso lo sviluppo di uno status di cittadino più sopranazionale e politico, al di là delle sue radici economiche e transnazionali.

( 35 ) Di Comite, V., «Derecho de residencia de los progenitores nacionales de terceros Estados e interés superior del niño “europeo”», Revista de derecho comunitario europeo, 12/2017, n. 58, considera che il riferimento ai diritti fondamentali sanciti nella Carta costituisce un indizio dell’importanza crescente dei diritti del minore nel diritto dell’Unione e in particolare nella giurisprudenza della Corte.

( 36 ) V., a questo proposito, Réveillère, V., «La protection statutaire du citoyen: demeurer sur le territoire de l’Union (dans son État de nationalité)», Revue trimestrielle de droit européen, 11/2020, n. 3, pag. 721, che ritiene che, considerando, al punto 48 della sentenza Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, che i diritti del cittadino dell’Unione prevalgono sull’interesse legato alla salvaguardia delle finanze pubbliche dello Stato membro interessato, la Corte ha effettuato una ponderazione dei valori secondo il modello del giurista e filosofo del diritto Robert Alexy.

( 37 ) Sentenze del 13 settembre 2016, CS (C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 36); del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 81), e K.A. e a., punto 90.

( 38 ) Sentenze del 13 settembre 2016, CS (C‑304/14, EU:C:2016:674, punti da 37 a 39); del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punti da 82 a 83), e K.A. e a., punto 91.

( 39 ) Sentenze del 13 settembre 2016, CS (C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 40); del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 85), e K.A. e a., punto 92.

( 40 ) Sentenze del 13 settembre 2016, CS (C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 41); del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 85), e K.A. e a., punto 93.

( 41 ) Sentenze del 13 settembre 2016, CS (C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 42); del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 86), e K.A. e a., punto 94.

( 42 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Commissione/Portogallo (C‑265/06, EU:C:2007:784, paragrafi 5556), nelle quali l’avvocato generale afferma che la salute e la vita delle persone costituiscono «beni giuridici, la tutela dei quali è la ragione e l’obiettivo stesso della prevenzione degli incidenti stradali a livello [di Unione]».

( 43 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Wiener Landesregierung e a. (Revoca di una garanzia di naturalizzazione) (C‑118/20, EU:C:2021:530, paragrafi da 111 a 113), nelle quali l’avvocato generale considera che le infrazioni stradali non costituiscono una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza. L’avvocato generale ritiene che, in ogni caso, sarebbe sproporzionato privare un cittadino dell’Unione del godimento dei diritti che tale status gli conferisce per il motivo che questi ha commesso contravvenzioni al codice della strada. V., altresì, in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Tjebbes e a. (C‑221/17, EU:C:2018:572, paragrafo 88).

( 44 ) V. paragrafo 19 delle presenti conclusioni.

( 45 ) Ai fini di una migliore comprensione del problema, è importante precisare che la presente analisi si fonda sulla premessa che il diniego da parte delle autorità spagnole di concedere un diritto di soggiorno a XU comporta l’obbligo per quest’ultimo di lasciare il territorio dell’Unione. La decisione di rinvio non contiene informazioni precise sullo status giuridico attuale di XU, limitandosi a specificare che egli «aveva ottenuto un permesso di soggiorno in Spagna» (v. paragrafo 19 delle presenti conclusioni) all’epoca in cui era emigrato con la madre dal Venezuela verso tale Stato membro, vale a dire nel 2004. Tale interpretazione dei fatti è tuttavia suffragata da svariati indizi, in particolare dal riferimento all’esigenza di riconoscere a XU un diritto di soggiorno al fine di evitare che la madre debba lasciare il territorio dell’Unione, seguita dal figlio minore e dal marito, entrambi cittadini spagnoli, mentre ella dispone già, a sua volta, di un diritto di soggiorno in Spagna. Di conseguenza, è logico supporre che lo status giuridico attuale di XU sia caratterizzato da una certa precarietà.

( 46 ) Sentenze Chavez-Vilchez e a., punto 63; K.A. e a., punto 51, e Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, punto 41.

( 47 ) Sentenze del 7 agosto 2018, Smith (C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 34), e del 5 dicembre 2019, Centraal Justitieel Incassobureau (Riconoscimento ed esecuzione delle sanzioni pecuniarie) (C‑671/18, EU:C:2019:1054, punto 26).

( 48 ) Sentenza del 15 novembre 2011 (C‑256/11, EU:C:2011:734).

( 49 ) Sentenza del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punti 4849).

( 50 ) Sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776).

( 51 ) Sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 69). Il corsivo è mio.

( 52 ) V. paragrafo 99 delle presenti conclusioni.

( 53 ) V. paragrafo 102 delle presenti conclusioni.

( 54 ) V., in particolare, a proposito di tali requisiti e dell’esame personalizzato che essi richiedono, sentenza del 3 ottobre 2019, X (Soggiornanti di lungo periodo – Risorse stabili, regolari e sufficienti) (C‑302/18, EU:C:2019:830, punti da 40 a 44).

( 55 ) V. paragrafo 61 delle presenti conclusioni.

( 56 ) Analogamente alla causa C‑532/19, l’attenzione del giudice del rinvio si incentra sul rapporto tra i coniugi, senza entrare nei dettagli del rapporto tra i figli e i loro genitori. In ogni caso, ho già spiegato, al paragrafo 65 delle presenti conclusioni che un mero obbligo legale di coabitazione, quale previsto dalla legge spagnola, non è sufficiente per vedervi un rapporto di dipendenza tale da dar luogo ad un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE.

( 57 ) V. paragrafo 52 delle presenti conclusioni.

( 58 ) V. paragrafo 94 delle presenti conclusioni.

( 59 ) Sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124).

( 60 ) V. paragrafo 113 delle presenti conclusioni.

( 61 ) Sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti 51, 5657).

( 62 ) V. paragrafi 94 e 123 delle presenti conclusioni.

( 63 ) V. paragrafo 42 delle presenti conclusioni.

( 64 ) V. paragrafi 60 e 61 delle presenti conclusioni.

( 65 ) V. paragrafo 68 delle presenti conclusioni.

( 66 ) V. paragrafo 83 delle presenti conclusioni.

( 67 ) V. paragrafi da 87 a 93 delle presenti conclusioni.

( 68 ) V. paragrafo 83 delle presenti conclusioni.