CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 29 ottobre 2020 ( 1 )

Causa C‑389/19 P

Commissione europea

contro

Regno di Svezia

«Impugnazione – Regolamento (CE) n. 1907/2006 (regolamento REACH) – Articoli 56, 58 e 60 – Autorizzazione – Sostanze estremamente preoccupanti – Decisione della Commissione che autorizza l’uso del giallo di piombo sulfocromato e del piombo cromato molibdato solfato rosso – Valutazione dell’indisponibilità di soluzioni alternative – Ricorso di annullamento – Mantenimento degli effetti»

I. Introduzione

1.

Con il presente ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di annullare la sentenza del 7 marzo 2019, Svezia/Commissione (T‑837/16, EU:T:2019:144; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha annullato la decisione di esecuzione C(2016) 5644 final della Commissione, del 7 settembre 2016, che concede l’autorizzazione per taluni usi del giallo di piombo sulfocromato e del piombo cromato molibdato solfato rosso ai sensi del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (in prosieguo: la «decisione controversa») e ha respinto la richiesta della Commissione di mantenere gli effetti di tale decisione fino alla sua sostituzione con una nuova decisione.

2.

Il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento REACH») istituisce un regime di autorizzazione delle sostanze estremamente preoccupanti per quanto riguarda i loro rischi per la salute umana e per l’ambiente. In generale, nell’ambito di tale regime, una volta che una sostanza è inclusa nell’allegato XIV del regolamento, essa non può essere utilizzata o immessa sul mercato dopo una certa data, salvo che la Commissione rilasci un’autorizzazione specifica.

3.

Di conseguenza, la presente causa offre alla Corte l’opportunità di pronunciarsi, per la prima volta, sulle condizioni alle quali la Commissione può rilasciare un’autorizzazione, sulla base dell’articolo 60 del regolamento REACH, per una sostanza estremamente preoccupante elencata nell’allegato XIV di tale regolamento ( 3 ). La questione fondamentale sollevata dalla presente causa riguarda la valutazione effettuata dalla Commissione per quanto concerne l’assenza di alternative idonee, che è uno dei requisiti principali per il rilascio di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Qualora la Corte confermi l’annullamento della decisione controversa, la presente causa solleverebbe anche la nuova questione se i suoi effetti debbano essere mantenuti fino all’adozione di una nuova decisione da parte della Commissione, tenuto conto delle norme transitorie di cui agli articoli 56 e 58 del regolamento REACH.

II. Contesto normativo

4.

Il titolo VII del regolamento REACH, rubricato «Autorizzazione» dedica il capo 1 all’«Obbligo d’autorizzazione» e il capo 2 al «Rilascio delle autorizzazioni». Il capo 1 contiene, in particolare, gli articoli 56 e 58. Il capo 2 comprende, in particolare, l’articolo 60.

5.

L’articolo 56 del regolamento REACH, rubricato «Disposizioni generali», prevede quanto segue:

«1.   Un fabbricante, importatore o utilizzatore a valle si astiene dall’immettere sul mercato una sostanza destinata ad un determinato uso e dall’utilizzarla egli stesso se tale sostanza è inclusa nell’allegato XIV, salvo qualora:

a)

l’uso o gli usi di tale sostanza, in quanto tale o in quanto componente di una miscela o incorporata in un articolo, per i quali la sostanza è immessa sul mercato o per i quali egli stesso la utilizza siano stati autorizzati a norma degli articoli da 60 a 64; o

(…)

d)

la data di cui all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto i), sia trascorsa ed egli abbia presentato una domanda diciotto mesi prima di tale data, ma non sia ancora stata presa una decisione circa la domanda d’autorizzazione; (…)

(…)».

6.

L’articolo 58 del regolamento REACH, rubricato «Inclusione di sostanze nell’allegato XIV», così dispone:

«1.   Ogniqualvolta si decide di includere nell’allegato XIV una o più sostanze di cui all’articolo 57, la decisione è assunta secondo la procedura di cui all’articolo 133, paragrafo 4. Per ogni sostanza, è precisato quanto segue:

(…)

c)

disposizioni transitorie:

i)

la data o le date a partire dalle quali l’immissione sul mercato e l’uso della sostanza sono vietati, salvo qualora sia rilasciata un’autorizzazione (in seguito denominata: «data di scadenza»), che dovrebbero tener conto, se del caso, del ciclo di produzione specificato per tale uso;

ii)

una o più date precedenti di almeno diciotto mesi la o le date di scadenza, entro cui devono pervenire le domande se il richiedente intende continuare a utilizzare la sostanza o a immetterla sul mercato per determinati usi dopo la o le date di scadenza; la prosecuzione di tali usi è autorizzata dopo la data di scadenza fintantoché non è assunta una decisione sulla domanda di autorizzazione;

(…)».

7.

L’articolo 60 del regolamento REACH, rubricato «Rilascio delle autorizzazioni» ai paragrafi 4 e 5 statuisce quanto segue:

«4.   Quando l’autorizzazione non può essere rilasciata a norma del paragrafo 2 o per le sostanze di cui al paragrafo 3, essa può essere rilasciata solo se risulta che i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente, e se non esistono idonee sostanze o tecnologie alternative. Questa decisione è assunta dopo aver preso in considerazione tutti i seguenti elementi e tenendo conto dei pareri del comitato per la valutazione dei rischi e del comitato per l’analisi socioeconomica di cui all’articolo 64, paragrafo 4, lettere a) e b):

a)

il rischio che presentano gli usi della sostanza, comprese l’adeguatezza e l’efficacia delle misure di gestione dei rischi proposte;

b)

i vantaggi socioeconomici derivanti dal suo uso e le conseguenze socioeconomiche di un rifiuto di autorizzazione, comprovati dal richiedente o da altre parti interessate;

c)

l’analisi delle alternative proposte dal richiedente a norma dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera e), o di un eventuale piano di sostituzione presentato dal richiedente a norma dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera f), e degli eventuali contributi trasmessi da terzi a norma dell’articolo 64, paragrafo 2;

d)

le informazioni disponibili sui rischi che le eventuali sostanze o tecnologie alternative presentano per la salute umana o per l’ambiente.

5.   Nel valutare se esistano idonee sostanze o tecnologie alternative, la Commissione prende in considerazione tutti gli aspetti pertinenti, in particolare:

a)

se il passaggio alle alternative comporti una riduzione dei rischi complessivi per la salute umana e per l’ambiente, tenendo conto dell’adeguatezza e dell’efficacia delle misure di gestione dei rischi;

b)

la fattibilità tecnica ed economica delle alternative per il richiedente».

III. Fatti all’origine della controversia

8.

Ai fini della presente causa, i fatti all’origine della controversia, come esposti dai punti da 1 a 30 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue. È necessario svolgere alcune osservazioni preliminari sul regolamento REACH e sul regime di autorizzazione (sezione A), prima di esporre gli eventi che hanno condotto al procedimento dinanzi al Tribunale (sezione B).

A.   Regolamento REACH e regime di autorizzazione

9.

Il regolamento REACH è uno strumento giuridico fondamentale che disciplina le sostanze chimiche nell’Unione. Come riconosciuto dalla Corte, secondo l’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento, esso mira ad assicurare un livello elevato di protezione della salute umana e dell’ambiente, ivi inclusa la promozione di metodi alternativi per la valutazione dei pericoli che le sostanze comportano, nonché la libera circolazione delle sostanze nel mercato interno, rafforzando nel contempo la competitività e l’innovazione ( 4 ).

10.

In particolare, come precisato, inter alia, ai considerando 69 e 70 del regolamento REACH, quest’ultimo riserva alle sostanze estremamente preoccupanti un’attenzione particolare. Tali sostanze sono, infatti, soggette al regime di autorizzazione previsto al titolo VII del regolamento REACH. Dall’articolo 55 del citato regolamento risulta che lo scopo di siffatto regime è di «garantire il buon funzionamento del mercato interno, assicurando nel contempo che i rischi che presentano le sostanze estremamente preoccupanti siano adeguatamente controllati e che queste sostanze siano progressivamente sostituite da idonee sostanze o tecnologie alternative, ove queste siano economicamente e tecnicamente valide» ( 5 ).

11.

Il regime di autorizzazione comprende tre fasi ( 6 ). La prima tappa è la procedura di identificazione delle sostanze estremamente preoccupanti, sulla base dei criteri stabiliti all’articolo 57 del regolamento REACH. La seconda tappa è l’iscrizione di tali sostanze nell’elenco delle sostanze soggette ad autorizzazione di cui all’allegato XIV del medesimo regolamento. La terza tappa, nella quale si colloca la presente causa, riguarda la procedura che sfocia, eventualmente, nel rilascio dell’autorizzazione di una sostanza estremamente preoccupante ( 7 ).

12.

Di conseguenza, come stabilito dagli articoli 56 e 58 del regolamento REACH, le sostanze estremamente preoccupanti incluse nell’allegato XIV di tale regolamento non possono essere utilizzate o immesse sul mercato per un uso da parte dei fabbricanti, degli importatori o degli utilizzatori a valle dopo una data specifica (in prosieguo: la «data di scadenza»), salvo che l’uso sia stato autorizzato o si applichino determinate limitazioni, ivi compreso il caso in cui sia stata presentata una domanda di autorizzazione prima della «data entro cui devono pervenire le domande» indicata per tale sostanza, ma la Commissione non abbia ancora adottato una decisione ( 8 ).

13.

I fabbricanti e gli importatori possono presentare domande di autorizzazione per l’immissione sul mercato di una sostanza per utilizzare essi stessi tale sostanza o per garantirne l’uso ai loro utilizzatori a valle ( 9 ). Sebbene le domande siano inoltrate all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (in prosieguo: l’«ECHA») ( 10 ), istituita da tale regolamento per contribuire all’applicazione delle sue disposizioni, la decisione spetta alla Commissione ( 11 ). Le decisioni di autorizzazione precisano, tra l’altro, l’uso o gli usi contemplati, il periodo di tempo per la revisione dell’autorizzazione e le condizioni alle quali l’autorizzazione è subordinata ( 12 ).

14.

È importante sottolineare che l’articolo 60 del regolamento REACH stabilisce due possibili vie attraverso le quali la Commissione può rilasciare un’autorizzazione: in primo luogo, la via del controllo adeguato ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 2, del regolamento REACH, in cui il rischio derivante dall’uso della sostanza è adeguatamente controllato; e, in secondo luogo, la via socio-economica ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, qui in discussione, che esige il rispetto di due criteri cumulativi, segnatamente: i) i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente; e ii) esistono idonee sostanze o tecnologie alternative ( 13 ).

15.

L’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH impone alla Commissione di adottare una decisione dopo aver preso in considerazione vari elementi, fra i quali l’analisi delle alternative proposte dal richiedente ( 14 ) e gli eventuali contributi trasmessi da terzi nel quadro della procedura, unitamente ai pareri del comitato per la valutazione dei rischi e del comitato per l’analisi socioeconomica. L’articolo 60, paragrafo 5, del regolamento REACH prevede inoltre che, nel valutare se esistano idonee alternative, la Commissione prende in considerazione tutti gli aspetti pertinenti, tra i quali, in particolare, da un lato, se il passaggio alle alternative comporti una riduzione dei rischi complessivi per la salute umana e per l’ambiente e, dall’altro, la fattibilità tecnica ed economica delle alternative per il richiedente.

16.

A tale riguardo, la Commissione adotta la decisione seguendo la procedura di cui all’articolo 64 del regolamento REACH. In particolare, ciò comporta, ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 2, di tale regolamento, una consultazione pubblica, che offre a terzi la possibilità di comunicare informazioni su sostanze o tecnologie alternative. Ai sensi dell’articolo 64, paragrafi 3 e 4, del regolamento REACH, il comitato per la valutazione dei rischi (in prosieguo: il «RAC») e il comitato per l’analisi socioeconomica (in prosieguo: il «SEAC»), enti operanti in seno all’ECHA e incaricati di svolgere vari compiti ( 15 ), devono fornire il loro parere su aspetti fondamentali della domanda, che nel caso del SEAC comprendono la disponibilità di alternative. Ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 8, del regolamento REACH, la Commissione elabora un progetto di decisione entro tre mesi dalla ricezione di tali pareri e adotta la decisione finale conformemente alla procedura di comitato applicabile ( 16 ).

B.   Fatti che hanno condotto al procedimento dinanzi al Tribunale

17.

Il giallo di piombo sulfocromato (C.I. Pigment Yellow 34) e il piombo cromato molibdato solfato rosso (C.I. Pigment Red 104) (in prosieguo, collettivamente: le «sostanze in questione») sono sostanze composte da piombo e cromo VI. In ragione della loro tenuta, del loro colore chiaro e della loro lucentezza, esse sono state usate, in particolare, in vernici e pitture (ad esempio per i ponti e le costruzioni in ferro e in acciaio), con una funzione segnaletica (ad esempio sui segnali di avvertimento) e nella segnaletica orizzontale gialla.

18.

Per effetto del regolamento n. 125/2012 ( 17 ), le sostanze in questione sono state incluse nella lista delle sostanze estremamente preoccupanti di cui all’allegato XIV del regolamento REACH, in ragione delle loro proprietà in quanto sostanze cancerogene e tossiche per la riproduzione. Di conseguenza, a partire dal 21 maggio 2015 (la data di scadenza), il loro uso e la loro immissione sul mercato è stata sottoposta ad autorizzazione e la data entro cui dovevano pervenire le domande è stata fissata al 21 novembre 2013.

19.

Il 19 novembre, la DCC Maastricht BV (in prosieguo: la «DCC Maastricht» o la «richiedente») ( 18 ), che fornisce le sostanze in questione a circa 100 utilizzatori a valle nell’Unione, ha presentato una domanda di autorizzazione (in prosieguo: la «domanda di autorizzazione») ai fini dell’immissione sul mercato di tali sostanze per i seguenti sei usi, che sono identici per le due sostanze:

la distribuzione e la miscela di polvere di pigmenti in un ambiente industriale in pitture a base solvente non destinate a un uso da parte dei consumatori (in prosieguo: il «primo uso»);

l’applicazione industriale di pitture su superfici metalliche (macchine, veicoli, strutture, segnaletica, arredo stradale, verniciatura in continuo ecc.) (in prosieguo: il «secondo uso»);

l’applicazione professionale (non destinata a un uso da parte dei consumatori) di pitture su superfici metalliche (macchine, veicoli, strutture, segnaletica, arredo stradale ecc.) o per la segnaletica orizzontale (in prosieguo: il «terzo uso»);

la distribuzione e la miscela di polvere di pigmenti in un ambiente industriale in premiscele liquide o solide per colorare articoli in materie plastiche o articoli plastificati non destinati a un uso da parte dei consumatori (in prosieguo: il «quarto uso»);

l’uso industriale di premiscele e di precomposti solidi o liquidi di colore contenente pigmenti per colorare articoli in materie plastiche o articoli plastificati non destinati a un uso da parte dei consumatori (in prosieguo: il «quinto uso»); e

l’uso industriale di premiscele e di precomposti solidi o liquidi di colore contenente pigmenti per l’applicazione di segnaletica orizzontale termoplastica (in prosieguo: il «sesto uso»).

20.

Nella consultazione pubblica effettuata conformemente all’articolo 64, paragrafo 2, del regolamento REACH, fabbricanti, utilizzatori a valle delle sostanze in questione, organizzazioni di settore, Stati membri e organizzazioni non governative hanno presentato pareri sulla domanda di autorizzazione. In particolare, gli utilizzatori a valle hanno dichiarato che le possibili sostanze alternative non presentavano i medesimi vantaggi ed erano più costose nella maggior parte dei casi. Di converso, membri dell’industria delle pitture e dei rivestimenti hanno segnalato che esistevano sostanze alternative idonee e più sicure che potevano essere utilizzate a un costo ragionevole. La DCC Maastricht ha risposto che un certo numero di imprese necessitava delle sostanze in questione per fabbricare prodotti specifici destinati a determinati usi «di nicchia».

21.

L’11 dicembre 2014, il RAC e il SEAC hanno adottato 12 pareri consolidati relativi a ciascuno dei sei usi delle due sostanze in questione. Nei suoi pareri, il SEAC ha «confermato che non sembrano esservi alternative idonee in termini di fattibilità tecnica ed economica per il richiedente».

22.

Nel corso delle riunioni del 7 e dell’8 luglio 2015, del 22 e del 23 settembre 2015, del 3 e del 4 febbraio 2016, nonché del 6 e del 7 luglio 2016, la domanda di autorizzazione è stata esaminata nell’ambito del comitato creato ai sensi dell’articolo 133 del regolamento REACH (in prosieguo: il «comitato REACH»). In particolare, due Stati membri e il Regno di Norvegia hanno segnalato che le sostanze in questione non erano utilizzate per la segnaletica orizzontale gialla e, in uno di tali Stati membri, tale uso era vietato da 20 anni. Il comitato REACH ha infine espresso un parere positivo sulla proposta di decisione della Commissione; 23 Stati membri hanno votato a favore, mentre tre Stati membri, tra cui il Regno di Svezia, hanno votato contro e due Stati membri si sono astenuti.

23.

Il 7 settembre 2016 la Commissione ha adottato la decisione controversa. Con tale decisione, essa ha concesso alla DCC Maastricht, sulla base dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, un’autorizzazione per i sei usi richiesti delle sostanze in questione, subordinandola a determinate condizioni e limitazioni (in prosieguo: l’«autorizzazione»).

24.

Nei considerando 8 e 9 della decisione controversa, la Commissione ha dichiarato che, in ragione «delle difficoltà nello stabilire pienamente l’indisponibilità di soluzioni alternative tecnicamente fattibili per l’insieme di detti usi» l’autorizzazione doveva essere riesaminata prima della data raccomandata dal SEAC. Essa ha inoltre osservato, al considerando 9 della decisione controversa, che, a seguito di un’ulteriore verifica con gli Stati membri, era emerso che l’uso delle sostanze in questione nel settore della segnaletica orizzontale era stato sostituito o vietato in alcuni Stati membri, ma non in altri. Così, secondo la Commissione, era corretto fissare il periodo di revisione in sette anni, anziché dodici, per il primo, il secondo, il quarto e il quinto uso, e in quattro anni, anziché sette, per il terzo e il sesto uso.

25.

Nel considerando 12 della decisione controversa, la Commissione ha dichiarato quanto segue:

«In considerazione delle difficoltà nello stabilire pienamente l’indisponibilità di soluzioni alternative tecnicamente fattibili per l’insieme degli usi coperti dalla domanda, occorre specificare ulteriormente gli usi autorizzati, quanto alle caratteristiche di prestazioni tecnicamente richieste delle premiscele [di pigmenti], delle pitture e dei precomposti contenenti pigmenti e di articoli che li contengano, ove tali caratteristiche sono apportate dalle due sostanze e non possono essere ottenute da altre sostanze o tecnologie alternative idonee, di qualsiasi genere esse siano. L’autorizzazione dovrebbe pertanto essere subordinata alla condizione che il titolare dell’autorizzazione presenti una relazione relativa all’idoneità e alla disponibilità di soluzioni alternative per i suoi utilizzatori a valle e, su questa base, specifichi la descrizione degli usi autorizzati (…)».

26.

All’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione controversa, la Commissione ha autorizzato i sei usi richiesti delle sostanze in questione «a condizione che le prestazioni delle premiscele, delle pitture e dei precomposti di colore contenenti [le sostanze in questione] o degli articoli finiti che li contengono, in termini di funzionalità, di intensità della colorazione di opacità (potere di occultamento), di possibilità di dispersione, di resistenza alle intemperie, di stabilità al calore o di non lisciviazione, o una loro combinazione siano tecnicamente realizzabili solo con l’uso di dette sostanze e che tali prestazioni siano necessarie per l’uso previsto».

27.

All’articolo 1, paragrafo 3, lettera d), della decisione controversa, l’autorizzazione è subordinata alla condizione che gli utilizzatori a valle del titolare dell’autorizzazione presentino all’ECHA, entro il 30 giugno 2017, informazioni sullo stato di idoneità e sulla disponibilità di soluzioni alternative per i loro usi, giustificando in termini dettagliati la necessità di utilizzare le sostanze in questione.

28.

All’articolo 1, paragrafo 3, lettera e), della decisione controversa, l’autorizzazione è subordinata alla condizione che il titolare dell’autorizzazione presenti alla Commissione, entro il 31 dicembre 2017, una relazione sugli elementi di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera d), di tale decisione. Il titolare dell’autorizzazione è tenuto a specificare, in tale relazione, la descrizione degli usi autorizzati sulla base delle informazioni concernenti le soluzioni alternative fornite dagli utilizzatori a valle.

29.

Infine, all’articolo 3, lettera b), della decisione controversa, su richiesta dell’autorità competente dello Stato membro, gli utilizzatori a valle devono spiegare il motivo per cui si applicano le condizioni di cui all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, e perché i parametri di prestazione siano necessari per l’uso previsto.

IV. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

30.

Il 28 novembre 2016 il Regno di Svezia ha proposto un ricorso per l’annullamento della decisione controversa dinanzi al Tribunale.

31.

La Commissione ha sostenuto che il ricorso doveva essere respinto. Essa ha inoltre chiesto al Tribunale, in caso di annullamento della decisione controversa, di mantenerne gli effetti fino alla sua sostituzione con una nuova decisione.

32.

Con decisioni del 24 marzo e del 3 maggio 2017, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha autorizzato il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Parlamento europeo a intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno di Svezia. Inoltre, con ordinanza del 20 luglio 2017, l’ECHA è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

33.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto la seconda parte del primo motivo dedotto dal Regno di Svezia, ai sensi del quale la Commissione avrebbe violato l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH nel concedere l’autorizzazione senza aver debitamente accertato che non vi erano alternative idonee per sostituire le sostanze in questione per gli usi richiesti, e ha annullato la decisione controversa (punti da 57 a 106 della sentenza impugnata) ( 19 ).

34.

Il Tribunale ha inoltre respinto la richiesta della Commissione di mantenere gli effetti della decisione controversa fino alla sua sostituzione con una nuova decisione (punti da 107 a 112 della sentenza impugnata).

V. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

35.

Con la presente impugnazione, depositata il 20 maggio 2019, la Commissione chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, respingere il ricorso proposto dal Regno di Svezia e condannare il Regno di Svezia alle spese. In subordine, la Commissione chiede alla Corte di rinviare la causa al Tribunale, di riservare le spese dei giudizi di primo grado e di impugnazione e di disporre il mantenimento degli effetti della decisione controversa.

36.

L’ECHA, intervenuta in primo grado a sostegno della Commissione, sostiene le conclusioni della Commissione.

37.

Il Regno di Svezia chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la Commissione alle spese.

38.

Il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Parlamento, intervenuti in primo grado a sostegno del Regno di Svezia, sostengono le conclusioni di quest’ultimo.

39.

Con ordinanza del 21 novembre 2019 ( 20 ), il vicepresidente della Corte ha accolto la domanda della Commissione di provvedimenti provvisori per sospendere l’esecuzione della sentenza impugnata in attesa dell’esito del ricorso contro tale sentenza.

40.

Il 7 luglio 2020 si è tenuta un’udienza in cui il Regno di Danimarca, il Regno di Svezia, il Parlamento, la Commissione e l’ECHA hanno presentato osservazioni orali.

VI. Analisi

41.

La Commissione solleva quattro motivi di impugnazione. Il primo motivo si fonda sull’errata valutazione del criterio di prova concernente l’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Il secondo motivo si fonda sull’omessa considerazione del potere discrezionale della Commissione di fissare un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Il terzo motivo si basa sull’erronea applicazione dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH per quanto riguarda l’ambito di applicazione parziale e le condizioni di autorizzazione nella decisione controversa. Il quarto motivo si fonda sull’errata valutazione della domanda di mantenere gli effetti della decisione controversa.

42.

Per le ragioni esposte nel prosieguo, ritengo che il primo, il secondo e il terzo motivo di impugnazione siano infondati, mentre il quarto motivo sia fondato. In tali circostanze, ritengo che il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata debba essere annullato e che la Corte debba disporre il mantenimento degli effetti della decisione impugnata fino alla sua sostituzione con una nuova decisione.

A.   Primo motivo di impugnazione (concernente il criterio di prova applicabile all’assenza di alternative idonee)

1. Sintesi degli argomenti delle parti

43.

Con il primo motivo di impugnazione, la Commissione, sostenuta, in generale, dall’ECHA, afferma, in sostanza, che il Tribunale avrebbe commesso un errore manifesto di diritto, ai punti 79, 81, 85, 86, 90 e 101 della sentenza impugnata, per quanto concerne il criterio di prova applicabile all’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

44.

In primo luogo, la Commissione sostiene che il Tribunale avrebbe imposto un criterio di prova impossibile, imponendo alla richiedente l’autorizzazione e alla Commissione di escludere qualsiasi incertezza scientifica al fine di dimostrare l’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. A suo avviso, la valutazione delle alternative implica una valutazione scientifica caratterizzata da una sostanziale incertezza, con la conseguenza che, se fosse necessario escludere qualsiasi incertezza, la relativa prova costituirebbe una «probatio diabolica» (cioè un obbligo giuridico di fornire una prova impossibile da ottenere).

45.

In secondo luogo, la Commissione critica la conclusione del Tribunale secondo cui, alla data di adozione della decisione controversa, sussistevano incertezze di rilievo quanto all’assenza di alternative idonee. Essa sostiene che la forza delle prove, senza escludere le incertezze, ha dimostrato che le alternative non hanno raggiunto lo stesso livello di prestazioni tecniche delle sostanze in questione. Essa era quindi legittimata a concludere, sulla base dell’applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la perdita di prestazioni tecniche, che le alternative non erano tecnicamente realizzabili e, quindi, inidonee agli usi autorizzati.

46.

A tale riguardo, la Commissione ha sottolineato, in udienza, che il suo argomento vertente sull’applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative è ricevibile, poiché costituisce una questione di diritto concernente la valutazione delle alternative effettuata dalla Commissione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH e non si tratta di un argomento nuovo, essendo stato dedotto, fra l’altro, nelle sue memorie scritte dinanzi al Tribunale. Essa afferma, inoltre, che la sua impugnazione avverso le conclusioni del Tribunale rende necessario sviluppare tale argomento in modo più dettagliato.

47.

Il Regno di Svezia, sostenuto dal Regno di Danimarca e dal Parlamento, contesta la ricevibilità del primo motivo di impugnazione. Il Regno di Svezia sostiene che le affermazioni della Commissione relative all’applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative costituiscono un argomento nuovo, che non è stato sollevato dinanzi al Tribunale e non può quindi essere esaminato dalla Corte in sede di impugnazione. Secondo il Regno di Danimarca e il Parlamento, tale motivo riguarda valutazioni di fatto del Tribunale, che non possono essere riesaminate dalla Corte nell’ambito di un procedimento di impugnazione.

48.

Il Regno di Svezia, sostenuto dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica di Finlandia e dal Parlamento, sostiene inoltre che il primo motivo di ricorso è infondato. A loro avviso, il Tribunale non ha imposto un criterio di prova impossibile per quanto concerne la valutazione dell’assenza di alternative idonee, e le affermazioni della Commissione si basano su un’interpretazione errata della sentenza impugnata. Il Regno di Svezia contesta inoltre l’applicazione, da parte della Commissione, di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative, poiché essa non risulterebbe dalla decisione controversa, né da altri documenti nel fascicolo e non sarebbe conforme all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Ciò, in particolare, poiché non terrebbe conto del fatto che le prestazioni tecniche devono essere necessarie per svolgere una funzione specifica nel quadro dell’uso per il quale è richiesta l’autorizzazione. In tal modo, essa rende privo di significato il requisito relativo all’indisponibilità di alternative, poiché nessuna sostanza possiede esattamente le stesse proprietà tecniche di un’altra.

2. Valutazione del primo motivo di impugnazione

a) Sulla ricevibilità

49.

In primo luogo, il Regno di Danimarca e il Parlamento contestano, in sostanza, la ricevibilità del primo motivo di impugnazione, in quanto vertente sulla valutazione dei fatti e delle prove da parte del Tribunale, in base alla quale esso ha ritenuto che la Commissione non aveva debitamente dimostrato l’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. In assenza di censure concernenti lo snaturamento dei fatti e delle prove, tale valutazione non può essere riesaminata dalla Corte nell’ambito di un procedimento di impugnazione.

50.

A mio avviso, questa eccezione di irricevibilità non può essere accolta. La questione se il Tribunale abbia commesso un errore per quanto concerne il criterio di prova applicabile all’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH riguarda il punto se il Tribunale abbia applicato il criterio giuridico corretto come base per la sua valutazione dei fatti e delle prove, che costituisce una questione di diritto soggetta al sindacato della Corte nell’ambito del giudizio di impugnazione ( 21 ). Inoltre, la questione se il Tribunale potesse correttamente concludere, sulla base dei fatti e delle prove a sua disposizione, che la Commissione aveva commesso un errore nella valutazione dell’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, riguarda la qualificazione giuridica dei fatti della causa, che la Corte è competente a controllare in sede di impugnazione ( 22 ).

51.

In secondo luogo, il Regno di Svezia contesta la ricevibilità del primo motivo di impugnazione per quanto attiene alle affermazioni della Commissione relative all’applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative, in quanto si tratterebbe di un argomento nuovo che non è stato dedotto dinanzi al Tribunale e che non può quindi essere esaminato dalla Corte in sede di impugnazione.

52.

A mio avviso, neppure tale eccezione di irricevibilità può essere accolta. Secondo una giurisprudenza costante, un ricorrente può utilmente proporre impugnazione facendo valere motivi tratti dalla sentenza impugnata medesima e volti a censurarne, in diritto, la fondatezza ( 23 ), come nel caso di specie. Mediante il suo argomento concernente l’applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative, la Commissione mira a dimostrare che, per tale ragione, non sussistevano incertezze di rilievo per quanto concerne l’indisponibilità di alternative e che essa aveva effettuato un’adeguata valutazione di tale requisito ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Di conseguenza, tale argomento è volto a contestare la correttezza giuridica dell’applicazione di tale disposizione da parte del Tribunale nella sentenza impugnata. Inoltre, tale argomento era stato sollevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte dinanzi al Tribunale, in particolare per quanto concerne la seconda parte del primo motivo del Regno di Svezia, che ha costituito la base dell’annullamento della decisione controversa da parte del Tribunale.

53.

Pertanto, ritengo che il primo motivo di impugnazione sia ricevibile.

b) Sul merito

54.

Con il primo motivo di impugnazione, la Commissione sostiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’imporre un criterio di prova impossibile ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, esigendo alla richiedente l’autorizzazione e alla Commissione di escludere qualsiasi incertezza sostanziale per quanto attiene all’assenza di alternative idonee. A tal riguardo, essa sostiene che, sulla base della sua applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative, non sussistevano incertezze di rilievo nella sua valutazione delle alternative idonee al momento dell’adozione della decisione controversa.

55.

A mio avviso, il primo motivo di impugnazione dovrebbe essere respinto.

56.

Mi sembra che l’interpretazione della Commissione dei punti 79, 81, 85, 86, 90 e 101 della sentenza impugnata non sia persuasiva. Tali punti devono essere interpretati alla luce del loro contesto. Pertanto, il primo motivo di impugnazione sembra fondarsi su una lettura errata della sentenza impugnata.

57.

In primo luogo, emerge chiaramente dai punti 79, 81, 85, 86, 90 e 101 della sentenza impugnata, considerati congiuntamente, in particolare, ai punti 77, 78, 84 e da 87 a 98 della medesima sentenza, che il Tribunale non ha richiesto che la richiedente l’autorizzazione o la Commissione escludessero qualsiasi incertezza scientifica. Al contrario, in tali punti, il Tribunale ha applicato, a mio avviso, un criterio di prova ragionevole, ai sensi del quale la Commissione è tenuta ad adempiere il proprio obbligo di dimostrare, alla luce delle informazioni presentate nell’ambito della procedura di autorizzazione, l’assenza di soluzioni alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Infatti, al punto 86 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione aveva omesso di verificare informazioni rilevanti prima di concedere l’autorizzazione, in modo da poter concludere che non vi fossero alternative per tutti gli usi richiesti o che le incertezze residuali fossero «trascurabili».

58.

A tale riguardo, come risulta dal punto 77 della sentenza impugnata, la conclusione del Tribunale di cui al punto 79 della medesima sentenza, secondo cui il richiedente l’autorizzazione assume il rischio dell’eventuale impossibilità di determinare l’indisponibilità di alternative e, quindi, qualora permangano incertezze, non può essere rilasciata un’autorizzazione, discende dal tenore letterale dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, in combinato disposto con il suo considerando 69, ai sensi del quale sul richiedente l’autorizzazione ricade l’onere della prova al riguardo e, dunque, il rischio che tale requisito non sia provato.

59.

Analogamente, come indicato dal Regno di Svezia, la conclusione del Tribunale di cui al punto 81 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione non può adottare una decisione di autorizzazione sulla base di semplici ipotesi, non può essere interpretata nel senso di imporre in capo ad essa un criterio di prova impossibile. Da tale conclusione discende che, nel caso in cui vi siano semplici ipotesi sull’assenza di alternative idonee, tale requisito non è stato provato, mentre se la Commissione dispone di informazioni a sostegno dell’affermazione secondo cui non esistono alternative idonee, tale requisito è soddisfatto.

60.

Va inoltre rilevato che, al punto 85 della sentenza impugnata, letto in combinato disposto con il punto 84 della stessa, il Tribunale ha ritenuto, a mio avviso correttamente, che se gli elementi forniti dal richiedente l’autorizzazione nella sua analisi delle soluzioni alternative sono contraddetti dagli elementi presentati da terzi o da Stati membri, la Commissione è tenuta ad esaminare il requisito relativo all’indisponibilità di soluzioni alternative in modo più approfondito e che qualora permangano incertezze a seguito di tale esame, il requisito non è soddisfatto e la Commissione non è legittimata a concedere un’autorizzazione.

61.

È su tale base che il Tribunale ha ritenuto, al punto 86 della sentenza impugnata, che, alla data di adozione della decisione controversa, la Commissione non aveva debitamente concluso l’esame concernente l’indisponibilità di alternative e che, in assenza di un esame più approfondito di tale requisito, l’autorizzazione non poteva essere concessa. È chiaro che tale constatazione si fonda su diverse considerazioni, esposte ai punti da 87 a 98 della sentenza impugnata.

62.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto, al punto 90 della sentenza impugnata, letto in combinato disposto con i punti 88 e 89 della stessa, che le informazioni presentate da una delle parti interessate mettevano in dubbio l’affermazione della richiedente, nella sua analisi delle alternative, secondo cui le sostanze in questione erano caratterizzate da elevate prestazioni tecniche non conseguite da nessuna delle alternative.

63.

Il Tribunale ha inoltre respinto, al punto 101 della sentenza impugnata, l’argomento della Commissione secondo cui essa avrebbe effettuato ulteriori analisi per quanto concerne l’assenza di alternative idonee, in quanto tali analisi sono consistite nella richiesta di informazioni supplementari alla richiedente, che non hanno chiarito gli usi per i quali non sussistevano alternative.

64.

In tali circostanze, gli argomenti della Commissione concernenti la sua applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative non sono persuasivi, poiché il Tribunale non ha preso posizione sulla questione nei punti della sentenza impugnata contestati dalla Commissione. Indipendentemente dall’applicazione di siffatto valore di riferimento da parte della Commissione, argomenti in tal senso non corroborano l’affermazione secondo cui il Tribunale avrebbe imposto un criterio di prova impossibile ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Come risulta dai punti 86, 90 e 101 della sentenza impugnata, alla luce delle informazioni relative alle prestazioni tecniche delle sostanze in questione, il Tribunale ha ritenuto, a mio avviso correttamente, che vi fossero chiare prove del fatto che la valutazione della Commissione sull’indisponibilità di alternative non era stata completata e che la Commissione non aveva spiegato in modo sufficiente i motivi per cui riteneva le alternative inidonee.

65.

Propongo pertanto di respingere il primo motivo di impugnazione in quanto infondato.

B.   Secondo motivo di impugnazione (concernente il valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative)

1. Sintesi degli argomenti delle parti

66.

Con il secondo motivo di impugnazione, la Commissione, sostenuta, in generale dall’ECHA, sostiene, in sostanza, che il Tribunale sarebbe incorso in un errore manifesto di diritto ai punti 86, 90 e 96 della sentenza impugnata, avendo disatteso il potere discrezionale della Commissione di fissare i valori di riferimento per la fattibilità tecnica ed economica nella valutazione delle alternative ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Di conseguenza, essa ritiene che il Tribunale abbia applicato un criterio di sindacato giurisdizionale errato, sostituendosi alla Commissione nella valutazione delle considerazioni di ordine sociale, economico e tecnico pertinenti.

67.

La Commissione sostiene che la decisione controversa si fonda sull’applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la perdita di prestazioni tecniche e che nessuna alternativa ha raggiunto tale valore. A suo avviso, il Tribunale, nel suo approccio, non ha tenuto conto di tale aspetto e ha confuso questi due elementi. Secondo la Commissione, essa non ha commesso un errore fissando un valore pari a zero e valutando poi le alternative alla luce di tale valore, poiché è impossibile valutare la fattibilità tecnica di un’alternativa senza decidere quale livello di perdita di prestazioni possa essere considerato accettabile, il che vale anche per la fattibilità economica. Tale decisione rientra nella discrezionalità della Commissione, che è tenuta a bilanciare varie considerazioni. Questo è il motivo per cui, essa sostiene, la sua valutazione delle alternative rientra nell’ambito del controllo giurisdizionale basato su un errore manifesto, come correttamente affermato dal Tribunale nella sentenza del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17, EU:T:2019:215), che tuttavia non è stato applicato nella sentenza impugnata.

68.

Il Regno di Svezia, sostenuto dal Regno di Danimarca, afferma che il secondo motivo di impugnazione è irricevibile, per due ragioni. In primo luogo, le conclusioni del Tribunale contestate riguardano una questione di fatto. In secondo luogo, l’applicazione da parte della Commissione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative non è stata dedotta dinanzi al Tribunale e costituisce, quindi, un argomento nuovo, che non può essere invocato in sede di impugnazione.

69.

Il Regno di Svezia, sostenuto dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica di Finlandia e dal Parlamento, sostiene inoltre che il secondo motivo di impugnazione è infondato.

70.

In primo luogo, il Regno di Svezia e il Parlamento sostengono che l’approccio della Commissione basato su un valore di riferimento pari a zero non risulta dalla decisione in questione, né la Commissione ha sollevato tale argomento dinanzi al Tribunale. Pertanto, il Regno di Svezia afferma che non vi sono prove a sostegno della censura della Commissione secondo cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto di tale circostanza o avrebbe disatteso il potere discrezionale della Commissione. Il Parlamento sostiene che tale argomento equivale a una mera «ricostruzione retroattiva» e, in ogni caso, è irrilevante la circostanza che la Commissione abbia fissato siffatto valore di riferimento, poiché il Tribunale ha basato le sue conclusioni sul fatto che la Commissione non era in grado di dimostrare in via definitiva l’indisponibilità di alternative, e ha ammesso, nella decisione controversa, che non era chiaro se vi fossero alternative tali da soddisfare i criteri stabiliti.

71.

In secondo luogo, il Regno di Svezia, unitamente al Regno di Danimarca, alla Repubblica di Finlandia e al Parlamento, sostiene che l’approccio della Commissione basato su un valore di riferimento pari a zero è contrario al regolamento REACH. Il Regno di Svezia sostiene che il Tribunale ha correttamente statuito che le alternative devono essere valutate concretamente in termini di uso previsto sicché la Commissione, stabilendo un valore di riferimento per la perdita di prestazioni senza tener conto della funzione per la quale tali prestazioni sono necessarie per quanto riguarda l’uso previsto, non avrebbe rispettato l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Il Regno di Danimarca e il Parlamento sottolineano che un siffatto approccio non è conforme alla lettera e agli obiettivi del regolamento REACH ed è suscettibile di svuotare di contenuto il requisito concernente l’indisponibilità di sostanze alternative, in quanto limiterebbe la sostituzione ad alternative aventi caratteristiche equivalenti alla sostanza di cui trattasi. La Repubblica di Finlandia ritiene, inoltre, che le prestazioni tecniche debbano essere valutate separatamente per ciascun uso e che l’approccio della Commissione porti ad autorizzare con troppa facilità sostanze estremamente preoccupanti, il che pregiudica il regime di autorizzazione.

2. Valutazione del secondo motivo di impugnazione

a) Sulla ricevibilità

72.

In primo luogo, il Regno di Svezia, unitamente al Regno di Danimarca, contesta, in sostanza, la ricevibilità del secondo motivo di impugnazione per il fatto che esso riguarderebbe la valutazione dei fatti e degli elementi di prova da parte del Tribunale, in base alla quale esso ha ritenuto che la Commissione non aveva debitamente dimostrato l’indisponibilità di alternative, che, in assenza di censure concernenti lo snaturamento dei fatti e degli elementi di prova, non può essere esaminata dalla Corte in sede di impugnazione.

73.

Non concordo con tale eccezione di irricevibilità. Come anticipato al paragrafo 50 delle presenti conclusioni, la questione se il Tribunale potesse correttamente concludere, sulla base dei fatti e delle prove a sua disposizione, che la Commissione aveva commesso un errore nella valutazione dell’assenza di alternative idonee, riguarda la qualificazione giuridica dei fatti della causa, che la Corte è competente a controllare in sede di impugnazione.

74.

In secondo luogo, il Regno di Svezia, unitamente al Regno di Danimarca, contesta la ricevibilità del secondo motivo di impugnazione sulla base del fatto che le affermazioni della Commissione relative all’applicazione, da parte di quest’ultima, di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative costituirebbero un argomento nuovo che non è stato sollevato dinanzi al Tribunale e non può quindi essere esaminato dalla Corte in sede di impugnazione.

75.

Non condivido neppure tale eccezione di irricevibilità. Sulla base dell’analisi da me proposta al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, l’argomento della Commissione relativo all’applicazione, da parte di quest’ultima, di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative dovrebbe essere considerato ricevibile, conformemente alla giurisprudenza della Corte, in quanto è inteso a contestare la correttezza, in diritto, delle conclusioni del Tribunale secondo cui la Commissione non ha effettuato una valutazione adeguata dell’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH e si basa su argomenti sollevati dalla Commissione nel procedimento dinanzi al Tribunale.

76.

Pertanto, ritengo che il secondo motivo di impugnazione sia ricevibile.

b) Sul merito

77.

Con il secondo motivo di impugnazione, la Commissione sostiene che il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto interpretando erroneamente il potere discrezionale di cui dispone la Commissione nel determinare il valore di riferimento per la fattibilità tecnica ed economica delle alternative ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH e il criterio di controllo giurisdizionale sulle sue decisioni adottate ai sensi di tale disposizione.

78.

Come indicato al paragrafo 61 delle presenti conclusioni, il Tribunale ha ritenuto, al punto 86 della sentenza impugnata, che, alla data di adozione della decisione in questione, la Commissione non aveva debitamente accertato l’indisponibilità di alternative ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Tale conclusione si fonda su varie considerazioni, esposte ai punti da 87 a 98 della sentenza impugnata.

79.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto, al punto 90 della sentenza impugnata, che le informazioni presentate da una delle parti interessate indicavano che, a determinate condizioni, erano disponibili sul mercato dell’Unione alternative per tutti gli usi indicati nella domanda di autorizzazione.

80.

Il Tribunale ha inoltre dichiarato, al punto 96 della sentenza impugnata, che dai punti 8, 9 e 12 della decisione controversa emergeva che la Commissione continuava a nutrire dubbi sull’indisponibilità di alternative tecnicamente realizzabili per tutti gli usi oggetto della domanda di autorizzazione.

81.

A mio parere, in tali conclusioni non è ravvisabile alcun errore di diritto.

82.

In primo luogo, rilevo che la determinazione, da parte della Commissione, di un valore di riferimento per la fattibilità tecnica o economica delle alternative non è menzionata nella decisione controversa o nella sentenza impugnata, e neppure nella sintesi degli argomenti della Commissione di cui ai punti da 51 a 56 di tale sentenza o nelle conclusioni del Tribunale. Infatti, nella sentenza impugnata non si prende una posizione generale sui poteri discrezionali della Commissione quanto alla valutazione della fattibilità tecnica o economica delle alternative. Di conseguenza, come indicato dal Regno di Svezia e dal Parlamento, non risultano esservi prove a sostegno dell’affermazione della Commissione secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di prendere in considerazione la sua applicazione di un valore di riferimento pari a zero per le prestazioni tecniche nella decisione controversa o avrebbe disatteso il suo potere discrezionale di fissare valori di riferimento per la fattibilità tecnica ed economica delle alternative.

83.

Inoltre, la conclusione del Tribunale, al punto 96 della sentenza impugnata, per quanto concerne i considerando 8, 9 e 12 della decisione controversa non mi sembra censurabile. Come esposto ai paragrafi 24 e 25 delle presenti conclusioni, ai considerando 8, 9 e 12 della decisione controversa, la Commissione ha riconosciuto le «difficoltà nello stabilire pienamente l’indisponibilità di soluzioni alternative tecnicamente fattibili per l’insieme» degli usi coperti dalla domanda. Dunque, le conclusioni del Tribunale discendono dalla formulazione di tali punti. Le affermazioni della Commissione secondo cui essa avrebbe applicato un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica, e constatato che nessuna alternativa soddisfaceva tale valore, non invalidano tale conclusione.

84.

Ciò detto, nella misura in cui la Commissione sostiene che la sua applicazione di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative costituisce una delle basi della decisione controversa, ciò solleva la questione se tale approccio sia conforme al regolamento REACH. Nella mia interpretazione di tale approccio, un’alternativa idonea è tecnicamente realizzabile soltanto se offre, per gli usi previsti, le stesse prestazioni tecniche delle sostanze in questione. Su tale base, mi sembra che, come indicato dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dal Parlamento, vi siano forti indizi, alla luce della formulazione e degli obiettivi del regolamento REACH, che siffatto approccio non sia coerente con il regime di autorizzazione stabilito da tale regolamento. Esso non è neppure conforme alla sentenza impugnata.

85.

A tale riguardo, occorre sottolineare che il Tribunale, ai punti da 70 a 76 della sentenza impugnata, ha esposto la sua interpretazione della nozione di alternativa idonea ai fini del regolamento REACH. In particolare, esso ha rilevato che, secondo un documento orientativo adottato dall’ECHA, un’alternativa indica un possibile sostituto della sostanza in questione, che dovrebbe essere in grado di sostituirsi a tale sostanza nella funzione da essa svolta. A suo avviso, la nozione di alternativa idonea fa riferimento a una sostanza che non soltanto è più sicura, ma anche «economicamente e tecnicamente valida» ai sensi dell’articolo 55 del regolamento REACH. Tale frase implica, secondo il Tribunale, che le alternative idonee non si limitano all’esistenza di sostanze o tecnologie alternative in abstracto o in condizioni che rivestono un carattere meramente eccezionale, bensì che la valutazione deve essere svolta sotto il profilo delle capacità di produzione di queste sostanze e della fattibilità di tali tecnologie, nonché alla luce delle condizioni di diritto e di fatto della loro immissione in circolazione.

86.

Il Tribunale ha inoltre rilevato che la valutazione delle alternative idonee comporta anche un criterio soggettivo relativo all’esistenza o meno di alternative tecnicamente ed economicamente realizzabili «per il richiedente» l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 5, lettera b), del regolamento REACH, di modo che, qualora sia disponibile, in generale, un’alternativa, ma essa non sia ancora a disposizione del richiedente, l’autorizzazione può comunque essere rilasciata se il richiedente presenta un piano di sostituzione, come previsto da tale regolamento, per la sostituzione definitiva della sostanza con l’alternativa.

87.

Dalla sentenza impugnata risulta che il requisito relativo all’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH comporta una valutazione concreta, che tenga conto di criteri oggettivi e soggettivi, per quanto riguarda l’idoneità dell’alternativa a svolgere la funzione della sostanza estremamente preoccupante negli usi previsti dal richiedente l’autorizzazione.

88.

Va inoltre rilevato che, sebbene il regolamento REACH non contenga definizioni relative alle nozioni di alternativa idonea o di fattibilità tecnica ed economica, dalla formulazione del regolamento REACH, in particolare dalla circostanza che le alternative ai fini dell’articolo 60, paragrafi 4 e 5, del regolamento REACH debbano essere «idonee» e «fattibili», si può dedurre che esse devono essere in grado, sulla base di una ragionevole valutazione del costo, della disponibilità e dell’efficacia, di svolgere la funzione della sostanza in questione ( 24 ). Siffatta interpretazione è supportata, in particolare, dall’articolo 60, paragrafo 4, lettera d), («eventuali sostanze o tecnologie alternative») e dall’articolo 60, paragrafo 5, («tutti gli aspetti pertinenti») del regolamento REACH, dai quali si evince un’ampia nozione di alternativa idonea, ossia un’alternativa che può essere in grado di sostituire la sostanza e non deve necessariamente costituire un sostituto identico («drop in»). Ciò si deduce anche dai documenti orientativi dell’ECHA, i quali indicano che la fattibilità tecnica di un’alternativa si basa sul fatto che l’alternativa svolga o sostituisca la funzione propria della sostanza, mentre la fattibilità economica attiene alle modifiche nei costi e nei ricavi del richiedente l’autorizzazione dovuti al passaggio all’alternativa ( 25 ).

89.

Inoltre, la valutazione dell’assenza di alternative idonee dovrebbe tener conto, in particolare, dell’obiettivo perseguito dal regolamento REACH di garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento, nonché dell’obiettivo specifico del regime di autorizzazione, di cui all’articolo 55 del medesimo regolamento, di garantire che le sostanze estremamente preoccupanti siano progressivamente sostituite da alternative idonee ove queste siano economicamente e tecnicamente valide (v. paragrafi 9 e 10 delle presenti conclusioni).

90.

Alla luce di tali considerazioni, l’applicazione, da parte della Commissione, di un valore di riferimento pari a zero per la fattibilità tecnica delle alternative, come descritto al paragrafo 84 delle presenti conclusioni, non mi sembra coerente con l’ampia nozione di alternative idonee che emerge dal regolamento REACH e con le conclusioni del Tribunale secondo cui l’esistenza di alternative idonee deve essere valutata concretamente, alla luce delle circostanze pertinenti e della capacità dell’alternativa di svolgere la funzione della sostanza per gli usi richiesti. Stabilendo un valore per la perdita di prestazioni tecniche senza tener conto della funzione che tale sostanza deve svolgere, per la quale tali prestazioni sono necessarie negli usi richiesti, tale approccio non tiene conto del fatto che la fattibilità tecnica dell’alternativa dovrebbe essere valutata rispetto alla funzione da svolgere per l’uso previsto, e non rispetto alle prestazioni della sostanza estremamente preoccupante. Di conseguenza, tale approccio può essere suscettibile di svuotare di contenuto il requisito relativo all’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, poiché limita in modo inammissibile la gamma delle possibili alternative.

91.

Tale approccio risulta, quindi, in contrasto con l’obiettivo del regolamento REACH di proteggere la salute umana e l’ambiente, nella misura in cui può condurre al rilascio di autorizzazioni in situazioni in cui possono essere effettivamente disponibili alternative idonee. Allo stesso modo, esso pregiudica l’obiettivo del regime di autorizzazione di cui all’articolo 55 del regolamento REACH di promuovere la progressiva sostituzione delle sostanze estremamente preoccupanti, dato che può condurre all’accertamento della possibilità di sostituzione soltanto in casi eccezionali, nei quali la sostituzione non comporta alcuna perdita di efficacia.

92.

Infine, a mio avviso, le censure basate sul criterio di controllo giurisdizionale della decisione controversa non sono persuasive. In particolare, il riferimento della Commissione alla sentenza del Tribunale del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17, EU:T:2019:215) ( 26 ) non mi sembra pertinente. Come indicato dalla Repubblica di Finlandia, le circostanze della presente causa sono diverse da quelle di cui a tale sentenza, in particolare poiché essa non concerne il controllo, da parte del Tribunale, di una decisione di autorizzazione della Commissione basata sul regolamento REACH, bensì di una decisione della Commissione che respinge una richiesta di riesame interno della decisione di autorizzazione ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 1367/2006, che attua gli obblighi contenuti nella Convenzione di Aarhus ( 27 ).

93.

Inoltre, in tale sentenza, il Tribunale ha statuito che il suo controllo di errori manifesti riguarda la valutazione, da parte di un’istituzione dell’Unione, di fatti complessi, in cui gli elementi di prova forniti dal ricorrente sono sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti operate nell’atto adottato da tale istituzione ( 28 ). Di converso, i punti della sentenza impugnata contestati non riguardano la plausibilità delle valutazioni di fatto operate dalla Commissione come base per l’autorizzazione, bensì, piuttosto, l’inosservanza dell’obbligo di valutazione su di essa incombente per quanto concerne l’accertamento dell’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Analogamente, non ritengo abbia alcun fondamento l’affermazione secondo cui il Tribunale si sarebbe sostituito alla Commissione nella valutazione della disponibilità di alternative, dal momento che il Tribunale non si è pronunciato su tale questione in tali punti.

94.

Propongo pertanto di respingere il secondo motivo di impugnazione in quanto infondato.

C.   Terzo motivo di impugnazione (concernente l’ambito di applicazione parziale e le condizioni dell’autorizzazione nella decisione controversa)

1. Sintesi degli argomenti delle parti

95.

Con il terzo motivo di impugnazione, la Commissione, sostenuta, in generale, dall’ECHA, afferma che Tribunale avrebbe commesso un errore manifesto di diritto ai punti 86, 97 e 98 della sentenza impugnata, per quanto riguarda la decisione controversa. Tale motivo si articola in due parti.

96.

Nella prima parte del terzo motivo di impugnazione, la Commissione sostiene che il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che la decisione controversa non ha autorizzato tutti gli usi indicati nella domanda di autorizzazione, ma ha concesso un’autorizzazione parziale per taluni usi delle sostanze in questione, laddove le proprietà di prestazione tecnica di tali sostanze erano necessarie per l’uso previsto. Essa sostiene, quindi, che la decisione controversa non poteva essere interpretata nel senso che i requisiti di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH non erano soddisfatti ai fini di un’autorizzazione parziale.

97.

Nella seconda parte del terzo motivo di impugnazione, la Commissione contesta la conclusione del Tribunale secondo cui talune condizioni della decisione controversa indicavano che la valutazione dell’indisponibilità di alternative di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH non era stata conclusa. A suo avviso, è possibile limitare la portata dell’autorizzazione mediante criteri oggettivi e definire gli usi autorizzati con riferimento alle funzionalità richieste, come è stato fatto nell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione controversa. Secondo la Commissione, le condizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettere d) ed e), di tale decisione, relative agli obblighi di relazione del titolare dell’autorizzazione e dei suoi utilizzatori a valle, erano intese a migliorare le informazioni a disposizione dell’ECHA e della Commissione nella fase di revisione o anche anteriormente ad essa. Essa afferma, inoltre, di non aver delegato alle autorità competenti degli Stati membri il compito discrezionale di valutare le alternative ai sensi dell’articolo 3, lettera b), della decisione controversa. Tenuto conto delle disposizioni del regolamento REACH concernenti il ruolo degli Stati membri nell’applicazione e nel controllo dell’osservanza di tale regolamento, quali gli articoli 122, 125 e 126 e i considerando da 119 a 121 dello stesso, essa considera che il fatto di non consentire agli Stati membri di svolgere compiti di controllo e verifica nel contesto dell’autorizzazione ignorerebbe la ripartizione delle competenze prevista in tale regolamento e potrebbe avere effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente.

98.

Il Regno di Danimarca sostiene che il terzo motivo di impugnazione è irricevibile, in quanto si fonderebbe sulla valutazione dei fatti e degli elementi di prova da parte del Tribunale, che non può essere oggetto di controllo in sede di impugnazione.

99.

Il Regno di Svezia, sostenuto dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica di Finlandia e dal Parlamento, sostiene, inoltre, che il terzo motivo di impugnazione è infondato. Essi ritengono che il Tribunale avrebbe correttamente ritenuto che la Commissione non è giunta a una conclusione in merito all’indisponibilità di alternative, come risulta dalle condizioni della decisione controversa, che hanno imposto al titolare dell’autorizzazione e ai suoi utilizzatori a valle di fornire informazioni sulla disponibilità di alternative idonee e agli utilizzatori a valle di astenersi dall’utilizzare le sostanze in questione nel caso in cui avessero individuato un’alternativa. Essi sottolineano che, sebbene sia possibile limitare la portata dell’autorizzazione sulla base di criteri oggettivi, la Commissione non può imporre condizioni che ricalcano i requisiti che essa è tenuta a valutare ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Il Regno di Svezia sostiene, inoltre, che la Commissione non può delegare alle autorità competenti degli Stati membri i compiti ad essa affidati ai sensi del regolamento REACH; tali autorità hanno il potere di far rispettare le decisioni di autorizzazione, ma non possono prendere posizione in merito al rispetto dei requisiti di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del medesimo.

2. Valutazione del terzo motivo di impugnazione

a) Sulla ricevibilità

100.

Il Regno di Danimarca contesta, in sostanza, la ricevibilità del terzo motivo di impugnazione, in quanto riguarderebbe la valutazione dei fatti da parte del Tribunale, in base alla quale esso ha ritenuto che la Commissione non aveva debitamente dimostrato l’indisponibilità di alternative ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, che non può essere oggetto di controllo da parte della Corte in sede di impugnazione.

101.

A mio parere, questa eccezione di irricevibilità non può essere accolta. Come osservato ai paragrafi 50 e 73 delle presenti conclusioni, la questione se il Tribunale potesse correttamente concludere, sulla base dei fatti e delle prove a sua disposizione, che la Commissione aveva commesso un errore nella sua valutazione dell’assenza di alternative idonee, riguarda la qualificazione giuridica dei fatti della causa, che la Corte è competente a controllare in sede di impugnazione.

102.

Pertanto, ritengo che il terzo motivo di impugnazione sia ricevibile.

b) Sul merito

103.

Con il terzo motivo di impugnazione, la Commissione sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto applicando erroneamente l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH alla decisione controversa. Nella prima parte di tale motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che essa avesse autorizzato tutti gli usi indicati nella domanda di autorizzazione, mentre essa aveva concesso soltanto un’autorizzazione parziale. Nella seconda parte di tale motivo, la Commissione contesta le conclusioni del Tribunale secondo cui talune condizioni nella decisione controversa dimostravano che essa aveva concesso l’autorizzazione prima di aver condotto un esame sufficiente in merito all’indisponibilità di alternative.

104.

Occorre osservare sin d’ora che la prima parte del terzo motivo di impugnazione non mi sembra suffragata dai fatti. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il Tribunale ha ritenuto, al punto 97 della sentenza impugnata, letto in combinato disposto con i punti da 54 a 56, che la decisione controversa non aveva autorizzato tutti gli usi richiesti, ma era «limitat[a] ai soli casi» nei quali le caratteristiche delle prestazioni delle sostanze in questione erano necessarie.

105.

Tuttavia, è vero che, come sostiene la Commissione nella prima e nella seconda parte del terzo motivo di impugnazione, il Tribunale ha dichiarato, ai punti 97 e 98 della sentenza impugnata, che le condizioni alle quali la Commissione ha subordinato l’autorizzazione corroboravano la sua conclusione, di cui al punto 86 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione non aveva debitamente accertato l’indisponibilità di alternative alla data di adozione della decisione controversa.

106.

Il Tribunale ha statuito, al punto 97 della sentenza impugnata, che la condizione di cui all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione controversa, mediante la quale la Commissione ha limitato l’autorizzazione ai soli casi nei quali le prestazioni delle composizioni contenenti le sostanze in questione erano realmente necessari, equivaleva a dichiarare che, ogni volta che un utilizzatore a valle identifica una soluzione alternativa, esso dovrebbe astenersi dall’uso delle sostanze in questione. Il Tribunale ha ritenuto che tale condizione costituisse un forte indizio che, alla data dell’adozione della decisione controversa, la Commissione non considerava concluso l’esame concernente l’indisponibilità di soluzioni alternative.

107.

Il Tribunale ha inoltre statuito, al punto 98 della sentenza impugnata, che le condizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettere d) ed e) della decisione controversa, ai sensi delle quali gli utilizzatori a valle del titolare dell’autorizzazione dovevano fornire informazioni relative alle soluzioni alternative idonee e disponibili che giustificassero in termini dettagliati la necessità di utilizzare le sostanze in questione, mentre il titolare dell’autorizzazione era tenuto presentare una relazione in cui precisare la descrizione degli usi autorizzati sulla base delle alternative fornite dai suoi utilizzatori a valle, costituivano prove che l’esame dell’indisponibilità di alternative da parte della Commissione non era stato ancora concluso.

108.

A mio parere, tali conclusioni non sono viziate da errori di diritto.

109.

Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, l’assenza di alternative idonee è una condizione preliminare per la concessione dell’autorizzazione ai sensi di tale disposizione e, dunque, la valutazione di tale requisito deve essere completata prima dell’adozione della decisione in questione. Mentre il regolamento REACH richiede, in via generale, che l’autorizzazione sia sottoposta a condizioni (v. paragrafo 13 delle presenti conclusioni) e non sembra impedire, come sottolinea la Commissione, di limitare la portata dell’autorizzazione in base a criteri oggettivi, dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH discende che la Commissione non può subordinare un’autorizzazione a condizioni che essa è tenuta a valutare ai sensi di tale disposizione. Come ritenuto dal Tribunale ai punti 82 e 83 della sentenza impugnata, a mio avviso correttamente, la possibilità di subordinare un’autorizzazione a determinate condizioni non può essere utilizzata, in particolare, per consentire alla Commissione di lasciare aperta la questione se siano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 60 del regolamento REACH o di porre rimedio a eventuali lacune nella valutazione che essa è tenuta ad effettuare in forza di tale disposizione.

110.

Di conseguenza, mi sembra che la Commissione non sia legittimata, ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, a subordinare un’autorizzazione alla condizione che non vi siano alternative idonee a una determinata sostanza, condizione che si riflette nel requisito di cui all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione controversa, ossia che le prestazioni siano tecnicamente realizzabili solo mediante l’uso delle sostanze in questione e che tali prestazioni siano necessarie per l’uso previsto (v. paragrafo 26 delle presenti conclusioni). A mio avviso, tale condizione, in sostanza, attribuisce al titolare dell’autorizzazione e ai suoi utilizzatori a valle la facoltà di decidere autonomamente se esistano alternative idonee. Pertanto, come correttamente affermato dal Tribunale, tale condizione rivela che la Commissione non ha portato a termine la valutazione richiesta dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

111.

Inoltre, condivido l’interpretazione, da parte del Tribunale, delle condizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettere d) ed e), della decisione controversa. L’articolo 1, paragrafo 3, lettera d), di tale decisione obbliga gli utilizzatori a valle, in particolare, a comunicare informazioni sulla disponibilità di alternative e a giustificare la necessità di utilizzare le sostanze in questione, mentre l’articolo 1, paragrafo 3, lettera e), di tale decisione obbliga il titolare dell’autorizzazione a presentare una relazione sulle informazioni comunicate dai suoi utilizzatori a valle e a specificare la descrizione degli usi autorizzati sulla base di tali informazioni (v. paragrafi 27 e 28 delle presenti conclusioni). A mio avviso, tali condizioni equivalgono, in sostanza, a chiedere al titolare dell’autorizzazione e ai suoi utilizzatori a valle di fornire informazioni al fine di valutare l’indisponibilità di alternative per gli usi delle sostanze in questione dopo che tali usi sono stati autorizzati dalla Commissione. Mi sembra, quindi, che anche questa condizione riveli che la valutazione della Commissione sull’indisponibilità di alternative non è stata conclusa.

112.

Si potrebbe aggiungere che conclusioni analoghe possono essere tratte con riferimento all’articolo 3, lettera b), della decisione controversa, ai sensi del quale, su richiesta dell’autorità competente dello Stato membro, gli utilizzatori a valle del titolare dell’autorizzazione devono spiegare il motivo per cui si applicano le condizioni di cui all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, di tale decisione e perché i parametri di prestazione siano necessari per l’uso previsto (v. paragrafo 29 delle presenti conclusioni). A mio avviso, esso prevede, in sostanza, che le autorità competenti degli Stati membri verifichino se gli utilizzatori a valle abbiano o meno correttamente stabilito che non esistono alternative idonee per gli usi delle sostanze in questione. Si può quindi ritenere che ciò deponga ulteriormente a favore del fatto che la valutazione della Commissione sull’indisponibilità di alternative non sia stata portata a termine. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, nelle disposizioni del regolamento REACH concernenti il ruolo degli Stati membri nell’applicazione e nel controllo dell’osservanza del regolamento non vi è nulla che suggerisca che essi possano svolgere compiti che rientrano nell’obbligo di valutazione della Commissione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

113.

Propongo pertanto di respingere il terzo motivo di impugnazione in quanto infondato.

D.   Quarto motivo di impugnazione (concernente il mantenimento degli effetti della decisione controversa)

1. Sintesi delle conclusioni delle parti

114.

Con il quarto motivo di impugnazione, dedotto in subordine, la Commissione, sostenuta, in generale, dall’ECHA, afferma che il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, con cui il Tribunale ha respinto la domanda di mantenimento degli effetti della decisione controversa, si fonda su un errore manifesto di diritto, contenuto nel punto 112 di tale sentenza.

115.

In primo luogo, la Commissione sostiene che il punto 112 della sentenza impugnata si basa su una premessa errata, che, per sua stessa ammissione, risulta anche dalle osservazioni scritte presentate al Tribunale, secondo cui l’annullamento della decisione controversa comporterebbe il divieto di immissione sul mercato delle sostanze in questione. A suo avviso, l’annullamento della decisione controversa produce l’effetto di ripristinare la situazione giuridica esistente prima della sua adozione, il che significa che, tenuto conto delle norme transitorie di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera d), del regolamento REACH, le sostanze in questione possono continuare ad essere utilizzate e immesse sul mercato dal richiedente e dai suoi utilizzatori a valle per gli usi richiesti fino a quando la Commissione adotti una nuova decisione sulla domanda di autorizzazione.

116.

In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’effetto immediato dell’annullamento della decisione controversa comporti un rischio significativamente maggiore per la salute umana e per l’ambiente, dato che le sostanze in questione potrebbero essere utilizzate e immesse sul mercato senza essere soggette alle condizioni e alle limitazioni previste dalla decisione controversa. Essa afferma, pertanto, che, anche in caso di rigetto degli altri motivi di impugnazione, la Corte dovrebbe annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata e disporre il mantenimento degli effetti della decisione controversa fino alla sua sostituzione con una nuova decisione.

117.

Il Regno di Svezia, sostenuto dal Regno di Danimarca e dalla Repubblica di Finlandia, sostiene che il quarto motivo di impugnazione sia infondato.

118.

Il Regno di Svezia, unitamente alla Repubblica di Finlandia, sostiene che, sebbene gli effetti dell’annullamento della decisione controversa siano diversi da quelli previsti dal Tribunale, il rigetto della domanda della Commissione è fondato, in quanto non sussistono i presupposti per il mantenimento degli effetti della decisione controversa. In particolare, tali Stati membri sostengono che l’annullamento di tale decisione non comporterebbe gravi conseguenze per la DCC Maastricht, dato che essa potrebbe continuare a commercializzare le sostanze in questione per gli usi richiesti fino all’adozione di una nuova decisione da parte della Commissione. Inoltre, ciò non comporterebbe rischi per la salute umana e per l’ambiente, poiché esistono norme dell’Unione per proteggere i lavoratori dall’esposizione alle sostanze in questione ( 29 ). La Commissione non avrebbe neppure dimostrato che le quantità autorizzate dalla decisione controversa sono inferiori a quelle indicate nella domanda di autorizzazione.

119.

Il Regno di Danimarca sostiene che l’applicazione delle norme transitorie di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera d), del regolamento REACH verrebbe meno al momento dell’adozione, da parte della Commissione, della sua decisione, e non potrebbe essere ripristinata in caso di annullamento di tale decisione, come nel caso di specie, poiché ciò sarebbe contrario all’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente perseguito da tale regolamento. A suo parere, tale disposizione prevede un’eccezione al divieto generale di uso e di immissione sul mercato di sostanze estremamente preoccupanti e, quindi, dovrebbe essere interpretato in modo restrittivo.

2. Valutazione del quarto motivo di impugnazione

120.

Con il quarto motivo di impugnazione, dedotto in subordine, la Commissione sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel respingere la sua domanda di disporre il mantenimento degli effetti della decisione controversa. Essa chiede alla Corte di annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata e di ordinare il mantenimento degli effetti della decisione impugnata fino all’adozione di una nuova decisione, da parte della Commissione, sulla domanda di autorizzazione.

121.

Occorre rilevare che la Corte sarà tenuta a statuire su tale motivo soltanto qualora respinga gli altri motivi di impugnazione e confermi l’annullamento della sentenza impugnata, come da me suggerito.

122.

Desidero osservare sin d’ora che il quarto motivo di appello è fondato. Le ragioni per le quali sono giunto a tale conclusione sono esposte nel prosieguo.

123.

Occorre tener presente che l’annullamento di un atto dell’Unione europea comporta, in via generale, la sua eliminazione dall’ordinamento giuridico dell’Unione a partire dalla data di entrata in vigore di tale atto, ossia produce effetti retroattivi (ex tunc) ( 30 ). Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, citata ai punti da 109 a 111 della sentenza impugnata, l’articolo 264, secondo comma, TFUE consente ai giudici dell’Unione di attenuare gli effetti retroattivi dell’annullamento, prevedendo che essi possano, ove lo reputino necessario, precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi. Tale disposizione è stata interpretata, tra l’altro, nel senso che consente, per motivi di certezza del diritto o al fine di evitare un degradamento delle politiche dell’Unione, come nel settore della protezione della salute pubblica e dell’ambiente, di mantenere gli effetti di un atto dell’Unione annullato fintantoché l’istituzione o l’organo dell’Unione interessato non abbia adottato le misure appropriate ( 31 ).

124.

Al punto 112 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che un annullamento con effetto immediato della decisione controversa era tale da comportare conseguenze negative gravi per la DCC Maastricht, in quanto essa non sarebbe più stata in grado di commercializzare le sostanze in questione. Tuttavia, esso ha sottolineato che l’annullamento della decisione controversa era dovuto a motivi legati alla sua legittimità sostanziale. Esso ha inoltre ritenuto che il mantenimento degli effetti di tale decisione non era compatibile con l’obiettivo del regolamento REACH di garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente. Su tale base, il Tribunale ha respinto, al punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, la domanda di mantenere gli effetti della decisione controversa.

125.

A mio avviso, la conclusione del Tribunale di cui al punto 112 della sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto.

126.

Si deve ritenere che l’annullamento della decisione controversa abbia avuto l’effetto di determinare l’applicazione delle norme transitorie di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera d), in combinato disposto con l’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento REACH, ai sensi dei quali il richiedente può continuare a immettere la sostanza in questione sul mercato per gli usi richiesti dopo la data di scadenza e fino all’adozione di una decisione sulla domanda d’autorizzazione, a condizione che tale domanda sia presentata prima della data entro cui devono pervenire le domande per le sostanze elencate nell’allegato XIV di tale regolamento (v. paragrafi 5, 6 e 12 delle presenti conclusioni).

127.

Nella presente causa, la DCC Maastricht, avendo presentato la domanda di autorizzazione entro il termine stabilito, ha beneficiato di tali norme transitorie (v. paragrafi 18, 19 e 23 delle presenti conclusioni). Poiché l’annullamento della decisione controversa ha avuto l’effetto di obbligare la Commissione a riconsiderare la domanda di autorizzazione, mi sembra che la DCC Maastricht possa beneficiare nuovamente di tali norme transitorie fino a quando la Commissione non adotterà una nuova decisione su tale domanda. Contrariamente a quanto sostenuto dal Regno di Danimarca, nel tenore letterale di tali disposizioni non vi è nulla che suggerisca che esse non si applichino nel caso in cui una decisione di autorizzazione sia stata annullata.

128.

Pertanto, mi sembra che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto al punto 112 della sentenza impugnata, non avendo tenuto conto delle norme transitorie di cui agli articoli 56, paragrafo 1, lettera d), e 58, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento REACH.

129.

Inoltre, è vero che, secondo la giurisprudenza costante richiamata al punto 111 della sentenza impugnata, la Corte ha ritenuto che, in considerazione di motivi di certezza del diritto, gli effetti di un atto dell’Unione annullato possono essere mantenuti, in particolare qualora la legittimità dell’atto impugnato sia contestata non a causa della sua finalità o del suo contenuto, ma per motivi attinenti all’incompetenza del suo autore o alla violazione di forme sostanziali ( 32 ). Tuttavia, da una lettura attenta della giurisprudenza della Corte emerge che, sebbene tale elemento possa essere considerato un ostacolo che impedisce alla Corte di ordinare il mantenimento degli effetti di un atto dell’Unione in taluni casi ( 33 ), in altri casi la Corte ha mantenuto gli effetti di un atto dell’Unione annullato per motivi relativi alla sua legittimità sostanziale ( 34 ). Pertanto, ad oggi, dalla giurisprudenza della Corte risulta che tale elemento non costituisce un requisito che deve essere sempre soddisfatto, poiché ciò dipende dalla situazione concreta.

130.

A mio avviso, nelle circostanze della presente causa non si può escludere che il rigetto della richiesta della Commissione di mantenere gli effetti della decisione controversa possa comportare rischi per la salute umana o per l’ambiente. Contrariamente agli argomenti dedotti dalla Repubblica di Finlandia e dal Regno di Svezia, la decisione controversa stabilisce condizioni e limitazioni che circoscrivono, di fatto, l’uso delle sostanze in questione, a prescindere dalle norme dell’Unione, di cui al punto 118 delle presenti conclusioni, che proteggono i lavoratori dall’esposizione a tali sostanze. Ciò comprende, tra l’altro, il programma specifico sui dispositivi di protezione individuale e la formazione dei dipendenti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), e al considerando 10 della decisione controversa, nonché i limiti di tonnellaggio annuale, di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), e al considerando 13 della stessa decisione, per garantire che le quantità delle sostanze in questione non superino quelle indicate nella domanda di autorizzazione. Inoltre, i periodi di revisione di durata limitata, di cui all’articolo 2 della decisione in questione, verrebbero meno ( 35 ). Nel complesso, quindi, ai fini della protezione della salute umana e dell’ambiente, è preferibile mantenere gli effetti della decisione controversa.

131.

Propongo pertanto alla Corte di annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata e di disporre il mantenimento degli effetti della decisione controversa fintantoché la Commissione non abbia adottato una nuova decisione sulla domanda di autorizzazione.

VII. Sulle spese

132.

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta o quando l’impugnazione è accolta e la controversia è definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, di tale regolamento, che si applica al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte. Poiché l’impugnazione della Commissione è stata accolta soltanto limitatamente alla domanda in subordine, sembra ragionevole che la Commissione sopporti quattro quinti delle spese sostenute dal Regno di Svezia, mentre il Regno di Svezia dovrebbe sopportare un quinto delle spese sostenute dalla Commissione.

133.

Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 4, di tale regolamento, la Corte può decidere che una parte interveniente in primo grado che ha partecipato al procedimento di impugnazione debba sopportare le proprie spese. Di conseguenza, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, il Parlamento e l’ECHA dovrebbero sopportare le proprie spese.

VIII. Conclusione

134.

Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di:

annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza del 7 marzo 2019, Svezia/Commissione (T‑837/16, EU:T:2019:144);

respingere l’impugnazione quanto al resto;

condannare la Commissione europea a sopportare quattro quinti delle proprie spese e quattro quinti delle spese sostenute dal Regno di Svezia;

condannare il Regno di Svezia a sopportare un quinto delle proprie spese e un quinto delle spese sostenute dalla Commissione europea; e

condannare il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, il Parlamento europeo e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche a sopportare le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese

( 2 ) GU 2006, L 396, pag. 1.

( 3 ) Vi è un’altra causa pendente dinanzi alla Corte che solleva questioni analoghe, anche se non identiche, concernenti, in particolare, la valutazione delle alternative da parte della Commissione nel contesto del rigetto di una richiesta di riesame interno di una decisione di autorizzazione: v. ClientEarth/Commissione, C‑458/19 P (v. inoltre infra, paragrafi 92 e 93 delle presenti conclusioni). Inoltre, una causa concernente il rigetto, da parte della Commissione, di una richiesta di riesame interno della decisione controversa è pendente dinanzi al Tribunale: v. ClientEarth e a./Commissione, T‑436/17.

( 4 ) V., ad esempio, sentenza del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207, punto 20).

( 5 ) V., ad esempio, sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802, punto 55).

( 6 ) Per una trattazione dettagliata, v., ad esempio, Herbatschek, N. e a., «The REACH Programmes and Procedures», in Bergkamp L. (a cura di), The European Union REACH Regulation for Chemicals: Law and Practice, Oxford University Press, 2013, pagg. da 83 a 170, in particolare pagg. da 133 a 146.

( 7 ) V., ad esempio, sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802, punto 56).

( 8 ) V. regolamento REACH, articolo 56, paragrafo 1, lettere a) e d) e articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto ii).

( 9 ) V. regolamento REACH, articolo 56, paragrafo 1, lettera e) e paragrafo 2, e articolo 62, paragrafi 2 e 3.

( 10 ) V. regolamento REACH, articolo 62, paragrafo 1.

( 11 ) V. regolamento REACH, articolo 60, paragrafo 1.

( 12 ) V. regolamento REACH, articolo 60, paragrafi 8 e 9, e articolo 61; considerando 72.

( 13 ) V. anche regolamento REACH, considerando 22 e 69.

( 14 ) Ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera e), del regolamento REACH, una domanda di autorizzazione deve contenere, tra l’altro un’analisi delle alternative, che prenda in considerazione i rischi che esse comportano e la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione.

( 15 ) V., in particolare, il regolamento REACH, articolo 76, paragrafo 1, lettere c) e d), articolo 77, paragrafo 3, e articolo 85.

( 16 ) V. anche il regolamento REACH, considerando 83.

( 17 ) V. regolamento (UE) n. 125/2012 della Commissione, del 14 febbraio 2012, recante modifica dell’allegato XIV del regolamento n. 1907/2006 (GU 2012, L 41, pag. 1), considerando 6 e 7; allegato, voci 11 e 12.

( 18 ) Come indicato al punto 5 della sentenza impugnata, la DCC Maastricht è la sola rappresentante, ai sensi dell’articolo 8 del regolamento REACH, di un fabbricante extracomunitario (canadese) delle sostanze in questione, ossia lo rappresenta ai fini della registrazione, ai sensi del regolamento, delle sostanze da esso prodotte.

( 19 ) Il Tribunale non ha ritenuto necessario esaminare gli altri argomenti e motivi dedotti nella causa (punti 46, 47 e 106 della sentenza impugnata).

( 20 ) Commissione/Svezia (C‑389/19 P-R, non pubblicata, EU:C:2019:1007). V. anche nota 35 delle presenti conclusioni e il testo di accompagnamento.

( 21 ) V. a tale riguardo, sentenze del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punto 51), e del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑110/10 P, EU:C:2011:687, punto 46); v. anche conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Danimarca/Commissione (C‑417/12 P, EU:C:2014:286, paragrafo 55).

( 22 ) V., ad esempio, sentenza del 25 luglio 2018, Commissione/Spagna e a. (C‑128/16 P, EU:C:2018:591, punto 31).

( 23 ) V., ad esempio, sentenza del 6 settembre 2018, Repubblica ceca/Commissione (C‑4/17 P, EU:C:2018:678, punto 24).

( 24 ) V., in tal senso, la proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, che istituisce un’agenzia europea delle sostanze chimiche e modifica la direttiva 1999/45/CE e il regolamento (CE) {sugli inquinanti organici persistenti}, COM (2003) 644 definitivo, del 29 ottobre 2003, relazione, progetto di articolo 57, secondo paragrafo.

( 25 ) V., ad esempio, ECHA, Guida alla stesura delle domande d’autorizzazione (GU 2011, C 28, pag. 1), in particolare punti 3.6 e 3.8. V. anche, più recentemente, ECHA, How to apply for authorisation (Come richiedere un’autorizzazione), ottobre 2017, disponibile all’indirizzo Internet https://echa.europa.eu/, punto 3.3.

( 26 ) Contro tale sentenza è pendente un’impugnazione: v. nota 3 delle presenti conclusioni.

( 27 ) Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13).

( 28 ) V., sentenza del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17, EU:T:2019:215, in particolare punti 246, 248, 249, e da 259 a 262).

( 29 ) I suddetti Stati membri fanno riferimento, a tale riguardo: alla direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU 1992, L 348, pag. 1); alla direttiva 98/24/CE del Consiglio, del 7 aprile 1998, sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU 1998, L 131, pag. 11); e alla direttiva 2004/37/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio) (GU 2004, L 158, pag. 50).

( 30 ) V., ad esempio, sentenze del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione (97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, EU:C:1988:199, punto 30), e del 12 febbraio 2008, CELF e ministre de la Culture et de la Communication (C‑199/06, EU:C:2008:79, punto 61).

( 31 ) V., ad esempio, sentenze del 25 febbraio 1999, Parlamento/Consiglio (C‑164/97 e C‑165/97, EU:C:1999:99, punti da 22 a 24); del 16 aprile 2015, Parlamento/Consiglio (C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punti da 72 a 74); e del 13 dicembre 2018, Ville de Paris, Ville de Bruxelles e Ayuntamiento de Madrid/Commissione (T‑339/16, T‑352/16 e T‑391/16, EU:T:2018:927, punto 160). Per una trattazione dettagliata, v., ad esempio, Rosenkranz, F., «Temporal Effects of CJEU Judgments», in Riesenhuber, K. (a cura di), European Legal Methodology, Intersentia, 2017, pagg. da 561 a 590.

( 32 ) V., ad esempio, sentenze del 26 novembre 2014, Parlamento e Commissione/Consiglio (C‑103/12 e C‑165/12, EU:C:2014:2400, punto 90), e del 28 luglio 2016, Consiglio/Commissione (C‑660/13, EU:C:2016:616, punto 51).

( 33 ) V., ad esempio, sentenze del 1o dicembre 2015, Parlamento e Commissione/Consiglio (C‑124/13 e C‑125/13, EU:C:2015:790, punto 89), e del 7 settembre 2016, Germania/Parlamento e Consiglio (C‑113/14, EU:C:2016:635, punto 84).

( 34 ) V., ad esempio, sentenze del 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio (C‑310/04, EU:C:2006:521, punti da 138 a 141, unitamente ai punti da 135 a 137), e del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti da 373 a 376, unitamente ai punti da 333 a 372).

( 35 ) V., a tale riguardo, l’ordinanza del vicepresidente della Corte del 21 novembre 2019, Commissione/Svezia (C‑389/19 P-R, non pubblicata, EU:C:2019:1007, punti da 77 a 80).